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1 PREMESSA Il fisioterapista è individuato nella figura professionale di operatore sanitario in possesso del diploma universitario abilitante, che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita. Si deduce da tale definizione, che la riabilitazione non sia soltanto un semplice intervento da svolgere in modo sistematico sul paziente ma bensì, un processo di risoluzione dei problemi e educazione nel quale si porta la persona in quel momento disabile a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative. Il nostro intento è stato quello di verificare se con un intervento di tipo assistenziale che fornisse un supporto attivo, il paziente fosse in grado di mantenere e prolungare a distanza di tempo i benefici ottenuti dalla riabilitazione svolta in reparto. Questo lavoro ha come patologia oggetto di studio la BPCO ed è composto di due parti. La prima parte prende in considerazione gli aspetti clinici e riabilitativi della suddetta patologia. La seconda parte descrive lo studio che ho effettuato presso il reparto di Riabilitazione Medica dell’ospedale di Pescia su 32 pazienti anziani affetti da BPCO di grado medio/severo che hanno effettuato e concluso un programma di riabilitazione respiratoria in Day-Hospital della durata di quattro settimane di cui sono stati valutati gli effetti a sei mesi e un anno dalla dimissione. Come indicatore di riferimento per la valutazione e il monitoraggio è stato usato l’indice BODE, innovativo eppure importante fattore prognostico di mortalità

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PREMESSA

Il fisioterapista è individuato nella figura professionale di operatore sanitario in possesso del diploma universitario abilitante, che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita. Si deduce da tale definizione, che la riabilitazione non sia soltanto un semplice intervento da svolgere in modo sistematico sul paziente ma bensì, un processo di risoluzione dei problemi e educazione nel quale si porta la persona in quel momento disabile a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative. Il nostro intento è stato quello di verificare se con un intervento di tipo assistenziale che fornisse un supporto attivo, il paziente fosse in grado di mantenere e prolungare a distanza di tempo i benefici ottenuti dalla riabilitazione svolta in reparto. Questo lavoro ha come patologia oggetto di studio la BPCO ed è composto di due parti. La prima parte prende in considerazione gli aspetti clinici e riabilitativi della suddetta patologia. La seconda parte descrive lo studio che ho effettuato presso il reparto di Riabilitazione Medica dell’ospedale di Pescia su 32 pazienti anziani affetti da BPCO di grado medio/severo che hanno effettuato e concluso un programma di riabilitazione respiratoria in Day-Hospital della durata di quattro settimane di cui sono stati valutati gli effetti a sei mesi e un anno dalla dimissione. Come indicatore di riferimento per la valutazione e il monitoraggio è stato usato l’indice BODE, innovativo eppure importante fattore prognostico di mortalità

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CAPITOLO 1 : LA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA 1.1 DEFINIZIONE Il concetto di Riabilitazione Respiratoria, pur essendo relativamente recente, ha già subito nel corso del tempo alcune modifiche ed evoluzioni. Il suo impiego nelle malattie respiratorie croniche risale alla prima metà degli anni ’70, ma erano in pochi a crederci (1). Un salto qualitativo importante fu realizzato a metà anni ‘90, quando fu possibile dimostrare l’evidenza scientifica della sua efficacia nel ridurre la dispnea e l’affaticabilità e nel migliorare la capacità di esercizio. Da allora molti studi hanno confermato questi risultati. La definizione attualmente riconosciuta dall’European Respiratory Society, risale al 1994 ed è stata pubblicata in un Summary del NIH Workshop(2). Quando si parla di Riabilitazione Respiratoria si tende a considerare "...un insieme multidimensionale di servizi diretti a persone con malattie polmonari ed alle loro famiglie, di solito attuato da parte di un team interdisciplinare di specialisti, con lo scopo di raggiungere e mantenere il massimo livello di indipendenza e di attività nella comunità..." (3). Questa definizione sottolinea alcuni aspetti fondamentali caratterizzanti l'attività riabilitativa in campo respiratorio: in particolare l'individualizzazione (personalizzato per ciascun paziente), la multidisciplinarietà del programma terapeutico (equipe interdisciplinare) (4,5) e lo scopo di reinserire il paziente nel suo ambiente aggiungendo l'importante aspetto educazionale al fine di promuovere la gestione della malattia da parte del paziente e della sua famiglia. Quindi i programmi di riabilitazione polmonare dovrebbero essere considerati come un’opzione che può migliorare lo standard terapeutico con il proposito di ottimizzare la capacità funzionale e riportare i pazienti al più alto livello possibile di indipendenza funzionale. Secondo l’European Respiratory Society (ERS) "La riabilitazione polmonare ha lo scopo di recuperare i pazienti ad uno stile di vita indipendente produttivo e soddisfacente ed impedire l'ulteriore deterioramento clinico compatibile con lo stato della malattia" (6,7). Questa definizione conferma un altro importante aspetto: i programmi riabilitativi hanno lo scopo e la capacità di incidere sulla storia naturale della malattia (8).

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1.2 SCOPI DELLA RIABILITAZIONE La riabilitazione respiratoria è idealmente una strategia di trattamento globale indirizzata a tutte le componenti della malattia polmonare cronica e progressiva. Per questi aspetti di cronicità questo tipo di riabilitazione non è curativo e non fermerà il progressivo peggioramento fisiopatologico, tuttavia può ridurre una parte della disabilità. Applicando una definizione funzionale “la riabilitazione respiratoria applica l’arte, l‘abilità, la fisiologia e multiple discipline cliniche per prevenire o ridurre la disabilità associata con la malattia polmonare cronica” ( Tiep 1994) . Specificamente le mete sono: - Ridurre i sintomi - Insegnare ai pazienti a trattare con successo il loro processo patologico - Mantenere uno stile di vita attivo ed indipendente - Massimizzare le capacità funzionali Per ottenere i benefici dimostrati da questo tipo di riabilitazione è fondamentale instaurare un rapporto di alleanza fra tutti i soggetti coinvolti nell’assistenza (team ospedaliero, paziente, familiari, medico di famiglia) con l’obiettivo comune di soddisfare i multipli e mutevoli bisogni dei pazienti nelle varie fasi della malattia(9). 1.3 TEAM RIABILITATIVO E TIPO DI INTERVENTI Il programma riabilitativo vede collaborare tra loro più figure professionali ,che formano un team riabilitativo, caratterizzato oltre che dalla persona servita, anche da una varietà di professionisti che condividono valori e obiettivi comuni, partecipano alla valutazione, pianificazione e/o implementazione del progetto.(10,11) Nel nostro caso oltre al fisioterapista , il gruppo è composto dal fisiatra o pneumologo con il ruolo di responsabile del progetto, dall'infermiere, psicologo, dietista e assistente sociale, ognuno dei quali fornisce il proprio contributo e mette a disposizione le proprie competenze professionali nel rispetto e collaborazione reciproca.

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Un altro aspetto organizzativo importante è la sede del programma riabilitativo, poiché per la patologia respiratoria condiziona, anche se limitatamente, il livello di intervento. Le sedi riabilitative più diffuse sono: • Ambiente domiciliare (12,13,14): I programmi domiciliari di solito seguono quelli ospedalieri e quelli ambulatoriali. Si effettua per il mantenimento di pazienti con situazione clinica stabile e con problemi di trasporto o per pazienti non trasportabili che non vogliono ricoverarsi. Di solito coinvolge il livello più semplice di impegno tecnologico ed umano, anche se sporadicamente interessa interventi di livello specialistico riguardanti impegni più severi come, ad esempio, la ventilazione meccanica. • Ricovero in regime day hospital (15,16,17) Per pazienti sintomatici ma stabili senza problemi di trasporto, con necessità di mantenimento dell’attività lavorativa e di un monitoraggio solo periodico. • Ricovero in ospedale (18) Può essere in regime di degenza ordinaria o in Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR). Effettuato per pazienti con nulla o limitata mobilità, con diagnosi clinica e valutazione non definiti, con patologia instabile, con necessità di continuo monitoraggio oltre che di standard valutativi e terapeutici elevati, quali ad esempio manovre invasive. • Regime di prestazione “ambulatoriale” Questa sede d’intervento comprende solo le prestazioni riferite a singole manovre di fisioterapia da eseguirsi per brevi cicli, ad esempio il drenaggio posturale o la preparazione di interventi chirurgici con allenamento dei muscoli respiratori.

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1.4 SELEZIONE DEI PAZIENTI La riabilitazione respiratoria seleziona i pazienti anche perché i programmi hanno un costo elevato. La valutazione del candidato al programma di riabilitazione non deve essere un processo complicato. Essa non coincide con la valutazione funzionale specifica della gestione pneumologica, ma in qualche modo la integra. Tuttavia un’attenta selezione dei pazienti da sottoporre al programma di riabilitazione polmonare (PRP) è importante e fondamentale per l’individualizzazione del programma di riabilitazione polmonare e per la sua riuscita (19). I pazienti adatti ai PRP sono quelli che riconoscono che i loro sintomi dipendono dalla loro malattia polmonare e sono motivati ad essere protagonisti della loro terapia per migliorare il loro stato di salute. Nello specifico le indicazioni ai programmi di riabilitazione respiratoria sono(20,21): - Affezione da BPCO, asma bronchiale, fibrosi cistica o bronchiectasie - Presenza di insufficienza respiratoria cronica da qualunque causa - Riscontro di insufficienza respiratoria acuta su cronica - Malattie neuromuscolari e della cassa toracica - Malattie interstiziali del polmone - In preparazione e a seguire, per recupero funzionale, interventi di chirurgia toracica e addominale, con particolare riferimento alla resezione di volume polmonare - Situazione di resezione del volume polmonare - Trattamento dei soggetti sottoposti o preparazione al trapianto polmonare - Presenza del paziente in UTIR - Accertata dispnea a riposo o durante attività fisica, tale da interferire sulla qualità della vita del paziente - Tolleranza allo sforzo ridotta - Riscontro di alterazioni emogasanalitiche in condizioni basali o sotto sforzo ed inserimento in un programma di ossigenoterapia a lungo termine - Svezzamento dalla ventilazione meccanica

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E’ importante specificare, invece, che l’unica controindicazione assoluta ai programmi di riabilitazione polmonare è la mancata volontà di parteciparvi o una cattiva compliance a loro. Esistono altri criteri di selezione che possono risultare notevolmente utili per l’individualizzazione dei programmi di trattamento. Alcuni di questi criteri sono: • Età L’età non è considerata un fattore limitante i programmi di riabilitazione respiratoria (22). La letteratura recente ha sottolineato i benefici effetti della partecipazione regolare a programmi di esercizi aerobici a lungo termine negli anziani (19,22). Le linee guida di base per la definizione di frequenza, intensità, durata e modalità di attività sono considerate appropriate anche per gli anziani. L’allenamento all’esercizio ad alta intensità è possibile ed efficace nel combattere la debolezza muscolare e la fragilità fisica in soggetti molto anziani (23). Programmi globali di trattamento comprendenti educazione, allenamento degli arti superiori ed inferiori, esercizi respiratori e fisioterapia toracica si sono dimostrati in grado di migliorare la capacità all’esercizio anche in pazienti BPCO di più di 75 anni (24). • Stato clinico Fondamentale per l’adesione ai programmi di trattamento è una situazione clinica e morbosa stabile. • Abitudine al fumo È necessario un impegno concreto dei pazienti a smettere di fumare tuttavia molti autori (15,18,25) hanno confermato che altri possibili motivi di esclusione sono malattie evolutive associate (tumori, tbc), presenza di concomitanti gravi malattie extrapolmonari, eccessiva lontananza dall’ospedale, barriere linguistiche, compromissione cognitiva, inadeguata situazione familiare, problemi socioeconomici o eccessiva compromissione psicomotoria.

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1.5 EVIDENZE SCIENTIFICHE La medicina basata sull’evidenza(EBM), alla luce di numerosi studi prospettici randomizzati e controllati e dalle molte meta-analisi compiute (2,18,17,26,27) indica con chiarezza i notevoli effetti positivi dei programmi di riabilitazione polmonare sui pazienti affetti da broncopneumopatia cronico ostruttiva. I PRP, infatti, sono riconosciuti ed ampiamente accettati come parte integrante del trattamento clinico e del mantenimento dello stato di salute di pazienti con malattie respiratorie croniche che rimangono sintomatici o continuano ad avere una ridotta funzione nonostante il trattamento medico standard. Gli effetti benefici più rilevanti risultati dai numerosi studi sono: • Riduzione della sensazione soggettiva di dispnea (Evidenza A) E’ stato dimostrato che la riabilitazione polmonare migliora il sintomo dispnea nei pazienti con BPCO e, quindi, blocca il circolo vizioso che è solito instaurarsi in tali pazienti: La dispnea disabilitante, infatti, è spesso la causa principale del decondizionamento fisico che a sua volta peggiora la dispnea da sforzo. Questo circolo vizioso può determinare una rilevante riduzione della capacità funzionale fino a non riuscire a far fronte alle attività della vita quotidiana (ADL) con conseguente peggioramento della qualità della vita (QOL). In tutti gli studi condotti sui PRP si è accertato un miglioramento della dispnea sia con test da sforzo che nello svolgimento delle attività della vita quotidiana (ADL). • Miglioramento della tolleranza all’esercizio fisico (Evidenza A). Il paziente affetto da BPCO, data la ridotta tolleranza all’esercizio, è un individuo estremamente debole che col tempo peggiora questa condizione e diventa sempre più decondizionato. • Miglioramento della qualità della vita (Evidenza B) Programmi di riabilitazione polmonare comprendenti educazioni, esercizi respiratori, rilassamento, trattamento della dispnea e allenamento

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all’esercizio fisico generale e di gruppi muscolari selettivi sì sino dimostrati in grado di migliorare la qualità della vita (16,17,28,29). • Riduzione del numero di ospedalizzazioni e del numero di giorni di degenza in seguito ai ricoveri (Evidenza A) • Miglioramento dello stato psico-sociale conseguente a BPCO (Evidenza A). I programmi di riabilitazione polmonare riducono la depressione, l’ansia e i problemi psichiatrici, problematici assai comuni nei pazienti respiratori e capaci di rinforzare ulteriormente l’isolamento sociale e la loro inattività fisica. • Miglioramento della funzione degli arti superiori (Evidenza B). In seguito all’allenamento della forza e della resistenza dei pazienti affetti da BPCO si ha miglioramento della loro funzione delle braccia. • Aumento della forza dei muscoli respiratori (Evidenza B). Questo tipo di allenamento porta ad un miglioramento della funzione di tali muscoli, riduce la dispnea e migliora la tolleranza all’esercizio. Altri esiti quali il miglioramento della sopravvivenza, della funzione respiratoria e gli effetti a lungo termine sono tuttora oggetto d’esame, a causa dei risultati discordanti dei vari studi che li hanno presi in considerazione.

CATEGORIA A

ATTENDIBILITA’ Studi randomizzati controllati:

elevato numero di studi

B Studi randomizzati controllati: scarso numero di studi

C Studi non randomizzati e studi osservazionali

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Giudizio di un gruppo di esperti

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CAPITOLO 2: CENNI D’ANATOMIA DELL’APPARATO RESPIRATORIO

2.1 LE VIE RESPIRATORIE La funzione principale delle vie aeree è di condurre l’aria dall’ambiente esterno alla superficie deputata agli scambi di gas con il sangue e di far defluire l’aria dopo che gli scambi sono avvenuti. L’apparato respiratorio, benché classicamente differenziato in vie aeree superiori e vie aeree inferiori, è, di fatto, un continuum funzionale e morfologico,caratterizzato da una sostanziale omogeneità di tessuti,tipi cellulari,tipologia di innervazione e perfusione vascolare. La maggior parte dei tessuti respiratori è costituta da epitelio ciliato e ghiandole mucipare ed è ricca di linfociti e mast-cellule .Le vie aeree superiori sono costituite dal naso, dalla laringe, dalla trachea e dai bronchi superficiali, mentre le vie respiratorie profonde sono rappresentate dai polmoni. La via di ingresso dell’aria inspirata è costituita dal naso, qui l’aria a contatto con la mucosa è saturata di vapore acqueo e portata alla temperatura di 37°C (l’aria secca danneggia la mucosa delle vie respiratorie e provoca broncocostrizione). Il naso inoltre provvede alla depurazione da agenti infettivi,particelle in sospensione e gas disciolti. La laringe è il segmento più craniale del tubo laringo-tracheale, costituito da varie cartilagini che si origina a livello faringeo e si continua a livello tracheale. Situato nel collo corrispondente alla 4°, 5° e 6° vertebra cervicale e sotto l’osso ioide dove forma la prominenza laringea o Pomo d’Adamo. Questo organo molto differenziato è deputato al passaggio dell’aria e alla fonazione, poiché al suo interno contiene le corde vocali. Al di sotto delle corde vocali inizia la trachea, condotto lungo circa 12 cm esteso dalla 6°vertebra cervicale alla 4° toracica . Questa è tappezzata da un epitelio contenente ghiandole secernenti acqua e da cellule secernenti muco. Le cellule sono fornite di ciglia,il cui movimento è diretto verso l’alto per sospingere oltre la laringe le particelle e gli agenti infettivi intrappolati nel muco,avviandoli verso la deglutizione, inoltre è costituita posteriormente da tessuto muscolare e anteriormente da circa 20 anelli cartilaginei. Questa struttura conferisce alla trachea stabilità, evitandone il collasso durante gli sforzi respiratori(es. durante la tosse) oltre all’elasticità e all’estensibilità necessarie per accompagnare i movimenti del tronco.

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La trachea termina con una biforcazione che dà origine ai due bronchi principali destro e sinistro, che all’ingresso nel polmone sono accompagnati dai due ili polmonari costituiti dai rami dell’arteria polmonare,le grandi vene polmonari,i rami nervosi parasimpatici (dal nervo vago) e simpatici ( dai 4 segmenti toracici più craniali). Questi nervi sono responsabili: dell’innervazione motoria dei muscoli lisci bronchiali,della fase secretoria delle ghiandole bronchiali e sensoriale dei recettori polmonari e bronchiali. I bronchi principali hanno un diametro di 1cm la parete è costituita da muscolo,tessuto elastico e placche cartilaginee disposte irregolarmente. L’orientamento del bronco principale destro, più in linea con quello della trachea, fa sì che eventuale materiale inalato si diriga preferenzialmente verso il polmone destro. Anche i bronchi principali si ramificano dando origine ai bronchi lobari, uno per ogni lobo polmonare e che a loro volta si suddividono nei vari bronchi segmentali. Questa ramificazione prosegue per varie generazioni dando origine al complesso sistema dell’albero bronchiale seguendo il quale l’aria è condotta in tutto il polmone in maniera ottimale. Il diametro di ciascuno dei rami figli è minore di quello del ramo madre per cui il diametro delle vie aeree diminuisce progressivamente dalla trachea alla periferia questo fa si che la velocità dell’aria diminuisce lungo l’albero respiratorio poiché lo stesso volume d‘aria passa attraverso tutte le generazioni bronchiali, si passa da 1m/s a livello della trachea a meno di 1cm/s a livello dei bronchioli respiratori. La resistenza opposta al flusso è massima a livello delle grandi vie aeree e diminuisce progressivamente avvicinandosi alla periferia polmonare, l’80% delle resistenze intra-toraciche risiede nella trachea e nei grossi bronchi. I polmoni occupano le cavità pleuriche e hanno dimensioni e forme diverse, infatti il polmone sinistro è un po’ più piccolo a causa dei rapporti con il cuore. Il polmone destro anche se un po’ più grande è leggermente più corto a causa del sollevamento diaframmatico per la presenza del fegato. Ogni polmone è suddiviso in due porzioni da una scissura obliqua che lo attraversa fino all’ilo. Una linea tracciata dalla terza vertebra toracica posteriormente alla sesta articolazione costocondrale, raggiunge il margine inferiore dei polmoni e delimita il lobo inferiore. Sopra la linea obliqua il polmone destro è diviso da una scissura orizzontale che delimita il lobo superiore al di sopra e un lobo medio al di sotto.

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Il polmone sinistro non presenta questa suddivisione e tutta la parte al di sopra della scissura obliqua è il lobo superiore. La porzione antero-inferiore del lobo superiore sinistro si chiama lingula. I lobi inferiori costituiscono la base e la parte posteriore del polmone mentre i lobi superiore e medio costituiscono l’apice e la parte anteriore.

2.2 ANATOMIA FUNZIONALE La forma della gabbia toracica è quella di un tronco di cono leggermente appiattito in senso dorso ventrale, la sua forma deriva dalle ossa che lo compongono e dai principali organi contenuti nel suo interno. Esso è la sede degli organi principali dell’ apparato circolatorio, dello stesso centro cardiaco propulsore dell’ onda sanguigna, e della maggior parte dell’ apparato respiratorio, tanto legato funzionalmente a quello della circolazione;da questo derivano le sue funzioni principali di

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sostegno, contenimento e protezione. Lo scheletro della gabbia toracica è formato posteriormente dal segmento toracico del rachide con il quale si articolano dodici paia di coste; anteriormente è chiusa da un osso impari e mediano, lo sterno, al quale si attaccano, direttamente o indirettamente, le coste attraverso la cartilagine costale. Le coste, che delimitano lateralmente la gabbia toracica, sono costituite da una parte ossea, costa propriamente detta, e completata in avanti da un tratto cartilagineo, cartilagine costale. Le prime sette coste si uniscono in avanti allo sterno con la loro parte cartilaginea, l’8°, la 9° e la 10° si connettono alla cartilagine soprastante formando l’ arco costale;l’11° e la 12° sono libere, per questo sono dette coste libere o fluttuanti. Le articolazioni del torace possono essere distinte in: - Articolazioni costovertebrali (tra coste e vertebre toraciche). - Articolazioni sternocostali (tra coste e sterno). - Articolazioni intercondrali (tra le cartilagini costali). - Articolazioni sternali (tra le varie parti dello sterno). Le teste delle coste si articolano con i corpi vertebrali sono delle artrodie ed i mezzi di unione sono costituiti sempre dalla capsula articolare rinforzata da vari legamenti. Le articolazioni costovertebrali consentono movimenti di elevazione ed abbassamento delle coste durante le fasi respiratorie. A livello delle coste inferiori, il movimento di elevazione determinerà soprattutto un aumento del diametro traverso del torace, mentre al contrario le coste superiori, determineranno un aumento soprattutto del diametro antero posteriore. Questa differenza dipende dalla angolazione con cui la costa si impernia alle vertebre questo fa’ si che si formi un angolo più aperto o più chiuso. Le articolazioni sternocostali sono costituite dalle prime sette cartilagini costali e le incisure sternali; sono artrodie semplici o doppie ad eccezione della prima cartilagine costale. I mezzi di unione sono: il legamento interarticolare, sternocostale la capsula articolare rinforzata dal legamento raggiato sternocostale ed i legamenti costoxifoidei. Durante la respirazione le cartilagini costali subiscono uno spostamento angolare ed una torsione attorno al loro asse longitudinale in quanto lo sterno si alza durante l’inspirazione e si deprime nella espirazione, la cartilagine si comporta come una barra di torsione che assorbe energia in fase inspiratoria e la restituisce in fase di espirazione. Col trascorrere del

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tempo, le cartilagini tendono ad ossificarsi, il che spiega la perdita dell’elasticità toracica e respiratoria negli anziani. Nelle articolazioni intercondrali vi sono rapporti articolari del tipo delle artrodie distinti in due tipi: il primo unisce l’estremità’ mediale dell’8°, 9° e 10° cartilagine costale con le cartilagini sovrastanti ed il secondo unisce i margini contigui della 6°-7°, 7°-8°, 8°-9° cartilagine costale; i mezzi di fissità sono costituiti dalla capsula articolare. Le articolazioni sternali sono distinte in superiore ed inferiore. L’articolazione superiore e’ una sinfisi tra il corpo ed il manubrio rinforzata dai legamenti periferici. Quella inferiore e’ una sincondrosi che nell’adulto diventa sinostosi tra il corpo ed il processo xifoideo.

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Dal punto di vista funzionale il sistema respiratorio è costituito da un sistema di vie aeree aperto all’atmosfera attraverso il quale l’aria giunge a contatto con una membrana alveolo-capillare che la separa dal sangue circolante nei capillari polmonari. La pompa è rappresentata dai muscoli agenti sulla parete toracica che quando viene mobilizzata determinano la ritmica espansione e deflazione dei polmoni e il trasporto dell’aria fino alla membrana dove l’aria ricca di O2 e la CO2 contenuta nel sangue attraversano la membrana per diffusione. Sull’altro versante della membrana il sangue arricchito di O2 e depurato di CO2 viene rimosso grazie alla pompa circolatoria. Normalmente i movimenti in alto e in avanti sono determinati dall’elevazione delle coste superiori durante l’inspirazione mentre i movimenti in basso e indietro sono dovuti all’abbassamento delle coste inferiori durante l’espirazione. I muscoli del torace si distinguono in intrinseci (originano e terminano nel torace) ed estrinseci (originano e si inseriscono in punti lontani dal torace).

Muscoli intrinseci • muscoli intercostali Occupano gli spazi intercostali e sono 11 paia. Originano dal margine inferiore di una costa e si portano al margine superiore di quella sottostante. Si distinguono in: muscoli intercostali interni(fasci che si estendono dall’angolo costale allo sterno decorrendo dall’alto in basso e dall’avanti indietro), muscoli intercostali medi(posti tra lo spazio intercostale che va dalla linea ascellare media allo sterno) e muscoli intercostali esterni (i cui fasci si estendono dai tubercoli delle coste alle estremità laterali delle cartilagini costali, decorrendo dall’alto in basso e dal dietro in avanti). Nell’interstizio tra gli interni e gli esterni decorrono i vasi ed i nervi intercostali accolti nel solco costale. Sono innervati dal 1° fino all’11° nervo intercostale e con la loro azione elevano ed abbassano le coste (sono muscoli sia inspiratori che espiratori).

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• muscoli elevatori delle coste Sono 12 paia di muscoli di forma triangolare posti profondamente nel dorso. Originano dai processi traversi della 7° vertebra cervicale e di quelle toraciche ( escluso l’ultima) e si inseriscono al margine superiore della costa sottostante. Sono innervati dai rami anteriori dell’8° nervo cervicale e dai nervi toracici (12 paia di nervi intercostali). Con la loro azione elevano le coste per cui sono muscoli inspiratori. • muscoli sottocostali Si trovano nella parte interna e posteriore del torace. Originano dalla faccia costale interna e si portano alla faccia interna della costa sottostante o di quella successiva. Sono innervati dal 1° fino all’11° nervo intercostale e con la loro contrazione abbassano le coste( muscoli espiratori). • muscoli traverso del torace Si trova nella parte interna ed anteriore del torace. Origina dalla faccia posteriore del corpo e del processo xifoideo dello sterno,si porta lateralmente in alto per poi inserirsi sulla faccia interna ed inferiore della 2° fino alla 6° cartilagine costale. Questo muscolo e’ innervato dai nervi intercostali(dal 2° al 9°) ed agisce abbassando le coste (muscolo espiratorio.

Muscoli estrinseci • muscolo diaframma E’ un muscolo impari che separa la cavità toracica da quella addominale ed è responsabile dei movimenti respiratori. Per le sue inserzioni si possono distinguere una parte lombare, una sternale ed una costale. Il diaframma ha forma di una semicupola, con al centro una depressione dove poggia il cuore.Il diaframma rappresenta il principale muscolo respiratorio e, a seconda dell’ intensità e durata del movimento respiratorio, determina modificazioni nel volume della cavità toracica agendo da solo o in cooperazione con altri muscoli accessori. Nelle

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azioni espulsive, quali tossire, starnutire, ridere, gridare, o nella compressione addominale, come accade nel vomitare, nell’emettere urina o feci, o nel provocare l’espulsione del feto durante il parto, la contrazione del diaframma è sempre preceduta da un atto inspiratorio. E’ innervato dai nervi frenici(c3-c5, quando si contrae, si abbassa, ed eleva le ultime 6 coste, quindi amplia la cavità toracica(m. inspiratorio). Benché il diaframma sia principalmente un muscolo inspiratore ha un’azione espiratoria sulla cassa toracica, quando la cupola è appiattita e le sue fibre periferiche sono dirette centralmente. Da un punto di vista strutturale il muscolo presenta fibre a contrazione rapida resistenti alla fatica e fibre a lenta contrazione. Questa diversa composizione spiega i motivi dell’affaticamento muscolare • muscoli scaleni La loro azione diretta consiste nel sollevare le prime due coste partecipando all’atto inspiratorio. • muscoli sternocleidomastoidei Si origina dai due capi del manubrio dello sterno e dalla parte mediale della clavicola e si inserisce con un unico ventre muscolare al processo mastoideo. La sua azione è quella di elevare lo sterno e la prima costa aumentando il diametro antero-posteriore del torace, sono mm accessori dell’inspirazione attivandosi verso la fine di un’inspirazione volontaria massimale. • muscoli respiratori del torace Tra i muscoli del dorso il trapezio e il dentato superiore hanno azione inspiratoria, mentre il dentato inferiore è espiratorio. Anche gli elevatori delle coste possono svolgere un’azione favorente l’inspirazione. • muscoli addominali I muscoli addominali che intervengono nella respirazione sono : retto dell’addome, obliquo interno, esterno e trasverso dell’addome

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Tutti questi muscoli hanno un’azione espiratoria, poiché la loro contrazione provoca un rientramento della parete addominale che genera un aumento di pressione sul diaframma che è spinto in alto riducendo il volume polmonare. Il ruolo dei mm addominali non è solamente espiratorio, questi supportano i mm inspiratori facilitando l’azione del diaframma in stazione eretta poi cessando la loro contrazione, alla fine dell’espirazione favoriscono la discesa passiva del diaframma, in modo tale che il volume polmonare aumenti prima ancora dell’inizio dell’attività dei mm inspiratori.

CAPITOLO 3: LA BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA

3.1 CHE COSA É ? Definizione Per molti anni vi è stato un ampio dibattito sulla definizione delle sindromi associate ad una limitazione cronica del flusso delle vie aeree, che includono la bronchite cronica, l’enfisema ed eventualmente l’asma bronchiale. In base alle attuali conoscenze, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO o COPD) prevede una definizione di tipo FUNZIONALE, ovvero essa è una condizione clinica caratterizzata da una limitazione al flusso aereo che non è completamente reversibile, nel caso lo fosse si parlerebbe di asma bronchiale. Tosse e catarro cronici spesso precedono lo sviluppo di molti anni e questi sintomi identificano gli individui a rischio. Per converso, alcuni pazienti sviluppano una significativa ostruzione al flusso in assenza di sintomi respiratori cronici. Da un punto di vista CLINICO, la broncopneumopatia cronica ostruttiva comporta il variabile coesistere di bronchite cronica ed enfisema polmonare, che presentano gli stessi fattori di rischio, in particolare l’abitudine al fumo di sigaretta, e talora la coesistenza di asma bronchiale (non inclusa nel quadro nosologico della BPCO poiché caratterizzata da diversi processi infiammatori delle vie aeree seppur determina la stessa alterazione funzionale ossia un’ostruzione delle vie aeree) (30,31). La definizione è anche OPERATIVA FUNZIONALE molto pratica, che si basa sull’esame spirometrico. Infatti, si pone diagnosi positiva, quando

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alla spirometria si evidenzia una riduzione dell’indice di Tiffeneau (rapporto tra volume espiratorio massimo al primo secondo e capacità vitale)moltiplicato cento (VEMS o FEV)/(CV)X100 è inferiore al 70%, anche dopo test di broncodilatazione (30,32). La complessità di questo quadro deriva dal fatto che comporta un coinvolgimento di alterazioni strutturali quali l’infiammazione cronica e remodeling è delle vie aeree centrali e periferiche che del parenchima polmonare. La risposta infiammatoria non riguarda solo il polmone, ma ha effetti a distanza anche su altri organi e apparati. Le alterazioni fisiologiche caratteristiche della malattia invece, comprendono la riduzione del flusso aereo espiratorio e l’iperinflazione polmonare, l’ipersecrezione di muco, le alterazioni della funzionalità ciliare, le alterazioni degli scambi gassosi, l’ipertensione polmonare ed il cuore polmonare. 3.2 STORIA NATURALE I criteri stabiliti dall’American Thoracic Society per diagnosticare la bronchite cronica sono: tosse ed espettorato presenti da due anni per almeno 3 mesi l’anno. Nel tentativo di ricostruire la storia naturale della BPCO possiamo distinguere tre stadi: • PRECLINICA Fase paucisintomatica nella quale i sintomi sono comunque a specifici e reversibili. Questa prima fase è quella di più difficile definizione, in quanto il malato è clinicamente poco distinguibile dal soggetto sano fumatore. La tosse e l’espettorato mattutino frequentemente presenti sono, infatti, comuni a entrambi e in genere non riferiti dal paziente, in quanto considerati come un semplice effetto collaterale del fumo e come tali sottovalutati o negati. Le alterazioni funzionali sono modeste ma rivelano da un lato un’ostruzione delle vie aeree e, dall’altro, un aumento della reattività dell’albero bronchiale a stimoli a specifici. La chiusura delle piccole vie aeree provocata da infiltrazione di cellule infiammatorie con conseguente fibroso e metaplasia delle cellule che compongono la mucosa provoca un’anormale distribuzione della ventilazione alveolare a carico delle piccole vie aeree . L’infiltrazione di cellule infiammatorie interessa la

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fase preclinica della patologia e non subisce sensibili modificazioni con il suo progredire, invece le restanti due alterazioni sono tipiche della fase più avanzata data la loro comparsa più tardiva (fase conclamata). • FASE CONCLAMATA Fase in cui la sintomatologia e l’ostruzione delle vie aeree, pur con una sensibile variabilità interindividuale, è comunque presente e nella quale in assenza di provvedimenti terapeutici si può assistere a un progressivo peggioramento sia dal punto di vista sintomatologico che funzionale.Il passaggio dalla fase paucisintomatica a quella conclamata non è obbligato e, quando avviene, si consegue in tempi piuttosto variabili dipendendo dall’esposizione ai fattori di rischio, dalla loro entità e qualità e dalle caratteristiche del singolo soggetto. In questo stadio i sintomi sono presenti in maniera ben definita e subiscono un aggravamento e le alterazioni strutturali interessano sia le piccole vie aeree che il parenchima polmonare. Il lume dei piccoli bronchi può essere ingombro di muco o distorto con fibrosi, ipertrofia e iperplasia delle ghiandole sottomucose, i cui dotti ghiandolari sono dilatati con zone di epitelio ciliato che subiscono una metaplasia squamosa che provoca un loro cambiamento morfologico (da cubiche a piatte) e la perdita delle ciglia. Anche a questo livello sono presenti cellule infiammatorie che determinano un ispessimento della tonaca muscolare. Le conseguenze che ne derivano sono un aumento quantitativo delle secrezioni bronchiali e una loro rallentata progressione nella trachea. In genere il passaggio dalla prima fase alla seconda è caratterizzato da un cambiamento dell’espettorato che passa dall’aspetto mucoso biancastro ad un aspetto purulento (giallo-verdastro) di solito conseguente ad episodi di riacutizzazione della flogosi bronchiale. In questo stadio si assiste alla comparsa della dispnea che, in genere, inizialmente è assente o limitata a sforzi di una certa intensità, e, in seguito, tende ad incrementare progressivamente anche per sforzi di minore rilevanza. È stato osservato che compare più precocemente nei soggetti in cui prevale la componente enfisematosa. Il quadro ostruttivo, oltre a determinare una riduzione progressiva del FEV1, causa anche un aumento del VR. L’ostruzione delle vie aeree è costantemente presente e rimane pressoché invariata in seguito a somministrazione di ß-agonisti se non per leggere oscillazioni che portano ad un incremento del FEV1 di poco maggiore al 12% di quella basale.

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Le alterazioni che riguardano il parenchima sono raggruppate dagli Autori in due quadri anatomopatologici: L’ enfisema centrolobulare e quello panlobulare. Nel primo, associato con maggior frequenza alla bronchite cronica, si osserva una dilatazione dei bronchioli respiratori e degli alveoli tipicamente collocati nelle zone superiori e posteriori del polmone con un aumento dello spazio aereo al centro del lobulo secondario. Nel secondo caso si osserva, invece, una dilatazione di tutti gli spazi aerei del lobulo secondario, colpisce principalmente le basi del polmone ed è distribuito in maniera omogenea e focale. Di solito nei pazienti non c’è l’esclusiva presenza di uno dei due tipi ma un’associazione di entrambe le componenti. Riguardo alla prognosi e l’evoluzione della malattia in questa fase, i dati della letteratura sono concordi nell’affermare che la mortalità nei soggetti con FEV1 > 70% del teorico è vicino a quella della popolazione generale mentre quando il FEV1 scende sotto il 50% del teorico aumenta la mortalità insieme al rischio di sviluppare insufficienza cardiorespiratoria nel giro di pochi anni. Un altro indice di evoluzione negativa è una significativa diminuzione dell’ossiemia durante l’esercizio, che rappresenta un indice di evoluzione verso l’ipossia cronica e l’ipertensione polmonare cronica. • FASE DELLE COMPLICANZE In questa fase si possono associare complicanze cardiocircolatorie (ipertensione polmonare, cuore polmonare) e/o insufficienza respiratoria. Rispetto allo stadio precedente è possibile constatare una notevole accentuazione della dispnea che compare dopo sforzi modesti e, in fasi più avanzate della malattia, anche a riposo. La tosse e l’espettorato solitamente sono presenti, in questa terza fase sono riscontrabili un peggioramento dei gas ematici e una maggiore durata e gravità clinica delle riacutizzazioni e spesso sono presenti anche ipercapnia cronica, ipertensione polmonare precapillare e cuore polmonare cronico. Da un punto di vista funzionale in questa fase della malattia si osserva sempre un’ostruzione delle vie aeree di grado elevato, un marcato aumento del volume residuo e del volume cui avviene il normale ciclo respiratorio o FRC. L’equilibrio precario in cui si trovano i pazienti durante i periodi di stabilità clinica può essere compromesso da episodi di riacutizzazione infettiva o da patologie acute cardiocircolatorie che

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causano un immediato e notevole aggravamento della situazione clinica e funzionale. Generalmente si osservano tachipnea ovvero inizio di un atto inspiratorio prima del termine dell’atto espiratorio precedente, impegno dei muscoli accessori inspiratori, rientramento della base del torace in inspirazione, spesso movimenti toraco-addominali paradossi, cianosi periferica. L’ostruzione delle vie aeree è aumentata, il pattern respiratorio modificato verso un aumento della frequenza respiratoria. Data la tachipnea possono verificarsi un’iperinflazione dinamica e un aumento della pressione all’interno delle vie aeree a fine respirazione. Queste alterazioni del normale pattern respiratorio determinano un aumento del lavoro respiratorio che, se protratto nel tempo, può portare ad uno stato di fatica respiratoria e ad un’impossibilità di ventilare in maniera adeguata alle richieste; una tale situazione richiede l’uso della respirazione meccanica. La sopravvivenza dei pazienti affetti da BPCO in questa fase avanzata della malattia è notevolmente ridotta, anche se l’ossigenoterapia a lungo termine sembra migliorare significativamente l’attesa di vita di questi soggetti. Clinicamente si dice che nella BPCO esistono due blocchi principali, anche se in realtà non sono così nette le differenze perchè spesso coesistono sia la bronchite cronica che l’enfisema polmonare. Un blocco in cui prevalgono i segni ed i sintomi bronchitici e quindi ostruttivi, l’altro in cui prevalgono quelli enfisematosi. Si parla di tipo BLUE BLOATER o aringa blu (Fig.a) e PINK PUFFER o sbuffatore rosa ( Fig b). Nel tipo BB prevale la tosse produttiva, poi nel tempo inizia anche la dispnea ma è meno marcata rispetto ai PP, il cuore polmonare cronico è la regola, all’esame obiettivo il FVT puo’ essere conservato, il suono polmonare può mantenersi a lungo chiaro e normofonetico, all’auscultazione prevalgono i rumori umidi; alla radiografia del torace si rivela l’accentuazione del disegno broncovascolare, ci possono essere infiltrati, l’ombra cardiaca è aumentata; nel sangue l’ematocrito è alto spesso sopra il 55-60%, all’EGA l’ipossiemia è frequente come pure l’ipercapnia, nello scompenso il paziente è cianotico e ha edemi periferici. Nel PP prevale l’enfisema, l’aspetto è magro e di solito sono pazienti più anziani rispetto ai bb, la dispnea è di grado severo , manca una storia di scompenso cardiaco salvo in caso terminale, all’esame obiettivo il torace è a botte, il FVT è diminuito, il suono polmonare alla percussione è iperfonetico, all’auscultazione prevalgono i rumori secchi. All’esame

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radiologico del torace ci sono i classici segni dell’enfisema, nel sangue l’ematocrito è inferiore a 55, all’EGA l’ipossiemia è meno comune e meno severa del tipo bb, rara l’ipercapnia, i valori sono quasi normali, infatti, il soggetto ha un incarnato roseo.

Figura A Figura B 3.3 QUANTO É GRAVE? Classificazione La classificazione in stadi di diversa gravità può essere di ausilio per la valutazione nella pratica clinica, soprattutto se si tiene conto che l’approccio terapeutico del paziente può essere diversificato proprio in base al livello di gravità della malattia. Questa classificazione è basata soprattutto sui valori di funzionalità respiratoria, ed in particolare sull’entità dell’ostruzione bronchiale, misurata con il VEMS, dopo broncodilatazione rispetto alla quale viene calibrato il trattamento.

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L’entità dell’ostruzione bronchiale, e pertanto della gravità, è perciò valutata mediante un esame spirometrico, che costituisce la tecnica di misurazione della funzionalità polmonare più diffusa e riproducibile. • Stadio 0 Paziente a rischio, caratterizzato dalla comparsa di tosse ed espettorazione cronica, cioè persistente di giorno o di notte per almeno un totale di tre mesi l’anno. Le prove di funzionalità respiratoria, misurate con metodica spirometrica, sono ancora nella norma. • Stadio I Paziente lieve, con presenza di una riduzione del flusso aereo espiratorio (indice di Tiffenau <70% ma VEMS o (FEV1) >80% del valore teorico) e di solito, ma non sempre, di tosse ed espettorazione. • Stadio II Broncopneumopatia cronica ostruttiva moderata caratterizzata da peggioramento della ostruzione (indice di Tiffenau <70%, 50% <VEMS <80%) e di solito dall’aggravamento dei sintomi, quali la dispnea da sforzo. • Stadio III Paziente grave, è caratterizzato da una notevole riduzione del flusso aereo espiratorio (indice di Tiffenau <70%, 30% <VEMS <50% del valore teorico), con o senza sintomi cronici (tosse, espettorazione, dispnea). • Stadio IV Paziente molto grave, questo stadio si caratterizza per un’ostruzione molto grave, con indice di Tiffenau <70% oltre a VEMS <30% del valore teorico oppure alla presenza di VEMS <50% e/o insufficienza respiratoria e/o segni clinici di scompenso cardiaco destro. Si considerano affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva molto grave anche quei pazienti con un valore di VEMS >30% del valore teorico, qualora presentino queste complicanze.

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La classificazione di gravità costituisce dunque un approccio finalizzato all’applicazione pratica e deve essere considerato uno strumento in grado di fornire un’indicazione molto generale al trattamento della malattia. Classificazione della BPCO secondo le linee guida GOLD. FEV1 SINTOMI Classe 0 (soggetti a rischio es. fumatori) ≥ 80% assenti Classe 1 (lieve) ≥ 80% Classe 2 (moderata) 50-79% presenti Classe 3 (grave) 30-49% importanti Classe 4 (molto grave) ≤ 30% molto grave

3.4 QUANTO É FREQUENTE? Aspetti epidemiologici e socio sanitari La BPCO è una malattia sottodiagnosticata e la sua dimensione sul piano clinico e sociale è sottostimata. Prevalenza, morbidità e mortalità variano in modo significativo nei vari Paesi. Dove sono disponibili dati, rappresenta in entrambi i sessi un importante problema di salute pubblica, infatti, è la 4° causa di morte nel mondo (33) (dopo cardiopatie, neoplasie e malattie cerebrovascolari) e in Italia è causa del 50-55% delle morti per malattie dell’apparato respiratorio (che rappresentano la terza causa di morte della penisola) provocando circa 18000 decessi l’anno; l’OMS ha stimato che tale patologia abbia causato 2.8 milioni di morti nel solo 2000. Solo il 25% dei malati è diagnosticato, spesso con grave ritardo, allontanando nel tempo le possibilità di terapia

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e prevenzione delle complicanze. Di conseguenza, la BPCO è spesso curata solo nelle fasi avanzate, mentre costituisce un problema sanitario importante anche nelle fasce di età più giovani (già a partire dai 45-50 anni). Studi epidemiologici evidenziano che il 10% di giovani tra i 20 e i 44 anni presenta tosse ed espettorato senza ostruzione bronchiale (Stadio 0 a rischio) e il 3,6% presenta sintomi con ostruzione bronchiale (Stadio I-III).(34) Tale patologia presenta il più rapido incremento della mortalità in tutti i paesi industrializzati, tanto che nel 2020 si prevede che sarà la terza causa di morte a livello mondiale(35). La morbilità è prevista in notevole aumento nel mondo con uno spostamento dal 12° al 6° posto. In termini di ricoveri ospedalieri in Italia risulta al 7° posto.Riguardo alla prevalenza, colpisce tutte le popolazioni, ma è maggiore e in continuo aumento nei Paesi industrializzati rispetto a quelli in via di sviluppo; aumenta con l’età e interessa entrambi i sessi, ma è in aumento soprattutto nel sesso femminile. La differenza tra i sessi è spiegata dalla maggiore prevalenza di fumo di sigaretta nel sesso maschile, ma l’aumento dell'abitudine al fumo di sigaretta tra le donne (36,37,38) lascia intravedere una forte riduzione di questo divario, anche perché le donne sembrano essere più sensibili allo sviluppo di BPCO quando esposte ai fattori di rischio (tabacco). In Europa gli esperti stimano una prevalenza al 4-6%. L’impatto socio-economico della malattia è molto significativo anche per via della sua evoluzione clinica. Spesso porta ad un quadro costituito da una sostanziale invalidità, perdita di produttività e da una peggiore qualità della vita, che aumentano con il progredire della malattia fino a dover convivere, nei casi più gravi, per 18 ore al giorno con l’ausilio dell’ossigeno. Le riacutizzazioni e l'insufficienza respiratoria possono rendere necessari il ricovero in ospedale e l’uso di terapie complesse e costose. Le spese mediche per il trattamento ed i costi indiretti dovuti alla morbilità rappresentano in tutto il mondo un carico economico e sociale di notevole rilevanza. Tuttavia, le conoscenze relative all’impatto economico rimangono limitate, in quanto la malattia, com’è stato spiegato, spesso non è riconosciuta e diagnosticata fino a quando è ad uno stadio avanzato, o addirittura non è mai diagnosticata. Dai numerosi studi condotti sappiamo anche che i costi totali sono in maggioranza dovuti alle riacutizzazioni della malattia e, oltre a variare in dipendenza della sua gravità di base, dipendono dalla gravità delle riacutizzazioni stesse. (37)

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3.5 QUALE É LA CAUSA? 3.5.1 Effetti Locali Nella eziopatogenesi sono coinvolte una vasta gamma di cellule infiammatorie e di mediatori, come ad esempio, neutrofili, macrofagi e cellule CD8+ T, riscontrabili nelle diverse aree del polmone (39). Seppur l’asma e la BPCO siano caratterizzate dalle stesse componenti infiammatorie, importanti differenze distinguono i due disturbi, spesso coesistenti nello stesso paziente. E’ importante distinguere le due affezioni durante la diagnosi, poiché la BPCO sembra essere meno responsiva alla monoterapia dei corticosteroidi, che sono sostegno del trattamento dell’asma. In generale, la patogenesi della BPCO può essere descritta come risultato di una combinazione tra la predisposizione genetica e l’esposizione a uno o più fattori di rischio, che conduce ai processi infiammatori che distruggono l’equilibrio fra proteasi e antiproteasi corporee (40). Questi meccanismi infiammatori abnormi portano alla distruzione tissutale oltre che all’infiammazione, al rimodellamento ed infine, alla limitazione delle vie aeree. Nello specifico gli irritanti attivano i macrofagi che liberano neutrofili chemoattattanti, e linfociti CD8+. I neutrofili e i macrofagi rilasciano proteasi, queste proteasi normalmente sono controbilanciate dalle antiproteasi, ma nella BPCO questo equilibrio è alterato, con conseguente distruzione del tessuto connettivo del parenchima polmonare cui fa’ seguito un rimodellamento con conseguente dilatazione patologica degli alveoli. I polmoni contengono milioni di alveoli che, in caso di enfisema, perdono la loro elasticità, si dilatano e si atrofizzano riducendo la loro capacità funzionale e di conseguenza la superficie attraverso cui avvengono gli scambi gassosi tra l'aria respirata e il sangue. Questi squilibri e la presenza dell’infiammazione possono portare ad un “ciclo di risposte positivo”, in cui l’infiammazione induce tali squilibri che a loro volta sono promotori di ulteriori processi infiammatori. Una volta che le risposte infiammatorie sono messe in moto, esse provocano tre tipi di danno al polmone: oltre alla distruzione delle pareti alveolari (o dei collegamenti) si avranno ipersecrezione di muco che contribuisce all’ostruzione delle vie aeree, e come abbiamo accennato prima fibrosi dei bronchioli (40).

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I contributi alla limitazione del flusso d’aria derivante da questi processi variano da individuo a individuo. I processi infiammatori alveolari portano ad un minor letto capillare, un restringimento del lume e, infine, a un aumento della pressione vascolare polmonare che appare evidente come disturbo progressivo inizialmente con l’esercizio e in seguito anche a riposo. La fibrosi bronchiolare diventa evidente durante i ripetuti cicli di danno e riparazione dei bronchioli durante l’esposizione a stimoli nocivi. I bronchioli, facendo parte delle vie aeree periferiche del sistema, nella BPCO sono la sede principale di ostruzione delle vie respiratorie.

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3.5.2 Effetti sistemici La risposta infiammatoria nei BPCO non è limitata al polmone e può essere presente anche nel sangue periferico. La flogosi può avere importanti conseguenze sistemiche: • muscolo scheletrico L’ atrofia e l’alterazione funzionale del muscolo scheletrico sono riconducibili ad una serie di fattori quali: - Sedentarietà - Anomalie nutrizionali/cachessia - Ipossiemia tissutale - Flogosi sistemica - Apoptosi muscolo scheletrico - Stress ossidativo - Anormale regolazione NO - Fumo di sigaretta - Suscettibilità individuale - Alterazioni ormonali - Alterazioni elettrolitiche farmaci Questi fattori determinano una riduzione della sintesi proteica e alterazione degli enzimi citocromoossidasi con perdita di aminoacidi e massa muscolare soprattutto di fibre di tipo I , aumento dei livelli di TNF che a sua volta degrada la miosina e può aumentare l'apoptosi delle cellule muscolari ( compreso quelle del muscolo cardiaco),di conseguenza aumentano gli effetti dello stress ossidativo che facilita la proteolisi e porta più facilmente all'affaticamento ed esaurimento muscolare. (12-13)

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muscolo quadricipite normale muscolo di paziente con BPCO • apparato cardiovascolare L'ipotesi è che alterazioni simili a quelle muscolari avvenghino anche a livello miocardico, infatti in assenza di coronariopatia è stato osservato che la massima gittata al picco di esercizio nei BPCO è circa il 50% rispetto alla norma , presenza di ipertensione polmonare , sviluppo di cuore polmonare cronico oltre alla presenza di aritmie . Altri effetti sistemici coinvolgono l'apparato osteoscheletrico con sviluppo di osteoporosi, il sistema nervoso dove il metabolismo bioenergetico del cervello risulta alterato probabilmente a seguito di un adattamento all’ipossia cronica. La sindrome cachettica polmonare può presentarsi nel 30-70% dei casi, portando all'instaurarsi di un cirolo vizioso in cui la riduzione della massa muscolare dovuta ai motivi precedentemente menzionati accelera il declino delle prestazioni fisiche e aumenta la sedentarietà con restrizione nelle ADL, tendenza a sviluppare depressione, ridotto apporto calorico e proteico per perdita dell'appetito, associati a ridotta immune competenza e aumentato rischio di infezione. Il trattamento della flogosi polmonare nei BPCO può ridurre questi effetti e potenzialmente influenzare importanti outcome clinici (41-42-43)

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3.6 FATTORI DI RISCHIO La BPCO, come altre condizioni morbose ad eziologia multifattoriale, deriva dall’interazione tra fattori di tipo ambientale ed i cosiddetti fattori dell’ospite. I fattori di rischio favorenti lo sviluppo di BPCO e associati al declino funzionale sono tradizionalmente suddivisi in fattori di rischio endogeni e fattori di rischio esogeni, che, singolarmente o in sinergia, determinano il grado di suscettibilità del soggetto allo sviluppo della malattia (41,42). • Endogeni ( individuali ) Tra i fattori genetici, l’unico di provata importanza patogenetica è un grave deficit ereditario di alfa-1-antitripsina, un potente inibitore delle proteasi seriche prodotto dal fegato, dai monociti del sangue e dai macrofagi alveolari (43,44,45). Oltre a questo la presenza di un’anamnesi positiva per infezioni respiratorie in età pediatrica si associa spesso a quadri di BPCO in età adulta, specialmente se è presente contemporaneamente, una storia di fumo. Anche la familiarità sembra avere importanza come fattore di rischio, infatti, vi è una significativa tendenza per la BPCO ad aggregarsi all’interno dello stesso nucleo familiare (46,47), anche indipendentemente dall’abitudine al fumo. I dati clinici ed epidemiologici mostrano, difatti, una predisposizione familiare con elevate correlazioni tra genitori e figli o tra fratelli e una diffusione diminuita della patologia con l'aumentare della distanza genetica. Studi in gemelli monozigoti indicano che la sensibilità al fumo delle sigarette in un gemello comporta una perdita della funzionalità polmonare in entrambi i gemelli, mentre gemelli non sensibili al fumo di sigaretta mantengono concomitantemente una funzionalità polmonare normale a dispetto del fumo delle sigarette. Non è stata registrata una tale evidenza in gemelli dizigoti. L'identificazione dei geni coinvolti nella sensibilità alla BPCO incontra le stesse difficoltà, che nascono con altre patologie complesse come l'ipertensione e il diabete mellito, dove è assente una chiara traccia mendelliana di ereditarietà. Nella BPCO il reperto fondamentale è rappresentato da un calo del flusso d'aria espiratorio; processi patofisiologici differenti, quali il

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restringimento su base infiammatoria del lume delle vie aeree inferiori, la perdita di elasticità, l'ipertrofia muscolare liscia, possono contribuire allo sviluppo della malattia. La sensibilità a questi processi può essere collegata a basi genetiche diverse, che possono esprimersi in misura differente da individuo a individuo. • Esogeni (ambientali ) Il fumo di tabacco, in particolare quello di sigaretta, costituisce il principale fattore di rischio per lo sviluppo di BPCO (48,49,50,51). Il fumo, infatti, rende più precoce e accentua il normale declino della funzione respiratoria. L’entità del danno broncopolmonare è direttamente proporzionale alla quantità globale di sigarette fumate durante la vita, ma anche il numero di sigarette fumate quotidianamente riveste una notevole importanza. La valutazione totale della quantità di sigarette fumate nella vita è espressa in pack-years. Un pack-year equivale ad un pacchetto di 20 sigarette fumate ogni giorno per un anno. Total pack-years numero di sigarette fumate al giorno/20 x numero di anni in cui il soggetto ha fumato. esempio: fumare 20 sigarette al dì per 10 anni equivale a 10 pack-years. L’associazione tra l’esposizione professionale a sostanze nocive, quali polveri, fumi e sostanze chimiche, e l’insorgenza di BPCO è nota da tempo (50). Categorie di lavoratori particolarmente a rischio sono: edili, metallurgici, addetti alla lavorazione di cotone e carta e coltivatori di grano. E’ stato calcolato che la percentuale del rischio per la popolazione attribuibile all’esposizione professionale è del 18%, considerando le alterazioni della funzione polmonare compatibili con un quadro di BPCO, e del 15% considerando la bronchite cronica. L’inquinamento atmosferico esterno è stato associato in modo causale con la BPCO, anche se il suo ruolo è considerato minore rispetto a quello del fumo (associato, invece, allo sviluppo di BPCO Stadio 0 e Stadio 1). Incrementi anche modesti di concentrazione di inquinanti atmosferici (polveri, ossidi di azoto o di zolfo) sono risultati associati ad incrementi di mortalità e di ricoveri ospedalieri per BPCO, specialmente nei soggetti anziani. Anche l’inquinamento interno, rappresentato soprattutto dal fumo passivo (responsabile di aumento del particolato) (52,53,54) e dalla

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presenza di stufe e cucine a gas o cherosene (responsabili di aumento degli ossidi di azoto), costituisce un fattore di rischio, considerando che la maggior parte della popolazione passa gran parte della giornata in ambienti confinati domestici, di lavoro o di svago (55,56,57). Un basso livello di stato socio-economico si associa a prevalenze di BPCO più elevate rispetto alla popolazione generale, con quadri patologici tanto più gravi quanto più scadenti sono le condizioni di vita. Anche una dieta povera di sostanze antiossidanti (frutta e verdure) e l’abuso di alcool sembrano correlati al rischio di sviluppare patologie respiratorie croniche di tipo ostruttivo. 3.7 POSSIAMO CURARLA? Trattamento Come abbiamo ampiamente evidenziato, la riabilitazione polmonare è idealmente una strategia di trattamento globale indirizzata a tutte le componenti della malattia polmonare cronica e progressiva, non è curativa e non fermerà il progressivo peggioramento fisiopatologico, tuttavia può ridurre una parte della disabilità. Specificamente le mete sono: ridurre i sintomi, insegnare ai pazienti a trattare con successo il loro processo patologico, mantenere uno stile di vita attivo ed indipendente e massimizzare le capacità funzionali. Un efficace programma di riabilitazione solitamente è composto di almeno 3 parti che nel capitolo successivo analizzeremo più specificatamente. 1. Valutazione e monitoraggio della malattia 2. Eliminazione o riduzione dei fattori di rischio 3. Trattamento terapeutico

CAPITOLO 4: IL TRATTAMENTO RIABILITATIVO 4.1 VALUTAZIONE E MONITORAGGIO La diagnosi di BPCO si basa sull’anamnesi di esposizione a fattori di rischio e sulla presenza di una persistente riduzione del flusso aereo, in presenza o meno di sintomi. I soggetti con tosse cronica ed espettorato,

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dispnea e/o storia di esposizione a fattori di rischio, dovrebbero essere testati per valutare la presenza di riduzione del flusso aereo. La valutazione prevede una raccolta anamnestica: -fisiologica (personale e familiare) -patologica (prossima e remota) dove valuto la presenza di segni e sintomi quali tosse , dispnea, espettorato, dolore toracico, emottisi . Successivamente si passa alla valutazione del torace vera e propria ovvero l’esame obiettivo nel quale si effettua: -osservazione, ispezione, palpazione -percussione, auscultazione Nell’osservazione ed ispezione controllo la postura, il colorito della cute, del volto, mani, arti inferiori, la presenza di alterazioni morfologiche e di edemi periferici. A livello toracico verifico la frequenza e il tipo di respiro, l’aspetto generale di simmetria, presenza di cicatrici, curve fisiologiche del rachide, gibbo o scoliosi, eventuale aspetto patologico del torace, a botte o a sterno carenato, petto scavato o la presenza di respiro paradosso. Mediante la palpazione posso verificare, quelle che sono le proprietà elastiche della parete toracica oltre alla forza del muscolo diaframma, la presenza di sfregamenti pleurici o vibrazioni prodotte dalla voce. LLe proprietà elastiche della parete toracica sono modificate dal cambiamento della postura. La percussione e l’auscultazione completano l’esame obiettivo fornendo ulteriori indicazioni che un orecchio esperto può rilevare e utilizzare per evidenziare la presenza di rumori respiratori anormali o accessori che potrebbero indicare la presenza di versamenti pleurici, pneumotorace, addensamenti parenchimali, presenza di ostruzioni delle vie aeree. Per la valutazione del pattern ventilatorio si utilizzano vari test i quali consentono la misurazione dei volumi polmonari statici e il calcolo di alcuni indici dinamici. La spirometria rappresenta lo strumento meglio standardizzato, più riproducibile ed oggettivo; esso costituisce il gold standard nella diagnosi e nella valutazione della BPCO come delineato dalle linee guida italiane (Ferrara 2005)

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Le prove di funzione respiratoria solitamente includono oltre alla spirometria anche l’emogasanalisi. 4.1.1 Spirometria Questo esame è molto semplice, non invasivo e fondamentale per la diagnosi ed il monitoraggio di numerose malattie dell'apparato respiratorio. E’ eseguito con uno strumento detto appunto spirometro che consiste in un misuratore del flusso o del volume di aria mobilizzata, collegato ad un computer che trasforma il segnale in valori numerici ed in immagini grafiche. Il computer calcola i valori spirometrici teorici previsti per il paziente in base ad età, sesso, razza ed altezza e li compara con quelli rilevati. Con questa metodica si ottengono e sono registrati i volumi polmonari mobilizzati dal paziente (statici e dinamici), mentre il flusso aereo può essere determinato indirettamente, essendo la derivata prima della funzione volume-tempo. Nello specifico, i volumi polmonari statici includono il volume corrente (VC), il volume di riserva inspiratoria (VRI ), il volume di riserva espiratoria (VRE), il volume residuo (VR), la capacità polmonare totale (CPT), la capacità funzionale residua (CFR) e la capacità vitale. Gli indici dinamici, invece, includono la capacità vitale forzata (CVF), ottenibile chiedendo ad un soggetto di compiere un’inspirazione massimale e poi di espellere l’aria il più velocemente possibile. In un soggetto normale questo parametro non differisce dalla CV, mentre in caso di malattia ostruttiva può essere notevolmente ridotto rispetto ad essa a causa del collasso che si produce nelle piccole vie aeree quando si esegue un’espirazione forzata. Altro indice dinamico importante da conoscere è il VEMS o FEV1, volume d’aria espirata nel primo secondo dopo una piena inspirazione che corrisponde. Dal rapporto tra VEMS e CV si ottiene l’indice di Tiffenau che nei soggetti sani deve essere almeno del 75% e permette la distinzione dei disturbi della ventilazione in due quadri patologici fondamentali quello restrittivo , in cui si ha una riduzione parallela dei valori e il quadro ostruttivo , in cui la CV è normale o modicamente ridotta e il VEMS molto più compromesso. Questa metodica è basata sull’utilizzo di un circuito respiratorio chiuso cui il paziente è connesso per mezzo di un boccaglio e nel quale l’aria inspirata ed espirata dal soggetto modifica il volume del sistema attraverso i movimenti di una campana o di un soffietto a volume

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variabile, che rappresenta la parte centrale dello strumento. La prova pratica consiste nel soffiare il più velocemente e a lungo possibile dopo un’inspirazione massimale. La fase espiratoria forzata deve continuare fino al completo svuotamento dei polmoni, che, in caso di BPCO, può durare fino a 15 secondi o più. Sono necessarie tre prove in cui VEMS e FVC non devono differire di più di 200 ml o del 5%. Lo studio delle alterazioni dinamiche, nella pratica diagnostica, avviene principalmente attraverso le curve di espirazione forzata. La curva flusso-volume può inoltre permettere di classificare le ostruzioni delle alte vie aeree in fisse o variabili ed in intratoraciche o extratoraciche; rileva inoltre, indirettamente, il grado di collaborazione del paziente. Un altro esame funzionale importante è l’emogasanalisi, che è eseguita con un prelievo arterioso dall’arteria radiale, dalla brachiale o da quella femorale.Lo scopo è la misurazione dei gas nel sangue arterioso, per valutare l’efficienza dello scambio gassoso polmonare e la presenza e la gravità dei disturbi dell’equilibrio acido-base. 4.1.2 Bode index Negli ultimi anni i numerosi studi effettuati hanno evidenziato la natura della BPCO come patologia con implicazioni sistemiche, soprattutto a livello cardio-vascolare e muscolare, che impone l’utilizzo, accanto alle indagini tese a valutare la ventilazione polmonare (esame spirometrico), lo scambio dei gas (diffusione alveolo-capillare), la tipologia delle alterazioni anatomo-patologiche (imaging), di test idonei alla valutazione della performance cardio-vascolare e muscolare (walking test e test cardio-polmonare da sforzo). A tale scopo è stato proposto il Bode Index, indice complesso che considera nella valutazione di gravità della patologia 4 fattori: • BMI (Indice di Massa Corporea) L’indice di massa corporea è un importante fattore prognostico sfavorevole della BPCO, sia in termini di mortalità che di morbilità. Il BMI può essere calcolato dividendo il peso in Kg per il quadrato dell’altezza espressa in metri e permette, così, d’inquadrare i pazienti in classi di gravità crescente: - Sottopeso: BMI<18,5

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- Normale: 18.5<BMI<24.9 - Soprappeso: 25<BMI<29.9 - Obesità: BMI>30 L’uso di questo indice presenta indubbiamente alcuni vantaggi in quanto non è invasivo, si somministra facilmente, è attendibile e molto riproducibile, permette un follow up del paziente e la risposta al trattamento. Tra gli svantaggi vi sono quelli che la misura non è accurata, è impreciso nel periodo adolescenziale, non tiene conto della distribuzione del grasso corporeo. • Obstruction Grado di ostruzione bronchiale calcolato tramite il FEV1 • Dispnea Grado di dispnea valutato con la scala del Medical Research Council: • Capacita di esercizio Capacità di esercizio fisico misurata effettuando il 6 minute walking test. L’introduzione del Bode Index è un passo in avanti che ha consentito di inserire variabili sistemiche nella valutazione del paziente con BPCO. E’ interessante, ad esempio, osservare che soggetti malnutriti con BPCO hanno una maggiore intolleranza allo sforzo, probabilmente dovuta ad una ridotta capacità dei tessuti di utilizzare l’ossigeno legata all’infiammazione sistemica, elemento caratteristico della BPCO. Il punteggio complessivo del “Bode” è dato dalla somma delle quattro variabili suddette; il rischio di morte è direttamente proporzionale al punteggio di questo indice.

VARIABILI PUNTEGGI DEL BODE INDEX 0-10

0 1 2 3

FEV1 % ≥65 50-64 36-49 ≤35

WT6’ ≥350 250-349 150-249 ≤149

DISPNEA (MRC) 0-1 2 3 4

BODY MASS INDEX

>21 ≤21

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Il “Bode Index” è, quindi, un indice multi dimensionale che gli studi degli ultimi anni hanno dimostrato essere più sensibile del FEV1 nel predire il rischio di morte per qualsiasi causa e per patologia respiratoria in pazienti affetti da BPCO 4.1.3 Forza dei muscoli respiratori La misura della forza dei muscoli respiratori è importante nel valutare e prescrivere un programma di riabilitazione polmonare. La valutazione dell’efficienza dei muscoli respiratori può essere sommariamente valutata attraverso l’esame clinico del paziente, posizionando le mani sotto l’arcata costale e chiedendo al paziente di espirare controllando se il diaframma si muove contro resistenza. Un’altra valutazione approssimativa è l’osservazione attenta del test spirometrico, evidenziando il grado di ostruzione e il picco di flusso, ossia la quantità di aria che il paziente è in grado di inspirare e espirare. La prova funzionale più specifica è, invece, la misurazione della pressione che riescono a compiere i muscoli inspiratori ed espiratori. La forza dei muscoli respiratori, è misurata utilizzando la massima pressione inspiratoria (MIP ) e la massima pressione espiratoria (MEP). La metodica attuale, derivata da quella originale messa a punto da Black e Hyatt (58). Per ottenere valori affidabili di MIP e MEP sono richiesti al paziente almeno 5 rilievi, preceduti da una breve seduta di apprendimento delle manovre in modo che si ottengano una buona affidabilità dei dati. In genere sono considerate valide solo le pressioni massime mantenute per almeno 1 secondo. Sono da considerare nella norma valori medi di MEP pari a 140±38 cmH2O e di MIP pari a -105±25 cmH2O. Nell’esecuzione del test sono comunque fondamentali l’individuazione di eventuali perdite d’aria tra labbro e boccaglio e l’uso dell’incitamento e di un feedback visivo. 4.1.4 Valutazione della dispnea(59) Lo stato di salute generale in pazienti sintomatici è predetto meglio e influenzato di più dal punteggio di dispnea che dalle misurazioni fisiologiche (60). La dispnea, infatti, o percezione che il respiro diventa difficoltoso, è uno dei maggiori sintomi presenti nei pazienti affetti da patologia polmonare, senza essere però peculiare solo di tale patologia (anche cardiaca, neuromuscolare, psicogena). Dagli studi effettuati

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sappiamo che la dispnea respiratoria dovrebbe essere confinata all’interno di tre situazioni: debolezza muscolare in seguito a patologie (iperinflazione) o fatica; aumento richiesta ventilatoria (es. occlusione vascolare polmonare); aggiunta di carichi resistivi o elastici che ostacola l’azione dei muscoli respiratori.. La severità della dispnea è solo debolmente correlata con i dati funzionali e vi è netta separazione tra i punteggi clinici della dispnea e i test di funzione polmonare, poiché sono fattori che descrivono differenti aspetti della BPCO. In tutti gli studi randomizzati è stato determinato un miglioramento della dispnea sia durante i test da sforzo sia nello svolgimento delle ADL. Il successo di un programma di riabilitazione polmonare, quindi, appare meglio predetto dal livello di dispnea che dal livello di danno respiratorio. La dispnea, come ogni tipo di sensazione, è di difficile quantificazione oggettiva; nonostante questo attualmente esistono numerose scale usate per valutare la sensazione respiratoria. Alcune, come il MRC , la BDI e la TDI (88, 89) misurano la percezione della dispnea durante le ADL; altre (Scale di Borg) ne valutano le variazioni dopo lo sforzo.

Medical Research Council- MRC Introduzione:

Stiamo per farle alcune domande riguardo al suo respiro.

Mancanza di fiato:

PER FAVORE RISPONDA ALLA DOMANDA CHE SI RIFERISCE A

LEI (SOLO AD UNA).

0 Mi manca il fiato solo per sforzi intensi.

1 Mi manca il fiato solo se corro in piano o se faccio una salita

leggera

2 Cammino più lentamente della gente della mia stessa età quando

vado in piano, oppure mi devo fermare per respirare quando cammino al

mio passo in piano

3 Mi devo fermare per respirare dopo che ho camminato in piano per

circa 100 metri o pochi minuti

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4 Mi manca troppo il fiato per uscire di casa o mi manca il fiato

quando mi vesto o mi spoglio.

Baseline Dyspnea Index -BDI

GRADO ALTERAZIONE FUNZIONALE

4 Nessuna alterazione

Capacità di eseguire le normali attività senza affanno.

3 Deficit di lieve entità Evidente deficit in almeno un’attività ma

nessuna attività è completamente abbandonata. Lieve riduzione delle attività lavorative o abituali a causa della dispnea.

2 Deficit moderato

Il paziente ha cambiato il lavoro e/o ha abbandonato un’attività abituale a causa della dispnea.

1 Deficit di grave entità

Il paziente non è in grado di lavorare o ha abbandonato la maggior parte o tutte le sue normali attività a causa della dispnea.

0 Deficit di entità molto grave

Il paziente non è in grado di lavorare ed ha abbandonato la maggior parte o tutte le sue normali attività a causa della dispnea.

W Entità non classificabile

Il paziente è menomato a causa della dispnea, ma non è in grado di specificarne l’entità.

X Sconosciuta

Informazioni non disponibili sulla dispnea.

Y Il deficit è dovuto a motivi che esulano dalla dispnea. Per esempio problemi muscolo scheletrici e dolore toracico.

Le attività usuali sono riferite alle esigenze della vita quotidiana, le attività domestiche, il giardinaggio, lo shopping.

GRADO CARATTERISTICHE

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DELL’IMPEGNO FISICO

4 Straordinario Il paziente diventa dispnoico solo con attività straordinarie come portare carichi molto pesanti in pianura, più leggeri in salita o correndo. Nessun episodio dispnoico con attività ordinarie.

3

Maggiore Il paziente diventa dispnoico solo con

attività maggiori come camminare in salite ripide, salire più di tre rampe di scale o portare un peso moderato in pianura.

2 Moderato Il paziente diventa dispnoico solo con attività moderata come camminare in lieve salita, salire meno di tre rampe di scale, o portare un peso leggero in pianura.

1 Lieve

Il paziente diventa dispnoico con attività lieve come camminare in pianura o lavarsi o stare in piedi.

0 Nessuna attività E’ dispnoico a riposo, seduto, disteso.

W Entità non classificabile

I dettagli non sono sufficienti per permettere una classificazione di questo deficit.

X Sconosciuta Informazioni non disponibili sul grado di dispnea.

Y Il deficit è dovuto a motivi che esulano dalla dispnea. Per esempio problemi muscolo scheletrici e dolore toracico.

CARATTERISTICHE DELLO

SFORZO 4 Straordinario Il paziente diventa dispnoico solo con lo

sforzo più grande immaginabile, ma non c’è dispnea con gli sforzi ordinari che sono eseguiti a velocità normale.

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3 Maggiore Il paziente diventa dispnoico con sforzi chiaramente sottomassimali, ma di proporzioni maggiori. I compiti sono eseguiti senza pausa a meno che il compito non richieda uno sforzo straordinario tale che venga eseguito con pause.

2 Moderato Il paziente diventa dispnoico con sforzo moderato. I compiti sono eseguiti con

pause occasionali e richiedono più tempo per essere completati.

1 Lieve Diventa dispnoico con piccoli sforzi. I compiti sono eseguiti con pause frequenti

e la loro esecuzione richiede dal 50 al 100% in più.

0 Nessuno sforzo E’ dispnoico a riposo, seduto, disteso.

W Entità non classificabile

La capacità dell’esercizio è ridotta, ma l’entità non può essere specificata. I dettagli non sono sufficienti per permettere una classificazione di questo deficit.

X Sconosciuta Informazioni non disponibili sul grado di dispnea.

Y Il deficit è dovuto a motivi che esulano dalla dispnea. Per esempio problemi muscolo scheletrici e dolore toracico

Transitional Dyspnea Index -TDI

GRADO MODIFICAZIONI DELLA LIMITAZIONE FUNZIONALE

- 3 Deterioramento

grave Paziente con precedente attività lavorativa, costretto a smettere di lavorare e ad abbandonare completamente le attività abituali a causa della dispnea.

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- 2 Deterioramento moderato

Paziente con precedente attività lavorativa, costretto a smettere di lavorare o ad abbandonare completamente le attività abituali a causa della dispnea.

- 1 Deterioramento lieve

Paziente costretto ad attività lavorativa più leggera e/o riduzione in numero delle attività o durata a causa della dispnea. Deterioramento di grado inferiore rispetto alle categorie precedenti.

0 Nessun cambiamento

Nessuna modificazione dello stato funzionale dovuto alla dispnea.

+ 1 Miglioramento lieve

Il paziente è in grado di ritornare al lavoro a ritmo ridotto o ha ripreso alcuna delle consuete attività con più vigore di prima per il miglioramento della dispnea.

+ 2 Miglioramento moderato

Paziente in grado di ritornare al lavoro quasi a ritmo normale e/o in grado di riprendere la piena attività, solo con limitazione moderata.

+ 3 Miglioramento

notevole

Paziente in grado di ritornare al lavoro al ritmo abituale ed in grado di tornare alle piene attività, solo con lievi restrizioni, per il miglioramento della dispnea.

Z Ulteriore peggioramento

per motivi diversi dalla dispnea

Il paziente ha smesso di lavorare, ridotto il lavoro o ha rinunciato o ridotto altre attività per motivi diversi. Per esempio “escluso dal lavoro” per altra patologia ecc.

GRADO

MODIFICAZIONI DELLA ENTITA’

DELL’ATTIVITA’

- 3 Deterioramento grave

Deterioramento di 2 gradi in più rispetto allo stato basale.

- 2 Deterioramento moderato

Deterioramento di almeno 1 grado ma meno di 2, rispetto allo stato basale.

- 1 Deterioramento lieve

Deterioramento di meno di 1 grado rispetto alla base. Paziente con sicuro deterioramento entro quel grado, ma senza

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modificazione di gradi. 0 Nessun

cambiamento Nessuna modificazione dalla valutazione basale.

+ 1 Miglioramento lieve

Miglioramento di meno 1 grado rispetto al basale. Paziente con definito miglioramento entro quel grado, ma senza modificazione del grado.

+ 2 Miglioramento moderato

Miglioramento di almeno 1 grado, ma meno di 2 rispetto al basale.

+ 3 Miglioramento notevole

Miglioramento di 2 gradi in più rispetto allo stato basale.

Z Ulteriore peggioramento

per motivi diversi dalla dispnea

Paziente con ridotta capacità di esercizio (di attività) per cause diverse dalla dispnea. Per esempio: problemi muscolo scheletrici, dolore toracico, etc.

GRADO

MODIFICAZIONI DELLE ENTITA’

DELLO SFORZO

- 3 Deterioramento grave

Paziente costretto a marcata riduzione dello sforzo rispetto al basale, al fine di evitare la dispnea. Attualmente le attività richiedono il 50-100% in più rispetto al basale.

- 2 Deterioramento moderato

Paziente costretto a ridurre lo sforzo per evitare la dispnea, ma in misura minore rispetto alla categoria precedente. Alcune attività richiedono pause maggiori.

- 1 Deterioramento lieve

Non necessita di un numero maggiore di pause, ma i compiti sono eseguiti in modo tale da richiedere minore sforzo, per evitare la dispnea.

0 Nessun cambiamento

Nessun cambiamento in termini di sforzo per evitare la dispnea.

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+ 1 Miglioramento

lieve

Paziente in grado di eseguire compiti che richiedono sforzi nettamente maggiori senza diventare dispnoico. Per esempio è in grado di far fronte ad attività più rapidamente rispetto a prima.

+ 2 Miglioramento moderato

Paziente in grado di fare cose che richiedono sforzi maggiori con un numero minore di pause senza dispnea. Il miglioramento è maggiore rispetto alla categoria precedente ma non di proporzioni massimali.

+ 3 Miglioramento notevole

Paziente in grado di fare cose che richiedono uno sforzo molto maggiore rispetto a prima e con poche o nessuna pausa. Per esempio le attività possono essere eseguite con tempi che richiedono il 50-100% in meno rispetto al basale.

Z Ulteriore peggioramento

per motivi diversi dalla dispnea.

Ridotta capacità di esercizio (di attività) per cause diverse dalla dispnea. Per esempio: problemi muscolo scheletrici, dolore toracico, etc.

Il Dr. Gunnar Borg (63) introdusse il concetto della percezione dello sforzo già negli anni '50. Egli mise a punto due scale di valutazione: la Borg RPE, per la valutazione della percezione dello sforzo (correla numeri crescenti da 6 a 20 a incrementi della FC durante lo sforzo) e la Borg CR10, scala di intensità generale per valutare le più importanti grandezze soggettive, attraverso l'identificazione di "ancore" speciali (espressioni verbali semplici) e utile per valutare lo sforzo ed il dolore (61). Negli ultimi anni è stata messa a punto la scala Borg modificata, evoluzione diretta delle precedenti, costituita da numeri crescenti da 0 a 10 ognuno dei quali corrispondente a una precisa sensazione dello sforzo. Questa scala è largamente utilizzata per valutare la dispnea e la fatica percepita durante lavoro fisico. I vantaggi di questo tipo di misurazione sono la semplicità della metodica e la sua facile comprensione da parte dei pazienti. Gli svantaggi sono l’imprecisione nella misura e nella distinzione delle lievi differenze percepite.

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Borg RPE Scale

6 Nessuno sforzo

7

8

Estremamente leggero

9 Molto leggero

10

11 Leggero

12

13 Un po’ pesante

14

15 Pesante

16

17 Molto pesante

18

19 Estremamente pesante

20 Massimo sforzo

Scala di Borg modificata per la valutazione della dispnea.

10 MASSIMALE 9 QUASI MASSIMALE 8 MOLTO SEVERA 2 7 MOLTO SEVERA 1 6 SEVERA2 5 SEVERA1 4 PIUTTOSTO SEVERA 3 MODERATA 2 LIEVE 1 MOLTO LIEVE 0.5 APPENA AVVERTIBILE 0 NESSUNA SENSAZIONE

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4.1.5 Test del cammino dei 6 minuti (64) Questo è un test semplice e ben tollerato per valutare la capacità funzionale di un soggetto durante esercizio e rappresenta “ la misura della distanza che il paziente riesce a percorrere velocemente su una superficie piana e liscia nel tempo di sei minuti” (American Thoracic Society Statement, 2002).Rappresenta una misura rapida ed economica della performance individuale e componente importante della qualità della vita, riflette sia la capacità di svolgere le normali attività quotidiane che il grado di limitazione funzionale del soggetto (65). Si esegue misurando la distanza percorsa in 6 minuti di cammino a passo spedito al chiuso, in un corridoio diritto e piano di 30 metri di lunghezza, il percorso deve essere segnato ogni 3 metri e lungo il percorso non devono essere presenti ostacoli o altre persone, inoltre il punto in cui il paziente cambia direzione dovrebbe essere contrassegnato da un cono. Si monitorano vari parametri PA, SaO2, Fc max, dispnea e fatica degli arti inferiori. I pazienti sono istruiti a fare più strada possibile e possono fermarsi in situazione di dispnea estrema, dolore toracico o muscolare o alterazioni della Fc max. l’operatore deve poi mostrare al paziente come eseguire il test facendo almeno un giro di prova. Durante il test è possibile dare informazioni sul tempo trascorso e incoraggiare i pazienti, purché in modo “standardizzato”. La distanza percorsa è correlata all’O2 di picco (66). Il test del cammino dei 6 minuti (6MWT) può essere effettuato da molti pazienti anziani, deboli e fortemente limitati che non possono svolgere i test standard della cicloergometria massimale o dell’esercizio su tapis roulant (67). I test del cammino, nei pazienti più anziani, sono più affidabili di altri tipi di misure della performance individuale come le alzate temporizzate dalla sedia o i sollevamento pesi (68). È noto che la distanza percorsa nel cammino dei 6 minuti (6MWD) si riduce in diversi tipi di malattie, come le malattie polmonari ostruttive, l’insufficienza cardiaca, le artriti e le malattie neuromuscolari (69,70). I principali vantaggi di questa prova sono la semplicità, la minima richiesta di risorse e l’applicabilità generale. I principali svantaggi di questo test sono la suscettibilità del paziente e del supervisore alla motivazione e all’apprendimento, la loro natura non standardizzata e la loro dipendenza da una singola misura quantitativa della distanza coperta (64).

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● Modalità di esecuzione del test Prima di partire mostrare la scala di Borg. Misurare la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e la saturazione basale, se necessario. Posizionarsi assieme al paziente sulla linea di partenza e dare il via all’esame senza mai camminare con il paziente. Parlare solo con il paziente durante l’esame utilizzando sempre lo stesso tono di voce per fornire le seguenti frasi di incoraggiamento standardizzate: - Primo minuto: “Sta andando bene, mancano 5 minuti”. - Secondo minuto: “continui ad andare forte, mancano 4 minuti”. - Terzo minuto: “Sta andando bene, è a metà del test”. - Quarto minuto: “continui ad andare forte, le mancano solo due minuti”. - Quinto minuto: “Sta andando bene, manca solo 1 minuto”. - A 15’’ dalla fine: “Tra un momento le dirò di fermarsi, quando lo farò si fermi dove si trova ed io la raggiungerò”. Ogni volta che il paziente passa dalla linea di partenza comunicargli il numero di giri con enfasi.

VALORI INIZIO FINE Pa SaO2 FC BORG muscolare BORG respiratoria metri Interruzione T recupero 4.1.6 Test da sforzo cardiorespiratorio Questo test è generalmente usato per valutare la capacità di esercizio degli arti inferiori o superiori e, di conseguenza, per graduare l’intensità dell’allenamento (71,72). La valutazione dovrebbe essere fatta usando il tipo di esercizio che viene in seguito impiegato nell’allenamento, anche se i risultati di un tipo di test da sforzo possono essere applicati a differenti forme di esercizio (73), essendo dimostrato che l’O2 di picco nelle diverse tipologie resta uguale. Questo tipo di test può essere eseguito su treadmill, cicloergometro o l’ergometro a braccia.

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Cicloergometro Valuta la capacità di esercizio degli arti inferiori, più vicina alle caratteristiche europee che andare in bicicletta. E’ utilizzato un test con carico scalare progressivo, in cui si aumenta la resistenza di 25 watt ogni 2 min. a 50-60 giri al minuto, per misurare il tempo impiegato a raggiungere il massimo carico sostenibile. I vantaggi di questa metodica sono, principalmente, l’economicità, la maneggevolezza e la minore probabilità di artefatti sul segnale elettrocardiografico.

Treadmill Valuta la capacità di esercizio degli arti inferiori, più vicino alle caratteristiche nord-americane di fare jogging. Possono essere utilizzati diversi modi; il più usato è quello di Bruce “modificato”. Esso prevede 7 stages a carico scalare progressivo, ognuno caratterizzato da una specifica velocità in Km/h e pendenza in gradi; si cambia stage ogni 2 minuti e si misura il massimo carico sostenibile, prendendo in considerazione l’ultimo stage completamente eseguito.

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Protocollo di Bruce modificato Vel .

(Km/h) Pen (%)

Min FC PA O2 l/min

Borg resp

Borg musc

Sa O2

BASALE STADIO 0 2.7 0 STADIO ¼ 2.7 3 STADIO ½ 2.7 5 STADIO 1 2.7 10 STADIO 1,5 3.2 11 STADIO 2 4 12 STADIO 2,5 4.8 13 STADIO 3 5.5 14 STADIO 3,5 6 15 STADIO 4 6.8 16 C. MAX RECUPERO INTERRUZION Ergometro a braccia Valuta la capacità di esercizio degli arti superiori utilizzando dispositivi a manovella. Può essere usato come test libero, misurando il numero dei giri effettuati in 6 minuti, oppure come test con carico scalare progressivo con aumento di 12,5 watt ogni 2 minuti a 50-60 giri al minuto, misurando il tempo impiegato a raggiungere il massimo carico sostenibile. Induce incrementi di FC e di PA più rapidi rispetto al cicloergometro.

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Qualunque sia il mezzo usato per effettuare il test da sforzo incrementale vi sono regole generiche fondamentali per la riuscita e per la sicurezza della prova. Subito prima dell’esame è importante invitare il paziente a familiarizzare con l’attrezzatura e istruirlo a riferire tutte le difficoltà e le sensazioni insorte durante la sua effettuazione. L’esecuzione del test a scopo cautelativo è supervisionata da un medico e attuata alla presenza di un carrello di rianimazione. E’ fondamentale, inoltre, che durante tutta la prova il paziente sia monitorato attraverso l’ECG, la misurazione della pressione arteriosa, il rilevamento della saturazione dell’ossigeno e della sensazione di dispnea. Questo test ha anche l’importante merito di consentire l’identificazione della capacità di sforzo massimale e del tipo di limitazioni presenti (cardiache, respiratorie,periferiche).

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RPM (50/min)

Watt Min FC PA O2 l/min

Borg resp

Borg musc

SaO2

BASALE 0 0 1 0 0 2 12.5 2 3 3 25 4 5 4 37.5 6 7 5 50 8 9 6 62.5 10 11 7 75 12 C. MAX RECUPERO INTERRUZIONE 4.1.7 Valutazione dello stato di salute e qualità della vita Nel 1948 l’OMS ha definito la salute come “completo benessere, fisico, psicologico e sociale, e non solo come assenza di malattia”. Quest’accezione del concetto di salute implica anche “la presenza di una qualità della vita e, ancora più di un benessere individuale, inteso come il completo star bene dell’individuo sul piano fisico, mentale, spirituale e sociale. Negli ultimi anni si è assistito ad un interesse crescente per lo sviluppo di metodologie accurate e riproducibili relative alla valutazione globale dello stato di salute; ai tradizionali indicatori di esito dei trattamenti terapeutici si sono così affiancati strumenti orientati in senso dimensionale, volti a stimare l’impatto della disabilità connessa alla malattia sulle attività quotidiane, sul comportamento e sulla percezione soggettiva dello stato di salute da parte dell’individuo.Il questionario del St.George’s Hospital è utilizzato proprio per la determinazione della QOL( qualità della vita). Il Saint George’s Respiratory Questionnaire è stato ideato per valutare il rapporto salute-qualità di vita, cioè l’influenza delle malattie respiratorie sulla vita di tutti i giorni e sul benessere. La BPCO può creare importanti problemi nella vita di tutti i giorni, che variano da persona a persona indipendentemente dalla funzionalità polmonare. Il questionario è stato

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ideato per misurare e quantificare questi problemi. E’ composto di due parti: • Parte 1. Si riferisce a quanti disturbi respiratori ha avuto e a quanto è stato bene il paziente nell’ultimo anno. • Parte 2 Sezione 1 Descrive i disturbi respiratori e il loro impatto sul lavoro. Sezione 2 Valuta le attività che causano affanno Sezione 3 Presenza di tosse, difficoltà di addormentarsi o di dormire. Sezione 4 Valuta i vari effetti dei disturbi respiratori sul paziente Sezione 5 Medicine in uso dal paziente. Sezione 6 Modi in cui, secondo il paziente, le sue attività potrebbero essere influenzate dal suo respiro Sezione 7. Modi in cui le condizioni respiratorie influenzano la vita di tutti i giorni Volendo possiamo integrare la valutazione del paziente testando la forza dei muscoli periferici misurata con dinamometro o monitorando nel tempo la sopravvivenza dei pazienti (74,75,76). Solo pochi studi hanno cercato di valutare gli effetti dei programmi di riabilitazione polmonare sulla sopravvivenza. L’età ed il FEV1 sono ottimi predittori tuttavia il bode index si è dimostrato più sensibile in quanto esso viene influenzata anche da altri fattori come il peso corporeo (77), la sospensione del fumo di sigaretta (78), la capacità all’esercizio o ad affrontare le ADL . Studi randomizzati (15), non randomizzati (79) e osservazionali (80) degli ultimi anni suggeriscono che i PRP possono, effettivamente, migliorare la sopravvivenza in pazienti con BPCO.(81,82). 4.2 TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA BPCO La realtà clinica della BPCO è caratterizzata il più delle volte dalla presenza di una patologia “mista”, contraddistinta dalla presenza contemporanea di due differenti patterns respiratori: la bronchite cronica e l’enfisema. Per un corretto approccio riabilitativo, è di fondamentale importanza individuare la predominanza di un sintomo rispetto all’altro, ad esempio tosse produttiva o dispnea. Per questo motivo il primo

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principio fondamentale di un corretto approccio riabilitativo è la personalizzazione dell’intervento, essendo esso mirato alla specifica tipologia clinica del paziente. La cosa fondamentale da fare è la differenziazione dei pazienti secondo la loro sintomatologia clinica dominante.Il trattamento prevede un intervento di tipo: 1) Farmacologico 2) Non farmacologico 3) Educazionale ponendosi i seguenti obiettivi : -Prevenire la progressione della malattia -Migliorare i sintomi -Migliorare la tolleranza allo sforzo -Migliorare lo stato di salute -Prevenire e curare le riacutizzazioni -Prevenire e trattare le complicanze -Ridurre la mortalità 4.2.1 Trattamento farmacologico La terapia farmacologica regolare è importante per migliorare i sintomi e/o ridurre le riacutizzazioni (A) della malattia, e può aumentare la sopravvivenza. La terapia farmacologica comprende l'assunzione per via inalatoria di farmaci broncodilatatori (83,84,85) somministrati tramite aerosol mediante piccoli erogatori spray che vanno usati correttamente, farmaci mucolitici (per fluidificare il catarro) cortisonici, e infine l’utilizzo dell’ossigeno terapia a lungo termine (86,87). L’uso di ossigeno nei pazienti normossiemici a riposo e che desaturano durante lo sforzo migliora i sintomi e la tolleranza allo sforzo, tuttavia non vi è evidenza che l’aggiunta di ossigeno migliori gli effetti della riabilitazione (C). L’ossigenoterapia a lungo termine (≥ 15 ore/die) nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica si è dimostrata efficace nell’aumentare la sopravvivenza (A). E’ suggerito un utilizzo più vicino possibile alle 24 ore/die (A). L’efficacia della OLT in pazienti con ipossiemia intermittente (notturna, sforzo) non e’ provata. L’ossigenoterapia a lungo

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termine consente di ridurre i giorni di ospedalizzazione del 43,5%, le percentuali di ricovero del 23,8% ed il numero di pazienti con almeno un’ospedalizzazione del 31,2%. La scelta dell’inalatore più adatto dovrebbe tenere in considerazione l’abilità del paziente nell’usare correttamente l’inalatore prescritto, la preferenza espressa dal paziente, il tempo necessario per istruire il paziente all’impiego di quel particolare inalatore e per monitorizzarne il corretto impiego, la possibilità di usare lo stesso tipo di inalatore per somministrare tutti i farmaci necessari al trattamento, la comodità del paziente, della famiglia e dello staff medico in termini di tempo per somministrare il farmaco, necessità di effettuare la manutenzione, trasportabilità e pulizia dell’inalatore.La vaccinazione antinfluenzale riduce del 50% la comparsa di patologie gravi e la mortalità (88) 4.2.2 Trattamento non farmacologico Parallelamente al trattamento farmacologico deve essere preso in considerazione un programma personalizzato di riabilitazione polmonare. Alla presenza di problemi respiratori cronici si viene, infatti, a creare un circolo vizioso, in cui la dispnea porta il paziente a ridurre progressivamente la normale attività fisica con conseguente perdita della forza muscolare che accelera a sua volta il deterioramento della funzione respiratoria e aumenta la ritenzione delle secrezioni bronchiali. Tutto ciò è aggravato dal frequente manifestarsi di stati d'ansia e depressione che inducono disabilità, perdita dell'autonomia, limitazione delle attività quotidiane con conseguente drastico peggioramento della qualità della vita. La cosa fondamentale da fare è la differenziazione dei pazienti secondo la loro sintomatologia clinica dominante. Coloro che lamentano un disturbo ipersecretivo dovrebbero essere indirizzati verso un programma di disostruzione bronchiale, mentre nel caso di pazienti dispnoici, in assenza di iperinflazione alveolare, sarà consigliata una terapia riabilitativa mirata all’allenamento allo sforzo. Riguardo ai soggetti dispnoici iperinsufflati invece vengono esaminate le alterazioni che si instaurano a livello della gabbia toracica quali l’aumento del diametro antero-posteriore del torace, lo spostamento in senso cefalico della gabbia toracica durante l’inspirazione dovuto alla contrazione della muscolatura accessoria ( torace a botte ) , che altro non è che l’ espressione di una riduzione della forza contrattile del diaframma, e che potrebbe indurre una condizione di fatica “diaframmatica” se sottoposti ad un programma di allenamento allo sforzo. Questi pazienti sono

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solitamente indirizzati verso esercizi fisioterapici mirati alla desufflazione alveolare e alla rieducazione respiratoria.

DISOSTRUZIONE BRONCHIALE La fisioterapia respiratoria disostruente è una terapia molto importante nella profilassi delle complicanze respiratorie in pazienti affetti da patologie polmonari ostruttive croniche, oltre che in quelli sottoposti a chirurgia toracica e addominale alta. Le tecniche di disostruzione bronchiale riducono le resistenze al passaggio dell’aria, il lavoro respiratorio e il rischio di infezioni sovrapposte. In queste situazioni, infatti, l’ostruzione e/o il collasso delle piccole vie aeree sono fenomeni frequenti e responsabili di disomogeneità della ventilazione polmonare e di infezioni. Per questi motivi gli scopi principali della fisioterapia disostruente sono quelli di prevenire e rimuovere le secrezioni endobronchiali in eccesso e/o prevenire, riespandere le zone atelectasiche. Le tecniche di disostruzione bronchiale possono essere divise in due generiche categorie: quelle che per il loro scopo utilizzano l’applicazione di una pressione espiratoria positiva e quelle che, invece, utilizzano altri tipi di approccio. Tecniche a pressione espiratoria positiva L’inspirazione si verifica per effetto della contrazione dei muscoli inspiratori che, aumentando i diametri toracici, determinano una riduzione della pressione intrapleurica creando in tal modo un gradiente di pressione fra l’interno e l’esterno del polmone con conseguente flusso di aria dalla bocca agli alveoli attraverso le vie bronchiali. Durante l’inspirazione le strutture elastiche del parenchima polmonare immagazzinano una certa quantità di energia potenziale che, alla fine della fase inspirativa, crea un gradiente di pressione tra gli alveoli e la bocca, consentendo l’espirazione senza l’intervento dei muscoli espiratori. I muscoli espiratori, infatti, intervengono attivamente solo, quando vi è un aumento consistente della ventilazione come durante lo sforzo, la tosse o le manovre di espirazione forzata. In tali casi l’attivazione dei muscoli espiratori determina una pressione pleurica positiva durante l’espirazione, sommabile all’energia potenziale delle fibre elastiche polmonari; tale pressione positiva tende a far uscire l’aria dagli alveoli e a comprimere le vie aeree intratoraciche. Nella parte iniziale dell’espirazione forzata il flusso dipende dalla forza di

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contrazione dei muscoli espiratori, mentre nella parte terminale (a bassi volumi di riempimento polmonare) il flusso è indipendente dalla contrazione muscolare, ma dipende dalla pressione dinamica delle vie aeree, descritta dal concetto di EPP o Punto di Egual Pressione. Questo è un punto lungo le vie aeree in cui si ha uguaglianza tra la pressione endobronchiale (che tende a diminuire progressivamente lungo le vie aeree al diminuire dei volumi polmonari) e la pressione esterna intrapleurica. L’EPP divide le vie aeree in due segmenti: uno a valle (verso la bocca), in cui la pressione intrabronchiale è minore di quella intrapleurica, e uno a monte (verso gli alveoli) in cui la pressione intrabronchiale è maggiore di quella intrapleurica; per tale motivo ogni aumento della pressione intrapleurica determinerà un aumento della velocità lineare del flusso aereo (e non un incremento dello stesso). Mentre il polmone si svuota l’EPP si sposta dalla bocca verso gli alveoli fermandosi, nel soggetto normale, a livello dei bronchioli respiratori terminali, quando l’espirazione ha raggiunto volumi di riempimento notevolmente bassi (a livello del VR). Nelle BPCO, dato l’aumento delle resistenze, si verifica una più rapida caduta della pressione endobronchiale associata alla riduzione della pressione di ritorno elastico derivante dalla distruzione della componente fibroelastica parenchimale. La pressione intrapleurica prevale su quella bronchiale cosicché l’EPP si sposta più rapidamente verso l’alveolo e la compressione dinamica compare precocemente, a volumi polmonari più elevati. Tale situazione, dato l’incompleto svuotamento del polmone, determina il fenomeno dell’air-trapping (intrappolamento d’aria a seguito del collasso bronchiale) con conseguente aumento della pressione alveolare e determinazione di iperinsufflazione alveolare, che rappresenta un carico inspiratorio addizionale. Per contrastare tale fenomeno è utile sia spostare l’EPP più a valle possibile, ritardando, così, il collasso dinamico delle vie aeree intra parenchimali, che rallenta la velocità del flusso e allunga il tempo espiratorio, migliorando in tal modo lo svuotamento delle unità alveolari che hanno una costante di tempo più favorevole. Questo può essere realizzato attraverso l’applicazione di una pressione espiratoria positiva che può essere effettuata attraverso diverse tecniche e modalità: L'impostazione di una pressione espiratoria positiva permette di "riaprire" zone mal ventilate, ma ancora perfuse (alla base di squilibri ventilo/perfusori non correggibili con la sola somministrazione di ossigeno, di riduzione della compliance e della capacità funzionale residua).

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• Respirazione a labbra socchiuse La respirazione a labbra socchiuse di solito è adottata spontaneamente dai pazienti affetti da BPCO. Attraverso questo pattern respiratorio si ottiene, infatti, una riduzione della frequenza respiratoria (per incremento del tempo espiratorio) e un aumento del volume corrente. I vantaggi di questa modalità di respirazione riguardano l’economia dello sforzo, dato che diminuendo la frequenza diminuisce anche il lavoro respiratorio. Inspirare attraverso la resistenza nasale, inoltre i concede un tempo maggiore, soprattutto a quei distretti che per via dell’ostruzione richiedono un tempo più lungo per essere ventilati. Oltre a ciò un’espirazione lenta e prolungata, specie se effettuata contro una piccola resistenza (labbra socchiuse) permette un tempo sufficiente allo svuotamento anche ai distretti più ostruiti del polmone. • Espirazione controllata L’espirazione controllata è una tecnica che utilizza l’applicazione di una PEP (Pressione Espiratoria Positiva) e che è effettuata attraverso un modulatore di flusso espiratorio immerso nell’acqua. Per evitare un ulteriore aumento della pressione pleurica e per favorire, invece, il flusso espiratorio è fondamentale che l’espirazione sia fatta lentamente, a lungo ma senza forzare l’uscita dell’aria; lo sforzo espiratorio, infatti, richiederebbe un aumento della pressione pleurica che presto vincerebbe la pressione all’interno delle vie e le farebbe contrarre. Per tali motivi si chiede al paziente di espirare con una pressione solo leggermente superiore a quella dell’acqua. Questo tipo di espirazione controllata, oltre ai vantaggi derivanti dall’espirazione lenta e dalla resistenza nasale (svuotamento distretti polmonari ipoventilati, miglioramento scambi gassosi, risparmio energetico muscoli respiratori) offre il vantaggio di favorire la risalita delle secrezioni mucose dal polmone profondo verso le grandi vie aeree, dove l’arrivo del catarro può stimolare il riflesso della tosse, facilitando fisiologicamente la disostruzione. In sintesi la manovra di espirazione lenta rappresenta un mezzo semplicissimo e fisiologico per favorire la detersione bronchiale, per prevenire il collasso bronchiale espiratorio, per ridurre lo shunt e per diminuire lo spazio morto.

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• Pep mask La PEP-Mask consiste in una maschera facciale in silicone ed una valvola unidirezionale alla quale possono essere applicate delle resistenze espiratorie di vario calibro. Vi è la possibilità di applicare tra la valvola e la resistenza un manometro, per determinare il giusto valore di pressione positiva. Il diametro della resistenza sarà scelto in modo che i valori di pressione siano mantenuti stabili nella fase intermedia della respirazione tra 10 e 15 cm H2O. Questi valori dovrebbero mantenersi stabili, durante la fase espiratoria, per due minuti di respirazione a volume corrente attraverso il sistema. Il meccanismo d’azione della PEP-Mask è spesso spiegato con l’effetto di compressione che si ottiene in fase espiratoria. La PEP, infatti, contrasta la precoce chiusura delle vie aeree alla presenza di ostruzione e della conseguente difficoltà dell’aria ad uscire. Più nello specifico l’applicazione della maschera determina l’insorgenza di forze nella periferia polmonare che tendono a spostare le ostruzioni verso le vie aeree più grandi; durante il respiro con pressione positiva, infatti, l’aria riesce a passare attraverso le vie collaterali, aggirando così l’ostruzione e spostando le secrezioni dalla periferia verso le vie aeree centrali.

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• Flutter Il Flutter è uno strumento terapeutico portatile contenente una biglia metallica e di forma simile ad una pipa che associa i principi della PEP con gli effetti delle vibrazioni. Genera nelle vie respiratorie una pressione espiratoria positiva di tipo oscillatorio, che facilità la mobilizzazione del muco e la sua espettorazione. Le vibrazioni generate sono oscillazioni a bassa frequenza, fra 6 e 20 Hertz. Sono trasmesse lungo le pareti bronchiali con effetto tipo clapping. Rendono il muco meno viscoso, facilitandone il distacco e la mobilizzazione verso le grosse vie aeree. La frequenza delle oscillazioni può essere modificata dall’inclinazione dell’apparecchio (verso l’alto aumentano, verso il basso diminuiscono). Il paziente, dopo un’inspirazione profonda, circonda il boccaglio con le labbra ed effettua un’apnea di almeno 3 secondi; immediatamente dopo egli espira lentamente e nel modo più completo possibile attraverso il boccaglio facendo oscillare la biglia. Questo strumento è utilizzato nel trattamento drenante delle affezioni respiratorie, la tecnica è di facile apprendimento e la sua pratica non necessita dell’assistenza di un’altra persona.

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Altri tipi di approccio • Eltgol (espirazione lenta totale a glottide aperta in decubito laterale) (89,90) La tecnica consiste in espirazioni lente e profonde eseguite stando sdraiati su un fianco, il lato del polmone posto sotto è il lato che è trattato. Questa manovra proposta nel 1984 trova la sua origine da osservazioni cliniche che mostrano attraverso l’auscultazione una mobilizzazione antigravitazionale delle secrezioni dalle piccole vie aeree del polmone sottostante in decubito laterale. ELTGOL è una tecnica attivo-passiva o attiva. Il paziente giace in de-cubito laterale ed esegue lente espirazioni partendo da un’inspirazioné normale arrivando fino a fine espirazione. Sfruttando la forza peso degli organi che “schiacciano” il polmone posto sotto, prolungando l’espirazione fino a svuotare tutti i polmoni si ottiene uno svuotamento massimale della “spugna polmonare” utilizzando la contrazione dei muscoli addominali. Sono utilizzate espirazioni “non forzate” per evitare l’interruzione anticipata del flusso aereo. • Drenaggio posturale Con il drenaggio posturale si fanno assumere al paziente posture che sfruttano la forza di gravità e che mantenute per tempi sufficienti consentono un più facile scollamento delle secrezioni ed il loro spostamento verso l’ilo polmonare . Questa tecnica si integra con manovre quali le vibrazioni e il clapping che completano lo scollamento delle secrezioni e favoriscono il loro allontanamento dal lume bronchiale. Controindicate in caso di grave insufficienza respiratoria con cuore polmonare, l’ipertensione, recente chirurgia toracica o addominale, ipertensione endocranica e squilibrio emodinamico.

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● Drenaggio autogeno(91) Il drenaggio autogeno è un metodo di pulizia bronchiale che utilizza un’alternanza di patterns ventilatori a basso, medio e alto volume polmonare in base alla localizzazione del muco (periferica, media, alta). Tale tecnica è basata su principi moderni della fisiologia respiratoria. Il flusso espiratorio è la forza attiva che è utilizzata per mobilizzare il muco nelle malattie polmonari croniche ostruttive, si raggiungono flussi più alti nelle medie e piccole vie aeree utilizzando espirazioni controllate nei vari stadi della capacità vitale. Il drenaggio autogeno consiste in una serie di importanti principi individuali che permettono al paziente di sviluppare la migliore tecnica possibile di drenaggio e che meglio si adatta alla loro patologia ed alla loro funzione polmonare. Il paziente, infatti, modifica gradualmente il livello di volume ventilato e sfrutta le informazioni provenienti dai recettori propriocettivi, tattili e uditivi riuscendo, così, a comprendere la provenienza del muco mobilizzato. Con tale manovra le secrezioni localizzate in periferia sono mobilizzate per prime, mentre quelle nelle vie aeree centrali per ultime. I suoi scopi principali sono l’aumento della quantità di muco espettorato, la diminuzione della fatica e della dispnea, la minor insorgenza del broncospasmo durante il trattamento, il miglioramento della ventilazione periferica e il mantenimento di una buona mobilità toracica del paziente.

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• Tosse La tosse è un meccanismo che ha significato positivo, teso a mantenere la pervietà delle vie aeree; è un evento riflesso che può essere riprodotto o anche inibito volontariamente: consiste in un’inspirazione rapida e breve, cui fa seguito uno sforzo espiratorio dapprima a glottide chiusa e poi bruscamente aperta. Il terapista ne deve valutare la validità, l’efficacia e la corretta esecuzione. L’efficacia del colpo di tosse dipende dall’incremento di pressione intratoracico realizzato dal soggetto a glottide chiusa. La tosse può essere evocata in modo riflesso effettuando una compressione digitale sulla trachea, a livello della forchetta sternale; questa è una manovra in alcuni casi poco gradita al paziente .In caso di tosse ipovalida per deficit della muscolatura respiratoria il terapista aumenta la pressione intratoracica con manovre di compressione, effettuate con le mani aperte attorno alla gabbia toracica, in contemporanea dello sforzo della tosse prodotto dal paziente. ● Huffing Con questa manovra intendiamo atti respiratori forzati a medio volume polmonare, con la glottide parzialmente aperta: lo scopo di questa tecnica è quello di convogliare le secrezioni in direzione centripeta, nei grossi bronchi da dove saranno rimosse con la tosse .

ALLENAMENTO ALLO SFORZO I pazienti affetti da BPCO, soprattutto nelle fasi più avanzate della malattia, hanno una marcata limitazione funzionale a eseguire attività fisiche, documentata dalla diminuzione del consumo massimo di O2 (VO2 max.). In tali pazienti si ha l’instaurarsi di un circuito di feedback negativo il cui meccanismo fisiopatologico principale è dato dallo squilibrio tra l’aumento della richiesta ventilatoria e la riduzione della capacità ventilatoria. A questo si aggiungono, in spirale negativa, il decondizionamento dei muscoli scheletrici (riduzione dell’attività fisica per aumento dispnea) e fattori psicologici (depressione e ansietà). L’obiettivo principale di un programma di riallineamento allo sforzo è proprio rompere la spirale negativa sopra menzionata. Nella prescrizione di programmi di allenamento allo sforzo bisogna tenere in considerazione che i pazienti con BPCO formano una popolazione assai disomogenea e

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che tale allenamento non modifica il processo patologico di base della malattia, non determina variazioni dei volumi polmonari e non migliora l’efficacia dello scambio dei gas. Gli effetti principali del allenamento sono invece, il miglioramento della tolleranza all’esercizio, la desensibilizzazione della sensazione di dispnea e la riduzione del numero di esacerbazioni. Fattori rilevanti al fine dell’ammissione di un paziente a un programma di allenamento sono condizioni cliniche stabili, la motivazione, il grado di compromissione funzionale, l’età e i dati ottenuti nel test incrementale preliminare. Allenamento degli arti inferiori Molti studi definiscono che questo tipo di allenamento è in grado di determinare effetti fisiologici sulla capacità aerobica e sui muscoli periferici dei pazienti con BPCO (92,93). Le modalità principali che sono utilizzate a tale scopo sono il cammino libero o su pedana mobile, il cicloergometro o una combinazione di questi. I determinanti ottimali di tali programmi non sono ancora stati stabiliti, anche se vi è un consenso generale riguardo alla durata, che è di 6-8 settimane, e la frequenza di 3 volte la settimana. L’attività, inoltre, dovrebbe essere programmata con lo scopo di raggiungere 30 minuti il giorno di esercizio ad un carico pari al 60-70% del consumo di O2 di picco (94). Solitamente durante il riallenamento il paziente è costantemente monitorizzato tramite la misurazione della frequenza cardiaca, l’ossigenazione (pulsossimetro) e la rilevazione della sensazione di dispnea (scala di Borg). L’allenamento all’esercizio fisico dovrebbe essere mantenuto nel tempo in considerazione della reversibilità dei suoi effetti dopo la sospensione. Recentemente è stato dimostrato (94) che in pazienti con ostruzione cronica delle vie aeree un programma di riabilitazione respiratoria svolto in regime di Day Hospital (95) può determinare miglioramenti della QOL e una riduzione delle ospedalizzazioni per un periodo di 2 anni; interventi annuali successivi, inoltre, riproducono immediati miglioramenti della tolleranza all’esercizio. Allenamento degli arti superiori Di notevole rilevanza è anche l’allenamento degli arti superiori, in quanto molte delle attività elementari della vita quotidiana quali vestirsi, lavarsi e pettinarsi, sono espletati con le braccia. Esistono due tipi di programmi di allenamento degli arti superiori:

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Con arti sostenuti, effettuato tramite l’ergometro a braccia. Allenare al 60% della massima capacità tollerata nella prova da sforzo, per il tempo tollerato (al massimo 30 min.). Aumentare il lavoro ogni 5 sessioni secondo tolleranza. Con arti non sostenuti, tramite sollevamento ripetuto di pesi. Sollevare al livello della spalla per 2 minuti, riposare e ripetere come tollerato (fino a 32 min.).Aumentare il peso di 250 g ogni 5 sessioni. Durante questo tipo di riallenamento molti pazienti, specialmente quelli nelle fasi più avanzate della malattia, diventano dispnoici; il movimento delle braccia, infatti, è supportato dalla muscolatura delle spalle e del torace (trapezio, serrato anteriore, succlavio, grande e piccolo pettorale), che in questi pazienti risulta accessoria anche al meccanismo della respirazione. In conclusione nei pazienti con BPCO l’allenamento alla forza e all’endurance degli arti superiori migliora, quindi, la funzionalità delle braccia. Per tali motivi e per la sicurezza che lo caratterizza dovrebbe essere sempre incluso nei programmi di riabilitazione rivolti a pazienti affetti da malattia respiratoria. Allenamento dei muscoli respiratori E’ stato largamente dimostrato che l’atto respiratorio normale risulta dalla contrazione coordinata dei muscoli inspiratori, ovvero del diaframma, degli intercostali, parasternali, scaleni, intercostali esterni ed interni, mentre gli sternocleidomastoidei hanno un’azione primaria di tipo posturale e sono impiegati come accessori dell’inspirazione in circostanze particolari. La BPCO è caratterizzata da un’alterazione della lunghezza dei muscoli respiratori che porta ad una riduzione della forza massimale che essi possono raggiungere. Particolarmente problematica è la situazione del diaframma. Le alterate proprietà meccaniche e i mutati rapporti con la gabbia toracica, infatti, rendono il principale muscolo inspiratorio ipotonico. Questa riduzione di forza muscolare causa una riduzione della riserva usata in caso di aumentati sforzi inspiratori. Il risultato è che i pazienti con BPCO tendono a compensare la difficoltà espiratoria mettendo in funzione i muscoli respiratori anche durante la fase espiratoria, che diventa così una fase attiva del ciclo respiratorio, contrariamente a quanto si verifica nel soggetto normale in cui è sostenuta esclusivamente dal ritorno elastico polmonare.

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Per contrastare le suddette alterazioni muscolari e di conseguenza ridurre la dispnea e migliorare la tolleranza all’esercizio risulta importante l’allenamento dei muscoli respiratori, soprattutto tramite il THRESHOLD e gli incetivatori volumetrici. Il THRESHOLD è un apparecchio indicato per l’allenamento contro resistenza dei muscoli respiratori. E’ costituito al suo interno da una molla tarata che può essere strinta o allentata secondo la resistenza che si desidera dare; tanto più la molla sarà tirata tanto più il paziente avrà resistenza inspiratoria. La resistenza si calcola dopo aver eseguito la misurazione della MIP e se il paziente ha una pressione inspiratoria al di sotto del 70%. In tali casi l’intensità del training respiratorio verterà intorno al 50% della MIP. Il paziente deve stare in una posizione comoda, in rilassamento, con i gomiti appoggiati. Gli è chiesto di inspirare profondamente fino ad aprire la valvola; questa è una valvola “tutto o nulla” nel senso che se il paziente inspira con una forza inferiore a quella necessaria la valvola non si apre. Solitamente durante la prima settimana l’utilizzo di questo strumento è prescritto 10-15 minuti il giorno, per poi aumentarlo gradualmente fino a 20-30 minuti quotidiani. Benché dalla pratica fossero stati riportati effetti positivi derivanti dal THRESHOLD, studi e metanalisi su questo tipo di allenamento hanno dato risultati discordanti e inconcludenti. Tutto ciò ha reso evidente che attualmente non vi sono evidenze di efficacia tali da consentire l’uso generalizzato dell’allenamento dei muscoli respiratori come componente essenziale di un programma riabilitativo respiratorio nei pazienti con BPCO. Sono utilizzati anche incentivatori di flusso per espandere il parenchima polmonare e la parete toracica.

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RIEDUCAZIONE RESPIRATORIA Fra le tecniche di riabilitazione respiratoria un ruolo tradizionalmente importante è svolto dalla rieducazione respiratoria (controlled breathing). Questo insieme di tecniche si propone di interrompere il circolo vizioso della dispnea , risolvendo lo stato di tensione e correggendo l’asinergia del pattern respiratorio conseguente. La dispnea provoca ansia e aumento in modo eccessivo e antieconomico dell’attività dei muscoli inspiratori accessori, mentre il diaframma è impiegato sempre meno e in modo non coordinato nel gesto respiratorio (aumenta l’asinergia). La rieducazione respiratoria compie un intervento sulla componente : - Nervosa -Muscolare -Articolare Componente nervosa In questa fase è essenziale il rilassamento del paziente che si persegue cercando di ridurre gli stimoli ambientali e facendogli assumere delle posture confortevoli. Può essere utile introdurre tecniche psicoterapiche di rilassamento(training autogeno), insegnando e controllando la corretta sinergia respiratoria. Infatti, l’intervento rieducativo oltre al rilasciamento, persegue la costruzione di schemi respiratori adeguati ed economici, mettendo a riposo i muscoli inspiratori accessori cercando di reinserire la respirazione diaframmatica quale corretta sinergia respiratoria caratterizzata da minore frequenza, aumentato volume corrente, migliorata ventilazione alveolare e, conseguente, riduzione della PaCO2. Per ottenere il nuovo pattern la tecnica prevede due differenti fasi. La prima fase è caratterizzata dall’insegnamento del coordinamento addomino-diaframmatico e dalla correzione delle asinergie ventilatorie (riduzione frequenza respiratoria); la seconda fase si conclude con l’acquisizione del nuovo pattern respiratorio da mantenere a riposo e nelle ADL. Importante durante gli esercizi fornire afferenze visive, tattili e propriocettive.

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Rilasciamento in posizione semiseduta Posizione seduta utile per

crisi iniziali

Rilasciamento in posizione eretta utile per quando il paziente è fuori casa

Componente muscolare La valutazione quantitativa di eventuali deficit di forza muscolare si effettua con l’esame muscolare. I muscoli respiratori sono raramente ipovalidi, in genere sono usati in maniera eccessiva i muscoli accessori ed è invece usato poco e male il diaframma, che è il muscolo essenziale per la realizzazione di una corretta sinergia respiratoria.

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Componente articolare Per un buon atto respiratorio , oltre ad un buon controllo nervoso del pattern e ad una buona attività muscolare, è necessaria una buona motilità del complesso toraco-pleurico. Per questo motivo il trattamento comprende delle mobilizzazioni del rachide, della gabbia toracica e del cingolo scapolo omerale in associazione ad esercizi respiratori. La respirazione a labbra socchiuse viene spesso adottata spontaneamente dai pazienti con BPCO che ricercano una riduzione della percezione di dispnea. La tecnica consiste nel respirare per qualche secondo col naso a bocca chiusa e successivamente espirare per 4-6 secondi attraverso le labbra increspate. Lo scopo è quello di ridurre la frequenza respiratoria e aumentare il volume corrente; in tal modo si ha un aumento della pressione delle vie aeree e, quindi, un ritardo nel collasso dinamico delle vie aeree intra parenchimali, che spesso avviene a causa della perdita di ritorno elastico del polmone. 4.2.3 Intervento educazionale L’intervento educazionale ha l’obiettivo di incoraggiare la partecipazione attiva e la collaborazione del paziente al programma riabilitativo, attraverso una migliore conoscenza delle alterazioni fisiche e psicologiche caratteristiche della malattia cronica. “L’educazione alla salute è un processo di formazione che mira a promuovere negli esseri umani idee e comportamenti orientati al benessere individuale e collettivo” (Tonelli 1988). L’evidenza scientifica non dimostra i benefici a breve termine della componente educazionale come singola modalità terapeutica, ma sostiene peraltro che interventi a lungo termine possono essere notevolmente vantaggiosi(110). L’intervento educazionale è uno strumento della prevenzione e non può essere riduttivamente identificato con l’informazione, infatti, la pedagogia della salute è una pedagogia per il fare e non solo per il sapere. Gli argomenti oggetti di educazione sono molteplici riguardano la conoscenza della malattia, le strategie respiratorie, le tecniche di conservazione ed ottimizzazione dell’energia, l’uso dei farmaci, la capacità di autogestione, la gestione dei sintomi, il controllo dell’ansia e dello stress, la difesa dagli irritanti ambientali, l’ossigenoterapia, la cessazione del fumo, la sessualità, i viaggi, la nutrizione. Molto importante risulta coinvolgere non solo il paziente ma anche i familiari che lo circondano, in quanto diverranno alleati preziosi soprattutto se il paziente a causa di impairment ha una riduzione notevole

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di activity e participation ovvero le misure obbligatorie, indicate per la prima volta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization = WHO) (73) Impairment: ovvero la “perdita o anormalità di una struttura corporea o di una funzione fisiologica o psicologica che deriva dalla malattia” Activity (Disability): rappresenta la “natura e l’entità del funzionamento al livello della persona, in termini di esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo. Le limitazioni dell’attività possono essere tali per natura, durata e qualità a causa della malattia respiratoria” Participation (Handicap): è “la natura e l’entità del coinvolgimento della persona nelle situazioni della vita in relazione alle menomazioni, alle attività, alle condizioni di salute e ai fattori ambientali (l’ambiente fisico, sociale e degli atteggiamenti in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza). Le restrizioni alla partecipazione possono essere tali per natura, durata e qualità” Il concetto di promozione della salute è stato definito come una “azione politica, sociale e educativa che rafforza la consapevolezza pubblica della salute, incentiva gli stili di vita sani e l’azione della comunità in favore della salute, e rende le persone potenti nell’esercitare i propri diritti e responsabilità nel modellare gli ambienti, i sistemi e le politiche che conducono alla salute e al benessere” (Aboud, 1988). L’approccio della psicologia della salute ha, infatti, un nuovo modo di concepire la salute e gli interventi di educazione alla salute, e attribuisce molta importanza al facilitare e rinforzare comportamenti e stili di vita salutari. La salute non riguarda solo uno stato di integrità e di buon funzionamento del corpo, ma riguarda anche l’efficienza e il benessere psicologici e la qualità delle relazioni con gli altri. Lo stato di salute, quindi, dipende dall’interazione fra fattori personali di carattere biologico, psicologico e comportamentale e condizioni ambientali, fisiche e sociali. La salute non è definita in negativo, come assenza di disturbi o infermità, ma in positivo. Non si può soltanto recuperare, ma anche migliorare e promuovere. Qualunque processo educativo, che voglia fondarsi sul razionale perseguimento di efficacia terapeutica e sociale, non può prescindere di passare da alcune tappe obbligatorie quali: - l’individuazione del problema e l’analisi dei bisogni - la definizione degli obiettivi

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- la progettazione, l’attuazione e la valutazione dei risultati Tra gli interventi educazionali che sono svolti con pazienti bpco ritroviamo: • Strategie respiratorie Come abbiamo già approfondito nel trattamento non farmacologico è importante svolgere un intervento di rieducazione del pattern respiratorio agendo sulla componente nervosa, muscolare e articolatoria, così da interrompere il circolo vizioso della dispnea, risolvendo lo stato di tensione e correggendo l’asinergia del pattern respiratorio conseguente. • Capacità di autogestione, conservazione ed ottimizzazione dell’energia, gestione dei sintomi, controllo dell’ansia e dello stress. Sarà utile insegnare al paziente che la tensione emotiva può aumentare le richieste d’ossigeno a fronte di un’incapacità ad assecondarle e quindi sarà importante insegnargli che il rilassamento è efficace per respirare meglio e per ridurre la dispnea. Alcune posture quali sedersi un poco piegato in avanti o distendersi su un letto in un luogo tranquillo respirando più lentamente e profondamente cercando di rilasciare progressivamente i muscoli del collo, del volto, del tronco e poi di tutto il corpo, sono molto efficaci nel controllo della dispnea. Molto importante dopo il rientro a domicilio limitare le fatiche non necessarie nelle attività casalinghe con semplici accorgimenti quali lasciare asciugare i piatti all’aria invece di farlo a mano, ridurre la frequenza delle pulizie non indispensabili, usare uno sgabello per la doccia, fare le scale più lentamente e magari effettuando delle soste, scomporre le azioni di un lavoro impegnativo in tanti piccoli lavori, dare delle priorità nell’arco della giornata alle cose da fare. • Uso dei farmaci e ossigenoterapia. L’aerosolterapia è una tecnica caratterizzata dall’inalazione di farmaci, acqua o altre sostanze direttamente nelle vie aeree in forma di aerosol. Col termine aerosol si definiscono le dispersioni fini di particelle solide o liquide in un mezzo aeriforme. La deposizione a livello tracheo-bronchiale delle particelle inalate avviene in tre fasi distinte: l’impatto

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dovuto all’inerzia, la sedimentazione e la diffusione delle particelle aerosolizzate. Molto importante quindi risulta l’assunzione corretta, ovvero, effettuare l’inspirazione dell’aerosol lentamente, rispettare un periodo di 3-4 secondi di apnea e poi espirare lentamente. Le pneumopatie croniche ostruttive gravi sono malattie che portano, progressivamente, all’insufficienza respiratoria cronica, che può necessitare dell’ossigenoterapia. L’ossigeno è un farmaco a tutti gli effetti, il principio attivo è ossigeno terapeutico nelle forme liquide e gassose. L’OTLT diminuisce il numero dei ricoveri ed è in grado di migliorare le performance neuropsichiche, di ridurre la policitemia, stabilizzare la progressione della ipertensione polmonare, migliorare la tolleranza allo sforzo, non sembra però migliorare significativamente la qualità di vita né lo stato emotivo del paziente. • Attività fisica Un programma regolare e progressivo di semplici esercizi fisici come camminare magari all’aperto in luoghi pianeggianti possibilmente al riparo da smog ed inquinamento industriale, in giornate non troppo calde né fredde né umide, solleva l’umore e rinforza l’organismo. Sempre meglio iniziare con piccole passeggiate ad andatura lenta, cercando di rilassare le spalle i muscoli del collo e delle braccia. Se si avverte difficoltà di respiro meglio fermarsi e rilassarsi cercando di espirare a labbra socchiuse. Una volta ripresi, ricominciare a camminare ad un ritmo tranquillo. Anche le braccia andrebbero allenate semplicemente sollevando pesi leggeri di 2-3 etti o in alternativa i contenitori di cibi in scatola. L’importante nell’attività fisica è rispettare delle regole per non protrarre lo sforzo fino all’affaticamento, darsi dei tempi e degli obiettivi realistici per le proprie possibilità, ogni farmaco per la respirazione va’ assunto prima dell’attività, avere sotto controllo la frequenza cardiaca e registrarla a fine esercizio e respirare sempre correttamente. • Conoscere ed evitare i rischi del fumo e degli irritanti ambientali Come abbiamo gia detto in precedenza il fumo di tabacco, in particolare quello di sigaretta, costituisce il principale fattore di rischio per lo sviluppo di BPCO (18, 19, 20, 21). Il fumo, rende più precoce e accentua il normale declino della funzione respiratoria, contiene sostanze che

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danneggiano il polmone, nonostante la sigaretta sia divenuta sempre più tecnologica ed elaborata. Basti pensare che esistano almeno 150 brevetti per la sua fabbricazione che deve raggiungere degli obiettivi standard come un miglior riempimento e compattezza del tabacco, una certa resistenza all’aspirazione, una ridotta velocità ed efficienza di combustione, deve contenere nicotina in quantità sufficiente e costante, il rendimento in nicotina deve essere buono, le misurazioni FTC della nicotina devono essere basse, deve bruciare bene, l’impatto sensoriale deve essere buono e caratteristico. Come se ciò non bastasse per motivi commerciali sono aggiunti degli additivi quali zucchero e proteine, ammoniaca, sali di potassio, broncodilatatori ed altro al fine di rendere il prodotto finale sempre più attraente e di sicuro successo, contando su una schiera di clienti affezionati e fedeli al marchio. Le sostanze tossiche sprigionate durante la combustione sono composte da componente particolata ( catrame ) e componente gassosa ( ossido di carbonio e di azoto). Risulta facilmente comprensibile che tali sostanze una volta aspirate, danneggino le cellule dei bronchi e dei polmoni. Il fumo passivo è altrettanto pericoloso perchè vi è una parte di fumo emesso dalla punta della sigaretta che non è stato filtrato e per questo motivo è ancora pi concentrato. Smettere di fumare non è mai troppo tardi e se la bpco si è gia sviluppata farà migliorare i sintomi, ridurrà i rischi di cancro al polmone e malattie cardiovascolari. Questi aspetti sono molto importanti da spiegare al paziente, anche se non sarà facile fargli abbandonare il vizio, infatti, se fino alla fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 il tabagismo era considerato dalla comunità scientifica internazionale, un’abitudine e non una vera e propria dipendenza, i recenti risultati della ricerca hanno inequivocabilmente dimostrato che la nicotina è una potente sostanza d’abuso in grado di indurre un alto livello di dipendenza comparabile all’eroina, cocaina e alcool (109). È stato dimostrato che la nicotina agisce sugli stessi circuiti cerebrali di quasi tutte le sostanza d’abuso. Per questi motivi è necessario agire in modo coordinato con un interveto terapeutico che miri a motivare il paziente a smettere ma soprattutto resistere nel tempo al rischio di ricominciare. Un altro aspetto da considerare in pazienti con bpco ma in generale utile per tutti come buona condotta salutista, cercare di evitare o ridurre al minimo l’esposizione professionale a sostanze nocive, quali polveri, fumi e sostanze chimiche che inducono gli stessi meccanismi patologici del fumo.

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• Alimentazione L’inclusione di programmi nutrizionali in programmi di riabilitazione respiratoria è utile e importante. In alcuni pazienti, infatti, l’effetto negativo di un ridotto peso corporeo sulla sopravvivenza può essere reso reversibile da un’appropriata terapia nutrizionale(108). Una ridotta massa corporea, inoltre, ha un effetto negativo sulla capacità aerobica dei pazienti affetti da BPCO e questo può spiegare la variabilità della tolleranza all’esercizio fra pazienti con limitazione ventilatoria simile (120). Il paziente deve sempre evitare di riempire lo stomaco con eccessive quantità di alimenti, la distensione dell’addome peggiora la funzione del diaframma e riduce i movimenti respiratori, meglio mangiare meno ma più frequentemente evitando bevande gassate e cibi che fermentano nell’intestino. Una corretta idratazione dell’organismo rende le secrezioni bronchiali meno viscose e facilita la loro eliminazione, ma bisogna evitare di introdurre troppi liquidi in pazienti con problemi di cuore o con tendenza ad avere le caviglie gonfie. Il sovra peso costringe cuore e polmoni a lavorare di più, il consumo di ossigeno aumenta e l’attività fisica diventa più difficile, risulta importante quindi ridurre il peso. Per raggiungere questo obiettivo è importante programmare un intervento nutrizionale con il dietista(110). Rispetto al passato quando la dieta drastica e le restrizioni alimentari sembravano essere l’unico approccio possibile, oggi è stato visto da numerosi studi(112-113) che l’approccio restrittivo soprattutto nel lungo periodo risulta inefficacie per il raggiungimento degli obiettivi terapeutici, mentre al contrario programmi educativi e nuove strategie di trattamento che si fondano sul coinvolgimento attivo del paziente e sull’approccio motivazionale hanno dimostrato la loro efficacia.(114-115). In quest’ottica è fondamentale una corretta valutazione nutrizionale da parte del dietista che esegue una anamnesi nutrizionale tramite questionari sulle conoscenze alimentari ( valore nutrizionali dei cibi, comportamenti alimentari salutari ecc.) e sulle abitudini alimentari. Il diario alimentare è uno strumento utile nel paziente per favorire abilità di auto-osservazione (sul consumo alimentare, modalità dei pasti, segnali biologici di fame sazietà ecc.), auto-valutazione del proprio stile di vita sviluppando capacità di modificazione e autocontrollo del comportamento alimentare. Esso favorisce un approccio educativo attraverso obiettivi concordati e condivisi con il paziente evitando imposizioni e costrizioni.

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• Psico-sociale Solitamente il paziente affetto da BPCO ha alle spalle una storia di malattia molto lunga, in cui le risorse e le abilità individuali sono state sovente asservite all’accettazione della patologia, che è divenuta il nucleo attorno al quale ruotano gli altri aspetti dell’esistenza come la vita affettiva, i rapporti sociali, il lavoro e il tempo libero. Tutto è condizionato dall’invadente presenza di una malattia che riduce ogni spazio, frena ogni slancio, ridimensiona ogni progetto. La depressione è il disturbo del tono dell’umore più frequentemente riscontrabile nei pazienti con BPCO e si manifesta con chiarezza sia sul piano verbale (con affermazioni di tristezza, solitudine, bassa autostima), sia su quello comportamentale (col progressivo restringimento dei rapporti sociali e delle attività effettuate). Nei pazienti più anziani spesso il quadro è complicato da deficit delle abilità cognitive e dalla presenza di stereotipi culturali e tenaci convinzioni. Studi psicologici effettuati a riguardo indicano la diffusa presenza nei pazienti con BPCO di depressione, ansia e problemi psichiatrici specifici (116). Queste sindromi cliniche rinforzano ulteriormente l’isolamento sociale del paziente e la sua inattività fisica (117). La mortalità a quattro anni in pazienti con BPCO severa è influenzata dal grado di stress psicologico complessivo e dalla difficoltà di affrontare la malattia(118). Le mete di questo intervento sono la riduzione della depressione e dell’ansia, l’insegnamento di tecniche di rilassamento, l’educazione ad affrontare tematiche come quelle sessuali e i rapporti con familiari e lavorativi, tentando anche attraverso il counseling di aiutare il paziente a trovare e sfruttare in se stesso in modo ottimale, le risorse che possiede per far fronte ai problemi che si presentano quotidianamente(119). Si tratta sicuramente di una modalità di intervento nuova e più complessa, che negli ultimi anni si è indirizzata verso l’elaborazione di progetti di maggior spessore metodologico e di più lunga durata, ma che apre la strada ad un approccio globale che punta a migliorare il presente e gettare delle solide basi soprattutto per il futuro.

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CAPITOLO 5 : IL COUNSELING IN RIABILITAZIONE

5.1 DEFINIZIONE Il termine counseling si può fare risalire al verbo latino consulo-ere che si traduce in consolare, confortare anche nell’accezione di venire in aiuto, avere cura, oppure ad altro verbo latino consulto-are nell’accezione di “richiedere il parere di un saggio, riflettere, prendere provvedimenti, deliberare dopo aver riflettuto. Il counseling è un processo di dialogo, ascolto, educazione, interpretazione e risoluzione delle difficoltà oggettive con le quali il paziente si deve misurare quotidianamente attraverso il quale “… il consulente aiuta il consultante a prendere delle decisioni e ad agire di conseguenza.”(OMS 1992). Possiamo definirlo come la possibilità di offrire un orientamento o un sostegno a singoli individui o gruppi, favorendo lo sviluppo e l’utilizzazioni delle proprie potenzialità. Grazie a questa capacità di relazione si può instaurare un processo di interazione il cui scopo è abilitare le persone a prendere le decisioni giuste, diretto ad incoraggiare, ove necessario, cambiamenti dello stile di vita “… al fine di aiutare l’individuo a valutare i propri problemi (problem analysis help ), formulare strategie realistiche per la modifica dei comportamenti a rischio ( decision making help ) e a ridurre il disagio emotivo ( psycological help)”( OMS 1992 ). In situazioni di patologie croniche quali la BPCO diventa uno strumento importante nelle mani del fisioterapista o più in generale del team riabilitativo che presuppone: - la conoscenza della patologia dal punto di vista di chi la vive - la capacita di ascoltare e dare risposta alle ansie e ai timori della persona - l’informazione a partire dalle esigenze del paziente - l’insegnamento di tecniche e pratiche necessarie alla gestione del problema - la valutazione e la condivisione dell’andamento degli sforzi compiuti. Ritornando al concetto di riabilitazione, “…ovvero quel processo di risoluzione dei problemi e educazione nel quale si porta la persona in quel momento disabile a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale con la minor

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restrizione possibile delle sue scelte operative” , è facile intuire come il counseling entri a far parte a pieno titolo di questo ambito operativo.

5.2 CENNI STORICI Il counseling nasce negli Stati Uniti intorno agli anni cinquanta. La finalità risiedeva nel prevenire i problemi psicologici non solo negli ospedali, ma anche nei centri di igiene mentale delle piccole comunità da poco costituite. Tali centri avevano la piena accessibilità da parte dei residenti in una certa zona ed offrivano contestualmente una serie di servizi. Il vantaggio principale era quello di poter essere accolti e sostenuti all’interno della propria comunità, ma soprattutto quello di sottolineare l’importanza della prevenzione. Si basava sull’assunto che prevenire è meglio che curare ed i fattori ambientali influenzano il comportamento per cui un intervento a livello comunitario può aiutare sia il comportamento del singolo che la società nel suo complesso. Si stava passando da un modello centrato sulla malattia ad un modello orientato alla salute dell’individuo. Ma è negli anni ’70 che inizia a svilupparsi e a diffondersi la così detta psicologia del benessere alla cui base vi è una concezione sostanzialmente positiva dell’essere umano. In Italia potremo provare a rintracciare le origini del counseling nella storia dell’assistenza sociale e nello sviluppo della comunicazione quale, strumento essenziale per la promozione della salute e per la cura della malattia. La probabilità di successo dei piani e dei programmi sanitari di prevenzione, di screening e di assistenza si basa, infatti, sia su elementi di natura tecnica e organizzativa, sia su aspetti comunicativi.

5.3 STRUMENTI DEL COUNSELING (119-121)

Il counseling del paziente si occupa soprattutto dei problemi che emergono dalla realtà in cui vive e che lo circonda. Ci accorgiamo di avere un problema, quando incontriamo una difficoltà sul nostro cammino, quando ciò che stiamo facendo non consente di ottenere gli effetti desiderati, quando a seguito di una riduzione delle nostre capacità fisiche o mentali, ci troviamo a fronteggiare delle difficoltà inaspettate e per questo motivo insidiose. Quando ci rendiamo conto di avere un problema, ci stiamo trovando, in realtà, di fronte alla necessità, se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi, di cambiare qualcosa nel nostro comportamento, altrimenti si genera un opprimente paradosso: più rimaniamo ancorati all’ostacolo o al disagio, meno riusciamo a superarlo.

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Questo in realtà accade perché non riusciamo a intravedere nuove vie di uscita. Per risolvere il problema dobbiamo, invece, cambiare approccio, inventare dei percorsi alternativi ed efficaci per raggiungere gli obiettivi e soddisfare i nuovi bisogni. Per rispondere alle domande e alle esigenze del paziente pertanto, è necessaria una raffinata competenza nel problem solving e nella capacità di comunicare ma soprattutto ascoltare chi abbiamo di fronte. Risulta importante l’accoglienza della persona che si deve sentire a proprio agio, capire quale sia la reale situazione che ci troviamo d’avanti ed i problemi principali del paziente, proporre dei cambiamenti che non siano degli stravolgimenti.

5.3.1 Comunicazione L’identificazione degli obiettivi e le successive fasi del problem solving richiedono una grande competenza nel maneggiare la comunicazione interpersonale. Il fisioterapista o il professionista sanitario in genere deve capire e farsi capire, deve creare un clima di fiducia necessario alla cooperazione con il paziente per la ricerca delle soluzioni. Le competenze comunicativo relazionali, integrate con le competenze tecnico-scientifiche specifiche del ruolo professionale svolto da ogni operatore, costituiscono la garanzia per una prestazione efficace. I prossimi paragrafi descrivono in modo sintetico alcune abilità essenziali per svolgere questo tipo di intervento.

• La comunicazione come processo circolare

La comunicazione è un’interazione tra individui della stessa comunità che adottano gli stessi strumenti comunicativi per garantire lo scambio di informazioni e la trasmissione delle conoscenze utili alla sopravvivenza, “è la capacita di passare da un segnale fisico ricevuto al significato comunicato e viceversa…”(Parisi 1998). Sebbene possa sembrare paradossale, da un punto di vista scientifico la comunicazione non si basa solo sull’uso della parola, infatti, vi sono anche elementi non verbali come il tono e le pause della voce, oppure la mimica, lo sguardo i movimenti posturali e del corpo che a loro volta possono confermare, accentuare, contraddire il messaggio verbale. Anche volendo non si può non comunicare, dunque, le persone comunicano sempre, l’importante è sapere percepire e intuire anche le più piccole sfumature. In sintesi, il nostro comportamento influenza quello degli altri e quello degli altri influenza il nostro. Possiamo dire che la comunicazione, è circolare,

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ovvero esiste un feedback di ritorno. Questo modo di vedere la comunicazione ha avuto, soprattutto negli anni ’70, un’influenza rivoluzionaria nell’interpretazione dei fenomeni di disagio in quanto si è capito che nella esplorazione di un problema interpersonale è essenziale valutare l’intero circuito. Molto spesso, cosi facendo, delle situazioni apparentemente confuse diventano ben comprensibili perchè siamo riusciti a modificare questo circolo vizioso. Un esempio banale è quello di immaginare una persona che ci sta’ antipatica, magari perché ci da’ l’impressione che non ci consideri o perchè attribuiamo dei significati negativi al suo comportamento. Così facendo, non ci accorgiamo che a nostra volta facciamo trasparire nei suoi confronti dei sentimenti di ostilità che non faranno altro che rinforzare la sensazione di non essere particolarmente ben accetto e quindi non lo invoglieranno certamente a interagire con noi.

• Pacing (121)

Ovvero mettersi al passo. Da un punto di vista pragmatico e sistemico, come abbiamo visto, la comunicazione non ha un significato, ma un effetto. Ciò che noi siamo, diciamo e facciamo ha un effetto su ciò che sono, dicono e fanno gli altri e viceversa. In realtà, ogni membro di un circuito comunicativo interpreta la comunicazione degli altri sulla base del suo stato mentale e del suo sistema cognitivo-emotivo di base che si è organizzato a sua volta anche grazie alla sua provenienza socio-culturale ed alle sue esperienze. Un’abilità fondamentale del lavoro di counseling consiste nell’adeguarsi allo stato mentale che vivono i suoi utenti, ed al loro sistema cognitivo-emotivo. Questo adeguamento è detto in inglese pacing. Il pacing può essere realizzato spontaneamente con l’empatia, cioè con la capacità di mettersi nei panni dell’altro, di comprendere cosa sta provando, ma può essere affinato con alcuni accorgimenti che richiedono un certo allenamento:

1) Adottare una postura ed un ritmo della parola affine a quella dell’interlocutore

Il modo più semplice dal punto di vista della comunicazione non verbale, è il cosiddetto mirroring, ovvero specchiare l’altro. In sostanza si tratta di adeguarsi alla postura, al ritmo della parlata, ed al comportamento complessivo dell’altro, perchè se è vero che la comunicazione è circolare, il feedback di ritorno che manderemo sarà un atteggiamento familiare e

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conosciuto che rassicurerà il nostro interlocutore lo farà sentire a suo agio nei nostri confronti. 2) Utilizzare i canali preferenziali (118).

Prende spunto da una tecnica definita PNL (programmazione neuro-linguistica). Si tratta di utilizzare in prevalenza i sistemi rappresentazionali preferenziali del cliente per l’elaborazione delle informazioni che possono essere quello visivo, cinestesico, auditivo. L’ endofasia è quel processo di pensiero silente e formulazione nella mente di parole non espresse da cui il pensiero dipende, è una attività incessante in quanto durante i nostri ragionamenti, pensiamo tramite parole. Pensiero e linguaggio risultano così inseparabili. Il nostro modo di pensare le parole richiama immagini, emozioni e sensazioni corporee. D’altra parte, in ognuno di noi alcuni sensi sono preferenziali, cioè dei punti di incrocio attraverso cui passano comunque tutte le informazioni nei momenti cruciali (capire, prendere decisioni, etc.). Alcuni preferiscono la vista, altri la precisione linguistica, altri ancora le percezioni corporee. E’ senz’altro opportuno parlare per immagini con chi utilizza preferenzialmente la vista, utilizzare il linguaggio in modo appropriato e consequenziale con chi utilizza le parole come mezzo preferenziale di processamento, e il linguaggio delle sensazioni con chi utilizza le percezioni corporee.

3) Adeguarsi allo stile cognitivo dell’interlocutore

Esistono diversi stili cognitivi che è bene individuare. Alcune persone tendono ad essere molto attente alle somiglianze, altre alle differenze. Alcuni hanno bisogno di prendere l’iniziativa, altri di valutare attentamente prima di esporsi. C’è chi è maggiormente attento ai dettagli, chi invece al quadro generale. Nessuno stile è migliore degli altri, è semplicemente diverso, ma può essere un grave errore, provare a spiegare qualcosa in modo molto generale e con pochi dettagli a chi vuole percorrere tutti i passaggi di un ragionamento, oppure viceversa, insistere su tutti i dettagli di un concetto con chi vuole avere immediatamente un’idea generale di ciò che stiamo dicendo. Nel primo caso incontreremo diffidenza, nel secondo caso esasperazione.

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4) Identificazione corretta del problema

Dopo aver trovato il canale giusto per comunicare col paziente, siamo pronti a lavorare sul suo problema. Per identificare con precisione i problemi è essenziale passare da descrizioni generiche, vaghe, incomplete o implicite, ad una descrizione accurata, dettagliata ed esplicita delle situazioni problematiche. Per farlo, è importante specificare, quando si vuol passare da una descrizione astratta o generica dell’esperienza alla descrizione degli elementi specifici di cui si compone. Inoltre, molte descrizioni sono carenti in informazioni importanti, oppure non includono delle informazioni considerate implicite e che invece devono essere esplicitate. Esemplificare, ovvero fornire degli esempi concreti in cui si realizzano le condizioni di disagio può essere utile, a volte i presupposti, se non sono resi espliciti, danno per scontate alcune convinzioni che scontate non sono.

5) Ristrutturazione (117)

Se le convinzioni connesse con i fatti rimanessero esattamente sempre le stesse, anche il problema rimarrebbe sempre identico. Lo scopo dell’intervento non è solo quello di cambiare la realtà, ma quando ciò non sia possibile o eccessivamente impegnativo, cambiare il contesto entro il quale una persona percepisce certi eventi allo scopo di cambiare il significato degli eventi stessi. Il significato di qualsiasi avvenimento dipende dalla cornice all’interno della quale lo percepiamo, se cambia la cornice si può passare da un’impostazione senza via d’uscita ad un’altra che consente una soluzione. Lo strumento che abbiamo usato a tale scopo è la ristrutturazione. La ristrutturazione è un modello comunicativo molto efficace, tuttavia, possono rendersi necessari degli interventi che aiutano a modificare delle convinzioni che sono degli ostacoli alla risoluzione del problema. L’ idea di fallimento è spesso connessa ad alcune esperienze negative. Solo se il fallimento è re-interpretato come un’esperienza da cui apprendere per il futuro, è possibile andare oltre e superare uno stallo in cui domina l’auto-recriminazione. Un altro pensiero da superare è che sono gli altri che devono cambiare. Molto spesso questo comportamento rende le situazioni inamovibili mentre è importante far notare all’interlocutore che se gli altri sono in grado di cambiare il loro comportamento, gli faciliteremo il compito se saremo noi per primi a farlo. Infine è importante considerare anche la paura così come il pianto, il dolore, la sensibilità, che sono espressione di debolezza

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e rifiuto della consapevolezza che impedisce alla persona di aprirsi e affrontare la realtà in modo sereno ed armonico.

5.3.2 Problem solving (116-122)

Il problem solving è studiato ed applicato in molti ambiti. Per quanto riguarda l’attività di counseling ha dimostrato una grande utilità sia in quanto metodo generale di approccio professionale ai problemi degli utenti, sia in quanto metodologia da insegnare ai pazienti per consentire loro di applicarlo autonomamente nella gestione quotidiana dei problemi, da quelli di natura pratica a quelli emozionali e relazionali. Per questa ragione è utilissima una griglia di riferimento, in quanto consente di guidare l’intervento in modo professionale passando attraverso tutte le indispensabili fasi che sono:

1. identificazione degli obiettivi e degli ostacoli

2. generazione di possibili soluzioni

3. scelta della soluzione e pianificazione

4. attuazione del piano e verifica

Questo modo di utilizzare il problem solving è detto psicoeducazionale e la sua efficacia in molti tipi di disagio è dimostrata da numerosi studi (116-118). La psicoeducazione, fa parte della più vasta attività di educazione alla salute. Questa è dunque un’attività socio-sanitaria che consiste nell’esporre in modo chiaro, semplice, didattico, possibilmente interattivo, le informazioni e le istruzioni per prevenire ed affrontare appropriatamente disturbi e disagi di natura psicologica interpersonale, ma anche problemi più pratici ed oggettivi, pertanto è una componente fondamentale di qualsiasi progetto di prevenzione, sostegno, aiuto, assistenza, e trattamento.

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CAPITOLO 6: LO STUDIO

6.1 INTRODUZIONE

Gli studi degli ultimi anni hanno dimostrato la sempre maggiore prevalenza nel mondo delle malattie respiratorie in quanto gravi cause di morbilità e mortalità nella popolazione. Per alleviare i sintomi ingravescenti della BPCO, tra cui l’affliggente dispnea che la caratterizza, è fondamentale l’utilizzo di terapie, come il trattamento farmacologico e l’ossigenoterapia a lungo termine. La riabilitazione respiratoria, invece, si è sempre maggiormente affermata come mezzo di supporto alla terapia standard per controllare ed alleviare i sintomi, ottimizzare la capacità funzionale, migliorare la tolleranza allo sforzo e di conseguenza la qualità della vita. Per raggiungere certi risultati, fondamentale, oltre all’intervento primario, è la partecipazione attiva del paziente e la volontà ad attuare importanti cambiamenti nello stile di vita. Necessaria dunque l’aderenza alla terapia farmacologica ed all’ossigenoterapia, le tecniche di respirazione e di rilassamento, le abitudini alimentari ed il controllo dei fattori di rischio primo tra tutti il fumo di sigaretta. Tuttavia molti pazienti, soprattutto dopo le prime fasi d’intervento, si ritrovano da soli a dover fronteggiare le difficoltà che inevitabilmente verranno fuori da un processo patologico cronico irreversibile. Nonostante i molti studi che constatano l’effettiva efficacia dei programmi di riabilitazione respiratoria, sono pochi e spesso contraddittori quelli che ne analizzano gli effetti a lungo termine, soprattutto a riguardo di pazienti con BPCO allo stadio moderato-severo e con età avanzata. Il punto critico nell’organizzazione dell’assistenza domiciliare di un malato grave si presenta all’atto della dimissione ospedaliera che dovrebbe essere preceduta da un contatto con l’equipe territoriale per concordare tempi e modi e valutare la disponibilità della famiglia e le necessità dell’assistenza e dei servizi sociali. I costi complessivi della BPCO, non facilmente valutabili, sono comunque dovuti principalmente ai ricoveri ospedalieri mentre la piccola quota (circa 5%) delle forme più gravi è responsabile del 30% circa dei costi. Si capisce quindi quanto è importante preservare con ogni mezzo possibile le migliori condizioni oltre che per il paziente e i familiari che lo circondano, anche per gli alti costi sociali che questa patologia

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determina. Uno studio recente (123) evidenzia come in pazienti con BPCO di grado moderato-severo, un mantenimento dell’esercizio settimanale, supervisionato da un fisioterapista, combinato con un programma di esercizi domiciliare sia un intervento capace di preservare i benefici di un programma riabilitativo.

Lo studio presente è il primo a voler valutare se in pazienti affetti da BPCO, l’utilizzo del counseling telefonico insieme ad un programma specifico di lavoro domiciliare al quale i pazienti sono stati preventivamente educati, possa rappresentare un valido supporto per il mantenimento post trattamento della condizione fisica. Abbiamo deciso di considerare a tale scopo variazioni ad intervalli di tempo dell’indice bode e dei parametri che lo costituiscono, ossia del BMI, del FEV1, del grado di dispnea e della tolleranza allo sforzo oltre al punteggio totale ottenuto al Saint George’s respiratory questionnaire . 6.2 MATERIALE E METODI Partecipanti Questo studio è stato compiuto su 32 pazienti, di cui 21 uomini e 11 donne, affetti da BPCO di grado moderato-severo. Tutti i pazienti sono stati reclutati presso il reparto di Medicina Riabilitativa dell’Ospedale di Pescia (PT) dove hanno partecipato ad un programma di riabilitazione respiratoria intensiva in regime di day-hospital per 5 giorni la settimana per la durata di circa un mese. La valutazione dei pazienti è stata effettuata all’inizio e alla fine del programma riabilitativo e nelle successive visite di controllo a sei e dodici mesi. Durante il ricovero sono stati raccolti, vari dati tra cui: • PaO2, PaCO2, pH (emogasanalisi) • BMI e composizione corporea BIA (massa grassa, magra, muscolare, cellulare, acqua totale) • FEV1, CVF (spirometria) • Capacità di esercizio (6-minutes walking test); • MIP, MEP • Qualità della vita (St. George’s Respiratory Questionnaire)

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Criteri di inclusione La presenza di condizioni cliniche stabili (mancanza di riacutizzazioni negli ultimi 3 mesi) e l’assenza dell’abitudine tabagica. Criteri di esclusione Sono stati invece la scarsa motivazione e collaborazione da parte del paziente. Questo studio è stato caratterizzato da quattro momenti di osservazione e raccolta dei dati: • T0: ammissione al primo ciclo di riabilitazione • T1: dimissione dal primo ricovero • T2: controllo a sei mesi • T3: controllo a dodici mesi Nel periodo di ricovero (T0-T1) sono state effettuate due sedute giornaliere di riabilitazione respiratoria; a tale scopo sono stati utilizzati il cicloergometro, l’ergometro manuale ad una intensità pari al 60-70% del carico massimale, valutato precedentemente con un test ergometrico incrementale al treadmill (secondo il protocollo di Bruce modificato). L’attività è stata programmata in maniera tale da raggiungere 30 minuti di allenamento due volte il giorno e mantenere costante il carico di lavoro richiesto (incrementando l’intensità dello sforzo). Il piano di trattamento, oltre al riallenamento allo sforzo, ha previsto tecniche di disostruzione e drenaggio bronchiale, esercizi finalizzati all’incremento di forza e resistenza muscolare, esercizi di stretching per i muscoli accorciati ed interventi educazionali. Il periodo a domicilio (T1-T2) e (T2-T3) è stato caratterizzato da un programma giornaliero da eseguire autonomamente. Reso omogeneo l’insieme dei pazienti abbiamo potuto suddividerlo, con scelta randomizzata e rapporto 1:1, in due ulteriori gruppi:

Gruppo di studio (S)

Durante il periodo domiciliare ha eseguito un programma giornaliero dettagliato e personalizzato cui è stato addestrato durante il ricovero. La corretta esecuzione del programma domiciliare è stata valutata dal team riabilitativo che lo seguiva, attraverso telefonate mensili, durante le quali venivano fatte domande riguardo l’attinenza al programma indicato,

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nel caso ci fossero state delle discordanze si ricercavano i motivi e si forniva un aiuto alla risoluzione delle problematiche, cercando di motivare il paziente ad attuare il programma con regolarità.

Gruppo di controllo Il gruppo di controllo invece ha ricevuto in dimissione le stesse indicazioni del gruppo sperimentale riguardo alle attività da effettuare a casa e lo stile di vita da mantenere, ma non è mai stato contattato dai fisioterapisti fino al momento della rivalutazione prestabilito a sei e dodici mesi. Aspetti statistici I dati raccolti in questo studio provengono da due popolazioni tra loro dipendenti; infatti, le coppie di osservazioni rilevate sono relative ad una stessa unità sperimentale (pre e post trattamento) analizzata nel tempo. Possiamo in tal modo supporre che esista una relazione fra il punteggio iniziale e quello finale. L’obiettivo di questa analisi statistica è quello di verificare se esiste una differenza statisticamente significativa tra i valori medi di tali due popolazioni. Il test utilizzato a questo scopo è il “t di Student” riguardante la differenza tra gli elementi di due gruppi appaiati. Poiché il fine statistico è quello di appurare l’esistenza di una discrepanza tra i valori medi dei due campioni, si risolve il problema riducendo i due campioni ad un unico campione delle differenze, ottenuto calcolando la differenza tra i valori al Ti e quelli al Tf. Si indichi con (Xi, Yi ) l’ i-esimo elemento per i= 1…n di un insieme costituito da n coppie di osservazioni e si assuma che la differenza Di= Xi-Yi rappresenti una unità campionaria casuale relativa ad una popolazione normale di media µd e varianza σd². Da ciò si calcoli la variabile casuale __ D – µd

t =

Sd /√n _ dove D = 1/n Σ Di è la media campionaria che, nell’universo dei campioni, ha una distribuzione t di Student con n-1 gradi di libertà. Utilizzando la variabile casuale t espressa dalla formula sopra riferita, sarà possibile sottoporre al test l’ipotesi nulla H0

86

H0 : µd = 0 (dove H0 rappresenta la differenza tra la media delle due popolazioni correlate), contro l’ipotesi alternativa bidirezionale

Hi : µd ≠ 0

Fissata α, ossia il livello di significatività, pari a 0,05, ho scelto di utilizzare il p-value come regola decisionale. In letteratura statistica il p-value viene definito come il livello di significatività osservato, ossia la probabilità che il campione esaminato tenda ad assumere valori relativi alla popolazione H1 piuttosto che quelli di H0 quando H0 è vera (evidenza empirica contro H0). L’ipotesi nulla deve essere rifiutata se il valore osservato dalla statistica test è minore del valore critico inferiore –t(n,1) oppure maggiore del valore critico superiore +t(n,1) della distribuzione t di Student. Si rifiuta H0 e si accetta l’efficacia statistica del trattamento in caso di p<α. Mentre in caso contrario se il p-value risulta maggiore di α p> α devo accettare H0 e, quindi, l’inefficacia del trattamento. Il software da me utilizzato per l’elaborazione statistica dei dati è l’SPSS versione 15.0 per Windows. 6.3 RISULTATI

Caratteristiche dei pazienti all’ingresso al trattamento Gruppo di studio Gruppo di controllo

Età 73±6 71±10 Sesso (M/F) 11/7 10/6 Bode 3,6±2,4 3,5±2,8l

BMI (B) 27±6 26±5 FEV1(O) 44,1±20,3 46,4±16,6 MRC(D) 1,6±1,2 1,7±1,9 Capacità di esercizio(E)

383±148 351±162

87

I due gruppi sono risultati omogenei per età, sesso, severità dell’ostruzione, gravità della dispnea, capacità di esercizio, stratificazione prognostica (BODE INDEX), oltre che per trattamento farmacologico (tutti erano in trattamento con beta2 stimolanti e/o vagolitici e/o corticosteroidi inalatori). Durante il trattamento riabilitativo respiratorio sia a livello ospedaliero che a livello domiciliare abbiamo osservato un’elevata compliance dei pazienti. Nessun soggetto è stato perso al

follow up a sei mesi, mentre al follow up a dodici mesi ad oggi non vi rientrano 8 pazienti. Le variazioni temporali dell’indice BODE dei quattro parametri che lo caratterizzano e del St. Gorge respiratory questionnaire, sia nel gruppo sperimentale che in quello di controllo sono riportate nelle tabelle seguenti. I risultati sono stati espressi come valore VM (valore medio) ± DS (deviazione standard), come t di Student e come p-value.

BODE INDEX

Gruppo di

studio T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 3,75±2,4 2,87±2,3 4,12±2,62 4,9±2,62

t 3,050 -3,101 -1,028 p-value 0,008 0,007 0,328

Significatività S S NS

Gruppo di controllo

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 3,56±2,8 2,43±2,3 3,37±2,7 3,75±2,99

t 3,922 -2,798 -0,959 p-value 0,001 0.014 0,358

Significatività S S NS

88

BMI (B)

Gruppo di studio

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 27±5,6 27±5,6 27±5,7 28,6±7,6

t 0,000 -0,192 -0,819 p-value 1,000 0,850 0,432

Significatività NS NS NS

Gruppo di controllo

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 26,62±4,9 26,37±4,8 26,5±5 28,63±5,5

t 1,074 -0,366 -1,116 p-value 0,300 0,719 0,268

Significatività NS NS NS

FEV 1% (O)

Gruppo di studio

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 44,18±20,3 49,56±20,7 46,7±21,3 41,72±22,7

t -2,382 0,778 1,979 p-value 0,031 0,448 0,076

Significatività S NS NS

Gruppo di controllo

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 46,37±16,3 55,87±19,1 56±24,6 47,58±20,72

t -2,650 -0,031 1,055 p-value 0,018 0,976 0,314

Significatività S NS NS

89

MRC (D)

Gruppo di studio

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 1,62±1,2 1,25±1,1 1,81±0,9 1,91±1,51

t 1,567 -1,711 -0,157 p-value 0,138 0,108 0,878

Significatività NS NS NS

Gruppo di controllo

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 1,75±1,5 1,56±1,2 1,68±0,9 1,5±1

T 1,145 -0,620 0.555 p-value 0,270 0,544 0,617

Significatività NS NS NS

CAPACITÁ DI ESERCIZIO (E)

Gruppo di studio

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 302,9±140 383,7±148,8 262,8±151 265,91±125,95

t -3,342 3,888 -0,017 p-value 0,004 0,001 0,987

significatività S S NS

Gruppo di controllo

T0 T0,T1 T1 T1,T2 T2 T2,T3 T3

VM±DS 351,56±162 419,6±147 344,7±177 293,75±143,8

T -2,394 2,266 0,743 p-value 0,03 0,039 0,473

Significatività S S NS

90

QUALITÁ DELLA VITA (SGRQ totale)

Gruppo di studio

T0 T0,T1 T1 T1,T3 T3

VM±DS 50,45±16,24 44,9±18,5 46,91±12,75

t 2,228 -0,497 p-value 0,05 0,63

Significatività S NS

Gruppo di studio

T0 T0,T1 T1 T1,T3 T3

VM±DS 55,08±13,32 47,54±16,3 55,58±9,18

t 2,729 -1,749 p-value 0,0196 0,108

Significatività S NS

CONFRONTO TRA GRUPPO DI STUDIO E DI CONTROLLO

T3 Gruppo di studio

vs T3 Gruppo di Controllo

t

p value

Significatività

Bode Index 1,296 0,224 NS Fev 1 % 0,74 0,476 NS

Capacità di esercizio 0,576 0,577 NS Qualità della vita 1,441 0,181 NS

Alla fine della fase ospedaliera abbiamo rilevato un miglioramento significativo dell’indice di ostruzione (O), della tolleranza allo sforzo (E) , del BODE index oltre che della qualità della vita, sia nel gruppo sperimentale che nel gruppo di controllo. Al termine della fase domiciliare (T3) abbiamo constatato in ambedue i gruppi una riduzione significativa dell’indice di ostruzione (FEV1), della tolleranza allo sforzo (E) e della qualità della vita. Tuttavia a distanza di dodici mesi i valori sopra menzionati non si sono discostati in maniera significativa rispetto a quelli dei sei mesi e nei

91

pazienti che erano stati seguiti attraverso il counseling telefonico il valore della qualità della vita seppur non in maniera significativa, è di gran lunga migliore di quello del gruppo di controllo 6.4 CONCLUSIONI Dal nostro studio, preliminare ad un altro più ampio ( che prevede l’ arruolamento di circa 100 pazienti) e di maggiore durata ( 24 mesi di follow up) , si possono ricavare alcune prime osservazioni: 1. L’aderenza al trattamento è risultata molto elevata in ambedue i gruppi specie durante la fase domiciliare ove spesso proprio la bassa compliance (136-137) rappresenta un elemento di criticità; in tal senso il fatto che il campione osservato sia composto da soggetti anziani e con patologia ostruttiva cronica di grado medio-severa rafforza il valore dello studio. 2. L’efficacia del trattamento semiresidenziale si è evidenziata come miglioramento della tolleranza allo sforzo, riduzione del grado di ostruzione, (verosimilmente legato ad una ottimizzazione della terapia farmacologa), e miglioramento della qualità della vita. Questo se da un lato conferma i dati presenti in letteratura (138-139), tuttavia sembra estenderne i benefici anche a soggetti anziani affetti da BPCO di grado moderata severa. 3. Considerando che l’ obiettivo dello studio era la valutazione degli effetti di un programma di intervento domiciliare, ed in particolare per il gruppo in studio l’ aggiunta di un counseling telefonico, i risultati osservati nel primo periodo (sei mesi) e nel secondo periodo (dodici mesi) sembrano indicare un declino della tolleranza allo sforzo, del grado di ostruzione e del Bode index; che tendono a riportarsi verso i valori osservati nella fase che precedeva la riabilitazione ospedaliera. Questo risultato non deve essere interpretato come un azzeramento dei benefici ottenuti con il programma riabilitativo ma come un mantenimento dello status quo, considerando la natura progressivamente evolutiva della patologia in questione. Tuttavia ci sembra importante sottolineare come la qualità della vita percepita sembra attestarsi su valori migliori e più soddisfacenti nel gruppo in studio, rispetto a quella del gruppo di controllo. Questo risulta in sintonia con quanto riportato in letteratura ove i dati al momento a disposizione sembrano abbastanza discordanti, (140), verosimile a causa

92

delle differenti modalità con le quali è affrontata, trattata e monitorizzata la fase riabilitativa domiciliare . I risultati preliminari del nostro studio non sembrano confermare l’ efficacia del counseling telefonico come strumento aggiuntivo in un programma di mantenimento domiciliare almeno in termini funzionali. Posti nella numerosità del campione e nella mancanza di osservazioni per tempi più prolungati i limiti principali dello studio, tuttavia esso rappresenta un elemento di novità per la composizione della casistica e per l’elevata compliance dei pazienti fino ad ora ammessi; in tal senso sarà utile verificare i dati sul campione completo ed al termine del follow up di 24 mesi. Tuttavia il counseling telefonico ha fornito al paziente ed ai caregivers la possibilità di conoscere ed adottare nuove strategie comportamentali finalizzate a sfruttare le abilità e le risorse ancora presenti e trovare soluzioni pratiche per affrontare le difficoltà della vita quotidiana, favorendo una vita più impegnata e una partecipazione meno limitata. L’ esperienza fino ad ora condotta per ridurre il declino funzionale in una malattia cronica ed evolutiva come la BPCO ci stimola a ricercare nuove strategie riabilitative di lungo termine ed in particolare stiamo valutando in aggiunta al counseling telefonico alcune possibilità quali:

- interventi di retraining supervisionati ed assistiti da personale tecnico

- istituzione di un numero verde al quale le persone si possono rivolgere all’occorrenza

- creazione di un forum telematico , gestito dall’azienda sanitaria, in cui oltre al contributo del personale sanitario specializzato, si possa accedere in tempo reale alle esperienze di altri pazienti e scambiare le proprie opinioni con altre persone nelle stesse condizioni cliniche.

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APPENDICE

PROGRAMMA DI TRATTAMENTO DOMICILIARE

Sig._________________ Data __________ Tel.__________________

Cammino__________________________________________________

Allenamento degli arti superiori_______________________________

Cyclette____________________________________________________

Esercizi di rafforzamento degli arti inferiori____________________

Inspirix____________________________________________________

Treshold___________________________________________________

Drenaggio Bronchiale_______________________________________

Drenaggio Autogeno_________________________________________

Pep-mask__________________________________________________

Bottiglia __________________________________________________

Altro______________________________________________________

Acqua_____________________________________________________

Dieta______________________________________________________

Cessazione del fumo attivo e passivo____________________________

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QUESTIONARIO St George’s

Data I: Data D: Nome INGRESSO DIMISSIONE SINTOMI ATTIVITÁ IMPATTO

PARTE 1 Questa parte del questionario si riferisce a quanti disturbi Lei ha avuto durante l’ultimo anno. La preghiamo di barrare una sola casella per ogni domanda Quasi tutti

i giorni della settimana

Diversi giorni della settimana

Alcuni giorni al mese

Solo con infezioni respiratorie

Mai

Ho tossito Ho sputato catarro

Mancanza di fiato

Respiro con sibili

Nell’ultimo anno, quanti attacchi respiratori MOLTO GRAVI o MOLTO FASTIDIOSI ha avuto?

Più di 3 attacchi 3 attacchi 1 attacco

Nessun attacco Quanto tempo è durato l’attacco respiratorio peggiore dell’ULTIMO ANNO? (Se non ha avuto attacchi gravi si passi alla risposta successiva)

Una settimana o più 3 giorni o più 1 o 2 giorni

Meno di 1 giorno

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Nell’ULTIMO ANNO, prendendo come esempio una settimana normale, quanti giorni buoni, cioè con pochi disturbi respiratori, ha avuto? Nessun giorno 1 o 2 giorni 3 o 4 giorni Quasi tutti i giorni Tutti i giorni Se ha il respiro con fischi e sibili è peggiore la mattina?

SI NO PARTE 2

• SEZIONE 1a Come descriverebbe i suoi disturbi respiratori? Dare 1 sola risposta. Sono il problema più grave che ho Mi creano parecchi problemi Mi creano qualche problema Non mi creano problemi

• SEZIONE 1b

Se ha o ha avuto un lavoro retribuito, scelga una delle seguenti risposte.

I disturbi respiratori mi hanno costretto a smettere di lavorare I disturbi respiratori mi ostacolano nel lavoro o mi hanno costretto a cambiare lavoro

I disturbi respiratori non mi danno problemi sul lavoro • SEZIONE 2

Quali delle seguenti attività generalmente le causano affanno (cioè mancanza di fiato in questi giorni)? La preghiamo di rispondere a tutte le domande, barrando Vero (V) o Falso (F).

Stare seduto o sdraiato V F Lavarmi o vestirmi da solo V F

Camminare per casa V F Camminare all'aperto in piano V F

Salire un a rampa di scale V F Camminare in salita V F

Fare sport o giochi di movimento V F

96

• SEZIONE 3

Si riferisce alla tosse e alla mancanza di fiato in questi giorni. Quali delle seguentiattività le causano tosse e affanno in questi giorni.

Quando tossisco sento dolore V F Tossire mi stanca fisicamente V F Se mi chino mi manca il fiato V F

La tosse/respiro disturba il sonno V F Mi sfinisco con facilità V F

Quando parlo mi manca il fiato V F

• SEZIONE 4 Questa sezione si riferisce ad altri effetti che i disturbi respiratori possono avere su di Lei in questi giorni. La preghiamo di rispondere a tutte la domande. La tosse/respiro mi creano a disagio in mezzo alla gente

V F

I miei disturbi sono fastidiosi per parenti e amici V F Mi spavento quando non riesco a respirare V F Ho la sensazione di non avere sotto controllo i miei disturbi

V F

Credo che le mie condizioni respiratorie non miglioreranno

V F

A cause delle mie condizioni sono diventato debole/invalido

V F

L'esercizio fisico per me è rischioso V F Tutto mi sembra troppo faticoso da fare V F

• SEZIONE 5

Si riferisce alla medicine che lei usa. Se non fa uso di medicine si passa alla domanda successiva. La preghiamo di rispondere a tutte le domande. Le medicine che prendo mi servono a poco V F Trovo imbarazzante prendere la medicine in mezzo alla gente

V F

Le medicine che prendo mi causano effetti sgradevoli V F Le medicine che prendo interferiscono molto con la mia vita

V F

97

• SEZIONE 6 Le seguenti domande chiedono di indicare in che modo e sue attività potrebbero essere influenzate dal suo respiro. Per lavarmi e vestirmi impiego molto tempo V F Cammino lentamente, devo fermarmi per riposare V F Impiego molto tempo nel lavoro di casa, devo fermarmi per riposare

V F

Salgo le rampe di scale adagio o fermarmi per riposare

V F

Se vado di fretta o cammino velocemente, devo fermarmi o rallentare

V F

Ho difficoltà a camminare in salita, portare oggetti sulle scale, ballare,giocare

V F

Ho difficoltà a camminare velocemente, zappare, spalare la neve, fare sport ecc.

V F

Ho difficoltà a fare lavori pesanti, correre, nuoto, ciclismo, altri sport agonistici.

V F

• SEZIONE 7a Ci dica in quale modo le sue condizioni respiratorie influenzano di solito la sua vita di tutti i giorni. I suoi disturbi respiratori le impediscono di svolgere alcune delle seguenti attività. Non sono in grado di fare sport o giochi di movimento V F Non sono in grado di uscire per svago o divertimento V F Non sono in grado di uscire di casa per fare la spesa V F Non sono in grado di fare i lavori di casa V F

• SEZIONE 7b Quale condizione descrive meglio come le condizioni respiratorie limita la sua vita quotidiana. Barrare una sola casella. Non mi impedisce di fare quello che voglio V F Mi impedisce di fare 1 o 2 cose che vorrei fare V F Mi impedisce di fare la maggior parte delle cose V F Mi impedisce di fare tutto quello che vorrei fare V F

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