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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVIO STORICO ITALIANO Finalmente la (vera) Storia di Ghino di Tacco e della sua famiglia ripresa da 49 documenti storici dell’Archivio Storico Italiano tradotti da Don F. Marcello Magrini! 10 OTTOBRE 2017 A CURA DI RENATO MAGI

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GHINO DI TACCO

DALL’ARCHIVIO

STORICO ITALIANO

Finalmente la (vera) Storia di Ghino di Tacco e della sua famiglia ripresa da 49

documenti storici dell’Archivio Storico Italiano

tradotti da Don F. Marcello Magrini!

10 OTTOBRE 2017 A CURA DI

RENATO MAGI

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

PREFAZIONE

Renato Magi ci propone in questo libro la storia di Ghino di Tacco dei Cacciaconti,

signori della Fratta ramo di Guardavalle, attraverso i documenti di archivio riportati

in un saggio del 1957 da Giovanni Cecchini, argomentando con note critiche e

confronti anche con altri scritti su Ghino, come il libro del suo conterraneo Don

Ferruccio Marcello Magrini. Nel saggio del Cecchini si capisce il periodo storico, il

Duecento, nel quale si svolge la storia della famiglia di Ghino; secolo che vede la

frantumazione dei grandi casati feudali del contado e la comparsa di piccoli feudatari.

E, quell’area da Asciano alla Val di Chiana, dove dominavano i Cacciaconti degli

Scialenghi ai quali apparteneva la famiglia di Ghino, vede crescere la presenza di

Siena. Le vicende del casato di Ghino si collocano in quell’area tra Torrita, la Fratta,

Sinalunga, dove la famiglia è in forte rivalità con i Del Pecora di Torrita. Gli scontri

con Siena guelfa e i Cacciaconti di parte ghibellina portano la famiglia di Ghino a

ribellarsi ai senesi che lo condannano alla pena capitale. Ghino, il padre ed esponenti

di questa famiglia si devono dare alla macchia ma, nel 1285, i senesi catturano Tacco

di Ugolino, padre di Ghino, che viene fatto giustiziare dal giudice Benincasa di

Arezzo. Così, alla fine del 1297, Ghino si rifugia a Radicofani, fuori delle

giurisdizione senese, con fuoriusciti ghibellini e, qui, dai documenti emerge la figura

di Ghino taglieggiatore di mercanti e pellegrini anche sulla via Francigena. Il tentativo

di ritornare padrone delle sue terre e l’inizio della costruzione nei pressi di

Guardavalle di un suo castello porta alla reazione dei senesi che attaccano ed è

probabilmente in uno di questi scontri che Ghino sarebbe stato ucciso, forse a

Sinalunga, nel 1303 o nel 1313. Qui finiscono i documenti di archivio ci dice l’autore.

Dopo l’uccisone del padre, Ghino è diventato profugo e coinvolto in vendette

familiari, cominciando l’attività brigantesca contro chi lo aveva spodestato dai suoi

possessi. Questo aspetto del personaggio vendicatore e feroce lo troviamo nella

citazione della Divina Commedia, dove Dante ci ricorda l’uccisione del Benincasa da

parte di Ghino per vendicare il padre. Con la novella del Boccaccio sull’Abate di

Cluny tenuto prigioniero e curato da Ghino a Radicofani, e con una certa produzione

romanzata, accennata dall’autore ma non oggetto di questo suo libro, emerge invece

la figura del bandito gentile e cortese.

L’autore, però, ci vuole far conoscere la figura di Ghino, attraverso i documenti

medievali, restituendolo alla storia, liberato dal manto della leggenda. Lo fa per amore

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del suo paese e rispetto della storia; prova ne sono i suoi libri “Memorie di una antica

terra di Frontiera e Fortezze” del 2000, “Libri su Radicofani e sui personaggi nati in

questo luogo”, da collocare accanto al libro della figlia Beatrice “Radicofani e il suo

Statuto del 1441” uscito nel 2004. Con queste pubblicazioni si capisce l’onestà

intellettuale, la voglia di approfondire e cercare le verità, come egli dice, attraverso i

documenti storici. Un atteggiamento che sembra rivolto soprattutto alla sua comunità,

quasi suggerendo di non farsi trasportare solo dalla leggenda ma di avere ben chiaro

che la storia di Radicofani, la sua importanza di luogo strategico militare, la sua

valenza internazionale, è così ricca che va oltre le vicende (romanzate) di fine

Duecento su Ghino di Tacco.

Ma la storia, come afferma il prof. Franco Cardini in un articolo sulla rivista Amiata

Storia e Territorio del 1988, non regge alla corrosione della leggenda che ha investito

la figura di Ghino di Tacco la cui dimensione storica è ormai quella di personaggio

“vendicatore e feroce ma anche generoso e cortese”.

Il contributo di Renato Magi è quello di presentarci i documenti di archivio che ci

fanno cogliere la “vera storia” di Ghino; una conoscenza che deve essere presente e

coltivata accanto anche a quell’aspetto leggendario che attira visitatori e turisti a

Radicofani: fenomeno di cui l’autore, mostrando l’attaccamento per il proprio paese,

ne è comprensibilmente contento.

Stelvio Mambrini

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Alle mie tre donne

Maria Grazia,

Beatrice e

Francesca

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

GHINO DI TACCO E LA SUA FAMIGLIA

STORIA (vera) del famoso bandito

DALL’ARCHIVIO STORICO ITALIANO

Ghino di Tacco come appare in diversi siti di Internet.

Prima dell’articolo di Giovanni Cecchini è bene ricordare come ne sono venuto in

possesso e la storia di questo ritrovamento affinché nessuno se ne prenda la paternità

visto la popolarità dell’articolo del Cecchini venuta dopo la pubblicazione del libro del

Magrini; la storia è questa sotto:

Radicofani: un articolo del 1957 e la riscoperta di Ghino di Tacco

Nel settimanale “Panorama” 1023, del 24 novembre 1985, anno XXIII esce un

articolo dal titolo «Ricordate Ghino di Tacco?» firmato da Carlo Rossella. Leggendo

tale articolo vidi subito che l’estensore del medesimo parlava come fanno coloro che

s’informano leggendo le note alla “Divina Commedia”, o la novella del Boccaccio. Inviai

una lettera alla rivista spiegando la differenza che esisteva fra il personaggio reale e

quello da loro descritto nella pubblicazione. 19 gennaio 1986 a pag. 59 della

rivista l’«Espresso» (rivista settimanale – n. 2 – Anno XXXII – Gennaio 1986 – pagg.

58-65) vi è l’annuncio dell’uscita del libro di Eugenio Scalfari, «La sera andavamo in

via Veneto», per le edizioni Mondadori. In quell’articolo vi è l’anticipazione del

soprannome dato a Craxi il quale da allora firmava i suoi articoli sull’ “Avanti” con il

soprannome di “GdT” appunto “Ghino di Tacco”. In un trafiletto a parte, dal titolo

significativo “Bettino, signore di Radicofani”, tratta del capitolo del libro intitolato “La

stella Craxi”. Quanto scritto sopra, e parte di quanto renderò noto sotto, mi fecero venire

in mente l’articolo del Cecchini che avevo riposto nella biblioteca nella parte che

riguarda la storia di Radicofani, articolo che giaceva nell’ «Archivio Storico Italiano»

dal 1957, ma che solo in pochissimi, forse nessuno, lo conosceva.

Negli anni’70, venne a Radicofani uno studente americano che frequentava l’Università

per stranieri di Siena, costui doveva dare la tesi sui “Briganti del ‘300 in Toscana”, venne

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

a cercare notizie su Ghino di Tacco. Siccome a Radicofani uno degli studiosi della storia

locale si chiamava Mario Rappuoli, non solo, ma per essere stato prigioniero in Scozia

durante la seconda guerra mondiale, conosceva molto bene anche l’inglese, fu proprio lui

che raccontò all’americano tutto quanto si sapeva e conosceva sulla vita di Ghino di Tacco.

Si lasciarono l’indirizzo con la promessa che chiunque avesse trovato altre notizie su Ghino

di Tacco le avrebbe notificate all’altro. Così avvenne che dopo pochi mesi il Rappuoli si

vide arrivare una lettera dall’americano che gli comunicava che nell’Archivio Storico

Italiano, CXV 1957, PP. 263-298 vi era un articolo su Ghino di Tacco di Giovanni

Cecchini, molto circostanziato, in cui la bibliografia era formata da documenti archivistici.

Si trattava del più importante articolo per conoscere la vera storia di Ghino di Tacco,

corredato di un’appendice con tutti i documenti che riguardavano lui e la sua

famiglia. Ad agosto del 1984 ritornai a Radicofani, allora lavoravo a Sezze, e l’amico di

storia patria Mario Rappuoli (classe 1916), mi informò che sulla rivista Il Giornale dei

misteri (Il giornale dei Misteri, agosto 1984, n. 156, anno XVI, edito da Corrado Tedeschi

a Firenze) era uscito un articolo di F.M. Magrini “Ghino di Tacco bandito gentiluomo –

Storia e leggenda del «Falco di Radicofani»” nelle pagg. 67 – 72 della rivista. Quando

ritornai a Sezze cercai la rivista finché un giorno la trovai, per fortuna, a Terracina. Mi misi

a leggerla con frenesia e mi accorsi con sorpresa, che Don Marcello (così era chiamato

amichevolmente dai noi radicofanesi F. Marcello Magrini) non conosceva affatto i

documenti che avevamo io, Mario Rappuoli e Giuseppe Marsiglia (Il Marsiglia, lavorava

all’anagrafe a Siena, fu colui che prese le fotocopie del documento del Cecchini e che le

inviò a me e a Mario Rappuoli). Mi stupì anche il fatto che il Rappuoli nulla disse a Don

Marcello di quei documenti importantissimi ritrovati all’Archivio di Stato di Siena.

Andiamo con ordine. Quando ritornai a Radicofani dopo tre o quattro mesi trovai Don

Marcello e gli portai questi documenti che apprezzò moltissimo e, in seguito, mi regalò i

libri, il primo ciclostilato (intitolato GIUSTIZIA PER UN BANDITO - La verità storica

su Ghino di Tacco e la sua famiglia nella documentazione integrale dell’Archivio di Stato

di Siena e la dedica “A Renato Magi «amico cultore di Storia Patria» con amicizia e

gratitudine. Don Ferruccio Marcello Magrini”) e poi l’altro stampato (intitolato: “La verità

storica su Ghino di Tacco – Radicofani difende e riabilita il suo castellano” e la dedica

“All’amico Renato Magi che per primo fornì notizie della documentazione Cecchini”

- Don Ferruccio Marcello Magrini). Il secondo libro uscì nel 1987 edito da «Bruno Chigi

editore – Rimini» durante il congresso, se non vado errato, del Partito Socialista Italiano).

Tutti e due le dediche sono quelle dalle quali si evince chi effettivamente fornì le notizie

storiche di Giovanni Cecchini. Quando nel 1988 uscì su “Amiata storia e territorio”

l’articolo a firma di Franco Cardini (F. Cardini “Ghino di Tacco: proposta

d’interpretazione”, Amiata storia e territorio – n. 1, marzo 1988, pag. 8) il quale asserisce,

facendolo dire ad Anna Bonsignori “Il merito dell’aver rivendicato alla storia……spetta a

Don Ferruccio Marcello Magrini”. Tutto ciò non è vero perché se non ci fossero state

tutte le circostanze sopra descritte, i documenti del Cecchini che giacevano nell’Archivio

di Stato senese dal 1957 e non erano mai stati fatti conoscere prima, probabilmente

giacerebbero ancora lì. Ciò che ancora oggi non riesco a capire perché il Rappuoli, che era

molto più a contatto con Don Marcello, e che era un uomo molto attento, non gli abbia dato

la documentazione (del resto fu lui a dirmi dell’articolo di Don Marcello sul Giornale dei

Misteri!) fornitagli dal Marsiglia prima di me. So che il Cecchini era uno studioso e anche

direttore dell’Archivio di Siena e in questa veste tradusse tantissime opere presenti

nell’archivio, e se non vado errato negli anni ottanta è uscita un’opera di quindici volumi,

a cura dell’Università di Siena, su tutte le sue traduzioni. Scrisse anche Il palio di Siena

pubblicato a cura del Monte dei Paschi di Siena nel 1958. Insieme a mia figlia Beatrice nel

2006 abbiamo trascritto e pubblicato il manoscritto del Pecci su Radicofani, e con mia

sorpresa ho visto che, anche lui, già a metà anni del XVIII sec. Contro il parere di molti

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

scrittori, asserisce che Ghino di Tacco era discendente dei Cacciaconti e, precisamente, dai

Signori della Fratta (ramo Guardavalle), dando ragione a Benvenuto da Imola, nonché a G.

Cecchini. Quanto sopra per amore della verità!

Con i documenti che consegnai a Don Ferruccio Marcello Magrini lo

stesso scrisse due libri:

Il primo, ciclostilato, intitolato “GIUSTIZIA PER UN BANDITO” e,

come sottotitolo “La figura di Ghino di Tacco nella documentazione

dell’Archivio di Stato di Siena. Fatto nell’anno 1985.

Il secondo, stampato a Rimini nel 1987, e che ha fatto conoscere a tutta

Italia l’articolo su Ghino di Tacco di G. Cecchini, intitolato “La verità storica

su Ghino di Tacco” e come sottotitolo “Radicofani difende e riabilita il suo

castellano”.

Io chiamerò il primo “libro 1985” ed il secondo “libro 1987”, quando

tralascio di nominare il titolo e l’autore.

Da questo punto in avanti le correzioni con questo tipo di scrittura sono dell’autore.

Le Scansioni sottostanti sono riportate per far capire quanto non sia vero ciò che scrive nella presentazione che l’ex sindaco Anna Bonsignori fa al Libro del Magrini: “La verità storica su GHINO DI TACCO” – Radicofani difende e riabilita il suo castellano. Le scansioni delle pagg. 9 del libro, scritte a mano dal Magrini dicono: All’amico Renato Magi che per primo fornì la notizia della documentazione del Cecchini. Radicofani, 16 aprile 1987. Don Ferruccio Marcello Magrini. Quindi risulta errato quanto lei asserisce nella presentazione: nel 1987 Magrini diffuse un lavoro, risultato di ricerche, mai da alcuno

svolte prima, presso l’Archivio di Stato di Siena. Fosse vero ciò che l’ex sindaco asserisce come fa il Magrini a

scrivere che io gli ho fornito la documentazione Cecchini?

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Prima di leggere l’articolo di Giovanni Cecchini, mi

sembra doveroso conoscerne la vita e le opere.

GIOVANNI CECCHINI

Cecchini Giovanni, archivista di Stato, storico (Proceno 1886 - Siena 1963) Giovanni

Cecchini, nacque il 1° febbraio 1886 a Proceno, in provincia di Viterbo; si trasferì

l’anno successivo con la famiglia nel Comune di Castelnuovo Berardenga, in

provincia di Siena, dove il padre aveva acquistato l’azienda agricola di Pontignano.

Laureatosi in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Siena nel 1908,

procuratore legale l’anno successivo, Giovanni Cecchini svolse il servizio militare in

artiglieria. Tornato alla vita civile, preferì alla carriera legale quella degli studi, cui

era stato avviato dai suoi maestri, lo storico del Diritto romano Pietro Rossi e lo

storico del Diritto italiano Pier Silverio Leicht. Pertanto nel 1911, a seguito di

concorso, fu ammesso nell’amministrazione degli Archivi di Stato con assegnazione

all’Archivio di Firenze, dove frequentò il corso di Paleografia tenuto da Luigi

Schiapparelli; nel 1913 si diplomò in Paleografia e diplomatica presso L'Istituto di

studi superiori di Firenze.

Nel febbraio 1929 fu trasferito all’Archivio di Stato di Siena, di cui venne nominato

direttore reggente e dal 1942 direttore di VI grado. Fu consigliere dal 1930 nella

Sezione di storia dell’Istituto comunale d’arte e di storia e poi consigliere nella

Sezione per l’arte medievale e moderna, di cui nel 1952 divenne direttore; dal 1934

fu anche incaricato della direzione delle pubblicazioni dell’Istituto e dal 1957 fino

alla morte della direzione del «Bullettino senese di storia patria». Fu anche

collaboratore dell’«Archivio storico italiano», facendo parte, dal 1936, del direttivo

della Sezione senese. Produsse contributi per varie riviste («Studi senesi», «Rivista

storica degli archivi toscani», «Archivio storico della Corsica», «Atti dell’Accademia

lucchese», «Archivi d’Italia», e in particolare per le "Notizie degli Archivi di Stato").

La multiforme produzione storica e archivistica svolta in oltre cinquant’anni di

carriera negli Archivi, di cui quasi trenta alla direzione dell’Archivio di Stato di Siena,

comprende 142 titoli fra libri, saggi, articoli, voci enciclopediche e recensioni. Fra i

principali lavori la pubblicazione del "Caleffo Vecchio", il cui primo volume usciva

nel 1931, il secondo nel 1934 e il terzo nel 1940, mentre il quarto e ultimo volume,

interamente trascritto da Cecchini, è stato edito soltanto nel 1984, sotto il patrocinio

del Comune di Siena, con la revisione del testo a cura di Mario Ascheri, Alessandra

Forzini e Chiara Santini. La capacità di programmazione di Giovanni Cecchini si è

esplicata soprattutto nei grandi riordinamenti archivistici, intrapresi a partire dal 1938,

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

rallentati dalla guerra (gli eventi bellici avevano anzi aumentato il disordine di certi

fondi momentaneamente trasferiti) e ripresi in maniera decisa nel secondo

dopoguerra. Il riordinamento globale del materiale archivistico senese ha dato luogo

alla pubblicazione di due fondamentali volumi a stampa (Archivio di Stato di Siena,

"Guida inventario dell’Archivio di Stato", I-II, Roma 1951 [Pubblicazioni degli

Archivi di Stato, V-VI]) e di vari inventari analitici in parte dattiloscritti e in parte a

stampa, ai quali collaborarono anche Giulio Prunai, Sandro de’ Colli, Giuliana

Cantucci Giannelli e Ubaldo Morandi (in particolare Archivio di Stato di Siena,

Archivio del Consiglio generale del Comune di Siena. Inventario, Roma 1952;

Archivio del Concistoro del Comune di Siena. Inventario, Roma 1952; Archivio della

Biccherna del Comune di Siena. Inventario, Roma 1953; Le sale della mostra e il

museo delle tavolette dipinte. Catalogo, Roma 1956 [Pubblicazioni degli Archivi di

Stato, IX-X, XII, XXIII]). Con l’adozione del metodo storico di stampo bonainiano,

Giovanni Cecchini riordinò larga parte del materiale dell’Archivio di Stato

modificando la primitiva partizione dei tre complessi archivistici delle Riformagioni,

dell’Archivio dei contratti e del Diplomatico, concentrati nel 1858 nell’Archivio di

Stato di Siena, e abbandonando quindi l’iniziale divisione in tre sezioni (politica,

economica e giudiziaria); con l’eliminazione di alcune fra le antiche miscellanee a

suo tempo artificiosamente create, ciascun fondo archivistico venne così a

rispecchiare, nella propria interezza, l’ufficio produttore. Anche dopo il collocamento

a riposo avvenuto il 16 maggio 1952, Cecchini mantenne per speciale provvedimento

del Ministero dell’Interno – insieme all’incarico di ispettore generale al quale era stato

promosso il 16 marzo 1952 – anche quello di direttore fino al 1957, quando fu

chiamato a far parte del Consiglio Superiore degli Archivi per il triennio 1957-1959

e riconfermato per il triennio successivo. Di fatto egli non lasciò mai l’Archivio di

Stato di Siena fino alla morte avvenuta il 17 marzo 1963. La bibliografia delle sue

opere è contenuta in G.G. [G. Garosi], Giovanni Cecchini (1.II.1886 – 17.III. 1963),

BSSP, LXX (1963), pp. VI-XV.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Articolo su Ghino di Tacco pubblicato

Nell’ «Archivio Storico Italiano»,

CXV 1957, pp. 263-281 (263-299)

a cura di

GIOVANNI CECCHINI

GHINO DI TACCO

Tra i personaggi ricordati da Dante nella Divina Commedia, Ghino di Tacco è

certamente uno di quelli che più hanno colpito la fantasia di lettori e studiosi, per

quell’aura romantica e pittoresca che gli hanno conferito le leggende intessute intorno

alla sua figura da commentatori e novellieri. In fondo Ghino apparisce quasi come un

lontano precursore di certi banditi, vendicatori degli oppressi, generosi e prestanti, tanto

cari alla letteratura per i giovani e ai films del genere western. Secondo Benvenuto da

Imola Ghino, cacciato dalla patria dopo che gli era stato ucciso un fratello, avrebbe

occupato Radicofani, taglieggiando i mercanti e viaggiatori in una maniera così discreta

e gentile da farsene quasi degli amici. Per Benvenuto anche l’uccisione di Benincasa

d’Arezzo sarebbe stata un’opera meritoria, e anche il Boccaccio, nella novella seconda

della decima giornata, ce lo presenta sotto questo aspetto, narrando poi a lungo

l’episodio dell’abate di Cluny, che tenuto da lui a regime di fave secche perché tardava

a pagare il riscatto, sarebbe guarito dei malanni che andava a curare ai bagni di Petriolo

e sarebbe stato grato di ciò, da lasciare a Ghino quasi tutto il suo ricco bagaglio,

nonostante che questi glielo avesse restituito intatto. Anzi, avendo l’abate fatte al papa

le lodi di questo cavalleresco bandito, Bonifacio VIII lo avrebbe fatto cavaliere

dotandolo di una ricca commenda. Infine Ghino, tornato nel territorio senese, sarebbe

morto in una scaramuccia presso Sinalunga.

In complesso dunque ne risulta una figura da romanzo popolare, ma indeterminata;

l’unico dato positivo sarebbe l’uccisione del fratello in seguito a sentenza pronunziata

da Benincasa d’Arezzo e l’attività di taglieggiatore di mercanti e pellegrini, perché

appare poco verosimile che un papa, anche se siamo nel XIII secolo, potesse premiare

un individuo che occupava un castello appartenente alla Chiesa e che aveva ucciso in

curia un personaggio che alla curia apparteneva. Né si conoscono altri fatti che

illuminino la vita e le opere di un personaggio che, per essere nominato da Dante,

doveva avere una fama piuttosto diffusa, anche se locale.

Fino ad ora, a quanto mi risulta, non sono noti, intorno a Ghino ed ai suoi, se non i

due documenti pubblicati nel Bollettino senese di Storia Patria dell’anno 1921, in

occasione del sesto centenario della morte di Dante, e cioè il ricordo della delega del

vicariato da parte del podestà di Siena al giudice Benincasa d’Arezzo nel 1285, e il

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

pagamento di alcuni ribaldi che catturarono Tacco di Ugolino, padre di Ghino. Ma i

documenti che esistono in Archivio su Ghino, sulla sua famiglia e sugli avvenimenti che

si riconnettono alla sua storia, sono molti di più, ed hanno interesse non solamente per

il riferimento al personaggio dantesco, ma perché illustrano un momento

particolarmente interessante della storia di Siena e della Toscana. Se fino a qui sono

rimasti ignorati, si deve probabilmente al fatto che i più particolarmente riferibili a

Ghino e ai suoi si trovano negli enormi registri (alcuni superano le mille carte) dei

repertori delle condanne pronunziate dalle varie magistrature senesi, la cui mole deve

aver scoraggiato sin qui gli studiosi. Ma riunendo queste notizie con le poche altre sparse

nelle deliberazioni dei Consigli del Comune, ne viene fuori un quadro che, sfrondato da

quello che è leggendario nei racconti dei novellieri e commentatori, si presenta una

storia che caratterizza il momento politico del tempo e le vicende che fecero di Ghino

un bandito da strada.

Il Tommasi, nelle sue Historie di Siena, dice che Ghino fu della famiglia dei Del

Pecora, tratto in errore da un documento che in seguito riporteremo, ma è esatto invece

Benvenuto da Imola, il quale dice che Ghino fu della famiglia dei signori della Fratta,

senza però chiarire a quale stirpe feudale tali signori appartenessero. Sarà bene quindi

appurare prima di tutto questo punto.

Nei tempi anteriori alle prime conquiste senesi, tutta quella zona di Val di Chiana,

dove si trova la Fratta, apparteneva al feudo dei conti di Guardavalle, i quali erano poi

un ramo dei Cacciaconti o Scialenghi, signori del territorio che da Asciano si stendeva

su una vasta zona della Val di Chiana e della valle dell’Ombrone. Ma già nei primi anni

del XIII secolo i senesi dovevano aver ottenuto il dominio di quelle terre, perché nella

pace del 6 ottobre 12081 si nomina Torrita fra i paesi che, come facenti parte del contado

senese, dovevano osservare le condizioni della tregua conclusa con Firenze e coi suoi

aderenti. E poco dopo2 si trova che, facendosi ricerca delle somme che i vari paesi del

dominio senese dovevano pagare come contributo delle spese sostenute in questa guerra,

Guardavalle appare tassata per 40 lire, e la Fratta per 10.

Tuttavia il dominio senese su questi territori era sempre assai tenue, né gli Scialenghi

si erano adattati alle limitazioni imposte alla loro signoria, e siccome avevano prestato

valido aiuto all’Imperatore e all’arcicancelliere nel ristabilimento dell’autorità imperiale

in Toscana, il 27 agosto 12103 ottennero da Ottone IV la rinnovazione del feudo già

posseduto dal conte Ugo loro avo, nominandosi espressamente, fra gli altri, i castelli di

Torrita, Fratta, Ripa, Bettolle ecc. Tuttavia essendo sopraggiunta la scomunica di Ottone

IV, e venendo perciò a indebolirsi la sua presenza in Toscana, Siena ne profittò per

riconquistare il terreno perduto e allargare le sue conquiste. Impadronitasi per forza

d’armi di Asciano che era la sede principale dei Cacciaconti, obbligò questi signori a

riconoscere la loro piena sudditanza al Comune. Nello stesso tempo il frazionamento

progressivo degli antichi feudi e l’allentarsi dei vincoli che univano un tempo i vari rami

delle grandi famiglie signorili, favoriva l’affermarsi delle velleità d’indipendenza da

1 A.S.S., Diplomatico, Riformagioni, 6 ottobre 1208. 2 A.S.S., Diplomatico, Riformagioni, 6 dicembre 1208. 3 A.S.S., Diplomatico, Riformagioni, 27 agosto 1210.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

parte dei minori vassalli e degli abitanti dei paesi, da lungo tempo costituiti in comuni

rurali e sui quali l’autorità dei feudatari aveva già dovuto riconoscere limitazioni.

Naturalmente Siena favoriva queste ribellioni, contando di sostituirsi in forma più o

meno larvata agli antichi signori, e profittando del fatto che 1229 si firmava la pace fra

Siena e Montepulciano, nei patti della capitolazione si stabiliva che i cavalieri

montepulcianesi, profughi dalla loro città, avrebbero garantito e difeso per Siena Torrita,

Montefollonico e Ciliano4. Era un modo per affermare il dominio di Siena su queste

terre già dei Cacciaconti e di difenderle da Montepulciano, che aveva anch’esso mire di

conquista in quella zona. Non sappiamo esattamente in quale anno Siena nominasse un

podestà di Torrita, ma siccome nel 1254 la guerra con Montepulciano si era riaccesa e

Torrita era minacciata, i senesi, il 31 ottobre5 provvedevano a mandare sul luogo vari

maestri di pietra per costruire la porta del castello. Il 6 novembre poi6, su richiesta del

podestà Ranieri Patrizi, vi mandavano un presidio di cavalieri francesi, per difendere il

paese dalle minacce di Montepulciano e di Arezzo. E oltre che la porta edificarono o

rafforzarono allora anche le mura.

Sebbene Siena dominasse ormai in Torrita e vi tenesse podestà e guarnigione, tuttavia

esisteva un Consiglio di abitanti a fianco del podestà e due fazioni contendevano per la

supremazia: la prima faceva capo a un Busgiadro, che sembra appartenesse alla famiglia

dei Del Pecora, l’altra a un Iacomino da Guardavalle, che era uno dei Cacciaconti e

discendente dagli antichi signori della zona, e imparentato con altri rami della famiglia

che ancora possedevano il dominio, più o meno indipendente, di Sinalunga, della Fratta,

di Bettolle e di altri paesi e castelli di Val di Chiana. Le due fazioni ricordate sopra

vennero a vero conflitto fra loro, non sappiamo esattamente per quale motivo, e Siena il

15 gennaio 12557 vi mandò alcuni ambasciatori perché procurassero di riportare la

calma, con l’ordine di arrestare e mandare a Siena coloro che non accettassero le loro

decisioni. Inoltre, per garantire l’osservanza delle promesse, ciascuna delle due parti

doveva mandare in città un certo numero di fideiussori. Gli ambasciatori, appoggiati dal

podestà e dal presidio, riuscirono facilmente nella loro missione, tanto che il 29 gennaio8

Siena poteva mandare a Torrita Giacomo di Giovanni Ponzi col compito di riformare la

terra, cioè ricomporre il Consiglio del comune di Torrita e stabilire la misura di

autonomia accordata ad esso. E siccome Busgiadro aveva regolarmente mandato a Siena

i suoi fideiussori, mentre Iacomino non l’aveva fatto, il 10 febbraio9 gli viene fatta

intimazione di mettersi in regola, mandando un pari numero di fideiussori; e intanto si

trattenevano in Siena quelli di Busgiadro. Cosi anche Iacomino deve essersi adattato ad

ubbidire e i patti di sottomissione devono essere stati regolarmente giurati, perché il 15

febbraio10 si trova l’ordine del rilascio dei fideiussori venuti a Siena con lui, e altri ordini

4 A.S.S., Diplomatico, Riformagioni, 21 marzo 1228/29. 5 A.S.S., Consiglio Generale, 3, c. 73’. 6 A.S.S., Consiglio Generale, 3, c. 76’. 7 A.S.S., Consiglio generale, 4, c. 15’. 8 A.S.S., Consiglio Generale, 4, c. 22’, 23’. 9 A.S.S., Consiglio Generale, 4, c. 26’. 10 A.S.S., Consiglio Generale, 4, c. 27’.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

accessori vennero emanati il 2 marzo11, dai quali si deduce che la pace fra le due fazioni

era stata raggiunta e si rileva che Torrita si reggeva allora come comune di contado,

sotto la direzione di un podestà senese.

Gli anni che correvano erano particolarmente critici per i senesi; i grandi feudatari,

collegati ai guelfi di Toscana, scorrevano e devastavano il territorio senese, e fra quelli

di cui ci interessa particolarmente troviamo la Fratta, che i senesi tenevano sotto la loro

custodia, ma il cui territorio doveva avere sofferto danni notevoli. Infatti troviamo che

il 3 giugno 125712 Iacopino e Ugolino da Guardavalle si rivolgevano al Consiglio

Generale senese per ottenere un indennizzo dei guasti sofferti a causa di Siena, e

l’otteneva, in quanto che allora premeva di mantenersi amici quei pochi paesi e signori

che non erano apertamente passati nel campo avverso. Questo Ugolino poi era

sicuramente il padre di Tacco e nonno di Ghino e forse allora avevano indivisa la

signoria tanto di Torrita che della Fratta, oltre a quella di Guardavalle. Non sembra poi

che in questo anno Siena tenesse più un podestà in Torrita, perché troviamo che il 20

dicembre 126613 si provvide a nominarne ex novo diversi nella zona chianina e che fu

spedito Bartolomeo Cittadini a Torrita, che nel corso delle precedenti ostilità era stata

temporaneamente occupata dai fuorusciti senesi associati ai conti Aldobrandeschi e agli

orvietani.

Frattanto doveva essere morto Ugolino da Guardavalle e gli era succeduto il figlio

Tacco nella signoria della Fratta, mentre sembra che a Iacomino fosse rimasta Torrita.

Ma fra zio e nipote non dovevano correre buoni rapporti e Tacco deve avere tentato di

impossessarsi anche di Torrita, perché vediamo che nel 1271 gli venne inflitta la pena

di 70 lire per aver manomesso Iacomino da Guardavalle, e un’altra di 100 lire per essere

partito dal palazzo del Comune di Siena senza licenza del podestà14. Le somme piuttosto

modeste delle condanne fanno capire che Tacco era considerato un fedele di Siena e che

si voleva tenerselo tale; per questo era stato chiamato a giustificare l’aggressione allo

zio, e la seconda condanna dipese dal fatto che egli non attese il giudizio e partì, contro

le regole statutarie.

Il momento politico era quanto mai critico in Siena; dopo la sconfitta dei ghibellini a

Colle, si era costituito un governo di mezzana gente, guelfa e perciò appoggiata a

Firenze e a re Roberto, ma questo governo aveva giorni tutt’altro che tranquilli. Bisogna

ricordare che il comune di Siena era sorto per opera di individui appartenenti per nascita

alla grande nobiltà feudale: i Piccolomini, i Tolomei, i Rinaldini, i Salvani erano dei

Cacciaconti; gli Ugurgieri, i Malavolti, i Cerretani, i Bandinelli erano Berardenghi,

mentre altre famiglie ugualmente potenti discendevano dagli Ardengheschi, dagli

Alberti e da minori stirpi feudali. Al di fuori del governo e decisamente ostili ad esso

erano stati solo gli Aldobrandeschi e i Pannocchieschi, pur essendo ambedue fedeli

all’impero e di parte ghibellina. Ora, con l’avvento dei guelfi, la maggior parte dei primi

governanti era andata in esilio, sia nei castelli che possedevano in proprio, sia presso i

11 A.S.S., Consiglio Generale, 4, c. 33’. 12 A.S.S., Consiglio Generale, 7, c. 71. 13 A.S.S., Consiglio Generale, 12, c. 4. 14 A.S.S., Biccherna, 709, c. 10’.

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loro consorti del contado, alleandosi con gli aretini e coi pisani per tentare un ritorno al

potere. Anche nei vari paesi del territorio esistevano le due fazioni che dividevano tutta

la Toscana e le congiure e le violenze erano all’ordine del giorno, come ce lo rivelano i

registri delle condanne. Soprattutto Montefollonico, Torrita, la Fratta e Sinalunga erano

soggette a violente commozioni provocate da questi fuoriusciti, e sono frequenti i ricordi

di temporanee occupazioni, di tumulti e di attentati. Per cercare di porre rimedio a questi

mali, Siena decretò che nei paesi si conservassero pure gli originali Signori, purché si

fossero fatti di popolo, ma che vi si mandassero podestà senesi. L’ordine fece ribellare

i signori, che non volevano avere tutori, così Siena decretò la decadenza di ben 118

signorie15, perché occupate da persone che tenevano dalla parte ghibellina; e fra queste

si trovavano la Fratta e Sinalunga e i Cacciaconti di Sinalunga furono dichiarati ribelli

e fu ordinata la distruzione del castello.

Naturalmente lo stato di guerra provocava ingenti danni e non mancarono perciò le

trattative e le ambascerie per cercare di giungere a un accordo pacifico. Fra le altre è da

ricordarne una mandata a re Roberto, che ci interessa in quanto che i senesi, per

assicurare il pacifico passaggio degli ambasciatori per il territorio orvietano, fecero

portare un loro messaggio da Ghino di Ugolino, fratello di Tacco, pagandogli 18 lire per

il disturbo16.

Particolarmente critico fu l’anno 1273. La rivolta della zona chianina dovette essere

generale: a Montefollonico si ebbe una congiura contro i guelfi e fu ucciso Guasco Goti,

che dal nome appare senese e forse ne era il podestà; a Trequanda la popolazione cacciò

malmenandolo il podestà, Lorenzo spadaio; a Bettolle i possedimenti dei cittadini senesi

furono invasi e devastati; alla Ripa si insediarono i fuoriusciti. Ma l’episodio più grave

si ebbe a Torrita, dove la casa di Busgiadro fu attaccata con una grandine di sassate e

durante il combattimento fu ferito lo stesso figlio di Busgiadro. Tutto questo risulta

chiaramente dalle annotazioni delle condanne pronunziate contro centinaia di individui

di queste località, fra le quali e da rilevare in modo particolare quella contro

Chiarimbaldo Tancredi, da Torrita, condannato in 200 lire per avere ferito Tacco di

Ugolino17 e quella contro Buccio di Busgiadro per avere tirato pietre e avere investito

lo stesso Tacco18; dal che sembrerebbe che in quel momento la famiglia dei signori della

Fratta era amica di Siena e che il tumulto aveva avuto motivo da inimicizie private di

essi con la famiglia di Busgiadro.

Nel 1275 si trova poi una deliberazione del Consiglio Generale, che forse è quella

che condusse fuori di strada il Tommasi quando dice che Ghino di Tacco era della

famiglia dei Del Pecora. I montepulcianesi avevano mandato ambasciatori a Siena per

domandare che fosse corrisposta una indennità a Pecora e a Indino, ai quali era stata

imposta una multa al tempo in cui Montepulciano era retta dai ghibellini 19 , e si

aggiungeva un’analoga richiesta a favore degli eredi di Ghino del fu Ugolino per la

15 A.S.S., Consiglio Generale, 15, c.21. 16 A.S.S., Biccherna, 47, c. 6’, - Doc. II. 17 A.S.S., Biccherna, 725, c. LXXIII’. – Doc. III. 18 A.S.S., Biccherna, 725, c. LXXII’. – Doc. IV. 19 A.S.S., Consiglio Generale, 20, c. 119-125.

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stessa ragione. Ma oltre al fatto che in quel tempo Ghino di Ugolino della Fratta era

vivo, va notato che in uno dei pareri enunciati in questa seduta del Consiglio, si parla di

Ghino Pecciare, cioè di un Del Pecora, per cui la prima denominazione deve essere un

lapsus calami del notaio e non si tratta in ogni modo di uno dei signori della Fratta. I

quali del resto, data la vicinanza dei luoghi, possono essere benissimo stati consorti dei

Del Pecora.

Ma se i signori della Fratta erano stati fin qui abbastanza sottomessi a Siena, devono

avere presto voltato bandiera, perché nel 127620 troviamo una condanna di Tacco da

Torrita nella enorme somma di 3000 lire per avere ucciso Montanello di Buonaventura.

Una condanna simile equivaleva al bando assoluto e questo finì col determinare Tacco

e suo fratello Ghino a gettarsi apertamente dalla parte dei nemici di Siena; infatti nel

1277 troviamo una lunghissima serie di condanne dalle quali appare come essi, uniti a

numerosi seguaci di Lucignano, Rapolano, Fratta, Serre, Monte San Savino ecc.

cercarono di conquistare Torrita e di uccidere Buccio di Busgiadro, uccidendo poi

veramente Iacopo de Balzi castellano del paese e varie altre persone, dopo avere tentato

di mettere a fuoco il castello21, tanto che Ghino e Tacco subirono una nuova condanna

a 4000 lire ciascuno, e i loro complici a pene uguali o minori, a seconda della parte avuta

in questo attentato.

Ma fra comminare le condanne e l’eseguirle il passo era lungo in quei tempi e perciò

esse non intimidirono i fratelli, contri i quali sono registrate nell’anno successivo22 due

nuove condanne di 1000 e 2000 lire per aver ucciso Andrea di maestro Iacopo e

Rinaldello di Buonagiunta, che erano probabilmente funzionari senesi in Val di Chiana.

E le condanne sono stranamente ripetute con le stesse parole nella pagina successiva del

repertorio, forse per errore, a meno che non fossero raddoppiate per il fatto della

recidiva23.

Ad ogni modo questo perseverare dei fratelli in attentati del genere contro i fedeli di

Siena provocò altre misure di sicurezza; infatti il 7 agosto 127824 i Capitani di parte

guelfa e il Concistoro decretarono di spedire a Torrita, per difenderla dagli attentati dei

fuorusciti, uno dei conestabili del Comune con numerosi cavalieri, con l’ordine di

cercare anche di catturare i ribelli. E nello stesso tempo si mandava un bando a

Rigomagno e negli altri paesi della zona perché non fosse accordato asilo a Tacco e agli

altri banditi.

Ma tutto ciò non serviva a pacificare il paese e proprio nell’anno seguente si ebbe un

episodio di estrema gravità: Tacco e Ghino (nell’articolo del Cecchini c’è Ugolino ma

è Ghino senza alcun dubbio!), radunati numerosi seguaci e avendo annodato intelligenza

con gli abitanti del paese, mossero contro Torrita con un vero esercito verso la metà di

luglio 1279, compiendo ferimenti e uccisioni, mentre i loro partigiani del castello

impedivano agli altri di uscire contro di loro. Il Consiglio Generale ordinava perciò che

20 A.S.S., Biccherna, 725, c. CLXXIII’. – Doc. V. 21 A.S.S., Biccherna, 725, c. CLXXX’, CLXXXVIIII’, CLXXXX’, CLXXXXI’, CCV. – Doc. VI. 22 A.S.S., Biccherna, 725, c. CCXVII’. – Doc. VII. 23 A.S.S., Biccherna, 725, c. CCXVIII. – Doc. VIII. 24 A.S.S., Consiglio Generale, 22, c. 17. – Doc. IX.

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si mandasse a Torrita Gualtieri Rinaldini con dieci cavalieri francesi, a spese del comune

di Torrita stessa e che si mandassero ambasciatori a Firenze, Arezzo, Lucignano,

Gargonza e Monte San Savino per invitarli a non dare ricetto ai due banditi25. E nello

stesso anno abbiamo una lunghissima serie di condanne, sia per l’avvenuta uccisione di

Busgiadro, sia per essere andati «hostiliter et bandera levata» contro Torrita insieme ai

signori della Fratta, i quali subivano la condanna capitale26, mentre un certo Ranuccio

fratello di Zeppa da Sinalunga, che probabilmente era dei Cacciaconti signori di quel

castello, si vedeva infliggere una pena di 200 lire per avere dato ricetto a Ghino e a

Tacco27. E si trova anche che gli abitanti di Torrita dovettero pagare 30 lire per il servizio

di nove giorni prestato dai cavalieri mandati da Siena a difenderli28.

E la cosa non finì con queste condanne, perché il 22 agosto29 si autorizzava l’invio

di un capitano accompagnato da vari cavalieri a Sinalunga e a Torrita e a quei paesi che

li avessero richiesti; ed essendo il 18 settembre venuta la voce che Torrita dovesse essere

consegnata a Tacco per tradimento30, il 19 settembre si nominò una commissione per

esaminare i fatti di Torrita e si mandarono ambasciatori a Arezzo per informare che

Rigomagno era stato occupato dai fuorusciti di quel paese aiutati dagli abitanti di

Lucignano, ordinando nello stesso tempo a Gualtieri Rinaldini di tornare a Torrita con

cinque cavalieri e dodici fanti per difendere il paese, addossando la spesa agli abitanti31.

Naturalmente questi soldati dipendevano completamente dagli ordini del podestà di

Siena, e siccome anche la città dava sospetti di nuovi tumulti, se ne rinforzava la

guarnigione. Da tutto questo appare evidente come le forze ghibelline, appoggiate dagli

aretini, avevano assunto un aspetto veramente minaccioso e perciò non mancarono da

parte di Siena tutti gli sforzi per parare l’offesa. Fra l’altro si era mandato alla corte

romana Giovanni Paganelli, al quale si prescriveva di non muoversi di lì senza il

permesso di Siena o del cardinale Orsini, al quale doveva esporsi minutamente quanto

era avvenuto, dichiarandogli che Siena era ben disposta alla pace, mentre si prendevano

nuove misure circa le guarnigioni di Torrita e Rigomagno, che frattanto era stato

riconquistato32. Con successive deliberazioni dell’11 ottobre e del 21 e 25 novembre33

il Consiglio generale ordinava che se Gualtieri Rinaldini voleva tornare in città lo

facesse pure, ma lasciando in Torrita Bonaccorsino con 12 masnadieri, sempre a carico

del comune di Torrita: ordine che però venne subito revocato, intimando a Gualtieri di

rimanere sul posto, prescrivendo anche che non si permettesse al comune di Torrita di

nominare alcun ufficiale senza licenza del podestà di Siena, perché i senesi volevano

che gli abitanti la finissero rissare continuamente fra loro.

25 A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 8, 12’. – Doc. X. 26 A.S.S., Biccherna, 725, c. CCXXXVIII, CCXLV’, CCXLVIII’, CCLX’, CCLXVII, CCLXVIII. – Doc. XI. 27 A.S.S., Biccherna, 725, c. CCLXV. – Doc. XII. 28 A.S.S., Biccherna, 75, c. I’. – Doc. XIII. 29 A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 21. – Doc. XIV. 30 A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 26’. – Doc. XV. 31 A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 27. – Doc. XVI. 32 A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 29. – Doc. XVII. 33 A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 37, 50’, 51. – Doc. XVIII.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Le condanne comminate contro Ghino e Tacco per l’attentato contro Torrita non

erano state solo pecuniarie, anche se quelle precedenti equivalevano al bando; questa

volta erano state accompagnate dalla comminazione della pena capitale, così i fratelli

dovevano ormai essersi dati alla macchia, cercando precario rifugio presso coloro che

ancora si mantenevano ribelli. Ma ormai Siena aveva preso il sopravvento; muovendo

contro i grandi feudatari che erano l’anima della rivolta, aveva conquistato vari castelli

della Maremma e della valle dell’Ombrone, e queste vittorie avevano indotto molti

fuoriusciti a fare atto di sottomissione e ad unirsi all’esercito senese soprattutto

nell’assedio e conquista di Torri di Maremma. In premio di questa condotta Siena

concedette, il 10 novembre 1281, ben quarantuna amnistie e fra i beneficiari troviamo

«Frederigus domini Ugolini de Fracta, Ghinus eius filius, Ugolinus et Minus filii olim

Alberi, nepotes dicti Frederighi, Iacopus et Nuccius filii naturales dicti Ugolini», nonché

numerosi signori di Torrita, Trequanda, Sinalunga ecc.34 Questo Federigo di Ugolino

era evidentemente un fratello dei due banditi, che non essendo stato implicato nei

misfatti dei fratelli, aveva pensato bene di assicurarsi il possesso della Fratta tagliando

ogni rapporto con Tacco e Ghino. Però questi non dovevano ancora essersi allontanati

molto dai luoghi delle loro gesta, perché nel 1282 troviamo una condanna pronunciata

contro di loro e contro il nipote Ghino di Federigo, perché il sindaco del comune di

Torrita li aveva accusati di due furti di vari porci dalla selva di quel comune35: si vede

che il giovane nipote, attratto da quell’alone di romanzo che già doveva circondare gli

zii, si era fatto traviare a commettere un atto che del resto era di occorrenza normale,

tanto che lo troviamo ripetuto anche da persone di assai maggiore importanza, quali i

Pannocchieschi, gli Aldobrandeschi e i Farnese. E poi era naturale che parenti così stretti

mantenessero rapporti fra loro e si aiutassero, quando pensavano di poterlo fare senza

essere scoperti.

Frattanto il governo guelfo di Siena si era consolidato e aveva potuto mettere a dovere

i grandi feudatari: gli Aldobrandeschi di Santa Fiora mantenevano buoni rapporti coi

senesi, i quali avevano ridotto a ragione anche il conte Ranieri d’Elci occupando il

fortissimo castello di Giuncarico e altri, e insediando in quello fortissimo di Prata quel

Tollo (forse un Alberti) che per consolidare la pace aveva sposato pochi anni prima la

Pia Malavolti, figlia di uno dei reggitori di Siena, e che si dimostrava fedelissimo

suddito36. Anche i Cacciaconti si erano pacificati, e così, per forza, gli altri rami dei

Pannocchieschi, tanto che Siena poteva meglio dedicare le sue forze a ridurre gli ultimi

focolai dei ribelli, sotto la guida del podestà conte Guido da Battifolle e del non meno

energico Benincasa d’Arezzo, che già nel 1282 era stato vicario del podestà Guido da

Romena e lo era nuovamente nel 1285 con Guido da Battifolle. Così i due banditi

mancavano degli appoggi più potenti e dovevano essersi ridotti in Maremma, forse

ospitati dai Pannocchieschi in qualcuno dei loro più remoti castelli, mentre la loro madre

apparisce essersi trasferita a Siena, dove nel 1285 la troviamo ricordata due volte nelle

entrate della Biccherna; la prima volta per la somma di 30 soldi della contribuzione dei

34 A.S.S., Consiglio Generale, 25, c. 28’. – Doc. XIX. 35 A.S.S., Biccherna, 725, c. CCCCVI, CCCCXXV. – Doc. XX. 36 Per l’identità di questa Pia con quella dantesca, vedi G. Ciacci, Gli Aldobrandeschi.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

dodici denari per lira, e la seconda per 24 soldi della tassa delle quattro lire per cento37,

che confrontate alle altre tassazioni rivelano un notevole patrimonio. I documenti non

ci danno il nome della dama, ma il fatto di trovarla tassata nella lira di Galgaria, dove i

Tolomei avevano un palazzo, e il ricorrere dei nomi di Ghino e Mino nelle due famiglie,

fanno presumere che essa appartenesse a questa illustre prosapia senese, che poi, come

si è detto, non era che un ramo dei Cacciaconti che avevano contribuito alla nascita del

comune di Siena. E che i Tolomei fossero imparentati coi signori della Fratta ce lo

conferma il fatto che, nei consigli che in seguito furono tenuti per questioni riguardanti

Ghino e Tacco, i Tolomei manifestarono sempre pareri improntati a benevola

moderazione nei riguardi dei signori della Fratta.

Nel 1285 la guerra si era riaccesa in Val di Chiana, dove il vescovo di Arezzo,

collegato coi fuorusciti ghibellini e con alcuni rami dei Cacciaconti e di altri antichi

feudatari della zona, minacciava i paesi di quel territorio. Per parare l’attacco Siena vi

spedì un esercito, comandato dallo stesso podestà, il quale pose l’assedio al fortissimo

Poggio Santa Cecilia, mentre Benincasa d’Arezzo, rimasto in città come suo vicario,

fronteggiava vigorosamente una sommossa suscitata dai fuorusciti i quali, oltre a

provocare disordini in Siena, avevano temporaneamente occupato i castelli di Farnetella

e di Gargonza. Profittando di questi rivolgimenti, i due banditi devono essere tornati in

Val di Chiana per prestare man forte ai nemici di Siena, commettendo quelle ruberie che

erano abituali in simili occasioni. Proprio in quest’anno troviamo per la prima volta

notizia diretta di Ghino di Tacco: si tratta dell’annotazione di una vendita fatta dal

comune di una certa quantità di saia38 «quam acceperat Ghinus Tacchi»39. Dal contesto

della breve annotazione si capisce che si trattava del frutto di una ruberia commessa a

carico di qualche mercante di passaggio per opera di Ghino stesso, o che Ghino aveva

ricevuta dal padre o dallo zio e che gli era stata sequestrata dai messi che il Comune

aveva spedito in Val di Chiana per ricercare e catturare i banditi. Giacché appunto nel

primo semestre di quest’anno il giudice Benincasa aveva mandato laggiù due messi del

Comune, accompagnati dai famigli del podestà con questo incarico, e la missione si

risolse nella cattura di Tacco di Ugolino il quale, come appare dai pagamenti della

Biccherna, fu condotto a Siena e giustiziato, non senza aver subito prima un poco di

tortura40.

Intanto la guerra continuava in Val di Chiana, l’assedio del Poggio Santa Cecilia

andava per le lunghe e nelle alternative dei combattimenti i ribelli erano riusciti a

incendiare Torrita 41 come appare da una supplica fatta dagli abitanti al Consiglio

generale per avere facilitazioni al loro ritorno in paese.

Alla fine però, nel 1286, il Poggio fu conquistato e distrutto, insieme a Farnetella,

dove i ribelli si erano asserragliati42 e a conclusione di questi avvenimenti si ebbero

37 A.S.S., Biccherna, 90, c. LXXXXVIIII’, CXVIII. – Doc. XXI. 38 Specie di panno di lana pettinata soffice e leggero 39 A.S.S., Biccherna, 88, c. LX’. – Doc. XXII. 40 A.S.S., Biccherna, 88, c. 89, 182’, 188’, 189’, 191’, 195. – Doc. XXIII. 41 A.S.S., Consiglio Generale, 31, c. 32. – Doc. XXIV. 42 A.S.S., Biccherna, 92, c. 105’. Doc. XXV.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

numerose condanne contro coloro che avevano provocato i disordini in Siena e contro

quelli che avevano consegnato ai ribelli Farnetella o si erano riuniti a loro in Gargonza43.

Ma le ribellioni e gli attentati non si erano limitati alla Val di Chiana; nell’ottobre

1286 i figli di Gherardo da Prata uccisero il loro zio Tollo mentre usciva dalla chiesa,

impadronendosi anche delle sue figliole e del castello e dichiarandosi ribelli. Come si è

detto Tollo era divenuto fedele vassallo di Siena e perciò la guerra si riaccese anche in

quella zona dell’alta Maremma. Dai registri delle condanne si vede come fra coloro che

presero parte all’uccisione di Tollo vi era anche Ghino, fratello di Tacco e numerosi suoi

seguaci, fra i quali è probabile si trovasse anche il nipote Ghino, sebbene i documenti

non ne parlino44, e naturalmente gli autori del misfatto furono condannati a morte.

Del resto nemmeno in Val di Chiana era ritornata la pace dopo la conquista del

Poggio di Santa Cecilia e la morte di Tacco. Nel 1288 si trova l’annotazione di una

ruberia commessa fra Trequanda e Montalceto45 e nuove ostilità si riaccesero fra Torrita

e la Fratta: Balduccio Busgiadri da Torrita e un aretino aggredirono un Cenne da

Poggibonsi portandolo in un bosco e rompendogli una gamba 46 , venendo perciò

condannati a una somma di 2400 lire; è però da notare che la condanna di Balduccio fu

cancellata, evidentemente perché, trattandosi di un seguace di Siena, gli fu condonato il

reato. Federigo di Ugolino della Fratta poi, insieme al figlio Ghino o Ghinello, incendiò

una capanna di Francesco Rimbaldi di Bettolle, riportandone una condanna pecuniaria47,

mentre Ghino di Tacco né subì una di 1000 lire per avere commesso una rapina sulla

strada romana di S. Quirico, insieme a numerosi seguaci, ferendo Leuccio Boni48. Dal

confronto dell’ammontare delle pene si vede che il reato commesso da Federigo e da

suo figlio furono riguardati come danno dato e manifestazione di private inimicizie,

mentre per Ghino di Tacco il misfatto fu considerato con minore indulgenza, essendo

ormai coinvolto nelle imprese ostili dello zio omonimo contro il comune di Siena.

L’anno 1289 segnò un peggioramento della situazione politica; i ghibellini avevano

ripreso animo, incoraggiati dall’appoggio di Arezzo e del fatto che si era riaccesa la

guerra contro i Cacciaconti e contro i Pannocchieschi, soprattutto nella zona di Prata,

Giuncarico e Elci. I ribelli riuscirono ad occupare Chiusure presso Asciano, e fra di loro

si trovavano numerosi abitanti di Torrita e Trequanda, e perciò legati ai signori della

Fratta. Corsignano che apparteneva ai Piccolomini, fu conquistato da un Cacciaconti,

che ne portò gli abitanti a Montisi; Giuncarico fu rioccupato dal conte d’Elci e in

complesso Siena subì numerosi rovesci dappertutto: Fra le numerose condanne

pronunziate in connessione a tali avvenimenti, se ne trova una di morte e confisca dei

beni anche contro Ghino di Ugolino della Fratta e altri suoi consorti per avere raggiunto

i ribelli in Chiusure49, mentre altre rivelano come a Torrita le uccisioni e ferimenti erano

43 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCVII segg. 44 A.S.S., Biccherna, 725, c. CCCCLXXXXII, CCCCLXXXXVIIII’, DCIII. – Doc. XXVI. 45 A.S.S., Biccherna, 97, c. LXXXVIII. – Doc. XXVII. 46 A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXXXII. – Doc. XXVIII. 47 A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXXXXI, DLXXXXVII. – Doc. XXIX. 48 A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXXXXV. – Doc. XXX 49 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCLV. – Doc. XXXI.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

all’ordine del giorno e le ruberie si susseguivano senza interruzione50. Come segno

dell’incertezza della situazione è interessante il vedere come ci siano anche moltissime

condanne contro cittadini senesi i quali avevano rifiutato di giurare «mandata Capitanei

et sequentium populi». Si tratta evidentemente di persone che, dubitando di una

probabile vittoria dei ghibellini, non volevano compromettersi troppo giurando per la

parte guelfa al potere; e fra questi renitenti si trova anche il famoso pittore Duccio di

Buoninsegna51.

Anche Ghino di Tacco, dopo l’uccisione del padre e dopo le condanne subite, era

divenuto un dichiarato ribelle e deve avere commesso qualche nuova impresa, perché

nel 1290 anche lui venne condannato a morte52. Probabilmente fu opera sua anche

un’altra rapina commessa nel 1291 a danno di alcuni mercanti fiorentini nel territorio di

Montepulciano. Il fatto assumeva una particolare gravità perché sembra che si dubitasse

che l’aggressione fosse avvenuta invece in territorio senese, il che avrebbe coinvolto la

responsabilità del Comune, con possibilità di rappresaglie e di turbamento dei rapporti

con Firenze. Perciò Siena mandò sul posto un suo ambasciatore, che insieme

all’ambasciatore mandato da Firenze doveva stabilire il luogo esatto della rapina e fece

stendere anche un parere legale da due giurisperiti per definire a chi incombesse

l’indennizzo da pagare ai derubati53. Che questa ruberia fosse stata commessa da Ghino

ce lo conferma chiaramente il fatto che troviamo pronunziata una condanna capitale

contro di lui, contro il cugino Ghinello e altri di Torrita54. La condanna è così grave, non

solo per il fatto che ormai si trattava di un ribelle dichiarato, ma probabilmente perché

l’aggressione commessa a danno di fiorentini poteva compromettere l’accordo, ancora

recente e non sufficientemente consolidato, con quella repubblica.

Frattanto nella primavera del 1292, Siena assumeva al suo servizio, nella qualità di

conestabile di 24 cavalieri, Mannino di Busgiadro da Torrita55 membro della famiglia

più importante di Torrita, amico di Siena per tradizione di famiglia e nemico dei signori

della Fratta. Ciò garantiva che i senesi potevano contare di avere in Val di Chiana

qualcuno che avrebbe saputo fare bene la polizia e vegliare sugli andamenti dei familiari

di Ghino e prevenirne le mosse. E questo non era un fatto trascurabile, dato che i ribelli

non erano ancora rassegnati alla sconfitta. Ne è un segno l’assalto sferrato da essi alla

Rocca Tederighi e il rapimento della contessa Margherita, vedova di Alberto dei

Visconti di Campiglia, che era un fedele suddito di Siena56. Tuttavia anche i Busgiadri

non si mostravano troppo disciplinati e nel 1294 uno di essi, Balduccio di Franceschino,

subì una condanna di 450 lire per avere aggredito e ferito un abitante di Torrita57:

strascico forse delle antiche contese paesane, Né avevano tregua gli attentati di Ghino

50 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCXLIII. DCCIII.

50 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCLVIII’. – Doc. XXXII.

51 A.S.S., Biccherna 725, c. DCCXX, - Doc. XXXII. 52 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCXX’. – Doc. XXXIII. 53 A.S.S., Biccherna, 106, c. 116’. 117’. – Doc. XXXIV. 54 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCLVIII. – Doc. XXXV. 55 A.S.S., Biccherna, 107, c. 166. – Doc. XXXVI. 56 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCLXXXXII. – Doc. XXXVII. 57 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCLXXXXIIII. – Doc. XXXVIII.

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di Tacco, perché troviamo che nello stesso anno un suo familiare, Giollarino di Cecco

da Torrita, già condannato insieme a Ghino per la rapina dei mercanti fiorentini, lo fu

nuovamente per avere rubato due cavalli della compagnia di Andrea di Villejuif,

contestabile senese in Val di Chiana58, mentre il podestà pronunziava altre numerose

condanne contro vari abitanti di Monticchiello, Radicofani, S. Fiora ecc. che avevano

partecipato a una ruberia commessa da Ghino di Tacco59.

Ghino doveva ormai essersi rifugiato in Radicofani, da dove continuava a

complottare contro Siena. Infatti nel giugno 1295 troviamo una condanna pronunciata

contro un certo Buccio di Guittone delle Serre di Rapolano per avere avuto con Ghino

segrete trattative onde dargli per tradimento questo castello60. Il tentativo contro Serre

fu scoperto a tempo e fallì, ma in compenso Ghino, con l’aiuto di molti abitanti di

Monticchiello, Rocca d’Orcia, Radicofani e Santa Fiora, commise un’altra ruberia61. Fra

le numerose condanne pronunziate in questa occasione non ne troviamo una contro

Ghino, e questo confermerebbe il fatto che egli avesse già occupato Radicofani e perciò,

trovandosi fuori dalla giurisdizione senese, non venne istruito processo contro di lui.

Del resto avendo già sul capo due sentenze di morte, era superfluo ripeterle.

Radicofani, sebbene Siena vi avesse accampato diritti fino dal XII secolo e avesse

tentato per due volte di impadronirsene, faceva parte dei domini della Chiesa, con

pretese da parte degli abati di San Salvatore e dei conti di Santa Fiora, col risultato che

in quei tempi era quasi un dominio di nessuno e bene adatto ad essere un covo di banditi,

dopo il debole pontificato di Nicolò IV e quando appena era stato eletto il ben più

energico Bonifacio VIII.

Sembra che i parenti di Ghino rimasti alla Fratta si fossero messi ormai tranquilli, a

meno che non sia da annoverarsi fra loro quel Ghino di Ugolino di Fazio da Torrita che

nel 1296 fu condannato a una pena di 250 lire per avere, aiutato da altri, tentato di

violentare una donna62, ma Ghino non aveva rinunziato alla speranza di ritornare come

padrone nelle sue terre; infatti nel 1296 troviamo una condanna pronunziata dal podestà

di Siena contro Santoruccio di Carsidonio da Scrofiano che aveva derubato un suo

compaesano e aveva poi complottato con gli abitanti del luogo e col conte Bindo della

Ripa per dare per tradimento Scrofiano a Ghino di Tacco63; il quale poi nel 1297,

incoraggiato forse dall’esistenza di ancor numerosi aderenti nella zona, concepì il

progetto più ambizioso di costruirsi un nuovo castello-fortezza fra Sinalunga e

Guardavalle, da dove avrebbe potuto impunemente taglieggiare la zona64. I lavori anzi

erano già cominciati e per questo motivo il Consiglio Generale di Siena tenne

un’apposita adunanza, nella quale fu deciso di mandare a vedere e di intimare ai

lavoratori di sospendere l’opera. La prudenza con cui è concepita la deliberazione fa

58 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCCXIII. – Doc. XXXIX 59 A.S.S., Podestà, 2, c. 64. Doc. XL. 60 A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXX’. Podestà, 2, c. 84. – Doc. XLI. 61 A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCCXXIII, DCCCCLXXVI’, DCCCCXXXVII, DCCCCLXXXXII’, DCCCCLXXXXVII,

DCCCCLXXXXIIII’. Doc. XLII. 62 A.S.S., Biccherna, 725, c. MXXXIII. 63 A.S.S., Podestà, 2, c. 327’. – Doc. XLIII. 64 A.S.S., Consiglio Generale, 52, c. 106’ – Doc. XLIV.

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capire che alle spalle di Ghino dovevano esservi personaggi potenti e che non si voleva

ricorrere a misure drastiche, per non provocare guai maggiori; ad ogni modo dell’affare

non si trova più traccia ed è evidente che Ghino abbandonò il progetto. E dopo di ciò

egli scompare completamente dai nostri documenti, che sono fra l’altro pieni di lacune.

Completerebbe il quadro quello che di Ghino narrano Boccaccio e Benvenuto da

Imola, cioè in brigantaggio cortese, per cui Ghino toglieva ai mercanti e signori che

passavano a sua portata di mano solo una parte delle loro ricchezze, e con modi talmente

gentili da farsene quasi degli amici. Pure in questo tempo deve essere avvenuta

l’uccisione di Benincasa il quale aveva fatto giustiziare il padre, e non il fratello come

raccontano i commentatori, e aveva condannato a morte anche lui. Se poi veramente

Bonifacio VIII lo abbia perdonato e colmato di favori è una questione piuttosto dubbia,

anche se i tempi ed i costumi possono dare qualche verosimiglianza alla cosa. Tuttavia

il modo con cui l’uccisione di Benincasa sarebbe avvenuto, la carica che egli occupava

alla corte papale, e il luogo in cui sarebbe avvenuto il misfatto, rendono poco probabile

il racconto. Quanto alla data della morte di Ghino, la più probabile sembra il 1303,

quando avvennero a Sinalunga tumulti e risse sanguinose; altrimenti sarebbe da

prendere il 1313, nel quale Binduccio Cacciaconti, ancora signore di Sinalunga,

profittando del disordine provocato dalla calata di Arrigo VII, si ribellò a Siena e si

sottomise solo dopo che i senesi, morto l’Imperatore, mandarono contro Sinalunga un

esercito che lo costrinse a rinunciare a ogni resistenza e a fare atto pieno di sudditanza.

Dato che Sinalunga era quasi indipendente da Siena, è verosimile che Ghino trovasse

frequente ricetto presso quei signori, che erano della sua stirpe, e che partecipando alle

contese interne e alle azioni di guerra, sia rimasto ucciso appunto in questo luogo che ci

è dato come quello della sua morte dai commentatori e novellieri.

In conclusione si può dire che Ghino di Tacco fu una vittima delle circostanze.

Quando suo padre e suo zio cominciarono a dichiararsi ribelli e iniziarono la serie delle

loro azioni delittuose, egli doveva essere ancora un fanciullo. Ce lo conferma il fatto

che nel 1285 la sua nonna viveva e aveva trovato asilo in Siena, mentre per poter vivere

alla macchia come facevano il padre e lo zio era necessario che essi fossero forti e

vigorosi come lo sono solo i giovani. Egli compare per la prima volta coinvolto in queste

imprese solo nel 1285, e probabilmente solo per ricettazione del bottino fatto dal padre

e dallo zio. Giustiziato il padre, profugo e coinvolto nelle vendette familiari, che in quei

tempi erano un sacro dovere, Ghino cominciò allora soltanto quell’attività brigantesca,

che del resto era considerata un legittimo mezzo di guerra, partecipando a tutte le

imprese dirette contro quei senesi che avevano spodestato i suoi dal possesso avito, gli

avevano ucciso il padre e avevano bandito e condannato a morte lui stesso. In fondo è

la tragedia di tutte le grandi famiglie feudali all’avvento dei governi guelfi, e questo

spiega anche il modo con cui ne parla Dante. Si tratta solo di un accenno, ma quelle

«braccia fiere» sono un’espressione di simpatica ammirazione, non di deprecazione,

perché Dante, appartenente anche lui alla minore nobiltà feudale, spodestata dai guelfi,

doveva sentirsi solidale con Ghino, che aveva combattuto per mantenere i privilegi della

sua casta. Solo con queste considerazioni si inquadra esattamente Ghino di Tacco nella

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storia del suo tempo, di cui incarna bene lo spirito battagliero, il forte sentimento di

solidarietà familiare, l’orgoglio di razza, l’audacia e la spensieratezza che la precarietà

della vita infondeva negli uomini che combatterono le ultime battaglie per la

sopravvivenza del mondo feudale e dello spirito ghibellino.

Giovanni Cecchini

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La copertina del libro a fumetti di Filippo Cenni: “Il falco di

Radicofani”.

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Qui sotto ripropongo i documenti riportati dal Cecchini alla fine

del suo articolo e che sono citati nelle note dell’articolo stesso.

(Una fotocopia dei quali si trova a pag. 74

D O C U M E N T I

Doc. I.

A.S.S., Biccherna, 709, c. 10’.

Infrascripte sunt condempnationes facte tempore domini Orlandini de Canosa

potestatis senensis [gennaio –giugno 1271] ……………………….

Tacchus Ugolini Fracte debet solvere comuni LXXV. libras denariorum pro

manomissione quam fecit in Iacobinum de Guardavalle, ut continetur in libro Clavium

in folio XLII.

Item debet comuni C. libras denariorum quia discessit de palatio sine licentia

potestatis, ut continetur in libro Clavium in folio LXIIII.

Doc. II.

A.S.S., Biccherna, 47, c. 6’.

Item XVIII soldos quos [camerarius] dedit et solvit Ghino Ugolini pro licteris quas

portavit ad Urbemvetere pro securitate nostrorum ambassiatorum qui erant apud curiam

domini Regis.

Doc. III.

A.S.S., Biccherna, 725, c. LXXII’.

Condempnationes facte tempore domini Taddei comitis de Montefeltro potestatis

senensis in anno Domini MCCLXXIII [gennaio-giugno]………………

Chiarimbaldus Tancredi de Torrita condempnatus in CC. libris quia vulneravit

Tacchum Ugolini ut patet in folio CXLVI.

Doc. IV.

A.S.S., Biccherna, 725, c. LXXII.

Condempnationes facte tempore domini Taddei comitis de Montefeltro potestatis

senensis in anno Domini MCCLXXIII [gennaio-giugno] …………….

Buccius Busciadri de Torrita condempnatus in C. libris quia venit contra Tacchum

Ugolini et proiecit ei lapides ut patet in folio CXLVII.

Doc. V.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CLXXIIII’.

Condempnationes facte tempore Iacoppini de Rudilia, secunda vice potestatis

senensis in anno Domuni MCLXXVI [gennaio-dicembre] ……………

Taccus de Torrita condempnatus in MMM. libris pro homicidio commisso in

Montanellum Bonaventure, ut patet in folio CCCXVIII.

Doc. VI.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CLXXXVIIII’, CLXXXXI, CCV’.

Condempnationes facte tempore domini Orlandi Bernardi Russi et Gherardi eius filii

in anno Domini MCCLXXVII [gennaio-dicembre] ……………..

Ghinus quondam Ugolini, Gherius Landi Bonaccholti, condempnati quilibet eorum

in DCC. Libris, et quidam alii condempnati cum eis in eadem quantitate pro quolibet,

quia trattaverunt mortem Buccii filii Bugiadri ut patet in folio CCCLXXXXVI.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Cancellatum est nomen dicti Gherii, quia est cancellatum in libro Clavium ex eo quod

venit ad mandata Comunis secundum formam ordinamentorum generalis Consilii

Campane.

………………………………………………………………………….

Guccius Guidi Iusti de Serris condempnatus in MMMMM. libris quia occiderunt

Iacobum castellanum castri de Torrita ut patet in folio CCCCXXV.

…………………………………………………………

Tacchus Ugolini de Fratta, Tregianellus frater Venture Gallerie, Tosinus Nicchole de

Fratta, condempnati quilibet eorum in MMMM. libris denariorum et quilibet alii

condempnati cum eis in eadem quantitate pro quolibet, quia voluerunt comburere

castrum de Torrita et interfacerunt plures homines ut patet in folio CCCCVI.

…………………………………………………….

Ghinus Ugolini de Fratta, Cosus frater Salvuccii magistri Bartali de Serris, Gerius et

Guerra Ugolinetti de Rapolano, Ghezzus Marchi de Asinalunga, Ghezzus Manni

Sentinelli de Fratta, Geri Suffredi de Monte sancti Savini, condempnati quilibet eorum

in MMMM. libris et quidam alii condempnati cum eis in eadem quantitate pro quolibet,

quia voluerunt comburere castrum de Torrita et interfecerunt plures homines ut patet in

folio CCCCVI.

……………………………………………………….

Bindus Iacobi de Calceno, Buccius Salvi de Rapolano, Barghellus Manni Sentinelli

de Fratta, Ballante de Lucingnano Aretii, condempnati quilibet in MMMM. libris et

quidam alii condempnati cum eis in eadem quantitate quia voluerunt comburere castrum

de Torrita ut patet in folio CCCCVI.

(e ce sono altri simili).

Doc. VII.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CCXVII’.

Condempnationes facte tempore domini Macthei de Madiis de Brescia potestatis

senensis in anno Domini MCCLXXVIII [gennaio-dicembre] ……..

Ghinus filius olim Ugolini de Fratta condempnatus in M. libris denariorum et

Tacchus eius frater condempnatus cum eo in eadem quantitate quia occiderunt Andream

magistri Iacobi ut patet in folio CCCCLXXXXIIII.

Ginus filius Ugolini de Fratta condempnatus in MM. libris denariorum et Tacchus

eius frater et Cecchus Grossus condempnati cum eo in eadem quantite quia interfecerunt

Renaldellum Bonaiunte ut patet in folio CCCCLXXXXIIII.

Doc. VIII.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CCXXVIII.

Condempnationes facte tempore domini Macthei de Madiis de Brescia potestatis

senensis in anno Domini MCCLXXVIII [gennaio-dicembre] ………….

Tacchus olim Ugolini de Fratta condempnatus in M. libris denariorum et Ghinus eius

frater condennatus cum eo in eadem quantitate quia occisit Andream magistri Iacobi ut

patet in folio CCCCLXXXXIIII.

Tacchus Ugolini predictus canennatus in MM. libris denariorum et quidam alii

condennati cum eo in eadem quantitate pro quolibet quia interfecerunt Renaldellum

Bonaiunte etc., ut patet in folio CCCCLXXXXIIII.

Doc. IX.

A.S.S., Consiglio Generale, 22, c. 17.

Die dominica VII augusti [1278].

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Capitanei Partis, Priores XXXVI et ipsi XXXVI cohadunati apud palatium potestatis

fuerunt in plena concordia et firmaverunt quod pro tuitione Torrite mictatur sine

tarditate Torritam unum ex conestabiliis masnate comunis Senensis et ibi debeant stare

et inde redire ad civitatem quando et sicut videbitur domino potestatis, et debeant

milutes dicte conestabilie custodire dictum castrum et si poterint capere exbannitos qui

intendunt equitare ad ipsum castrum capiant si inveniant et in fortiam comunis reducant.

Et si potest esse quod socius vel alius ex familia potestatis vadat cum eis, vadat in

nomine Domini. Et fuerunt in concordia quod detur in mandatis comuni de Rigomagno

et aliis comunitatibus contrate, ut Tacchum vel alios exbannitos aliquos comunis

Senensis nullo mado receptent, et si contra facerint puniantur.

Doc. X.

A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 8, 12’.

Die mercurii XII iulii [1279].

In nomine Domini amen. Consilium Duodecim bonorum hominum novorum et

veterorum comunis civitatis Senarum, in palatio Ugoruggeriorum in quo moratur

potestas coadunatorum ut moris est, facta prius per dominum Corradum de Palaczo

potestatem senensem verbatenus impositam de aguaito et insidiis et insultu que dictis

diebus Taccus et Ghinus et sui seguaces fecerunt ad Torritam, et fuit in piena concordia

et firmavit quod dominus potestas mittat ad Torritam dominum Gualterium domini

Renaldini et cum eo X. milites de masnada francigena comunis senensis, expensis

comunis et hominum de Torrita, ad custodiendum Torritam et eius contratam contra

Taccum et Ghinum et sui seguaces.

Item mictat unum ambassiatorem Florentiam, Aretium, Lucignanum de Aritio,

Gargonsam, Montem sancti Savini et viriliter eis dici faciat quod dictos comunis

senensis pro maleficio exbannitos in sua fortia et posse (non) receptent.

a) Die martis primo augusti [1279].

In nomine Domini amen. Consilium Ordinum civitatis Senarum et XXXVI. fuit in

concordia plena et voluntate et stantiavit et firmavit quod ad inveniendum unde et de

quo loco Taccus et Ghinus filii quondam Ugolini de Fracta et alii qui cum eo erant

exiverint et receptati fuerunt quando insidias posuerunt et miserunt circa castrum de

Torrita, et post ipsas insidias insultum fecerunt versus dictum castrum de Torrita, et

quare illi de Torrita non esiverunt ad eos, et quare illi de Torrita non permiserunt

inimicos dicti Tacchi et Ghini exite ad eos, et quare postquam exiverunt non permiserunt

eos introire castrum de Torrita, dominus potestas inveniant et invenire possit et liceat ei

per quemcumque modum invenire potest.

Doc. XI.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CCXXXVIII, CCXLV’, CCXLVIII, CCLX, CCLXVII,

CCLXVIII.

a) - Condempnationes facte tempore domini Gherardi de Palatio de Brescia, olim

potestatis senensis in anno Domini MCCLXXIIII [gennaio-dicembre] ……..

Cecchus Iacobi vocatus Cecchus Grassus de plebe Sancti iohannis condempnatus in

persona et in decem milibus libris denariorum, et quilibet alii cum eo, condempnati in

eadem quantitate, quia pretio sibi dato vuluerunt interficere Bugiadrum de Torrita et alia

fecerunt etc. ut patet in folio DXXXIII.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

b) Ghinus frater Tacchi de Torrita condempnatus in persona et in decem milibus

libris denariorum et quidam alii condempnati cum eo in eadem quantitate pro quilibet,

quia pretio dato vulneraverunt et interfecerunt Bugiadrum de Torrita et alia fecerunt ut

patet in folio DXXXIII.

c) Ghinus filius Ugolini de Fratta et Guidarellus Alexandri de Urbeveteri,

condempnatus quilibet corum in MM. libris denariorum et quidam alii condempnati cum

eis in eadem quantitate pro quolibet, quia iverunt hostiliter et banderia levata ad castrum

de Torrita et vulneraverunt Dinum et alios ut patet in folio DLXXXVI.

d) Orlandus domini Crispoliti qui moratur ad Coltellum condempnatus in MM.,

libris denariorum et Tacchus et Ghinus Ugolini di Fratta et quidam alii condempnati

cum eis in eadem quantitate pro quolibet, quia banderia levata iverunt ad castrum de

Torrita et vulneraverunt Dinum filium Martini ut patet in folio DLXXXXVI.

e) Tacchus de Torrita condempnatus in persona et avere et in decem milibus libris

denariorum, et quidam alii condempnati cum eu in eadem quantitate, ut patet in folio

DXXXIII.

f) Tacchus filius Ugolini de Fratta, Tuccius Gaenne comitatus Aretii, condempnati

quilibet eorum in MM. libris denariorum quia banderia levata iverunt ad castrum de

Torrita et vulneraverunt plures homines ut continetur in folio DLXXXXVI.

Doc. XII.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CCLXV.

Condempnationes facte tempore domini Gherardi de Palatio de Brescia olim

potestatis senensis in anno Domini MCCLXXVIIII [gennaio-dicembre] …………

Ranuccius frater Zeppe de Asinalongha condempnatus in CC. libris denariorum quia

receptavit Ghinum et Tacchum ut patet in folio DLXXXII.

Doc. XIII.

A.S.S., Biccherna, 75, c. 1’.

Item XXX libras quas habnerunt [I Provveditori di Biccherna] a comune de Torrita

pro paga X. militum francigenorum quos habuerunt in servitium eorum VIIII. dierum,

quos portavit eis Pacem de Firmo, unus de masnada.

Doc. XIV.

A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 21.

Die martis XXII, augusti [1279].

Item fuit dictum Consilium [Ordinum et Trigintasex] in plena concordia et firmavit

et stantiavit dicta die, quod si comune de Torrita et de Asinalonga et de Ripe, per se et

suis stipendiis capitaneum petant et masnadam, quod detur eis, sed si per se et alias

comunitates petunt, queratur ab illis comunitatibus quas nominaverint si cum eis tenere

volunt ad dictum capitaneum et masnadam, et si dixerint se velle tenere detur eis, et si

noluerint tenere detur tantummodo tenere volentibus et non allis.

Doc. XV.

A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 26’.

Die lune XVIIII, septembris [1279].

In domine Domini amen. Consilium Ordinum civitatis Senarum in palatio

Ugoruggeriorum ad istantiam et petitionem domini Curradi de Palaczo, Dei et regia

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

gratia potestatis senensis, cohadunatorum……………………………………………

……………….………………………… stantiavit et firmavit quod dominus potestas

cras de mane, qua hora voluerit, convocet Ordines et XII. bonos homines per terzerium

quos voluerit, et eis exponat qualiter sibi relatum sit quomodo Torrita per proditionem

debet dari Tacco, et quid tunc per eos fuerit consultum exequatur.

Doc. XVI.

A.S.S., Consiglio Generale, 23, C. 27.

Die martis XVIIII septembris [1279].

In nomine Domini amen. Consilium Ordinum cum adiuncta XII bonorum hominum

per Terzerium in palatio Ugoruggeriorum ad istantiam et petitionem potestatis

cohadunatorum, fuit in plena concordia et stantiavit et firmavit quod Capitanei partis

Guelfe cum doubus per terzerium per Ordines eligendos, sint et debeant esse simul

quatinus et quando domino potestati placuerit, qui statuant et firment secundum quod

sibi videbitur de facto et super facto Torrite, et etiam de maiori masnada in civitate

Senarum habenda.

Item stantiaverunt et firmaverunt quod quam citius fieri potest duo beni

ambassiatores, per dictos Ordines eligendos, per dominum potestatem Aritium

mittantur, qui secundum quod eis per dictos capitaneum et dictos duos per terzerium et

dominum potesatem impositum fuerit, de iniuria comuni et hominibus de Rigomagno,

nuper per exititios nostros et dicti Rigomagni et per aliquos de Lucignano Aretii (illata),

comuni de Aretio ambassiatam faciant et portent.

Item dicti Ordines fuerunt in plena concordia et stantiaverunt et firmaverunt quod

dominus Gualtierius domini Renaldini continuo vadat ad Torritam et secum ducat et

teneat illuc quinque eques exspensis comunis et hominum de Torrita, pro quibus

expensis stantiaverunt et firmaverunt quod pro qualibet die qua steterint ibi comune et

homines dicti loci dent et dare debeant ei XXX. soldos denariorum senensium.

Item quod secum ducat XII. iuvenes quos secum ibi teneat etiam expensis ipsorum

comunis et hominum dicti loci, pro quibus expensis ipsum comune et homines debeant

pro die qualibet qua steterint XL. soldos denariorum senensium.

Item quod dictus dominus Gualterius cum dictis equis et dictis iuvenibus stent et stare

debeant in dicta Torrita ad voluntatem potestatis.

Doc. XVII.

A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 29.

Die mercurii XXVII. septembris [1279].

In nomine Domini amen. Consilium Ordinum et XXXVI. cohadunatum in palatio

Ugoruggeriorum in quo moratur dominus potestats, ad petitionem ipsius fuit in plena

concordia et stantiavit et firmavit quod statim quod masnada fuerit in civitate Senarum,

statim et factum comunis et hominum de Torrita et de Rigomagno mittatur ad hoc

Consilium, quod inde tunc fuerit consultum executioni mandetur.

Item stantiavit et firmavit quod ad plenum obstendatur et notum fiat domino cardinali

quomodo et qualiter nos sumus parati in omnibus que ipse nobis de pace fienda inter

nos et extrinsecos mandaverit et imposuerit obbedire, et scribatur Iohanni Paganelli

quod ipse nullatenus a curia discedat nisi de propria licentia et mandato domini

cardinalis et eius conscientia pura.

Doc. XVIII.

A.S.S., Consiglio Generale, 23, c. 37,50’.

a) Die mercurii XI octobris [1279].

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In nomine Domini amen. Consilium Ordinum et XXXVI. civitatis Senarum

….….fuit in plena concordia et firmavit …………………………………………..

Item, quod dominus Gualtherius domini Renaldini habeat licentiam redeundi ad

civitatem Senarum et quod Bonaccorsinus remaneat in Torrita loco ipsius domini

Gualtherii cum XII. masnaderiis, quorum quilibet habeat in mense LX. soldos

denariorum senensium, et ipse Bonaccorsinus habeat C. soldos in mense; que salaria

solvantur ab hominibus et comuni de Torrita. Qui Bonaccorsinus debeat habere

diligentem custodiam dicte terre et tenere claves ipsius terre, et possit dictus dominus

Gualtherius ubi voluerit esse et stare hinc ad festum omnium Sanctorum, salvo quod si

casus accideret quo ipsum pro meliori comunis Senensis ad dictam Torritam reverti

opporteret, dictus potestas possit eum cogere illuc reverti, hoc ordinamento non

obstante.

b) Die martis XXI. novembris [1279].

In nomine Domini. Consilium Ordinum civitatis Senarum et Sex bonorum virorum

ipsus civitatis fuit in plena concordia et stantiavit et firmavit quod dominus Gualtherinus

omnino vadat ad Torritam et quod pro die qualibet qua steterit, pro suo salario habeat et

habere debeat a comuni de Torrita XX. soldos denariurum senensium.

Item quod Poppus Martini remittatur ad Montefollonico et moretur ibi expensis

comunis eiusdem loci.

c) Die sabbati XXV. novembris [1279].

In nomine Domini amen. Capitanei Partis et Sex boni vivi, in presentia domini

potestatis fuerunt in plena concordia et stantiaverunt et firmaverunt quod ex parte

domini potestatis scribatur domino Gualtherino, potestati et Concilio et Comuni castri

de Torrita, quod in ipsa terra nullatenus officiales faciant aliquod sine ipsius domini

potestatis mandato, cum comune Senarum velit ipsos officiales tali modo et forma fieri

ut comune et homines de Torrita pausent rixare.

Doc. XIX.

A.S.S., Consiglio Generale, 25, c. 28’.

Die. X. mensis novembris [1281].

Factum est generale consilium Campane ….a sapienti et discreto viro domino Angelo

Imperatoris iudice de Urbe nunc vicario magnifici et nobilis viri domini Mathei Rubci

de fillis Ursi potestatis comunis Senensis absentis ……in quo proposuit et consilium

petiit quod, cum infrascipti homines de civitate et comitatu senensi variis et diversis

condempnationibus et bannis pro maleficiis condempnati et exbanniti comuni et pro

comuni senensi steterint et moram cum effectu contraxerint in exercitu dudum facto pro

comuni Senensi super castro Turris de Maritima …et eorum personas contra rebelles et

proditores comunis Senensis in dicto castro de Turri obscssos die noctuque tam in preliis

habitis dictis rebellibus et proditoribus quam in custodias….diurnis et nocturnis sepe

sepius et quasi continue ad periculum et risicum mortis exposucrunt …quod ipsi

exbanniti et condempnati et quilibet eorum rebannirentunr et pro bannitis

haberentur…Nomina dictorum exbannitorum et condempnatorum sunt hec:

Frederigus domini Ugolini de Fracta, Ghinus eius filius, Ugolinus et Minus filii olim

Alberi nepotes dicti Frederigi, Iacobus et Nuccius filii naturales dicti Frederigi….

Dominus Scozia olim domini Renaldi de Talomeis consuluit dicens quod placet ei

quod omnibus et singulis exbannitis et condempnatis predictis….. pro remuneratione et

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satisfazione dictorum servitiorum …omnes ipsi et singuli rebannantur a comuni

Senensi…

Consilium predictum fuit in concordia cum dicto domini Scozie predicti.

Doc. XX.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CCCCVI, CCCCXXV.

a) Condempnationes facte tempore comitis Guidonis de Romena potestatis

Senensis in anno Domini MCCLXXXII [gennaio-dicembre]…….

Ghinus Ugolini condempnatus in L. libris,}

Ghinus Frederighi condempnatus in L. libris}et quidam alii cum eis

quilibet in quinquaginta

libris, quia fuerunt accusati a Fuccio magistris Beni de Turrita quod defurati fuerunt

comunis de Torrita quosdam porcos, ut patet in folio II.

de silva Ghinus Ugolini predictus condempnatus in L. libris}

Ghinus Frederighi predictus condempnatus in L. libris}et quidam alii

cum eis quilibet in quinquaginta libris, quia fuerunt accusati a dicto sindico quod

defurati fuerunt quosdam porcos ut patet in folio II.

b) Taccus olim Ugolini condempnatus in L. libris et quidam alii cum eo in

eadem quantitate pro quolibet quia fuerunt accusati a Fuccio sindico comunis de

Torrita quod fuerunt defurati de silva dicti comuni quosdam porcos ut patet in folio

II.

Taccus predictus condempnatus in L. libris et quidam alii cum eo in eadem

quantitate pro quolibet quia fuerunt accusati a dicto sindico quod fuerunt furati

quosdam porcos ut patet in folio dicto.

Doc. XXI.

A.S.S., Biccherna, 88, c. LXXXXVIIII’, e. 90, c. 118.

a) Infrascritti sunt denarii datii duodecim denariorum pro libra, sive centum

soldorum pro centenario impositi in civitate Senarum tempore potestarie domini comitis

Guidonis de Battifolle [1285] in primis sex mensibus sui regiminis. In primis de terzerio

Civitatis.

…………………….

Item XXX. soldos ad uxore olim Ugolini de Fratta, de libra Galgarie.

b) In nomine Domini amen. Infrascripti sunt denarii recollecti in Biccherna

comunis de datio IIII. librarum pro centenario qui pervenerunt ad manus donni Griffoli

camerarii Comunis et domini Nesis iudicis et Fatii domini Ranerii Benacchi, Vitaleonis

Altimanni et domini Filippi de Malavoltis IIII. Provisorum cominis Senensis in ultimis

sex mensibus, tempore potestarie domini comitis Guidonis de Battifolle. Quod datium

inceptum fuit ad colligendum de mense octobris in anno Domini MCCLXXXV.,

indictione XIIII. ab hominibus et personis infrascriptis. In primis de Terzerio

Civitati……….

Die Iovis VIII: novembris.

…………

Item XXIIII. soldos die dicta ab uxore olim Ugolini de Fracta de libra Galgarie.

Doc. XXII.

A.S.S., Biccherna, 88, c. LX’.

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[Entrate del I° semestre].

Item XII. denarios de saia que vendita fuit, quam acceperat Ghinus Tacchi.

Doc. XXIII.

A.S.S., Biccherna, 88, c. 182’, c. 89, c. 188’, 189, 191’, 195.

a) Item VIIII. soldos Piero Nunzio }

Item VIIII. soldos Iohannino nuntio } pro eorum salario trium

dierum quibus iverunt cum

familia domini potestatis apud Torritam ad capiendum exbannitos et habuerunt

apodixam a domoni potestate.

b) Item XXVII. soldos per apodixam potestatis Paulino et Nerio et Salvuccio

nuntiis comunis pro eorum salario duorum dierum et unius noctis quibus steterunt in

valle Clane cum masnada ad capiendum Tacchum Ugolini.

c) Item XL. soldos per apodixam potestatis duobus ribaldis qui guastaverunt

seu occiderunt Tacchum Ugolini.

d) Item V. soldos magistro Vive de mannaria pro salario suarum massaritiarum

que commodavit cum fuit vastus Tacchus Ugolini.

e) Item ….denariorum Iacobino, de quibus expendidit in oleo XIII. soldos

quod fuit combustum pro guardia Sozzini domini Dei et pro custodia Tacchi et pro

vectura unius ronzini pro Taccho et pro funibus ad ligandum Tacchum et pro una

firmatura unius hostii cucine domini comitis [Guidonis de Battifolle].

Doc. XXIV.

A.S.S., Consiglio Generale, 31, c. 32.

Die XIIII. maii [1286].

In nomine Domini amen. Cum audiveritis legi in presenti consilio

petitionem porrectam coram dominis XV. a comuni et hominibus de Torrita … In

Dei nomine consulatis.

Forma autem petitionis dicti comunis Turrite hec est: Coram vobis

dominis XV. Gubernatoribus et Defensoribus comunis et populi Senarum

proponunt et dicunt comune et homines de Torrita, quod ipsum castrum fuit ingne

combustum sicut scitis et scitur per totam provinciam et in ipsa combustione

admiserunt omnia corum bona mobilia et quasi disperati non posse castrum reficere

remaserunt propter paupertatem et inopiam victualium et omnium rerum

necessarium ad vitam hominum, nam sunt in tanta necessitate quod vix vivunt et

aliqui recesserunt querendo et mendicando vitam corum et aliqui alii in terris

circumstantibus et consanguineis et amicis licet defective substentaverunt. Quare

supplicant vobis humiliter et devote quod vobis placeat dictos comune et homines

aiuvare et corum miserie providere et vestrum ausilium exibere, ad hoc ut possint

ad dictam terram et castrum redire et in ea stare et permanere ad servitium et

honorem comunis Senensis et specialiter quod dictum comune et homines non

teneantur facere vel prestare aliquam exationem vel factionem eis impositam a

comuni Senensi vel que a predictis comuni et hominibus de Torrita debentur

comuni Senensi, et quod detis et concedatis eisdem immunitatem et exentionem in

futurum de non solvendo vel prestando aliquas exationes vel factiones comuni

Senensi pro eo tempore quod vobis videbitur conveniens et quod possit tante eorum

miserie subveniri et provideri.

Dominus Caulinus de Tolomeis consuluit et dixit super facto

petitionis comunis de Torrita, quod ipsum factum remaneat in dominis XV. et in

aliis sapientibus quos secum habere voluerint, si quos voluerint habere.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Consilium fuit in concordia cum dicto domino Caulino.

Doc. XXV.

A.S.S., Biccherna, 92, c. 105’.

Item III. libras XV. soldos Frederigo Iohannis notario pro residuo sui

salarii pro quinque diebus quando stetit cum dicto Ciombra ad destruendum Podium

sancte Cecile et ad Farnetellam et Battifolle per apodicam XV.

Doc. XXVI.

A.S.S., Biccherna, 725, c. CCCCLXXXXII, CCCCLXXXXVIIII’, DXIII.

Condempnationes facte tempore domini Bertolini potestatis

senensis in anno Domini MCCLXXXVI. …..

Gaddus olim Gherandi de Prata, Ghinus Ugolini de Fracta de

Torrita, Guerruczus de Prata, Ghinus filius Zaccarie de Prato, condempnati in persona

et avere et plures alii cum eis quilibet in simili condempnatione, in folio dicto [377].

Niccolaus olim Gherardi de Prato, Nuccius Lucharini olim

Ugholini de Torrita, Niccholuccius Renaldi Buongianni de Monterio, condempnati in

persona et avere quia interfecerunt Tollum de Prato in folio dicto [377].

Comandellus familiaris Ghini de Torrita, Ciarlus magistri Ranuccii

de Massa, condempnati in persona et avere ut continetur in folio CCCLXXVII.

Doc. XXVII.

A.S.S., Biccherna, 97, c. LXXXVIII.

Item VI. soldos Guidarello Iohannis nuntio qui ivit Treguadam et ad

Montem Alcetum pro malefactoribus requirendis qui derobbaverunt stratam [die XXV

augusti].

Doc. XXVIII.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXXXII.

Condempnationes facte tempore comitis Silvatici, secunda vice potestatis senensis,

in anno Domini MCCLXXXVIII. ….

Balduccius Francesci Bugiadri de Torrita (cassus in libro Clavium). Bichus de Rosso

Catenacci de Aritio qui moratur ad Torritam, condempnati in MMCCCC. libris,

videlicet quilibet in MCC. libris, quia ceperunt Cennem de Podio Bonizi et ipsum

duxerunt ligatum in quamdam silvam et fregerunt ei crus ut patet in folio CXXXI.

Doc. XXIX.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXXXXII, DLXXXXVII.

Condempnationes facte tempore comitis Silvatici, secunda vice

potestatis senensis, in anno Domini MCCLXXXVIII.

Frederigus Ugolini de Fracta condempnatus in CL. libris et plures alii

cum eo quilibet in centumquinquaginta libris, quia fuerunt accusati a Francescho

Rimbaldi de Bettollis quod fecerunt insultum in cum et combuxerunt quandam

cappannam ut patet in folio CXVIII.

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Doc. XXX.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXXXXV.

Condempnationes facte tempore comitis Silvatici, secunda vice

potestatis senensis, in anno Domini MCCLXXXVIII.

Ghinus Tacchi de Torrita condempnatus in M. libris quia cum aliis suis

sequacibus fuerunt insultum in stratam publicam in districtu Santi Quirici et ceperunt et

vulneraverunt Leuccium Boni ut patet in folio LXXXX.

Doc. XXXI.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DCLV.

Condempnationes facte tempore domini Baronis de Sancto Miniate

potestatis et capitanei comunis senensis in anno Domini MCCLXXXVIIII ………

Ghinellus Leonardi de Chiusure, Casinus Bernardini de Chisure,

Ghinus Ugolini et Chinellus Frederighi de Fracta, Cecchus Guidi sartor de Serris,

condempnati in persona et avere quia stenterunt in castro de Chisure cum inimicis et

rebellibus comunis et fecerunt guerram comini senensi, ut patet in folio LXXXVII.

Doc. XXXII.

A.S.S., Biccherna. 725, c. DCLVIII.

Condempnationes facte tempore domini Baronis de Sancto Miniate

potestatis et capitanei comunis senensis in anno Domini MCCLXXXVIII. …

Infrascripti sunt qui non iuraverunt mandata domini capitanei et

sequentium populi, scripti per terzeria et per contratas ut inferius continetur…

De terzerio Camollìe, Libra sancti Donati….

Duccius Boninsegne in folio LI.

Doc. XXXIII.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCXX’.

Condempnationes facte tempore domini Acchoremboni de Tollentino

potestatis senensis in anno Domini MCCLXXXX. …..

Ghinus Tacchi de Torrita et quidam alius cum eo condempnatus in avere

et persona ut patet in folio CLVI.

Doc. XXXIV.

A.S.S., Biccherna, 106, c. 116’, 117’.

a) Item VII. libras die dicta [20 luglio] ser Iohanni Ildibrandini notario,

videlicet V. libras denariorum pro eius salario IIII. dierum unius ambassiate quam fecit

in servitium comunis cum ambassiatore comunis Florentie ad videndum et declarandum

locum ubi facta fuit robbaria mercatorum de Florentia ad rationem XXV. soldorum per

diem cum duobus equis et pro instrumentis que fecit pro comuni senensi in dicto itinere

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et denariis quos dedit nuntio comunis qui ivit cum eo ad requirendum homines de

contrata per apodixam XVIII.

b) Item XXX. soldos die vigesima settima iulii domino Bandino. Item

XXX. soldos die dicta domono Ugoni de Fabris. Item XXX. soldos dicta die domino

Recupero iudici, per apodixam XVIII. pro corum salario consilii lati per eos super

questione et petitione robbarie facte mercatoribus florentinis in districtu Montis

Poliziani.

Doc. XXXV.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCLVIII.

Infrascripte sunt condempnationes facte tempore domini Pini de

Vernaciis capitanei comunis et populi et etiam condempnationes facte tempore dicti

domini Pini potestatis senensis extracte et exemplate de libris Clavium, qui liber dicitur

liber de F. in anno Domini MCCLXXXXI. ……

Ghinus Ugolini de la Fracta, Guccius Cecchi vocatus Giollarinus de

Torrita, Ghinellus Frederighi et plures alii cum eis, quilibet eorum in persona, silicet

quod suspendantur per gulam ita quod moriantur, ut patet in folio dicto [9b].

Doc. XXXVI.

A.S.S., Biccherna, 107, c. 166.

Item DCCLXXIIII. libras XXII. soldos in CCCCVI. florenis auri et

XX. soldis denariorum parvorum Manino olim Busiadri de Torrita conistabili masnade

comunis senensis pro paga sua et XXII. equitum sue constabilie, se in eo computato,

pro paga duorum mensium incipientium die X. mensis aprilis et finiensium die X. iunii,

scilicet pro paga dupla sue persone et pro paga trombette sive tamburelli ad rationem C.

soldorum pro mense pro trombetta sive tamburello et VIII. florenorum auri pro mense

pro quolibet equite. Que paga esse debebat in summa CCCCXVI. florenorum auri et X.

librarum denariorum senensium in minutis, de quibus excomputati sunt XXVIII. libre

denariorum pro quibusdam equitibus qui non fuerunt scripti ea die qua alii scripti

fuerunt.

Doc. XXXVII.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCLXXXXII.

Condempnationes facte tempore domini Rodulfi de Varano potestatis

senensis in anno Domini MCCLXXXXII. ….

Ser Nerius notarius de Travale condempnatus in MM. libris et plures alii

cum eo in eadem quantitate pro quolibet, quia hostiliter equitaverunt et fecerunt

insultum ad domum domine comitisse Margarite filie domini Guillelmi de Prato uxorem

quondam domini Alberti de Campillia et ipsam domum violenter intraverunt rapientes

per vim etc., ut paret in folio LXXXXIIII.

Doc. XXXVIII.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCLXXXXIIII.

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Condempnationes facte tempore domini Bernardini comitis de Conio

potestatis senensis in anno Domini MCCLXXXXIIII. Indictione VII et VIII ….

Balduccius filius Franceschini del Bugiadro de Torrita condempnatus in

CCCCL. libris ex eo quod ipse armatus armi offendibilibus et defendibilibus fecit

insultum contra Puccium Simonis de Torrita et ipsum percussit cum dictis armis ita quod

sanguis exivit, folio LXXXXIIII.

Doc. XXXIX.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCCXIII’.

Condempnationes facte tempore domini Bernardini comitis de Conio

potestatis senensis in anno Domini MCCLXXXXIIII. inditione VII. et VIII. ….

Puccius vocatus Giollarinus filius Cecchi de Sopra de Torrita, familiaris

Ghini Tacchi, condempnatus in CC. libris quia ipse cum quibusdam aliis fuit defuratus

Andree de Villa Gioi conestabili comunis senensis duos equos, C. florenos auri et pluri

in castro de Asinalongha, folio CCXVI.

Doc. XL.

A.S.S., Podestà, 2, c. 64.

In Dei nomine amen. Hic est liber sive quaternus continens exbannitos et

nomina exbannitorum pro infrascriptis excessibus, melefitiis, delictis vel quasi civitatis

Senarum, factus et compositus tempore potestarie nobilis et potentis militis domini

Guicciardi de Ciaccis de Papia honorabilis potestatis Senensis civitatis sub examine

sapientis viri domini Petracii Piscarii iudicis dicti domini potestatis et comunis Senarum

ad malefitia comitatus deputati, et scriptus per me Rodulfum Bandinelli de Prato

notarium tunc maleficiorum suprascripti comunis super comitatu, sub annis Domini

MCCLXXXXIIII° et quinto, indictione VIIIª.

……………………………………………………………..

Fazius ser Bernardi, Tuccius Torcichonis, Senisellus de Sancta Fiore,

Ciuolus Schotti de Monticchielli, Landus domine Zoie de Tentennano, Nerius de

Radicofani, Caczia de Montecchielli, Storus faber, Ugolinuccius Nuove de Grecta qui

morantur in curte, ipsi et quilibet eorum exbanniti fuerunt ad bancum curie maleficiorum

per Ciardum preconem comunis Senarum cum tuba integra die XVI. aprilis in libris

duecentis denariorum senensium pro quolibet eorum ex parte domini potestatis et

presente et mandante dicto iudice, ex eo quod citati et requisiti fuerunt legitime per

Rusticum Romei numptium comunis Senarum quod venirent ad se excusandum et

defendendum a quadam inquisitione que fit contra eos et quemlibet eorum tamquam

contra homines et persona qui loco et tempore dicta inquisitiuone contentis habuerunt

certam partem robarie facte et commisse per Ghinum Tacchi et dederunt auxilium et

favorem ipsis derobationibus et non venerunt ipsi vel aliquis pro eis coram nostro iudice

maleficiorum; set passi fuerunt se poni in banno predicto, in quo incurrerunt contumaces

stantes. Quo quidem banno exire non possint nisi fecerint et solverint que facere et

solvere tenentur secundum formam statutorum senensium, presentibus testibus ser Fazio

Megalocti et ser Lapo Peldiritti notariis tunc maleficiorum dicti comunis.

[Le annotazioni del repertorio delle condanne citate a nota 58 ripetono

individualmente le comminazioni delle stesse pene].

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Doc. XLI.

A.S.S., Biccherna, 725, c. DLXX’, Podestà, 2, c. 84.

a) Infrascripte sunt condempnationes facte tempore domini Guicciardi de

Ciaccis de Papia potestatis senensis in anno Domini MCCLXXXXIIII. et LXXXXV,

inditione VIII. …..

Buccius Guictonis de Serris condempnatus in CCCCC. libris quia per

proditionem tractavit dare Ghino Tacchi et aliis inimicis comunis senensis castrum de

Seriis, folio CXXXI.

b) Die XV. Iunii.

Buccius Guictonis de Serris. Quoniam contra eum et quosdam alios de dicto

loco processum fuit per inquisitionem ex officio dicti domini potestatis, de eo videlicet

quod ipse Buccius cum aliis in inquisitione contentis, die et loco in inquisitione

contento, in dampnum et preiudicium et dedecus comunis et populi senensis et contra

honorem dicti domini potestatis et comuni senensis et in detrimentum et contra honorem

et exaltationem sante Romane Ecclesie, habuit colloquium et trattatum et tractavit et

ordinavit cum Ghino Tacchi rebelle et inimico manifesto comunis et populi senensis et

totius Romane Ecclesie et cum aliis inemicis et adversariis dicti comunis dare et tradere

per proditionem dicto Ghino et aliis inemicis dictis castrum dictum de Serris, ad hoc ut

dictum castrum subverterent a devotione et fidelitate Romane Ecclesie, et alia fecit que

in dicta inquisitione continetur. Quapropter citatus et requisitus fuit legiptime secundum

formam statutorum senensium quatinus certo termino tam clapso comparere deberet

coram domino Scotto iudice maleficiorum comunis senensis ad se exusandum et

defendendum ab inquisitione predicta et non venit set contumax extitit et se permisit

poni in banno die XV. iunii quingentarum librarum denariorum senensium parvorum

per Niccolinum Fave publicum bannitorem dicti comunis de mandato domini potestatis

predicti, presentibus domino Scotto iudice suprascripto mandante ad bancum

maleficiorum dicti comunis de quo banno exire non possit nisi primo solverit dicto

comuni intergraliter totum bannum.

Doc. XLII:

A.S.S., Biccherna, 725, c. DCCCCLXXIII, DCCCCLXXVI’, DCCCCXXXII’,

DCCCCLXXXVII, DCCCCLXXXXVIII’, DCCCCXXXXII’, DCCCCXXXXVII.

a) Infrascripte sunt condempnationes facte tempore domini Guicciardi de

Ciaccis de Papia, potestatis senensis, in anno Domini MCCLXXXXIIII et LXXXXV.,

indictione VIII.

Cinellus Scutei, qui moratur in curia de Montecchielli, Caccia de

Montecchielli, condempnati quilibet corum in C. libris quia ipsi cum quibusdam aliis

dederunt et prestiterunt consilium, auxilium et favorem Ghino Tacchi et aliis

derobbatoribus ad committendum robbariam, folio LXXXXIIII.

…………………….

b) Fatius ser Berardi, qui moratur in curia de Montecchielli, condempnatus in

C. libris etc. …. [come sopra].

……………………

c) Landus domine Zoie de Tentennano, condempnatus in C. libris quia ipse

etc. [come sopra].

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

…………………….

d) Nerius de Radicofani, condempnatus in C. libris quoniam ipse etc. [c.s.].

…………………….

e) Senesellus de Sancta Fiore, Cancellatus quia cancellata est eius

condempnatio in libro Clavium.

Stonus faber qui moratur a la Grocta, condempnati quilibet eorum in C. libris

quia ipsi cum pluribus aliis etc. [come sopra].

……………………..

f) Tuccius Tortichonis qui moratur in curia de Montecchielli condempnatus in

C. libris quia ipse etc. [come sopra].

…………………….

g) Ugulinuccius Nuove qui moratur alla Grota condempnatus in C. libris quia

ipse cum pluribus aliis etc. [come sopra].

Doc. XLIII.

A.S.S., Podestà, 2, c. 327’.

Liber exbannitorum comunis Senarum pro maleficio …. Tempore domini Renaldi de

Montoro civis narniensis honorabilis potestatis civitatis Senarum …. anno ad

incarnatione Millesimo dugentesimo nonagesimo sexto….

Santorucius Carsidoni de Schorffiano contra quem processum fuit per modum

inquisitionis ex officio domini potestatis et domini Guillielmi sui iudicis maleficiorum,

quia ipse Santoruccius una cum aliis in ipsa inquisitione contentis vulneravit

Guiduccium Ruffoli de Schorffiano ad mortem armis malvasiis, ita quod sanguis exivit,

et postea dictus Guiduccium derobbavit, et etiam assotiavit Bindum comitem de Ripa in

banno et condempnatione comunis senensis, et quia etiam de tempore et loco in ipsa

inquisitione contentis tractavit et ordinavit cum Ghino Tacchi in banno comunis

senensis et aliis inimicis comunis senensis tradere terram de Schorffiano et ipsam dare

dicto Ghino et aliis inimicis comunis senensis, armando se cum aliis in ipsa inquisitione

contentis. Qua de causa citatus et requisitus fuit bis et perentorie per Bindum Bartoli

nuntium comunis senensis ut venire et comparere deberet coram dicto iudice ad se

defendendum et excusandum a dicta inquisitione et pariturum mandatis domini

potestatis et dicti iudicis et non comparuit ipse vel alia persona pro eo. Ideo exbannitus

fuit in banno cominis senensis positus in avere et persona die vigesimo tertio mensis

augusti per Uliverium Filippi publicum bannitorem comunis senensis publice palam et

alta voce, sono tube permisso, ad banchum curie maleficiorum comunis senensis ex

parte domini potestatis et de mandato dicti iudicis, nisi hinc ad tres dies proxime

venturos compareret coram dicto iudice ad se defendendum et excusandum a dicta

inquisitione. In quod bannum incurrit contumaciter existendo ut de predictis omnibus in

actis dicti iudicis scriptis manu domini Foresis notarii plenius continetur. De quo banno

perpetuo exire non possit.

Doc. XLIV.

A.S.S., Consiglio Generale, 52, c. 106’.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

De mercurii IIII. dicembris [1297].

In nomine Domini amen. Ex precepto nobilis militis Acti de Corinalto, Dei gratia

honorabilis potestatis senensis et nobilis militis domini Cervii de Bovatteriis de

Bonomia, eadem gratia honorabilis capitanei comunis et populi senensis, Generali

Consilio Campane comunis et populi supradicti cum adiuncta quinquaginta per

terzerium de radota in palatio dicti comunis ad sonum campane et vocem preconis more

solito congregato, facta prius imposita de infrascriptis, de concientia et consensu domini

camerarii et duorum ex quatuor Provisoribus dicti comunis apud palatium dicti comunis,

secundum formam statutorum, prelati dominus potestas et capitaneus proposuerunt in

dicto consilio et consilium petierunt.

Cum ad audientiam dominorum Novem Gubernatorum et Defensorum comunis et

populi senensis relatu pervenerit plurimorum, quod per dominum Ghinum Tacchi inter

Asinalongam et Guardavallem construcbatur quedam fortellitia sive castrum, et ipsi

domini Novem volentes de hiis scire plenarie veritatem, ad dictum locum miserunt

aliquos bonos homines et legales per quos redacta fuerunt in scriptis ea que reperierunt

de predictis, sicut legi audivistis in presenti consilio, super quibus dicti domini Nove per

se ipsos noluerunt aliquid providere, sed habito consilio et tractatu super predictis cum

pluribus sapientibus et bonis hominibus civitatis, extitit per eos concorditer stabilitum

quod hec omnia ad presens consilium ponerentur et sicut super hiis placeret presenti

consilio providere et ordinare ita fieret et deberet executioni mandati, quid super hiis et

circa ea pro bono et pacifico statu civitatis, comitatus et iurisditionis senensis et ad

evitandum omnem materiam dubii, scandali et erroris sit agendum, in Dei nomine

consulatis.

Meus Ormanni, super facto domini Ghini Tachi dixit et consuluit quod per dominos

Novem cligantur IIII. boni homines et legales per terzerium, qui stare debeant in palatio

comunis senensis et sentire et invenire novitatem que fit per dictum dominum Ghinum

Tachi, et ea inventa et scita, postea super dicto negotio provideant, ordinent et faciant

ea omnia que pro honore et statu cominis senensis viderint et congnoverint convenire.

Et quicquid ipsi in ipso et de ipso negotio providerint, ordinaverint et fecerint observetur

et fiat et executioni mandetur.

……………………………………

Iacobus domini Renaldi Gilii, super facto domini Ghini Tachi dixit et consuluit quod

pro parte comunis senensis precipiatur hominibus de contrata ubi fit dicta fortillitia sive

castrum, et illi seu illis qui faciunt vel fieri faciunt dictum castrum, quod ipsi in dicto

loco non faciant nec fieri faciant aliuquod fossum, carbonariuam, murum castellanum

sive aliquam fortillitiam, et si predicti ab ipso precepto in antea fecerent vel fieri facerent

novitatem, quod dominus potestas et capitaneus et Novem qui nunc sunt vel pro tempore

fuerint mictant ad partes illas masnadam comunis, que masnada capiat personaliter

quoscumque invenerit in loco predicto, et ipsis captis postea suspendantur per gulani ita

quod moriantur. Et vult quod si ibi est facta aliqua novitas, preter muros domorum et

domos, quod talis novitas usque funditus destruatur.

…………………………………..

Tuccius Alexi, super facto domini Ghini Tachi consuluit quod pro parte comunis

senensis per quemdam nuntium dicti comunis precipiatur illi seu illis faciunt vel fieri

faciunt novitatem predictam, quod in ipso loco non faciant amplius novitatem, et si a

dicto precepto in antea aliquid novi fieret, quod talis novitas destruatur expensis illorum

qui talem facerent vel fieri facerent novitatem. Hoc salvo, quod si illi qui faciunt vel

fieri faciunt ipsam novitatem voluerint camparere coram domino potestate et domino

capitaneo et dominis Novem, et aliquid petierint ab eisdem, quod tunc fieri possit in eo

loco id quod de ipsorum dominorum processit voluntate et non ultra.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

…………………………………

Iacobus Sardus dixit et consuluit super facto domini Ghini, quod super dicto negotio

fiat scruptinium hoc modo: quicumque vult quod novitas facta et que fit per dominum

Ghinum tollatur et destruatur et non procedatur ulterius in ipso facto, mictat palloctam

in pisside albo, et quicumque vult quod fiat ipsa novitas et fieri possit, mictat palloctas

in pisside nigro, et sicut tunc per palloctas obtentum fuerit, ita fiat et executioni

mandetur.

………… ………………….

Frederigus Renaldi de Tholomeis, super facto domini Ghini Tachi dixit et consuluit,

quod dictum negotium totum remictit in domino potestate et capitaneo comunis senensis

et quod super dicto facto, tam in faciendo destrui ipsam novitatem, quam dimictendo

esse, procedant et faciant quicquid eis pro honore et statu comunis senensis viderint et

congnoverint convenire, et quicquid ipsi in predictis et circa ea providerint et

ordinaverint observetur et fiat et excutioni mandetur.

……………………………..

Rustichetus Guidi de Cortabrochis, super facto domini Ghini Tachi dixit et consuluit

quod quidam numptius comunis senensis, pro parte dicti comunis mictatur ad locum ubi

fit novitas supradicta et per ipsum numptium precipiatur pro parte comunis senensis illi

sive illis qui faciunt vel fieri faciunt novitatem predictam, quod ipsam novitatem et

quicquid factum est in loco preedicto incontinenti destruatur et plus non faciant ullo

modo. Et si per cum vel cos qui faciunt vel fieri faciunt novitatem predictam dictum

preceptum observabitur et adimplebitur, bene quidem, alias dominus potestas et

capitaneus conunis senensis omnino procurent et faciant sic et taliter quod dictum

preceptum in omnibus observetur et executioni mandetur.

…………………………….

Dominus Arrigus iudex syndicus dixit et consuluit quod quo parte domini potestatis

senensis moneatur dominus Ghinus Tachi quod, cum dicta possessio ubi fit novitas

supradicta sit comunis senesnsis, ipsam possesionem dimictat et ibi amplius non faciat

aliquam novitatem et hoc fiat si reperitur quod dicta possessio sit comunis.

Consilium fuit in concordia super facto domini Ghini Tachi cum dicto et

arengamento Rustichini Guidi de Cortabrachis.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Qui sotto la traduzione dei documenti fatta da Don Ferruccio Marcello

Magrini nel suo primo libro ciclostilato 1985 “Giustizia per un bandito”,

le cui scansioni sono riportate nella pag. 10 di questo libro. Come si può

notare queste traduzioni corrispondono a ciò che Giovanni Cecchini

scrive nel suo articolo e non al libro “La verità storica su Ghino di Tacco”

dello stesso Magrini”:

AVVERTENZE

Come è stato accennato nella Premessa, i documenti d’Archivio riportati nella

trascrizione dell’archivista Giovanni Cecchini sono complessivamente quarantanove.

Di questi manoscritti, i primi quattro (Sono cinque, e non sono manoscritte ma stampate!

In quella del 21marzo c’è il 1228 e il 1229), che appartengono al settore Diplomatico,

sono stati omessi e risultano citati soltanto nelle Note, con il rispettivo riferimento della

data e della provenienza. Per motivi di semplificazione, il suddetto archivista non ha

ritenuto opportuno addentrarsi nel labirinto delle singole notizie che avrebbero condotto

troppo lontano, intrecciandosi continuamente con la storia stessa di Siena.

Coloro che fossero interessati ad approfondire l’argomento, possono compiere

ricerche supplementari avvalendosi dei dati indicativi enunciati dallo stesso Cecchini e

che qui di seguito riportiamo:

A.S.S. Diplomatico, Riformagioni, 6 ottobre 1208.

A.S.S. Diplomatico, Riformagioni, 6 dicembre 1208.

A.S.S. Diplomatico, Riformagioni, 27 agosto1210.

A.S.S. Diplomatico, Riformagioni, 21 marzo 1228/1229.

Da parte nostra, nel procedere alla stesura dell’elenco degli altri quarantacinque

(quarantaquattro) documenti che costituiscono l’oggetto di questa seconda parte della

monografia sebbene gli originali provengano da differenti scomparti dell’Archivio di

Stato, abbiamo preferito attenersi al criterio della successione cronologica che offre il

vantaggio di ristabilire l’ordine naturale secondo cui gli avvenimenti narrati

effettivamente si svolsero.

In caso diverso, se ci fossimo limitati a ricopiare separatamente i documenti contenuti

nei registri del “Consiglio Generale”, della “Podesteria” e della “Biccherna”, si sarebbe

perduta l’unità organica del racconto.

Per quanto infine concerne la traduzione della lingua latina in quella italiana, è stata

evitata una rigida trasposizione letterale del testo, nell’intento di aggirare l’ostacolo

costituito dal semplice cambiamento del lessico, che avrebbe reso la lettura poco

scorrevole e difficilmente comprensibile. La lingua latina, infatti, presenta una struttura

del periodo del tutto diversa rispetto alla successione logica che è tipica delle lingue

moderne; per di più, sintetizza in frasi concise il significato di un intero discorso, che

necessita perciò di essere sviluppato mediante l’impiego di forme più articolate e di

maggiore ampiezza.

In ogni modo, la traduzione che viene proposta rispetta sempre la sostanziale fedeltà

al documento originale.

DOC. n. 1. (Doc. n. II)

Archivio di Stato di Siena (Sigla: A.S.S.).

A.S.S. Sezione della Biccherna. Registro 47, capitolo 6.

Questo documento iniziale, nel quale si fa menzione per la prima volta delle persone

imparentate con la famiglia di Ghino, risale all’epoca in cui tra il comune di Siena e i

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Conti della Fratta si erano stabiliti rapporti di buon vicinato. Sebbene manchi la data, il

documento è certamente anteriore al 1270, quando ancora era in vigore la tregua

stipulata dal conte Ugolino di Guardavalle, che risulta vivente.

In questo periodo, il Podestà di Siena fece ricorso al figlio secondogenito di Ugolino,

incaricandolo come intermediario di recarsi a Orvieto per svolgere una importante

missione diplomatica presso Roberto d’Angiò, re di Napoli e capo del partito guelfo in

Italia.

Ed ecco il testo tradotto: Il camerlengo (tesoriere della pubblica amministrazione) ha

pagato in contanti 18 soldi a messer Ghino di Ugolino de’ Cacciaconti per essersi recato

nella città di Orvieto con l’incarico di recapitare le lettere credenziali mediante le quali

il Podestà di Siena garantiva la sicurezza dei nostri ambasciatori che si erano trasferiti

nella Curia di quella località a rendere omaggio al re.

Qui vedo uno scambio di Documenti. Infatti il primo documento è quello che il

Magrini mette per n. 2.

Doc. n. 2. (Doc.n. I)

A.S.S., - Biccherna – Registro 709, Capitolo 10°.

L’intervallo di tempo tra il primo ed il secondo documento è notevole. Lo stesso

Cecchini avverte che gli antichi registri dell’Archivio di Siena sono incompleti e pieni

di lacune. Lo scorrere inesorabile dei secoli ha lasciato le sue tracce, con evidenti

ripercussioni anche sulla completezza della nostra cronistoria. Il testo della Biccherna

si riferisce alle discordie insorte tra Tacco e lo zio Jacobino a seguito della spartizione

dei beni di famiglia dopo la morte del conte Ugolino. Nel tentativo di comporre le

divergenze tra i nipoti e lo zio, il podestà Orlandino di Canosa convocò a Siena gli

interessati, i quali non riuscirono a mettersi d’accordo per la intransigenza di Iacobino.

Vista l’impossibilità di arrivare a un compromesso, Tacco, non volendo sottostare al

sopruso dello zio, abbandonò il palazzo di Giustizia sbattendo la porta. Si procurò in tal

modo due condanne una di denari senesi 75 per i danni arrecati al feudo di Guardavalle,

e la seconda di 100 denari per oltraggio al podestà che probabilmente parteggiava a

favore di Jacobino.

Doc. n. 3.

A.S.S., Biccherna. Registro 725, capitolo 73°.

Con il terzo documento ha inizio per la nostra storia una nuova e ricca fonte di notizie,

costituita dal registro n. 725 della Biccherna, che riporta le condanne pronunziate dal

Tribunale di Siena dall’anno 1273 al 1282. Seguendo la traccia delle annotazioni

diligentemente elencate dai notai del Comune, è possibile seguire lo sviluppo degli

eventi nel corso della insurrezione armata condotta e guidata contro il governo guelfo

di Siena dai fratelli Tacco e Ghino della Fratta, per la durata ininterrotta di circa un

decennio.

L’abbondanza delle informazioni che ci sono state tramandate dal Settore d’Archivio

della Biccherna dipende dal fatto che i procedimenti giudiziari, in uso a quei tempi,

comportavano la condanna della detenzione soltanto per i reati più gravi, mentre nella

maggior parte dei casi si risolvevano in una multa da pagare in denaro contante. Era

questo un sistema pratico e redditizio che, mentre da una parte evitava le spese per il

mantenimento delle carceri, contribuiva dall’altra a rinsanguare le casse dello Stato. E

poiché tutte le entrate pubbliche venivano amministrate dai Provveditori della

Biccherna, tale procedura ha consentito agli storici di risalire alla conoscenza della

natura dei reati e al nome di coloro che li avevano commessi.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Per quanto concerne il contenuto del documento n. 3 che stiamo esaminando,

constatiamo subito che la situazione politica in Valdichiana era completamente

cambiata. All’antica collaborazione è subentrata un’aperta rottura non soltanto tra i

feudatari della Fratta e la Repubblica di Siena, ma di riflesso anche con il paese di

Torrita.

Questo deterioramento è documentato dal testo del capitolo 73 che riproduciamo:

Condanne pronunziate al tempo del signor Taddeo conte di Montefeltro e podestà di

Siena, nell’anno del signore 1273 (gennaio-giugno). Chiarimbaldo di Tancredi da

Torrita è stato condannato a pagare una multa di Lire 200 per aver ferito Tacco di

Ugolino, come appare dal foglio 146.

Doc. n. 4.

A.S.S., Biccherna, 725, c. 72.

La rivalità fra la famiglia della Fratta e quella dei Monaceschi Del Pecora di Torrita

esplose con manifestazioni violente, com’è attestato dal capitolo 75 (72) del registro 725

della Biccherna: Condanne emesse al tempo del signor Taddeo conte di Montefeltro e

podestà di Siena, nell’anno del Signore 1273 (gennaio-giugno). Buccio di Busgiadro da

Torrita è stato condannato a pagare Lire 100 per aver assalito messer Tacco di Ugolino,

scagliando pietre contro di lui, come appare dal foglio 147.

Doc. n. 5.

A.S.S. Biccherna, 725, c. 174.

La spirale nefasta delle ritorsioni e delle vendette ha ormai imboccato l’alveo del suo

corso inarrestabile. Si giunge così al primo omicidio compiuto da Tacco. Il grave

episodio è documentato dal capitolo 174 del registro 725 della Biccherna:

Condanne comminate al tempo di Giacomo di Rudilio vice podestà di Siena,

nell’anno del Signore 1276. Tacco della Fratta fu condannato alla pena pecuniaria di

Lire tremila per aver procurato l’uccisione di Montanello di Bonaventura, come appare

nel foglio 318.

Doc. n. 6.

La contesa fra Torrita e la Fratta si estende, coinvolgendo un numero sempre

crescente di persone. E di rimando, le condanne da parte delle autorità senesi piovono

sempre più fitte. Ne abbiamo la prova nei tre capitoli di questo documento che si

riferisce al tentativo di dare alle fiamme l’abitato e al castello di Torrita.

A.S.S., Biccherna. Registro 725, capitoli 189-191-205. Condanne pronunziate al

tempo del signor Orlando di Bernardo Russi, e di Gherardo suo figlio, nell’anno del

Signore 1277 (gennaio-dicembre).

Capitolo 189. Ghino del fu Ugolino e Gerio di Lando Bonaccolti sono stati

condannati ciascuno a pagare Lire 700 per avere assoldato una banda di sicari allo scopo

di vendicare l’affronto subito e di punire con la morte Buccio figlio di Busgiadro, come

risulta dal foglio 396 del registro di Biccherna. La pena è stata di seguito condonata a

Gerio di Lando, e il suo nome cancellato dal Libro delle Chiavi per decreto del Consiglio

Generale della Campana, perché il colpevole ha fatto atto di sottomissione al Comune,

beneficiando in tal modo dell’amnistia prevista dagli ordinamenti.

Capitolo 191. Tacco di Ugolino signore della Fratta, Tregianello fratello di Ventura

Galleri, Tosino di Nicola, Ghezzo e Bargello figli di Mannio Sentinelli, tutti della Fratta;

e inoltre Goso fratello di mastro Bartolo Salvucci delle Serre di Rapolano, Gero di

Suffredi di Monte San Savin, Gero e Guerra di Rapolano, Ghezzo Marchi di Asinalunga,

Bindo di Giacomo da Calceno, Ballante di Lucignano d’Arezzo sono stati condannati a

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

pagare “in solido” (tutti insieme) la somma di Lire quattromila per aver tentato di

incendiare il castello e il borgo di Torrita, come risulta dal foglio 406 del registro.

Capitolo 205. Guccio di Guido Giusti delle Serre di Rapolano è stato condannato a

pagare la pene pecuniaria di Lire cinquemila per aver ucciso il comandante del castello

di Torrita, messer Giacomo, come è attestato dal foglio 425 del registro.

(In questo articolo vedo omissioni e, forse, qualche aggiunta)

Doc. n. 7.

A.S.S. – Biccherna. Registro 725, capitolo 217°.

Condanne pronunziate al tempo del signor Matteo di Madio da Brescia, podestà di

Siena, nell’anno del Signore 1278.

Tacco figlio del fu Ugolino della Fratta è stato condannato a pagare Lire mille di

denari senesi, e suo fratello Ghino è stato anch’egli condannato a pagare uguale somma

per aver ucciso Andrea di mastro Giacomo, come appare dal foglio 494 del registro.

Parimente, il suddetto Tacco del fu Ugolino della Fratta, in concorso col fratello Ghino

e con Cecco detto il Grosso, sono stati condannati a pagare Lire duemila di denari senesi

a testa per aver procurato la morte di Rinaldello Buonaiuti, come appare dal foglio 494.

Doc. n. 8.

A.S.S. – Biccherna. Registro 725, capitolo 217 (228).

Condanne emesse al tempo del signor Matteo di Madio da Brescia, nell’anno del

Signore 1278.

Numerose persone residenti nel territorio della Fratta vennero condannate a pagare

in solido Lire duemila per aver aiutato Tacco e Ghino, figli del defunto Ugolino,

nell’uccisione di Andrea di mastro Giacomo e di Rinaldello Bonaiuti, dei quali si è fatto

cenno nel documento precedente.

(In questo documento è stato tradotto soltanto il secondo comma)

Doc. n. 9.

A.S.S., Consiglio Generale, 22, c. 17.

Mentre le registrazioni che abbiamo fin qui riportate, provenendo dal settore della

Biccherna, rivestono un carattere prevalentemente amministrativo, il manoscritto che

ora riproduciamo assume un valore documentale di natura diversa in quanto fa parte

della gestione politica dello Stato. Si tratta, infatti, del primo dei dieci verbali che hanno

per oggetto le deliberazioni prese dal Consiglio Generale della Campana in merito alla

guerra in Valdichiana, con specifica attinenza al ruolo svolto dai componenti della

famiglia della Fratta e alle imprese compiute da Tacco e successivamente dal figlio

Ghino. All’ordine del giorno vengono proposte ancora una volta le implacabili rivalità

tra Torrita e la Fratta.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 22, verbale n. 17.

Domenica 7 agosto 1278.

I capitani delle contrade e i trentasei Priori si sono raccolti in assemblea plenaria nel

Palazzo del Podestà, durante la quale è stato deliberato, con il pieno consenso di tutti i

partecipanti, di adottare provvedimenti urgenti per la difesa del castello e del paese di

Torrita e per ristabilire l’ordine pubblico gravemente turbato dalle discordie e dagli

omicidi che avevano funestato l’intera regione nel corso degli ultimi tempi. A tale scopo,

si è stabilito di inviare senza indugio in Val di Chiana un distaccamento di soldati sotto

il comando di un conestabile del Comune di Siena, allo scopo di presidiare Torrita e

respingere gli attacchi provenienti dal limitrofo territorio della Fratta. Fu inoltre

diffidato il Comune rurale di Rigomagno a non accogliere e offrire rifugio ai masnadieri

assoldati da Tacco del fu Ugolino, per non incorrere in severe sanzioni, minacciando

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

quest’ultimo di emettere a suo carico pubblico bando e di espellerlo dallo Stato senese,

nel caso che avesse continuato per l’avvenire a tendere insidie contro Torrita e a

molestare le popolazioni del suo contado.

Doc. n. 10.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 23, verbali n.8 e 12.

Mercoledì, 13 luglio 1279.

Nel nome del Signore amen.

Il Consiglio dei dodici Probiviri65, nuovi e vecchi del Comune della città di Siena,

riuniti secondo l’abitudine nel Palazzo Ugurgieri residenza del Podestà, dopo aver

ascoltato la relazione verbale fatta dal signor Podestà Corrado da Orvieto in merito agli

agguati, alle insidie e alle violenze compiute nei giorni scorsi da Tacco della Fratta e dal

fratello minore Ghino, congiuntamente ai loro seguaci, con gravi danni al castello e al

centro abitato di Torrita, convennero di pieno accordo che il signor Podestà avrebbe

dovuto inviare a Torrita il signor Gualtiero Rinaldini con dieci soldati del contingente

francese di stanza a Siena (milites de masnada francigena), da mantenere sul posto a

spese degli abitanti di Torrita, per garantire la sicurezza di quella terra contro gli assalti

condotti da Tacco, da Ghino a dai loro masnadieri.

Contemporaneamente si sarebbero inviati diversi ambasciatori a Firenze, Arezzo,

Lucignano e Monte San Savino con il compito di far recapitare ai magistrati di quelle

località una energica protesta con diffida di non accogliere, e tanto meno prestare aiuto,

a quei ribelli nemici dello Stato senese.

Verbale n. 12 – Martedì, 1° agosto 1279.

Nel nome del Signore amen.

Il Consiglio dei trentasei Priori e degli Ufficiali delle truppe senesi presentarono una

interpellanza al signor Podestà perché si conducesse una inchiesta nell’intento di

individuare e punire i delegati della pubblica sicurezza che non avevano impedito ai

fratelli Tacco e Ghino, figli del conte Ugolino della Fratta, di penetrare nel territorio di

Torrita, e di assalire il castello senza incontrare resistenza, lasciandoli poi liberi di

mettersi impunemente al sicuro nei loro rifugi. La loro colpevole trascuratezza aveva

indirettamente facilitato l’espugnazione del castello e l’eccidio degli abitanti di Torrita.

Doc. n. 11.

A.S.S. – Biccherna. Registro 725, capitoli 238, 245, 248, 260, 267 e (268).

Di questo documento, contrassegnato con il numero progressivo II (?), abbiamo già

fatto menzione nel terzo paragrafo della Premessa, a proposito della discussa

cittadinanza di Ghino di Tacco.

Il padre e lo zio del bandito, nel capitolo 245, vengono infatti indicati come originari

di “Torrita” (Tacchus et frater eius Ginus de Turrita) mentre nei successivi capitoli 260

e 267 si precisa che Tacco e il fratello Ghino erano figli del conte Ugolino signore della

Fratta.

Capitolo 238. Condanne pronunziate al tempo del signor Gherardo da Brescia,

podestà di Siena nell’anno del Signore 1279.

Cecco di Giacomo, soprannominato Cecco Grasso, residente nella Pieve di San

Giovanni (quartiere dietro il Duomo di Siena), fu condannato con i suoi briganti a pagare

diecimila denari senesi con l’imputazione di essersi lasciato corrompere da Tacco di

Ugolino per assassinare Busgiadro signore di Torrita come appare nel foglio 533.

65 Collegio di cittadini incorrotti che venivano eletti per svolgere la funzione di arbitri in controversie di natura

economica o politica.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Capitolo 245. Tacco e suo fratello Ghino di Torrita, oltre alla pena capitale, furono

anch’essi condannati alla stessa multa di diecimila denari per aver tramato e corrotto

Cecco Grasso (dove l’ha trovato?) inducendolo a colpire e a uccidere Busgiadro Del

Pecora, come risulta dallo stesso foglio n. 533.

Capitolo 248. Guidarello di Alessandro da Orvieto fu condannato a pagare Lire

duemila per aver condotto i suoi soldati in aperta battaglia e a bandiere spiegate contro

il castello di Torrita, nel corso del quale rimasero feriti Dino Martini e gli altri difensori,

come è testimoniato dal foglio 536 (596).

Capitolo 260. Per essere intervenuto con le sue truppe nella spedizione contro Torrita,

venne condannato al pagamento della stessa somma di Lire duemila anche il condottiero

Orlando Crispoliti residente nella località di Coltello, giunto in aiuto di Tacco e di Ghino

figli di Ugolino della Fratta. (E uccisero Dino figlio di Martini come è scritto nel foglio

596).

Capitolo 267. La medesima cifra di Lire duemila fu inoltre addebitata dal tribunale

di Siena a Tuccio de Gaenne, anch’egli assoldato dai fratelli Tacco e Ghino della Fratta

per condurre numerosi rinforzi dalla contea di Arezzo.

Questi tre condottieri condannati tutti alla stessa pena facevano parte di quelle

compagnie di ventura che si andarono moltiplicando nei secoli XIV e XV e che si misero

a disposizione dei vari signori locali passando indifferentemente a servizio dell’uno o

dell’altro con la sola scelta del miglior offerente.

Doc. n. 12.

A.S.S. – Biccherna. Registro 725, capitolo 268° (265).

Seguito delle condanne pronunziate al tempo del signor Gherardo da Brescia, podestà

di Siena nell’anno del Signore 1279.

Ranuccio e suo fratello Zeppe di Asinalunga furono condannati a pagare duecento

Lire di denari senesi per aver offerto asilo e aiuti ai parenti Tacco e Ghino della Fratta,

banditi dallo Stato di Siena dopo l’assalto al castello di Torrita, come risulta dal foglio

582.

Doc. n. 13.

A.S.S. – Biccherna. Registro 725, capitolo 270°. (A.S.S., Biccherna, 75, c. I’.)

I Provveditori della Biccherna riscossero Lire trenta dal Comune di Torrita come

stipendio dei dieci soldati francesi che prestarono servizio per otto giorni a difesa del

castello.

La somma fu portata ai Provveditori dal comandante della “masnada”, chiamato Pace

da Fermo.

Doc. n. 14.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 23, verbale n. 21.

Martedì, 22 agosto 1279.

Il Consiglio dei Capitani militari e dei trentasei Priori fu convocato per la seconda

volta nel mese di agosto per stabilire le modalità di finanziamento delle truppe inviate

in Val di Chiana con il compito di riportare l’ordine in quella regione divenuta teatro di

violenze e di omicidi.

Alla unanimità fu stabilito che i Comuni di Torrita e delle Ripe (e di Sinalunga), se

volevano prorogare la permanenza del condottiero senese e della sua compagnia di

ventura nelle loro terre, avrebbero dovuto assumersi il mantenimento del presidio

militare a totale loro carico.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Doc. n. 15.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 23, verbale n. 26.

Lunedi, 12 (19) settembre 1279.

Nel nome del Signore amen. Nel palazzo Ugurgieri si raccolse il Consiglio dei

Capitani delle contrade cittadine, su istanza e richiesta del signor Corrado, per grazia di

Dio Podestà di Siena. Con procedura di urgenza, il suddetto Podestà notificò ai presenti

la grave notizia che Tacco della Fratta stava per impadronirsi del paese di Torrita che

gli sarebbe stato consegnato a tradimento con scadenza ravvicinata. Il giorno successivo,

13 settembre, vennero convocati anche i responsabili dei Terzieri e i dodici Probiviri per

adottare le misure necessarie a fronteggiare la nuova pericolosa situazione che

minacciava di instaurarsi in Val di Chiana.

Doc. n. 16.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 23, verbale 27.

Martedì, 13 (19) settembre 1279.

Nel nome del Signore amen. In ottemperanza alla richiesta del signor Podestà di

Siena, nel giorno stabilito, ebbe luogo la pubblica assemblea con la partecipazione dei

Comandanti militari, dei trentasei Priori e dei dodici Probiviri per ciascuno dei Terzieri

di città, i quali di comune accordo adottarono le risoluzioni seguenti: il Capitano di parte

Guelfa, insieme a due rappresentanti da eleggere per ogni Terziere avrebbero dovuto

restare permanentemente agli ordini del signor Podestà allo scopo di intervenire con

prontezza ed efficacia nel fronteggiare ogni nuovo sviluppo che poteva sopraggiungere

nella caotica situazione venutasi a creare in Val di Chiana, e particolarmente a Torrita,

per colpa dei due fratelli Tacco e Ghino della Fratta. In caso di estremo bisogno, si

sarebbe dovuto intervenire sul posto con una mobilitazione generale, dislocando i

contingenti militari stanziati in altri settori a difesa dei confini. In secondo luogo, due

ambasciatori abili e risoluti, da eleggersi tra i rappresentanti del popolo di Siena,

sarebbero stati inviati immediatamente ad Arezzo per presentare ai Priori di questa città

la vibrata protesta dei Magistrati senesi per l’appoggio dato ai Conti della Fratta non

soltanto per l’occupazione di Torrita, ma anche per i danni arrecati agli abitanti di

Rigomagno e di Lucignano dalla soldataglia sfrenata delle compagnie di Ventura

provenienti da Arezzo, durante la loro marcia di avvicinamento. Nel corso

dell’assemblea fu altresì stabilito di ordinare al signor Gualtiero Rinaldini di far subito

ritorno a Torrita con truppe giovani e con la cavalleria per riconquistare il castello

occupato e di rimanere a presidio della fortificazione, addossandone l’intero

mantenimento al popolo di Torrita per l’importo giornaliero di 30 soldi di denari senesi.

Doc. n. 17.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 23, verbale 29.

Mercoledì, 27 settembre 1279.

Nel nome del Signore amen. Il Consiglio dei Capitani militari e dei trentasei Priori,

riuniti nel palazzo Ugurgieri sede del Podestà di Siena, con la partecipazione dei delegati

di Torrita e di Rigomagno, iniziarono trattative diplomatiche con il Cardinale Orsini,

Legato pontificio, dichiarandosi pronti a raggiungere un accordo al fine di stipulare una

pace sincera e durevole tra il Comune di Siena e gli stati confinanti e ristabilire in tal

modo una convivenza pacifica in mezzo alle sventurate popolazioni della Valdichiana.

A questo scopo fu inviato nella Curia del Cardinale il signor Giovanni Paganelli per

condurre di persona il buon esito delle trattative.

Doc. 18.

A.S.S. - Consiglio Generale della Campana.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Registro 23, verbali 37 – 50 – 56. (Nell’originale quest’ultimo non c’è scritto).

Mercoledì, 11 ottobre 1279.

Verbale n. 37. Nel nome del Signore amen. Il Consiglio dei Capitani militari e dei

trentasei Priori della città di Siena, prendendo atto che le trattative con il Cardinale si

erano felicemente concluse con il ristabilimento della normalità del territorio di Torrita,

deliberarono di pieno accordo di concedere licenza al signor Gualtiero Rinaldini per il

suo ritorno nella città di Siena entro la prossima festività di tutti i Santi. Al posto del

Rinaldini, sarebbe rimasto a Torrita il luogotenente Bonaccorsino al comando di un

presidio composto di dodici soldati, ciascuno dei quali, durante la trasferta, avrebbe

percepito la paga mensile di 40 (60) soldi di denari senesi, mentre Bonaccorsino ne

avrebbe riscossi cento al mese. Questi salari dovranno essere pagati per intero dal

Comune e dal popolo di Torrita.

Al Bonaccorsino correva l’obbligo di esercitare diligente custodia e di tenere le

chiavi della suddetta Terra (paese).

Verbale n. 50.

Martedì, 21 novembre 1279.

Il Consiglio dei Notabili senesi, ritenendo ormai superata l’emergenza che aveva

indotto a concentrare in Torrita un numero straordinario di Funzionari e di soldati,

concesse anche a Poppo Martini di far ritorno alla sua sede di Montefollonico, e di

riprendere le normali mansioni di rappresentante del Comune di Siena a spese del

popolo dove egli esercitava il suo officio.

Verbale n. 56.

Sabato, 25 novembre 1279.

I Capitani di Parte Guelfa e sei Probiviri, in presenza del signor Podestà,

concordarono di scrivere al signor Gualterino, podestà di Torrita, per informarlo che

nessuno degli Ufficiali presenti in detta Terra (non) avrebbe potuto intraprendere alcuna

iniziativa senza l’esplicita autorizzazione del Governo di Siena, allo scopo di non

rinfocolare le discordie e le risse da poco estinte.

Doc. n. 19.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 25, verbale 28.

Addì 10 novembre 1281.

Nel nome del Signore amen. Si tenne in detto Consiglio Generale della Campana

presieduto, in assenza del Podestà, dal giudice Angelo Imperatori, uomo saggio ed

equilibrato che fungeva da Vicario al posto del nobile e magnifico Matteo Rossi (Rubei),

podestà di Siena. Ristabilito l’ordine in Val di Chiana a seguito della pace stipulata dai

Magistrati senesi con il Cardinale Orsini della Curia Romana, il Comune di Siena ebbe

via libera per procedere alla seconda fase della “Normalizzazione” diretta a infliggere

una punizione esemplare a tutti coloro che erano stati i promotori e gli esecutori

materiali dei disordini e delle violenze. Allarmati dalla minaccia della repressione, gli

antichi alleati dei signori della Fratta si dettero alla fuga per evitare di cadere prigionieri

delle truppe senesi, e si rifugiarono nella maggior parte in Maremma, barricandosi nel

castello di Torre Marittima sotto la protezione dei Pannocchieschi, tenaci ghibellini e

perciò avversari del Governo Guelfo di Siena.

Non avendo la possibilità di resistere con la forza contro milizie preponderanti e bene

addestrate, anche i fratelli Tacco e Ghino dovettero abbandonare il palazzo residenziale

della Fratta e cercare rifugio presso i cugini Cacciaconti signori di Sinalunga. Furono

accompagnati nella triste sorte di profughi che li attendeva dal fratello più piccolo

Federigo e da alcuni parenti di famiglia tra i quali Mino, Alberigo, Giacomo e Nuccio.

I Magistrati di Siena, non essendo riusciti ad arrestare i colpevoli per farli tradurre

prigionieri in città, dove avrebbero dovuto essere processati e subire la pena capitale per

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

ribellione armata contro l’autorità della Repubblica, non poterono fare altro che

procedere alla confisca di tutti i loro beni, Non soddisfatto per questo provvedimento

ritenuto non proporzionato alla gravità dei delitti commessi, prese allora la parola

Rinaldo Tolomei, che aveva sconfessato la ribellione dei cugini della Fratta, il quale

propose che tutti i fuggiaschi venissero dichiarati “banditi” dallo Stato senese: La

proposta del Tolomei 66 fu accolta e approvata alla unanimità dei voti da tutta

l’assemblea. (Non so quanto sia tradotto bene!).

Doc. n. 20.

A.S.S. – Biccherna. Registro 725, capitoli 406,425.

Condanne pronunciate al tempo del conte Guidone da Romena, podestà di Siena

nell’anno del Signore 1282.

Capitolo 406.

Ghino del fu Ugolino e il nipote Ghinuccio di Federigo furono condannati entrambi

a pagare una multa di Lire 50 a testa perché, mentre vivevano alla macchia con un

gruppo dei loro seguaci, secondo la denunzia presentata alle autorità senesi da Fuccio,

Sindaco del Comune di Torrita, avevano rubato un branco di suini che pascolavano nel

bosco di proprietà comunale, come risulta dal foglio n. 2 del fascicolo.

Capitolo 425.

Per lo stesso reato di furto venne condannato anche Tacco del fu Ugolino della Fratta,

che si trovava in compagnia dei suddetti banditi. Queste informazione costituiscono una

prova indiretta che la vita alla macchia iniziava a far sentire i suoi disagi, e in primo

luogo poneva l’urgenza di procurare il cibo necessario per sopravvivere, ricorrendo a

tutti i mezzi, anche se illeciti.

Doc. n. 21.

A.S.S. – Biccherna. Registro 788 (88), capitoli 98 (99), (90), 118.

Capitolo 98.

Nell’anno 1285 fu nominato Podestà di Siena il conte Guidone di Battifolle. Questi,

nei primi sei mesi del suo governo, impose un dazio di cento soldi su ciascuno dei

Terzieri di città, allo scopo di riportare in pareggio il pubblico erario rimasto in passivo

per le spese sostenute dal Comune durante la guerriglia in Val di Chiana. E poiché nella

città di Siena era tornata a stabilire la sua residenza la moglie del defunto Ugolino della

Fratta, nonna paterna di Ghino di Tacco, il podestà impose all’anziana contessa una

tassa straordinaria di trenta soldi e un successivo supplemento di 28 soldi, il cui

pagamento venne registrato in data 8 novembre 1285.

Capitolo 118.

Lo stesso Podestà Guidone di Battifolle, nel secondo semestre del suo mandato,

nominò revisori del Dazio da lui imposto i signori: Griffolo cancelliere del Comune, il

giudice Nesio, Ranieri Benacchi, Vitalone Altimanni e Filippo Malavolti.

Doc. n. 22.

A.S.S. – Biccherna. Registro 788 (88), Capitolo 160° (60°).

Nella contabilità di questo registro risulta trascritta all’entrata anche la somma di 12

denari ricavati dalla vendita di uno stoccaggio di Saia sequestrata a Ghino di Tacco che

ne era venuto in possesso nel corso di una rapina a un mercante nei pressi di San Quirico

d’Orcia.

66 La famiglia Tolomei militò sempre nel Partito Guelfo, mentre i feudatari della Fratta furono tutti Ghibellini. Ciò

spiega la difesa di Rinaldo a favore del governo guelfo di Siena, nonostante i vincoli di parentela.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

È questa la prima volta in cui appare, nei documenti d’Archivio, il nome del futuro

castellano di Radicofani.

Doc. n. 23.

A.S.S. – Biccherna, Registro 788 (88), capitoli 182, (c.89), 188, 189, 191, 195.

L’anno 1285 fu un anno nefasto per la famiglia profuga della Fratta. Braccato da una

caccia spietata durata quattro anni, Tacco venne catturato a tradimento dalle milizie

senesi, trasferito a Siena, sottoposto a processo dal giudice aretino Benincasa da

Laterina, e per ultimo decapitato pubblicamente nella Piazza del CampoLe varie fasi di

questa raccapricciante vicenda si trovano riportate e descritte con burocratica freddezza

nei cinque capitoli del Registro n. 788 (?) della Biccherna. Ci troviamo in presenza di

una delle pagine più drammatiche e impressionanti dell’intera raccolta: macabro rituale

dei condannati a morte.

Capitolo 182.

Pagati soldi otto ai capitani militari Piero e Giovanni come salario di tre giorni per

essere andati con le truppe dal signor Podestà a Torrita per far prigionieri i banditi della

Fratta.

Capitolo 188.

Item (inoltre), pagati soldi ventisette per ordine del Podestà agli ambasciatori del

Comune: Paolino, Nerio e Salvuccio, come loro salario di due giorni e una notte durante

i quali rimasero in Val di Chiana per prendere accordi sul modo di catturare Tacco di

Ugolino.

Capitolo 189.

Idem soldi quaranta per ordine del Podestà come premio della taglia ai due delatori

che fornirono notizie per far arrestare di sorpresa Tacco di Ugolino.

Capitolo 191.

Item denari tredici per il noleggio di un ronzino usato per il trasporto di Tacco a

Siena, per l’acquisto delle funi con le quali legare il prigioniero e per la compera

dell’olio consumato dalle lucerne durante la sorveglianza della guardia Sozzini nella

prigione dove era stato rinchiuso Tacco in attesa del supplizio.

Capitolo 195.

Item soldi cinque per l’acquisto della mannaia dal fabbro Vive, che servì per

l’esecuzione capitale di Tacco di Ugolino.

La decapitazione era riservata ai nemici politici come segno eufemistico di riguardo:

mentre i delinquenti comuni venivano giustiziati con l’impiccagione sulla forca.

Il Podestà Guidone conte di Battifolle e i Magistrati del Comune di Siena poterono

festeggiare la loro vittoria per essere riusciti a eliminare il principale esponente

dell’insurrezione armata in Val di Chiana. Ma l’indomita resistenza dei feudatari della

Fratta non era finita: in pratica, tutto si ridusse a un cambio di guardia. La lotta riprese

infatti con rinnovato furore ad opera del giovane figlio di Tacco, Ghino, che tenne testa

per altri dieci anni al Comune di Siena.

Doc. n. 24.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 31, verbale 32.

A dì 14 maggio 1286.

Nel nome del Signore amen. Dopo la scomparsa dalla scena politica di Tacco della

Fratta, il Comune di Siena si trovò a fare i conti con la situazione disastrosa in cui era

stata ridotta la regione della Valdichiana dopo venti anni di continui disordini e di

rovinose distruzioni. La zona più colpita appariva senza dubbio quella di Torrita, dove

maggiormente aveva infuriato la lotta che aveva condotto gli infelici abitanti alla totale

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

rovina. Ne è prova eloquente l’appello che i Torritesi rivolsero, l’anno dopo la morte di

Tacco, alle autorità di Siena:

“Alla presenza di voi quindici signori Governatori di Siena, il Comune e il popolo di

Torrita ricordano come il castello e il borgo di Torrita furono incendiati e distrutti dai

nemici della Fratta.

Come voi ben sapete, in quell’incendio, gli abitanti persero tutti i loro beni. Non

avendo i mezzi per ricostruire le case e mancando perfino del necessario per vivere, si

trovarono in uno stato di estrema miseria, per cui in gran parte furono costretti

mendicare nei paesi vicini, o a chiedere alloggio presso i parenti e gli amici. Per tale

motivo, supplicano umilmente i Signori del Comune di Siena di venire incontro alla

desolazione di questo popolo in maniera che tutti possano far ritorno al proprio paese o

almeno di sospendere per qualche tempo il pagamento delle tasse e delle altre

imposizioni, usando in tal modo generosità verso coloro che sono rimasti sempre sudditi

fedelissimi della Repubblica di Siena”.

In risposta a questa petizione, il signor Caulino de’ Tolomei propose che la domanda

rivolta dagli abitanti di Torrita venisse favorevolmente accolta ed esaudita. L’assemblea

si dichiarò consenziente nell’approvare la proposta formulata dal signor Caulino.

Doc. n. 25.

A.S.S. – Biccherna. Registro 792 (92), capitolo 105°.

Furono pagate Lire 3 e soldi 15 al notaio Federigo di Giovanni a saldo del suo salario

per i cinque giorni trascorsi a Farnetella e a Poggio Santa Cecilia per liquidare i beni

fondiari dei Feudatari della Fratta, confiscati e venduti dal Comune di Siena come

indennizzo delle spese contratte durante la campagna militare in Val di Chiana.

Doc. 26.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitoli 492, 499, 513.

La morte di Tacco della Fratta segnò una svolta nella storia della lunga contesa tra il

governo guelfo di Siena e l’insurrezione dei Ghibellini in Val di Chiana. Tale

cambiamento si riflette anche nella documentazione dell’Archivio di Stato, dove si apre

un capitolo nuovo rappresentato dal Registro n. 825 della Biccherna che, in sedici

documenti, rievoca le imprese compiute da Ghino di Tacco tra il 1286 e il 1297. Il

Registro N° 825 (725), che d’ora in poi prenderemo in esame, costituisce pertanto una

biografia inedita e autentica, sia pure parziale, del futuro castellano di Radicofani.

Capitolo 492.

Condanne pronunziate al tempo del signor Bertolino podestà di Siena nell’anno del

Signore 1286.

Ghino di Ugolino della Fratta, Gaddo e Gueruzzo di Prata in Maremma e Gano figlio

di Zaccaria anch’egli di Prata furono condannati nella persona e negli averi per aver

espugnato, insieme con molti altri, il castello di Prata e ucciso il castellano Tollo, come

appare dal foglio 377.

Capitolo 499.

Niccolò del fu Gerardo di Prata, Nuccio Lucarini della Fratta e Nicoluccio Rinaldi

da Montorio furono condannati nella persona e negli averi per aver partecipato

all’uccisione del castellano Tollo.

Capitolo 513.

Ghino del fu Tacco della Fratta di Torrita, insieme al suo servitore Comandello e a

Ciarlo di mastro Ranuccio subirono la stessa condanna perché riconosciuti colpevoli del

medesimo reato, come descritto nel foglio 377.

Facciamo notare l’espressione contenuta nel testo latino di questo documento:

“Ghinus olim Tacchi de Fracta de Turrita” per ribadire come il notaio comunale abbia

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

voluto specificare che la località della Fracta si trova nella zona di Torrita, facilitandone

in tal modo la conoscenza da parte dei cittadini senesi.

Doc. n. 27.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (97), capitolo 582 (88).

Furono pagati soldi sei a Guidarello di Giovanni per essersi recato a Montalcino e a

Trequanda come ambasciatore dei Magistrati di Siena allo scopo di indagare e

identificare i malfattori che in data 25 agosto avevano assalito una carovana di mercanti

lungo la Strada Romana.

Doc. 28.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 588 (582).

Condanne emesse al tempo del conte Silvatici, vice Podestà di Siena, nell’anno del

Signore 1288.

Balduccio figlio di Busgiadro da Torrita, già in passato espunto dal Libro delle Chiavi

per aver usufruito del beneficio dalla non annotazione in considerazione del rispetto alla

sua famiglia, ed inoltre Bico di Rosso Catenacci originario di Arezzo ma residente a

Torrita, furono condannati alla pena cumulativa di Lire 2400 per aver catturato Cenne

di Podio Bonizi (Poggibonsi) e, dopo averlo legato, lo trasportarono nel bosco dove gli

furono rotte le gambe, come risulta dal foglio 131.

Questi due personaggi, esecutori di un sequestro di persona con successiva rottura

delle gambe del rapito, possono essere considerati gli anticipatori dei moderni terroristi

che, per imprese del genere, hanno coniato il neologismo “gambizzare”.

Doc. n. 29.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitoli 592, 597.

Condanne pronunziate al tempo del conte Silvatici, Vice podestà di Siena, nell’anno

del Signore 1288.

Federigo di Ugolino della Fratta fu condannato a pagare Lire 150, essendo stato

accusato da Francesco Rimbaldi di Bettolle di essere stato insultato e di avergli bruciato

una capanna, come appare nel foglio 118 del registro.

Capitolo 597.

Numerose altre persone subirono la medesima condanna, avendo prestato aiuto a

Federigo della Fratta nell’incendio della sopraddetta capanna.

Doc. 30.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 598 (595).

Condanne fatte al tempo del conte Silvatici, Vicepodestà di Siena, nell’anno del

Signore 1288.

Ghino di Tacco della Fratta di Torrita fu condannato alla multa di mille lire perché,

insieme a molti suoi gregari, attaccarono sulla pubblica strada di San Quirico il mercante

Leuccio Boni, procurandogli ferite e facendolo poi prigioniero, come risulta dal foglio

190 (90) del registro.

Doc. n. 31.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 655.

Condanne pronunciate al tempo del signor Barone di San Miniato, Podestà e capitano

del Comune di Siena, nell’anno del Signore 1289.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Chinello Leonardi da Chiusure, Casino Bernardini anch’esso da Chiusure, Ghino di

Ugolino e Ghinello di Federigo della Fratta, Cecco Guidi sarto delle Serre di Rapolano,

furono tutti condannati nella persona e negli averi per essersi riuniti nel castello di

Chiusure presso Asciano, dove si erano dati ritrovo i nemici del Comune di Siena,

facendone una base di guerra per rovesciare il Governo guelfo della città, come è

documentato nel foglio 197 (87) del registro.

Doc. n. 32.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 658.

Condanne inflitte dal signor Barone di San Miniato, Podestà e Capitano del Comune

di Siena, nell’anno 1289. Coloro che si rifiutarono di giurare gli ordini del Capitano del

Popolo vennero schedati nei registri dei Terzieri e delle Contrade, come sotto è

specificato: del Terziere di Camollia, Registri della Parrocchia di San Donato…… Tra

i renitenti appare anche il nome del pittore Duccio di Boninsegna, elencato nel foglio

n. 251 (51).

Doc. n. 33.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 720°.

Condanne pronunziate al tempo del signor Accoremboni da Tolentino (Marche),

Podestà di Siena nell’anno del Signore 1290. ….

Ghino di Tacco della Fratta e un suo luogotenente furono condannati nella persona e

negli averi come appare nel foglio 256 (156) del registro, per avere a più riprese e in

luoghi diversi azioni criminose dentro il territorio dello stato senese.

Doc. n. 34.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (106), capitoli 726 (116), 727 (117).

Condanne emesse al tempo del signor Pino da Vernaccia (??), Podestà di Siena e

Capitano del popolo nell’anno del Signore 1291 Capitolo 726 (116).

Il giorno 20 luglio furono pagate sette Lire al Notaio ser Giovanni Aldobrandini come

salario di trasferta durata quattro giorni per aver compiuto un’ambasciata su

commissione del Comune di Siena presso l’Ambasciatore del Comune di Firenze,

insieme al quale fu compiuto un sopralluogo sul posto dove era stata compiuta una

ruberia a danno di alcuni mercanti fiorentini. Furono inoltre pagati 25 soldi al giorno

per noleggio di due cavalli usati nel viaggio dei due ambasciatori, i quali eseguirono una

richiesta presso gli abitanti della contrada di Montepulciano in cui era stato commesso

il reato allo scopo di accertare le prove fornite dai testimoni che si trovavano presenti

sul luogo.

Capitolo 727 (117).

Il giorno 27 luglio dello stesso anno furono pagati 30 soldi al signor Bandino per la

sua testimonianza. Altri 30 soldi furono assegnati al giudice Ugone di Fabro (???), il

quale diresse il processo ed emise la condanna contro i responsabili del furto commesso

in danno dei mercanti fiorentini del Distretto di Montepulciano. (Non ha messo in risalto

la gravità di questo furto contro cittadini alleati di Firenze con le conseguenze che ne

potevano derivare e che il Cecchini ci fa rilevare.)

Doc. n. 35.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 758.

Furono registrate le condanne pronunziate al tempo del signor Pino da Vernaccia,

Podestà di Siena e Capitano del Popolo, estratte dai Libri delle Chiavi nell’anno del

Signore 1291.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Ghino (di Ugolino) della Fratta, Guccio Cecchi soprannominato Giollarino, Ghinello

di Federigo e molti altri insieme a loro, riconosciuti colpevoli dei misfatti loro imputati

e dichiarati impertinenti e recidivi, vennero condannati a morte e ad essere impiccati per

la gola, come appare dal foglio 296 (96) del registro.

Doc. n. 36.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (107), capitolo 776 (166).

Il Camerlengo del pubblico Erario effettuò il pagamento di alcune somme arretrate

dovute per le spese compiute dal Comune di Siena al tempo dell’insurrezione nella Valle

della Chiana.

Lire 22, soldi 406, scudi fiorentini 20 furono assegnati al Conestabile della masnada

senese, Mannino figlio del defunto Busgiadro Del Pecora signore di Torrita, a saldo

della paga dovuta a lui e ai ventidue cavalieri della sua scorta, per la loro permanenza

nel territorio di Torrita durante il periodo di due mesi, a iniziare dal 10 aprile fino al

giorno 10 giugno.

Con la stessa motivazione, vennero liquidati cento soldi anche al Trombettiere e al

Tamburino che accompagnarono la spedizione militare.

Doc. n. 37.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 842 (892).

Condanne emesse al tempo del Signor Rodolfo da Varano, Podestà di Siena nell’anno

del Signore 1292.

Il luogotenente (Ser) Nerio da Radicofani (dove l’ha trovato Radicofani?) fu

condannato a pagare duemila Lire e molti altri con lui nella stessa quantità per aver

assalito con i loro cavalli e fatto irruzione nel palazzo della signora contessa Margherita,

figlia del signor Guglielmo da Prata e vedova del signor Alberto de’ Visconti da

Campiglia, e per averla sequestrata e portata via con la forza, come appare nel foglio

298 (94) del registro.

Doc. n. 38.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 894.

Condanne inflitte al tempo del signor Bernardino conte di Conio e Podestà di Siena

nell’anno del Signore 1294, Indizione VII e VIII……

Balduccio filio di Franceschino del Busgiadro da Torrita fu condannato a pagare Lire

450 per essersi munito di armi da offesa e da difesa con le quali assalì e inferse gravi

ferite a Puccio di Simone da Torrita, essendosi questi schierato dalla parte dei conti della

Fratta ed avendo più volte fornito aiuti a Ghino di Tacco (Dove ha trovato Ghino di

Tacco? E il foglio 94 dove lo ha lasciato?).

Doc. n. 39.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 913.

Condanne pronunziate al tempo del signor Bernardino conte di Conio e Podestà di

Siena nella del Signore 1294, Indizione VII e VIII …..

Guccio, soprannominato Giollarino, figlio di Cecco (di Sopra) da Torrita,

luogotenente di Ghino di Tacco, fu condannato alla multa di Lire 200 per aver derubato,

con l’aiuto di altri, Andrea di Villa Gioi, conestabile del Comune di Siena, al quale

furono portati via due cavalli e sottratti cento fiorini d’oro nei dintorni del castello di

Asinalonga, come risulta dal foglio 316 (216) del Registro.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Doc. n. 40.

A.S.S. – Libro della Podesteria. Repertorio 2, capitolo 64.

Nel nome di Dio amen. Questo Libro contiene ed enumera i nomi di coloro che sono

stati dichiarati banditi ed espulsi dal territorio dello Stato senese per aver commesso

gravissime violazioni, furti e delitti al tempo del valoroso comandante signor Guicciardo

dei Ciacci di Papìa, onorevole Podestà di Siena. Le sentenze di condanna furono

promulgate dal dotto Giudice podestarile Petracco Piscari incaricato di processare i

colpevoli, essendo cancelliere del Tribunale il sottoscritto Rodolfo Bandinelli da Prata

che ne registrò i verbali negli anni del Signore 1294 e 1295. Indizione ottava.

Fazio di ser Bernardo, Tuccio Torcioni, Senisello di Santa Fiora, Ciuolo Scotti di

Monticchiello, Lando del signor Zoie di Tentennano (Rocca d’Orcia), Nerio da

Radicofani, Caccia di Monticchiello, Storo fabbro, Ugolinuccio residente nel casale

denominato la Grotta, e numerosi altri fuorusciti vennero tutti dichiarati ribelli e banditi

dal Tribunale della Curia di Siena. La loro condanna in contumacia fu portata a

conoscenza della cittadinanza dal pubblico banditore Ciardo, il quale percorse le vie

della città suonando la tromba durante l’intera giornata del 16 aprile 1295.

I soprascritti banditi furono inoltre condannati per ordine del Podestà alla pena

individuale di duecento denari senesi per aver preso parte alla ruberia commessa da

Ghino di Tacco, aiutandolo nell’assalto contro il Connestabile di Siena, e alla quale

furono presenti i testimoni messer Fazio Malagotti e ser Lapo Peldiritti entrambi notari

senesi.

L’archivista Cecchini aggiunge che le annotazioni del Repertorio delle condanne

citate (a nota 58) ripetono individualmente le comminazioni delle stesse pene.

Doc. n. 41.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitolo 970 (570), Podestà, 2, c. 84.

Le infrascritte condanne furono comminate al tempo del signor Guicciardo dei Ciacci

di Papia, Podestà di Siena nell’anno del Signore 1294 e 1295, Indizione ottava.

Buccio di Guittone delle Serre di Rapolano fu condannato a pagare Lire cinquecento

per aver preso accordi segreti con l’intento di consegnare proditoriamente a Ghino di

Tacco e ai suoi alleati, tutti nemici del Comune di Siena, il castello delle Serre, come

appare dal foglio 331 (131).

Doc. n. 42. Nell’originale questo continua il capitolo 41

A.S.S. – Libro della Podesteria. Repertorio 2, capitolo 84, (Ecco perché al Magrini

vengono 45 documenti!).

A dì 15 giugno 1295, Indizione VIII.

Sentenza emessa contro Buccio di Guittone delle Serre. Per ordine del signor Podestà

di Siena fu aperto un processo istruttorio a carico del suddetto Buccio il quale, in

combutta con altre persone del luogo, aveva intrapreso trattative riservate con Ghino di

Tacco allo scopo di consegnare, dietro corresponsione di una cospicua somma di denaro,

il munito castello delle Serre in contrada di Rapolano, con grave danno e pregiudizio

del Comune e del popolo di Siena.

Avuta ora notizia delle trame allacciate da detto Buccio con Ghino di Tacco, ribelle

e nemico manifesto del Comune di Siena, il giudice del Tribunale penale signor Scotto

intimò all0indiziato Buccio di comparire entro il termine stabilito dagli Statuti senesi

per giustificare la propria condotta; e poiché l’imputato non si presentò all’intimazione

giudiziaria, in data 15 giugno fu dichiarato contumace e punito con la multa di

cinquecento Lire di denari senesi. La sentenza fu resa di pubblica ragione dal banditore

comunale Niccolino Fave.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Doc. n. 42.

A.S.S. – Biccherna. Registro 825 (725), capitoli 973, 976, 982 (932), 987, 992 (998),

997 (942), 998 (997).

Furono trascritte le condanne fatte al tempo del signor Guicciardo dei Ciacci di Papia,

Podestà di Siena negli anni del Signore 1294 e 1295, Indizione ottava.

Capitolo 973.

Cinello Scutei, residente nella Curia di Monticchiello e Caccia anch’esso di

Monticchiello furono condannati entrambi a pagare cento Lire a testa per il reato di

favoreggiamento avendo procurato, insieme ad altre persone del luogo, asilo e aiuto a

favore di Ghino di Tacco e ai ribaldi della sua masnada che avevano compiuto una

rapina nella Valle dell’Orcia, mettendone al sicuro la refurtiva che si erano portata

dietro, come appare nel foglio 394 (94).

Capitolo 976.

Fazio di Ser Bernardo, residente esso pure a Monticchiello, fu condannato alla

medesima multa di cento Lire per lo stessa reato di ricettazione avendo collaborato nel

mettere a riparo gli oggetti rubati.

Capitolo 982 (932).

Alla rapine compiuta in Valdorcia da Ghino di Tacco presero parte numerosi

componenti della sua Banda, i quali vennero tutti condannati dal Tribunale di Siena a

pagare ciascuno cento Lire, come sopra.

Capitolo 987.

Nerio da Radicofani, per aver partecipato alla rapina, subì la stessa condanna come

sopra.

Capitolo 992 (998).

Senesello di Santa Fiora e il fabbro Storo, sempre per il medesimo reato di concorso

in furto, furono condannati come sopra.

Capitolo 997 (942).

Tuccio di Torticone, abitante a Monticchiello, fu condannato come sopra.

Capitolo 998 (997).

Ugolinuccio, abitante in un casolare di campagna in località La Grotta, fu condannato

come sopra a pagare la multa di Lire cento.

Doc. n. 43.

A.S.S. – Libro della Podesteria. Repertorio 2, capitolo 327.

Elenco dei banditi espulsi dal territorio del Comune di Siena per aver commesso gravi

crimini, al tempo del signor Rinaldo da Montorio, cittadino di Narni e onorevole

Podestà, nell’anno dell’incarnazione 1296.

Tra le persone condannate, si fa il nome di Santoruccio figlio di Carsidonio residente

nel borgo di Scrofiano, presso Sinalunga, il quale subì un processo da parte del giudice

Guglielmo per aver ferito mortalmente, con l’aiuto di altri ribaldi suoi sostenitori, il

compaesano Guiduccio Ruffoli e per essersi poi impossessato di tutti i suoi beni.

Nello stesso processo rimase coinvolto anche Bindo conte della Ripa, imputato di

aver preso accordi con alcuni abitanti del luogo per ordire una congiura a favore di

Ghino di Tacco il quale tentava di impossessarsi del castello di Scrofiano. E poiché il

conte Bindo rifiutò di comparire al cospetto del giudice, nonostante l’intimazione che

gli era stata notificata dal messo comunale, venne condannato in contumacia con

sentenza del 23 agosto 1296. La sentenza fu resa di pubblico dominio dal banditore

Oliviero Filippi, il quale, per mandato del giudice Guglielmo, percorse le strade della

città suonando la tromba e notificando ad alta voce la notizia dell’espulsione perpetua

dallo Stato senese del conte Bindo, reo di cospirazione e di tradimento ai danni della

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Repubblica. La condanna inappellabile fu registrata di mano propria dal Notaio della

Curia criminale, ser Forese.

Doc. n. 44.

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 52, verbale 106.

Mercoledì, 4 dicembre dell’anno 1297.

Nel nome del Signore amen. Per ordine del nobile ufficiale Atto di Carinalto, per

grazia di Dio Podestà di Siena, e del valoroso condottiero signor Cervio de’ Bovatteri

da Bologna, Capitano del Comune e del popolo senese, fu convocato in sessione urgente

e straordinaria il Consiglio Generale della Campana con aggiunta di cinquanta

rappresentanti dei cittadini per ciascun Terziere.

Premesso il suono a distesa della campana della torre civica e il proclama a voce del

banditore comunale, a norma della procedura consueta degli Statuti, nel palazzo del

Comune i sopraddetti signori Podestà e Capitano del popolo dichiararono aperta la

seduta.

Fu subito portata a conoscenza degli intervenuti la preoccupante situazione che si era

venuta di nuovo a instaurare nel tormentato settore orientale dello Stato senese.

Da parte di numerosi osservatori era infatti giunta notizia ai Nove del Governo e ai

Magistrati preposti alla difesa della Repubblica che il ribelle e bandito Ghino di Tacco

della Fratta aveva intrapreso con grande impiego di mezzi e di manodopera la

costruzione di un vasto fortilizio tra le località di Sinalunga e di Guardavalle, con il

proposito di raccogliere tutti i masnadieri della sua banda e disporre di un luogo sicuro

per meglio difendersi dagli attacchi delle truppe senesi. Si rendeva dunque

indispensabile adottare contromisure rapide e decise per fare fronte alla grave minaccia

e respingere la pericolosa provocazione lesiva del prestigio e contraria alla sicurezza

della Repubblica.

Tutti i rappresentanti della cittadinanza erano pertanto invitati a esprimere il proprio

parere e a contribuire con i loro suggerimenti nell’interesse della suprema difesa dello

Stato. Come nelle grandi ricorrenze della Storia, era giunto il momento di lasciare da

parte le divisioni intestine per affrontare uniti il pericolo che minacciava l’integrità

territoriale della Patria.

Il lungo documento riferisce a questo punto le diverse proposte formulate da sette

cittadini, a nome delle rispettive organizzazioni:

a) Meo Ormanni prese per primo la parola per invitare l’assemblea ad eleggere un

comitato permanente composto da quattro Probiviri scelti tra ogni Terziere, con

l’incarico di tenere sempre informati i Signori Nove del Governo sugli sviluppi della

situazione, opportunamente coadiuvati da esperti giurisperiti che avrebbero indicato le

procedure legali da adottare volta per volta nei confronti di Ghino di Tacco, divenuto

ormai un pericolo pubblico per la sicurezza dello Stato e del popolo senese.

b) Giacomo del signor Rinaldo Gigli suggerì a sua volta che i Magistrati inviassero

subito in Val di Chiana alcuni banditori comunali nei vari paesi della regione per

intimare alle popolazioni del luogo di non fornire alcun aiuto di qualsiasi genere a Ghino

di Tacco, e in particolar modo diffidare gli operai impiegati nella fabbrica a sospendere

immediatamente i lavori riguardanti sia la fornitura del materiale dalle fornaci, sia il

proseguimento delle mura castellane, dei bastioni e delle torri, sia l’escavazione del

fossato esterno alla cinta. Tutti coloro che, trasgredendo agli ordini, fossero stati colti in

flagrante disobbedienza, sarebbero stati giustiziati “ipso facto” mediante impiccagione

per la gola.

c) Tuccio di Alessio consigliò di rifiutare agli albergatori locali o forestieri la licenza

di aprire posti di ristoro nei dintorni del fortilizio, e impedire in tal modo la fornitura di

cibi e bevande agli operai impegnati nella costruzione del nuovo castello. I

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

commercianti che non avessero tenuto conto di tale divieto sarebbero stati obbligati a

demolire capanne e ricoveri a proprie spese.

d) Giacomo Sardo, preoccupato di danneggiare gli interessi economici della

popolazione locale e di suscitare malcontenti da parte dei venditori ambulanti, propose

di sottoporre il suggerimento di Tuccio alla verifica dello scrutinio segreto dei voti.

Coloro che si dichiaravano favorevoli alla proposta di Tuccio, avrebbero introdotto

nell’apposito bossolo la pallina bianca; i contrari avrebbero depositato invece la pallina

nera. In tal modo, lo scrutinio dei voti avrebbe deciso con procedura democratica

l’accettazione o il rifiuto del suggerimento di Tuccio.

e) Federigo Tolomei richiamò il Podestà e Capitano ad assumersi le proprie

responsabilità connesse alle rispettive cariche, che li obbligavano a ricorrere a tutti i

mezzi necessari per ristabilire l’ordine compromesso dai Feudatari della Fratta e a

imporre con la forza il rispetto delle leggi dello Stato.

f) Il giudice Arrigo, che in quel tempo ricopriva la carica di presidente del Tribunale,

ricordò agli intervenuti che il terreno sul quale Ghino di Tacco stava costruendo il suo

nuovo castello era di proprietà del Demanio di Stato. A norma delle leggi vigenti, si

doveva dunque procedere all’esproprio di tutta la costruzione abusivamente edificata

sopra un’area che apparteneva all’intera comunità senese.

g) Per ultimo, Rustichetto Guidi da Cortobraccio esortò con appassionato discorso le

autorità politiche e l’assemblea rappresentativa di tutto il popolo di Siena a rompere gli

indugi, a non perdere altro tempo in vane discussioni, ma di passare prontamente

all’azione, inviando sul posto un numeroso e ben attrezzato esercito per radere al suolo

la fortezza eretta da Ghino di Tacco, punire esemplarmente i responsabili

dell’insurrezione armata contro lo Stato, cacciare oltre i confini i ribelli e vigilare perché

i banditi non mettessero mai più piede in avvenire nel suolo della Patria.

Tutta l’assemblea acclamò a lungo lo “arringamento” di Rustichetto e deliberò di

mettere subito in pratica la risoluzione drastica da lui indicata, ponendo fine una volta

per sempre alla sfida troppo a lungo tollerata contro l’autorità, la convivenza civile e il

buon nome della Repubblica.

Radicofani, 10 luglio 1985

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Fin dall’antichità i popoli hanno avuto bisogno di miti, che incarnassero le richieste di giustizia delle classi più povere e che facessero risaltare il bene sul male, al contrario della Storia dove il male, anche se non sempre, vinceva sul bene e l’ingiustizia si prendeva molto spesso gioco della giustizia. Basti pensare agli eroi omerici, a quelli del medioevo fino ad arrivare ai giorni odierni con Superman o l’Uomo Ragno etc.etc.

Facendo questo libro e raccontando la Storia di Ghino di Tacco, dopo sette secoli di leggenda, e dopo essere stato, come tutti i radicofanesi, un fan accanito del nostro mito; mi sono preso l’onere di trascrivere, primo in Italia, la vera Storia anche perché ho visto su Internet un articolo che parla, nel senso della verità storica di Ghino, riferendosi, proprio, all’articolo di Giovanni Cecchini.

L’articolo in questione è intitolato: “Banditi e pirati nella narrativa medievale:

alcuni casi di fuorilegge cortesi” a cura di Federica Veglia e siccome io, come ho già detto all’inizio, conosco anche i documenti, oltre all’articolo, sin dal lontano 1976 (all’inizio racconto come ne sono venuto in possesso) e da radicofanese, quindi, e primo possessore di quei documenti, non posso esimermi da svelare la verità, per primo, al mondo intero!

In tutti i casi ho “una bella gatta da pelare”! Questo perché voglio vedere quanta, della storia di Ghino, coincide con la storia del paese.

Ciò che rivelo con questo libro, spero sia accettato serenamente anche dai radicofanesi, infatti, come ha detto sopra, mi sono preso anche la briga di vedere se le notizie dei documenti coincidevano con le notizie che avevamo sulla storia di Radicofani, tramandata dagli storici: Pecci, Verdiani-Bandi e Repetti, nonché dal Codice diplomatico Amiatino.

A conferma che la storia, anche se vera, non può assolutamente scalfire la leggenda che, come ho detto sopra, dura ormai da più di sette secoli, faccio notare che anche su Robin Hood c’è stata una ricerca effettuata da uno studioso inglese e che riporto più avanti ripresa da “Repubblica”., la quale ci racconta: «Un filologo britannico, un certo Andrew James Johnston che

lavora alla prestigiosa Freie Universitaet di Berlino, cioè il più prestigioso e autorevole

ateneo della capitale federale, che ci ha messo anni per tentare di ricostruire la storia

vera di Robin Hood, filtrandola dalle leggende e analizzando ogni passo delle narrazioni

scritte su di lui. Ed ecco le sue conclusioni: il nome Robin Hood è reale, ma è uno

pseudonimo nato perché il ribelle era gay e si mascherava coprendo la testa e il volto

con cappuccio, hood appunto in inglese. Robin l’incappucciato, era il nome affibbiato a

un ribelle, a un bandito o a molti di loro. Le ballate, e poi le prime leggende medievali

scritte che ci tramandano l’avventura di Robin Hood, ci forniscono anche altre

indicazioni: Robin e i suoi sono un gruppo di antiautoritari ambientalisti……» Questo articolo è apparso anche sul giornale liberal conservatore e filo-Merkel DieWelt. L’articolo di “Repubblica” è datato 19 aprile 2013. Da allora cosa è cambiato nella leggenda di Robin Hood? Nulla, anche se l’autore dell’articolo è un personaggio molto, ma molto superiore, come cultura, a chi scrive! Quindi la fama di Ghino, anche se ne sveliamo la storia, rimarrà intatta, ma ne guadagnerà la conoscenza.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Il dipinto sopra è Ghino di Tacco visto da Sergio Gabrielli da Firenze.

Il dipinto si trova nel Comune di Radicofani.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

Ghino di Tacco nella statua fatta dallo scultore Aldo Fatini nei giardini pubblici di Radicofani detti “Il Maccione”.

La traduzione di cui sopra è del Libro fatto in ciclostile “Giustizia per un

Bandito” di Don F. Marcello Magrini del 1985, però, a parte qualche

modifica, dovrebbe essere uguale a quella del secondo libro. Dopo aver ponderato l’articolo del Cecchini possiamo fare distinzioni

e considerazioni per quanto riguarda la “Storia vera” e le leggende, le novelle del Boccaccio, le ballate e i racconti dei novellieri medievali

nonché dai commentatori della Divina Commedia, i quali hanno preso per verità anche opere di fantasia, per arrivare fino all’0ttocento con i romanzi di Gian Domenico Guerrazzi e di Yambo (Enrico Novelli), anche loro, oltre la loro fantasia si sono basati sui racconti medievali.

Ed ecco le distinzioni dalla leggenda: 1) - Ghino di Tacco non faceva parte della famiglia Monaceschi Dei

Pecorai (questo errore lo compie lo storico senese Tommasi tratto in errore da una deliberazione del Consiglio generale67), ma dei nobili Cacciaconti e più precisamente del ramo Guardavalle, nobili della Fratta. Sua nonna era, quasi certamente, una nobile senese della famiglia Tolomei. Tutto

questo spiegato molto bene nell’articolo del Cecchini;

67 A.S.S., Consiglo Generale, 20, c.119-125. La traduzione del quale è sopra scritta.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

2) - Fino al 1957 (art. del Cecchini) eravamo quasi certi che Ghino di Tacco si fosse impossessato della fortezza di Radicofani grazie all’astuzia del suo luogotenente Nerio da Radicofani e che la sua permanenza a Radicofani fosse stata di un periodo di tre anni dal 1297 al 1300, invece ora sappiamo con certezza che fu l’esercito dei Ghibellini ad impossessarsi della Fortezza e quasi certamente alla fine del 1297 o all’inizio del 1298 fino al 1302; quindi quasi 4 anni. L’esercito dei ghibellini, comandato, quasi certamente, da Ghino di Tacco, braccato da quello della Repubblica di Siena, fu costretto a rifugiarsi nel castello di Radicofani se non voleva essere distrutto, perciò si rifugiò nel castello del

papa, ma anche qui ci furono, come spiegato più sotto, gravi conseguenze. (Documento 45 del Cecchini);

3) - Ghino di Tacco, non aveva fratelli ma era l’unico figlio di Tacco;

4) - Ghinello non era Ghino di Tacco ma il cugino, figlio dello zio

Federigo. 5) - Nella leggenda Gino di Tacco è nemico giurato dei Conti di Santa

Fiora, invece la Storia ci racconta che per ben due volte i ghibellini ritiratesi a Radicofani si salvarono dall’esercito inviato dal papa grazie all’aiuto del conte di Santa Fiora, ghibellino anche lui.

Ora facciamo delle considerazioni: 1) - Nella pagina n. 37 del 2° libro del Magrini si legge: In una sentenza

dei suoi “Pensieri”, lo scrittore i filologo francese Biagio Pascal afferma che:

un popolo dimentico del proprio passato difficilmente avrà un avvenire. Io

sono pienamente d’accordo con questa affermazione e dico, purtroppo, che

lui e i radicofanesi si sono dimenticati di tutti i personaggi citati dal

Pecci e da altri storici Senesi e si sono ricordati soltanto di Ghino di Tacco.

Per carità, io sono stato e sono, come loro, un fanatico di Ghino ma

non credo che la Storia con la S maiuscola ne faccia perdere l’Importanza e

la fama! Del resto Robin Hood fa ricordare Nottingham, ma, sembra che non

sia mai esistito! I turisti però vanno ugualmente a visitare i luoghi delle

imprese che lo videro protagonista! Figuriamoci se Radicofani perderà

l’afflusso dei turisti per la Storia vera! Anzi, visto come finisce l’articolo del

Cecchini, bisogna tenere presente cosa dice Dante nel canto VI del

Purgatorio: si tratta solo di un accenno, ma quelle «braccia fiere» sono

un’espressione di simpatica ammirazione, non di deprecazione, perché

Dante, appartenente anche lui alla minore nobiltà feudale, spodestata

dai guelfi, doveva sentirsi solidale con Ghino, che aveva combattuto per

mantenere i privilegi della sua casta.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

2) - Un’altra verità si evince dai documenti del Cecchini e cioè che Ghino

di Tacco non era di Torrita, che, al contrario, tutta la sua famiglia è stata

acerrima nemica di Torrita allo stesso modo come era nemica della

Repubblica di Siena. Da molti è considerato signore di Torrita e della Fratta,

nulla di più errato perché Ghino, come del resto suo padre e suo zio

omonimo, erano, come ho già detto sopra, nemici giurati di Torrita e al

riguardo l’autore di: La verità storica su Ghino di Tacco – F. Marcello Magrini

– al termine di pag. 76 conclude: «Purtroppo per i cittadini torritesi, la verità storica

si è rivelata ben diversa. Non rimane di conseguenza che applicare, anche per l’attribuzione

della patria di GHINO, il saggio e imparziale aforisma latino: “Amicus quidem Plato, sed

magis amica veritas”». Il Magrini si lamenta anche del fatto, ed io sono

pienamente d’accordo con lui, che all’inaugurazione della statua di Ghino

a Radicofani sia stata invitata una delegazione di Torrita!

3) - Ghino fu costretto a venire a Radicofani con tutto l’esercito dei Ghibellini alla fine del 1297 o nel 1298 perché l’esercito della Repubblica di Siena, dopo aver distrutto il castello che stavano costruendo, fra la Fratta e Sinalunga, braccò i ghibellini fino a Radicofani, e, come fecero i nobili Guelfi, nel 1262, quando, anche loro, prima di essere battuti nella battaglia di Spineto, si rifugiarono a Radicofani68 per riorganizzarsi. E lo dimostra il Pecci nel suo manoscritto “La Terra di Radicofani 69 ” la Repubblica di Siena fu condannata a pagare, dal papa, 2000 marche d’argento per i danni causati al castello e alla Terra di Radicofani. Per l’esattezza nello stesso libro a pag. 72 c’è scritto:

E perché più non servisse la terra di Radicofani di ricovero a’ Guelfi, scrive il

Bisdomini, che nuovamente nel 1265, dopo aver racquistato Sarteano, e impadronitisi i

Sanesi dell’Abbadia S. Salvatore, smantellarono di mura la terra di Radicofani- E

per ca. 150 anni Radicofani è stato preda di più fazioni, che in quei tempi cercavano d’impadronirsene, anche attraverso i loro “capitani di ventura”.

4) - A dimostrazione di quanto asserito dall’articolo del Cecchini su Internet nel Dizionario Biografico degli Italiani Treccani - volume 75 (2011) al nome Ermanno MONALDESCHI troviamo oltre la presentazione:

Il M. era nipote dell’omonimo Monaldeschi che nella seconda metà del secolo XIII aveva ricoperto importanti ruoli tanto nel Comune di Orvieto quanto, per la parte pontificia, in altre zone d’Italia. Il padre del M. era morto negli scontri contro la fazione ghibellina avvenuti intorno al castello di Radicofani. Egli faceva parte della spedizione guelfa – secondo alcuni, guidandola – che tentò di dare manforte al visconte Guasta di Radicofani. Il 18 luglio 1300, dopo aver inizialmente strappato la rocca ai ghibellini, la spedizione fu sconfitta dal conte Guido di Santa Fiora: in tale

68 A. Verdiani-Bandi – I castelli della Val d’Orcia e la Repubblica di Siena – Copia Anastatica – Siena –Cantagalli

MCMLXXIII. PAG.64. 69 La terra di Radicofani da G.A. Pecci: A.S.S., Memorie storiche, politiche, civili e naturalidelle città, Terre e

Castella che sono e sono state suddite della città di Siena, ms. D71, cc. 409-453. Trascrizione sul libro

“Memorie di un’antica Terra di Frontiera e di Fortezze, a cura di Beatrice e Renato Magi, anno 2000, p ag.73.

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

frangente Corrado (il Monaldeschi padre di Ermanno) rimase ucciso insieme con altri trecento uomini.

Dopo questo episodio, il M. prese il posto del padre nel Comune sia per le missioni diplomatiche sia in scontri armati. Nel 1300 fu inviato con altri cittadini presso il papa, per concludere la pace con Orvieto; l’anno seguente tentò di prendere Radicofani, in accordo con il capitano del Popolo. L’impresa fallì, ma nel 1302, morto il conte Guido di Santa Fiora, i ghibellini ripiegarono su Acquapendente, lasciando il castello al cardinale Teodorico (c’è chi dice Federigo) di Orvieto. Con diversi cavalieri e

fanti il M. decise di assediarla: una volta espugnata, trucidò numerosi ghibellini, vendicando così l’assassinio del padre. Dopo tale impresa, il M. rimase a presidiare Acquapendente in accordo con il pontefice. Questa seconda versione dei fatti, si parla di storia, è più credibile, perché la vendetta, in quel periodo era quasi sacra! Così a pag. 74 si esprime il Pecci (del

libro già citato nella nota n. 69:

Finalmente nell’anno 1302, papa Bonifacio VIII. Spedì il Cardinal Federigo colla

cavalleria d’Orvieto a Radicofani, che con destrezza maneggiandosi, gli riuscì

impadronirsi di quella Rocca per accordo, e così fattosene padrone la restituì a’ figliuoli

del signore Jacomino (Guasta signore e conte di Radicofani e Acquapendente), e allora

i Ghibellini, che si truovavano in Radicofani, senza contrasto alcuno (forse è bene,

credo, dar ragione al Dizionario Biografico degli italiani – Treccani del 2011), si

partivano, e, in Acquapendente, e in Proceno, si ritirarono.

Il Verdiani Bandi nel suo libro citato nella nota n. 68 a pag. 74 scrive: Cardinale Teodorico (il Pecci lo chiama: Federigo), capitano del patrimonio

per il Papa. Ma nell’anno seguente, essendosi Radicofani col favore del C. (conte) di S.

Fiora ribellato (1301) Ermanno Monaldeschi «con cavalli et fanti et molta gente di Val

Lago, Valle Paglia et Valle Chiane» dette il guasto alla terra fin sotto le mura, e andatovi

poi il Cardinale Teodorico, con la cavalleria di Orvieto, fu ripresa la rocca e restituita ai

figliuoli di Guasta, mentre i Ghibellini, costretti a fuggire, si ritirarono in

Acquapendente e Proceno.

5) - Il Magrini scrisse questo libro (1987) in collaborazione dell’allora sindaco Anna Bonsignori, e lo fecero affinché avesse presa sul “Partito Socialista Italiano” e, principalmente su Bettino Craxi, allora Presidente del Consiglio che, da Eugenio Scalfari fu soprannominato Ghino di Tacco, e con questo pseudonimo (G.d.T.), firmava i suoi articoli sull’ “Avanti!”.

Il libro fu presentato facendo in modo che la presunta verità

conclamata dallo stesso, con i ritrovati documenti storici, facesse effetto, come lo fece assai bene, su tutto il P.S.I., al cui Congresso di Rimini, vendette molte copie e dove fu edito il libro!

Quanto sopra però, a me, essendo di Radicofani, mi fece piacere perché aumentò la fama di questo personaggio, con la sua leggenda, ormai conosciuta da tutti ed anche questo è il motivo per cui tanta gente viene a visitare il nostro paese!

6) - Una cosa che posso confutare, d’accordo con il Cecchini, è che non

credo al perdono di Bonifacio VIII, nobile della famiglia Caetani, il quale ha dovuto mandare, per ben tre volte, eserciti per riprendere la rocca, figuriamoci se perdonava un ghibellino che gli aveva dato tante

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GHINO DI TACCO DALL’ARCHIVO STORICO ITALIANO RENATO MAGI

preoccupazioni! Non credo affatto, poi, come asserisce il Magrini,

che Nerio da Radicofani, ghibellino, rimase nell’amministrazione della Fortezza e del Borgo di Radicofani. Addirittura, dicono, eletto al posto dei Guasta guelfi. Fantasie! Tutto ciò è stato inventato, la verità è che il cardinale che sloggiò i Ghibellini da Radicofani restituì tutto ai figli di Guasta Jacomino, e Bonifacio VIII, di nobile famiglia guelfa, poteva togliere l’amministrazione di una piazza così importante come quella di Radicofani ad un nobile guelfo per darla a un ghibellino qualsiasi?

Sinceramente mi sembra, ed è, impossibile, specialmente in quel secolo, il 1300, dove la vendetta era all’ordine del giorno!

7) - L’autore di questo articolo è dello stesso avviso di Giovanni Cecchini anche sulle parole di elogio che esprime alla fine del suo importante articolo per il vero Ghino di Tacco che era, in fondo, un uomo del suo

tempo.

8) - a sostegno di quanto sopra, sul libro di Verdiani-Bandi, sopra citato,

leggo:

Mentre durava la guerra fra Siena e gli Aldobrandeschi, Messer Guasta,

di parte guelfa, occupò la rocca di Radicofani insieme ai Monaldeschi, ma il

Conte Guido di Santa Fiora andò in loro aiuto e, venuto da Siena Pone di

Campiglia con 150 cavalli e altre persone venute da altrettante parti i Guelfi

ebbero una rotta “dove morirono 400 fra cavalieri e pedoni, tanto che il

Guasta si dette in mano al cardinale Teodorico, capitano del patrimonio del

Papa. Essendosi poi Radicofani ribellato (1301) E. Monaldeschi distrusse

tutto fino sotto le mura e dovette intervenire il cardinale Teodorico

(Federigo?) che restituì la terra ai figli del Guasta. Nel 1404 la

Repubblica di Siena fece un accordo con i Cocco Salimbeni e tutti i suoi

possedimenti per avere una pace duratura, l’accordo fu fatto anche con tette

le genti della Val d’Orcia, tutto questo per far calmare le continue lotte e

guerre che avvenivano in quegl’anni. Pochi anni dopo, visto che Cocco

Salimbeni riprese a far guerra a danno della Repubblica e visto che già i

radicofanesi ne facevano già parte si ribellarono e riconobbero i Commissari

della Repubblica, e anche senza il benestare della Chiesa armarono quella

fortissima fortezza. Dopo che il Tartaglia conquistò la fortezza con le armi

lo rivendette alla Repubblica di Siena (14 maggio 1411) e l’anno dopo il

Papa Giovanni XXII70 (era Giovanni XXIII) lo concedeva in vicariato

formalmente alla Repubblica ,(pochi anni più tardi fu messo mano alla

edificazione di una nuova fortezza, per mano di quattro maestri muratori

lombardi, che furono Aliotto di Cambio, Simone di Ciccarello, Giovanni di

Carfusia, e Francesco di Giovanni, a ciò deputati dalla Repubblica di

Siena), e d’allora Radicofani rimarrà sempre proprietà della Repubblica.

Quando fu eletto a Pontefice Enea Silvio Piccolomini col nome di Pio II

cercò di aiutare la Repubblica facendo riammettere i nobili nelle cariche 70Giovanni XXII non è possibile perché era morto nel 1334 era, invece, Giovanni XXIIIil quale, è statoconsiderato

papa fino al 1947, poi è stato retrocesso ad antipapa.

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pubbliche e concedendo in perpetuo il castello di Radicofani dietro

pagamento di un annuo censo (1459).

9) - Ancora il Pecci a pag. 72, per concludere, ripetendo anche cose già dette sopra, ma continua:

E perché più non servisse la terra di Radicofani di ricovero a' Guelfi scrive il Bisdomini,

che nuovamente nel 1265 dopo aver racquistato Sarteano, e impadronitisi i sanesi

dell'Abbadia S. Salvadore, smantellarono di mura la terra di Radicofani.

I danni dello smantellamento di Radicofani, benché dopo più anni apportarono

conseguenze tali, che l'anno 1273. Fra Aldobrando dell'Ordine de' Predicatori, con suo

Breve, in data de die 3 Kal. Martii Pontificatus Domini Gregorii Pape X, anno secundo,

diretto al Vescovo di Siena, asserisce aver ricevuto lettere dal Sommo Pontefice

contenenti le doglianze, che i sanesi aveano ostilmente cagionati danni, e rapine verso

gli uomini, e terra di Radicofani, che era del dominio della Chiesa, per il che di già

n'erano stati ammoniti dal Pontefice Urbano di lui predecessore, e che detti danni

ascendevano a71 2000. Marche Sterlinghe72 , e però erano stati i sanesi sotto pena

d'interdetto ammoniti a pagarle, come ne costava per Breve del sopradetto Papa Urbano

spedito in Firenze 3 Idus Julii, anno secundo. Volendo dunque, il presente Pontefice

Gregorio mandare a esecuzione la sopradetta ammonizione, avea imposto al73 Vescovo

orvietano, che citasse i sanesi a comparire l'ottavo giorno dopo la festa dell'Assunta per

mezzo de' loro sindici, e a pagare le 2000 marche agli uomini di Radicofani. Il Breve

ancora del Vescovo d'Orvieto fù spedito da Firenze nel tempo sopraindicato.

Non solamente non si rimessero i sanesi alle lettere del Vescovo d'Orvieto, ma il dì 21.

di Luglio 1275 elesse il Consiglio generale i propri sindici per comparire avanti al

medesimo Vescovo, e protestare l'appello,74 dalle censure, che di già presso al Vescovo

di Siena era in arbitrio di pubblicarle75.

Di poi, l'anno che seguito, fù avvisato, d'ordine del Consiglio generale,76 messer

Pepone Visconti, ad effetto che intorno a' fatti di Radicofani stesse con attenzione, e

intanto gli si partecipasse, che il papa sopra quella terra si era dichiarato voler conservare

a' sanesi le ragioni.

La lite per causa della reintegrazione de' danni cagionati alla terra di Radicofani

continuò per più anni, poiché di già principiata ne' tempi del pontificato d'Urbano IV, nel

1291.77 non solo si manteneva in vigore, ma in quell'anno à 15. d'ottobre, il Consiglio

Generale comandò, che a messer Bindo, messer Rinaldo, e messer Porrina78, avvocati

per il Comune di Siena in Corte di Papa, ad effetto di patrocinare la causa pendente, gli

fussero pagati per ciascuno, ogni anno, fiorini 29.

71 Nel ms. dopo c'è una parola cancellata illeggibile. 72 Breve de die 3. Kal. Martii 1273. in Archivio S. Marie Scalarum n. 557 secunde numerationis. 73 Nel ms. c'è la parola cancellata: sopranominato. 74 Nel ms. ci sono cancellate le parole: che già era pri. 75 Deliberaz. del Consiglio della Campana del 21. Luglio 1275. 78. 76 Deliberaz. del 28. Dic. 1276. 15. 77 Delib. del Consiglio del 15. Ott. 1291. 32. 78 Nel ms. cancellate seguono le parole: Giudici e.

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Ordinò di poi il medesimo Consiglio il 28. di Gennaio 1294. che fusse ispezione de'

Consoli di Mercanzia l'invigilare a detta lite, e il 23. di Febraio del medesimo anno, fù

risoluto, che per difendere la causa di Radicofani,79e di Montechiaro, e Vico contro i

Canonici di Siena si spedissero 80. Fiorini d'oro.

Finalmente dal medesimo general Consiglio80 il di 18. di Giugno 1298. fù eletto Ser

Tuccio di Bonico sindico della Republica per compromettere81 nel pontefice Bonifacio

VIII. ogni pretenzione, e controversia pendente cogli uomini di Radicofani. Il qual

Pontefice accettata la giudicatura compromissaria, con sua Bolla spedita in Rieti l'anno

IV. del di lui pontificato, et in die V. Kal. Novembriis anni 1298., diretta al Podestà,

Consiglio, e Popolo di Siena, qualmente essendo82, dichiarò83 di già, dal pontefice

Urbano IV. di lui predecessore84 stati condannati i sanesi nella pena di85 2000. marche

d'argento, perché erano andati armati contro al castello di Radicofani di giurisdizione

della Chiesa Romana, dove aveano86 cagionate le maggiori ostilità87 e usati gravissimi

danni, posposta la riverenza dovuta a Santa Chiesa, e in oltre erano stati condannati

ancora in altre 2000. marche simili da pagarsi a quel castello, ai suoi uomini per i danni

sofferti, sopra di che erano passate diverse lettere Apostoliche, non solo 88 del

sopranominato papa Urbano IV., ma d'altri Pontefici a esso89 successori. Con tutto ciò,

attesi gli speciali servizii dal Comune di Siena prestati a Santa Chiesa, e alla Santità sua,

per i quali il sopradetto Comune si era meritato la di lui grazia, siccome per averne da'

sanesi recevute suppliche, gli relasciò le 2000.90 marche, nelle quali erano stati i sanesi

condannati per pena, e dell'altre due mila marche simili da pagarsi a' radicofanesi,

intende, e vuole, che se ne faccia composizione, e accordo tra ambi i Comuni, etc....

Era negl' anni 1300. gagliardamente la terra di Radicofani travagliata dalle discordie tra

suoi terrieri, avea de' fuorisciti potenti e molto più si rendevano molesti a coloro, che

dentro la terra si mantenevano, perché diversi signori vicini gli proteggevano, e

aiutavano, tra gl' altri era fuoruscito di Radicofani messer Guelfo, che unitosi questo con

Pone da Campiglia, (come vien raccontato da me questo fatto così stà scritto nelle

Cronache d'Agnolo di Tura del Grosso assai diversamente da ciò che scrive il

Tommasi)91 con diverse truppe raccolte scorsero predando, e rubando per la corte di

Radicofani, e accostatisi alla terra da alcuni loro fautori gli fù consegnata la Penna della

terra stessa, (Penna era la parte più alta della Rocca) che subito con 100. fanti

presidiarono, ma i conti di S. Fiora, ascoltata una tal sorpresa, corsero velocemente per

racquistarla, allora si mossero i Guelfi d'Orvieto, di Chiusi, e di Siena per socorrere i 79 Delib. del 28. Genn. e 23. Feb. 1294. 48 e 49. 80 Delib. DD. del 18. di Giugno 1298. 126. 81 Nel ms. si legge male e la parola finisce in una specie di macchia. 82 Queste parole, che si leggono male, sono aggiunte sopra la riga, e non so e sono tradotte bene. 83 Fra virgole c'è anche un che poi cancellato. 84 Dopo questa parola c'è cancellata la parola erano che a me sembra, però, far parte del discorso e quindi lo

ripeto (n.d.t.). 85 Nel ms. segue la parola lire poi cancellata e 2000 con il 2 tutto cancellato. 86 Sopra la parola aveano vi è, cancellata, la parola (sembra) cagionate. 87 Nel ms. seguono, cancellate, le parole: e cagionati. 88 Bolla del Pontefice Bonifacio VIII. nell'Archivio dello Spedale, al n. 454. della prima numerazione. 89 Nel ms. segue, cancallata, la parola Predecessori sostituita sopra con Successori come si legge. 90 Nel ms. il 2 è scarabocchiato.

91 Agnolo di Tura del Grosso Cronaca MS.

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fuorusciti radicofanesi, per lo che venuti a battaglia presso la porta che da Radicofani

conduce 92 ad Acquapendente, gl'Aldobrandeschi rimasero superiori, e Pone da

Campiglia, che era capo di quei fuorusciti, si salvò colla fuga.

L'anno di poi (scrive Cipriano Manente) 93 non volle più Radicofani remaner

dependente da gl'Orvietani, (il Manente dice che si ribellò) perché fomentata quella terra

da' conti di S. Fiora, che ritenevano la Rocca, e aveano sconfitti i Guelfi, ricusava

qualunque dependenza, ma gli Orvietani, volendo mantenere quelle ragioni, che

pretendevano avervi acquistate, commessero a Ermanno Monaldeschi, che co' cavalieri,

che erano restati dalla cavalleria ordinaria, e con altri cavalli, e fanti, raccolti dalla Valle

del Lago, dalla Paglia, e dalla Chiana, che subito si portasse a' danni de' radicofanesi, e

di que' Ghibellini, che allora ritenevano la terra, obbedì il Monaldeschi, ma fù vano ogni

tentativo, perché non riuscigli il disegno d'impadronirsene, né vendicarsi con Corrado di

lui figliuolo, che con que' Ghibellini s'era unito.

Finalmente nell'anno 1302. papa Bonifacio VIII. spedì il Cardinal Federigo, colla

cavalleria d'Orvieto a Radicofani, che con destrezza maneggiatosi, gli riuscì

impadronirsi di quella Rocca per accordo, e così fattosene padrone la restituì a' figliuoli

del signore Jacomino, e allora i Ghibellini, che si truovavano in Radicofani, senza

contrasto alcuno, si partivano, e, in Acquapendente, e in Proceno, si ritirarono94.

Dall'anno 1302. al 1345. è da immaginarsi che vi sia qualche fatto di mezzo, perché il

fedelissimo cronista Agnolo di Tura95 scrive, che Radicofani si era ribellato dalla

Republica di Siena, così è da immaginarsi che con qualche atto di sottomissione i sanesi

vi avessero acquistate ragioni. All'anno dunque 1345. ci avvisa questo cronista, che fatto

esercito da' sanesi sotto la condotta di messer Niccolò Bonsignori, con molto arnese (con

molte armi- n.d.t.), lo spedirono96 sotto Radicofani, e così giunto in quella corte molti

bestiami predò, e molti danni cagionò a que' terrieri, e il Tommasi suppone che n'avesse

data cagione la morte del conte Arrigo Aldobrandeschi, occiso nell'Abbadia S.

Salvadore, in que' giorni, dal Fulmine. Di costui n'erano rimasti cinque figliuoli, che della

morte inopinata del padre, e più dell'armi de' sanesi atterriti, per fuggire pericoli più gravi,

convennero colla Republica, e però del mese d'Agosto furono ricevuti, e dichiarati

Originari Cittadini sanesi, con condizione che rimanesse ferma la giurisdizione, che per

rigore delle passate capitolazioni la Republica avea sopra degli Stati loro acquistata, e

però allora sottoposero, o per dir meglio, confermarono le sottomissioni della metà de S.

Fiora, e sua corte, due terzi di Samprognano, certe porzioni di Scansano, di Magliano e

di Pereta.

Riteneva, come Signore nel 1352. la terra di Radicofani la famiglia del

Guasta, ma per meglio stabilirsi nel possesso della medesima terra,

considerava non esservi mezzo più opportuno che di ricoverarsi sotto la

protezione della Republica di Siena, per lo che unitamente la terra, e messer

Guasta, elesse questo il dì otto d'ottobre 1352. per suo Procuratore Cecco di

92 Nel ms. conduce è scritto sopra le parole, poi cancellate, si va. In questo parte vi sono diverse macchie.

93 Cipriano Manente Storia d'Orvieto all'anno 1301 170. 94 Il medesimo Cipriano Manente all'anno 1302. 171.

95 Agnolo di Tura del Grosso Cronache MS. all'anno 1345. dal quale ha pigliato il Tommasi P.te II.Lib.X. 301. 96 Sotto alla parola spedirono ci sono cancellate le parole fu spedito.

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Cino da Radicofani, e la terra per mezzo del Consiglio, a tale effetto adunato,

dichiarò Sindico Francesco del già Buono di Bartaluzio dalla medesima

terra.97 I Signori Nove Governatori della Republica di Siena, anchi'eglino

elessero il dì 11. del medesimo mese d'ottobre loro Sindico Ser Francesco di

Ser Gino, al quale commessero, che, tanto dal Comune di Radicofani, che da

messer Guasta del già Pone, di messer Guasta ricevesse cauzione, e

obligazione, acciò gli venisse liberamente consegnata quella terra, o

guarnita, o sguarnita che fosse, eccettuata però la Rocca col Cassero, che

averebbero eseguito i comandamenti del Comune di Siena,…………….

10) - Questa è la storia vera di Ghino di Tacco. Sopra sono riportati

documenti provenienti dall’Archivio Storico Italiano di Siena, quindi, chi vuol accertarsi lo piò fare andando a consultare l’Archivio Storico Italiano di Siena, sotto presento le scansioni originali dell’A. Storico.

Uno scorcio della Fortezza, che oggi chiamano di Ghino di Tacco, visto la fama che ha saputo conquistarsi presso i suoi contemporanei e arrivata fino ad oggi!

97 Vedi gli Strumenti indicati, che esistono registrati nel Kaleffo Nero a n.ri 130.131. 266 e 267, e alle delib. del

Consiglio Generale degli 11. Octobre 1352. 24.

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La scritta, “Quiv’era l’Aretin che dalle braccia fiere di Ghin di

Tacco ebbe la morte” (Dante Canto VI del Purgatorio), sulla base del monumento a Ghino di Tacco, posta nel giardino di Radicofani (fotografia riportata qui sotto) si riferisce all’impresa portata a termine da Ghino subito dopo aver occupato, con l’esercito dei ghibellini, la fortezza di Radicofani.

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Per finire questo libro, sotto ripropongo le scansioni dell’originale dell’Archivio

Storico Italiano di Siena dove sono pubblicati gli articoli di cui abbiamo parlato fino a

qui:

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Qui sotto inserisco anche la prima statua lignea di Ghino di Tacco fatta

da Aldo Fatini che si trova, attualmente, nell’Ufficio del Sindaco di Radicofani.

Siccome nei diversi simposi su Ghino di Tacco, ho sentito anche qualcuno che ha detto che, il nostro, non ha avuto condanne, eccolo servito!

Condanne inflitte a Ghino di Tacco dai documenti d’Archivio e tradotti da Don F. Marcello Magrini:

1 – Appare per la prima volta nel documento n. 22 quando gli fu sequestrato uno stoccaggio di Saia98.

2 – Appare condannato, nel documento 26, nella persona e negli averi per aver partecipato all’espugnazione del castello di Prata e aver ucciso il castellano Tollo.

3 – È ricordato nel documento 30 condannato ad una multa di 1.000 Lire per aver attaccato sulla pubblica strada di San Quirico il mercante Leuccio Boni, procurandogli gravi ferite e

98 sàia s. f. [dall’ant. fr. saie, e questo dal lat. saga, der. di sagum «panno di lana»; cfr. saio]. – Nella tessitura,

una delle armature fondamentali, con i punti di legatura disposti in diagonale, che può essere di due tipi: a un

solo diritto (detta anche levantina), in modo da mostrare da una parte più trama che catena o viceversa, oppure

a due diritti (detta anche batavia), in modo da mostrare da una parte e dall’altra metà trama e metà catena.

Anche, il tessuto dotato di tale armatura. Dal vocabolario TRECCANI DAL SITO Internet.

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facendolo poi prigioniero, come risulta dal foglio 190 del registro.

4 – Ghino di Tacco è ricordato nel documento 33 come condannato (ancora!) nella persona e negli averi 99 per aver compiuto, a più riprese, e in luoghi diversi, azioni criminose contro il territorio dello Stato senese.

5 – Ghino di Tacco è menzionato anche dal documento 35 dove risulta condannato insieme a suo cugino Ghinello e molti altri condannati a morte e ad essere impiccati per la gola.

6 – Nel documento 40 viene ricordato per la ruberia commessa contro il Conestabile di Siena con la condanna di duecento denari senesi e siccome tutti quelli che presero parte a questa ruberia furono fra l’altro dichiarati “banditi” dal Tribunale di Siena e, siccome l’archivista Cecchini aggiunge che le annotazioni del Repertorio delle condanne citate ripetono individualmente le comminazioni delle pene

imputate “pro capite” si deve concludere che anche Ghino di Tacco fu condannato come bandito!

7 – Nel documento al n. 42 al capitolo 982 (932) recita: alla rapina compiuta in Val d’Orcia da Ghino di Tacco presero parte numerosi componenti della sua Banda, i quali vennero tutti condannati dal Tribunale di Siena a pagare ciascuno cento Lire.

8 – Presentiamo infine il Doc. n. 44 l’ultimo che comincia così:

A.S.S. – Consiglio Generale della Campana. Registro 52, verbale 106.

Mercoledì, 4 dicembre dell’anno 1297. Nel nome del Signore amen. Per ordine del nobile ufficiale

Atto di Carinalto, per grazia di Dio Podestà di Siena, e del valoroso condottiero signor Cervio de’ Bovatteri da Bologna, Capitano del Comune e del popolo senese, fu convocato in sessione urgente e straordinaria il Consiglio Generale della Campana con aggiunta di cinquanta rappresentanti dei cittadini per ciascun Terziere.

Premesso il suono a distesa della campana della torre civica e il proclama a voce del banditore comunale, a norma della procedura consueta degli Statuti, nel palazzo del Comune i sopraddetti signori Podestà e Capitano del popolo dichiararono aperta la seduta.

99 Dal vocabolario TRECCANI: Ormai disus. le locuz.: c. nella persona (cioè alla reclusione o ad altra pena

materiale, sempre con la privazione della libertà personale); c. negli averi o nei beni (infliggendo una multa o

sim.).

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Meo Ormanni prese per primo la parola per invitare l’assemblea ad eleggere un comitato permanente composto da quattro Probiviri scelti tra ogni Terziere, con l’incarico di tenere sempre informati i Signori Nove del Governo sugli sviluppi della situazione, opportunamente coadiuvati da esperti giurisperiti che avrebbero indicato le procedure legali da adottare volta per volta nei confronti di Ghino di Tacco, divenuto ormai un pericolo pubblico per la sicurezza dello Stato e del popolo senese.

Quando prese la parola Federico Tolomei che era parente, come si è visto, di Ghino di Tacco, anche se alla lontana, richiamò il Podestà e Capitano del popolo ad assumersi le loro responsabilità connesse con le rispettive cariche, che li obbligavano a ricorrere a tutti i mezzi necessari per ristabilire l’ordine compromesso dai Feudatari della Fratta e a imporre con la forza il rispetto delle leggi dello Stato.

Per ultimo va ricordata l’uccisione di Benincasa da Laterina ucciso da Ghino di Tacco il quale, saputo che il B. era stato chiamato a svolgere in Roma l'ufficio di giudice, lo seguì travestito, si introdusse nella sala dove questi rendeva giustizia, e lo uccise: decapitatolo, se ne fuggì presso i suoi portando con sé, macabro trofeo, la testa della vittima.

Il Magrini cerca nel suo libro (1987) di provare a far capire che il grande letterato e novelliere Boccaccio avesse ragione e che l’abate di Cluny fosse effettivamente stato preso prigioniero da Ghino di Tacco. Fosse stata Storia avrebbe detto anche il nome dell’abate, ma anche il nome di dove andava alle terme, invece anche su questo nome non vi è unità di vedute fra novellieri (qualcuno dice Bagni di San Casciano, altri Rapolano) ed il Boccaccio dice semplicemente Bagni di Siena. Vedi, inoltre, la distinzione n. 5 di questo stesso libro.

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INDICE

Prefazione Pag. 3

Il ritrovamento dei 49 documenti nell’A.S.I. di Siena “ 7

Vita e opere di Giovanni Cecchini “ 11

Articolo di G. Cecchini su Ghino di Tacco “ 13

Documenti originali dell’A. Storico Italiano “ 28

Traduzione dei documenti di F. Marcello Magrini “ 44

Distinzioni e considerazioni fra storia e leggenda “ 62

Condanne inflitte a Ghino di Tacco “ 75

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NOTA BIOGRAFOCA SULL’AUTORE

Renato Magi è nato a Radicofani il 3 aprile 1945, diplomato Ragioniere e Perito Commerciale

a Montepulciano nel 1965 è stato sempre innamorato del suo paese (forse perché ne è stato

lontano ca. quarant’anni!) dopo aver lavorato come istruttore nei “Cantieri Scuola” (chiamati

allora Piano Fanfani – da colui che li inventò) è stato impiegato amministrativo dei Cantieri

Forestali per poi lavorare alle Esattorie Comunali della Società d’Esazione. Dopo aver

lavorato a Firenze nella Direzione della stessa Società, è entrato come impiegato nelle

Esattorie dell’Impruneta, di Castel San Niccolò (AR)e infine nell’esattoria consorziale di

Sezze (LT) e di Ponza, dove ha preso la patente da “Collettore Dirigente”, ed infine nel 1989

è ritornato a Radicofani ed è entrato sotto il Monte dei Paschi di Siena ad Abbadia San

Salvatore.

Ora è in Pensione dal 2005 e si dedica alla sua passione: Storia e personaggi del suo paese

natale. Con sua figlia ha pubblicato nel 2004 la trascrizione dei manoscritti, presi nell’A.S.S.,

che parlano della “Terra di Radicofani” del Pecci e del Gherardini intitolato: Memorie di

un’antica terra di frontiera e di Fortezze e, nel 2015 ha dato alle stampe il libro: Libri su

Radicofani e personaggi nati in questo luogo. Quest’ultimo libro è senza alcun dubbio la Storia

di Radicofani più completa che sia stata mai scritta! Si trova su “Internet” sul sito

www.valdorcia.it insieme ad altri articoli dello stesso autore e c’è una stesura, non corretta e

diversa di questo stesso libro Attualmente sta lavorando per un altro libro che riguarda, sempre

Radicofani, e racconta le cose importanti successe negli ultimi 60 anni e tantissime curiosità

che nessuno ricorda più e che se non fissate per iscritto andrebbero perdute.