iii.6.5 generazione elettrica da fonti rinnovabili-biomasse

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    612 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

    biodieseletanolo metanoETBE oliogas biogasbiocombustibilisolidi

    metanoloidrocarburi

    bio-olicarbone vegetale

    lignocellulosicheamidacee-zuccherine

    idrolisi-estrazione

    oleaginose

    estrazione

    fermentazionedistillazione

    esterificazione

    idrolisi

    purificazione purificazione

    energia elettrica/energia termicamercati finali prevalenti

    mobilit

    pirolisi

    rifiuti escarti umidi

    digestioneanaerobica

    gassificazionecippatura

    pellettatura

    eterificazioneconversione

    catalitica

    materieprime

    processi

    prodotti

    fig. 1. Filiere di produzione per i vettori energetici da biomasse.

    idrolisiacidogenesi

    conversionebiocatalitica degli zuccheri (***)

    idrolisi

    idrogeno idrogeno idrogeno idrogeno

    purificazione

    (*)(**)(***)

    acetico, propionico, butirrico, latticomediante limpiego di batteri fototrofici anaerobi (Benemann, 1997)mediante limpiego di batteri anaerobi che operano al buio (Lin e Lay, 2004)

    lignocellulosicherifiuti e scarti umidi

    gassificazione

    zuccherineamidacee

    estrazione

    reazione di conversionedel gas dacqua

    conversione biocatalitica (**)degli acidi organici (*)

    conversione biocatalitica (**)degli acidi organici (*)

    materieprime

    processi

    prodotti

    fig. 2. Filiere di produzione dellidrogeno da biomasse.

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    e funzionamento a fiamma rovescia verso il basso,

    con ventilatore. Tali dispositivi, avvalendosi di spe-

    cifici sensori per lossigeno (sonda lambda), consen-tono di ottimizzare lapporto di aria per la combu-stione e hanno rendimenti di conversione pari a circa

    l80%, specie se le caldaie sono accoppiate con unserbatoio di accumulo dellacqua calda che riduce lanecessitdi spegnimenti e accensioni. Queste caldaierichiedono generalmente non pidi 2-3 interventi algiorno per il caricamento e un intervento periodico

    per togliere la cenere;

    termocamini con vetro di chiusura della camera dicombustione per legna in pezzi, che possono scal-

    dare laria con circolazione forzata o lacqua di uncircuito di riscaldamento; aprendo il vetro frontale,

    possibile anche la cottura di cibi alla brace, con ilvetro chiuso, il rendimento dellordine del 50%;

    caldaie e stufe ad alimentazione meccanica (fig. 6),che utilizzano materiale sfuso di pezzatura regolare

    (residui gisminuzzati quali sansa esausta, nocciolidi frutta, gusci di nocciole e/o mandorle) o legno smi-

    nuzzato (cippato) o compresso in pastiglie (pellet).

    In particolare il pellet, ottenuto a partire da segatura

    o sfridi di lavorazione del legno sottoposti a maci-

    nazione, essiccazione ed estrusione ad alta pressio-

    ne, senza laggiunta di alcun legante, un materialea basso contenuto di ceneri (per quelli di buona qua-

    litminore dello 0,7%) e, soprattutto, trattabile dalpunto di vista della movimentazione come un com-

    bustibile liquido. Cicomporta la possibilitdi auto-matizzare sia il sistema di alimentazione della bio-massa (utilizzando in genere una coclea che preleva

    il combustibile da un serbatoio di carico e rifornisce

    regolarmente la camera di combustione) sia il siste-

    ma di estrazione delle ceneri; possibile altresincre-mentare i rendimenti di combustione fino a valori

    confrontabili con le caldaie convenzionali a combu-

    stibili fossili. Sul mercato sono disponibili modelli

    tecnologicamente molto avanzati con accensione elet-

    trica, regolazione dellaria con sonda lambda e ren-dimento intorno all80%.Un altro settore particolarmente promettente per lu-

    tilizzazione energetica dei residui legnosi quello degliimpianti di teleriscaldamento, progettati per servire vil-

    laggi o piccole citt. Tali impianti trovano interesse eco-nomico in zone caratterizzate sia da climi rigidi, con

    periodi prolungati di basse temperature, sia da grandi

    disponibilitdi biomasse residuali a prezzi competitivi(in genere scarti delle segherie locali, legno triturato deri-

    vante da operazioni di cura dei boschi, potature e sotto-

    prodotti agricoli). La potenza termica complessiva instal-

    lata dellordine di 200 MW e la tecnologia utilizzata quella delle caldaie a griglia (fissa o mobile), di taglia

    intorno a 10 MW. In alcuni casi, viene prodotta anche

    elettricitin cogenerazione.Il rendimento elettrico nel processo di conversione

    delle biomasse non supera normalmente il 25%, con con-

    sumi specifici medi di 1 kg di biomassa per kWh elet-

    trico; sarebbe quindi oltremodo auspicabile, da un punto

    di vista economico e ambientale, massimizzare il recu-

    pero dellenergia termica residua (pari al 75% delle-nergia immessa con il combustibile). Cipernon sem-pre realizzabile, anche considerando il fatto che le pos-sibili utenze termiche sono normalmente stagionali e,

    per motivi ambientali, generalmente localizzate a una

    certa distanza dagli impianti.

    6.5.3 Combustibili da biomasse

    Lutilizzazione energetica delle biomasse in impianti cen-tralizzati (di teleriscaldamento o per la generazione di

    615VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILIT

    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

    camera di combustione coibentata

    uscita acqua calda

    uscita fumi

    meccanismo di pulizia dei tubiscambiatoriingresso aria

    secondariacocleadi alimentazione

    valvola di intercettazioneingresso aria primaria

    ingresso acqua

    coclea per estrazione ceneri

    camera di combustione gas

    fig. 6. Schema di caldaia

    ad alimentazione

    automatica per pellet

    e cippato (Heizomat).

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    energia elettrica), come pure la trasformazione industriale

    delle biomasse in biocombustibili solidi (per esempio il

    pellet) da immettere sul mercato, costituiscono il termi-

    nale di filiere che si basano sulla raccolta e/o sulla colti-

    vazione di biomassa idonea alla conversione energetica.

    Tali filiere comprendono una serie di stadi successivi:

    approvvigionamento della biomassa (taglio e raccoltanel caso delle biomasse coltivate, raccolta delle paglie

    e dei residui colturali, prelievo dei residui di lavora-

    zioni del legno o agroindustriali a fine processo) ed

    eventuale condizionamento per facilitarne la movi-

    mentazione (imballatura delle paglie e delle colture

    erbacee, riduzione in scaglie delle biomasse legnose);

    trasporto al luogo di stoccaggio, che pucoincidereo meno con limpianto di conversione energetica odi trasformazione in pellet;

    stoccaggio, comprensivo delleventuale essiccazione; trasformazione in pellet o conversione energetica

    mediante combustione in una caldaia a griglia o a letto

    fluido per la produzione di vapore o acqua calda (per

    il teleriscaldamento) e successiva utilizzazione del

    vapore in una turbinao in qualche caso, in un moto-re alternativo, tipo motore Spillinga servizio di unelettrogeneratore per la produzione di elettricit;

    smaltimento dei residui, essenzialmente le ceneri dicombustione, provenienti dagli impianti di conver-

    sione energetica;

    commercializzazione del pellet e gestione dellener-gia prodotta (immissione in rete dellelettricite/o

    distribuzione dellenergia termica alle utenze locali,civili e industriali).

    Disponibilit e reperibilit delle biomasse

    Se si escludono, per la diversitdelle problemati-che connesse alla gestione della filiera rifiuti, la fra-

    zione organica dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU) e i rifiu-

    ti industriali assimilabili a questi ultimi (legno tratta-

    to, ecc.), le possibili fonti di biomassa per usi energetici

    sono sostanzialmente tre: forestale, agricola e agroin-

    dustriale.

    Nei primi due casi, le biomasse prodotte possono

    essere di tipo residuale (scarti e residui delle attivitdicura e manutenzione dei boschi o di estrazione e primalavorazione del legno, o residui agricoli come paglie,

    potature, ecc.) o provenire da specifiche attivitdi col-tivazione (forestazione produttiva, colture agricole dedi-

    cate). Si stima che, a livello mondiale, i boschi e le fore-

    ste coprano una superficie complessiva pari a quasi 5109

    ha, corrispondente al 33% dellintera superficie del suoloterrestre (Runesson, 2006). In accordo con dati elabora-

    ti dalla Banca Mondiale alla fine del 20 secolo, le prin-cipali foreste mondiali si concentrano in relativamente

    pochi paesi (tab. 1).

    Il rapporto fra area boschiva e abitanti varia in modoestremamente ampio fra le diverse regioni del globo: per

    le aree temperate dai 7,5 ha/abitante dellOceania ai 3,4dei paesi nordici, fino ai 2,7 dellAmerica Settentriona-le e a un valore minimo di soli 0, 35 ha/abitante per lEu-ropa (esclusa la Scandinavia). Di conseguenza, il poten-

    ziale contributo delle biomasse forestali ai fabbisogni

    energetici dei diversi paesi anchesso estremamentevariabile, tanto piconsiderando il fatto che, anche aparitdi superficie boschiva e di rapporto fra questasuperficie e numero di abitanti, possono esistere grandi

    differenze fra le diverse regioni in termini di reale acces-sibilita tali aree. quindi importante distinguere traforeste sfruttabili e non sfruttabili, considerando sfrut-

    tabili quelle che vengono utilizzate regolarmente, e in

    modo sostenibile, per la produzione di legno, o che potreb-

    bero essere comunque utilizzate allo scopo con relativa

    facilit, e considerando non sfruttabili quelle che, permotivi geografici, ambientali o economico-sociali, non

    si prestano a una simile utilizzazione nel prevedibile futu-

    ro. Una simile distinzione abbastanza netta nel conte-sto europeo, ma diventa pidifficile in paesi con coper-ture forestali molto piestese, come il Canada o la Rus-

    sia. A causa della densitenergetica relativamente bassa,il costo di trasporto della biomassa legnosa in ogni casocoselevato da renderne fattibile la produzione solo daforeste sfruttabili. Una stima delle superfici forestali

    (sfruttabili e non) nelle aree temperate a livello mondiale

    e dei quantitativi di biomassa ivi presenti riportata intab. 2 (Streheler, 1988).

    Produzione di biomasse da colture dedicate

    La previsione di una crescente richiesta di biomasse

    da destinare, direttamente o indirettamente, alla produ-

    zione di energia, ha portato molte organizzazioni e isti-

    tuti di ricerca di numerosi paesi europei ed extraeuro-pei a interessarsi allo sviluppo delle cosiddette colture

    616 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

    tab. 1. Paesi con le principali risorse forestali

    Paese

    Superficietotale coperta

    da foreste

    (106

    ha)

    Percentualerispetto al totale

    mondiale delle

    aree forestali

    Russia 764 22

    Brasile 566 16

    Canada 247 7

    Stati Uniti 210 6

    Cina 134 4

    Indonesia 116 3

    Zaire 113 3

    Paesi scandinavi 53 2

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    energetiche, pur nella consapevolezza delle notevoli dif-ficolt, primi fra tutti i costi di produzione, che devonoessere superate per rendere effettivamente remunerative

    queste iniziative.

    Nel contesto europeo, vengono considerate poten-

    zialmente interessanti sia colture tradizionali da desti-

    nare alla produzione di biocarburanti (cereali, barbabie-

    tole e alcune colture oleaginose come colza e, in misu-

    ra minore, girasole), sia colture cellulosiche, utilizzabili

    come combustibili solidi per la produzione di energia

    termica e/o elettrica.

    Le colture per la produzione di biomassa sono state

    oggetto di numerose attivitsperimentali di ricerca, svi-

    luppo e dimostrazione svolte negli ultimi due decenni intutti i maggiori paesi industrializzati (Pignatelli, 1997).

    Di conseguenza, oggi disponibile una grande mole diinformazioni tecnico-scientifiche su produzione, tra-

    sformazione e utilizzazione di queste colture; in molti

    casi perqueste informazioni sono presenti in modoestremamente frammentato nellambito di organizza-zioni, enti e istituti diversi, rendendo difficile qualsiasi

    serio confronto tecnico-economico fra le diverse possi-

    bili filiere giallinterno di una singola nazione e ancorpi, ovviamente, a livello transnazionale.

    Fra le numerose specie prese in esame, si ricordano:

    specie annuali, quali sorgo da fibra (Sorghum bicolor),canapa (Cannabis sativa), kenaf (Hybiscus cannabinus);

    specie erbacee perenni, quali canna comune (Arundo

    donax), miscanto (Miscanthus giganteus), panico (Pani-

    cun virgatum), cardo (Cynara cardunculus), fragmite

    (Phragmites communis); specie legnose perenni, quali

    pioppo (Populus sp.), eucalipto (Eucalyptus sp.), robi-

    nia (Robinia pseudoacacia), salice (Salix alba). Ai diver-

    si tipi di colture per la produzione di biomassa corri-

    spondono particolari caratteristiche, che le rendono ido-

    nee allimpiego in diverse situazioni.Le specie annuali, per esempio, presentano il grande

    vantaggio di non occupare in modo permanente il terre-no agricolo e di poter essere quindi coltivate su terreni

    messi temporaneamente a riposo (set-aside), o di trova-

    re comunque un buon inserimento nei cicli tradizionali

    di rotazione colturale. Fra queste specie, la piinteres-sante sembra essere il sorgo da fibra, che puessere col-tivato con tecniche colturali e macchine agricole con-

    venzionali, raggiungendo rese sino a 38 t/ha di biomas-

    sa secca (Raccuia et al., 2003). Altre specie interessanti

    sono la canapa e il kenaf, che sono stati perpresi in con-siderazione soprattutto come possibili materie prime alter-

    native per lindustria tessile (canapa) e per quella dellacarta. In tal caso alla produzione di energia sarebbe desti-

    nata solo una parte della biomassa, corrispondente alla

    frazione fibrosa di scarso valore che viene separata nello

    stadio di frazionamento dalle fibre lunghe, da utilizzarenegli impieghi industriali a pialto valore aggiunto.Le specie erbacee perenni, paragonate a quelle annua-

    li, hanno un impatto maggiore sullorganizzazione del-lazienda agricola, dovuto alloccupazione del suolo perdiversi anni e agli alti costi di impianto, perchpossonoessere propagate solo tramite piantine, talee o rizomi.

    Daltro canto, una volta che la coltura stata impianta-ta, si puavere una produzione di biomassa per parec-chi anni, a un costo unitario molto pibasso rispetto aquello di una coltura annuale. Anche limpatto ambien-tale puessere considerato globalmente minore, perch

    le colture perenni richiedono quantitativi ridotti di ferti-lizzanti e pesticidi e una minore lavorazione del suolo.

    La durata e la costanza produttiva nel tempo costitui-

    scono lelemento determinante nella valutazione e nellascelta di queste colture (Venturi e Bonari, 2004). Fra le

    colture erbacee perenni, quella che ha dato i risultati piinteressanti la canna comune, che cresce praticamen-te dappertutto e puarrivare a produrre in un anno, inparcelle sperimentali abbondantemente irrigate, f ino a

    circa 50 t/ha di biomassa secca (Raccuia et al., 2003).

    Altre specie importanti sono il miscanto, che ha mostra-

    to una buona adattabilita diverse condizioni pedocli-

    matiche con possibili rese superiori a 30 t/ha (Raccuiaet al., 2003), e il panico, che puessere coltivato nelle

    617VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILIT

    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

    tab. 2. Stima delle superfici forestali nelle zone temperate a livello mondiale

    e dei quantitativi di biomassa ivi presenti

    RegioneSuperficie forestale (106 ha)

    Biomassa(106 t)

    Totale Non sfruttabile Sfruttabile

    Europa 149 16 133 12

    Ex URSS 755 341 414 52

    America Settentrionale 457 149 308 48

    Altre 71 28 43 5

    Totale 1.432 534 898 117

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

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    condizioni (terreni poveri e scarsa piovosit) tipiche, peresempio, di gran parte dellarea mediterranea. Con que-sta essenza, dopo il secondo anno di coltivazione, sono

    state raggiunte rese superiori a 20-25 t/ha, anche se solo

    in parcelle sperimentali (ENEA, 2005). Un notevole van-

    taggio di queste specie la possibilitdi una naturaleessiccazione della biomassa in campo, senza apprezza-bili perdite di materia, durante la stagione invernale, cosa

    che favorisce notevolmente le operazioni di raccolta e il

    successivo stoccaggio. Qualche interesse presenta anche

    il cardo, per i ridotti costi di impianto, in quanto puessere propagato per seme, e per le ridotte esigenze idri-

    che, ma le sue rese in biomassa (pari a circa 15 t/ha) sono

    inferiori rispetto a quelle di canna, miscanto e panico

    (Raccuia et al., 2003).

    La coltivazione di specie legnose perenni a destina-

    zione energetica (SRF, Short Rotation Forestry) tantopiredditizia quanto pii cicli di crescita sono brevi equanto maggiore la densitdi impianto (Bullard et al.,2002). Le varie fasi della SRF delle specie ritenute di

    maggiore interesse necessitano comunque ancora di spe-

    rimentazioni su scala significativa, tenendo anche conto

    del fatto che tutte le specie considerate hanno tecniche

    di propagazione ed esigenze climatiche, idriche e pedo-

    logiche diverse. I migliori risultati, in termini di produt-

    tivit, sono stati ottenuti con cicli colturali variabili fra 3anni (salice) e 10-15 anni, con ceduazione effettuata ogni

    2-3 anni (pioppo) e sesti di impianto decisamente fitti

    (superiori alle 10.000 piante/ha). La produttivitin pieno

    campo varia fra 10 e 15 tonnellate di biomassa secca/haper anno in Europa e in America Settentrionale.

    Informazioni (Tomassetti, 2005) sulla produttivitesulle principali caratteristiche di alcune colture per la

    produzione di biomassa allepoca della raccolta sonoriportate in tab. 3. In ogni caso, leffettiva praticabilitdellimpiego di colture dedicate per la produzione dienergia direttamente legata al loro bilancio energetico,cioalla differenza fra la quantitdi energia immessasotto forma di input colturali e quella contenuta nella

    biomassa prodotta (output).

    I risultati delle sperimentazioni danno sempre risul-

    tati positivi, anche se affetti da una notevole variabilitlegata ai diversi valori di produttivitriscontrati e al fattoche si tratta nella maggior parte dei casi di prove coltu-

    rali limitate nel tempo e condotte su parcelle sperimen-

    tali e non in pieno campo. Un esempio di bilanci ener-

    getici calcolati per alcune colture erbacee riportato intab. 4 (Venturi e Bonari, 2004).

    Per dare unidea quantitativa della possibile utiliz-zazione di biomasse coltivate ad hocper la produzione

    di energia elettrica, si stima che una superf icie compre-

    sa fra 17.000 e 25.000 ha di piantagione di una coltura

    per la produzione di biomassa (SRF o erbacea polien-

    nale) sarebbe in grado di alimentare per un anno un

    impianto da 30 MW elettrici, sufficiente per fornire elet-

    tricita 30.000 abitazioni.

    Caratteristiche e propriet dei principali biocombu-

    stibili solidi

    Il contenuto energetico di un combustibile (potere

    calorifico) dipende in primo luogo dalla sua composizio-ne chimica. Un elevato contenuto di carbonio e idrogeno

    618 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

    tab. 3. Produttivite caratteristiche di alcune colture per la produzione di biomassa allepoca della raccolta

    ColturaProduttivit

    (t/ha di sostanza secca)Umidit

    alla raccolta (%)Periodo di raccolta

    Caratteristiche delmateriale raccolto

    Sorgo da fibra 20-30 70 agosto/settembre stocchi imballati

    Cardo 10-20(*) 20-25 agosto/settembretrinciato o stocchi imballati

    (umidit20-25%)

    Miscanto 15-25 20-25da novembre

    a marzotrinciato o stocchi imballati

    (umidit25-20%)(**)

    Panico 10-25 20-25da novembre

    a marzotrinciato o stocchi imballati

    (umidit25-20%)(**)

    Canna comune 20-35 40da novembre

    a marzotrinciato

    (umidit40-30%)(**)

    SRF(pioppo, eucalipto,robinia, salice)

    10-15 50da novembre

    a marzocippato

    (umidit50-20%)(***)

    (*) Pi2-2,8 t/ha di semi oleosi, eventualmente utilizzabili per la produzione di biodiesel(**) Il valore minimo corrisponde al materiale raccolto in marzo(***) Il contenuto di umiditdel cippato puscendere al 20-25% in caso di stoccaggio prolungato

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

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    ha come diretta conseguenza un potere calorifico eleva-

    to, mentre lossigeno, lazoto e gli altri elementi presen-ti nella biomassa non danno alcun contributo al riguardo.

    Il contenuto medio di carbonio nel legno di conifere (abete,

    pino) pari al 50,7%, mentre per le latifoglie (betulla, fag-gio) scende al 49%; il contenuto di idrogeno rispettiva-mente pari al 6,2% e al 6% (Kollmann, 1951). La mino-

    re quantitdi sostanza combustibile nelle latifoglie dipen-de dal minor contenuto in lignina ed estrattivi.

    Nel caso specifico delle biomasse, una parte delle-nergia liberata dalla combustione viene consumata perla vaporizzazione sia dellacqua contenuta inizialmentenel combustibile, sia di quella che si forma per reazio-

    ne dellidrogeno con lossigeno atmosferico. Di conse-guenza, il contenuto energetico di un biocombustibile

    viene espresso dal Potere Calorifico Inferiore (PCI) che

    dipende direttamente, oltre che dalla composizione della

    biomassa, dal suo tenore di umidit. Si veda in proposito

    la fig. 7 (Richardson et al., 2002), dove Wc rappresenta

    il potere calorifico superiore, determinato sperimental-

    mente, mentre Wem indica il valore del potere calorifico

    inferiore.

    Un terzo elemento che influisce in modo significati-

    vo sul contenuto energetico dei biocombustibili solidi la densit, ciola massa di materiale per unitdi volumeoccupato, che dipende sia dalla massa specifica interna(ciocalcolata senza tenere conto dei vuoti fra le parti-

    celle di materiale), sia dalla pezzatura (nel caso del legno)o, nel caso di residui agricoli o piante erbacee, dalla tipo-

    logia di imballaggio (balle prismatiche, rotoballe, ecc.).

    I valori di densite potere calorifico inferiore di alcunibiocombustibili sono riportati in tab.5 (Streheler, 1988;

    Jones e Walsh, 2001; Richardson et al., 2002).

    Oltre al carbonio, allossigeno e allidrogeno, le pian-te necessitano di azoto, fosforo, potassio e di un certo

    numero di piccole quantitdi altri minerali per costituire

    619VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILIT

    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

    tab. 4. Bilanci energetici di alcune colture erbacee per la produzione di biomassa

    ColturaIntervallo di resa

    (t/ha di sostanzasecca)

    Contenutoenergetico

    (GJ/t)

    Output(GJ/ha)

    Differenzaoutput/input

    (GJ/ha) (*)

    Rapportooutput/input

    Sorgo da fibra 20-30 16,7-16,9 334-507 309-494 13-39

    Kenaf 10-20 15,5-16,3 155-326 130-313 6-25

    Canapa 8-15 16,0-18,0 128-270 103-257 5-20

    Miscanto 15-30 17,6-17,7 260-530 238-522 12-66

    Canna comune 15-35 16,5-17,4 240-600 118-592 11-74

    Cardo 10-15 15,5-16,8 155-252 133-244 7-31

    Panico 10-25 17,4 174-435 152-427 8-54

    (*) Gli input considerati variano da 13 a 25 GJ/ha per le colture annuali e da 8 a 22 GJ/ha per le perenni

    20

    0

    5

    10

    15

    poterecalorifico(MJ/kg)

    umidit(%)0 20 40 60 80

    Wc con materiale secco

    Wem con materiale secco

    Wc con materiale fresco

    Wem con materiale fresco

    legna appenatagliata

    fig. 7. PCI della biomassa

    in funzione dellumidit.

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

    10/20

    i propri tessuti e svolgere i processi vitali e per assor-

    bire altri elementi, inclusi metalli pesanti presenti nel

    suolo. Tutti questi elementi non liberano energia duran-te la combustione, ma vengono rilasciati in atmosfera

    sotto forma di composti volatili o si ritrovano comunque

    nelle ceneri di combustione, e possono costituire un pro-

    blema per gli impianti (depositi, corrosione) e, piingenerale, per lambiente. In genere, la combustione dellelatifoglie produce un quantitativo di ceneri maggiore

    rispetto alle conifere, e le biomasse erbacee (paglia,

    miscanto, ecc.) ne producono pidi quelle legnose. Ilcontenuto in ceneri di alcune biomasse riportato intab.6 (Streheler, 1988; Jones e Walsh, 2001; Richardson

    et al., 2002).

    Lestrema varietdi tipologie e caratteristiche deicombustibili ricavabili dalle biomasse (biocombustibilisolidi) costituisce in prospettiva uno dei maggiori osta-

    coli per lulteriore sviluppo di questa fonte energetica.Infatti, lincremento degli scambi commerciali interna-zionali e lindustria di produzione di dispositivi e com-ponenti di impianti per lutilizzazione di tali combusti-bili richiedono la definizione, per ogni particolare tipo-

    logia di biocombustibile, di specifiche tecniche che

    consentano di determinarne il valore economico e di pro-

    gettare e dimensionare adeguatamente gli impianti, in

    modo da ottimizzare le rese di conversione, incremen-

    tare il livello di automazione e minimizzare le emissio-ni di sostanze inquinanti.

    Una proposta di standardizzazione (European Com-

    mission, 2005), elaborata da un apposito gruppo di lavo-

    ro del Comitato Europeo di Normazione (CEN), defini-sce come biocombustibili solidi solo quelli ricavati da:

    a) prodotti dellagricoltura e forestazione; b) residui vege-tali delle attivitagricole e di forestazione; c) residuivegetali delle industrie alimentari; d) residui legnosi, con

    esclusione di quelli trattati con agenti impregnanti e/o

    vernici che contengano tracce di composti organici alo-

    genati e/o metalli pesanti, come il legname da costru-

    zione e quello proveniente dalla demolizione di edifici;

    e) residui di f ibre vegetali dalla produzione di paste cel-

    lulosiche vergini o di paste chimiche per lindustria dellacarta, a condizione che vengano bruciati in situ con recu-

    pero dellenergia prodotta.La proposta di standardizzazione prevede che i bio-combustibili debbano essere classificati in base a natu-

    ra e origine, tipologia e proprietdel prodotto commer-ciale.

    La classificazione basata sulla natura e sulloriginedei biocombustibili solidi si articola su quattro livelli

    successivi, a partire dalle seguenti categorie principali:

    a) biomasse legnose; b) biomasse erbacee; c) frutti;

    d) miscele e commistioni, intendendo come miscela la

    mescolanza intenzionale di prodotti di diversa natura e

    come commistione quella non intenzionale o accidenta-

    le. La proposta di classificazione, basata sulle tipologiedel prodotto commercializzato e le relative propriet,

    620 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

    tab. 5. Densite potere calorifico inferiore di alcuni biocombustibili solidi

    Biomassa FormaUmidit

    (%)PCI

    (MJ/kg)Densit(kg/m3)

    Abete norvegese pianta intera 40 17,55 400

    Abete norvegese corteccia 40 19,69 360

    Abete tronchetti2040

    14,2810,10

    350390

    Abete cippato2040

    14,2810,10

    180215

    Pino scozzese pianta intera 40 17,97 395

    Pino scozzese corteccia 40 19,50 280

    Betulla pianta intera 40 17,41 475

    Betulla corteccia 40 22,71 550

    Faggio tronchetti2040

    14,2810,10

    450510

    Paglia di grano balle 10 15,50 120

    Stocchi di mais balle 10 14,40 100

    Miscanto balle 12 15,37 120

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

    11/20

    prende in esame le forme picomuni di tali materiali, inaccordo con lelenco riportato in tab.7 (Tomassetti, 2005).

    La standardizzazione di tutti questi prodotti richie-

    de, per ciascuno di essi, la determinazione di una serie

    di proprietche, se ricadono entro i valori limite prefis-sati, consentiranno di assegnare al prodotto in esame una

    particolare categoria o classe di qualit. A titolo di esem-pio, le proprietprese in considerazione per la defini-zione di standard e/o specifiche tecniche per il cippato

    di legno sono le dimensioni delle scaglie, il contenuto di

    umidit(% in peso sul prodotto alla ricezione), il con-tenuto in ceneri (% sul secco) e il contenuto di azoto (%

    sul secco). A queste vanno aggiunte ulteriori specifica-

    zioni a carattere informativo, che contribuiscono a una

    puntuale identificazione del prodotto, relative a potere

    calorifico inferiore (MJ/kg o kWh/m3), densit(kg/m3)alla ricezione, contenuto in cloro (% sul secco).

    6.5.4 Tecnologie per lutilizzazioneenergetica delle biomasse

    I processi di conversione termochimica delle biomasse

    si basano sullazione termica per attivare una serie di

    621VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILIT

    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

    tab. 6. Contenuto in ceneri di diverse biomasse

    BiomassaContenuto in ceneri

    (% sullasostanza secca)

    Abete norvegese: fustocortecciapianta intera incluso fogliamepianta intera defoliata

    0,63,21,61,3

    Pino scozzese: fustocortecciapianta intera incluso fogliamepianta intera defoliata

    0,42,60,90,8

    Betulla: fusto

    cortecciapianta intera incluso fogliamepianta intera defoliata

    0,4

    2,21,00,8

    Paglia di cereali 4,3

    Miscanto 2,6

    tab. 7. Principali tipologie commerciali di biocombustibili solidi

    Tipologia di biocombustibileDimensioni tipiche

    (diametro o volume)Metodo di preparazione

    Briquettes 25 mm compressione meccanica

    Pellets 25 mm compressione meccanica

    Polvere combustibile 1 mm macinazione fine

    Segatura 1-5 mm taglio

    Legno sminuzzato (chips) 5-100 mm taglio

    Legno spezzettato varie frantumazione

    Legno in tronchetti 100-1.000 mm taglio

    Legno intero 500 mm taglio

    Paglia in balle prismatichePaglia in balle prismatiche grandiPaglia in rotoballe

    0,1 m3

    3,7 m3

    2,1 m3

    compressione e imballaturacompressione e imballaturacompressione e imballatura

    Fascine varie raccolta e legatura dei fusti

    Corteccia varie scortecciamento della legna

    Paglia trinciata 10-200 mm trinciatura durante la raccolta

    Granaglie o semi varie nessuna preparazione

    Gusci e noccioli di frutti 5-15 mm nessuna preparazione

    Panelli di fibra varie disidratazione di residui fibrosi

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

    12/20

    reazioni chimiche che hanno come risultato finale la libe-

    razione dellenergia conseguente alla rottura dei legamichimici che uniscono gli atomi di carbonio a quelli di idro-

    geno, portando alla formazione di biossido di carbonio,

    acqua e, a seconda delle condizioni di reazione, di nume-

    rose altre specie chimiche gassose, liquide o solide.

    Generalmente, i combustibili da biomassa devonoessere caratterizzati da un contenuto di umiditinferio-re al 30% e da un rapporto carbonio/azoto maggiore di

    30. Le biomasse cellulosiche tipicamente impiegate per

    la produzione di biocombustibili solidi (v. ancora fig. 1)

    sono: a) legna e derivati; b) paglie di cereali; c) fusti e

    foglie di colture dedicate (canna comune, sorgo, miscan-

    to, ecc.); d) scarti e residui di lavorazioni agroindustriali

    (lolla, pula, gusci, noccioli, sanse, ecc.).

    Combustione

    Tra i vari processi per la conversione termochimica

    della biomassa, la combustione diretta quello piuti-lizzato e tecnologicamente maturo, sebbene siano in corso

    ricerche volte allo sviluppo di sistemi sempre pieffi-cienti e con minore impatto ambientale.

    Il processo di combustione permette la trasforma-

    zione dellenergia chimica intrinseca alla biomassa inenergia termica, mediante una serie di reazioni chimi-

    co-fisiche. Quando la biomassa viene immessa in una

    camera di combustione subisce inizialmente una essic-

    cazione; successivamente, man mano che la temperatu-

    ra aumenta, si hanno processi di pirolisi, di gassifica-

    zione e, infine, di combustione. Con appropriati rapporticombustibile/aria, la biomassa si decompone e volati-

    lizza, lasciando un residuo carbonioso (ceneri) costitui-

    to principalmente dai composti minerali inerti.

    Il composto volatile, che costituisce circa l85% dellabiomassa iniziale, consiste in una frazione gassosa, una

    frazione condensabile, una frazione carboniosa e, infi-

    ne, fumo. La frazione gassosa contiene, oltre a biossido

    di carbonio (CO2), il monossido di carbonio (CO), alcu-

    ni idrocarburi (CxHy) e idrogeno (H2), che vengono ulte-

    riormente ossidati mediante le seguenti principali rea-

    zioni esotermiche:

    2COO2

    2CO2

    CxHy (x0,25y)O2

    xCO2(0,5y)H2O

    2H2O2

    2H2O

    La frazione condensabile contiene acqua e composti

    organici con basso peso molecolare, come le aldeidi, gli

    acidi, i chetoni e gli alcoli che, con laumentare dellatemperatura, tendono a frammentarsi in composti pileggeri; per esempio, nel caso dellacido acetico e del-laldeide acetica si hanno le reazioni:

    CH3COOH

    CH4

    CO2CH3CHO

    CH4CO2

    I prodotti di queste reazioni subiscono un ulteriore

    processo di ossidazione con le stesse modalitindicatenel punto precedente.

    La frazione carboniosa pureagire con lossigenoper dare CO e CO2. Infine, il fumo composto da par-ticelle di carbone di dimensioni molto piccole, da catra-

    me e da ceneri (fly ashes).Il risultato complessivo di tali reazioni la produ-

    zione di energia termica, che viene recuperata median-

    te scambiatori di calore in cui si trasferisce lenergia ter-mica ad altri fluidi vettori, quali aria o acqua. I princi-

    pali problemi di impatto ambientale connessi con la

    combustione della biomassa sono legati alla natura del

    combustibile solido, per esempio, la sua composizione

    chimica, il contenuto delle sostanze volatili, il tasso di

    umidit, la disomogeneitfisica, il contenuto e il com-portamento delle ceneri. Le principali tecnologie di com-

    bustione sono descritte di seguito.

    Combustione a griglia (fissa o mobile). Le griglie

    fisse sono generalmente usate per i combustori di pic-

    cola taglia. Per gli impianti industriali si adoperano le

    griglie mobili che facilitano la movimentazione, il rime-

    scolamento del combustibile e la rimozione delle cene-

    ri; tali griglie possono essere di vario tipo, vibranti oriz-

    zontalmente e/o verticalmente, a nastro, rotanti, a gra-

    dini, a rulli, ecc., e in alcuni casi vengono raffreddate

    con aria o con acqua per consentirne un carico termico

    specifico maggiore.

    Combustione in sospensione. indicata per le bio-

    masse polverulente e leggere tipo la lolla di riso, la sega-tura, la polvere di legno e la paglia triturata, in cui la bio-

    massa viene alimentata nella parte superiore del com-

    bustore e brucia mentre cade sulla griglia sottostante, che

    ha principalmente la funzione di scarico delle ceneri.

    Combustione a tamburo rotante. utilizzata per appli-cazioni in cui il combustibile ha caratteristiche termofi-

    siche particolarmente povere e contiene elevati carichi

    di inquinante. La biomassa in combustione continua-mente rimescolata dalla lenta rotazione del tamburo e il

    percorso dei prodotti di combustione puessere in equi-corrente o in controcorrente con la direzione di avanza-

    mento della biomassa.Combustione a doppio stadio. In questo tipo di com-

    bustione si verificano preliminarmente la gassificazio-

    ne e la pirolisi del materiale in una prima camera e poi

    una completa combustione dei prodotti gassificati in una

    seconda, che costituisce il corpo principale del trasferi-

    mento dellenergia al fluido vettore.Combustione in letto fluido. Putrattare diversi tipi

    di biomassa, inclusi i materiali carboniosi difficiliqualiligniti, torbe, rifiuti solidi urbani selezionati, fanghi di

    varia natura, anche a elevata percentuale di umidit(supe-riore al 40%). La camera di combustione parzialmen-

    te riempita con materiale inerte, quale sabbia o allu-mina, che viene fluidificato dallaria di combustione

    622 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

    13/20

    primaria, in modo da costituire il letto bollente o, nel caso

    di maggiore velocitdellaria e di trascinamento delmateriale, il cosiddetto letto ricircolato, il quale viene

    recuperato e reimmesso nella camera di combustione.

    Oltre al materiale inerte puessere immesso anche delmateriale che permette di variare le condizioni dellam-biente nel quale si verifica la combustione: infatti, nelcaso di combustibili inquinati con composti acidi o con-

    tenenti ceneri bassofondenti, si puusare del calcare odella dolomite per abbattere gli inquinanti acidi ed evi-

    tare la fusione delle ceneri nelle condizioni operative del

    combustore.

    Indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, i prin-

    cipali problemi connessi con la combustione delle bio-

    masse sono costituiti dal grado di umiditdel materiale(25-55% per i residui agroforestali e della lavorazione

    del legno, inferiore al 10% per il pellet), che se varia in

    modo significativo rappresenta un ostacolo rilevante per

    la gestione ottimale del processo e per la massimizza-

    zione delle rese energetiche, e dalla quantite naturadegli inerti presenti nella biomassa, che sono causa di

    incrostazioni per la fusione delle ceneri (800-1.200 C).Le apparecchiature adoperate per la combustione

    puntano a recuperare la massima parte dellenergia svi-luppata durante il processo. Tale recupero puavveni-re in modo diretto tramite le pareti del dispositivo (stufe),

    oppure in modo indiretto per mezzo di fluido vettore

    (caldaie). La presenza della sezione di recupero del calo-

    re non solo conveniente dal punto di vista energetico

    ed economico, ma si rende necessaria per ridurre la tem-peratura dei fumi in uscita dalla camera di combustio-

    ne (puraggiungere 1.200 C) fino a valori tali (infe-riori o uguali a 300 C) da rendere possibile il loro trat-tamento.

    I dispositivi di combustione delle biomasse presen-

    tano caratteristiche costruttive differenti, a seconda che

    il loro impiego sia destinato al settore civile, agricolo o

    industriale. I principali dispositivi per il settore civile

    (riscaldamento degli ambienti) che vedono numerosi

    modelli in commercio possono essere cosraggruppati: termocucine a legna, di uso prettamente monofami-

    liare, adibite sia al riscaldamento di ambienti sia allacottura dei cibi, aventi un rendimento globale di circa

    il 70-75%;

    termocamini a legna, anchessi per uso monofami-liare, con scambiatori ad acqua o ad aria, aventi una

    efficienza media pari a circa il 50%;

    caldaie a legna di piccola/media potenza (20-300 kWt),aventi una efficienza media variabile tra il 60 e l80%,in grado di garantire il riscaldamento di singole unitabitative o di piccoli complessi residenziali. Tali dispo-

    sitivi nel caso delle taglie pipiccole sono dotati digriglia fissa e di caricamento manuale del combusti-

    bile, mentre per le potenzialitmaggiori sono pre-senti tramogge di carico, sistemi di alimentazione,

    griglie fisse o mobili, sistemi di evacuazione delle

    ceneri e abbattitori di polveri prima dello scarico dei

    fumi al camino. Le caldaie per il riscaldamento del-

    lacqua sono del tipo a tubi di fumo, in cui i gas caldidi combustione attraversano i fasci tubieri immersi

    nellacqua a cui trasferiscono il calore.Per il settore agricolo sono particolarmente interes-

    santi i combustori a camera larga e a griglia mobile, dota-

    ti di opportuni sistemi per lalimentazione di paglia inballe, dei residui di potatura degli alberi, dei residui della

    lavorazione agroindustriale, ecc. I combustori devono

    essere progettati opportunamente per garantire il buon

    funzionamento con biomasse caratterizzate da un eleva-

    to contenuto in ceneri, anche bassofondenti, e con un

    grado di umiditvariabile in un ampio intervallo. Leapplicazioni pifrequenti, e in molti casi piconvenientieconomicamente, che vengono registrate in questo set-

    tore, sono lessiccazione dei prodotti agricoli e il riscal-damento di serre e di stabulari per lallevamento dei suinie del pollame, oltre agli usi domestici normali. La poten-

    za dei dispositivi termici generalmente compresa tra200 e 2.000 kWt. Anche in questo caso lo scambiatore

    di calore del tipo a tubi di fumo.Nel settore industriale sono presenti numerosi impian-

    ti di combustione diretta delle biomasse di tipo agrofo-

    restale o agroindustriale, dei RSU o dei rifiuti industriali.

    Tali applicazioni consentono la produzione di energia

    termica utilizzata per il ciclo produttivo, la produzione

    di energia elettrica o la cogenerazione (produzione simul-

    tanea di energia elettrica e termica).Limpianto costituito dalle sezioni seguenti: stoccaggio delle biomasse, che puavere dimensio-

    ni tali da garantire la fornitura del combustibile per

    alcuni giorni o per periodi molto pilunghi (anchealcuni mesi) nel caso si trattino biomasse a caratte-

    re stagionale;

    eventuale pretrattamento consistente nella riduzionedella pezzatura e dellumiditdella biomassa allespecifiche richieste dal sistema di combustione;

    linea di alimentazione dotata degli opportuni con-trolli di flusso;

    combustore con le caratteristiche descritte in prece-denza; recupero energetico, mediante scambiatori a tubi di

    fumo se il fluido vettore acqua calda a bassa pres-sione o aria, a tubi di acqua nel caso sia necessario

    avere acqua in pressione surriscaldata o vapore, a olio

    diatermico ed eventuale scambiatore a vapore, soprat-

    tutto per impianti di potenza non elevata;

    nel caso ci sia produzione di energia elettrica, neces-sario introdurre ulteriori componenti quali, per esem-

    pio, la turbina a vapore e lelettrogeneratore a essacollegato, il condensatore del vapore, il degassatore

    e vari recuperatori termici per lottimizzazione delciclo energetico.

    623VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILIT

    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

    14/20

    Lazionamento delle turbine a vapore richiede la gene-razione di vapore surriscaldato a media/alta pressione.

    Le potenze degli impianti che producono solo ener-

    gia termica possono variare da alcune centinaia di kWtad

    alcune decine di MWt: il limite della taglia superiore degli

    impianti industriali a biomasse legato alle caratteristi-che tecniche e organizzative-gestionali della f iliera dellegno o di altri tipi di biomasse. Il numero delle ore di

    funzionamento annue rappresenta spesso un limite al ritor-

    no economico degli investimenti, se confrontato con

    impianti alimentati a combustibile convenzionale, in quan-

    to questi ultimi presentano generalmente bassi costi di

    investimento a fronte di elevati costi energetici.

    Lutilizzazione delle biomasse per la produzione dienergia elettrica si realizza generalmente mediante tre

    tipi di dispositivi: sistemi a pistoni, alimentati dal vapo-

    re, per impianti di piccola taglia (da 50 kWe a 1 MWe;

    efficienza del 6-10% per sistemi a singolo stadio e del

    12-20% per quelli multistadio); turbine a vapore, per

    impianti da 0,5 MWe fino a 500 MWe e oltre, con il mag-

    gior numero di casi intorno a 50 MWe (efficienza del

    25% circa per taglie di 5-10 MWe e superiore al 30% per

    impianti da 50 MWe in cogenerazione); sistemi a ciclo

    Rankine con fluido organico (ORC, Organic Rankine

    Cycle) per impianti da 0,5 a 2 MWe.

    La realizzazione di impianti per la produzione di ener-

    gia elettrica o di cogenerazione dalla combustione della

    biomassa tanto pieconomicamente vantaggiosa, quan-to maggiore la sua disponibilitin grosse quantitloca-

    lizzate geograficamente e distribuite nel tempo, poichla biomassa ha una bassa densitenergetica, circa diecivolte inferiore a quella del petrolio. Ciavviene in segui-to alla riduzione considerevole dellincidenza del costodi trasporto e di stoccaggio delle notevoli quantitneces-sarie al funzionamento di una centrale, la cui potenzia-

    littipica generalmente nel range di 3-10 MWe. Perdare unidea del fabbisogno della biomassa per realiz-zazioni di questo tipo, si deve considerare che occorre

    circa 1 kg di biomassa per produrre 1 kWh di energia

    elettrica.

    Il principale parametro energetico impiegato per valu-

    tare gli impianti il rendimento netto globale, che datodal rapporto percentuale tra lenergia disponibile per leutenze esterne e quella introdotta dal combustibile nel-

    limpianto di produzione dellenergia, al netto dei con-sumi necessari al funzionamento dellimpianto stesso.

    Pirolisi e gassificazione

    La pirolisi un processo di decomposizione termi-ca della biomassa a temperatura elevata (300-700 C) inassenza di ossigeno. Dalla pirolisi della biomassa (v.

    ancora fig. 1) si ottengono tradizionalmente prodotti soli-

    di (carbone vegetale), liquidi (oli di pirolisi o bio-oli) e/o

    una miscela di gas combustibili, in genere riutilizzatidirettamente allinterno del processo per mantenere

    elevata la temperatura (Bridgwater et al., 2002). La piro-

    lisi della biomassa stata utilizzata con tecnologie tradi-zionali per la produzione di carbone di legna, ma uno

    degli interessi attuali verso processi avanzati che com-portino unelevata resa di conversione in prodotti liqui-di ad alto contenuto energetico, pifacilmente traspor-tabili rispetto alla biomassa solida e usati direttamentecome combustibili, o sottoposti a frazionamento per otte-

    nere una vasta gamma di prodotti chimici di interesse

    industriale. Rese in bio-olio superiori all80% in pesorispetto alla biomassa originaria possono essere ottenu-

    te con processi di pirolisi rapida, oflash pyrolisis, a tem-

    perature di reazione moderate (Bridgwater, 2005). Una

    delle chiavi di lettura pimoderne dei processi di piro-lisi delle biomasse quella che porta alla produzione digas di sintesi (v. oltre).

    La gassificazione consiste nella trasformazione di un

    combustibile solido, nel caso specifico la biomassa, in

    combustibile gassoso, tramite la reazione con lossige-no. La gassificazione un processo da cui si ottiene tra-dizionalmente un gas a basso potere calorifico (variabi-

    le tra 900 e 1.200 kcal/Nm3) per reazione della biomas-

    sa stessa con una quantitdi aria tale da non consentireuna completa ossidazione. Il potere calorifico del gas

    puaumentare sensibilmente se, in luogo dellaria, vieneutilizzato ossigeno.

    I tipici componenti combustibili presenti nel gas pro-

    dotto sono il monossido di carbonio (CO) e lidrogeno(H2), accompagnati anche da piccole quantitdi idro-

    carburi. I componenti non combustibili del gas prodot-to sono lazoto (N2), se viene utilizzata aria come com-burente, gli ossidi di azoto (NOx), derivanti dalla ossi-

    dazione dellazoto legato alla biomassa, il biossido dicarbonio (CO2) e il vapor dacqua. La proporzione tra ivari componenti del gas varia notevolmente in funzione

    del diverso tipo di gassificatore, di combustibile e del

    contenuto di umidit. Oltre alle sostanze organiche, lebiomasse contengono anche sali minerali che non ven-

    gono gassificati, ma trasformati in ceneri e polveri.

    In pratica, per mezzo della gassificazione la biomassa

    viene trasformata in un gas combustibile che utilizza-

    bile in motori a combustione interna o in caldaie per laproduzione di energia meccanica o elettrica, pipregia-te della semplice energia termica, o che putrovare impie-go in forni per la produzione, per esempio, di cemento

    o di laterizi.

    I dispositivi di gassificazione, tranne che per alcuni

    particolari costruttivi e di processo, hanno le stesse carat-

    teristiche di quelli impiegati per la combustione della

    biomassa, ma lossidazione del combustibile avviene indifetto di ossigeno. Nella tab. 8 sono riportati i princi-

    pali tipi di gassificatori e le loro caratteristiche peculia-

    ri (Pignatelli e Scoditti, 2004).

    Tralasciando i gassificatori a letto f isso, che si presta-no bene per basse/medie potenze, attualmente linteresse

    624 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

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    industriale rivolto soprattutto ai letti fluidi. Esaminan-do pidettagliatamente la gassificazione di biomasse inun letto fluido, si possono distinguere i tre stadi fonda-

    mentali di essiccamento, pirolisi e processi ossidoridut-

    tivi, con la differenza sostanziale che tali operazioni si

    svolgono rapidamente in un reattore quasi isotermico e

    con tempi di permanenza estremamente brevi. Le condi-zioni di isotermicitsono garantite da un letto fluidizzato

    di sabbia, dove lagente gassificante usato normal-mente aria, ma possibile utilizzare anche ossigeno ovapore. Le biomasse in genere hanno un tenore elevato

    di umidit(sino al 30-40%), per cui lH2O viene libera-ta rapidamente assieme ad altre sostanze volatili allin-gresso nel letto fluido, a temperature tra 500 e 800 C.

    Il combustibile viene inizialmente trasformato inbiossido di carbonio, sostanze catramose, idrocarburi,

    625VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILIT

    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

    tab. 8. Principali tipologie di gassificatori

    Sistema di contattoe principali caratteristiche

    Vantaggi Limitazioni

    Letto fisso downdraft (equicorrente)Solido e gas verso il bassoLivelli molto bassi di catrameModerato livello di particolati

    Semplice, costruzione robustaAlta conversione del carbonioBasso trascinamento di ceneriAlto tempo di residenza solidi

    Limitata possibilitdi scale-upBassa capacitspecificaAlta umiditdella biomassaDeposito di ceneri sinterizzate

    Letto fisso updraft (controcorrente)

    Solido verso il basso, gas verso laltoLivelli molto alti di catrameModerato livello di particolati

    Semplice, costruzione robustaBuone possibilitdi scale-upAlta efficienza termicaAlto tempo di residenza solidi

    Bassa capacitspecificaAlta umiditdella biomassaDeposito di ceneri sinterizzate

    Letto fluido bollente

    Il gas passa attraverso un letto bollente

    Solido inerte nel reattoreBasso livello di catrameAlto livello di particolati

    Buon controllo della temperatura

    Buone possibilitdi scale-upAlta capacitspecificaPossibile uso di catalizzatore nel letto

    Scarsa versatilitnella scelta dellabiomassaPerdita di carbonio nelle ceneri

    Letto fluido circolante

    Particolati separati e riciclati

    Basso livello di catrameAlto livello di particolati

    Buon controllo della temperatura

    Buone possibilitdi scale-upAumentato range di particolatoAlte portate di reazioneAlta conversione del carbonio

    Costruzione semplice

    Non possibile luso di catalizzatorenel letto

    Letto fluido trascinato

    Alimentazione fine trasportata da gas adalta velocitAssenza di inerti solidiBasso livello di catrameLivello di particolati molto alto

    Molto buona la possibilitdi scale-up

    Alta conversione del carbonio

    Pretrattamento costoso

    Pratico solo oltre 10 t/hScorie nelle ceneriMateriali di costruzione costosiScarsa versatilitnella scelta dellabiomassa

    Doppio letto fluido

    Pirolisi nel primo reattore

    Combustione del catrame nel 2 reattoreche riscalda il letto del 1Alto livello di catrameAlto livello di particolati

    Medio potere calorifico del gas usando

    solo ariaPossibile uso di catalizzatore nel letto

    Progetto complesso e costoso

    Pratico solo oltre 5 t/h

    Scale-up possibile, ma complesso

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

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    residui carboniosi e vapor dacqua. Parte delle sostanzevolatili sviluppate subiscono un successivo processo di

    trasformazione, con formazione di un gas grezzo finale

    (COH2: 20-35%; CH4: 2-4%; CO2N2: percentuale

    restante) che veicola una quantitnon trascurabile dimateriale particellare carbonioso e di inerti (ceneri).

    Il letto fluido si presta bene per la gassificazione dicombustibili a basso potere calorifico, in quanto carat-terizzato da una rapida e uniforme distribuzione del calo-

    re, con un controllo della temperatura relativamente faci-

    le. Nel letto di inerte i residui carboniosi si accumulano

    fino a raggiungere una certa frazione che varia da bio-

    massa a biomassa in funzione della granulometria della

    stessa e della sua reattivit. A questo punto tanta bio-massa entra nel gassificatore quanta ne esce come pro-

    dotto gassificato, catrame trasportato dal gas (tar) e resi-

    duo carbonioso presente nelle ceneri (char).

    Alcune delle reazioni che hanno luogo nel letto sono:

    C1/2O2

    CO

    COH2O

    CO2H2

    CH4H2O

    CO3H2

    H21/2O2

    H2O

    Il metano e gli idrocarburi superiori provengono dalle

    reazioni di pirolisi della biomassa. Le reazioni sopra

    riportate possono influenzare il potere calorifico del gas

    che dipende essenzialmente dalla concentrazione finale

    in CO, H2, CxHy.

    Nel bilancio generale del processo assumono impor-

    tanza rilevante la portata oraria della biomassa, la por-

    tata oraria dellaria, la temperatura del letto, il contenu-to di umiditdella biomassa e il tempo di residenza dellabiomassa e dei gas nel letto inerte. A loro volta queste

    variabili sono influenzate dai seguenti parametri: a) gra-

    nulometria ottimale del materiale inerte costituente il

    letto fluido; b) velocitminima del vettore utilizzato perla fluidificazione (tanto pialta quanto pibasse sonola densite la viscositdel fluidificante); c) altezza otti-male del letto (tale da dar luogo a perdite di carico non

    eccessive, per ridurre il consumo di energia della sof-

    fiante); d) dimensioni del reattore e delle apparecchia-

    ture accessorie (cicloni, ugelli, tubazioni, ecc.).

    Poichnel gasogeno a letto fluido si devono con-temperare aspetti fluidodinamici con altri di natura cine-

    tica, la scelta dei parametri di progetto influenza la qua-

    litdel gas e il grado di gassificazione della biomassa.Un parametro che diversifica i gassificatori la pres-

    sione di esercizio. I gassificatori possono operare sotto

    pressione o a pressione atmosferica. La composizione del

    gas e il potere calorifico non sono significativamente diver-

    si per questi due sistemi. Nei gassificatori pressurizzati il

    626 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI

    fig. 8. Impianto pilota

    di gassificazione

    delle biomasse a letto fluidoricircolante del centro

    ENEA della Trisaia

    (Rotondella, Matera).

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

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    sistema di alimentazione picomplesso e costoso; aparitdi dimensioni gli investimenti sono pialti; il gasprodotto non deve essere compresso e cifacilita la depu-razione del gas anche in presenza di elevati contenuti di

    catrame; lefficienza pialta. Nei gassificatori atmo-sferici per le applicazioni alle turbine a gas sono richiesti

    bassi livelli di catrame nel gas prodotto e una temperatu-ra relativamente bassa prima della compressione del gas;

    la qualitdel gas richiesta per limpiego nei motori a com-bustione interna non necessita di impegni onerosi e, inol-

    tre, il gas non deve essere in pressione. Per questo tipo di

    gassificatori i costi di investimento sono potenzialmente

    inferiori a pibasse potenze (meno di 30 MWe).Un altro parametro fondamentale che diversifica i

    gassificatori a letto fluido lagente gassificante. I pisemplici utilizzano aria, ma a causa delleffetto di dilui-zione dellazoto il potere calorifico del gas prodotto normalmente basso (circa 5.400-7.100 kJ/Nm3).

    Come accennato in precedenza, per incrementare il

    potere calorifico del gas, invece dellaria possibile uti-lizzare come agente gassificante ossigeno o vapor dac-qua. In questultimo caso aumenta anche il tenore di idro-geno nel gas, e cirende particolarmente interessante,in prospettiva, questa tecnologia per laccoppiamentocon fuel cells o per la produzione di idrogeno da bio-

    masse. La fig.8 mostra un gassificatore pilota a letto flui-

    do circolante (Pignatelli e Scoditti, 2004), dove le zone

    di combustione e di gassificazione sono separate tra loro;

    il trasporto di energia termica dalluna allaltra zona

    avviene per effetto della circolazione di materia (sabbia).Questo accorgimento permette di compartimentare la

    zona di gassificazione, con immissione di energia ter-

    mica dal combustore al gassificatore, senza immissione

    di aria e utilizzando come agente gassificante vapore.

    Cirende possibile ottenere un gas ad alto tenore di idro-geno, utilizzabile per lalimentazione di fuel cell a car-bonati fusi per la produzione distribuita di energia elet-

    trica e calore. Il gas prodotto dallimpianto in questioneha un tenore di idrogeno di circa il 45-50% e un potere

    calorifico di circa 11.500 kJ/Nm3.

    Per tracciare un quadro complessivo relativo allo sta-

    tus delle tecnologie di gassificazione puessere evi-denziato come linteresse commerciale nel settore spe-cifico sia nato nel corso degli anni Settanta del 20 seco-lo, con la prima crisi petrolifera. In quel periodo si registrata la diffusione di impianti di piccola scala, spe-

    cie negli Stati Uniti e in Europa, impiegati particolar-mente nellambito di industrie collegate alla lavorazio-ne del legno. Nel corso degli anni Novanta un grosso

    sforzo nel settore ricerca e sviluppo, supportato preva-

    lentemente dagli enti governativi statunitensi, si con-centrato sullo sviluppo di impianti dimostrativi basati su

    tecniche di IGCC (Integrated Gasification Combined

    Cycle) e di cofiringin impianti di gassificazione di car-

    bone. I risultati di questo impegno hanno portato alla

    realizzazione di alcuni impianti commerciali di media

    scala alimentati con scarti lignocellulosici.

    Attualmente linnovazione tecnologica del settore orientata a rendere disponibili impianti di grande scala

    per la produzione di gas di sintesi (COH2) a costi com-

    petitivi rispetto alle fonti fossili. Le soluzioni impianti-

    stiche proposte sono frequentemente basate sullosteam

    reformingdi gas da pirolisi. Un esempio tipico di que-

    sti processi riportato in fig. 9 (DOE, 2005).La vera barriera al successo nella produzione eco-

    nomicamente competitiva di gas di sintesi da biomasse

    sembra essere costituita dalla larga disponibilit, a bassocosto e uniforme nel tempo, di materie prime con carat-

    teristiche fisiche (dimensioni, densit, ecc.) e chimiche

    (composizione, potere calorifico, ecc.) costanti.Alla possibilitdi ottenere gas di sintesi a costi com-petitivi legato il successo di una delle ipotesi attual-mente piinteressanti di sfruttamento integrale dellebiomasse per produrre energia, nota come Biomass to

    Liquid (BtL). Le tecnologie BtL (Griesemann, 2004)

    si basano infatti su due stadi produttivi in successione:

    gassificazione della biomassa per lottenimento di gasdi sintesi e conversione catalitica di questultimo (sin-tesi Fisher-Tropsch) in idrocarburi liquidi (v. ancora

    fig. 1).

    627VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILIT

    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

    pirolisi a550 C

    purificazionedel gas

    gasdi sintesi

    ceneri egas combusti

    gaspiroliticibiomassa

    vapore

    vapore

    aria

    calore

    calore

    gassteamreforming

    850 C

    produzionedi vapore

    combustione

    catramee ceneri

    fig. 9. Schema

    di un processo avanzato

    per la produzione

    di gas di sintesi

    da biomasse.

  • 8/13/2019 III.6.5 Generazione Elettrica Da Fonti Rinnovabili-Biomasse

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    lignocellulosici residuali (sottoprodotti e scarti di altre

    filiere produttive).

    La reale sostenibilitambientale di tale produzionepertuttora non dimostrata. Ai dubbi relativi al man-tenimento nel tempo delle risorse idriche, della fertilitdei suoli e della biodiversit, ecc., gida tempo formu-lati (IEA, 2005b), se ne sono recentemente aggiunti altrirelativi al bilancio delle emissioni di gas serra dalla pro-

    duzione agricola. Infatti, in accordo con i dati pubblica-

    ti dal Max-Plank Institut (Keppler et al., 2006), alla cre-

    scita delle piante va attribuita unemissione di metanonellatmosfera (generato da processi fitocellulari aero-bici tuttora sconosciuti) pari a circa un terzo del totale

    delle emissioni di questo importante gas serra.

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    BIOMASSE PER UNENERGIA RINNOVABILE

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    EniTecnologieMonterotondo, Roma, Italia

    GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI