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RASSEGNA STAMPA
Lunedì 14 settembre 2015
Sede di Milano - C.so Italia 23
Sede di Trieste – Via Fabio Filzi, 21/1
POLIZZE, FONDI E BUONI CONSIGLI: COSÌ I BANKER
GUARDANO OLTRE LA BUFERA
Private bank alla prova della tempesta estiva. Nel primo trimestre, le
masse gestite dai servizi finanziari di alto profilo sono aumentate di 39
miliardi (+7,8%), portando il patrimonio amministrato dall’industria a
quota 540 miliardi, secondo i dati dell’Aipb. A fronte di una raccolta
netta in costante espansione dal 2011, nel primo quarto d’anno il
contributo maggiore alla crescita degli asset è venuto da una brillante
performance dei portafogli: +5,6%, pari a 28 miliardi.
Meccanismi
La consulenza sul risparmio amministrato, in particolare, ha saputo
interpretare al meglio gli andamenti di Borsa, facendo registrare un
effetto mercato sugli investimenti pari al 14,4%. Ma se nel primo
scorcio dell’anno il rally dell’Europa ha facilitato l’attività dei gestori di
portafoglio, nei successivi due trimestri il compito è stato più arduo.
Prima per le rinnovate tensioni sui destini tuttora incerti della Grecia.
Poi, a causa delle violente turbolenze innescate dai crolli cinesi. Senza
dimenticare i timori mai sopiti per l’annuncio di una svolta monetaria
restrittiva ormai prossima da parte della Fed americana.
Le banche private italiane hanno saputo proteggere i portafogli da
eccessivi ribassi? E i banker sono stati in grado di mantenere saldi i
nervi dei clienti, evitando una pericolosa emorragia di flussi?
Flussi
«Durante l’estate abbiamo ricevuto un significativo volume di richieste
di contatto da parte dei nostri clienti, il più elevato degli ultimi due
anni. L’asset allocation, però, non è cambiata: l’entità della correzione
non è stata tale da modificare la nostra view di mercato di medio-lungo
termine e la clientela ci sta seguendo», spiega Roberto Parazzini,
responsabile di Deutsche Asset & Wealth Management per l’Italia.
Indicazioni analoghe provengono da Emilio Carugati, direttore
operativo di Ubs Italia: «I flussi sono stabili e la strategia non cambia:
rimaniamo positivi sull’azionario Europa e specialmente sull’Italia,
nonostante una volatilità attesa relativamente più alta rispetto alla
prima metà dell’anno».
Niente panico dunque. Poche le reazioni scomposte da parte della
clientela private. Anche perché, spiegano gli operatori, una gestione
DAL MERCATO ASSICURATIVO
efficace orientata al controllo dei rischi e l’ampia diversificazione hanno
protetto i portafogli. «Le turbolenze ci sono sempre state. Ma oggi
abbiamo un’arma in più: grazie a una maggiore diffusione degli
strumenti di risparmio gestito, possiamo controllare meglio i picchi di
volatilità e attenuarne le conseguenze», osserva Andrea Jesi Ferrari,
responsabile direzione private banking di Cassa Lombarda.
Nel corso degli ultimi anni, le private bank hanno spostato l’ago della
bilancia dalla raccolta amministrata a quella gestita che oggi vale in
media il 37,8% dei portafogli. E la tendenza pare destinata a
proseguire, anche per effetto di rendimenti ritenuti troppo magri sui
titoli di Stato.
«Nei prossimi mesi, in vista di una volatilità ancora elevata, mi aspetto
un’ulteriore crescita della raccolta realizzata tramite hedge fund, Ucits
alternativi, fondi specializzati sul real estate e strumenti derivati con
una protezione dai ribassi di mercato», chiosa Carugati. Due segmenti
invece sono destinati a guadagnare quota, secondo Parazzini: da un
lato le gestioni patrimoniali, che, grazie alla delega totale, «restano la
soluzione principe per questo segmento di clientela. Dall’altro, i servizi
di advisory. Ma in quest’area prevedo una sensibile diminuzione del
peso degli strumenti di risparmio gestito a favore di prodotti passivi
come gli Exchange traded fund».
Assicurazioni
Intanto, anche la componente assicurativa continua a guadagnare
spazio nei portafogli: nonostante siano venuti meno alcuni dei benefici
fiscali tipici di questi strumenti (dal 1 gennaio, per effetto della legge
di Stabilità, sulle plusvalenze delle polizze vita incassate dagli eredi
dell’assicurato, prima esenti, si paga l’imposta sul capital gain), il peso
dei prodotti assicurativi è ulteriormente salito nel primo trimestre,
toccando l’11,3%. «Il trend continuerà — prevede Jesi Ferrari —. I
prodotti assicurativi conservano importanti caratteristiche, a
cominciare dall’esenzione dall’imposta di successione: sempre più
apprezzata inevitabilmente se dovessero aumentare le aliquote».
Corriere Economia
HACKER, LA POLIZZA FA DA SCUDO
Un giro d'affari vorticoso, pari alla ricchezza prodotta ogni anno da
Paesi come Belgio, Argentina o Norvegia. È il business che ruota
attorno al crimine informatico, gallina dalle uova d'oro della malavita
targata 2.0 che nell'ultimo anno è arrivato a fruttare 445 miliardi di
dollari su scala mondiale (circa 395 miliardi di euro), 200 dei quali
concentrati in appena quattro Paesi: Stati Uniti, Cina, Giappone e
Germania. L'allarme è stato lanciato dal colosso assicurativo, Allianz,
dopo aver passato al setaccio il mondo del black internet. I numeri
parlano da soli. Nel corso dell'ultimo anno, soltanto negli Stati Uniti
sono stati segnalati dalle aziende 5.029 furti di dati che hanno portato
alla sottrazione di informazioni relative a ben 675 milioni di clienti. Tra
queste, il caso più clamoroso è stato l'attacco informatico messo a
segno contro il retailer «Target», una delle più famose catene
americane di prodotti per la casa. Tra il 27 novembre e il 15 dicembre
dello scorso anno, la società ha reso noto di aver subito il furto di 70
milioni di dati sensibili dei propri consumatori e clienti, tra cui nomi,
indirizzi, numeri di telefono ed e-mail. Una débâcle nella sicurezza del
retailer che si aggiunge al furto, già denunciato qualche mese prima
da parte della stessa Target, di dati delle carte di credito di 40 milioni
di persone. La truffa è avvenuta grazie a un software pirata introdotto
nei sistemi di gestione dei pagamenti con credit card alle casse dei
grandi magazzini che ha consentito agli hacker di incamerare anche i
codici pin dei bancomat. Quello di Target non rappresenta tuttavia un
caso isolato. È sufficiente guardare a quanto successo allo stesso
governo americano che nei mesi scorsi ha consentito a un non
identificato gruppo di hacker di introdursi nel sistema informatico
dell'agenzia governativa statunitense che gestisce i dati personali dei
funzionari federali (Office of personnel management) sottraendo
informazioni relative a 4 milioni di dipendenti. Un bottino considerevole
che va ad aggiungersi a quello portato a casa qualche mese prima
attraverso il furto di dati che ha coinvolto addirittura la Casa Bianca e
il Dipartimento di stato americano. Il fenomeno del furto di
informazioni attraverso attacchi informatici non riguarda, tuttavia,
solamente gli Stati Uniti. Anche in Europa ogni giorno sono milioni le
informazioni sensibili sottratte da parte dei pirati del web. Dal 2005 a
oggi, secondo l'analisi di Allianz, il Vecchio continente è stato oggetto
di un fuoco informatico proveniente per lo più da Oriente e dai paesi
dell'ex Unione Sovietica al ritmo di 200 attacchi l'anno che hanno
portato alla sottrazione di almeno 227 milioni di informazioni. Tradotti
in cifre, questi numeri vogliono dire un danno economico per gli Usa
pari a 108 miliardi di dollari (95 mld di euro) soltanto nell'ultimo anno.
Altri 60 miliardi (53 mld di euro) è stato il costo per la Cina, 59 miliardi
per la Germania (52 mld di euro), 7,7 miliardi (6,8 mld di euro) per il
Brasile e così via fino ad arrivare ai 900 milioni di dollari (798 milioni
di euro) dell'Italia, pari allo 0,4% del suo prodotto interno lordo. Nona
in classifica alle spalle della Russia e davanti all'Asia.
«Appena 15 anni fa gli attacchi informatici erano piuttosto rudimentali,
ma l'aumento dell'interconnessione, la globalizzazione e la
commercializzazione dei cyber crimini hanno provocato l'esplosione di
frequenza e gravità di questi attacchi», ha spiegato Chris Fisher Hirs,
numero uno di Allianz Global Corporate & Speciality. A tal punto che
tra il 2013 e il 2014 il numero degli attacchi informatici ha messo il
turbo, complice anche la diffusione dell'uso degli smartphone,
arrivando a toccare i 117.339 casi giornalieri, pari a un incremento del
48% in appena 12 mesi. Come fare, dunque, a tutelarsi da questo
rischio che sembra interessare sempre di più imprese e privati? In cima
alle azioni da intraprendere, la prevenzione. Nonostante la scarsa
propensione dei manager, l'investimento in sistemi sofisticati di
sicurezza costituisce uno dei principali ostacoli all'intrusione di hacker
nei propri server. Ma non si tratta di una condizione sufficiente a
scongiurare il pericolo, come ha è stato dimostrato dall'intrusione nei
sistemi informatici della Casa Bianca. Meglio allora tutelarsi
abbassando la testa di fronte al problema e parare il colpo attraverso
la sottoscrizione di una polizza assicurativa ad hoc. Strumento ancora
poco diffuso nella mentalità dei capitani di impresa. Basti pensare che
i risultati di una inchiesta condotta nei mesi scorsi sulle maggiori
imprese multinazionali con base a Londra ha mostrato che soltanto il
2% delle aziende ha sottoscritto un prodotto assicurativo contro i rischi
del cyber crime. Dati, questi, confermati dal rapporto di Allianz secondo
cui il valore globale del mercato delle polizze contro i reati informatici
si attesta oggi ad appena 2 miliardi di dollari (1,7 mld di euro circa).
Con una previsione di crescita di tutto rispetto: entro i prossimi dieci
anni, ci si attende infatti di decuplicare questo livello arrivando a
superare i 20 miliardi di dollari (quasi 18 mld di euro) su scala mondiale
con un tasso di crescita annuale di oltre il 20%. «La crescita negli Stati
Uniti è già in atto poiché le leggi sulla protezione dei dati spingono
all'attenzione in questo senso, mentre gli sviluppi legislativi e
l'aumento delle responsabilità provocheranno una crescita anche nel
resto del mondo», ha spiegato Nigel Pearson, responsabile a livello
globale delle assicurazioni per il rischio cyber in Allianz. «Esiste una
tendenza generale verso regole più rigide di protezione dei dati,
sostenute dalle minacce di sanzioni importanti in caso di violazione».
Hong Kong, Singapore e Australia sono tra i Paesi che stanno rivedendo
e rafforzando le leggi. Anche se l'Unione europea non accetta regole
comuni di protezione dei dati, si prevede che i vari paesi del Vecchio
continente mettano in piedi linee guida più dure. «In passato,
l'attenzione si è concentrata sulla minaccia di violazioni ai dati aziendali
e alla privacy, ma la nuova generazione di rischi è più complessa: in
futuro i pericoli giungeranno dal furto di proprietà intellettuale,
dall'estorsione e interruzione di attività a seguito di un cyber attacco
oppure per guasti operativi o tecnici. Un rischio spesso sottovalutato»,
ha aggiunto Georgi Pachov, esperto di cyber risk del team Global
Property Underwriting di Agcs, secondo cui starebbero aumentando la
consapevolezza di rischi relativi all'interruzione delle attività produttive
(BI) derivanti dalla cyber tecnologia. «Entro i prossimi 5-10 anni, la BI
sarà vista come un pericolo principale nel panorama delle cyber
assicurazioni», ha continuato Pachov. «Ulteriori vulnerabilità saranno
legate alla crescente interconnessione dei dispositivi e alla maggiore
fiducia nella tecnologia e nei dati in tempo reale sia a livello di persone
che di aziende: l'internet delle cose». Alcune stime suggeriscono,
infatti, che entro il 2020 si dovrebbe arrivare a mille miliardi di
dispositivi connessi, e che 50 miliardi di macchine si scambieranno i
dati quotidianamente
ITALIA OGGI
RC AUTO, UN PAGAMENTO A RATE CON SCELTA DEI TEMPI
Molte le compagnie che permettono la dilazione
Negli ultimi anni si è diffusa la formula della polizza a rate, una
soluzione comoda per chi debba affrontare degli esborsi
particolarmente onerosi (magari perché si possiedono diverse auto con
polizze che scadono nello stesso periodo). Il pagamento può essere
semestrale, trimestrale o mensile. È invece diverso il caso delle polizze
temporanee con validità trimestrale o semestrale: in questo caso non
si tratta di pagamento rateale, ma di efficacia temporale ridotta.
Spesso la compagnia assicurativa che consente di rateizzare si
appoggia a una società finanziaria, quindi la polizza a rate assume i
connotati di un prestito finalizzato. Ovviamente, spalmare il premio su
più tranche può comportare l’applicazione di un tasso di interesse sulla
parte di premio che non viene saldata subito ma dilazionata su rate
successive, un aspetto che è beneconsiderareprimadioptareper questa
soluzione.
Oggi sono diverse le compagnie assicurative che prevedono la facoltà
pagare il premio a rate. Generali Italia offre la possibilità di rateizzare
l’Rc auto con commissioni variabili a carico del cliente a seconda del
tempo di restituzione scelto (sei o 10 mesi). Con MonetaGenerali, il
cliente può aprire una linea di credito da 2.500 euro per comprare
prodotti assicurativi del gruppo dilazionando il pagamento dei premi
con rate mensili. Mentre la campagna Auto Zero offre al cliente la
possibilità di pagare il premio auto in cinque mesi (con Tan e Taeg 0%)
o in 10 mesi con Tan 0% e Taeg variabile in funzione dell’incidenza
degli oneri amministrativi (spese di incasso e imposta di bollo). Anche
con UnipolSai fino al 31 dicembre 2015 si può rateizzare la polizza, a
tasso zero e senza commissioni. DirectLine consente di frazionare il
pagamento in due rate, con una maggiorazione del premio dell’8%.
Anche Genialloyd, che in precedenza consentiva di rateizzare a chi
sottoscriveva la Carta Viva, sta studiando una soluzione per
dilazionare il pagamento dei premi.
Spesso e volentieri, anche a chi compra la polizza in banca viene offerta
questa possibilità: per l’istituto di credito è infatti più semplice gestire
la rateizzazione della polizza sottoscritta da un proprio correntista.
Intesa Sanpaolo propone la polizza auto Viaggia Con Me, che si può
pagare in 12 rate mensili a tasso zero. Cariparma offre il sistema di
pagamento Pago facile Auto, con cui è possibile finanziare la polizza
in 10 rate con Tan 0% e Taeg allo 0,467%.
IL SOLE 24 ORE
RISCHI CYBER, LE COPERTURE SUL MERCATO
Quali sono, dunque, i principali prodotti assicurativi presenti oggi sul
mercato italiano capaci di fare da scudo contro i rischi dei cyber
attacchi? Allianz Global Corporate & Speciality ha messo a punto
una soluzione assicurativa denominata Cyber Protect che copre le
spese generate dalle misure rese necessarie per rispondere al
verificarsi di attacchi alla rete informatica dell’azienda a fine doloso e
al conseguente ripristino dei dati danneggiati o distrutti. Non solo. La
polizza protegge anche dalle perdite di introiti derivanti da
malfunzionamenti legati a un cyber attacco e copre la responsabilità
civile dell’azienda assicurata nei confronti dei propri clienti in seguito
ad attacchi di hacker. Sono inoltre coperte la violazione di dati e la
pirateria informatica. La polizza assicurativa si fa carico, infine, degli
oneri legati alla comunicazione di crisi destinata a tutelare la
reputazione dell’azienda in questione.
Caratteristiche simili al prodotto lanciato nel 2013 dal broker italiano
Mag-Jlt, in collaborazione con Beazley, compagnia assicurativa del
gruppo Lloyd’s di Londra e DFLabs. Si tratta di una polizza contro
gli hacker in grado di tutelare le aziende nei casi di Data Breach
(violazione di dati personali) e in quelli di Cyber Security Incidents
(attacchi informatici), offrendo una copertura assicurativa dei danni
arrecati da un’eventuale violazione, e garantendo l’assistenza
necessaria per fronteggiare l’emergenza post-attacco informatico.
Prodotto simile anche in casa AXA Winterthur che nel mese di aprile
ha lanciato la cyber-assicurazione dedicata alle pmi. «Le piccole
imprese sono un bersaglio appetibile per i cybercriminali. E se l’IT di
un’azienda presenta delle lacune, questo può avere gravi conseguenze
non solo per l’impresa stessa, ma anche per i suoi clienti», hanno
spiegato da Axa. «I dati possono essere resi inutilizzabili da una
manipolazione o addirittura cancellati, le ordinazioni online possono
andare perse, un malware può bloccare i sistemi. Nei casi più gravi c’è
il rischio di una perdita di reddito diretta». In caso di sinistro, AXA
Winterthur si fa carico delle spese di ripristino di sistemi operativi e
programmi applicativi, ripristino di dati, indennizzo in caso di
interruzione d’esercizio e richieste di risarcimento avanzate da terzi e
difesa contro le pretese ingiustificate.
È targata invece Dual la polizza Cyber che protegge le imprese e i
professionisti dalle responsabilità derivanti da violazione dei dispositivi
di sicurezza e da violazione della privacy relativa alla perdita o
diffusione non autorizzata di dati di terzi. La copertura include tutti i
costi di notifica, pubbliche relazioni, investigazione e recupero dei dati,
ma soprattutto protegge l’impresa rispetto alla perdita di profitti
conseguenti all’interruzione di attività, compresi i casi in cui il sistema
informatico sia gestito da un fornitore. Il costo della polizza varia in
funzione del fatturato e del limite di indennizzo scelto dal cliente,
compreso fra 50 mila euro e 5 milioni di euro.
Quali sono, dunque, i principali prodotti assicurativi presenti oggi sul
mercato italiano capaci di fare da scudo contro i rischi dei cyber
attacchi? Allianz Global Corporate & Speciality ha messo a punto
una soluzione assicurativa denominata Cyber Protect che copre le
spese generate dalle misure rese necessarie per rispondere al
verificarsi di attacchi alla rete informatica dell’azienda a fine doloso e
al conseguente ripristino dei dati danneggiati o distrutti. Non solo. La
polizza protegge anche dalle perdite di introiti derivanti da
malfunzionamenti legati a un cyber attacco e copre la responsabilità
civile dell’azienda assicurata nei confronti dei propri clienti in seguito
ad attacchi di hacker. Sono inoltre coperte la violazione di dati e la
pirateria informatica. La polizza assicurativa si fa carico, infine, degli
oneri legati alla comunicazione di crisi destinata a tutelare la
reputazione dell’azienda in questione.
Caratteristiche simili al prodotto lanciato nel 2013 dal broker italiano
Mag-Jlt, in collaborazione con Beazley, compagnia assicurativa del
gruppo Lloyd’s di Londra e DFLabs. Si tratta di una polizza contro
gli hacker in grado di tutelare le aziende nei casi di Data Breach
(violazione di dati personali) e in quelli di Cyber Security Incidents
(attacchi informatici), offrendo una copertura assicurativa dei danni
arrecati da un’eventuale violazione, e garantendo l’assistenza
necessaria per fronteggiare l’emergenza post-attacco informatico.
Prodotto simile anche in casa AXA Winterthur che nel mese di aprile
ha lanciato la cyber-assicurazione dedicata alle pmi. «Le piccole
imprese sono un bersaglio appetibile per i cybercriminali. E se l’IT di
un’azienda presenta delle lacune, questo può avere gravi conseguenze
non solo per l’impresa stessa, ma anche per i suoi clienti», hanno
spiegato da Axa. «I dati possono essere resi inutilizzabili da una
manipolazione o addirittura cancellati, le ordinazioni online possono
andare perse, un malware può bloccare i sistemi. Nei casi più gravi c’è
il rischio di una perdita di reddito diretta». In caso di sinistro, AXA
Winterthur si fa carico delle spese di ripristino di sistemi operativi e
programmi applicativi, ripristino di dati, indennizzo in caso di
interruzione d’esercizio e richieste di risarcimento avanzate da terzi e
difesa contro le pretese ingiustificate.
È targata invece Dual la polizza Cyber che protegge le imprese e i
professionisti dalle responsabilità derivanti da violazione dei dispositivi
di sicurezza e da violazione della privacy relativa alla perdita o
diffusione non autorizzata di dati di terzi. La copertura include tutti i
costi di notifica, pubbliche relazioni, investigazione e recupero dei dati,
ma soprattutto protegge l’impresa rispetto alla perdita di profitti
conseguenti all’interruzione di attività, compresi i casi in cui il sistema
informatico sia gestito da un fornitore. Il costo della polizza varia in
funzione del fatturato e del limite di indennizzo scelto dal cliente,
compreso fra 50 mila euro e 5 milioni di euro.
L’RC AUTO SI PUÒ SOTTOSCRIVERE ANCHE IN BANCA
Un’alternativa rispetto ai canali abituali
Il quesito: L’altro giorno sono andata dalla mia banca per fare
alcune operazioni e ho scoperto che anche in filiale è possibile
fare l’assicurazione per la macchina. Dopo lo stupore iniziale mi
sono chiesta come facciano le banche a offrire assicurazioni
auto, visto che non sono compagnie assicurative. E poi mi
domando: conviene? Ci sono dei vantaggi per i correntisti?
Negli ultimi anni, gli istituti di credito hanno ampliato il ventaglio
d’offerta, superando il confine dei servizi strettamente bancari. Così
oggi, oltre alle assicurazioni sulla vita o alle polizze a tutela di un
prestito o del mutuo, recandosi presso la propria filiale un correntista
ha anche la possibilità di sottoscrivere l’Rc auto. Un servizio che gli
istituti di credito possono offrire per il tramite delle compagnie
assicurative collegate direttamente, in quanto facenti parte del gruppo
bancario, o indirettamente, attraverso accordi commerciali o joint
venture. L’offerta sul mercato è molto variegata e i vantaggi vanno al
di là della tariffa base. In media i prezzi sono in linea con quelli offerti
dalle compagnie tradizionali ma, sottoscrivendo una Rc auto in banca,
i correntisti hanno la possibilità di approfittare delle promozioni sulle
garanzie accessorie, oppure di una serie di servizi accessori connessi
alla gestione sinistri.
I prezzi
Per avere un’idea di quanto possa costare un’assicurazione auto offerta
dal proprio istituto di credito è possibile approfittare dei preventivatori
messi a disposizione online dalle stesse banche. Sul sito di Intesa
Sanpaolo Assicura, per esempio, chiunque, correntista o non, può
calcolare un preventivo dell’assicurazione “ViaggiaConMe”
semplicemente inserendo il numero di targa e la propria data di nascita.
In pochi secondi si ha a disposizione il premio annuo complessivo della
sola Rca che può essere confrontato con quello che si sta già pagando
o con quello di altre Compagnie. Anche UniCredit offre la stessa
possibilità per l’assicurazione “Guida Protetta”, ma solo ai già
correntisti, che quindi solo dopo aver effettuato l’accesso alla banca via
internet possono fare un preventivo ed eventualmente richiedere la
polizza direttamente online. Per “Auto InChiaro” di Banca Sella e
“Protezione Guida” di Cariparma Crédit Agricole, invece, dal
canale online è solo possibde compilare un “form” per poi essere
ricontattati per un preventivo (sul sito di InChiaro Assicurazioni,
invece, è possibile calcolare il preventivo online indicando se si è o
meno correntisti di Banca Sella).
Mediamente, i prezzi del pacchetto base, quindi solo Rca, sono in linea
con quelli del mercato tradizionale e più alti rispetto alle polizze online,
che rimangono sempre le più convenienti in termini di premio annuo. I
vantaggi, dunque, vanno ricercati altrove: per esempio nel rapporto di
fiducia con il proprio istituto di credito, o ancora nelle promozioni
offerte ai correntisti sulle garanzie accessorie.
I vantaggi
«Sulle Rca per così dire bancarie, i vantaggi possono essere di vario
tipo – conferma Carmine Paolantonio, responsabile area marketing
privati del gruppo Cariparma Crédit Agricole –. Dai prezzi per le
garanzie accessorie particolarmente vantaggiosi (tipo il furto e
incendio, la kasko o ancora gli atti vandalici, ndr) all’addebito diretto
sul conto corrente, fino ad arrivare alla possibilità di rateizzare il premio
a Taeg zero». E poi generalmente si tende a seguire delle politiche di
prezzo legate anche all’anzianità della relazione del cliente, garantendo
dei premi sull’Rca molto competitivi a chi ha un rapporto importante e
duraturo con la banca. «Inoltre, il correntista può godere di un
trattamento da un punto di vista dell’approccio commerciale e
dell’assistenza post vendita uguale a quello che si riceve per tutti i
servizi bancari, ma con una competenza tipica dell’intermediario
assicurativo», sottolinea Francesco Plini, responsabile banking e
servizi di investimento di Banca Sella.
Non avendo un enorme vantaggio competitivo in termini di prezzo, è
normale che le banche puntino molto su servizi accessori alla polizza,
come appunto l’assistenza post vendita. «Purtroppo nel mondo dell’Rc
auto la misura del servizio c’è quando c’è un sinistro – aggiunge
Paolantonio –. E per noi è importante assistere i nostri clienti nel
migliore dei modi nella gestione dei sinistri. Non è un caso che la quota
di gestione dei sinistri presso le carrozzerie convenzionate con noi sia
passata negli ultimi anni dall’11% al 33 per cento. Segno evidente che
il cliente sta familiarizzando con il sistema e misurando la qualità del
servizio. Se si va nelle carrozzerie convenzionate, dentro ovviamente
il perimetro dell’evento sinistroso, non solo si gode di tempi più veloci
nelle fasi di accertamento e liquidazione, ma si può approfittare di altri
vantaggi, come per esempio l’azzeramento della franchigia».
Come sottoscrivere
L’Rca in banca può essere sottoscritta solo dai correntisti o dai nuovi
clienti. Nella maggior parte dei casi è necessario recarsi in filiale,
oppure “chiudere la trattativa” telefonicamente. È così, per esempio,
per telefonicamente. È così, per esempio, per Cariparma Crédit
Agricole. «I clienti preferiscono la filiale – fa notare Paolantonio –. Per
un semplice motivo: la possibilità di valutare la polizza con un
consulente, modificando così con un esperto il quadro delle garanzie
accessorie. Stiamo comunque lavorando nell’ottica di consentire ai
clienti anche via home banking o attraverso le App». Anche con Banca
Sella, l’assicurazione auto può essere sottoscritta in succursale, «ma
chi è già cliente può rinnovare annualmente la polizza direttamente dal
profilo internet banking o da mobile», conclude Plini. Con Unicredit,
invece, i correntisti possono sottoscrivere l’Rca anche accedendo al
servizio di Banca via internet nella sezione “Negozio online”.
IL SOLE 24 ORE
CAUZIONE SOLTANTO CON LA FIDEIUSSIONE
Qualora la cauzione provvisoria sia priva dall'impegno incondizionato
di un fideiussore a presentare cauzione definitiva in caso di
aggiudicazione, la stazione appaltante è tenuta a escludere la stessa
dalla gara, senza che possa residuare alcun potere di regolarizzazione.
È quanto hanno ribadito i giudici della quarta sezione del Tar per la
Lombardia con la sentenza n. 1936 dello scorso 3 settembre. Si
premette che nessuna disposizione vieta a una stazione appaltante di
richiedere, nell'ambito di una procedura di affidamento mediante
cottimo fiduciario, le garanzie previste dalla normativa applicabile agli
affidamenti di maggiore importo, come peraltro espressamente
statuito dall'autorità nazionale anticorruzione. I giudici amministrativi
milanesi hanno, altresì, evidenziato che la ratio sottesa alla richiesta di
un impegno al rilascio della cauzione definitiva proveniente da un
fideiussore si può facilmente rinvenire nella necessità di assicurare alla
stazione appaltante una garanzia volta a tutelare la stessa da eventuali
inadempimenti dell'appaltatore, il quale, ovviamente, avrà interesse a
non volere, o a non potere, rispondere degli eventuali danni cagionati,
ciò che, per l'appunto, giustifica la richiesta di tale garanzia a un
soggetto terzo, contrattualmente tenuto per tale eventualità. Pertanto,
una dichiarazione avente a oggetto l'impegno a rilasciare la cauzione
definitiva da parte del concorrente non può essere oggetto di
regolarizzazione in sede di gara, poiché risulta «ontologicamente e
funzionalmente diversa da quella proveniente da un fideiussore, infatti
richiesta dalla normativa, dovendosi pertanto dare luogo alla sua
esclusione nel caso in cui, come avvenuto nella fattispecie, tale
sanzione fosse stata espressamente prevista dalla lex specialis».
Nella sentenza in commento si è poi richiamato un costante
orientamento giurisprudenziale secondo cui non sarebbe affetta da
nullità la clausola della lex specialis nella parte in cui preveda, a pena
di esclusione, la costituzione della cauzione, in quanto espressiva di un
interesse rilevante e qualificato dell'amministrazione aggiudicatrice,
non violando pertanto il principio di tassatività delle cause di esclusione
(si vedano: C.s., sez. IV, 21.10.2014 n. 5192; C.g.a., 18.6.2014 n.
327, C.s., sez. V, 22.1.2015 n. 278).
ITALIA OGGI
SENZA RIALZO RISPARMI A RISCHIO. NO, MEGLIO RIMANDARE
Wall Street si prepara con trepidazione e cauto ottimismo al nuovo
appuntamento con le decisioni della banca centrale americana, la
Federal Reserve (Fed). La maggioranza dei trader scommette che dalla
riunione del 16-17 settembre non uscirà ancora alcun cambio concreto
della politica monetaria. Ma tutti gli strateghi degli investimenti delle
banche d’affari e delle società di gestione sperano di capire qualcosa di
più — dalle parole del governatore Janet Yellen — sul futuro dei tassi
d’interesse.
E’ dal dicembre 2008 che Fed funds — punto di riferimento per il costo
del denaro, usati per i prestiti interbancari a brevissimo termine — sono
ai minimi storici: 0-0,25%. Erano stati azzerati per calmare i mercati
finanziari dopo il panico scatenato dal fallimento di Lehman brothers e
per stimolare la ripresa economica.
Ma dopo sei anni dalla fine ufficiale della Grande Recessione (giugno
2009) e dopo oltre sei anni dall’inizio della fase Toro (di rialzo) in Borsa
(marzo 2009), con un tasso di disoccupazione sceso al 5,1% — livello
considerato pari alla piena occupazione — sarebbe ora di iniziare anche
una normalizzazione dei tassi. Lo pensa, fra gli altri, il guru dei bond
Bill Gross, gestore di Janus Capital group, che nel suo commento ai
mercati di settembre ha scritto: «I tassi a zero hanno influenze
negative sull’economia reale, distruggono modelli storici di business
essenziali al capitalismo come i fondi pensione, le compagnie
assicurative e la stessa volontà di risparmiare. E se calano i risparmi,
calano anche gli investimenti e con loro la produttività, come sta
succedendo negli Usa e in tutto il mondo». Ma Gross crede che avviarsi
a una politica monetaria normale o neutrale, con tassi nominali attorno
al 2%, a questo punto spaventerebbe i mercati e scatenerebbe
ulteriore instabilità. Quindi spera che se la Fed inizia ad alzare i tassi,
dica anche chiaramente che dopo il primo rialzo aspetterà un bel po’
per continuare. Nel frattempo, Gross consiglia di difendere i risparmi
tenendoli liquidi o investiti in obbligazioni aziendali sicure a breve
termine (uno o due anni).
La paura di destabilizzare i mercati, dopo lo spavento venuto dalla Cina
in agosto, potrebbe in effetti trattenere la Fed da qualsiasi mossa, come
ha spiegato la settimana scorsa al Wall Street Journal il presidente della
Federal Reserve bank di San Francisco John Williams. «Per eccesso di
RISPARMIO GESTITO
trasparenza i banchieri della Fed parlano troppo e spesso agitano i
mercati con i loro commenti», osserva Kristina Hooper, stratega degli
investimenti negli Usa per Allianz global investors. Che avverte: «La
Fed è stata l’unica istituzione governativa su cui poter contare durante
e dopo la crisi finanziaria globale. Non possiamo sottovalutare l’impatto
della riduzione del suo supporto ai mercati, anche se lenta».
Nonostante questo la media degli strategist di Wall Street si aspetta
che l’indice azionario americano S&P500 chiuda l’anno in positivo,
attorno a 2.150 punti, con un rialzo quindi di circa il 9% dagli attuali
livelli e del 4,4% da inizio 2015, secondo l’ultimo sondaggio di
Barron’s.
E il settore preferito per affrontare un eventuale rialzo dei tassi è il
tecnologico, che dal 1946 ha reagito meglio in condizioni simili: +20%
in media dopo l’inizio di una stretta monetaria della Fed, secondo uno
studio di Sam Stovall, stratega azionario per S&P Capital IQ. «Le
aziende high-tech sono poco indebitate e quindi non soffrono se il costo
del denaro sale — spiega Stovall —. Inoltre se l’economia rallenta, le
altre aziende tenderanno a investire di più in tecnologia per aumentare
la loro produttività e questo aumenterà affari e profitti per il settore
high-tech».
Corriere economia
CHI HA LASCIATO IL TFR NELLA SUA AZIENDA NON HA FATTO
UN AFFARE
Il prolungato periodo di rialzo delle Borse ha favorito gli strumenti
negoziali che hanno fatto registrare ottime performance
L’introduzione dei fondi pensione negoziali in Italia non può certo dirsi
una storia di successo ma almeno sul fronte dei rendimenti il bilancio
è senza dubbio positivo. Il prolungato periodo di rialzo delle Borse ha
infatti favorito i fondi pensione, mentre l’altrettanto lungo periodo di
bassa inflazione ha penalizzato la rivalutazione del Tfr. A conti fatti, chi
ha deciso di lasciare il proprio trattamento di fine rapporto in azienda
non ha fatto la scelta migliore. E gli ultimi dati della Covip, l’organo
di vigilanza sui fondi pensione, dimostrano che, ad oggi, non ci sono
segnali di un’inversione di tendenza: nei primi tre mesi di quest’anno i
fondi negoziali hanno garantito un rendimento del 4,3% medio (si va
Previdenza e dintorni
dallo 0,4% dell’obbligazionario puro all’8,5% dell’azionario, passando
per il 4,1% dell’obbligazionario misto), a fronte del +0,3% del Tfr.
L’andamento del 2014 non era stato molto differente, con i fondi
negoziali che potevano vantare un +7,3% e il Tfr fermo a +1,3%.
Per trovare un periodo in cui il Tfr ha fatto meglio dei fondi bisogna
risalire ai primi anni della riforma che coincidono con la crisi finanziaria
scatenata dal collasso di Lehman Brothers: nel 2008 i negoziali
avevano perso in media il 6,3%, mentre il Tfr aveva guadagnato il
2,7%. In pochi anni però questo gap iniziale è stato colmato e un’analisi
di più lungo periodo dimostra come i guadagni cumulati dai fondi siano
oggi di gran lunga superiori a quelli del Tfr. Dal 2008 a tutto il marzo
2015 il rendimento dei fondi negoziali è stato del 28%, mentre chi ha
puntato sul Tfr si è dovuto accontentare del 18%. Non bisogna infine
dimenticare che l’anno peggiore è stato il 2008, ovvero quando i fondi
negoziali erano appena partiti e, di conseguenza, le masse gestite
erano poche. Oggi il fondo più grande è il Cometa (industria
metalmeccanica) che può vantare masse gestite superiori ai 9 miliardi
di euro, seguito da Fonchim (industria chimica farmaceutica) che
amministra quasi 5 miliardi di euro.
Repubblica e Affari.
FONAGE, IL COMMISSARIO PROPONE TAGLIO AL 35%
I sindacati degli agenti assicurativi Anapa, Unapass e Sna oltre che
Ania e Unipol (le quali, secondo quanto previsto dal piano, dovrebbero
contribuire al riequilibrio con un'iniezione di 20 milioni di
euro) dovranno ora decidere se accettare il piano di salvataggio del
fondo pensione di categoria Fonage presentato la scorsa settimana da
Ermanno Martinetto, commissario straordinario a cui la Covip aveva
richiesto a inizio estate di individuare un piano di riequilibrio per salvare
la forma di previdenza che presentava al 31 dicembre 2014 un
disavanzo di 582,4 milioni.
ll taglio preventivo della Covip deciso nell'estate è stato del 40% sulle
pensioni di settembre e ottobre. Quello previsto dal piano di riequilibrio
messo a punto da Ermanno Martinetto, il commissario straordinario del
Fondo pensione Agenti
fondo pensione degli agenti di assicurazioni, dovrebbe arrivare al
massimo al 35%.
In caso di mancato accoglimento la palla potrebbe tornare di nuovo a
Covip, che potrebbe proseguire la manovra preventiva.
Il piano di Martinetto prevede invece il passaggio del Fonage alla
contribuzione definita, secondo la quale le pensioni saranno
commisurate a quanto versato e i tagli per gli attuali pensionati
saranno proporzionati alla differenza tra l'assegno previdenziale attuale
e quanto versato. Con un taglio massimo del 35%.
Il vecchio fondo andrebbe ad esaurimento con il pagamento delle
prestazioni, mentre da gennaio partirebbe un nuovo fondo. Il disavanzo
patrimoniale ammonterebbe a 582,4 milioni, con uno squilibrio del
41,3%, e la manovra non è più rinviabile
ASSINEWS
FONDO PENSIONE AGENTI, PRESENTATO IL PIANO DI
RIEQUILIBRIO DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO
Interventi sulle pensioni in essere, unificazione della gestione ordinaria
e di quella integrativa, nuova gestione contributiva dal 1° gennaio
2016, tagli complessivi che non dovrebbero superare il 35%. La
situazione originata dal disequilibrio tra i contributi versati e le pensioni
erogate e dalla decisione del 2003 che ha penalizzato le nuove
generazioni scaricando su di esse il costo della generosa promessa
pensionistica riconosciuta ai già iscritti al Fondo
Il Commissario straordinario Ermanno Martinetto ha presentato nel
pomeriggio di ieri, giovedì 10 settembre, il piano di riequilibrio del
Fondo Pensione Agenti. Lo squilibrio rispetto al totale delle riserve
tecniche è del 41,3% e quindi tornerebbe in equilibrio se si riducessero
le prestazioni maturate sia dei pensionati che degli attivi del 41,3%.
Ma anche così facendo, mantenendo le regole attuali, la gestione
ordinaria genererebbe un nuovo disavanzo già dai prossimi esercizi.
La motivazione principale di tale situazione risiede nella promessa
pensionistica che negli anni ha prodotto un livello di prestazioni
significativamente superiore rispetto ai contributi versati.
Ne discende la necessità di introdurre un correttivo che riproporzioni le
prestazioni maturate ai contributi versati.
Due sono le grandezze fondamentali che rilevano: il montante dei
contributi versati da e per ciascun Agente (il cd. valore di
trasferimento) e il maturato (valore attuale delle pensioni erogate ai
pensionati compresi i superstiti).
Ebbene, per coloro che sono andati in pensione nel periodo 2010 / 2014
le pensioni erogate sono state più che doppie rispetto al valore
assicurato dai contributi versati dagli stessi soggetti, nel periodo 2015
/ 2019, con il medesimo criterio, le pensioni sarebbero più del 50% dei
contributi versati e così via fino al 2019 per invertire la tendenza solo
nel 2029 (anno in cui i nuovi pensionati riceverebbero una pensione
inferiore a quella che deriverebbe dai loro contributi versati).
La decisione del 2003 – con la quale le prestazioni sono rimaste
inalterate a fronte di contributi maggiorati – ha prodotto l’effetto di
scaricare sulle nuove generazioni il costo della promessa pensionistica
generosa riconosciuta ai già iscritti al Fondo.
Rivedere le pensioni in essere e quelle future è quindi necessario e
passa attraverso un piano che prevede:
A) Interventi sulla pensioni in essere sia per la gestione ordinaria sia
per quella integrativa: le pensioni in essere con “Maturato” almeno
doppio del “Valore di trasferimento” vengono ridotte di un’aliquota
percentuale compresa tra il 40% ed il 35%, quelle con maturato
compreso tra una e due volte il valore di trasferimento vengono ridotte
di un’aliquota compresa tra lo 0% ed il 35%.
Per la gestione integrativa vengono introdotti fattori di riduzione delle
pensioni in pagamento che, sulla base delle prime analisi, potranno
comportare una riduzione compresa tra il 5% ed il 15%. Peraltro, il
taglio complessivo (Pensione Ordinaria + Pensione Integrativa) non
dovrebbe superare il 35%.
B) Interventi sulle pensioni future: Il “Valore di trasferimento”
maturato da ciascun aderente nella Gestione Ordinaria viene
riconosciuto, in base ad una determinata aliquota percentuale
(tendenzialmente pari al 100%), quale prestazione pensionistica
aggiuntiva nella Gestione Integrativa (tutti gli aderenti attivi vengono
così trasferiti alla Gestione Integrativa dove per ciascuno di essi si
accende una nuova posizione assicurativa con decorrenza 1/1/2016
impiegando lo “zainetto” con i coefficienti all’1% corretti in funzione
della maggiore longevità.
Contestualmente all’assestamento della situazione pregressa del Fondo
(fino a tutto il 31/12/2015) è previsto l’avvio della “Nuova Gestione” a
contributi definiti che funzionerà come una normale gestione separata
assicurativa e riceverà tutti i futuri contributi degli Agenti e delle
Compagnie (compreso il contributo minimo di 100 Euro l’anno a carico
delle Compagnie proposto dall’ANIA che, insieme alla analoga quota a
carico dell’ Agente, consentirà ai futuri pensionati di disporre di una
nuova fonte di incremento della propria posizione pensionistica).
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