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Università degli Studi del Sannio
Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Civile
Appunti di:
TECNICA ED ECONOMIA DEI TRASPORTI
Prof. ing. Mariano Gallo
2002
Mariano Gallo Appunti di Tecnica ed Economia dei Trasporti
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Mariano Gallo Appunti di Tecnica ed Economia dei Trasporti
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PREMESSA
Questi appunti di Tecnica ed Economia dei Trasporti si rivolgono agli allievi del Corso di Laurea in Ingegneria Civile (nuovo ordinamento — 3 anni). Essi nascono dall’esigenza di poter fornire agli studenti del materiale didattico “tarato” su un corso di 6 crediti (circa 48-54 ore di lezione ed esercizi in aula). Gli stessi appunti possono essere utilmente utilizzati in un corso di 9 crediti, se viene svolta in aula una esercitazione di tipo progettuale. Questi appunti non “costituiscono” né “sostituiscono” alcun libro di testo né, tanto meno, hanno la pretesa di avere alcun valore scientifico, ma puramente didattico. I libri di testo da cui sono tratte le nozioni riportate in questi appunti ed a cui si rimanda per approfondimenti sono: – G.E. Cantarella (a cura di) Introduzione alla tecnica dei
trasporti e del traffico con elementi di economia dei trasporti. UTET, 2001.
– E. Cascetta Teoria e metodi dell’ingegneria dei sistemi di trasporto. UTET, 1998.
– M. de Luca Tecnica ed economia dei trasporti. CUEN, Napoli, 1989.
– B. Montella Pianificazione e controllo del traffico urbano. Modelli e metodi. CUEN, 1996.
– V. Torrieri Analisi del Sistema dei Trasporti. Falzea, 1990. L’autore è sin da ora grato a studenti e colleghi che vogliano evidenziare e comunicare i numerosi errori sicuramente presenti nel testo.
Mariano Gallo
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Introduzione al corso (1/3) Finalità del corso: Fornire agli studenti i principi fondamentali della Tecnica ed Economia dei Trasporti, con particolare riferimento al trasporto stradale e ferroviario. La tecnica dei trasporti analizza le interazioni tra veicolo e via, per ciascun modo di trasporto (stradale, ferroviario, marittimo, aereo) utilizzando, tra l’altro, i risultati della meccanica della locomozione. L’analisi delle interazioni necessita dello studio delle caratteristiche e delle componenti fondamentali dei veicoli, e delle caratteristiche delle infrastrutture di trasporto (vie e terminali); sia nel caso dei veicoli che nel caso delle infrastrutture, la progettazione è oggetto di altre discipline (l’ingegneria meccanica e l’ingegneria delle infrastrutture). Gli strumenti della tecnica dei trasporti consentono di: – definire e progettare i requisiti funzionali dei veicoli e delle vie
(ad esempio le pendenze massime ammissibili di una infrastruttura);
– calcolare le prestazioni di un sistema di trasporto (tempi di percorrenza, capacità, ecc.);
– tracciare i diagrammi del moto (curve spazio/tempo), utili a definire le prestazioni dell’intero sistema.
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Introduzione al corso (2/3) L’economia dei trasporti studia le principali interazioni tra un sistema di trasporto ed il sistema socio economico in cui opera, con particolare riferimento agli effetti sui gestori di infrastrutture di trasporto, sulle aziende di trasporto, sugli utenti del sistema e sulla collettività. Infine, possono essere trattati gli effetti sul sistema economico generale e sullo sviluppo del territorio. Gli strumenti dell’economia dei trasporti consentono di: – valutare la convenienza economica (collettività) e/o finanziaria
(imprenditore) di un progetto; – stimare i costi di gestione ed esercizio delle aziende di
trasporto; – stimare il quantitativo di utenti che si servono di un
determinato sistema di trasporto (domanda di trasporto). La tecnica ed economia dei trasporti è una disciplina di base per la Ingegneria dei sistemi di trasporto, che è quella branca dell’ingegneria che ha per scopo la analisi, la progettazione, la gestione ed il controllo dei sistemi di trasporto. Altre discipline dell’ingegneria dei sistemi di trasporto sono: – teoria dei sistemi di trasporto; – trasporti urbani e metropolitani; – progettazione dei sistemi di trasporto; – pianificazione dei trasporti. Alcune di queste discipline si studiano nei corsi di Laurea Specialistica.
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Introduzione al corso (3/3) Sbocchi professionali dell’Ingegnere dei sistemi di trasporto: – Aziende di trasporto collettivo – Enti pubblici – Amministrazioni (Regioni, Provincie, Comuni) – Studi di progettazione e consulenza – Aziende di trasporto merci – Porti, aeroporti ed interporti – Libera professione Alcune possibili applicazioni dell’Ingegneria dei sistemi di trasporto: – Piani Regionali dei Trasporti – Piani Provinciali di Bacino – Piani Urbani della Mobilità (PUM) – Piani Urbani del Traffico (PUT) – Progettazione sistemi di controllo semaforico – Progettazione delle reti di trasporto collettivo – Gestione delle aziende di trasporto – Gestione dell’esercizio di un sistema di trasporto collettivo – Piani di fattibilità – Valutazioni di impatto ambientale – Studi sulla domanda di mobilità – Piani di evacuazione – ..............................................
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Contenuti del corso (1/2) TECNICA DEI TRASPORTI Trasporto stradale I veicoli Le infrastrutture Strade Intersezioni I terminali Parcheggi su strada Le interazioni tra veicoli e infrastrutture Le forze agenti sul veicolo L’equilibrio delle forze agenti sul veicolo I diagrammi del moto Le interazioni tra i veicoli Il diagramma fondamentale del deflusso Trasporto ferroviario I veicoli di trasporto ferroviario Le infrastrutture
La strada ferrata Le stazioni Gli impianti di segnalamento
Le interazioni tra veicoli e infrastrutture Le forze agenti sul veicolo L’equilibrio delle forze agenti sul veicolo e verifiche di stabilità Criteri di sicurezza per la circolazione in linea Capacità e potenzialità di una linea
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Contenuti del corso (2/2) ECONOMIA DEI TRASPORTI I costi dei servizi di trasporto Costi di costruzione e manutenzione Costi di produzione dei servizi Costi di uso del servizio Il costo generalizzato La domanda di trasporto La simulazione delle scelte degli utenti I modelli di domanda Le indagini per la stima della domanda di mobilità L’interazione domanda-offerta La valutazione degli investimenti nel settore dei trasporti L’analisi Benefici-Costi
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Il sistema di trasporto stradale Componenti del sistema: – Veicoli (motoveicoli, autoveicoli, autocarri, ecc.) – Infrastrutture (strade, parcheggi) – Sistemi di gestione e controllo (regole del C.d.S., impianti
semaforici, ecc.) – Utenti – Ambiente esterno (per la valutazione degli impatti) I veicoli di trasporto stradale: – Ciclomotori e motoveicoli – Autoveicoli – Rimorchi e semirimorchi – Autoarticolati ed autosnodati – Autotreni autobus La sagoma limite Definisce le dimensioni massime consentite ai veicoli In funzione della sagoma limite sono progettate le caratteristiche geometriche delle infrastrutture Altezza: 4,00-4,30 m Larghezza: 2,30-2.50 m Lunghezza: 7,50-18,00 m
Lunghezza
Larghezza
Altezza
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I veicoli I limiti di massa dei veicoli – Motoveicoli 2,5 t – Autoveicoli 18,0 t (due assi) 24,0 t (tre assi) – Rimorchi da 6,0 t a 25,2 t (secondo assi) – Autoartic. e autosn. da 30,0 t a 44,0 t “ – Autotreni da 24,0 t a 44,0 t “ – Autobus da 19,0 t a 24,0 t “ In funzione dei limiti di massa si progetta la resistenza delle infrastrutture (pavimentazioni, ponti e viadotti, ecc.) I limiti di velocità dipendono dal tipo di veicolo e dal tipo di strada. I componenti fondamentali di un veicolo sono: – la cassa – gli organi di propulsione (motore, cambio, trasmissione) – gli impianti (frenante, elettrico, ecc.) Lo studio dei componenti fondamentali di un veicolo sono oggetto di altre discipline (meccanica, elettronica, elettrotecnica)
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Le infrastrutture stradali (1/2) Tipologie di classificazioni: – Norme CNR (1980)
– Tipo I, II e III (strade a carreggiate separate con spartitraffico)
– Tipo IV, V e VI (strade ad unica carreggiata) – Tipo A, B e C (strade a destinazione particolare)
– Nuovo Codice della Strada:
– Autostrade – Strade extraurbane principali – Strade extraurbane secondarie – Strade urbane di scorrimento – Strade urbane di quartiere – Strade locali
Le strade per appartenere alle diverse categorie devono possedere alcune caratteristiche, relativamente a: – Ambito territoriale (urbano o extraurbano) – Numero di corsie per senso di marcia – Velocità di progetto – Presenza e larghezza spartitraffico – Larghezza corsia – Capacità di riferimento per senso di marcia Per quanto riguarda la capacità gli ordini di grandezza sono: – 1.800-2.000 veic/h per corsia per strade extraurbane e urbane
di scorrimento – 1.000-1.700 veic/h per corsia per strade urbane di quartiere e
strade locali
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Le infrastrutture stradali (2/2) Definizione di capacità: E’ il numero massimo di veicoli che possono attraversare nell’unità di tempo una sezione stradale Le strade extraurbane sono classificate anche secondo la loro funzione di collegamento in: – Statali: grandi direttrici del traffico nazionale, congiungono
capoluoghi di regione o capoluoghi di provincia di regioni diverse, collegano alla rete stradale i porti, gli aeroporti, i centri di maggiore importanza turistica e culturale, ...
– Regionali: direttrici del traffico regionale, collegano i capolughi di provincia della regione o i comuni con la rete strdale,...
– Provinciali: collegano al capoluogo di provincia ed alla rete statale e regionale i singoli comuni,...
– Comunali: collegano il comune con le sue frazioni e con le stazioni ferroviarie, gli aeroporti i porti, ...
I criteri di progettazione geometrica e strutturale delle strade sono oggetto del corso di Fondamenti di infrastrutture viarie
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Le intersezioni Sono i punti di confluenza ed intersezione di più tronchi stradali Rivestono una fondamentale importanza in quanto sono la principale causa di congestione e di incidenti Definizioni: Corrente veicolare: insieme di veicoli che seguono la stessa traiettoria (effettuano la stessa manovra) ad una intersezione Punti di conflitto: punti di intersezione tra le diverse correnti veicolari (manovre) Tipologie di intersezioni: – Non semaforizzate (con regole di priorità): sono regolate da
segnali di STOP, Dare precedenza o, secondo il C.d.S. con la precedenza a destra
– Semaforizzate: sono regolate da un impianto semaforico che dà il via libera, alternativamente, alle varie correnti riducendo o annullando i punti di conflitto
Correnti veicolari
Punto di conflitto
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I parcheggi (1/2) Sono i luoghi destinati alla sosta dei veicoli stradali Di distinguono in: – Parcheggi su strada: ricavati ai margini della carreggiata o in
appositi spazi (piazze, strade chiuse) – Parcheggi fuori strada: apposite strutture, al di fuori della
carreggiata stradale (parcheggi multipiano e parcheggi a stalli mobili)
Uno spazio di sosta è denominato stallo; le dimensioni di uno stallo sono 4,5-5,0 x 2,2-2,3 m. Gli stalli possono essere: – longitudinali (22 posti auto ogni 100 metri) – inclinati (30, 45 o 60 gradi) (38-41 posti auto ogni 100 metri) – a pettine
(43 posti auto ogni 100 metri)
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I parcheggi (2/2) La capacità di un parcheggio (CS), su strada o fuori strada, è pari al numero massimo di vetture che può usufruire del parcheggio in un giorno; essa dipende dal numero di stalli (nS) e dalla durata media della sosta (tS):
CS = nS / tS I parcheggi multipiano sono, in generale, strutture di sosta a pagamento, con un gran numero di stalli, disposti su più piani. Essi sono molto usati come parcheggi di interscambio modale (park and ride) e come parcheggi seminterrati nei centri cittadini. I parcheggi a stalli mobili consentono, a parità di spazio, di disporre un numero più elevato di stalli; gli svantaggi sono: i tempi di servizio ed i costi di gestione elevati. Sono utilizzati soprattutto nei condomini.
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Le forze agenti sul veicolo
Sistema di riferimento Fissare un sistema di riferimento è utile per poter individuare e studiare le diverse componenti delle forze che agiscono sul veicolo. Le forze che agiscono su un veicolo possono essere distinte in: – Forze di aderenza – Forza peso – Resistenze al moto (forze che si oppongono al moto del veicolo)
o resistenza al rotolamento o resistenza in curva o componente della forza peso che si oppone al moto (per
moto in salita) o resistenza aerodinamica
– Forze frenanti – Forze di trazione
Verso del moto
z
y
x
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Aderenza (1/4) Lungo l’asse verticale (z), la sede stradale esercita una reazione uguale ed opposta alla risultante, Fztot, di tutte le forze verticali scaricate dal veicolo (in generale la componente della forza peso ortogonale alla pavimentazione). Tale reazione, ancora pari a Fztot, è distribuita tra le superfici di impronta dei pneumatici: Le pressioni superficiali medie (tensioni normali) che agiscono sulle aree di impronta dei pneumatici sono date da: σs = Fzi / spz i = Fz / spz (ipotizzando una distribuzione uniforme
dei carichi) Alle tensioni normali, σs, se il veicolo è in movimento, si accoppiano delle tensioni tangenziali, τs, agenti nel piano xy, che dipendono dal tipo di contatto tra pneumatici e pavimentazione. Si ha aderenza quando le due superfici a contatto “non scorrono” tra loro. Si ha attrito quando, invece, le superfici a contatto “scorrono” tra loro.
Fztot
Fzi
∑i Fzi = Fztot
spz i
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Aderenza (2/4) Consideriamo le sole componenti secondo l’asse del moto delle tensioni tangenziali ed indichiamone il valore medio con τs y; la forza tangenziale totale che la pavimentazione trasmette ad ogni pneumatico è pari a:
Fy = τs y spz
Il rapporto tra Fy ed Fz è un coefficiente, pari evidentemente al rapporto tra τs y e σs (intesi sempre come valori medi):
Fy / Fz = τs y / σs = f Fino ad un certo valore del rapporto Fy / Fz si rimane in condizione di aderenza (senza scorrimento relativo tra le superfici a contatto), oltre un certo limite si è in condizioni di attrito (si ha scorrimento relativo tra le superfici a contatto). Il coefficiente di aderenza limite, fay, è il valore limite del rapporto Fy / Fz oltre il quale si passa in condizioni di attrito. Pertanto, per permanere in condizioni di aderenza si deve avere:
Fy ≤ fay Fz La quantità fay Fz è detta forza di aderenza massima, ed è il valore massimo della forza tangenziale che la sede stradale può trasmettere al pneumatico.
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Aderenza (3/4) Se il pneumatico scorre rispetto alla sede stradale, la forza che si instaura tra i corpi a contatto è detta forza di attrito ed è pari a:
Fa y = fatt Fz dove: fatt è detto coefficiente di attrito Si ha sempre: fatt < fay
Entrambi i coefficienti si ricavano sperimentalmente e dipendono da diversi fattori: – natura e caratteristiche della superficie stradale – disegno del battistrada e pressione del pneumatico – velocità di avanzamento del veicolo – presenza di acqua, umidità, polvere ghiaccio Valori indicativi del coefficiente di aderenza: – conglomerato bituminoso asciutto 0,4-0,6 – “ “ umido 0,3-0,5 – “ “ bagnato 0,1-0,3 – conglomerato cementizio asciutto 0,6-0,8 – “ “ umido 0,4-0,5 – “ “ bagnato 0,2-0,4 – strada oleosa 0,1-0,2 – ghiaccio 0,05-0,1 Si noti come la forza massima trasmissibile, pari al prodotto del coefficiente di aderenza per la risultante delle forze verticali, si dimezzi al passare da strada asciutta a strada bagnata.
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Aderenza (4/4) Se si considera il veicolo nel suo insieme: – in fase di moto la forza di aderenza massima è proporzionale al
peso che il veicolo scarica sulle ruote motrici (peso aderente, Fzad):
Fy ≤ fay Fzad
– in fase di frenatura la forza di aderenza massima è
proporzionale al peso che il veicolo scarica sulle ruote frenanti (peso frenato, Fzfr):
Fy ≤ fay Fzfr
Per le autovetture, in generale, solo due ruote sono motrici, per cui il peso aderente è inferiore (circa ½) al peso totale; per le auto a trazione integrale (4x4) il peso aderente è pari al peso totale. Invece, in generale, tutte le ruote sono frenanti, per cui il peso frenato è pari al peso totale. Nella figura seguente si riporta l’andamento teorico delle forze (normali e tangenziali) trasmesse dalla sede stradale al pneumatico (in precedenza si è sempre considerato un loro valore medio, come se fossero uniformemente distribuite), nel caso di veicolo fermo e di veicolo in movimento: Forza Normale Forza tangenziale Fz Fz
Fy = 0 Fy
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Resistenze al moto (1/5) Sono tutte le forze esterne che si oppongono al moto di un veicolo Resistenza al rotolamento Durante il moto di un veicolo stradale, la reazione della pavimentazione, risultante degli sforzi normali trasmessi alla ruota, è spostata dal lato del moto rispetto all’asse della ruota:
Nasce pertanto una “coppia resistente” pari a: Fz ef L’eccentricità ef, e pertanto la resistenza, aumenta all’aumentare della velocità
Sperimentalmente si è visto che, per veicoli in moto rettilineo, la resistenza al rotolamento si può esprimere come una forza pari a:
rr = m (c + b v2) dove: m è la massa del veicolo (kg) c e b sono parametri sperimentali (m/sec2 ; 1/m) v è la velocità del veicolo (m/sec)
ef
Fz
Fz
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Resistenze al moto (2/5) Forza peso E’ una forza che si somma alle resistenze solo per veicoli su di un piano inclinato; ha lo stesso segno delle resistenze per moto in salita; ha segno opposto per moto in discesa. La forza peso è diretta verso il centro della terra, è applicata al baricentro del veicolo ed è pari a:
P = m g dove: m è la massa complessiva del veicolo (kg) g è l’accelerazione di gravità (9,81 m/sec2) Nel caso di un veicolo su un piano inclinato, la componente che si oppone al moto è: P sen(γ) ≅ P tg (γ) = P i = m g i con “i” pendenza della livelletta (positiva se salita)
γ P P cos(γ)
P sen(γ)
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Resistenze al moto (3/5) Resistenza in curva E’ molto modesta per veicoli stradali. E’ dovuta al moto di deriva prodotto dall’azione della forza centrifuga sul veicolo. La forza centrifuga è una forza applicata al baricentro del veicolo, con direzione nel piano del moto ed ortogonale alla tangente alla traiettoria, pari a:
Fc = m v2 / R con: m massa del veicolo (kg) v velocità del veicolo (m/sec) R raggio della curva (m) Sperimentalmente si è visto che, per i veicoli stradali, la resistenza in curva è proporzionale alla forza centrifuga:
rc = cc m v2 / R
dove cc vale 0,01-0,02.
Fc
R
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Resistenze al moto (4/5) Resistenza aerodinamica E’ la resistenza che incontra un veicolo muovendosi in un fluido, in questo caso aria. Si scompone in: Frontale
Posteriore Laterale
Per le autovetture, in generale, si trascurano i termini dovuti alla resistenza posteriore e laterale. La resistenza aerodinamica, nel verso del moto,si calcola con la seguente formula sperimentale:
ray = ½ cy sy ρ vry2
dove: cy è il coefficiente di forma del veicolo (si misura
sperimentalmente nelle gallerie del vento; per autovetture varia da 0,28 a 0,40)
sy è l’area della sezione maestra del veicolo (la più estesa delle sezioni trasversali del veicolo; 1,5-2,2 mq per le autovetture)
ρ è la densità dell’aria (circa 1,2 kg/m3) vry è la velocità relativa del veicolo rispetto a quella del
vento nella direzione del moto (m/sec)
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Resistenze al moto (5/5) Forza resistente complessiva E’ la somma di tutte le resistenze al moto:
Ry = ± m g i + ½ cy sy ρ vry2 + cc m v2 / R + m (c + b v2)
che si può sinteticamente scrivere (noti tutti i termini):
Ry = W + Z v2
Le resistenze al moto hanno, pertanto, andamento quadratico con la velocità.
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ESERCITAZIONE SULLE RESISTENZE AL MOTO Calcolare il valore della resistenza totale cui è soggetta un’autovettura che ha le seguenti caratteristiche: massa: m = 500 kg superficie maestra: sy = 2 mq coeff. di forma: cy = 0,32 coeff. per resist. al rotol.: c = 0,25 m/sec2 b = 5*10-6 1/m coeff. per resist. in curva: cc = 0,02 L’auto sta percorrendo una curva di raggio 1 km ed una livelletta di pendenza pari al 6 %, con la velocità di 60 km/h. Il vento è assente.
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Forza frenante (1/2)
La forza frenante può essere anche essa vista come una forza esterna al veicolo, anche se prodotta da impianti frenanti facenti parte del veicolo stesso. Essa si ottiene applicando alle ruote una coppia frenante di verso opposto al senso di rotazione delle ruote. Esempi di sistemi frenanti per le autovetture: Freno a disco Freno a tamburo dove: per il freno a disco: FF è la forza che la pinza (ferodi), solidale al veicolo, applica
al disco, solidale alla ruota fF è il coefficiente di attrito tra pinza e disco per il freno a tamburo: FF è la forza che le ganasce, solidali al veicolo, applicano
alla superficie interna di un cilindro cavo (tamburo), solidale alla ruota
fF è il coefficiente di attrito tra ganasce e tamburo
d
dF/2
fF FF d
dF/2
fF FF
FF
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Forza frenante (2/2)
In entrambi i casi nasce una coppia frenante esprimibile come: Freno a disco: CF = fF FF dF/2 Freno a tamburo: CF = fF FF dF La forza frenante si ottiene dall’equilibrio alla rotazione della ruota intorno al proprio asse: Pertanto la forza frenante assume i seguenti valori: Freno a disco: rF = fF FF dF/d Freno a tamburo: rF = 2 fF FF dF/d
rF = CF/(d/2)
d
d/2
CF
verso del moto
P
Fz = -P
Ry
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Forza di trazione (1/9)
La forza di trazione è applicata al veicolo e ne favorisce il moto. La trazione in un veicolo terrestre può avvenire in due modi differenti: – attraverso il motore che produce una coppia motrice che a sua
volta è trasmessa alle ruote motrici – attraverso una forza esterna, applicata in un punto di traino
(per i veicoli trainati, quali rimorchi, vagoni ferroviari o funicolari) Esaminiamo il caso di un veicolo motore e vediamo quali caratteristiche ha la coppia motrice. I motori possono essere elettrici o a combustione interna (a benzina o a gasolio); nel seguito ci si riferisce a questi ultimi. Per un motore a combustione interna, si definisce, per via teorica, una curva che lega la potenza N1 (unità di misura kW) al numero di giri del motore n1 (unità di misura giri/sec), note le caratteristiche del motore (numero dei cilindri, area del pistone, corsa dei pistoni, pressione media durante la fase di espansione del pistone, ecc.):
N1 = N1(n1) La coppia C1 presente sull’albero motore si calcola come rapporto tra la potenza ed il numero di giri:
C1 = N1/n1
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Forza di trazione (2/9)
In generale, il calcolo teorico di queste caratteristiche è praticamente impossibile (diversi fattori relativi al rendimento del motore ed alla difficoltà di calcolo della pressione di espansione non possono essere valutati correttamente senza una sperimentazione), ed è effettuato solo in una fase preliminare di progettazione del motore. In generale le caratteristiche di coppia e potenza si ricavano sperimentalmente su un banco di prova; più precisamente, si ricava la curva coppia/n. di giri, C1(n1), sul banco di prova e si calcola la corrispondente potenza come N1 = C1 n1. L’andamento delle curve di coppia e di potenza, per un motore a combustione interna, sono di seguito riportate.
Curva di coppia Curva di potenza
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Forza di trazione (3/9)
Il numero di giri del motore viene trasferito alle ruote (numero di giri delle ruote) attraverso gli organi di trasmissione (cambio, albero di trasmissione, differenziale). Alle ruote si può definire una coppia C ed una potenza N; la potenza sarà pari alla potenza del motore moltiplicato per il rendimento della trasmissione:
N = N1 η con η circa uguale a 0,87. La coppia è pari al rapporto tra la potenza e la velocità angolare ω delle ruote:
C = N/ω Considerato che la velocità angolare delle ruote è legata al numero di giri delle ruote n dalla relazione:
ω = 2 π n Si possono definire, pertanto, due relazioni, analoghe a quelle definite per il motore (in corrispondenza dell’albero motore), anche per le ruote motrici: C = C(n) N = N(n) Queste relazioni hanno lo stesso andamento delle precedenti.
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Forza di trazione (4/9)
Il numero di giri delle ruote è legato al numero di giri del motore dalla relazione:
n = n1 / (mc mp) dove: mc è il rapporto al cambio, pari al rapporto tra il numero di
giri del motore ed il numero di giri che, tramite un ingranaggio riduttore, viene trasmesso all’albero di trasmissione secondario (mc = n1/n2)
mp è il rapporto al ponte, pari al rapporto tra il numero di giri dell’albero di trasmissione secondario ed il numero di giri che, tramite il differenziale, viene trasmesso alle ruote (mp = n2/n)
Entrambi i rapporti sono molto maggiori di 1 (ad esempio pari a 6). Esempio: Giri motore 5.000 giri/min Se fossero mc = mp = 1 si dovrebbero avere 5.000 giri al minuto delle ruote; ciò comporterebbe una velocità del veicolo (in prima marcia) pari a: v = 5.000 x π d = 5.000 x 3,14 x 0,8 = 12.560 m/min = 753 km/h dove d è il diametro della ruota. Utilizzando, invece, i rapporti al ponte e al cambio (ad esempio 5 e 5): v = (5.000/25) x 3,14 x 0,8 = 502 m/min = 30 km/h
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Forza di trazione (5/9)
Esaminiamo l’equilibrio di una ruota motrice, soggetta ad una coppia di trazione C, alla forza peso P ed alle resistenze al moto Ry: Per l’equilibrio alla rotazione intorno al centro della ruota, si ha:
Fy = C/(d/2) = T dove T è detto sforzo di trazione applicato alle ruote motrici. Esso non può mai superare il valore limite della forza di aderenza.
d
d/2
C
verso del moto
P
Fz = -P
Ry
Fy
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Forza di trazione (6/9)
A sua volta, la velocità del veicolo v, è legata al numero di giri delle ruote dalla relazione:
v = π d n Pertanto, la relazione tra coppia e numero di giri può essere trasformata in una relazione tra forza di trazione e velocità del veicolo: C = C(n) ⇒ T = T(v) Le due relazioni, a meno della scala di rappresentazione grafica, coincidono e, sia l’una che l’altra, prendono il nome di caratteristica di trazione di un veicolo.
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Forza di trazione (7/9)
Curva caratteristica di trazione “ideale”
Affinché un motore sia utilizzabile ai fini della trazione è opportuno che la caratteristica di trazione (C = C(n) o T = T(v)) sia decrescente, in modo che sia possibile: – disporre di un’ampia gamma di valori di coppie alle ruote; – disporre di coppie motrici [sforzi di trazione] maggiori in
corrispondenza di numeri di giri [velocità] minori, in modo da poter ridurre il tempo necessario per raggiungere il moto a regime;
– ottenere un comportamento autoregolante del motore: se una causa esterna (ad esempio aumento delle resistenze) fa allontanare il motore da una condizione di funzionamento a regime (equilibrio tra resistenze e sforzi di trazione), è il motore stesso a ritrovare un’altra condizione di funzionamento a regime.
Il motore ideale è un motore a potenza costante:
N = C ω = cost. Per tale motore si ha anche, viste le relazioni tra ω ed n, tra C e T e tra n e v: C n = cost. T v = cost. Per un motore ideale, pertanto, la caratteristica di trazione è iperbolica.
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Forza di trazione (8/9)
Caratteristica di trazione ideale Il motore è autoregolante: un veicolo che viaggia in equilibrio (tra forze di trazione e resistenze) alla velocità v1 con sforzo di trazione T1 se incontra delle maggiori resistenze (o un’altra causa esterna), ad esempio una livelletta in salita, diminuisce la propria velocità a v2; al nuovo regime il veicolo è in grado di produrre uno sforzo di trazione maggiore T2, tale da compensare l’incremento di resistenze al moto e ritrovare una nuova condizione di equilibrio. Solo i motori elettrici si avvicinano ad avere una caratteristica di trazione ideale. Per i motori a combustione interna, si utilizza il cambio in modo da avvicinarsi ad una caratteristica ideale di trazione, sfruttando i tratti decrescenti della curva caratteristica. Più precisamente, si cerca di utilizzare il motore per un numero di giri compresi tra la coppia massima e la potenza massima. Si ricordi che la caratteristica di trazione è relativa al veicolo (relazione tra coppia [trazione] e numero giri ruote [velocità]) e non al motore.
N
n [v]
T [C]
v [n]
T2
v2
T1
v1
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Forza di trazione (9/9)
Il cambio Un motore a combustione interna ha una caratteristica di trazione ben diversa da quella ideale (crescente per un basso numero di giri e decrescente successivamente), con una curva di potenza non costante: Il cambio consente, a parità di numero di giri all’albero motore, di variare il numero di giri all’albero di trasmissione secondario e quindi alle ruote. Scegliendo opportunamente i rapporti è possibile ottenere un inviluppo delle caratteristiche di trazione tali da avvicinarsi ad una caratteristica ideale sfruttando i tratti decrescenti delle curva di coppia. In generale, si tende ad utilizzare il motore in un intervallo di numero di giri compreso tra il valore corrispondente alla coppia massima e quello corrispondente alla potenza massima.
n
C, N C N
n
C Primo rapporto
Secondo
Terzo
Quarto
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L’equilibrio delle forze agenti su un veicolo (1/5)
Il legame tra le forze agenti sul veicolo è definito tramite il secondo principio della dinamica:
F = m a dove: F è la risultante delle forze agenti sul veicolo (N) m è la massa del veicolo (kg) a è l’accelerazione applicata al veicolo (m/sec2) Nel seguito si considera solo l’equilibrio nel verso del moto. Se si indica con T la forza motrice e con R la risultante delle resistenze al moto, la relazione che governa il moto del veicolo è:
T − R = m a = m dv/dt = rin
rin = m a rappresenta la forza di inerzia cui è sottoposto il veicolo. In condizioni di moto uniforme la forza di inerzia è nulla e si ha perfetto equilibrio tra forza motrice e resistenze al moto:
T − R = 0 Il veicolo durante il moto passa continuamente da fasi di accelerazione (T > R) a fasi con moto a regime (T = R) a fasi di decelerazione (T < R). In generale la fase di perfetto equilibrio delle forze si ha solo su tratti rettilinei e per brevi intervalli di tempo.
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L’equilibrio delle forze agenti su un veicolo (2/5)
La forza di inerzia lungo l’asse del moto ha sempre verso opposto all’accelerazione del veicolo; essa è somma dell’inerzia delle masse traslanti e di quella delle masse rotanti del veicolo. In generale, si tiene conto dell’inerzia delle masse rotanti moltiplicando la massa m del veicolo per un coefficiente µ maggiore di 1. In definitiva l’equazione che definisce il moto di un veicolo, detta equazione della trazione, è data da:
T − R = µ m dv/dt = mE dv/dt dove: µ assume valori compresi tra 1,1 ed 1,3 mE è detta massa equivalente del veicolo Considerato che sia la forza di trazione che le resistenze sono funzioni della velocità del veicolo, l’equazione della trazione si può scrivere:
T(v) − R(v) = µ m dv/dt L’integrazione dell’equazione della trazione consente di conoscere istante per istante i parametri del moto del veicolo e, quindi, in ultima analisi le prestazioni del veicolo stesso.
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L’equilibrio delle forze agenti su un veicolo (3/5)
L’integrazione dell’equazione della trazione consente il tracciamento dei diagrammi del moto ed il calcolo delle prestazioni del veicolo isolato. L’integrazione dell’equazione della trazione viene fatta alle differenze finite, con un procedimento di calcolo iterativo. L’equazione della trazione alle differenze finite si scrive come:
T(v) − R(v) = µ m ∆v/∆t da cui:
∆v = [T(v) − R(v)] ∆t/(µ m)
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L’equilibrio delle forze agenti su un veicolo (4/5)
Procedura: si fissano l’istante di tempo iniziale t0, l’incremento di tempo ∆t, la velocità iniziale v0 (= 0 se il veicolo parte da fermo) detta vt la velocità al generico istante t (pari a v0 all’istante di tempo t0) si calcolano T(vt) ed R(vt), rispettivamente dalla curva caratteristica di trazione e dalla formula per le resistenze totali si calcola l’incremento di velocità corrispondente:
∆v(t) = [T(vt) − R(vt)] ∆t/(µ m) si ottiene il nuovo valore di velocità alla fine dell’intervallo ∆t come
v(t+∆t) = v(t) + ∆v(t) si calcola la velocità media nell’intervallo di tempo (t, t+∆t) come
vm = [v(t) + v(t+∆t)]/2 si calcola lo spazio percorso nell’intervallo di tempo (t, t+∆t) come
∆s = vm ∆t si calcola il tempo percorso sommando tutti i ∆t e lo spazio percorso sommando tutti i ∆s
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L’equilibrio delle forze agenti su un veicolo (5/5)
Il diagramma in cui si riporta sull’asse orizzontale il tempo e sull’asse verticale lo spazio percorso è detto diagramma del moto. Utilizzando l’integrazione dell’equazione della trazione è possibile calcolare: – lo spazio di arresto di un veicolo ed il tempo di frenatura – il tempo che occorre per raggiungere la velocità di regime
(tempo di avviamento) ed il relativo spazio percorso (spazio di accelerazione)
– la velocità massima di un veicolo, la velocità media e la velocità commerciale
– il tempo impiegato a percorrere una data tratta – .... In effetti, dal tracciamento del diagramma del moto si possono ricavare tutte le caratteristiche del moto del veicolo isolato e le sue prestazioni.
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ESERCITAZIONE SULL’INTEGRAZIONE DELL’EQUAZIONE DELLA TRAZIONE Si tracci il diagramma del moto in avviamento, fino al raggiungimento della velocità massima, per un veicolo che ha le seguenti caratteristiche: massa m = 1.000 kg potenza N = 65 kW coeff. masse rotanti µ = 1,1 coeff. di aderenza fay = 0,4 peso aderente 60% peso totale resistenze al moto R(v) = 200 + v2 caratteristica di trazione ideale T v = N Si ipotizzi che in avvio si sia nelle condizioni limite dell’aderenza
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SVOLGIMENTO (PRIMA ITERAZIONE) Le relazioni degli sforzi di trazione e delle resistenze sono: T(v) = N/v = 65.000/v R(v) = 200 + v2 Si fissi ∆t = 10 sec All’istante di tempo iniziale si ha v = 0, per cui lo sforzo di trazione è pari al massimo trasferibile per aderenza, mentre le resistenze sono pari a 200 N: T(0) = fay 0,6 m g = 0,4 x 0,6 x 1.000 x 9,81 = 2.354 N R(0) = 200 N La variazione di velocità è pari a: ∆v(0) = [T(0) − R(0)] ∆t/(µ m) = (2.354 − 200)x10 / (1,1 x 1.000) = 19,6m/sec La velocità media è pari a: vm = (0 + 19,6)/2 = 9,8 m/sec Spazio percorso: ∆s = vm ∆t = 9,8 x 10 = 98 m
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SVOLGIMENTO (SECONDA ITERAZIONE) Alla seconda iterazione si ha: R(19,6) = 200 + 19,62 = 584,2 N Lo sforzo di trazione è il più piccolo tra quello trasmissibile per trazione e quello calcolato con la caratteristica di trazione: T(19,6) = min (2.354; 65.000/19,6) = min (2.354; 3.316) = 2.354 N La variazione di velocità è pari a: ∆v(10”) = [T(19,6) − R(19,6)] ∆t/(µ m) = (2.354 − 584,2)x10 / (1,1 x 1.000) = 16,1 m/sec La velocità alla fine del tratto è pari a: 19,6 + 16,1 = 35,7 m/sec La velocità media è pari a: vm = (19,6 + 35,7)/2 = 27,7 m/sec Spazio percorso: ∆s = vm ∆t = 27,7 x 10 = 277 m
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SVOLGIMENTO (TERZA ITERAZIONE) Alla terza iterazione si ha: R(35,7) = 200 + 35,72 = 1.474 N Lo sforzo di trazione è il più piccolo tra quello trasmissibile per trazione e quello calcolato con la caratteristica di trazione: T(35,7)= min (2.354; 65.000/35,7) = min (2.354; 1821) = 1.821 N La variazione di velocità è pari a: ∆v(20”) = [T(35,7) − R(35,7)] ∆t/(µ m) = (1.821 − 1.474)x10 / (1,1 x 1.000) = 3,2 m/sec La velocità alla fine del tratto è pari a: 35,7 + 3,2 = 38,9 m/sec La velocità media è pari a: vm = (35,7 + 38,9)/2 = 37,3 m/sec Spazio percorso: ∆s = vm ∆t = 37,3 x 10 = 373 m
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SVOLGIMENTO (QUARTA ITERAZIONE) Alla quarta iterazione si ha: R(38,9) = 200 + 38,92 = 1.713 N Lo sforzo di trazione è: T(38,9) = 65.000/38,9 = 1670 N Essendo lo sforzo di trazione inferiore alle resistenze, la velocità di 38,9 m/sec non si raggiunge; la velocità massima si ottiene eguagliando T ed R: 200 + v2 = 65.000/v v3 + 200 v — 65.000 = 0 Per tentativi si ottiene v = 38,55 m/sec = 139 km/h La velocità massima è, pertanto, raggiunta in poco meno di 30”. Lo spazio percorso in 30” è pari a: 98 + 277 + 373 = 748 m La velocità media nei 30” è pari a = 748 m / 30 sec = 24,9 m/sec = 89,8 km/h
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I diagrammi del moto “tipo” (1/10)
Sono diagrammi del moto “semplificati” e rappresentativi di andamenti ricorrenti del moto di un veicolo isolato. Diamo preventivamente delle definizioni sulle grandezze cinematiche rappresentative del moto di un veicolo isolato. Si indichi con: t il generico istante di tempo in cui si osserva in veicolo
(misurato rispetto ad un tempo zero di riferimento) s(t) l’ascissa curvilinea che individua la posizione del veicolo all’istante di tempo t (misurata rispetto ad una ascissa zero di riferimento) Si definisce velocità istantanea (all’istante t):
v(t) = ds(t)/dt Se indichiamo con t1 e t2 due istanti di tempo (con t2 > t1), si definisce velocità media nell’intervallo di tempo (t1, t2):
vM(t1, t2) = [s(t2) − s(t1)]/(t2 − t1) La stessa relazione indica la velocità commerciale media se nell’intervallo di tempo (t1, t2) il veicolo si è arrestato (velocità nulla) per un certo periodo di tempo (ad esempio arresto al semaforo o arresto di un autobus ad una fermata).
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I diagrammi del moto “tipo” (2/10)
Si definisce accelerazione istantanea (all’istante t):
a(t) = dv(t)/dt Analogamente a quanto visto per la velocità si può definire una accelerazione media:
aM(t1, t2) = [v(t2) − v(t1)]/(t2 − t1) Si definisce contraccolpo o jerking, la variazione dell’accelerazione nel tempo:
j(t) = da(t)/dt
jM(t1, t2) = [a(t2) − a(t1)]/(t2 − t1) Le variazioni di accelerazione sono indesiderate dagli utenti dei sistemi di trasporto collettivo, per cui per tali sistemi si cerca di mantenere dei livelli di marcia che li limitino al minimo. I diagrammi rappresentativi delle variazioni delle grandezze cinematiche nel tempo sono detti diagrammi del moto. I diagrammi di interesse sono: s = s(t) diagramma dello spazio percorso v = v(t) diagramma della velocità a = a(t) diagramma dell’accelerazione j = j(t) diagramma del contraccolpo
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I diagrammi del moto “tipo” (3/10)
I diagrammi del moto “tipo” sono diagrammi semplificati che consentono un rapido, anche se approssimato calcolo, delle prestazioni di un veicolo isolato. I diagrammi del moto reali devono essere costruiti tramite l’integrazione dell’equazione della trazione. Di seguito esaminiamo 3 diagrammi del moto tipo, che si avvicinano a diagrammi del moto reali, con un grado sempre migliore di approssimazione: – diagramma del moto a velocità uniforme, detto anche
diagramma rettangolare, per la forma assunta dal diagramma della velocità
– diagramma del moto con variazione lineare della velocità, detto anche diagramma trapezio, per la forma assunta dal diagramma della velocità
– diagramma del moto con variazione lineare della accelerazione, detto anche diagramma a contraccolpi costanti
In ognuno dei tre casi calcoleremo il tempo di percorrenza complessivo, ed altre grandezze utili a descrivere il moto.
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I diagrammi del moto “tipo” (4/10)
Diagramma rettangolare Si ipotizza che il veicolo viaggi a velocità uniforme per l’intera tratta; tale diagramma, molto approssimato, può essere usato, per un calcolo di massima, solo se i tempi di avviamento e di frenatura sono trascurabili rispetto al tempo totale di viaggio. Detti: lAB lo spazio da percorrere
vM la velocità media ipotizzata costante il tempo di percorrenza totale è dato da: tAB = lAB/vM L’accelerazione è teoricamente infinita agli istanti di tempo iniziale e finale del moto. La velocità è, come detto, costante, per cui il diagramma della velocità è rettangolare e lo spazio percorso ha andamento lineare:
v(t) = vM s(t) = vM t
t
v(t)
0 tAB
vM
t
s(t)
0 tAB
lAB
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I diagrammi del moto “tipo” (5/10)
Diagramma Trapezio Si suddivide il moto del veicolo in 3 fasi: – avviamento intervallo di tempo (0, t1) – regime intervallo di tempo (t1, t2) – frenatura intervallo di tempo (t2, tAB) Nella fase di avviamento si ipotizza un moto uniformemente accelerato (accelerazione costante, velocità lineare):
a(t) = aM v(t) = aM t In questa fase, lo spazio percorso si calcola come l’integrale tra 0 e t del diagramma delle velocità:
s(t) = ∫0, t v(t) dt = ∫0, t aM t dt = (aM t2)/2 Alla fine della fase di avviamento si ha:
v(t1) = vMAX = aM t1 (1)
s(t1) = (aM t12)/2 (2)
Sostituendo nella (2) al posto di t1 il rapporto vMAX/aM (ricavabile dalla (1)), si ottiene:
s(t1) = v2MAX/(2 aM)
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I diagrammi del moto “tipo” (6/10)
Diagramma Trapezio Nella fase di regime il moto è uniforme e valgono le seguenti relazioni:
a(t) = 0 v(t) = vMAX s(t) = s(t1) + vMAX (t − t1) Lo spazio percorso alla fine della fase di regime è:
s(t2) = s(t1) + vMAX (t2 − t1) La fase di frenatura è analoga a quella di avviamento:
a(t) = − a’M
v(t) = vMAX − a’M (t − t2)
s(t) = s(t2) + (a’M t2)/2 Lo spazio di frenatura è dato da:
s(t2, tAB) = (a’M t2)/2 = v2MAX/(2 a’M)
Lo spazio totale percorso è pari a:
lAB = v2MAX/(2 aM) + vMAX (t2 − t1) + v2
MAX/(2 a’M)
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I diagrammi del moto “tipo” (7/10)
Diagramma Trapezio Il tempo totale di percorrenza è dato dalla somma del: tempo di avviamento t1 = vMAX/aM durata della fase a regime (t2 − t1) tempo di frenatura (tAB − t2) = vMAX/a’M
tAB = vMAX/aM + (t2 − t1) + vMAX/a’M Ricavando (t2 − t1) dalla formula per il calcolo dello spazio totale percorso, si ha:
(t2 − t1) = lAB/vMAX − vMAX/(2 aM) − vMAX/(2 a’M)
tAB = lAB/vMAX + vMAX/(2 aM) + vMAX/(2 a’M) I due termini vMAX/(2 aM) e vMAX/(2 a’M) sono detti perditempo, rispettivamente in avviamento ed in frenatura. Se aM = a’M si ha:
tAB = lAB/vMAX + vMAX aM
Il diagramma trapezio, se lAB è inferiore alla somma dello spazio di avviamento e dello spazio di frenatura, degenera in un diagramma triangolare, in cui è assente la fase di regime.
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I diagrammi del moto “tipo” (8/10)
Diagramma Trapezio
t
a(t)
t
v(t)
t
s(t)
t1 t2 tAB 0
vMAX
aM
a’M
lAB
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I diagrammi del moto “tipo” (9/10)
Diagramma ad accelerazione lineare e contraccolpi costanti Anche in questo caso si individuano le tre fasi di avviamento, regime e frenatura. La fase di avviamento e la fase di frenatura sono divise in tre intervalli di tempo; durante il primo ed il terzo intervallo di ogni fase si considera l’accelerazione variabile linearmente (contraccolpo costante e diverso da zero):
j(t) = jM a(t) = jM t Nella fase intermedia il contraccolpo è nullo e l’accelerazione è costante (vedi caso precedente). Nell’ipotesi in cui i contraccolpi (4 in totale) siano in valore assoluto tra loro uguali e siano uguali i valori dell’accelerazione massima e della decelerazione massima e trascurando un termine infinitesimo di ordine superiore, il tempo di percorrenza della tratta è pari a:
tAB = lAB/vMAX + vMAX/aM + aM/jM
Rispetto al caso precedente c’è l’ulteriore perditempo aM/jM. Di seguito si riportano i 4 diagrammi del moto. Questo diagramma è quello che più si avvicina alla realtà.
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I diagrammi del moto “tipo” (10/10)
Diagramma ad accelerazione lineare e contraccolpi costanti
t
a(t)
t
v(t)
t
s(t)
t1 t2 tAB 0
vMAX
aM
aM
lAB
t
j(t)
jM
jM
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Interazione tra veicoli nel trasporto stradale (1/3)
L’interazione tra più veicoli stradali che utilizzano la stessa infrastruttura di trasporto è studiata tramite la teoria dei flussi di traffico. Definizioni fondamentali – flusso f (veic./h) numero di veicoli che attraversano una
data sezione stradale nell’unità di tempo – velocità v (km/h) velocità media dei veicoli presenti in un
tronco stradale – densità k (veic./km) rapporto tra il numero di veicoli presenti
in un tronco stradale, in un determinato istante di tempo, e la lunghezza del tronco stesso
La relazione che lega le tre grandezze, flusso, velocità e densità è detta relazione fondamentale del traffico stradale:
f = k v
Sperimentalmente si può ricavare la relazione tra velocità e densità v = v(k), e da questa ricavare le relazioni v = v(f) e k = k(f).
0,5 km
k = 10 veic./km
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Interazione tra veicoli nel trasporto stradale (2/3)
Sperimentalmente si è visto che: – per densità tendenti a 0, la velocità del deflusso è prossima ad
un valore massimo detta velocità libera di deflusso v0 – la velocità decresce all’aumentare della densità – per valori densità tendenti al valore della densità limite kL
(veicoli accodati), la velocità tende a zero Queste osservazioni sperimentali possono essere modellizzate con diversi modelli analitici; il più semplice è il modello di Greenshields, che ipotizza una relazione lineare tra velocità e densità: In questa ipotesi le relazioni v = v(f) e k = k(f) hanno andamento quadratico. Il flusso corrispondente ai punti di massimo delle parabole è la capacità della strada; i corrispondenti valori di densità e velocità sono detti critici (kCR e vCR).
k (veic./km)
v (km/h)
kL
v0
0
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Interazione tra veicoli nel trasporto stradale (3/3)
Se si esaminano i diagrammi v = v(f) e k = k(f) si nota che lo stesso flusso f* si può avere sotto due diverse condizioni: – in corrispondenza di una velocità minore della velocità critica
(densità maggiore della densità critica) – in corrispondenza di una velocità maggiore della velocità critica
(densità minore della densità critica) I diagrammi v = v(f) e k = k(f) possono essere suddivisi in due rami, rappresentativi di diverse condizioni del deflusso: – ramo stabile, per v > vCR (k < kCR) – ramo instabile, per v < vCR (k > kCR) Sul ramo stabile, un aumento di densità comporta una diminuzione della velocità, ma un aumento del flusso; viceversa, sul ramo instabile, un aumento della densità comporta una ulteriore diminuzione della velocità ed anche una diminuzione del flusso, instaurando fenomeni di stop-and-go. Sul ramo instabile i livelli di servizio della strada sono modesti.
k (veic./km)
v (km/h)
f (veic./h)
k (veic./km)
kL
v0
kL
Cap
vCR
kCR kCR f*
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TRASPORTO FERROVIARIO
INTRODUZIONE Caratteristiche fondamentali: – trasporto a guida vincolata – utilizzabile per trasporti su distanze brevi (trasporto urbano e
metropolitano), medie (trasporto pubblico locale e regionale) e medio-lunghe (intercity, eurostar e treni ad alta velocità)
– la regolazione della marcia non è “a vista”, come per il trasporto stradale, ma su sistemi di segnalamento, che consentono una elevata sicurezza della marcia
VEICOLI FERROVIARI Possibili classificazioni: – in relazione alla struttura:
o veicoli ad assi o veicoli a carrelli
– in relazione alla capacità di trazione: o veicoli motori
– locomotive (se hanno solo funzione di trazione) – automotrici (se anche anche funzione di carico)
o veicoli rimorchiati – in relazione alla alimentazione:
o motori elettrici o motori diesel
– in relazione al carico trasportato: o passeggeri o merci
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Veicoli ferroviari (1/2)
In generale i veicoli ferroviari sono raggruppati e collegati tra loro per formare un convoglio, che può comprendere uno o più veicoli motori ed uno o più veicoli rimorchiati La lunghezza totale del convoglio può essere teoricamente qualunque; essa è limitata dai vincoli imposti dalle caratteristiche della via (ad esempio la lunghezza dei binari nelle stazioni) e dalla potenza del sistema di trazione Viene indicato con rodiggio il numero di assi ed il loro accoppiamento nei carrelli: si possono avere carrelli ad 1, 2 o 3 assi; il numero di carrelli per ogni veicolo è, tranne casi particolari, pari a 2 o 3 Esempi di schemi di rodiggio Si possono avere altri schemi di rodiggio per treni a composizione fissa (elettrotreni per trasporto passeggeri)
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Veicoli ferroviari (2/2)
Principali caratteristiche fisiche di alcuni tipi di carrozze (trasporto passeggeri) e di carri merci (trasporto delle merci)
Carrozze Carri merci Numero assi 4 2 o 4 Lunghezza totale [m] 17,8 — 26,4 10,58 — 19,9 Larghezza cassa [m] 2,85 — 2,9 2,68 — 3,03 Passo carrelli [m] 2,15 — 2,50 1,80 Massa a pieno carico [t] 31 — 42 36 — 80 Massa per asse (max) [t/asse] 7,8 — 10,5 18 — 20 Principali caratteristiche fisiche di alcuni tipi di locomotive
Elettrica Diesel-Elettrica Numero assi 4 — 6 4 Lunghezza totale [m] 16,8 — 18,3 14,1 Massa [t] 82 — 120 76 Massa per asse (max) [t/asse] 20 — 20,5 19 Numero motori 4 — 6 2 Velocità massima [km/h] 150 — 200 130 Sforzo di trazione massimo [kN] 215 — 240 216 Le componenti di un veicolo sono: – organi di rotolamento (sala montata) – sospensioni e carrelli – sistemi di trazione – sistemi di frenatura
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La sala montata
La sala montata è costituita da un assile cui sono rigidamente collegate le due ruote (massa complessiva 1.000 — 1.500 kg) il collegamento con la cassa o con il telaio del carrello avviene tramite le estremità dell’assile, detti fuselli, sui quali poggiano i cuscinetti, in genere del tipo a rotolamento La superficie di rotolamento delle ruote ha un profilo tronco-conico, sia per “centrare” nei binari l’asse (nella marcia in rettifilo), sia per sopperire, seppure solo in parte alla assenza del differenziale; infatti, la conicità delle ruote compensa in parte la differenza di rotolamento tra la ruota esterna e la ruota interna in curva.
Assile
Fusello
Bordino
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Sospensioni e carrelli
Il collegamento tra la cassa e le sale montate è di tipo elastico. La parte di veicolo il cui peso grava direttamente sulle rotaie prende il nome di massa non sospesa (sale montate e carrelli); la restante parte è la massa sospesa. Le sospensioni devono garantire il parallelismo tra gli assi. Per veicoli ad assi, vi è solo una sospensione (collegamento tra sala montata e cassa); se si è in presenza di carrelli vi sono delle sospensioni primarie (collegamenti tra sale montate e carrello) e delle sospensioni secondarie (collegamenti tra carrelli e cassa) Sospensione primaria
Sospensione secondaria
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Sistemi di trazione
I sistemi di trazione che si utilizzano nei veicoli ferroviari sono di due tipi: elettrici e diesel Gli schemi dei sistemi di trazione possono essere: o elettrici o diesel o misti: il motore diesel è collegato meccanicamente ad un
generatore di energia elettrica che fornisce l’energia per i motori elettrici, al loro volta collegati agli assi motori
Il motore elettrico può essere a corrente continua o a corrente alternata. La caratteristica di trazione si avvicina a quella iperbolica; in realtà, la caratteristica è più decrescente, poiché la potenza del motore non è costante, ma leggermente decrescente.
Equipaggiamento di trazione Pantografo Linea aerea
Motore diesel e cambio
Motore elettrico
Motore diesel Alternatore
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Sistemi di frenatura (1/2)
I sistemi di frenatura hanno la funzione di regolare la velocità del treno o al limite annullarla. Per motivi di sicurezza, i freni agiscono su tutte le ruote del convoglio. I freni possono essere: o freni a disco o freni a ceppi o freni elettrici Per i freni a disco si rimanda a quanto visto per i veicoli stradali. Nei freni a ceppi l’azione frenate si ottiene per effetto dell’attrito che nasce accostando un ceppo in ghisa al cerchione della ruota I freni elettrici sfruttano il principio della reversibilità dei motori di trazione; essi possono funzionare come generatori di energia, trasformando l’energia meccanica in energia elettrica. Poiché tale energia non può essere accumulata, essa viene dissipata a bordo del veicolo tramite apposite resistenze di frenatura. Solo in alcuni casi tale energia può essere recuperata e riutilizzata.
FF
fF FF
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Sistemi di frenatura (2/2)
Gli impianti di frenatura devono soddisfare specifici requisiti per garantire che l’azione frenante sia sempre efficace e che i rischi di funzionamento siano ridotti al minimo: – unicità: il comando del freno deve essere unico e deve
consentire di azionare tutti i freni dei singoli veicoli – continuità: deve essere garantita la continuità dell’impianto
lungo tutto il treno – automatismo: in caso di rottura del gancio di collegamento tra
veicoli il freno deve entrare in azione automaticamente – moderabilità: l’azione frenante deve essere moderabile a
seconda dei casi (dal semplice rallentamento alla frenata in emergenza)
– inesauribilità: successive manovre di frenatura devono essere possibili senza che l’impianto riduca la sua efficienza
L’impianto che si usa in ferrovia è di tipo pneumatico: la forza frenante viene esercitata da cilindri alimentati da aria compressa Il sistema funziona a depressione: nel sistema c’è sempre pressione, e un abbassamento di pressione provoca la frenatura. L’intensità dell’azione frenante dipende dalla pressione della condotta: quando la pressione è nulla si ha la massima forza frenante. L’impianto è automatico, perché in caso di spezzamento del convoglio, interrompendosi anche i collegamenti flessibili tra i veicoli, si annulla la pressione e si ha la frenatura immediata. Lo stesso sistema consente una frenatura immediata se per qualche motivo si rompe il sistema frenante
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Infrastrutture ferroviarie (1/3)
L’infrastruttura principale dei sistemi di trasporto ferroviari è la “strada ferrata”, la cui sovrastruttura è costituita da: – massicciata o ballast: si interpone tra l’armamento ed il piano
di fondazione – armamento: insieme delle traverse, degli attacchi e delle rotaie La sovrastruttura ha il compito di ripartire i carichi concentrati sulle rotaie i carichi distribuiti sul terreno. Di seguito si riporta la figura della sovrastruttura con le principali dimensioni in cm: La massicciata o ballast Ha la funzione di ripartire sul terreno i carichi trasmessi dal veicolo; deve essere in grado di assorbire i carichi statici e dinamici senza deformazioni permanenti.
Traversa
Ballast
Rotaie
Fondazione
143,5 100 100
490 60 60
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Infrastrutture ferroviarie (2/3)
Traverse, rotaie e attacchi Le due rotaie costituiscono il binario e sono collegate tra loro con le traverse, che hanno il compito di assicurare la distanza costante tra le rotaie e di ripartire sulla massicciata le forze concentrate agenti sulle rotaie stesse Le traverse sono distanziate tra loro circa 60 — 70 cm I materiali utilizzati per le traverse sono: – legno: sono le più antiche e tuttora le più diffuse; hanno
dimensioni medie pari a circa 260 x 25 x 15 cm; il legno è opportunamente trattato per evitare fenomeni di decomposizione;
– calcestruzzo armato: possono essere monoblocco in c.a. precompresso o biblocco, costituite da due elementi in c.a. collegati da una barra di acciaio.
La rotaia è una trave di acciaio con sezione trasversale a forma di fungo; svolge le funzioni di appoggio e di guida per le ruote. La massa per metro può variare, a seconda dei carichi (statici e dinamici) cui deve essere sottoposta (da 49 a 60 kg/m). Le rotaie sono prodotte in barre di lunghezza compresa tra 18 e 36 m.
172 mm
45 mm
74 mm
150 mm
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Infrastrutture ferroviarie (3/3)
Il distanziamento tra le rotaie (parti interne del fungo) è detto scartamento; in Italia, ed in gran parte dell’Europa, lo scartamento è di 1435 mm; il valore dello scartamento è aumentato in curva, per consentire l’inserimento dei carrelli con assi tra loro paralleli Il collegamento delle rotaie alle traverse avviene tramite gli attacchi, che possono essere di tipo diretto (ormai in disuso) o di tipo indiretto: la rotaia è collegata ad una piastra di appoggio mediante collegamenti elastici (arpioni) o mediante bulloni; la piastra di appoggio è a sua volta collegata alla traversa Deviatoi o scambi Sono i dispositivi che consentono ai sistemi a guida vincolata di avere traiettorie che divergono da una stessa direzione, convergono ad una stessa direzione (deviatoio semplice); con il deviatoio doppio sono consentite intersezioni tra i binari, con possibilità di cambi di traiettorie
Telaio ad aghi Controrotaie
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Stazioni ferroviarie (1/2)
Le stazioni ferroviarie sono impianti in cui vengono effettuate le operazioni essenziali per lo svolgimento del servizio di trasporto Le stazioni possono essere suddivise in funzione del servizio in: – stazioni per servizio passeggeri – stazioni per le merci Nel seguito ci si riferisce alle sole stazioni passeggeri Agli effetti del movimento tra e dei collegamenti tra le direzioni si hanno: – stazioni di fermata: consentono la sola salita e discesa dei
passeggeri, senza possibilità di scambio con altre linee – stazioni passanti: rispetto alle precedenti consentono
l’interscambio tra linee diverse, lungo una stessa direzione – stazioni di bivio e stazioni di incrocio: consentono l’interscambio
anche su linee dirette verso (o provenienti da) altre direzioni In relazione alla forma del piano stazione si suddividono in stazioni passanti e stazioni di testa; le seconde, collocate nelle grandi città (Napoli, Roma, Milano), comportano l’inversione di marcia del veicolo La configurazione della stazione è progettata in funzione di: – collegamenti tra le direzioni – capacità di sosta – capacità di circolazione
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Stazioni ferroviarie (2/2)
Possibili schemi di stazioni
Stazioni di fermata
Stazioni passanti
Stazioni di bivio
Stazioni di incrocio
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I sistemi di circolazione in ferrovia (1/6)
Introduzione I sistemi di circolazione in ferrovia sono basati su una logica a distanziamento di spazio; ormai in disuso sono i sistemi basati sul distanziamento temporale. Il sistema a distanziamento di spazio garantisce il rispetto di intervalli di sicurezza tra diversi convogli suddividendo la linea in sezioni, dette anche sezioni di blocco, in cui è consentita la circolazione di un solo convoglio per volta. In corrispondenza dell’ingresso di ogni tratta deve essere presente un addetto o, più comunemente, un impianto di segnalamento che indica al macchinista del treno che sopraggiunge la via libera o impedita per la tratta in questione. La verifica delle condizioni di sicurezza e la conseguente autorizzazione ad inoltrarsi nella sezione può avvenire in diverso modo: – Regime del giunto o del blocco telefonico – Blocco semiautomatico – Blocco automatico Le prime due metodologie richiedono personale di stazione all’inizio di ogni sezione di blocco.
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I sistemi di circolazione in ferrovia (2/6)
Regime del giunto o del blocco telefonico Richiede la presenza di addetti all’inizio di ogni tratta (in generale l’inizio di ogni tratta coincide con una stazione) che sono posti in collegamento telefonico tra loro. Le tratte sono normalmente a via impedita. Quando un convoglio deve inoltrarsi in una tratta, l’addetto presente nella sezione di ingresso chiede telefonicamente all’addetto presente all’inizio della tratta successiva se la tratta è libera, cioè se il treno precedente ha oltrepassato la sezione di uscita (il treno è “giunto”). Il tempo necessario allo scambio di informazioni (qualche minuto) riduce la potenzialità della linea. Questo sistema è in uso solo su tratte secondarie e poco trafficate delle FS ed è in fase di sostituzione con sistemi più avanzati.
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I sistemi di circolazione in ferrovia (3/6)
Blocco semiautomatico Il criterio è analogo al blocco telefonico, solo che lo scambio delle informazioni tra le stazioni avviene tramite un circuito elettrico ed un sistema di leve, con le quali richiedere e concedere il consenso. Per motivi di sicurezza, il segnale può essere tecnicamente posto a via libera solo se è pervenuto il consenso; inoltre all’ingresso di ogni tratta è disposto un dispositivo di occupazione (con dei pedali elettromeccanici) che, automaticamente, chiude il segnale a monte, impedendo al sistema di aprirlo fino a quando, uscendo dalla tratta, lo stesso convoglio non agisce su un altro dispositivo detto di liberazione. Blocco automatico Una linea attrezzata con il sistema di segnalamento a blocco automatico è suddivisa in sezioni di lunghezza non inferiore allo spazio di frenatura relativo ai convogli più veloci presenti sulla tratta (la lunghezza minima è di 1.200 m). Ogni sezione è protetta da un segnale di blocco, posto normalmente a via libera. Il segnale (all’inizio della tratta) è mantenuto nella posizione di via libera da un dispositivo elettromagnetico (relè) cui arriva, attraverso il circuito di binario (tale circuito utilizza come conduttori le rotaie), corrente alternata generata da una sorgente di forza elettromotrice posta all’altra estremità della tratta.
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I sistemi di circolazione in ferrovia (4/6)
Il transito di un veicolo sul binario mette in contatto elettrico le due rotaie (la sala montata “chiude” il circuito), non arriva più corrente al relè ed il segnale di blocco si dispone a via impedita. Nel caso in cui si interrompa l’erogazione di energia elettrica o non funzioni il generatore di forza elettromotrice, il sistema pone automaticamente a via impedita il segnale di blocco. Qualunque sia il regime di circolazione ed il sistema adottato, ogni segnale di blocco deve essere preceduto da un segnale di protezione, che dà un avviso di via impedita al convoglio in arrivo, se il segnale di blocco successivo è a via impedita.
V
Sezione di blocco
R
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I sistemi di circolazione in ferrovia (5/6)
Il segnale di protezione è posto ad una distanza dal segnale di blocco (che lo segue) tale da consentire al convoglio di potersi arrestare in condizioni di sicurezza senza oltrepassare il segnale di blocco. Per sistema a blocco automatico, se le sezioni hanno una lunghezza pari o prossima a quella minima, un segnale funge sia da segnale di blocco per la propria tratta che da segnale di protezione per la tratta successiva (doppio segnalamento). Per motivi di sicurezza ed a seconda della velocità del convoglio si possono prevedere più sezioni di blocco a via impedita, ad esempio 2; in ogni caso è necessaria la presenza del segnale di protezione.
GVV R
Doppio segnalamento
VVV G
Segnali di blocco
Segnale di protezione
R
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I sistemi di circolazione in ferrovia (6/6)
Il sistema a blocco automatico, nella forma più elaborata, utilizza le cosiddette correnti codificate. La corrente dei circuiti di binario viene fatta passare attraverso dispositivi codificatori, che la interrompono ciclicamente con frequenze (per le FS) di 75, 120, 180 e 270 impulsi al minuto. In corrispondenza di ogni segnale è posto un dispositivo in grado di decodificare la corrente in arrivo e, a seconda della frequenza, determina il messaggio per il segnale ed invia al segnale a monte una corrente codificata con frequenza diversa ma dipendente da quella della corrente in arrivo. Ad esempio, se un convoglio è presente in una tratta, al segnale di blocco a monte non arriva alcuna corrente ed il segnale si pone a “via impedita”; lo stesso segnale invia al segnale di monte una corrente codificata a frequenza 75, che pone ad “avviso di via impedita” il segnale ed invia al segnale ancora a monte una corrente codificata con frequenza 270; tale frequenza pone a “via libera” il segnale ed invia al segnale ancora di monte una corrente ancora con frequenza 270.
GVV R
Correnti codificate
V
270 27075 270270
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ESERCITAZIONE: I diagrammi del moto “tipo” Un veicolo isolato percorre una linea che congiunge tre località A, B e C: Le caratteristiche del veicolo sono: massa m = 1.000 kg potenza N = 65 kW resistenze al moto R(v) = 200 + v2 caratteristica di trazione ideale T v = N Il tracciato è in piano ed in rettilineo L’accelerazione (a) e la decelerazione media (a’) sono uguali e pari a: a = a’ = 1,0 m/sec2
I contraccolpi medi sono tutti uguali tra loro e pari a: j = 0,8 m/sec3
Nell’ipotersi che il veicolo si fermi in B per 3 minuti, calcolare: – tempo totale di percorrenza tra A e C, utilizzando i tre
diagrammi del moto tipo – velocità media e velocità commerciale media nei tre casi – spazio di avviamento e di frenatura nei tre casi – differenze percentuali nei tre casi
A B C
5 km 15 km
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Capacità e potenzialità di una linea (1/4)
Per due convogli che si susseguono possono essere definiti due tipi di distanziamente: – Distanziamento spaziale DSP: è la distanza che intercorre tra i
piani verticali perpendicolari alla traiettoria della corrente e tangenti alle estremità anteriori dei convogli
– Distanziamento temporale DT: è il tempo necessario affinché il piano tangente al convoglio che segue raggiunga la posizione del piano tangente al convoglio che precede
Si definiscono, analogamente, gli intervalli spaziale (ISP) e temporale (IT) le analoghe grandezze, facendo riferimento ai piani verticali perpendicolari alla traiettoria della corrente e tangenti alla estremità posteriore del convoglio che precede ed anteriore al convoglio che segue Detta v la velocità del convoglio che segue, sussitono le seguenti relazioni:
DSP = v DT ISP = v IT Della L la lunghezza del convoglio che precede si ha:
DSP = ISP + L
DSP
ISP L
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Capacità e potenzialità di una linea (2/4)
Il numero di convogli che transiterebbe nell’unità di tempo per la sezione ferroviaria se il distanziamento temporale (secondi) si manterrebbe costante, è detto volume o flusso V:
V = 1/DT (conv./s) V = 3600/DT (conv./h) Si definisce potenzialità P di una linea il numero massimo di convogli che, nell’unità di tempo, può transitare per la sezione; essa è pari all’inverso del distanziamento temporale minimo DT min:
P = 1/DT min (conv./s) P = 3600/DT min (conv./h) Il distanziamento temporale minimo è pari al distanziamento spaziale minimo, DSP min, diviso la velocità del convoglio che segue:
DT min = DSP min/v dove DSP min è pari alla somma di: sPR = v tPR spazio percorso nel tempo di percezione e reazione sA spazio di arresto s0 franco di sicurezza L lunghezza del convoglio che precede tPR tempo di percezione e reazione
DSP min
sPR L sA s0
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Capacità e potenzialità di una linea (3/4) Nell’ipotesi di decelerazione costante (am) lo spazio di arresto è dato da (vedi diagramma del moto trapezio):
sa = v2/(2 am) Per cui si ha:
DT min = tPR + v/(2 am) +(s0 + L)/v (s)
P = 1/[ tPR + v/(2 am) +(s0 + L)/v] (conv./s)
P = 3.600/[ tPR + v/(2 am) +(s0 + L)/v] (conv./h) Si definisce capacità nominale della linea, CN, l’inverso del minimo distanziamento temporale che può essere garantito con continuità nell’unità di tempo, DT
0, in condizioni di sicurezza; esso dipende dalla tipologia dei sistemi di circolazioni adottati per la linea:
CN = 1/DT 0 (conv./s) CN = 3.600/DT
0 (conv./h) La capacità nominale può anche essere espressa in termini di passeggeri trasportati, noto il numero di veicoli per convoglio N e la capacità di ogni singolo vagone p: CN = p N/DT
0 (pass./s) CN = 3.600 p N/DT 0 (pass./h)
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Capacità e potenzialità di una linea (4/4) La capacità effettiva, CE, si ottiene moltiplicando la capacità nominale per due coefficienti riduttivi (minori di 1): – il fattore di carico (σ), è il rapporto tra l’occupazione media dei
veicoli pM e l’occupazione massima teorica p (σ = pM/p); assume valori compresi tra 0,8 e 0,95; in fase di progettazione tale valore può essere imposto in funzione del comfort di viaggio che si vuole dare all’utente (grado di occupazione massimo dei veicoli);
– il fattore di utilizzazione (Γ), è il rapporto tra il distanziamento DT
0 ed il valore che può essere realmente rispettato per avere una elevata regolarità di esercizio DT
00 (Γ = DT0/ DT
00); assume valori compresi tra 0,7 e 0,9;
Le capacità effettive sono, pertanto:
CE = Γ/DT 0 (conv./s) CE = 3.600 Γ/DT
0 (conv./h)
CE = Γ σ p N/DT 0 (pass./s) CE = 3.600 Γ σ p N/DT
0 (pass./h)
Esempio di calcolo di capacità effettiva per una metropolitana: DT
0 = 5 min = 300 sec p = 150 pass./veic. N = 5 veic. Γ = 0,8 σ = 0,9 CE = 0,0027 conv./s = 9,6 conv./h = 1,8 pass./s = 6.480 pass./h
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Le resistenze al moto per i veicoli ferroviari (1/3) Resistenza al rotolamento ed ai perni Per i veicoli ferroviari la resistenza al rotolamento è dovuta a due fattori: – la deformabilità di ruota ed infrastruttura, nel caso ferroviario
molto modesta, al contrario del caso stradale – l’attrito tra i fuselli (perni) ed i cuscinetti delle boccole, che
dipende dal tipo di cuscinetto utilizzato (a strisciamento o a rotolamento); tale resistenza è più elevata all’avviamento e prevale rispetto alla precedente
La resistenza totale al rotolamento, dovuta ai due fattori sopra descritti, è dell’ordine di 1-2 N per ogni kN di peso. Resistenza dovuta al peso del veicolo Il peso del veicolo risulta produrre una resistenza se il veicolo si muove su una livelletta in salita; tale resistenza è negativa (favorisce il moto) in discesa. Non vi sono differenze rispetto a quanto visto per i veicoli stradali, cui si rimanda.
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Le resistenze al moto per i veicoli ferroviari (2/3) Resistenza in curva I veicoli ferroviari sono dotati di assi paralleli tra loro, fissi e non orientabili. Ciò comporta, nell’avanzamento in curva, una resistenza all’avanzamento dovuto alla non perfetta iscrizione dei veicolo in curva. Infatti, per effetto del parallelismo e della rigidezza torsionale il veicolo tenderebbe a muoversi di moto rettilineo; per imporgli una traiettoria curva è necessario esercitare una azione trasversale (perpendicolare alla traiettoria) in corrispondenza delle ruote anteriori. Questa azione viene esercitata dalla rotaia sul bordino. Tale azione comporta una rotazione che viene ostacolata dalle forze di attrito che nascono per i moti relativi ruota/rotaia. La resistenza specifica (N/kN) in curva è data da:
rsc = 800/R (N/kN) dove R è il raggio della curva in metri.
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Le resistenze al moto per i veicoli ferroviari (3/3) Resistenza aerodinamica La formula per il calcolo della resistenza aerodinamica è uguale a quella utilizzata per i veicoli stradali:
ra = ½ cy sy ρ vry2
con cy variabile tra 0,6 e 1 e sy variabile tra 9 e 10 m2. A questa va aggiunta la resistenza laterale; per il moto in galleria si utilizza una formula analoga sostituendo a cy un coefficiente cg che tiene conto delle caratteristiche della galleria e del treno. Formule globali per le resistenze ordinarie Le resistenze al rotolamento, ai perni ed aerodinamica costituiscono le cosiddette “resistenze ordinarie”, relative al moto in rettilineo ed in piano di un convoglio ferroviario. Per esse sono state proposte delle formule di resistenza specifica complessiva, ottenute sperimentalmente: treni viaggiatori leggeri rs = 1,9 +0,00026 V2 [N/kN] treni viaggiatori normali rs = 2 +0,00028 V2 [N/kN] locomotive isolate e treni merci rs = 2,5 +0,00003 V2 [N/kN] Treni ad alta velocità (Giapponesi) rs = 1,2 + 0,025 V + 0,00014 V2 [N/kN] dove V è la velocità in km/h.
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La stabilità in curva dei veicoli ferroviari (1/4) Le forze agenti sul veicolo Un veicolo ferroviario in curva è soggetto, oltre alla forza peso P, alla forza centrifuga Fc, diretta verso l’esterno della curva. La forza centrifuga, oltre a comportare problemi di sicurezza per la stabilità del veicolo, sottopone i passeggeri ad accelerazioni trasversali, riducendo il comfort di marcia. Per garantire una elevata qualità di marcia è necessario limitare la velocità del veicolo in curva, in modo che la forza centrifuga assuma un valore accettabile per i passeggeri; come si vedrà successivamente, altre limitazioni alla velocità del veicolo in curva sono imposte dalle verifiche di stabilità del veicolo. La relazione che lega la velocità v alla accelerazione centripeta ac ed al raggio di curvatura R è:
caRv = I valori massimi ammessi per ac sono da 0,6 a 1,0 m/s2; i valori più bassi si usano per i treni a lunga percorrenza ed i valori più alti per le metropolitane. Per poter avere una velocità maggiore a parità di ac ed R, si usa rialzare la rotaia esterna rispetto a quella interna (sovralzo in curva); in questo modo parte della forza centrifuga è compensata dalla componente della forza peso parallela al piano di calpestio.
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La stabilità in curva dei veicoli ferroviari (2/4) Il sovralzo h non può superare il valore di 160 mm, considerato che non tutti i convogli percorrono la curva alla velocità massima e che un convoglio può, per qualche motivo, anche arrestarsi in curva. La forza trasversale residua Fr, secondo la direzione parallela al piano di calpestio è data da: Fr = Fc cos β − P sen β Siccome: Fr = P/g ar, con ar accelerazione residua (o “non compensata”) Fc = (P/g) (v2/R) cos β ≈ 1 sen β ≈ tg β = h/s si ha:
P/g ar = (P/g) (v2/R) − P (h/s) ar = (v2/R) − g (h/s) Fissato il valore di ar la velocità massima ammissibile vlim è:
)]s/h(ga[Rv rlim +=
h
s
Fc
P
β
Fc cosβ P senβ
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La stabilità in curva dei veicoli ferroviari (3/4) Stabilità al ribaltamento La stabilità al ribaltamento si studia verificando quale è la velocità limite in corrispondenza della quale si eguagliano le forze ribaltanti e le forze stabilizzanti. L’equilibrio alla rotazione rispetto al punto B, mostra che la condizione limite (forze ribaltanti uguali alle forze stabilizzanti) si ha quando: (Fc cos β − P sen β) d = (Fc sen β + P cos β) c
Dividendo entrambi i membri per cos β si ha: β−β+
=tancdtandc
PFc
Considerato che Fc = (P/g) (v2/R), si ottiene:
)s/h(cd)s/h(dc
Rgvlim −+
=
h
s
Fc
P
β
Fc cosβ P senβ
c c
P cosβ+Fc senβ
S
d
R2 R1
A
B
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La stabilità in curva dei veicoli ferroviari (4/4) Stabilità allo svio (o deragliamento) Lo studio della stabilità allo svio richiede la determinazione delle forze di interazione ruota-rotaia nelle zone di contatto. Per effetto della forza centrifuga e della spinta di bordino, il contatto della ruota anteriore esterna tende a spostarsi verso il bordino; lo svio avviene se la ruota riesce a sollevarsi e a superare la rotaia. Al sollevamento della ruota si oppongono le forze di attrito. Detto f il coefficiente di attrito tra le superfici a contatto, le condizioni di stabilità si hanno quando la forza lungo il piano tangente (tendente a riportare la ruota verso il basso) è maggiore o uguale alle forze di attrito; in questa condizione, infatti, la ruota è in grado di riportarsi nella condizione normale:
Q sen β − Y con β ≥ (Y sen β + Q cos β) f Tenendo conto anche di altri fattori (attrito ruota interna e posizione del punto di contatto), si è visto che tale condizione di sicurezza equivale a imporre: Y/Q ≤ 0,8 Inoltre, si deve verificare la stabilità della via (slineamento del binario; sperimentalmente si è visto che la spinta massima trasversale capace di provocare lo slineamento è pari a:
H = 10 +(2 Q/3) dove H è la spinta trasversale (kN) e Q è il carico sull’asse (kN).
Y
Q
β
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Sistemi di trasporto urbano e metropolitano
Sono sistemi di trasporto collettivo utilizzati in ambito urbano e metropolitano. Una possibile classificazione è la seguente: – sistemi a guida libera con motore di trazione a bordo
– autobus – dim. veicolo: corto (minibus), medio, lungo, autosnodato – trazione: diesel, elettrica, ibrida, energie alternative
– filobus – monomodale – bimodale e trimodale
– sistemi a guida vincolata con motore di trazione a bordo – sistemi in sede promiscua (tram) – sistemi in sede riservata
– metropolitana leggera (LRT) – metropolitana (RRT) – ferrovia suburbana (RGR)
– sistemi in sede riservata a guida completamente automatica
– sistemi in sede riservata su monorotaia – sistemi in sede riservata a lievitazione magnetica
– sistemi a guida vincolata con motore di trazione a terra – sistemi di trasporto a fune
– funicolare – funivia – ascensori
– sistemi di trasporto con infrastrutture mobili – scala mobile – nastro trasportatore
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Autobus (1/2)
E’ il sistema di trasporto collettivo più utilizzato. Vantaggi: elevata versatilità (può essere messo in esercizio sulle
strade ordinarie, le dimensioni contenute di alcuni modelli possono consentirne l’uso su strade strette, è possibile variare i tracciati delle linee, le fermate possono essere disposte quasi ovunque e cambiate di posizione) ed economicità (non richiede forti costi di investimento, manutenzione ed esercizio)
Svantaggi: prestazioni limitate in termini di regolarità di esercizio (è soggetto al traffico veicolare), capacità di trasporto (abbastanza inferiori a quelle dei sistemi su ferro) e velocità commerciali (modeste per l’elevato numero di fermate, per le prestazioni dei veicoli e per l’influenza del traffico veicolare)
Tipologia dei veicoli e loro caratteristiche principali:
Autobus corto o minibus
Autobus medio
Autobus lungo Autobus snodato
Lunghezza (m)
6-7 8-9 11-12 16-18
Larghezza (m)
2,1 2,5 2,5 2,5
Capacità (posti)
20-40 (10 a sedere)
80 (16 a sedere)
120 (20 a sedere)
180 (30 a sedere)
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Autobus (2/2)
Il rapporto tra posti a sedere e posti in piedi varia a seconda del tipo di servizio: per autobus urbani la % di posti a sedere è modesta (10-15 %); per autobus suburbani si arriva al 40 %; per autobus interurbani oltre il 65 %; per autobus granturismo il 100 %.
Motorizzazioni:
– Diesel: è la tipologia più diffusa; la potenza massima varia tra i 75 ed i 165 kW
– Elettrici: in generale sono minibus utilizzati nei centri storici per ridurre gli impatti sull’ambiente (inquinamento acustico ed atmosferico); la ricerca tende di risolvere i problemi legati alle limitate capacità delle batterie, con conseguente ridotta autonomia; hanno elevati costi di acquisto e manutenzione
– Ibridi: hanno a bordo due motori, uno elettrico alimentato da un alternatore, il quale è alimentato da un motore termico a benzina; alcune batterie interposte tra i due motori immagazzinano energia per rilasciarla quando serve (in salita o nei centri storici in cui si viaggia in “tutto elettrico)
– Alimentati da altre fonti energetiche: GPL, Metano, ecc.
In diversi casi gli autobus viaggiano in corsia preferenziale, in generale per non oltre il 60 % del percorso.
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Filobus
Sono veicoli dotati di motore elettrico (a bordo) alimentati attraverso un bifilare aereo. Le caratteristiche geometriche e di capacità sono analoghe a quelle degli autobus medi, lunghi e autosnodati. Rispetto agli autobus classici possono essere individuati i seguenti vantaggi e svantaggi: Vantaggi: motore elettrico (ridotti consumi energetici, modesto
inquinamento acustico ed atmosferico) Svantaggi: la presenza dell’alimentazione aerea vincola i tracciati
ed ha un impatto visivo sull’ambiente urbano Filobus bimodale Può essere utilizzato indifferentemente come autobus o filobus; esso consente di razionalizzare la rete di trasporto, eliminando la rigida distinzione tra linee automobilistiche e linee filoviarie. Il funzionamento autonomo può essere a trazione diesel, diesel-elettrica o a batteria. Filobus trimodale Permette l’utilizzo di tre fonti di energia di trazione differenti e distinte: linea aerea, motore diesel e batteria
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Tram
Il tram può essere assimilato ad un filobus con guida vincolata su rotaie annegate nella pavimentazione; sono possibili, pertanto, condizioni di circolazione su sede promiscua. In generale, però, i sistemi tranviari viaggiano per buona parte del percorso in corsia riservata. I veicoli possono avere una capacità nettamente superiore agli autobus e filobus: la lunghezza di un veicolo arriva fino a 30 m e la capacità può arrivare a superare i 250 posti. Vantaggi: capacità medio-alta, possibilità di esercizio sia su sede
riservata che promiscua, costi di investimento ridotti rispetto a quelli di una metropolitana
Svantaggi: necessita di costi di investimento maggiori rispetto a quelli per gli autobus, i tracciati sono “vincolati” dalle rotaie, i bifilari di alimentazione hanno un impatto visivo sull’ambiente urbano
Esiste una vasta gamma di mezzi, raggruppabili in 4 classi: 1. veicoli ad 1 cassa e 4 assi lungh. 13-14 m 2. veicoli con 2 casse e 4 assi (articolati) lungh. 18 m 3. veicoli con 2 casse e 6 assi (articolati) lungh. 19-21 m 4. veicoli con 3 casse e 8 assi (dopp. articolati) lungh. 26-30 m La guida può essere monodirezionale o bidirezionale. La via è costituita da rotaie immerse nella pavimentazione (scartamento pari a 1435 mm).
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Metropolitana (1/2)
La metropolitana è un sistema di trasporto ad elevata capacità e regolarità; i costi elevati di costruzione e gestione si giustificano solo per città di grandi dimensioni, nei casi di domanda di trasporto molto elevata. Esistono tre tipologie di metropolitana, che hanno ambiti di applicazione e costi diversi: – Metropolitana leggera (Light Rail Transit — LRT) – Metropolitana (Rapid Rail Transit — RRT) – Ferrovia Suburbana o Metropolitana Regionale (Regional
Railway — RGR) Metropolitana leggera (LRT) – sistema intermedio tra quello tranviario e quello metropolitano
classico – opera prevalentemente in sede propria (sono consentite per
brevi tratti commistioni con il traffico privato — intersezioni) – viaggia in galleria nei centri storici urbani – i veicoli sono costituiti da 2 a 4 casse ed hanno lunghezze fino
a 35 m e capacità fino a 100 passeggeri per ogni cassa – la velocità commerciale arriva a 40 km/h – la capacità della linea arriva a 10.000-15.000 pass./h – la trazione è elettrica, come per la metropolitana classica
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Metropolitana (2/2)
Metropolitana (RRT) – opera esclusivamente in sede protetta e, nei centri urbani,
prevalentemente in galleria – richiede elevati costi di investimento, per cui si giustifica solo in
corridoi metropolitani con domanda di trasporto molto forte – i costi di costruzione in galleria possono arrivare ad oltre 500
milioni di Euro a km – i costi di gestione, invece, se calcolati per passeggero
trasportato sono relativamente ridotti – la convenienza economica di una metropolitana si ha dai
15.000-20.000 pass./h per senso di marcia – la capacità di linea arriva fino a 35.000 pass./h – i convogli sono costituiti da più veicoli (vagoni) di lunghezza pari
a 17 m ed una capacità di carico fino a 250 posti; ogni convoglio ha almeno due vagoni
– la velocità commerciale arriva a 50 km/h – la trazione è elettrica, come per i sistemi di trasporto
ferroviario – l’intertempo tra due passaggi successivi può arrivare fino a 90
s (frequenza di 40 conv./h) – la velocità massima può arrivare a 100 km/h e le accelerazioni
fino a 1,2 m/s2 – l’armamento è, in generale, come quello ferroviario Metropolitana Regionale (RGR) – ha caratteristiche del tutto simili a quelle di una ferrovia
ordinaria, solo che opera in ambito metropolitano e regionale (distanze dell’ordine dei 30-50 km)
– molto spesso le vetture sono a due piani
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99
Altri sistemi in sede riservata (Sistemi di trasporto non convenzionali)
Sistemi a guida completamente automatica (Automated Guideway Transit — AGT) Sono provvisti di veicoli la cui guida è completamente controllata da un elaboratore elettronico che sostituisce in tutto il guidatore. Pur viaggiando in sede completamente riservata hanno, in generale, ruote gommate e la rotaia è costituita da travi in acciaio o cemento armato; alcune ruote sono portanti altre sono ruote di guida La dimensione e la capacità sono molto più modeste rispetto ai sistemi di metropolitana; sono usati soprattutto come navette negli aeroporti Monorotaie I veicoli sono supportati e guidati da un solo elemento viario (trave), in generale sopraelevato. La costruzione della via può avvenire senza eccessivo intralcio alla circolazione, e con una occupazione di suolo limitata. Sono sistemi estremamente silenziosi, ma di impatto visivo notevole. Sistemi a lievitazione magnetica (maglev) Si basano su sistemi in grado di tenere sollevato il veicolo dalla infrastruttura mediante forze di repulsione magnetica. Sono oggetto di ricerca; sono sistemi di trasporto con velocità nettamente superiori rispetto ai sistemi convenzionali.
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100
Sistemi di trasporto a fune (1/2) I sistemi di trasporto a fune sono caratterizzati dall’avere il sistema di trazione (motore) all’esterno del veicolo. La forza di trazione è trasmessa ai veicoli (trainati) tramite cavi ad altissima resistenza. I sistemi di trasporto a fune possono essere adoperati per due tipi di servizi: – servizio a navetta (impianti a moto discontinuo) – servizio ad anello (impianti a moto continuo) In generale, il motore si trova in corrispondenza di una delle stazioni. I principali sistemi di trasporto a fune sono: – funicolare – funivia – ascensore Le funicolari e gli ascensori funzionano come sistemi a navetta (il secondo è a chiamata); la funivia funziona come un sistema ad anello o a navetta.
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101
Sistemi di trasporto a fune (2/2) Funicolare E’ un sistema di trasporto a fune con veicoli poggiati al suolo ed utilizzato, in generale, su tratti di breve lunghezza (2-4 km) e con forti dislivelli (oltre il 10 %). Le velocità sono limitate (inferiori ai 12 m/s). Esistono funicolari completamente automatizzate utilizzate in alcuni casi anche in piano (es. sistema Poma 2000). Funivia Sono impianti in cui i veicoli si muovono sospesi su delle funi di acciaio; il contatto dell’impianto con il suolo si ha solo in corrispondenza delle stazioni e dei piloni di sostegno intermedi. Si distinguono i sistemi monofune da quelli bifune; nel primo caso un’unica fune ha funzione portante e traente; nel secondo, invece, vi è una fune con funzione portante ed un’altra con funzione traente. La cabine possono avere diverse dimensioni: da meno di 10 posti (impianti monofune) fino a 150 posti (impianti bifune). La velocità di regime è dell’ordine di 10 m/s. Il moto può essere circolare o a navetta. Ascensori Sono sistemi a navetta, molto spesso a chiamata, utilizzati per superare forti dislivelli o all’interno di edifici. La velocità, in genere, non supera i 3 km/h ma può arrivare nei grattacieli a 30 km/h.
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102
Sistemi di trasporto con infrastrutture mobili Sono sistemi di trasporto di ausilio alla mobilità pedonale: – scale mobili – nastri trasportatori Sono sistemi continui, nel senso che il nastro o la scala non si fermano in stazione per permettere la salita e la discesa dei passeggeri. In generale sono sistemi utilizzati in edifici di grandi dimensioni, quali: grandi magazzini, stazioni, aeroporti, ecc. Negli ultimi anni c’è una tendenza ad utilizzare questi sistemi all’interno e/o per l’accesso ai centri storici e città d’arte (ad esempio Perugia e Orvieto). Scale mobili In generale si usano su pendenze fino a 30 gradi; hanno una larghezza di 0,55-0,65 m se è previsto un posto per gradino e di 0,90-1,10 m se sono previsti due posti per gradino. La velocità non supera, di norma, 0,9 m/s. La lunghezza del piano inclinato, solitamente, non supera i 16 m. La scala mobile può funzionare solo in salita, solo in discesa o in entrambi (marcia banalizzata). Il funzionamento può essere continuo o essere attivato in automatico da un sensore che rileva il passaggio dell’utente attraverso la zona di accesso. Nastri trasportatori Sono marciapiedi mobili orizzontali o leggermente inclinati; velocità e larghezze sono analoghe a quelle delle scale mobili. Esistono nastri trasportatori che possono raggiungere velocità maggiori, con opportune tecnologie.
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103
Confronto tra prestazioni per sistemi di trasporto
RGR
140
-20
0
1-10
140
-2.0
00
80
-130
10-3
0
10.0
00
-35
.00
0
40-7
0
1.20
0-4
.50
0
RRT
120
-30
0
3-10
360
-3.0
00
80
-10
0
20-4
0
15.0
00
-30
.00
0
25-6
0
500
-2.0
00
LRT
100
-20
0
2-4
200
-80
0
60
-10
0
40-9
0
6.0
00
-20
.00
0
20-4
5
350
-80
0
TRA
M
80
-120
1-3
80
-36
0
60
-70
60
-120
4.0
00
-15
.00
0
12-2
0
200
-50
0
Sis
tem
a di
tra
spor
to
BUS
40-1
20
1
40-1
20
40-8
0
60
-120
2.40
0-
8.0
00
15-2
5
200
-50
0
Para
met
ro
Capa
cità
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ture
(pos
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)
N. v
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Capa
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Velo
cità
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)
Freq
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v./h)
Capa
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Velo
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m/h
)
Dist
anza
tra
le s
tazi
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m)
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104
I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (1/8)
I principali parametri di esercizio di una linea di un sistema trasporto collettivo sono: – velocità commerciale media – frequenza del servizio (o, in alternativa, intertempo) – capacità oraria – tempo di giro – numero di veicoli necessari al servizio – posti-km e veicoli-km (misurano il quantitativo di offerta di
trasporto prodotta) – passeggeri-km (misurano il quantitativo di servizio utilizzato
dagli utenti) Velocità commerciale media E’ il rapporto tra il lunghezza della linea ed il tempo medio di percorrenza della stessa, comprensivo del tempo di sosta alle fermate:
vCM = lAB/tAB
dove: lAB è la lunghezza della linea tAB è il tempo di percorrenza della linea comprensivo dei tempi di
sosta alle fermate La velocità commerciale media può essere calcolata, ovviamente, anche tratta per tratta.
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105
I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (2/8)
Frequenza del servizio La frequenza fi di una linea i è il numero di veicoli (autobus, treni, ecc.) di quella linea che passano per una fermata in un’ora. L’unità di misura della frequenza è veic./h. Ad esempio, i valori di frequenza utilizzati nei sistemi di trasporto collettivo su gomma variano da 3 a 12 veicoli/ora in ambito urbano; valori inferiori di frequenza sono utilizzati in ambito extraurbano. L’intertempo Ii di una linea i è il distanziamento temporale tra il passaggio successivo di due veicoli della linea per una qualunque fermata. L’unità di misura dell’intertempo è minuti. La relazione che lega l’intertempo con la frequenza è la seguente:
Ii = 60/fi Esempio: fi = 3 veicoli/ora Ii = 20 minuti fi = 6 veicoli/ora Ii = 10 minuti fi = 12 veicoli/ora Ii = 5 minuti
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I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (3/8)
La frequenza (o l’intertempo) influisce molto sulla qualità del servizio per gli utenti. Essa, infatti, influenza il tempo di attesa ta degli utenti alle fermate. La relazione che lega l’intertempo (o la frequenza) al tempo di attesa (nell’ipotesi di servizio regolare ed arrivo casuale degli utenti alle fermate) è la seguente:
ta = Ii/2 = 30/fi
Capacità oraria La capacità oraria Ci di una linea i è il carico massimo, in termini di passeggeri, trasportabile su una certa tratta; essa può essere calcolata come visto per la capacità effettiva di una linea di trasporto ferroviario. Più rapidamente essa può essere calcolata in funzione della frequenza (o dell’intertempo) e della capacità del veicolo. Si parla di carico massimo perché il numero di passeggeri a bordo dei veicoli di una linea di trasporto varia da una tratta all’altra. La capacità oraria è data da: Ci = fi x Capi
dove Capi è il capacità del veicolo esercito sulla linea i. In fase di progettazione, la frequenza e la capacità del veicolo devono essere fissate in modo da ottenere una capacità oraria maggiore del carico max.
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I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (4/8)
Diagramma di carico di una linea Tempo di giro Il tempo di giro TGi è il tempo che impiega un veicolo in esercizio su di una linea a compiere un giro completo, cioè a passare due volte per una stessa fermata. Esso comprende i tempi di inversione ai capilinea (o al capolinea nel caso di linea circolare). Il tempo di inversione al capolinea TIi è il tempo che intercorre tra l’arrivo di un veicolo al capolinea e la partenza dello stesso per la corsa successiva (di ritorno per linee A/R); esso tiene conto del tempo necessario all’inversione del veicolo, dei tempi di riposo del personale viaggiante e dei tempi di recupero (fissati per recuperare eventuali ritardi in linea).
Fermate
pass/h
Capacità oraria
Carico massimo
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108
I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (5/8)
Il tempo di giro si calcola come: Linea A/R (due capilinea): TGi = (LA, i + LR, i)/vCM, i + 2 TIi Linea Circolare (un capolinea): TGi = Li/vCM, i + TIi dove: TGi è il tempo di giro in ore LA, i è la lunghezza della linea in andata in km LR, i è la lunghezza della linea in ritorno in km Li è la lunghezza totale della linea circolare in km vCM, i è la velocità commerciale in km/h TIi è il tempo di inversione al capolinea in ore
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109
I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (6/8)
Numero di veicoli necessari per il servizio Il numero di veicoli NVi necessari per poter esercire la linea i rispettando la frequenza di esercizio fi si calcola come:
NVi = Int(TGi x fi) + 1 oppure:
NVi = Int(60 x TGi /Ii) + 1 Tale valore si incrementa, in generale, del 10-20% per tener conto delle esigenze di manutenzione e della possibilità di guasti o di corse supplementari. Ad esempio, se il tempo di giro è 50 minuti occorre un veicolo per mantenere una frequenza di 1 veic./h; infatti, alla fine del tempo di giro lo stesso veicolo può effettuare anche la corsa successiva. Se il tempo di giro è invece di 1 h e 10 min occorrono 2 veicoli per mantenere la frequenza di 1 veic./h; infatti occorre un secondo veicolo per mantenere la stessa frequenza.
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I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (7/8)
Posti-km e veicoli-km Sono indicatori della quantità di servizio prodotto; possono riferirsi ad un’ora, un giorno o altro intervallo temporale di riferimento. I veicoli-km prodotti in un’ora e in un giorno sono dati rispettivamente da:
veicoli-km = fi x Li (in un’ora)
veicoli-km = ∑h=1,...,24 fi(h) x Li (in un giorno) dove fi(h) è la frequenza relativa all’ora h del giorno. I posti-km si calcolano in modo analogo, tenendo conto della capacità dei singoli veicoli Capi :
posti-km = fi x Li x Capi (in un’ora)
posti-km = ∑h=1,...,24 fi(h) x Li x Capi(h) (in un giorno) dove Capi(h) è la capacità dei veicoli utilizzati nell’ora h del giorno.
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111
I parametri di esercizio dei sistemi di trasporto collettivo (8/8)
Passeggeri-km E’ un indicatore della quantità di servizio “venduto” agli utenti; anche esso può riferirsi ad un’ora, un giorno o altro intervallo temporale di riferimento. I passeggeri-km trasportati in un’ora o in un giorno sono dati da:
passeggeri-km = ∑k∈Ki ∑h∈Hi pk (ch) x Lk
dove: k rappresenta il generico tratto del percorso Ki della linea i h è l’indice rappresentante la generica corsa ch ed Hi il totale
delle corse pk(ch) il numero di passeggeri a bordo della tratta k sulla
corsa ch
Lk la lunghezza della tratta k L’indice si riferirà all’ora o al giorno a seconda se si considerano nella sommatoria le corse dell’ora o del giorno.
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ESERCITAZIONE SUI PARAMETRI DI ESERCIZIO DEI SISTEMI DI TRASPORTO COLLETTIVO Una azienda di trasporto gestisce le due linee riportate in figura, a servizio delle località indicate con A, B, C, D, E.
O\D A B C D E A - 150 50 20 10 B 100 - 100 80 40 C 100 70 - 30 15 D 50 60 30 - 100 E 20 40 30 100 -
Le due linee A-B-C e D-B-E sono entrambe andata e ritorno e con due capilinea; il tempo di inversione al capolinea sia pari a 5 minuti. I veicoli a disposizione dell’azienda hanno una capacità totale (posti a sedere più posti in piedi) pari a 50 posti/veicolo. Progettare la frequenza di ogni linea con un coefficiente di riempimento dei veicoli pari all’85%. Calcolare il numero di autobus necessari su ogni linea (parco veicolare). Calcolare i posti-km ed i pass.-km.
A C B
D
E
3 km 2 km
2 km
4 km
vCM= 15 km/h km Domanda Origine/Destinazione oraria
(passeggeeri/h)
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113
Introduzione alla Economia dei Trasporti
L’Economia dei Trasporti studia le problematiche economiche connesse ai sistemi di trasporto; dei molteplici aspetti studiati ci si occuperà di:
– costi dei servizi di trasporto o costi di costruzione e manutenzione delle infrastrutture o costi di produzione dei servizi di trasporto o costi di uso del servizio
– domanda di trasporto o stima della domanda di mobilità (indagini e modelli) o interazione domanda/offerta
– valutazione degli investimenti o analisi economica
– analisi benefici-costi o analisi finanziaria
Per quanto riguarda i costi dei servizi di trasporto, di seguito si riportano le metodologie di stima utili ad una valutazione dell’investimento nella fase di progetto preliminare. Nei progetti di massima ed esecutivi si utilizzano stime analitiche (computi metrici) non oggetto di questo corso.
Mariano Gallo Appunti di Tecnica ed Economia dei Trasporti
114
I costi dei servizi di trasporto
I soggetti che sopportano i costi connessi ad un sistema di trasporto possono essere raggruppati in tre categorie: – soggetti proprietari e/o gestori dell’infrastruttura e del relativo
sistema di controllo (ad esempio: Ferrovie dello Stato, Società Autostrade, ecc.)
– soggetti produttori del servizio di trasporto (ad esempio: aziende di trasporto collettivo, Trenitalia, ecc.)
– soggetti fruitori del sistema di trasporto (utenti) A questi va aggiunta la collettività che, in molti casi, sopporta i costi, sia monetari (tasse) che non monetari (impatti), di un sistema di trasporto. Ad esempio: − la costruzione (e manutenzione) di una strada statale è
effettuata con soldi pubblici e quindi con costi diretti sulla collettivita (che pertanto assume il ruolo di proprietario e gestore)
− le aziende di trasporto collettivo hanno delle sovvenzioni Regionali indispensabili per mantenere i prezzi dei titoli di viaggio a valori politicamente accettabili (la collettività assume parte dei costi di produzione del servizio)
Tre sono le tipologie di costi connessi ad un sistema di trasporto: – costi di costruzione e manutenzione dell’infrastruttura – costi di produzione del servizio – costi di uso del servizio
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115
Costi di costruzione e manutenzione
Sono costi che ricadono sul proprietario dell’infrastruttura e/o sulla collettività Infrastrutture stradali e ferroviarie Il costo di costruzione di una infrastruttura può essere valutato come costo a km; esso dipende dalle caratteristiche plano-altimetriche del tracciato, dal tipo di piattaforma e dalle opere d’arte necessarie (ponti, viadotti, gallerie, ecc.). Per le ferrovie, in particolare, devono essere considerati tra i costi tutti gli impianti (segnalamento, comunicazione, alimentazione, illuminazione, ecc.). Una valutazione preliminare può essere effettuata considerando i km di infrastruttura con determinate caratteristiche (in viadotto, in galleria, in trincea, in rilevato, ecc.); ad ogni tipologia può essere attribuito, per analogia con i costi sostenuti in progetti precedenti, un costo a km (Euro/km). Tra i costi non devono essere dimenticati gli eventuali espropri. Il costo totale di costruzione è dato dalla somma dei prodotti tra il costo a km di una data tipologia per i km della stessa tipologia. A titolo puramente indicativo: – il costo a km di una infrastruttura stradale varia tra 1 e 7
milioni di Euro a km. – il costo di una infrastruttura ferroviaria, invece, supera, in
genere, i 15 milioni di Euro a km. I costi di manutenzione sono valutati a km per anno; in questo caso, anche le condizioni climatiche e il quantitativo e la tipologia del traffico previsto (% di mezzi pesanti o tipologie di treni) influenza il costo di manutenzione. Anche i costi di manutenzione sono stimati per analogia.
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116
Costi di produzione dei servizi di trasporto (1/6)
Sono costi che ricadono sul produttore del servizio; in alcuni casi, parte di questi costi sono trasferiti alla collettività (sovvenzioni alle aziende di trasporto collettivo). Nel caso del trasporto stradale individuale, il produttore del servizio è l’utente del servizio stesso. Tali costi comprendono: – costi di acquisizione dei veicoli – costi di gestione
o gestione e manutenzione veicoli o gestione terminali
Possono anche essere suddivisi in: – costi fissi (indipendenti dal traffico) – costi variabili (funzione del traffico) Di seguito si riportano dei cenni sui metodi di stima dei costi di produzione del servizio per: – il sistema di trasporto stradale individuale – il sistema di trasporto stradale collettivo – il sistema di trasporto ferroviario
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Costi di produzione dei servizi di trasporto (2/6)
Trasporto stradale individuale Si distinguono: – costi fissi
o acquisto del veicolo o tasse e assicurazioni
– costi variabili (in funzione dei km percorsi) o carburante o lubrificanti o pneumatici o manutenzioni e riparazioni
Il costo di acquisto del veicolo dipende dalla tipologia del veicolo e dalle sue caratteristiche; può essere valutato dai listini delle diverse case produttrici. Tale costo può essere ripartito tra i diversi anni di uso del veicolo come spese di ammortamento. La tassa di possesso è funzione (attualmente in Italia) della potenza del motore. Il costo dell’assicurazione dipende dai prezzi di mercato delle diverse società assicuratrici. I costi variabili sono valutati come costi a km. Essi possono essere calcolati voce per voce, in funzione dei consumi e dei costi dei materiali, oppure forfettariamente, usando apposite tabelle da riviste specializzate; ad esempio il costo a km di una autovettura è circa 0,15-0,30 Euro/km. Il calcolo di questi costi è utile per le valutazioni economiche relative a progetti che possono portare a ridurre l’uso dell’autovettura (sistemi su ferro).
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118
Costi di produzione dei servizi di trasporto (3/6)
Trasporto stradale collettivo Per una azienda di trasporto collettivo i costi da valutare per la produzione del servizio sono: costi di acquisizione veicoli costi di gestione veicoli ed infrastrutture
I costi di acquisizione si rilevano dai listini delle case produttrici. I costi di gestione sono: – costi di manutenzione ordinaria: valutabili pari a circa l’1 %
all’anno del costo di acquisto; – costi di manutenzione straordinaria: valutabili pari a circa il
10 % del costo di acquisto ogni 5 anni; – costi di esercizio: valutabili pari al costo di 3 addetti/anno per
ogni veicolo di linea; – costi di manutenzione delle infrastrutture: valutabili pari al 5 %
del costo di realizzazione dell’opera ogni 5 anni e, per i depositi e magazzini, in aggiunta il costo di un custode.
I costi annuali di gestione CAG possono essere valutati in maniera analitica come:
CAG = Cp + Ct + Cq + Ca + Cm + Cg dove: Cp costo del personale aziendale Ct costo per la trazione Cq quote di ammortamento capitale Ca costo per assicurazioni e tasse di circolazione Cm costo per la manutenzione Cg spese generali
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Costi di produzione dei servizi di trasporto (4/6)
Costo del personale aziendale E’ dato da:
Cp = ∑ cp(y) PyAz
dove: cp(y) è la retribuzione media contrattuale di un addetto di
categoria y Py
Az è il numero di addetti della categoria y Il numero di addetti è valutabile come: – personale di guida, valutabile pari a 2,5-3,5 addetti per veicolo
per anno – altro personale di movimento, pari al 20-30% del personale di
guida – personale amministrativo, pari al 10-15% del personale di guida – personale ausiliario, pari ad 1 addetto ogni dieci veicoli del
parco, comprensivo dei veicoli di scorta (15-20% dei veicoli in esercizio)
Costo per la trazione E’ dato da:
Ct = Ccar + Club + Cpne
dove: Ccar è il costo del carburante Club è il costo dei lubrificanti Cpne è il costo dei pneumatici Ognuno di questi costi Cx è dato da: Cx = cx⋅(qx⋅PA) con: PA percorrenza annua del veicolo (km), cx costo unitario materiale (Euro/x), qx consumo unitario (x/km).
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Costi di produzione dei servizi di trasporto (5/6)
Costo per la manutenzione E’ dato da:
Cm = cm PA con cm costo per km della manutenzione (dipende dai programmi di manutenzione di ogni singolo veicolo). Quote di ammortamento I costi attribuibili alle quote di ammortamento sono espresse come somma di tre aliquote: Av ammortamento veicoli Au ammortamento uffici Ad ammortamento depositi Ogni quota di ammortamento è calcolata in funzione della vita utile dei veicoli o del periodo di ammortamento degli edifici. Costo per assicurazioni e tasse di circolazione Derivano direttamente dalle tariffe vigenti. Spese generali Comprendono le spese per: forniture elettriche, acqua, telefono, pulizie, riscaldamento e climatizzazione, cancelleria, spese legali ed interessi passivi. Si assume per esse un valore pari al 10-20% del totale dei costi precedenti.
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Costi di produzione dei servizi di trasporto (6/6)
Trasporto ferroviario Il costo di esercizio di un sistema di trasporto ferroviario può essere stimato in diversi modi. Un metodo proposta dalla UIC fornisce il costo per passeggero e per unità di distanza percorsa Ce [Euro/pass-km]: Ce = C1+C2/d+(1/p){(C3 + d C4)/T+[(t + c)/np]C5+(1/np)C6+(nv/npC7)} dove: C1 costi funzione dei pass. per dist. percorsa (tasse e assicurazioni) C2 costi funzione dei pass. trasportabili (biglietteria, prenot., controllo
stazioni, ecc.) d distanza del trasporto (km) p coefficiente di occupazione medio dei posti offerti C3 costi fissi per treno (spese per la formazione dei treni, deposito,
ecc.) C4 costi funzione dei treni per dist. percorsa (condotta treni, parte
spese energia, parte spese infrastrutture, ecc.) T tonnellate lorde movimentate t tara delle vetture c carico medio np numero dei posti offerti per vettura C5 costi funzione del peso lordo rimorchiato per distanza percorsa
(parte delle spese di: energia, infrastrutture, materiale rotabile, ecc.) C6 costi funzione dei veicoli per distanza percorsa (controllo veicoli,
pulizia treni, ecc.) nv numero delle vetture per giorni necessarie per il trasporto C7 costi funzione dei veicoli per giorni di materiale necessario ai
passeggeri
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122
Costi di uso del servizio (1/4)
I costi di uso del servizio sono quelli sopportati dagli utenti del sistema di trasporto; per il sistema di trasporto stradale individuale, parte di tali costi coincidono con i costi di produzione del servizio. In generale, un utente di un sistema di trasporto, per utilizzare il sistema stesso, “spende” delle risorse non solamente monetarie; il costo totale sopportato dall’utente per l’uso del servizio è detto costo generalizzato. Il costo generalizzato CG, in termini puramente formali, può essere considerato somma di 4 aliquote:
CG = CM + CT + CCOM + CSIC
dove: CM rappresenta le risorse monetare spese per effettuare lo
spostamento (pedaggi, carburante, biglietti, ecc.) CT rappresenta le risorse, in termini di tempo, spese per
effettuare lo spostamento (tempo di attesa alle fermate, tempo di viaggio, ecc.)
CCOM rappresenta il costo connesso alla mancanza di comfort dello spostamento
CSIC rappresenta il costo connesso ai rischi (mancanza di sicurezza del viaggio)
Questi ultimi due termini non sono di facile valutazione, ma influenzano non poco le scelte di viaggio degli utenti.
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Costi di uso del servizio (2/4)
Il costo generalizzato assume diversi aspetti a seconda delle problematiche per le quali è utile conoscere i costi sostenuti dagli utenti; si possono individuare, pertanto, due tipologie di costo generalizzato: – costo generalizzato effettivo – costo generalizzato percepito Il costo generalizzato effettivo comprende i costi reali sostenuti dall’utente per effettuare uno spostamento; quello percepito è legato alla percezione dei costi da parte dell’utente; esempio:
– spostamento su auto propria: o il costo generalizzato effettivo comprende tutti i costi di
produzione del servizio (carburante, lubrificante, pneumatici, quote di ammortamento, eventuali pedaggi autostradali e/o di sosta) ed il tempo effettivo speso per effettuare il viaggio
o il costo generalizzato percepito comprende solo alcuni costi di produzione del servizio (carburante ed eventuali pedaggi autostradali e/o di sosta), il tempo percepito dall’utente, che può essere diverso da quello effettivo (ad esempio gli utenti tendono a dare un peso diverso ai tempi per effettuare il viaggio se spesi in coda ad un semaforo o in marcia)
– spostamento su mezzo collettivo: o il costo generalizzato effettivo comprende il costo del
biglietto ed i tempi effettivi spesi per effettuare il viaggio o il costo generalizzato percepito comprende il costo del
biglietto, i tempi percepiti dall’utente in modo diverso a seconda se di attesa, a bordo, di accesso egresso, l’assenza di comfort
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Costi di uso del servizio (3/4)
Il costi effettivi si calcolano per le valutazioni economiche degli investimenti, mentre i costi percepiti si usano per simulare le scelte di viaggio degli utenti. Sia il costo percepito che quello effettivo dovrebbero a rigore comprendere esplicitamente i costi legati al comfort ed alla sicurezza. In generale, però, tali fattori non sono tenuti esplicitamente in conto nei costi sostenuti dagli utenti; più precisamente, nel costo effettivo si trascurano questi aspetti, valutando in altro modo comfort e sicurezza all’interno delle analisi economiche; nel costo percepito si tiene conto di un termine, da calibrare, legato alla specifica variabile, che tiene conto dei questi fattori non misurabili. Il costo generalizzato effettivo CGE può essere calcolato come:
CGE = CME + βT TE
dove: CME è il costo monetario effettivo (Euro) TE è il tempo di viaggio effettivo (h) βT è il valore unitario del tempo (Euro/h) Il costo monetario effettivo comprende tutti i costi monetari (ad esempio anche il consumo dei pneumatici). Il βT, detto anche VOT (Value Of Time), può essere calibrato o fissato esogenamente; in generale dipende dal motivo dello spostamento (per spostamenti per lavoro vale sui 10-15 Euro)
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Costi di uso del servizio (4/4)
Il costo generalizzato percepito CGP può essere calcolato come:
CGP = CMP + βA/E TA/E + βA TA + βB TB + βSPEC dove: CMP è il costo monetario percepito (Euro) TA/E è il tempo di accesso/egresso al sistema (h) βA/E è il valore unitario del tempo di accesso egresso (Euro/h) TA è il tempo di attesa (h) βA è il valore unitario del tempo di attesa (Euro/h) TB è il tempo a bordo del veicolo (h) βB è il valore unitario del tempo a bordo (Euro/h) βSPEC è una costante specifica che tiene conto dei fattori
sicurezza, comfort, privacy, ecc. (Euro) I β vanno calibrati opportunamente; ad esempio, detto 1 il valore percepito del tempo a bordo, il tempo di attesa vale da 2 a 3, cioè l’utente percepisce il tempo di 2 o 3 volte il tempo a bordo. Il tempo di accesso/egresso è il tempo che impiega l’utente a raggiungere la stazione o la fermata di partenza del proprio viaggio sul sistema di trasporto collettivo; il suo peso può variare a seconda del modo di trasporto utilizzato per raggiungere la stazione/fermata (piedi, auto, ecc.).
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La domanda di mobilità
Definizioni La domanda di mobilità (o domanda di trasporto) può essere definita come il numero di utenti, con determinate caratteristiche, che utilizza un sistema di trasporto in un determinato periodo di tempo (ora, giorno, ecc.). L’unità di misura della domanda di mobilità è utenti/tempo, ad esempio: – trasporto stradale individuale veic./h – trasporto ferroviario pass./h – trasporto stradale collettivo pass./h Per tutte le tre tipologie di trasporto si può anche parlare di spostamenti/h. La domanda di mobilità è, pertanto, un flusso di spostamenti. In ogni caso, il periodo temporale di riferimento può essere diverso dall’ora; ad esempio 15 minuti, una fascia oraria di 2 o 3 ore, un giorno o l’anno. La scelta del periodo di riferimento varia, in generale, secondo gli scopi dello studio che si sta effettuando: ad esempio si sceglie l’anno per le valutazioni economiche degli interventi, mentre un periodo di 15 minuti può essere adoperato negli studi per la progettazione dei sistemi di regolazione semaforica. In ogni caso, la domanda di trasporto risulta dall’aggregazione dei singoli spostamenti che interessano il sistema di trasporto nel periodo di riferimento considerato.
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Introduzione allo studio della domanda di mobilità
Lo studio della domanda di mobilità serve a stimare “i carichi” sul sistema di trasporto, intesi, in questo caso, come il numero di utenti che si serve di un sistema di trasporto esistente o come il numero di utenti che si servirebbe di un sistema di trasporto da progettare. Stimata la domanda di trasporto è possibile, pertanto, verificare il funzionamento di un sistema già esistente o progettare un nuovo sistema di trasporto. Un qualsiasi studio sulla mobilità che interessa un sistema di trasporto (esistente o da progettare) avviene secondo le seguenti fasi: 1. individuazione dell’area di studio 2. suddivisione in zone dell’area di studio (zonizzazione) 3. definizione del modello di offerta del sistema di trasporto 4. stima (tramite indagini o modelli) della domanda di trasporto
che interessa l’area di studio (matrici OD) 5. simulazione dell’interazione domanda/offerta (calcolo dei
flussi di traffico sulle diverse componenti del sistema) I risultati ottenuti dalla fase 5 (flussi sulle componenti del sistema di trasporto) possono essere utilizzati per effettuare valutazioni sul funzionamento di un sistema esistente o per progettare un nuovo sistema di trasporto. Di seguito si descrivono sinteticamente le singole fasi del processo di analisi della domanda di mobilità, rinviando a lezioni successive l’approfondimento delle fasi 3, 4 e 5.
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Individuazione dell’area di studio
Si definisce area di studio l’area geografica all’interno della quale si trova il sistema di trasporto (che si intende progettare o sul quale si intende intervenire) e nella quale si ritiene si esauriscano la maggior parte degli effetti degli interventi progettati. Il confine dell’area di studio è detto cordone; tutto ciò che si trova al di fuori del cordone è detto ambiente esterno, del quale interessano solo le interconnessioni con l’area di studio; tali interconnessioni sono rappresentate con dei nodi, detti centroidi esterni, posti in corrispondenza dei punti in cui il cordone “taglia” le infrastrutture di trasporto per l’ingresso e l’uscita dall’area di studio. Esempio: Si voglia progettare la rete di trasporto collettivo su gomma di una città di medie dimensioni; l’area di studio coincide con il territorio comunale.
Area di studio
Cordone
Fiume
Ferrovia
Ambiente esterno
Centroide esterno
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Zonizzazione (1/3)
Uno spostamento che interessa l’area di studio può avere, in generale, un qualunque punto di origine ed un qualunque punto di destinazione. I possibili punti di origine e destinazione sono, pertanto, teoricamente, infiniti. Per poter descrivere il fenomeno della mobilità è necessario ricondurre ad un numero finito le origini e le destinazioni degli spostamenti. Ciò si può ottenere attraverso la zonizzazione. La zonizzazione consiste nel partizionare l’area di studio in zone di traffico (di numero finito); in questo modo è possibile stimare il numero di spostamenti che si hanno tra una zona di origine o ed una zona di destinazione d. Ad ogni zona si associa un punto (detto nodo centroide) in cui si ipotizza siano concentrati tutti i punti di origine degli spostamenti che hanno origine dalla zona e tutti i punti di destinazione di tutti gli spostamenti che hanno destinazione in quella zona. In questo modo si commette una approssimazione, che sarà tanto migliore quanto maggiore è il numero delle zone. Esempio:
Origine
Destinazione
Zone di traffico
Nodi centroidi
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Zonizzazione (2/3)
Il nodo centroide è disposto baricentricamente rispetto alla localizzazione delle residenze e delle attività della zona. Criteri di zonizzazione La zonizzazione deve essere effettuata in modo da rendere accettabile l’approssimazione di sostituire alla molteplicità di punti di origine (destinazione) della zona un unico punto. Dal punto di vista applicativo esistono diverse possibili zonizzazioni per lo stesso problema; alcuni criteri da seguire sono: – i separatori fisici del territorio (fiumi, ferrovie, ecc.) di solito
vengono utilizzati come confini di zona, in quanto impediscono un collegamento “diffuso” tra zone adiacenti, ma solo in punti limitati (ponti, sottopassaggi, ecc.)
– le zone di traffico si ottengono, in generale, aggregando le particelle censuarie dell’ISTAT, in modo da poter utilizzare i dati del censimento
– si può adottare un diverso dettaglio di zonizzazione in funzione della diversa precisione che si vuole ottenere; ad esempio zone più piccole nel centro storico e più grandi in periferia
– in generale si tende ad aggregare zone omogenee dal punto di vista insediativo (residenziale, industriale, ecc.)
Ad ogni zona di traffico individuata si attribuisce un numero progressivo ed un nodo centroide, che assume lo stesso numero della zona. Anche i centroidi esterni sono numerati; ad essi si danno numeri progressivi a partire da quello successivo all’ultimo numero di zona.
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Zonizzazione (3/3)
Esempio di zonizzazione e di numerazione dei nodi centroidi
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Definizione del modello di offerta del sistema di trasporto (1/2)
Il modello di offerta di trasporto rappresenta una schematica e parziale rappresentazione delle infrastrutture e dei servizi di trasporto; le metodologie di costruzione ed implementazione dei modelli di offerta saranno approfonditi successivamente. In questa fase preliminare ci si limita ad indicare dei criteri su come possono essere selezionate le infrastrutture ed i servizi rilevanti per lo studio della mobilità, che saranno poi rappresentate con il modello di offerta. Gli elementi (infrastrutture e servizi) da selezionare dipendono dagli scopi dello studio. Ad esempio, se si vuole studiare un piano di circolazione per un centro abitato non è detto sia necessario considerare tutti i collegamenti viari come rilevanti per la mobilità, ma, ad esempio, si possono trascurare una serie di strade secondarie o locali, non interessate da forti flussi di traffico. Se si vuole studiare la domanda di trasporto su una metropolitana, per verificarne il livello di servizio, è necessario considerare sia l’infrastruttura ed i servizi (corse) della metropolitana che le infrastrutture (strade) ed i servizi (linee di trasporto su gomma) che ricadono nell’area servita dalla metropolitana; questi, infatti, influenzano il funzionamento della metropolitana, sia perché adducono utenza, sia perché possono essere sistemi di trasporto alternativi.
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Definizione del modello di offerta del sistema di trasporto (2/2)
L’insieme degli elementi considerati è anche detta “rete di base” o schema di base ed è, di solito, rappresentata graficamente evidenziando le infrastrutture sulle quali avvengono i servizi di trasporto (assi stradali, ferroviari, stazioni, ecc.). Successivamente, la rete di base sarà trasformata nel vero e proprio modello di offerta di trasporto, nel quale ogni elemento possederà delle caratteristiche quantitative ben precise (es. tempi di percorrenza, tempi di attesa, costi, ecc.). Rete di Base
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Le matrici OD (1/3)
Nelle lezioni successive saranno approfondite le fasi di stima della domanda di mobilità e di simulazione dell’interazione domanda/offerta (calcolo dei flussi di utenti sulle componenti del sistema). Ora si forniscono delle definizioni fondamentali relative alle matrici origine/destinazione (matrici OD). Una matrice OD rappresenta gli spostamenti che interessano l’area di studio, in un determinato periodo di tempo, suddivisi per luoghi (zone) di origine e di destinazione. Pertanto, la matrice OD è una matrice quadrata, con un numero di righe e di colonne pari al numero di zone più il numero di centroidi esterni. Il generico elemento dod della matrice rappresenta il numero di spostamenti che, nell’unità di tempo considerata, hanno origine nella zona o e destinazione nella zona d (rappresenta, pertanto, un flusso di spostamenti). La somma degli elementi della i-esima riga rappresenta il totale dei flussi emessi dalla zona i-esima nell’unità di tempo, ed è detto flusso “emesso” o “generato” dalla zona:
do. = ∑d dod
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Le matrici OD (2/3)
Analogamente si può definire un flusso “attratto” dalla zona d come:
d.d = ∑o dod Il numero totale di spostamenti che interessano l’area di studio nell’unità di tempo considerato è dato dalla somma di tutti gli elementi della matrice OD:
d.. = ∑o ∑d dod La matrice OD può essere partizionata in quattro settori, in relazione al tipo di zona di origine e di destinazione: – si parla di spostamenti interni all’area di studio se la zona di
origine e di destinazione sono entrambe interne all’area di studio; in particolare, gli spostamenti che hanno origine e destinazione all’interno della stessa zona sono detti intrazonali (essi non sono simulabili dal modello), gli altri sono detti interzonali;
– sono spostamenti di scambio quelli che hanno l’origine e la destinazione una all’interno e l’altra all’esterno dell’area di studio; si dividono in spostamenti di scambio I-E (interni-esterni) ed E-I (esterni-interni);
– sono spostamenti di attraversamento quelli che hanno sia l’origine che la destinazione esterne all’area di studio, ma attraversano l’area di studio, ovvero ne utilizzano il sistema di trasporto.
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Le matrici OD (3/3)
Tipologie di spostamento e loro individuazione nella matrice OD O\D 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Spostamenti Interni-Interni (I-I)
Spostamenti di scambio Interni-Esterni (I-E)
17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
Spostamenti di scambio Esterni-Interni (I-E)
Spostamenti di attraversamento
Esterni-Esterni (E-E)
Le matrici OD possono essere caratterizzate in funzione delle caratteristiche degli spostamenti rilevanti ai fini dell’analisi: – unità temporale di riferimento (ora, fascia oraria, giorno, anno) – periodo di tempo di riferimento (ora di punta, giorno della sett.) – modo dello spostamento (piedi, auto, autobus, ecc.) – motivo dello spostamento (Casa-Lavoro, Casa-Acquisti, ecc.) Si possono avere tutte le possibili combinazioni, ad esempio: – matrice OD dell’ora di punta su auto per tutti i motivi – matrice OD giornaliera tutti i modi motivo Casa-Lavoro ...
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Variazioni temporali della domanda di mobilità (1/3)
La domanda di mobilità è variabile nel tempo; ad esempio, il numero di spostamenti che avvengono in un’area urbana sono diversi da un’ora all’altra della giornata, ma sono diversi anche nella stessa ora di due giorni diversi. La dinamica temporale della domanda di mobilità può essere studiata su tre orizzonti temporali: – variazioni di lungo periodo o trend – variazioni nel corso di un determinato periodo di riferimento – variazioni fra intervalli di tempo di identiche caratteristiche Variazioni di lungo periodo (trend) Sono variazioni di lungo periodo del livello o della struttura della domanda di mobilità; ad esempio la variazione della domanda di trasporto nel corso degli anni, dovuta a variazioni dei parametri socioeconomici e territoriali. Di seguito si riporta un grafico indicizzato della domanda di trasporto su mezzi privati e collettivi dal 1960 ad oggi, posto 100 il valore della domanda al 1960.
0
100
200
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400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1960
1965
1970
1975
1980
1985
1990
1995
Filovie e autobus
Metrò, tranvie efunicolariAutovetture
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Variazioni temporali della domanda di mobilità (2/3)
Variazioni nel corso di un determinato periodo di riferimento Sono anche dette variazioni intraperiodali. Sono le variazioni della domanda di mobilità che si verificano all’interno di un periodo di analisi che comprenda più periodi elementari di riferimento (ad esempio la variazione della domanda oraria nel corso della giornata o la variazione della domanda giornaliera tra i diversi giorni della settimana). Tali variazioni si ripetono ciclicamente come andamento, anche se i valori della domanda nei singoli sottoperiodi possono assumere valori diversi.
% di spostamenti rispetto al totale del giorno
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
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18%
5.00
600
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8.00
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11.00
12.00
13.00
14.00
15.00
16.00
17.00
18.00
Ore del giorno
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Variazioni temporali della domanda di mobilità (3/3)
Variazioni fra intervalli di tempo di identiche caratteristiche Sono anche dette variazioni interperiodali. Ad esempio sono le variazioni della domanda nell’ora di punta antimeridiana di diversi giorni con caratteristiche simili (tra le 7:30 e le 8:30 di due mercoledì successivi). Queste variazioni non sono dovute ad eventi sistematici, ma dalla intrinseca aleatorietà del fenomeno della mobilità. Nella realtà i tre tipi di dinamica si sovrappongono tra loro in modo spesso non distinguibile.
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La modellizzazione dell’offerta di trasporto (1/7)
Definizioni Per modello di offerta si intende un modello matematico che simula gli aspetti rilevanti (topologici, funzionali e prestazionali) del funzionamento di un sistema di trasporto. La costruzione del modello di offerta avviene a valle delle fasi di individuazione dell’area di studio, zonizzazione ed estrazione della rete di base. In generale, la maggior parte dei modelli di offerta di trasporto sono dei grafi pesati (cioè dei grafi ai cui elementi è attribuita una caratteristica quantitativa, ad esempio tempi di percorrenza). Si definisce grafo G una coppia ordinata di insiemi: l’insieme dei nodi N e l’insieme degli archi o rami L. Ad ogni nodo è attribuito un numero: i, j, k, l, ecc. Un arco (o ramo) è definito dalla coppia di nodi che esso connette (i, j); in generale, per rappresentare le reti di trasporto si utilizzano grafi orientati, nei quali gli archi hanno un verso, per cui sono individuati da una coppia ordinata di nodi: (i, j) ≠ (j, i). Esempio di grafo orientato: Nodi: N = {1; 2; 3; 4} Archi: L = {(1, 2); (1, 3); (2, 3); (2, 4); (3, 1); (3, 4); (4, 2)}
1 2
3 4
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La modellizzazione dell’offerta di trasporto (2/7)
In un grafo si definisce percorso una sequenza di archi nel quale il nodo finale di ciascun arco coincide con il nodo iniziale del successivo. Per la simulazione dell’offerta di trasporto interessano solo i percorsi elementari, cioè quei percorsi che non passano mai due volte per lo stesso nodo. Tutti i possibili percorsi elementari che hanno il nodo 1 come nodo iniziale, per il grafo riportato nella figura precedente, sono:
(1, 2) (1, 3) (1, 2) (2, 3) (1, 2) (2, 4) (1, 3) (3, 4) (1, 2) (2, 3) (3, 4) (1, 3) (3, 4) (4, 2)
Un grafo si dice connesso se, per ogni coppia di nodi del grafo, esiste almeno un percorso che abbia come estremi i nodi in questione. Esempio: Grafo Connesso Grafo non connesso
1 2
3 4
1 2
3 4
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La modellizzazione dell’offerta di trasporto (3/7)
I grafi sono utilizzati per la rappresentazione topologica e funzionale dei sistemi di trasporto; essi diventano reti di trasporto nel momento in cui ad ogni ramo è associata una caratteristica quantitativa, che può essere una costante (ad es. tempo di percorrenza su una tratta ferroviaria) o una funzione di una serie di parametri (ad es. tempo di percorrenza su una rete stradale, funzione dei flussi). Di seguito si forniscono degli esempi di modellizzazione dell’offerta di trasporto per un sistema di trasporto stradale individuale e per un sistema di trasporto stradale collettivo (estendibile ai sistemi di trasporto ferroviario). Sistema di trasporto stradale individuale Nel grafo rappresentativo di una rete di trasporto stradale i nodi rappresentano punti fisici del territorio e precisamente sono situati in corrispondenza di intersezioni tra diverse strade o in corrispondenza di strozzature su una stessa strada; gli archi orientati rappresentano i collegamenti tra questi diversi punti, cioè tratti di strada con caratteristiche geometriche, funzionali e prestazionali omogenee. Ad esempio, un tratto di strada tra due intersezioni a senso unico è rappresentata con un solo arco, secondo il verso di percorrenza; una strada a doppio senso di marcia è rappresentata con due archi, rappresentativi ciascuno del proprio senso di marcia.
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La modellizzazione dell’offerta di trasporto (4/7)
Strada a doppio senso
Strada a senso unico I nodi rappresentativi di intersezioni sono detti nodi reali, per distinguerli dai nodi centroidi; gli archi rappresentativi di tratti di strada sono detti archi reali. I nodi reali sono numerati progressivamente a partire da numeri successivi a quelli utilizzati per i centroidi. I nodi centroidi sono collegati alla rete di trasporto tramite archi fittizi detti archi connettori, rappresentativi degli spostamenti che avvengono per raggiungere la rete di base, a partire dal luogo reale di origine dello spostamento.
58 59
58 59
Mar
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La modellizzazione dell’offerta di trasporto (6/7)
Sistema di trasporto stradale collettivo (o trasporto ferroviario) Un modello di offerta di un sistema di trasporto collettivo (su ferro o su gomma) rappresenta le diverse fasi dello spostamento: – accesso al sistema (pedonale o in altro modo) – attesa alla fermata/stazione – viaggio a bordo del veicolo – egresso dal sistema Il grafo relativo ad un sistema di trasporto collettivo, pertanto, presenta una varietà maggiore di tipologie di archi e nodi rispetto a quello relativo al sistema di trasporto privato. Tipologie di nodi: – nodi centroidi – nodi pedonali – nodi fermata – nodi di linea Tipologie di archi: – archi connettori – archi pedonali – archi di salita – archi di discesa – archi di linea
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La modellizzazione dell’offerta di trasporto (7/7)
In generale, in uno spostamento su un sistema di trasporto collettivo il modello prevede che l’utente percorra i seguenti archi: Arco connettore (dal centroide di origine ad un nodo pedonale) Archi pedonali (fino a giungere ad un nodo fermata) Arco di salita (congiunge il nodo fermata ad un nodo di linea) Archi di linea (rappresentano la parte dello spostamento a bordo del veicolo) Arco di discesa (dal nodo di linea corrispondente alla fermata) Archi pedonali (fino a giungere al nodo pedonale collegato al centroide) Arco connettore (fino al nodo centroide di destinazione) Esempio: Nodi centroidi Archi connettori Nodi pedonali Archi pedonali Nodi fermata Archi pedonali Nodi di linea Archi di salita Archi di discesa Archi di linea
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Le funzioni di costo per il trasporto stradale (1/7)
Ad ogni arco di un grafo rappresentativo di un sistema di trasporto è attribuita una caratteristica quantitativa. Tale caratteristica può rappresentare il costo generalizzato sostenuto dall’utente per percorrere quell’arco, o una aliquota dello stesso costo (ad esempio il solo tempo di percorrenza). Tale caratteristica può essere: – una costante; in questo caso si parla di costo dell’arco; – una funzione del numero di utenti sull’arco; in questo caso si
parla di funzione di costo dell’arco. Gli archi cui è attribuito un costo indipendente dal flusso di utenti sono detti non congestionati; viceversa sono detti congestionati gli archi cui è attribuita una funzione di costo. Analogamente sono dette congestionate le reti che hanno alcuni o tutti gli archi congestionati. In generale: – le reti di trasporto stradale individuale sono rappresentate da
modelli di offerta con reti congestionate (il tempo di percorrenza su un arco stradale dipende dal flusso di veicoli che lo percorre)
– le reti di trasporto ferroviario e stradale collettivo sono rappresentate da modelli di offerta con reti non congestionate (si assume, nella maggior parte dei casi, che il tempo di percorrenza su un arco di un sistema di trasporto collettivo sia indipendente dal numero di utenti che lo percorre)
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Le funzioni di costo per il trasporto stradale (2/7)
Costi e Funzioni di costo per le reti di trasporto privato Per le reti di trasporto privato (stradale), in generale, si assume che il costo associato ad un arco sia pari solo al tempo impiegato per percorrerlo. Archi connettori Per gli archi connettori si assume che tale tempo (ta) sia indipendente dal flusso di autoveicoli (archi non congestionati) e pari al rapporto tra la lunghezza dell’arco La ed una velocità media di percorrenza va, funzione delle caratteristiche della rete non rappresentata sul grafo:
ta = La/va
Si può assumere una velocità di: – 15-20 km/h in zone urbane centrali – 20-30 km/h in zone urbane periferiche – 30-40 km/h in ambito extraurbano
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Le funzioni di costo per il trasporto stradale (3/7)
Archi reali Gli archi reali, invece, si assumono congestionati, cioè il tempo di percorrenza sull’arco dipende dal flusso, fa, sull’arco stesso. Il tempo di percorrenza di un arco reale è dato dalla somma di due aliquote: – il tempo di running, tra, impiegato per percorrere l’arco – il tempo di attesa, twa, all’intersezione al termine dell’arco
ta(fa) = tra(fa) + twa(fa) Reti stradali extraurbane Il tempo di running è preponderante rispetto al tempo di attesa alle intersezioni che viene, pertanto trascurato:
ta(fa) = tra(fa)
La funzione di costo più utilizzata è la BPR, che assume la seguente forma:
β
−α+=
a
a
0
a
c
a
0
aaa Cap
fvL
vL
vL)f(t
dove: v0 è la velocità a flusso nullo sull’arco (km/h) vc è la velocità critica sull’arco (km/h) fa è il flusso sull’arco (veic/h) Capa è la capacità dell’arco (veic/h) α e β sono coefficienti adimensionali da calibrare Possibili valori: α = 0,7-1,0 e β = 2-4
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Le funzioni di costo per il trasporto stradale (4/7)
Andamento della funzione BPR Reti stradali urbane Nelle reti stradali urbane il tempo di attesa alle intersezioni non è trascurabile, anzi è in molti casi preponderante rispetto al tempo di running; pertanto, devono essere considerati entrambi i termini. Il tempo di running è calcolato come rapporto tra la lunghezza dell’arco e la velocità media di percorrenza che può essere ipotizzata dipendente dal flusso:
tra = La/va(fa)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
1300
1400
1500
1600
1700
1800
1900
2000
2100
2200
2300
2400
Flusso (veic/h)
ta (m
in)
L = 2 km α = 1v0 = 110 km/h β =4vc = 40 km/h Cap =2000 veic/h
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Le funzioni di costo per il trasporto stradale (5/7)
La velocità in ambito urbano dipende da diversi fattori; una possibile formula empirica per il suo calcolo è data da:
va(fa) = 31,1 + 2,8 Lua − 1,2 Pa − 12,8 Ta2 − 10,4 Da − 1,4 INT +
− (0,000053 + 0,000123 X)(fa/Lua)2
dove: Lua è la larghezza utile dell’arco (larghezza geometrica meno
spazio occupato dalla sosta) in metri Pa è la pendenza media in % Ta è il grado di tortuosità della strada in scala [0; 1] Da è il grado di disturbo alla circolazione stradale in scala [0; 1] INT è il numero di intersezioni secondarie per km X vale 0 se è possibile il sorpasso, 1 altrimenti In alcuni casi il tempo di running è considerato indipendente dal flusso, per cui si trascura l’ultimo termine della formula. Il tempo di attesa alle intersezioni si calcola in modo diverso se l’intersezione è semaforizzata o non semaforizzata. Le formule, di tipo semiempirico, sono diverse e di non facile memoria, per cui si rimanda a testi specifici. Per intersezioni semaforizzate le più utilizzate sono le formule di Webster, del Manuale della Capacità, di Doherty e di Ackcelik; in tutte le formule compaiono come variabili: la durata del ciclo semaforico (verde+giallo+rosso), la durata del tempo di verde, la capacità dell’accesso all’intersezione ed il flusso di veicoli.
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Le funzioni di costo per il trasporto stradale (6/7)
Per le intersezioni non semaforizzate le formule utilizzate sono anche esse semiempiriche; dipendono dalla geometria dell’intersezione, dal tipo di manovra che deve essere effettuata, dal flusso che deve effettuare la suddetta manovra e dal flusso di veicoli delle manovre che entrano in conflitto con la manovra in questione. Le formule del ritardo alle intersezioni forniscono, al variare del flusso di veicoli, il ritardo medio per veicolo (sec/veic). Una formula molto usata nelle pratiche applicazioni è la formula di Doherty, che deriva dalla formula di Webster semplificandola:
]fS)C/V[(S)C/V(f55,0
)C/V1(C21tw
aaa
a2a −
+−= (sec/veic)
dove: C è la durata del ciclo semaforico (sec) V è la durata del verde efficace (sec) Sa è il flusso di saturazione dell’accesso (veic/sec) pari alla
capacità dell’accesso se il semaforo fosse sempre verde fa è il flusso di veicoli (veic/sec) Il flusso di saturazione si calcola con una procedura, detta metodo inglese, per cui:
Sa = 0,15 Lua K1 K2 K3 ... (veic/sec) dove Lua è la larghezza utile dell’accesso in metri ed i Ki sono coefficienti correttivi che tengono conto di diversi fattori quali: pendenza dell’accesso, tipo di manovra, presenza di disturbo dovuta alla sosta, presenza di attraversamenti pedonali, composizione del flusso, ecc.
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Le funzioni di costo per il trasporto stradale (7/7)
La formula di Doherty, così come quella di Webster dalla quale deriva, fornisce un valore infinito del ritardo per fa ≥ (V/C) Sa. Ciò sarebbe vero se le condizioni di sovrasaturazione del flusso perdurassero per un tempo infinito; ciò non è vero per un sistema di trasporto in cui la domanda è variabile nel tempo. Pertanto, si considera valida la formula in questione per fa ≤ 0,95 (V/C) Sa e si utilizza il suo prolungamento lineare per fa > 0,95 (V/C) Sa. Andamento grafico Formula di Doherty.
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
0 75 150
225
300
375
450
525
600
675
750
825
900
975
1050
1125
1200
1275
1350
1425
1500
1575
1650
1725
1800
1875
f (veic/h)
tw (s
ec/v
eic)
C = 90 secV = 45 secS = 3600 veic/h
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Le funzioni di costo per il trasporto collettivo (1/3)
In generale, i sistemi di trasporto collettivo (su gomma o su ferro) sono rappresentati da modelli di rete non congestionata; cioè si ipotizza che il tempo di percorrenza su un arco sia indipendente dal numero di passeggeri che percorrono l’arco stesso. Questa ipotesi è accettabile, nella maggior parte dei casi e a meno di trascurare un eventuale costo percepito connesso all’affollamento dei veicoli, visto che le velocità commerciali medie dei veicoli sono poco influenzate dal numero di passeggeri a bordo o che sale e scende dai veicoli. Di seguito si descrive, per ogni tipologia di arco di una rete di trasporto collettivo, la metodologia per il calcolo del tempo connesso all’attraversamento dell’arco. Archi connettori ed archi pedonali. Il tempo di percorrenza dell’arco tpa si calcola come rapporto tra la lunghezza dell’arco La e la velocità media Vpa sull’arco stesso:
tpa = La/Vpa
dove Vpa è assunta pari alla velocità media di un pedone (0,8-0,9 m/s = 2,9-3,2 km/h) se si assume che il passeggero raggiunga a piedi la fermata/stazione del sistema (autobus. tram, metropolitana). Velocità diverse possono essere assunte se si prevede che l’utente raggiunga la fermata/stazione con altri mezzi, come nel caso di sistemi park-and-ride.
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Le funzioni di costo per il trasporto collettivo (2/3)
Archi di salita Agli archi di salita è attribuito un tempo pari al tempo medio di attesa twa dell’utente alla fermata. Tale tempo medio di attesa è pari alla metà dell’intertempo della linea IL, nel caso di sistemi ad elevata frequenza e bassa/media regolarità (autobus urbani, metropolitane, ecc.); se vi sono, invece, più linee che portano l’utente alla stessa destinazione, il tempo di attesa va calcolato cumulando le corse delle diverse linee (intertempo calcolato in funzione della frequenza cumulata delle diverse linee). Se, invece, il sistema è a bassa frequenza ed elevata regolarità (autobus extraurbani, treni a media e lunga percorrenza, ecc.), l’utente non si reca in modo “casuale” alla fermata, per cui il tempo medio di attesa si fissa in modo diverso. Infatti, l’utente si recherà alla fermata un certo tempo prima della partenza della corsa che deve prendere (10-15 minuti), a prescindere dalla sua frequenza. Archi di discesa Il tempo di percorrenza dell’arco di discesa tda è fissato in funzione del tipo di veicolo del sistema di trasporto; ad esempio si può fissare un tempo di 2-5 sec per un autobus e di 10-30 sec per un treno (considerata la possibilità di coda in discesa).
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Le funzioni di costo per il trasporto collettivo (3/3)
Archi di linea Il tempo di percorrenza su un arco di linea tla si calcola attraverso i diagrammi del moto o in funzione della velocità commerciale media misurata sul sistema. Per un sistema su ferro (metropolitana, ferrovia, ecc.) in sede completamente riservata, il tempo di percorrenza su un arco di linea si può calcolare, in funzione delle caratteristiche di velocità massima, accelerazione, contraccolpo e tempo di sosta alla fermata/stazione come:
tla = La/vMAX + vMAX/aM + aM/jM + tsa
dove tsa è il tempo medio di sosta connesso all’arco a, assunto pari alla metà del tempo medio di sosta connesso al nodo origine di a più la metà del tempo medio di sosta connesso al nodo destinazione di a.
Per i sistemi in sede totalmente o parzialmente promiscua (tram, autobus, ecc.) si preferisce misurare (o, in fase di progetto, fissare, in funzione di ciò che accade in realtà simili) la velocità commerciale media della linea, che dipende non solo dalle caratteriche dei veicoli (velocità, accelerazione, ecc.), ma anche dal traffico stradale sulla sede promiscua. Detta vCM tale velocità media, il tempo medio di percorrenza è dato da:
tla = La/vCM
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La stima della domanda di mobilità
La domanda di mobilità può essere stimata utilizzando: – indagini dirette – modelli matematici Le indagini dirette consistono nel rilevare le caratteristiche attuali della domanda di mobilità mediante conteggi di traffico e/o interviste agli utenti del sistema di trasporto. I modelli matematici consentono di stimare la domanda di mobilità attuale e futura, in funzione di caratteristiche socio-economiche e territoriali dell’area di studio e del sistema di trasporto in essa operante. La calibrazione dei modelli matematici si basa, comunque, su risultati di apposite indagini sulla mobilità; i risultati di alcune tipologie di indagine (conteggi dei flussi di traffico) possono, inoltre, essere utilizzati per migliorare le stime di matrici OD ottenute tramite modelli o tramite altre tipologie di indagine. Di seguito si tratteranno le principali tipologie di indagine per la stima della domanda di mobilità; successivamente si forniranno dei cenni sui sistemi di modelli matematici utilizzabili per la stima della domanda di trasporto.
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Le indagini per la stima della domanda (1/12)
Le principali metodologie di indagine sulla domanda di mobilità sono: – indagini sui flussi di traffico – indagini su aree ristrette – indagini al cordone – indagini su aree vaste – indagini sulla domanda di sosta Tranne le indagini sui flussi di traffico, tutte le indagini sono di tipo campionario, cioè sono rivolte solo ad un sottoinsieme (campione) del totale di persone interessate dallo studio (universo). Il campione deve sempre essere estratto a caso. Indagini sui flussi di traffico Sono indagini tese a rilevare l’entità e la composizione del flusso di traffico che, in un determinato periodo di tempo, attraversa una prefissata sezione del sistema di trasporto. Tali indagini possono essere effettuate sul: – sistema di trasporto privato; consiste nel rilevare composizione
del flusso veicolare ed il numero totale di veicoli di ogni categoria che attraversa una sezione stradale nell’unità di tempo;
– sistema di trasporto collettivo; consiste nel rilevare il numero di passeggeri a bordo dei veicoli del sistema di trasporto collettivo che attraversano una data sezione stradale, solitamente suddivisi per linea e/o per corsa.
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Le indagini per la stima della domanda (2/12)
I risultati dell’indagine forniscono informazioni utili per: – verificare il funzionamento del sistema di trasporto corrente – verificare la capacità dei modelli (domanda, offerta ed
interazione domanda/offerta) di riprodurre la realtà – tarare i modelli matematici per la stima della domanda – migliorare le matrici OD ottenute con modelli o indagini su aree
vaste – individuare la variazione temporale della domanda di trasporto
nel corso della giornata (individuazione dell’ora di punta) Tali indagini sono anche note con il nome di conteggi di traffico. Sistema di trasporto privato I conteggi di traffico sui sistemi di trasporto privato tendono a rilevare: – la composizione del flusso (motoveicoli, autoveicoli, mezzi
pesanti, autobus, ecc.) – l’entità del flusso (in generale il conteggio avviene contando i
flussi di traffico su intervalli di 15 minuti) I metodi di conteggio possono essere classificati in due tipologie: – conteggi manuali – conteggi automatici
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Le indagini per la stima della domanda (3/12)
I conteggi manuali consistono nel far rilevare ad un operatore i passaggi dei veicoli attraverso la sezione stradale; essi possono essere eseguiti usando una semplice scheda cartacea sulla quale barrare una casella per ogni veicolo che attraversa la sezione stradale (la scheda è suddivisa in più quadranti ognuno relativo ad una categoria di veicoli), oppure usando dei “contacolpi” manuali, in numero pari alle categorie dei veicoli, montati su un unico supporto: ogni contacolpi è azionato dall’operatore al passaggio di un veicolo della corrispondente categoria per la sezione strdale. Il contatore è poi periodicamente letto ed il numero progressivo riportato su di una apposita scheda. I conteggi automatici consistono nel disporre sulla pavimenta-zione stradale (o all’interno di essa) un detector che rileva il passaggio degli assi o dei veicoli. Diverse sono le tipologie di detector utilizzabili i più comuni sono: − tubi di gomma chiusi ad una estremità e collegati ad una
membrana all’altra; il passaggio di un asse del veicolo crea una pressione all’interno del tubo che fa scattare la membrana che provoca l’avanzamento del conteggio. Questi contatori contano il numero di assi e non sono in grado di fornire alcuna classificazione dei veicoli;
− spire metalliche (fisse inserite nella pavimentazione o removibili) attraversate da corrente elettrica che produce un campo elettromagnetico; il passaggio di un veicolo provoca una alterazione del campo elettromagnetico e l’avanzamento del contatore. I modelli più sofisticati, in funzione dell’entità dell’alterazione, riescono a distinguere i mezzi pesanti dai mezzi leggeri.
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Le indagini per la stima della domanda (4/12)
Altre metodologie di conteggio automatico si basano sull’utilizzo di telecamere. I conteggi manuali hanno il vantaggio di una maggiore precisione nella classificazione dei flussi di traffico e la possibilità di poter essere organizzati senza acquisire attrezzature di costo elevato; viceversa, hanno un costo per ora di rilievo abbastanza elevato (costo del personale). Viceversa, i conteggi automatici non forniscono una buona precisione per quanto riguarda la classificazione dei flussi di traffico, ma possono costare molto meno se effettuati su lunghi periodi di tempo. Per ottenere una classificazione del flusso si effettuano, per brevi periodi di tempo rispetto alla durata totale dell’indagine, anche dei conteggi manuali, ipotizzando costanti le % delle diverse categorie di veicoli. In generale, i conteggi manuali si utilizzano se l’indagine viene effettuata su diversi archi per un limitato intervallo di tempo (ad esempio solo nell’ora di punta della giornata); viceversa, i conteggi automatici si usano se si vuole monitorare l’andamento del traffico per un lungo periodo di tempo. Sistema di trasporto collettivo I conteggi dei passeggeri sono effettuati a bordo dei veicoli o alle fermate (conteggi di passeggeri saliti e discesi) necessariamente in modo manuale (scheda cartacea); in alcuni casi si effettuano anche delle interviste ad un campione di passeggeri.
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Le indagini per la stima della domanda (5/12)
Indagini su aree ristrette Consistono nello studio della domanda di mobilità che interessa un singolo nodo della rete stradale (intersezione) o un particolare insediamento (università, centro commerciale, aeroporto, ecc.). La prima tipologia di indagine è necessaria quando si vuole progettare o verificare il funzionamento di una intersezione stradale; anche in questo caso si effettuano dei conteggi di flusso, solo che essi devono essere distinti per manovra (svolta a dx, svolta a sx ed attraversamento) e per accesso all’intersezione. La metodologia di conteggio deve essere necessariamente manuale; in generale ad ogni operatore si affida il conteggio di non più di 3 manovre (6 se l’intersezione è semaforizzata). Gli operatori devono porsi in una posizione da cui possono osservare il traffico delle diverse manovre (tipicamente in cima ad un palazzo). Ovviamente, le schede sono progettate in modo da tale da facilitare il riconoscimento delle manovre da parte degli operatori (disegno dell’intersezione) e l’inserimento dei dati (riquadri diversi per ogni manovra). La seconda tipologia si usa quando si vuole conoscere la mobilità attratta o generata da un insediamento (ad es. università); in questo caso si intervistano gli utenti (ad es. studenti) dell’insediamento stesso. Le schede che si utilizzano sono simili a quelle utilizzate per le indagini su aree vaste, ma più semplificate e con domande mirate alla tipologia di attività che si svolge all’interno dell’insediamento. Per la strutturazione della scheda di indagine e relative “domande” si rimanda a quanto si dirà per le indagini su aree vaste.
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Le indagini per la stima della domanda (6/12)
Indagini al cordone Le indagini al cordone servono a rilevare i flussi di scambio (I-E ed E-I) e di attraversamento (E-E) che interessano l’area di studio. Per ridurre i costi dell’indagine, il cordone deve essere scelto in modo da minimizzare il numero di intersezioni con le infrastrutture e, cioè, in modo da limitare il numero di centroidi esterni (detti anche centroidi al cordone). L’indagine è effettuata sia “contando” i veicoli che attraversano la sezione al cordone (in ingresso ed in uscita) che “intervistando” un campione casuale di utenti del sistema di trasporto. Per quanto riguarda i conteggi, essi possono essere effettuati con le metodologie esaminate per le indagini sui flussi di traffico. L’estrazione del campione avviene, in generale, “fermando” l’autoveicolo che sopraggiunge dopo la fine dell’intervista precedente; ovviamente, tali indagini richiedono l’assistenza delle forze dell’ordine e deve essere scelta con cura la posizione in cui far fermare i veicoli (dove c’è una buona visibilità). L’intervistatore, potrà fare solo un numero limitato di domande, per motivi di tempo; le domande indispensabili sono: origine e destinazione dello spostamento, ora di partenza ed ora prevista di arrivo, motivo dello spostamento, occupazione del conducente, zona di residenza, frequenza dello spostamento. Altre informazioni possono essere richieste in funzione degli scopi dell’indagine.
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Le indagini per la stima della domanda (7/12)
Indagini su aree vaste Sono le indagini che occorre fare quando è necessario conoscere la mobilità che interessa un territorio esteso, come può essere un comune o un insieme di comuni. In generale, tale indagine, in grado di fornire la matrice OD degli spostamenti interni (e talvolta di quelli di scambio dall’interno verso l’esterno), è accoppiata ad una indagine al cordone. L’indagine su aree vaste, detta anche indagine OD a domicilio, consiste nel rilevare, mediante interviste dirette, le caratteristiche della mobilità dei componenti di un campione di famiglie di residenti, e nel dedurne le caratteristiche per l’intera popolazione. L’universo è costituito da tutte le famiglie residenti nell’area di studio; si intervistano tutti i componenti di una famiglia perché all’interno di essa sono presenti diverse categorie di persone (lavoratori, studenti, casalinghe etc.), cui corrispondono diverse esigenze di mobilità. Il campione di famiglie può essere estratto dall’elenco dei capifamiglia disponibile presso l’anagrafe del comune. E’ indispensabile intervistare, tornando ripetutamente a domicilio, tutti gli elementi del campione, anche quelli più difficili da contattare perché spesso assenti da casa; in caso contrario si possono commettere delle gravi imprecisioni, dato che il motivo della non reperibilità può essere dovuto proprio ad una particolare tendenza a spostarsi.
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Le indagini per la stima della domanda (8/12)
La dimensione del campione va definita in modo da avere una buona precisione sulle stime della domanda di mobilità; da esperienze fatte si può ritenere valido un campione pari al 2-4% dell’universo delle famiglie. Le informazioni base da raccogliere in una indagine O/D a domicilio sono le seguenti: – luoghi di origine e di destinazione degli spostamenti compiuti nel
giorno (per tutti gli spostamenti); – ora di inizio e di fine dello spostamento; – modo dello spostamento; – motivo dello spostamento. Ulteriori informazioni utili per l’analisi qualitativa e quantitativa della mobilità, finalizzate prevalentemente alla stima della sua evoluzione futura, sono: costo dello spostamento, attività lavorativa degli intervistati, reddito o parametri ad esso collegati, autovetture eventualmente possedute, etc. Le domande devono riferirsi agli spostamenti realmente effettuati nel giorno precedente a quello dell’intervista. E’ errato raccogliere informazioni sugli spostamenti che normalmente vengono fatti; così facendo sarebbero esclusi gli spostamenti occasionali e non si terrebbe conto di spostamenti consuetudinari che, per motivi accidentali, talvolta non sono fatti. E’ impossibile intervistare l’intero campione in un solo giorno: le informazioni raccolte si riferiscono a più giorni (considerati equivalenti tra di loro).
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Le indagini per la stima della domanda (9/12)
Le schede per le interviste dirette devono essere predisposte molto accuratamente, in quanto possono portare a degli errori gravi nella valutazione della domanda, o a carenze di informazioni. E’ possibile elencare alcuni criteri da tener presente nella progettazione della scheda di indagine: – bisogna evitare delle domande troppo personali o riguardanti il
reddito; se occorre quest’ultima informazione si possono usare delle “domande ombra” (ad es. numero di auto possedute etc.);
– le domande devono essere chiare e le risposte facilmente codificabili;
– per le domande per le quali è prevista una serie di risposte tra le quali scegliere è opportuno prevedere la voce “altro...”; in sede di codifica si può verificare se tra queste ve ne è una più frequente e inserirla nella serie delle possibili risposte;
– ogni scheda va numerata in modo da facilitare la localizzazione dell’intervistato (prime cifre coincidenti con la zona di residenza);
– ogni scheda va firmata dall’intervistatore sia per responsabilizzarlo, sia per sapere a chi rivolgersi per indicazioni poco chiare.
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Le indagini per la stima della domanda (10/12)
Programmi di caricamento, verifica, ed elaborazione dati. I dati raccolti con le schede sono caricati su elaboratori elettronici, riportando i dati codificati dell’intervista. La codifica è affidata ai codificatori, cioè a persone distinte dagli intervistatori, che, nei giorni immediatamente successivi alle singole interviste, traducono le risposte in codice. Il loro lavoro rappresenta una verifica puntuale delle schede di intervista e può consentire correzioni di eventuali errori commessi dagli intervistatori. I risultati codificati delle interviste vanno sottoposti ad una serie di test finalizzati alla correzione degli errori o ad individuare interviste fittizie. Gli errori più comuni da scovare in fase di codifica e/o di elaborazione sono i seguenti: – Interviste fittizie. – Informazioni errate. In taluni rapporti di interviste autentiche si
trovano dati evidentemente scorretti. – Contraddizioni. Due risposte antitetiche non possono essere
entrambe esatte. Ad es. assenza di studenti in famiglia e spostamenti casa-studio non nulli.
– Risposte incomplete. L’intervistato a volte può trascurare di rispondere a qualche domanda, o può capitare che la risposta non venga annotata.
In alcuni casi si può far fronte ad alcuni errori e recuperare l’intervista, in altri casi essa deve essere scartata.
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Le indagini per la stima della domanda (11/12)
Le indagini sulla domanda di sosta Consistono nel rilevare la domanda di sosta che si ha in una certa zona, al fine di poter dimensionare nuovi impianti di parcheggio o di istituire dei piani di tariffazione e gestione della sosta. I parametri che caratterizzano la domanda di sosta sono classificabili in due gruppi: – parametri che possono essere rilevati da una indagine sulla
sosta (numero di veicoli che chiede di sostare e durata media della sosta), senza la necessità di intervistare gli occupanti degli autoveicoli: la conoscenza di questi parametri è necessaria e sufficiente per dimensionare un sistema di parcheggi in grado di soddisfare la domanda attuale e manifesta;
– parametri relativi agli utenti dell’auto che chiede di sostare: (luoghi di origine e destinazione, motivo della sosta, costo dello spostamento, ecc.) essi possono essere misurati solo intervistando gli utenti stessi e servono per fissare una politica di sosta di medio e lungo periodo, che non soddisfi solo le esigenze attuali, ma anche quelle future.
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Le indagini per la stima della domanda (12/12)
Per rilevare i parametri del primo gruppo si può utilizzare il metodo della targa; esso consiste nel porre sotto osservazione per un’intera giornata un campione di stalli presenti nell’area di studio e nel registrare su appositi moduli ad intervalli di tempo fissi (in genere 30 minuti) le targhe delle auto in sosta negli stalli prescelti. La successiva elaborazione dei dati fornisce le informazioni richieste. L’espansione all’universo dei risultati dell’elaborazione avviene moltiplicandoli per il rapporto tra il numero di stalli presenti nell’area ed il numero di stalli sottoposti ad osservazione. E’ opportuno considerare come stallo non solo uno spazio legale per la sosta, ma uno spazio normalmente utilizzato per la sosta, sia essa legale o meno, custodita e non. I parametri del secondo gruppo richiedono l’intervista degli occupanti delle auto. Il metodo è sempre di tipo campionario e consiste nell’intervistare gli utenti di un parcheggio rappresentativo dell’area di studio o di più parcheggi ciascuno rappresentativo di una zona omogenea. L’intervista essendo condotta sul luogo non può durare più di 1 o 2 minuti e conviene che essa sia eseguita quando il conducente torna al veicolo per lasciare il parcheggio.
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Modelli matematici per la stima della domanda (1/11)
Un modello matematico per la stima della domanda di mobilità, detto anche concisamente modello di domanda, è una funzione matematica che pone in relazione la distribuzione e la tipologia di attività sul territorio (residenze, luoghi di lavoro, ecc.), le caratteristiche socio-economiche dei residenti (reddito, numero di auto possedute, età, percentuale di occupazione, ecc.) e le caratteristiche del sistema di offerta di trasporto (livelli di servizio) con la domanda di trasporto, riferita ad un determinato periodo di tempo. Se si indica, formalmente, con ATT la distribuzione delle attività sul territorio, con SE le caratteristiche socio-economiche dei residenti e con T le caratteristiche dell’offerta di trasporto, il modello di domanda si può esprimere come:
d = f(ATT, SE, T) dove d rappresenta la domanda di trasporto sul territorio. In generale, per modellizzare la domanda di trasporto si ipotizza che ogni spostamento sia il risultato di una serie di scelte effettuate dall’utente del sistema di trasporto. Si considerano in genere 4 “dimensioni” di scelta: 1) scelta di effettuare o meno lo spostamento 2) scelta della destinazione dello spostamento 3) scelta del modo di trasporto 4) scelta del percorso
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Modelli matematici per la stima della domanda (2/11)
Per motivi di trattabilità analitica, in modo da poter considerare un numero ridotto di alternative di scelta, si preferisce fattorializzare il modello di stima della domanda nel prodotto di 4 sottomodelli, ciascuno relativo ad una sola dimensione di scelta; il modello così ottenuto è detto modello a 4 stadi o modello ad aliquote parziali:
dod(s,m,k) = do.(s) ⋅ p(d/os) ⋅ p(m/ods) ⋅ p(k/mods) In questo modello il numero di spostamenti dall’origine “o” alla destinazione “d” per il motivo “s”, con il modo “m” e sul percorso “k”, è espresso come prodotto del numero di spostamenti emessi dall’origine “o” per lo scopo “s” [do.(s)], per la frazione di tali spostamenti che si reca alla destinazione “d” per il motivo “s” [p(d/os)], per la frazione di spostamenti che usa il modo “m” per recarsi in “d” per il motivo “s” [p(m/ods)], per la frazione che utilizza il percorso “k” relativo al modo “m” per recarsi in “d” per il motivo “s” [p(k/mods)]. Le suddette frazioni possono essere viste come percentuali o come probabilità di scelta. I quattro sottomodelli così ottenuti sono noti come: do.(s) modello di emissione o generazione p(d/os) modello di distribuzione p(m/ods) modello di scelta modale p(k/mods) modello di scelta del percorso (o di assegnazione)
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172
Modelli matematici per la stima della domanda (3/11)
I modelli di domanda possono, a loro volta, essere classificati in: – comportamentali, se derivano da esplicite ipotesi sul
comportamento degli utenti; – descrittivi, se descrivono le relazioni tra la domanda di
trasporto e le variabili socioeconomiche, territoriali e di livello di servizio, senza formulare ipotesi specifiche sul comportamento dei decisori (utenti del sistema).
In generale, nel modello a quattro stadi i sottomodelli di emissione e distribuzione sono di tipo descrittivo, mentre i sottomodelli di scelta modale e scelta del percorso sono comportamentali. Cenni sui modelli di utilità casuale I modelli comportamentali più utilizzati per modellizzare la domanda di trasporto sono del tipo di utilità casuale. I modelli di utilità casuale si basano sulla ipotesi che ogni utente sia un decisore razionale ovvero un massimizzatore della propria utilità percepita e che, per una serie di motivi, non sia possibile prevedere con certezza la scelta che egli effettuerà, ma soltanto calcolare la probabilità che egli faccia una determinata scelta. Le ipotesi alla base dei modelli di utilità casuale sono: a) il generico utente considera nell’effettuare la scelta tutte le
alternative disponibili appartenenti al suo insieme di scelta b) ogni utente associa a ciascuna alternativa del suo insieme di
scelta una utilità percepita e sceglie l’alternativa che massimizza tale utilità
c) l’utilità associata dal generico utente all’alternativa è una variabile aleatoria
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173
Modelli matematici per la stima della domanda (4/11)
Di seguito si indica con: Ui
j l’utilità percepita che l’utente “i” associa all’alternativa j Vj la media (o il valore atteso) delle utilità che gli utenti
associano all’alternativa j, detta utilità sistematica εi
j il residuo aleatorio, che rappresenta lo scostamento dell’utilità percepita rispetto al valore medio
Ui
j = Vj + εij
L’utilità connessa ad ogni alternativa dipende dagli “attributi” dell’alternativa stessa; di solito si assume che la utilità sistematica Vj sia una funzione lineare degli attributi Xk j:
Vj = ∑k βk Xk j
In base alle ipotesi fatte, la probabilità che l’utente i scelga l’alternativa j, tra tutte quelle appartenenti al suo insieme di scelta Ii, è pari alla probabilità che l’utilità percepita dell’alternativa j sia la maggiore tra le utilità percepite associate alle altre alternative diverse da j, cioè:
[ ] iik
ij
i Ik,jjkUUobPr)j(p ∈≠∀>= ovvero:
[ ] iij
ikkj
i Ik,jjkVVobPr)j(p ∈≠∀ε−ε>−=
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174
Modelli matematici per la stima della domanda (5/11)
Dalle relazioni precedenti, si evince che la probabilità di scelta di una alternativa è una funzione dei valori delle utilità sistematiche di tutte le alternative concorrenti. L’espressione di tale probabilità dipende dalla legge di distribuzione dei residui aleatori: al variare delle ipotesi che si fanno sulla distribuzione congiunta dei residui aleatori si possono ottenere diversi modelli di utilità casuale. Uno dei modelli più diffusi è il modello Logit multinomiale, che si basa sull’ipotesi che i residui aleatori siano distribuiti secondo una variabile aleatoria di Gumbel di parametro θ (da calibrare). Tale modello consente di calcolare in forma chiusa le probabilità di scelta di un’alternativa come:
∑ = θθ
=N...1k k
ji
)/Vexp()/Vexp(
)j(p
Il modello Logit risulta essere particolarmente conveniente per la semplicità della sua trattazione analitica; esso è il più semplice di un’ampia classe di modelli di utilità casuale, cui si rimanda a testi specifici. La forma funzionale del modello Logit è molto adoperata per definire i modelli di distribuzione e di scelta modale.
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175
Modelli matematici per la stima della domanda (6/11)
Modello di generazione I modelli di generazione (o emissione) più adoperati nella pratica professionale sono “descrittivi”, sia perché l’utente non compie una scelta ad ogni viaggio per gli spostamenti sistematici (casa-lavoro, casa-scuola ed i loro inversi), sia perché le variabili che influenzano la scelta non sono facilmente quantizzabili. I più utilizzati sono i modelli “indice per categoria”; in essi gli utenti del sistema di trasporto sono suddivisi per categorie omogenee (rispetto al motivo in esame). Viene stimato il numero medio di spostamenti effettuati dall’utente medio di ogni categoria per il motivo in esame; il numero totale di spostamenti emessi da ogni zona per il motivo “s” [do.(s)] si ottiene come sommatoria estesa a tutte le categorie dei prodotti del numero di utenti di ogni categoria che si trovano nella zona “o” [no(c)] per il numero medio di spostamenti effettuati dall’utente medio della categoria per il motivo “s” [mc(s)]:
do.(s) = ∑c no(c) ⋅ mc(s) Esempio: indici spostamenti giornalieri casa-lavoro, casa-scuola. Utente tipo della categoria Casa-Lavoro mc(C-L) Attivo settore Industrie 1,024 Attivo settore Servizi 1,084 Attivo settore Servizi Privati 0,931 Attivo settore Servizi Pubblici 1,245 Utente tipo della categoria Casa-Scuola mc(C-Sc) Alunni scuole Elementari 0.84 Studenti scuole Medie Inferiori 0.87 Studenti scuole Superiori 0.86
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176
Modelli matematici per la stima della domanda (7/11)
Modello di distribuzione Il modello di distribuzione fornisce la percentuale, o aliquota, p(d/os) di spostamenti che, partendo dalla zona “o” per il motivo “s”, si reca alla destinazione “d”. I modelli di distribuzione maggiormente usati nella pratica sono i modelli di “utilità casuale”, pur avendo una interpretazione descrittiva e non comportamentale. Il modello più usato è il Logit:
∑ θθ
=
'd'd
d
)/Vexp()/Vexp(
)os/d(p
dove Vd è l’utilità sistematica connessa alla destinazione “d” e la sommatoria è estesa a tutte le possibili destinazioni d’. L’utilità sistematica, Vd, viene espressa come combinazione lineare, medianti opportuni coefficienti βk, di “attributi di attrattività” della zona (ad es. numero di addetti della zona per gli spostamenti Casa-Lavoro e numero di posti-scuola per il motivo Casa-Scuola) e degli “attributi di costo” (ad es. la distanza in linea d’aria tra le zone) riferiti alla zona di destinazione “d”:
∑ ⋅β=k
kdkd XV
La scelta degli attributi Xkd deve essere effettuata caso per caso; i coefficienti βk possono essere tarati con l’ausilio dei risultati di indagini sulla mobilità.
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Modelli matematici per la stima della domanda (8/11)
Gli attributi utilizzati per la definizione del modello possono essere distinti in due gruppi: 1) Attributi di attrattività: sono variabili, o loro funzioni, in grado
di misurare la “capacità attrattiva” di una zona di destinazione (addetti, posti scuola, negozi, ecc.).
2) Attributi di costo: sono variabili che misurano il costo generalizzato (i coefficienti βk sono negativi) connesso allo spostamento da o a d (distanza, costo generalizzato, ecc.)
Se si indica con Ad e Cod le variabili di attrazione e di costo, il modello di distribuzione più elementare assume la forma:
[ ][ ]∑ β−β
β−β=
'd 'd o2'd1
d o2d1
CAexpCAexp
)os/d(p
Se si considerando come variabile di attrazione il logaritmo naturale di Ad, e come variabile di costo il logaritmo naturale di Cod, si ottiene il seguente modello, detto anche modello gravitazionale:
∑ β−β
β−β
='d od''d
odd21
21
C AC A
)osh/d(p
Per il motivo Casa-Lavoro, un possibile valore per i coefficienti β1 e β2 , calibrati su città di medie dimensioni, considerando come variabile di attrattività il numero di addetti al settore servizi e come variabile di costo la distanza in linea d’aria, sono:
β1 = 0,93 β2 = 0,70
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Modelli matematici per la stima della domanda (9/11)
Modello di scelta modale Il modello di scelta modale fornisce la percentuale, o aliquota, p(m/ods) di spostamenti che, recandosi dalla zona o alla zona d per il motivo s, usa il modo m. I modelli di scelta modale utilizzati nella pratica hanno quasi sempre una interpretazione comportamentale. Gli attributi che compaiono nella funzione di utilità sono: A) attributi di livello di servizio: sono relativi alle caratteristiche
del servizio offerto dal singolo modo, ad esempio il tempo di viaggio, il costo monetario, la regolarità del servizio, ecc. Questi attributi hanno di solito coefficienti negativi in quanto rappresentano per l’utente delle disutilità. Fra gli attributi di livello di servizio vi sono di solito degli attributi specifici dell’alternativa o di preferenza modale i quali valgono uno per un modo e zero per gli altri e tengono conto di quelle caratteristiche proprie di ciascun modo non valutabili quantitativamente.
B) attributi socio-economici: sono relativi a caratteristiche del decisore o del nucleo familiare di appartenenza che influenzano la scelta del modo; ad esempio variabili di reddito, di dotazione automobilistica (n. di auto in famiglia, ecc.), il sesso, l’età ecc.
La forma funzionale più utilizzata è il modello Logit:
[ ][ ]∑ θ
θ=
'm 'm
m/Vexp
/Vexp)ods/m(p
dove Vm è l’utilità sistematica associata al modo m.
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179
Modelli matematici per la stima della domanda (10/11)
Una possibile specificazione delle utilità sistematiche per la scelta modale tra l’automobile (a), l’autobus (b) e la metropolitana (m) è la seguente: Va = β1 AUTO + β3 Ca + β4 Ta + β5 NA Vb = β2 BUS + β3 Cb + β4 Tb Vm = β3 Cm + β4 Tm dove AUTO e BUS sono variabili di preferenza modale, C e T sono i costi ed i tempi relativi a ciascun modo per recarsi dall’origine alla destinazione e NA è il numero di auto possedute in famiglia; AUTO, BUS ed NA sono variabili specifiche della alternativa. Il modello di scelta del percorso Il modello di scelta del percorso fornisce la percentuale, o aliquota, p(k/mods) di spostamenti che utilizzano il percorso k, relativo al modo m, per andare da o a d per lo scopo s. I modelli di scelta del percorso sono tutti comportamentali. In generale si assume che le variabili influenzanti la scelta del percorso siano sostanzialmente degli attributi di livello di servizio di segno negativo, ovvero dei costi (tempo di percorrenza, costo monetario). Per tale motivo nel seguito si farà riferimento non più ad una utilità percepita Uk ma ad un costo percepito C^k relativo al percorso k. Tale costo percepito può essere espresso come:
C^k = Ck + εk dove Ck è il costo percepito medio.
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Modelli matematici per la stima della domanda (11/11)
Diversi modelli comportamentali possono essere usati per calcolare le probabilità di scelta del percorso. Il più elementare è il modello di utilità deterministica; esso può essere visto come un caso particolare di un modello di utilità casuale nel quale la varianza dei residui εk è assunta pari a 0:
C^k = Ck
In questo caso tutti gli utenti scelgono il percorso di costo minimo e tutti gli altri percorsi hanno probabilità nulla di essere utilizzati. Questo modello è anche noto come modello di scelta tutto o niente; i risultati ottenuti con questo modello si discostano, in molti casi, notevolmente da quelli reali. Per calcolare la probabilità di scelta del percorso si può usare anche un modello Logit:
[ ][ ]∑ ∈ θ−
θ−=
odmIh h
k
/Cexp/Cexp
)smod/k(p
dove Iodm è l’insieme di tutti i percorsi che collegano la coppia od con il modo m. La applicazione del modello Logit richiederebbe la enumerazione esplicita di tutti i percorsi esistenti fra ogni coppia O-D. Questa operazione è proibitiva per reti delle dimensioni reali. Per questo motivo si utilizzano degli algoritmi che consentono di calcolare implicitamente, durante la fase di assegnazione, le probabilità di scelta associate ai diversi percorsi. Nella prossima lezione si vedrà come è possibile calcolare i flussi sugli archi della rete (modello di assegnazione) nel caso di reti non congestionate e congestionate.
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Modelli di assegnazione (1/9)
I modelli di assegnazione consentono di calcolare i flussi sulla rete di trasporto note le caratteristiche della domanda di trasporto (matrici OD) e le caratteristiche dell’offerta di trasporto (grafo della rete). Tali modelli sono anche detti modelli di interazione domanda/offerta. Si indichi con: dod il flusso di domanda (veic/h) tra l’origine o e la destinazione d k un generico percorso che connette la coppia od Fk il flusso di veicoli sul percorso k (veic/h) pk,od la probabilità che gli utenti che devono muoversi da o a d
scelgano il percorso k (tale probabilità vale 0 se il percorso k non connette la coppia od)
Si ha la seguente relazione:
Fk = pk,od dod
Esempio: dod = 420 veic/h p1,od = 0,68 p2,od = 0,32 F1 = p1,od dod = 0,68 x 420 = 286 veic/h F2 = p2,od dod = 0,32 x 420 = 134 veic/h
o
d
Percorso 1
Percorso 2
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Modelli di assegnazione (2/9)
Un percorso è costituito da una successione di archi Il percorso 1 è composto dagli archi 1, 2, 3, 4 e 5 ed il percorso 2 dagli archi 1, 6, 7 e 8. In generale, un arco può appartenere a più di un percorso. Si indichi con: fi il flusso flusso di veicoli sull’arco i (veic/h) Il flusso sull’arco i, fi, è pari alla somma dei flussi di percorso, Fk, cui l’arco appartiene; nel caso dell’esempio si ha: f1 = F1 + F2 = 286 + 134 = 420 veic/h f2 = f3 = f4 = f5 = F1 = 286 veic/h f6 = f7 = f8 = F2 = 134 veic/h La relazione tra flussi di arco e flussi di percorso può essere scritta come:
fi = ∑k ai,k Fk
dove: ai,k = 1 se l’arco i appartiene al percorso k ai,k = 0 se l’arco i non appartiene al percorso k
d
1 2
3 4 5
6 7
Percorso 1
Percorso 2
o
8
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Modelli di assegnazione (3/9)
Pertanto il flusso su un arco può essere calcolato come:
fi = ∑od ∑k ai,k pk,od dod La sommatoria estesa a tutte le coppie od è necessaria in quanto un arco può appartenere anche a percorsi che connettono coppie od differenti. Ad esempio, il flusso sull’arco 3 si ottiene come: f3 = a3,1 p1,od dod + a3,2 p2,od dod = = (1 x 0,68 x 420) + (0 x 0,32 x 420) = 286 + 0 = 286 veic/h Il modello di assegnazione può essere rappresentato in maniera sintetica con una rappresentazione matriciale/vettoriale, introducendo le seguenti notazioni. Si indichi con: na il numero degli archi np il numero di percorsi nod il numero di coppie od vettore dei flussi di percorso: F (np x 1) vettori dei flussi di arco: f (na x 1)
F1 f1
F2 f2
F = ... f = ... ... ... Fnp fna
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Modelli di assegnazione (4/9)
vettore di domanda di trasporto: d (nod x 1)
d1 d2
d = ... ... dnod
matrice di incidenza archi/percorsi: A (na x np)
Percorsi 1 2 ... ... np a1,1 a1,2 ... ... a1,np 1 a2,1 a2,2 ... ... a2,np 2
A = ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ana,1 ana,2 ... ... ana,np na
Arc
hi
matrice delle probabilità di scelta del percorso: P (np x nod)
Coppie od 1 2 ... ... nod p1,1 p1,2 ... ... p1,nod 1 p2,1 p2,2 ... ... p2,nod 2
P = ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... pnp,1 pnp,2 ... ... pnp,nod np
Perc
orsi
Per i modelli di scelta del percorso di tipo deterministico il generico pk,od può assumere solo il valore 0 o il valore 1.
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Modelli di assegnazione (5/9)
Con queste notazioni, utilizzando il prodotto rigaxcolonna tra matrici, si può scrivere:
Fk = pk,od dod ⇒ F = P d
fi = ∑k ai,k Fk ⇒ f = A F
fi = ∑od ∑k ai,k pk,od dod ⇒ f = A P d Esempio:
F P d 1 286 0,68 2 134
= 0,32
420
f A F 1 420 1 1 2 286 1 0 3 286 1 0 4 286 1 0 286 5 286 1 0 134 6 134 0 1 7 134 0 1 8 134
=
0 1
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Modelli di assegnazione (6/9)
Ad ogni arco e ad ogni percorso di una rete di trasporto è associato un costo; in generale, si indica con Ck il costo del generico percorso k e con ci il costo del generico arco i. I costi di percorso e di arco possono anche essi essere ordinati in vettori: vettore dei costi di percorso: C (np x 1) vettori dei costi di arco: c (na x 1)
C1 c1 C2 c2
C = ... c = ... ... ... Cnp cna
Il costo del generico percorso k è dato dalla somma dei costi degli archi che lo compongono; ad esempio: C1 = c1 + c2 + c3 + c4 + c5 = 2 + 4 + 5 + 4 +3 = 18 C2 = c1 + c6 + c7 + c8 = 2 + 8 + 6 + 9 = 25
d
c1 =2
Percorso 1
Percorso 2
o
c2 =4 c3 =5 c4 =4
c5 =3
c6 =8 c7 =6 c8 =9
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Modelli di assegnazione (7/9)
Questa relazione può essere scritta come:
Ck = ∑i ai,k ci
dove: ai,k = 1 se l’arco i appartiene al percorso k ai,k = 0 se l’arco i non appartiene al percorso k Ricordando la definizione data precedentemente della matrice di incidenza archi/percorsi, si può scrivere:
C = AT c dove AT è la trasposta della matrice di incidenza:
C AT c 18 1 1 1 1 1 0 0 0 2 25
= 1 0 0 0 0 1 1 1 4
5 4 3 8 6 9
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188
Modelli di assegnazione (8/9)
La probabilità di scelta del percorso pk,od è funzione dei costi di percorso, Ck, di tutti i percorsi che connettono la coppia od, e, pertanto, di tutti i percorsi sulla rete (pk,od = o per tutti i percorsi che non connettono la coppia od):
pk,od = pk,od(C)
Riferendosi all’intera matrice delle probabilità di scelta del percorso, si ha:
P = P(C) e pertanto:
F = P(C) d
f = A P(C) d ovvero f = A P(AT c) d Queste due relazioni legano tra loro i flussi di percorso, F, ai costi di percorso, C, ed i flussi di arco, f, ai costi di arco. Esse rappresentano i modelli di assegnazione nel caso di reti non congestionate (costi sugli archi indipendenti dai flussi e, pertanto, costanti); essi sono anche detti modelli di carico della rete. Per le reti congestionate (ad esempio reti stradali), invece, il costo su un arco dipende dal flusso sull’arco stesso; formalmente si può scrivere:
c = c(f)
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189
Modelli di assegnazione (9/9)
Si viene, pertanto, a creare una dipendenza circolare tra costi e flussi: i flussi sulla rete dipendono dai costi ed i costi, a loro volta, dipendono dai flussi. Il problema che si pone, pertanto, è quello di ritrovare un vettore dei flussi, detto vettore dei flussi di equilibrio, f* o F*, che sia consistente con i corrispondenti costi, c o C:
F* = P(C(F*)) d (1)
f* = A P(AT c(f*)) d (2) Ciò può essere configurato come un problema di punto fisso, consistente nel trovare il vettore F* o f* che, posto nella relazione (1) o (2) riproduca se stesso. Le metodologie di risoluzione, algoritmi risolutivi, sono numerose e sono differenti a seconda delle ipotesi alla base del modello di scelta del percorso.
Costi di arco c
Flussi di arco f
Scelta del percorso f = A P(AT c) d
Funzioni di costoc = c(f)
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190
I metodi di valutazione degli investimenti (1/2)
I metodi di valutazione degli investimenti nel settore dei trasporti consentono di valutare la convenienza economica o finanziaria di un investimento (ad esempio la costruzione di una ferrovia o di una strada, o ancora il loro ammodernamento). Una valutazione di investimenti è detta: – analisi finanziaria se è effettuata nell’interesse di un
imprenditore privato – analisi economica se è effettuata nell’interesse della
collettività Nel primo caso si valuta la convenienza dell’investimento considerando solo i costi ed i ricavi dell’imprenditore nella realizzazione del progetto. Nel secondo caso, invece, devono essere valutati i benefici ed i costi che la collettività riceve dalla realizzazione del progetto. Sia per l’analisi finanziaria che per quella economica, si può utilizzare come tecnica di valutazione l’Analisi Benefici-Costi (ABC); essa è anche detta Analisi Ricavi-Costi nel caso di analisi finanziaria. L’ABC può essere utilizzata solo se tutti i benefici e tutti i costi da valutare sono monetari o monetizzabili. Se si vogliono considerare anche benefici e costi non monetizzabili (impatti sull’ambiente) si deve ricorrere ad un’altra tecnica di valutazione: l’Analisi MultiCritera (AMC).
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191
I metodi di valutazione degli investimenti (2/2)
Analisi finanziaria Nell’analisi finanziaria si valutano i costi che l’imprenditore deve sostenere per realizzare l’opera e/o per gestire il servizio (costi di costruzione, manutenzione, gestione, ecc.) ed i ritorni finanziari (entrate monetarie) che l’esercizio dell’opera o del servizio presumibilmente produrrà nella sua vita utile. Tale valutazione è effettuata per diverse alternative di investimento (ivi compresa l’alternativa del non investimento). Ciascuna alternativa giustifica l’investimento se i ricavi superano i costi; tra più alternative è da preferire quella con un differenziale positivo maggiore. Analisi economica La valutazione consiste nel confrontare i costi di investimento a carico della collettività nel suo insieme (utenti e non utenti) con i benefici di cui potrà godere la collettività (utenti e non utenti) a seguito della realizzazione del progetto. I benefici possono essere monetari (risparmio di carburante, di pedaggi di tariffe, ecc.) o monetizzabili (risparmio di tempo) o non monetizzabili (salvaguardia di valori storico-ambientali, riduzione di inquinamento, ecc.). I costi sono simili a quelli di un operatore privato, con la differenza che non vanno considerati quei costi che “rientrano” alla collettività (tasse, imposte, oneri finanziari, parte dei costi della manodopera — riduzione disoccupazione, ecc.). Nel seguito ci si riferirà alla sola analisi economica che ha un carattere di maggiore generalità.
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192
L’Analisi Benefici-Costi (1/13)
L’ABC consiste nel confrontare per ogni alternativa, compresa l’alternativa di Non-Progetto (NP), i benefici di cui goderà la collettività a progetto ultimato con i costi che la stessa collettività deve sostenere per la sua realizzazione e gestione. Tra più alternative è preferibile quella cui corrisponde un differenziale positivo più elevato tra benefici e costi. Le fasi dell’ABC sono le seguenti: – identificazione delle alternative di progetto – stima dei costi – stima dei benefici – individuazione e stima degli indicatori per la valutazione Identificazione delle alternative di progetto Tali alternative, individuate dal decisore politico, possono essere: – una unica alternativa di progetto; in questo caso deve essere
valutato se il progetto è economicamente conveniente per la collettività rispetto alla alternativa NP. Esempio: l’ammo-dernamento di una strada esistente.
– più alternative di progetto tra loro incompatibili; in questo caso può esserne realizzata solo una e si deve valutare quale progetto risulta essere economicamente più conveniente per la collettività. Esempio: costruire una strada o, in alternativa, una ferrovia per collegare due centri abitati.
– più alternative di progetto tra loro compatibili; in questo caso è possibile realizzare più di un progetto contemporaneamente e la valutazione è effettuata su gruppi di progetti tra loro incompatibili (anche se solo per problemi di budget).
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193
L’Analisi Benefici-Costi (2/13)
La stima dei Costi I costi vanno stimati, anno per anno, dall’inizio della costruzione dell’opera fino al termine della vita utile del progetto. La vita utile è pari al numero di anni durante i quali si ritiene che il progetto possa essere considerato efficiente e non obsoleto. I costi che devono essere valutati sono: – costi di costruzione; vanno valutati dall’anno di inizio della
costruzione dell’opera fino al termine previsto dei lavori. Possono risultare diversi anno per anno in funzione del piano dei lavori previsto.
– costi di manutenzione e costi di gestione; vanno valutati dall’anno di inizio dell’esercizio dell’opera fino al termine della vita utile. Anche essi possono essere diversi anno per anno (in generale, i costi di manutenzione aumentano con l’aumentare degli anni).
Dei costi per gli utenti, come sarà precisato successivamente, se ne terrà conto nella valutazione dei benefici diretti, considerato che le opere nel settore trasporti sono realizzate proprio per produrre una riduzione dei costi degli utenti. Tutti i costi vanno valutati utilizzando i prezzi attuali, prescindendo dalla svalutazione monetaria; di quest’ultima, come si vedrà, se ne terrà conto in fase di valutazione scegliendo un opportuno tasso di attualizzazione.
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194
L’Analisi Benefici-Costi (3/13)
Nella valutazione dei costi devono essere eliminati tutti i trasferimenti tra settori della collettività; ad esempio, le tasse e le imposte o, ancora, gli interessi su capitali in prestito sono trasferimenti tra componenti della collettività. Possono, inoltre, essere considerati trasferimenti quei costi di produzione che, comunque, dovrebbero essere sopportati dalla collettività. E’ il caso di parte del costo del personale che lo Stato in ogni caso corrisponderebbe attraverso sussidi di disoccupa-zione se il progetto non venisse realizzato. In molti casi, non si utilizzano i prezzi di mercato per la valutazione dei costi delle risorse impiegate ma dei prezzi ombra, che meglio rispecchiano l’interesse della collettività per quelle risorse. Ad esempio, i costi energetici possono essere valutati a prezzi più alti di quelli di mercato, considerato che l’energia è una risorsa in gran parte importata dall’estero; viceversa, il costo di prodotti nazionali può essere mantenuto inferiore al prezzo di mercato.
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195
L’Analisi Benefici-Costi (4/13)
La stima dei Benefici I benefici prodotti dall’attuazione di un progetto possono essere distinti in: – benefici diretti; sono i benefici di cui godono solo gli utenti del
sistema di trasporto (ad esempio la riduzione del costo generalizzato del trasporto);
– benefici indiretti; sono i benefici di cui godono anche i non utenti del sistema (ad esempio la riduzione dell’inquinamento atmosferico).
I benefici possono in alcuni casi risultare negativi (ad esempio ad un progetto può corrispondere un incremento dell’inquinamento atmosferico); in questo caso contabilmente diventano dei costi, anche se non hanno niente a che vedere con la realizzazione e gestione dell’opera. I benefici diretti possono essere stimati come incremento del surplus del consumatore, derivante dalla realizzazione del progetto. I benefici indiretti sono: – riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico – salvaguardia dei valori storico-monumentali di una città – sviluppo economico e sociale del territorio in cui il progetto è
realizzato – ...
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L’Analisi Benefici-Costi (5/13)
Stima dei Benefici Diretti Per la domanda di trasporto, così come per altri beni e servizi, può essere definita una curva di domanda, che pone in relazione il numero di utenti che si serve del sistema di trasporto con il costo generalizzato connesso allo stesso sistema. Più precisamente, è possibile tracciare una curva delle disponibilità a pagare degli utenti del sistema. Per disponibilità a pagare si intende il quantitativo di risorse (non solo costo monetario) che ogni utente è disposto a spendere per servirsi del sistema di trasporto (effettuare lo spostamento). Ogni utente, uti, in funzione delle proprie caratteristiche socio-economiche, ha una diversa disponibilità a pagare, Dispi; nel grafico della curva di domanda si riporta sull’asse verticale la disponibilità a pagare di ogni utente e sull’asse orizzontale gli utenti, ordinati per disponibilità a pagare decrescenti. Utenti
Disp
. a p
agar
e
uti
Dispi
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197
L’Analisi Benefici-Costi (6/13)
Una volta costruita la curva di domanda (curva delle disponibilità a pagare), la si può utilizzare per stimare il numero di utenti che utilizzano il sistema di trasporto al variare del costo generalizzato ad esso connesso. Fissato un costo generalizzato, Cg*, gli utenti che si servono del sistema sono tutti quelli, UT*, che hanno una disponibilità a pagare maggiore o uguale al costo generalizzato. L’utente ut*, che ha una disponibilità a pagare proprio pari al costo generalizzato, è detto utente marginale; questo utente non si servirebbe del sistema se il costo generalizzato aumentasse anche se di una quantità molto piccola.
Utenti
Disp
. a p
agar
e
UT*
Cg*
ut*
utente marginale
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198
L’Analisi Benefici-Costi (7/13)
Siccome il costo d’uso del sistema Cg* è uguale per tutti gli utenti, a parte l’utente marginale, tutti gli altri utenti del sistema pagano un costo inferiore a quanto sarebbero disposti a pagare. La differenza tra quanto un utente è disposto a pagare e quanto effettivamente paga è detto Surplus; tale valore può essere adottato come una misura dei benefici diretti prodotti dalla fruizione del sistema di trasporto. L’area compresa tra la curva della disponibilità a pagare ed il segmento individuato da Cg* rappresenta il Surplus relativo all’intera utenza, SUT*. Esso si può calcolare come:
SUT* = ∫UT* Disp(ut) dut − Cg*⋅ UT* dove il primo termine rappresenta la disponibilità a pagare totale dell’utenza ed il secondo il totale di quanto l’utenza effettivamente paga.
Utenti
Disp. a pagare
UT*
Cg*
ut*
utente marginale
uti
Surplus dell’utente uti
Dispi
Si = Dispi − Cg*
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199
L’Analisi Benefici-Costi (8/13)
Se a seguito di un intervento sul sistema dei trasporti il costo generalizzato di viaggio, Cg*, diminuisce al valore Cg’, l’utenza aumenta, UT’ (nuovo utente marginale ut’), ed il surplus del consumatore anche esso aumenta, SUT’. Il beneficio diretto dell’intervento può essere misurato con l’incremento di Surplus totale per l’utenza (∆SUT):
∆SUT = SUT’ − SUT*
Utenti
Disp. a pagare
UT*
Cg*
ut*
Surplus totale dell’utenza SUT*
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200
L’Analisi Benefici-Costi (9/13)
Tale valore può essere calcolato approssimando l’area del rettangoloide con l’area del trapezio ottenuto linearizzando la curva di domanda tra i due punti in corrispondenza di Cg* e di Cg’.
∆SUT = SUT’ − SUT* ≅ (UT’ + UT*) ⋅ (Cg* − Cg’) / 2 I modelli di domanda, i modelli di offerta ed i modelli di interazione domanda-offerta consentono il calcolo dei termini UT’, UT*, Cg’ e Cg*.
Utenti
Disp. a pagare
Cg*
UT*
ut*
∆SUT* (Delta Surplus)
Cg’
ut’
UT’
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201
L’Analisi Benefici-Costi (10/13)
Gli Indicatori per la Valutazione I benefici ed i costi calcolati per ogni anno di vita del progetto, devono essere confrontati con riferimento ad un unico anno, che viene, in genere, scelto come l’anno dell’inizio della realizzazione del progetto, detto anno 0. Questa operazione è detta attualizzazione. Per ogni anno che trascorre rispetto all’anno 0, si ipotizza che vi sia una riduzione del valore del costo o del beneficio dipendente dal tasso di sconto, detto tasso di attualizzazione r. Infatti, una somma ad oggi, S0, fissato un tasso di sconto r (che fornisce la percentuale di rendita della somma per ogni anno in cui è investita), dopo 1 anno vale:
S1 = S0 + r S0 = (1 + r) S0
dopo 2 anni: S2 = S0 + r S0 + r (S0 + r S0) = (1 + r)2 S0 ............. dopo n anni: Sn = (1 + r)n S0 Pertanto un qualunque somma spesa o incassata dopo t anni, riportata all’anno 0, vale:
tt
0 )r1(SS+
=
La quantità r, detta tasso di attualizzazione, può essere vista come una misura della preferenza della collettività per benefici a breve rispetto a benefici a lungo termine.
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202
L’Analisi Benefici-Costi (11/13)
Precisato questo aspetto relativo all’attualizzazione dei benefici e dei costi all’anno 0, gli indicatori per valutare la convenienza di un progetto con l’ABC sono due: – il Valore Attuale Netto (VAN) – il Saggio di Rendimento Interno (SRI) Il VAN è la somma dei valori attualizzati delle differenze, anno per anno, tra i Benefici prodotti dal progetto ed i costi sostenuti per la sua realizzazione e gestione. La somma è estesa dall’anno 0 di inizio realizzazione del progetto fino al termine della vita utile del progetto:
∑= +
−=
n
0tttt
)r1(CBVAN
dove: Bt sono i benefici totali all’anno t Ct sono i costi totali all’anno t r è il tasso di attualizzazione (es. r = 0,04 — 0,07) n è il numero di anni tra l’inizio della realizzazione del progetto
sino al termine della vita utile dello stesso Se si indica con m l’anno di termine della realizzazione del progetto e con Vn il valore residuo dell’opera, considerato che negli anni di realizzazione i benefici sono nulli ed i costi sono pari agli investimenti, It, si può scrivere:
nn
n
1mtttt
m
0tt
t
)r1(V
)r1(CB
)r1(IVAN
++
+−
++
−= ∑∑+==
Mariano Gallo Appunti di Tecnica ed Economia dei Trasporti
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L’Analisi Benefici-Costi (12/13)
Un progetto è economicamente conveniente se il VAN è maggiore di zero; tra due progetti alternativi è preferibile quello con un VAN maggiore. Nel calcolo dei VAN assume una notevole importanza il valore del tasso di attualizzazione r; infatti, al variare di esso varia notevolmente il valore del VAN e, a seconda della scelta di r un progetto può o meno risultare economicamente conveniente e può o meno essere economicamente preferibile ad un altro progetto. Se si riporta in un sistema di assi cartesiani come varia il VAN in funzione di r per diversi progetti si può verificare una situazione come quella della figura seguente; ogni curva è relativa ad un progetto e le curve sono decrescenti (ad aumentare di r aumentano i denominatori ed i benefici sono lontani nel tempo).
Tasso r
VAN
Progetto A
Progetto B r0 SRIA SRIB
Mariano Gallo Appunti di Tecnica ed Economia dei Trasporti
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L’Analisi Benefici-Costi (13/13)
Nel caso della figura il progetto B è preferibile al progetto A per r < r0; viceversa, è il progetto A ad essere preferibile ad A per r > r0. Il valore di r che annulla il VAN è detto Saggio di Rendimento Interno (SRI). L’SRI può essere anche esso utilizzato come indicatore di valutazione degli interventi; in questo caso, un progetto è economicamente conveniente se il suo valore di SRI è maggiore di prefissato valore di r. Tra più progetti è preferibile quello con un valore di SRI maggiore Al contrario del VAN, che può dare indicazioni contrastanti al variare del saggio r, l’SRI fornisce una unica indicazione sulla preferenza tra progetti relativi; nell’esempio della figura precedente il progetto A è preferibile al progetto B. L’SRI può non esistere (è teoricamente infinito) se si ha costantemente una differenza costi-benefici positiva, anche nei primi anni del progetto.