l'ora di giurisprudenza numero 2 anno ii

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Numero 2 Anno II - Maggio 2011 Sciopero genera[ziona]le il disagio di una gioventù indignata in vista della manifestazione del 6 maggio a pag. 2 Elogio del nulla a pag. 3 Il Foro degli interessi a pag. 4 Roma Tre Precarietà

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Il periodico di facoltà di RDS Giurisprudenza

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Page 1: L'Ora di Giurisprudenza numero 2 anno II

Numero 2 Anno II - Maggio 2011

Sciopero genera[ziona]leil disagio di una gioventù indignatain vista della manifestazione del 6 maggio a pag. 2

Elogio del nullaa pag. 3

Il Foro degli interessia pag. 4

Roma Tre

Precarietà

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L’Ora di Giurisprudenza2

L’editoriale

CAMBIAMENTO A TUTTI I COSTI.

La mia è la generazione che sogna ogni volta che arriva il mese di Maggio. La mia è la generazio-

ne che all’estero, nei musei, dice: “We are from Italy” quasi per giustificar-si di non aver la tessera universitaria magnetica,come in tutti i paesi euro-pei, ma solo il caro vecchio “statino”. La mia è la generazione dei fascisti 15enni che inneggiano al Duce senza nemmeno sapere che fine ha fatto, la mia è la generazione che percepisce il razzismo in metropolitana, lo vede e riesce a dargli il volto di una bella ra-gazza nera accerchiata e insultata da quattro cretini coi caschi. E’ quella ge-nerazione che canta Bella Ciao a squar-ciagola per far vedere che c’è, per dare un segnale tangibile che questo paese deve cambiare, che non è un paese per giovani e che i giovani lo salveranno.

La mia è la generazione “senza posto fisso” a cui ripetono incessantemente, quasi fosse un mantra, che non andrà mai in pensione, che vivrà in mono-locale e che sta studiando per nulla perchè,tanto, in Italia non esiste la me-ritocrazia. E’ la generazione che ascolta estasiata Camilleri quando parla di im-pergno politico, che grida nelle piazze per salvare l’ università pubblica, che si tiene stretta i suoi miti difendendoli con le unghie e con i denti.La mia è la generazione dei ventenni italiani, quelli che il 1 maggio erano a Piazza San Giovanni, quelli che il 6 maggio parteciperanno alla sciopero generale. Quelli che erano e saranno a studiare, a lavorare, a seguire le lezioni ma che hanno comunque la voglia di cambiare questo paese, a tutti i costi.

Alessia Ragusa

Direttore:Alessia Ragusa (328.2077719)

Impaginazione e grafica:David De Concilio, Marco Salfi

Contatti:[email protected]

CONTATTI

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3Maggio 2011

Chi vi scrive non è nessuno. O forse, è qualcuno che non si fa considerare tale. E scri-

vo perché oggi, nel mio paese, la veri-tà che si mostra è la ovvietà del nulla. Non mi sorprendo quando penso al mio lavoro, a mio padre, benedetto lui e la sua capacità nel saper vedere lon-tano. E mi piace, mi piace la mia bella poltrona in pelle nera, mi piace il mio Macintosh sul quale gioco a poker fino a tarda sera, mi piace il mio studio, così elegante e dall’aria costosa, mi piace la mia segretaria, che mi porta il cappuc-cino la mattina, mi piace, la mia segre-taria, perché ha l’occhio intelligente, dietro quegli occhialetti di finissima fattura che le ho comprato, mi piace ri-cordare quando l’ho selezionata, lei tra altre dieci. Un eccellente curriculum, laureata in diritto con 95, un master in criminologia, un corpo da favola che il giorno della selezione prima di dirmi il suo nome, timidamente ma con molta eleganza, mi ha mostrato e fatto tocca-re. E poi che cappuccino eccezionale che sa fare. Mi piacciono i praticanti del mio studio, perché sanno sempre tutto, si appassionano, rapidi, precisi… infallibili. Sempre pronti a seguire gli aggiornamenti delle norme, a scaricare chili di faldoni e fascicoli in archivio, a portarmi un succo di arancia fresco quando l’aria si fa calda e secca. Mi piacciono le loro facce quando diventa-no avvocati, quando si convincono che nella vita non contano i millecinque-

cento euro al mese ma che è il lavoro a rendere gli uomini liberi. Mi piacciono quando li mando in udienza, quando tornano soddisfatti per il loro operato, sapendo che quel venticinque per cen-to del lavoro, accanto al settantacinque della mia firma, è il loro. Fuori dal mio studio, dallo studio di mio padre, fa caldo, dentro si sta freschi. C’è chi si lamenta e chi invoca il merito, c’è chi sogna di diventare un giorno avvocato associato, mentre inforna la sua tredi-cesima pizza margherita e bofonchia lamentandosi dell’ennesima riforma o legge ad personam. Poi a quarant’anni si rende conto che forse avrebbe dovu-to profittare di quell’occasione, forse avrebbe dovuto ripudiare l’orgoglio e la dignità di dire no. E in effetti, come si fa a dire no a una spremuta d’arancia così fresca, così succulenta. Beh, chi vi scri-ve è una persona che dalla vita ha tutto, anche quelle lievi stonature che posso-no trasformare una giornata assolata in un temporale: la squadra del cuore che perde, la segretaria che deve pren-dere il figlioletto alla scuola di musica e non può fermarsi dopo la chiusura dello studio, le cicliche discussioni con mio padre su quando morirà. A volte mi annoio, mi annoio talmente tanto che provo a farmi spiegare dai miei assistenti qualche questione di lavoro, ma l’istinto laborioso non dura più di due giorni.

Segue a pag. 4

Elogio del nulla

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L’Ora di Giurisprudenza4

L’università e la scuola, sono ter-mometri affidabili del grado di civiltà di un paese, qualsiasi

ragionamento sullo sviluppo e il mi-glioramento di questi non può essere slegato dagli interessi dell’utenza pri-maria, gli studenti.L’impianto del sistema universitario italiano è basato su un difficile gioco d’equilibri, di pesi, contrappesi, posi-zioni, prestigio, cattedre e assegnazio-ni, quasi come se fossero le nomine po-litiche del consiglio d’amministrazione di una municipalizzata. Tutto o quasi si basa su questo tipo di equilibri e quasi mai vengono tenuti in considerazio-ne all’interno di questo sistema, colo-ro i quali sono l’unica ragion d’essere dell’università, gli studenti.Siamo noi che facciamo girare questa enorme macchina, stranamente però quasi mai veniamo presi seriamente in considerazione per le decisioni che ne

riguardano il funzionamento.All’interno delle istituzioni universi-tarie gli studenti hanno una sparuta rappresentanza che quasi mai vieni coinvolta seriamente all’interno dei processi decisionali, poiché essa ha uno scarso peso specifico rispetto alla controparte accademica e perché gli studenti superficialmente non sono minimamente considerati in grado di dare un contributo serio al funziona-mento dell’università.È un film visto e rivisto, si sente parlare sempre di grandi riforme di trasforma-zione per il bene degli studenti e dell’i-struzione, ma quasi mai nessuno si è preoccupato di chiedere agli studenti quale fossero le loro esigenze, le loro idee in merito.Prendiamo per esempio l’ultima tanto discussa riforma universitaria, esiste un organo chiamato C.N.S.U consiglio nazionale degli studenti universitari,

Il Foro degli interessi

Continua da pag. 3All’inizio mi dispiaceva sentire la segre-taria piangere quando alle dieci di sera lasciava il mio ufficio, limitavo l’accani-mento contro chi mi era subordinato e nel frattempo mi insegnava qualcosa. Oggi, non sento più nulla, né crudeltà né pietà. Leggo i miei estratti conto e

so che il mio futuro è assicurato. Mio padre, prima o poi, morirà e io rimar-rò da solo. Ma con la soddisfazione di avere sempre chi mi preparerà, d’estate, una spremuta d’arancia gelata. Se non è vita questa…Avv. M.T. Cicerone

Riccardo Bucci

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che è il più alto grado di rappresen-tanza studentesca, si tratta di studenti universitari che vanno direttamen-te presso il ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, per la-vora ed essere consultati per tematiche analoghe a quelle di suddetta riforma; ovviamente si da per scontato che que-sto organo sia stato contattato e sfrut-tato a pieno nelle sue potenzialità per scrivere questa riforma. NO niente di più lontano dalla realtà, in parole po-vere è come se lo stato al momento della rinegoziazione di un contratto nazionale non chiamasse i sindacati e le parti sociali chiamate in causa dal contratto, uno scandalo. Questo quan-to è quanto tristemente accade ai piani più alti, ma cosa succede in periferia?I consigli di facoltà che sono gli orga-ni di governo delle singole facoltà di un ateneo, sono composti perlopiù da professori associati e ordinari, da ricer-catori, dal personale tecnico ammini-strativo e per finire da una piccola anzi piccolissima minoranza di studenti eletti tra le varie liste universitarie.Capite già che c’è una grossa spro-porzione, effettivamente il margine di manovra è poco, chi vi scrive è un membro del consiglio di facoltà di giu-risprudenza.Portare avanti gli interessi degli stu-denti è molto difficile poiché si in-contrano parecchie resistenze e scarsa considerazione da parte dei professori, ma qualche volta con fatica si riesce a far sentire la propria voce.Attualmente è allo studio del consiglio la rimodulazione dell’offerta formativa

della facoltà e il suo regolamento inter-no in funzione delle varie riforme del ministero e alla conseguente trasfor-mazione dello statuto d’ateneo. L’im-pressione che si ha è di una specie di assalto alla diligenza misto ad un con-servatorismo di stampo gattopardiano. Nulla o quasi sembra essere teso a mi-gliorare la qualità della vita universita-ria di noi studenti, ma pare quasi che si debba solo manterenere inalterato l’asseto interno della facoltà delle cat-tedre e dei dipartimenti, per mantere quei rapporti di forza e di potere in-terni, che qualche professore chiama erroneamente “armonia del gruppo di lavoro e certezza della competenza del corpo docente”. Proprio a tal proposito nell’ultimo consiglio di facoltà siamo intervenuti per tutelare la qualità de-gli insegnamenti interrompendo una sterile discussione sulla composizione delle cattedre e sul eventuale blasone del professore che le avesse in carico; si sono sentite cose assurde come cor-si di serie A e serie B; di qualità della didattica e valutazione dell’operato dei professori non si è mai parlato, finché non abbiamo fatto presente con un in-tervento del sottoscritto che la discus-sione stava scadendo nel ridicolo e che bisogna rimettere al centro gli studenti e non i professori. Il risultato pratico è stato quello di aver ottenuto la dispo-nibilità di alcuni docenti e del preside Benvenuti a discutere della valutazione dell’operato dei professori revisionan-do l’utilizzo dei questionari di valuta-zione, scarsamente considerati fino ad oggi. Marco Salfi

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L’Ora di Giurisprudenza6

Se episodi come lo show del Pre-mier a Lampedusa, durante il quale ha dichiarato che avreb-

be liberato l’isola in quarantotto ore e comprato lì una casa, possono essere interpretati come tentativi di distrar-re l’opinione pubblica, ora sappiamo anche da cosa l’attenzione degli italia-ni doveva essere distolta. Si trattava dell’approvazione alla Camera dell’en-nesima legge “ad personam”. Merco-ledì 13 aprile, infatti, la maggioranza, seppur ferma a 314 deputati, ha votato sì alla norma sulla prescrizione breve, che consentirà al Presidente del Consi-glio di evitare la sentenza del processo Mills. Con questa nuova legge, infatti, viene ridotto da 1/4 a 1/6 l’aumento del tempo necessario a prescrivere i reati commessi da imputati incensurati. Se si considera che il tempo di prescrizione viene attualmente calcolato, forse inop-portunamente, a partire dal giorno in cui è stato commesso il reato e non dal momento in cui viene formulata l’accu-

sa, anche una riduzione di pochi mesi del tempo previsto per lo svolgimento dei tre gradi di giudizio rischia di non far giungere a termine numerosi pro-cessi, magari iniziati a distanza di anni dall’epoca in cui è stato commesso il reato.È solo l’ultima delle innumerevoli leggi “ad personam” che hanno impegnato il Parlamento negli ultimi anni. Tuttavia questa volta non viene solo calpestato il principio costituzionale secondo il quale la legge è uguale per tutti. Questa volta l’interesse particolare del Presi-dente del Consiglio a liberarsi dei pro-cessi a suo carico non si oppone solo all’interesse generale della collettività, che vorrebbe vedere Silvio Berlusconi processato come lo sarebbe chiunque altro, senza, però, il potere di cambiare la legge a suo vantaggio. Questa vol-ta ciò che torna utile al Presidente del Consiglio va a coinvolgere e vanificare le aspettative di giustizia di migliaia di onesti cittadini. Sono, infatti, circa 15.000 i processi

Una legge ad personam che colpisce tutti?

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che, secondo il Consiglio Superiore della Magistratura, rischiano di essere cancellati; tra questi vi sono quello per il crollo della Casa dello studente a L’A-quila e quello per lastrage di Viareggio.La stessa definizione di legge “ad per-sonam”, destinata a un solo cittadino, sembra in questo caso inadeguata e infelice, se si pensa alle migliaia di per-sone che subiranno in negativo i suoi effetti.Da parte del Governo si tenta di giu-stificare la nuova legge richiamando le sollecitazioni dell’Unione Europea a una riforma del sistema giudiziario italiano che assicuri la “ragionevole durata del processo”. Tuttavia quello che viene impropriamente chiamato “processo europeo” o processo breve è in realtà, come afferma il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, “un modo per far morire il processo” e, se-condo il parere del CSM, la norma sul-la prescrizione breve va a confliggere con la stessa normativa internaziona-le. In particolare questa legge, ripren-dendo e rafforzando il contenuto delle disposizioni della famigerata legge ex Cirielli, entra in conflitto con la Con-venzione ONU contro la corruzione del 2003, la quale prevedeva, invece, un lungo termine di prescrizione, affinché i processi potessero effettivamente es-sere celebrati.Certo non si può negare che esista un problema riguardo ai tempi biblici del-la giustizia italiana; stupisce, però, che un Governo che ha sempre puntato sul tema della sicurezza (con tanto di ronde di volontari istituite per dare la

caccia ai criminali) vari adesso una legge che rischia di lasciare in libertà delinquenti di varia natura, imputati, ad esempio, di violenza carnale, rapi-na, corruzione e persino di stragi come quelle di Viareggio e L’Aquila. Forse, invece di accusare i magistrati di essere brigatisti e di continuare a proporre ri-forme della giustizia che appaiono pu-nitive e intimidatorie nei confronti dei giudici, sarebbe più utile e opportuno tentare un dialogo con gli organi rap-presentativi della magistratura e non ignorare i suggerimenti che da questi provengono, al fine di giungere a una riorganizzazione del sistema giudizia-rio che sia realmente efficace. Per risolvere il problema della giusti-zia in Italia c’è bisogno di una riforma vera, finalizzata all’adeguamento degli strumenti a disposizione della magi-stratura e non, com’è stata definita dal Consiglio Superiore della Magistratu-ra, di “un ‘amnistia sostanziale”.

Valeria PesciniSergio Merlina

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L’Ora di Giurisprudenza8

Sono a pochi metri da Laura Boldrini, Portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni

Unite per i rifugiati. L’aula è colma di studenti. C’è clima di curiosità e fervore intellettuale. Qual’è la verità sugli stranieri? C’è davvero bisogno di vertici internazionali e modifiche ai trattati? Oppure questi allarmismi sono solo uno specchietto per le allodole? Scopriamolo…

Attualmente non è arrivato neanche un libico nel nostro paese; sono somali, libanesi, tunisini. Tutti credono che siano libici perché provengono dalla Libia, ma non è così. Molti si erano trasferiti in Libia in cerca di protezione politica. Gli altri? Beh per anni, abbiamo usato la Libia come il nostro porto personale per reietti. Tutti quelli che non volevamo li spedivamo a Tripoli. Ora stanno semplicemente tornando. Anni fa l’Italia si vantava del Modello Lampedusa; eravamo un esempio in

Europa nel campo dell’immigrazione. Li bloccavamo alla frontiera e verificavamo di volta in volta chi tra loro era vittima di dittature o chissà cos’altro. Funzionava perfettamente. Ora invece li rimandiamo in mare e li condanniamo a morte. La politica del Respingimento, voluta da Bossi e Fini per motivi propagandistici, ha distrutto un sistema eccellente. Così oggi i rifugiati che attraccano sulle nostre coste diventano un pericolo per noi. Un rifugiato è equiparato ad un clandestino, quindi ad una minaccia.

Certo non tutti salpano a causa delle difficoltà vissute nella propria madrepatria. Ma se non li incontriamo come potremo saperlo? Chi vuole questo peso sulla coscienza? E dov’è la politica? Possibile che queste persone siano solo un intralcio? Il sindaco di Riace, uomo illuminato, gestiva un borgo che si stava spopolando.Scommise sugli extra-comunitari trasformandoli in cittadini italiani,

L’Italia siamo Noi: il futuro dell’immigrazione LauraBoldrini a Roma Tre

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rendendoli parte della comunità.

Furono più importanti gli immigrati che i bronzi. Con i fondi europei furono ristrutturate le case, le scuole non vennero chiuse e le botteghe furono riaperte. Divenne un vero Eden, ma queste storie non vengono raccontate. La società che oggi emerge dalla televisione è quella col coltello tra i denti. Si vedono solo i modelli negativi e non quelli positivi. Gli spettatori credono che il razzismo sia la normalità. Non sanno dei medici che curano i malati gratis, degli avvocati che preparano i ricorsi pro bono e dei professori che insegnano ai bambini fuori orario.

La crisi quindi c’è per Lampedusa ma non per il Paese. La città era al tracollo a causa della disorganizzazione governativa. Intanto in Egitto ed in Bangladesh hanno deciso di aprire le frontiere ai libici caricandosi il peso di ben 500.000 immigrati; questo nonostante le loro difficoltà economiche. Noi le abbiamo serrate dopo solo 3500 individui. Eppure ogni anno arrivano 200.000 migranti con regolare visto e restano oltre la scadenza; nessuno ne parla. Invece arrivano meno di 50.000 disperati e sembra che il paese stia crollando. La verità sta in ciò che cela questa finta emergenza umanitaria, tra referendum scomodi e leggi ad personam che così passano in secondo piano. Ciò di cui realmente dobbiamo preoccuparci sono i nostri governanti:

Castelli: Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli, almeno per ora.Speroni: Spariamo come fanno i tunisini ai pescherecci

Se questo è il massimo a del loro QI non dobbiamo stupirci che in Italia la burocrazia non funzioni e che le riforme non vengano attuate. Crolliamo come un castello di carte per situazione che riescono a gestire anche nazioni del Terzo mondo colpite dalla guerra. Anche i migranti sono confusi. Seguono la televisione italiana e dicono “Ohi, ma se il loro Presidente del Consiglio sta facendo tutto stò casino per una marocchina… figuratevi che s’inventa per noi!?” (cit. Crozza). Non ci rimane che scoprire l’esito di questi bisticci con l’Europa e sperare che non chiudano le frontiere pure a noi italiani. Altrimenti come potremo scappare dai nostri politici e dai vari bunga bunga? Non so voi ma io preferisco imbarcarmi per l’Iran…

Jacopo Ierussi

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L’Ora di Giurisprudenza10

Forse mi perdonerà, Carlo Marx, per la ignobile parafrasi (dall’in-cipit del Manifesto, 1948) da

me utilizzata per intitolare queste po-che righe. Ma altre parole, credetemi, non sono riuscito a trovarle. Perché ciò che ho provato alla notizia di una pos-sibile candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale è quanto di più prossimo alla paura che percorre la schiena dei bambini quando sentono le storie sugli spettri. Sì, io ho avuto paura.Paura della definitiva involuzione au-toritaria di questo Paese. Paura che il potere politico si identificherà sempre di più con una sola persona, a discapito del Parlamento. Paura che non arrivino più sinceri moniti sulla lotta alla mafia (e come sarebbe possibile, dall’allievo di Vittorio Mangano?), sulle morti sul lavoro, sull’Unità d’Italia e sul 25 Apri-le (e come sarebbe possibile, dal gran-de e cronico assente alle cerimonie per la Liberazione, dal leader del Partito che propone in maniera reiterata l’a-brogazione dell’apologia di fascismo e l’uguaglianza storica di patrioti e tradi-tori?). Al di là di queste paure (ir)raziona-li, dettate, credetemi di nuovo, da un sincero amore per questo Paese e non da un mio personale odio politico nei confronti dell’Interessato, odio per giunta mai mascherato, bensì fiera-mente ostentato, reputo poco adatta la figura dell’On. Berlusconi Silvio alla Carica di Presidente della Repubblica

in base a una semplice analisi della sto-ria recente (e futura) di questo Paese. Costui ha spaccato a metà la politica, i dibattiti, gli elettori, il Paese intero. Ha spinto, per la prima volta dopo ses-sant’anni, l’area politica che in Lui non si riconosce a discutere di un eventuale CLN. È in aperto contrasto con l’asso-ciazione di riferimento di uno dei tre poteri dello Stato (per inciso: all’ANM nel 2011 risultano iscritti 8284 degli 8886 magistrati italiani in servizio; è divisa in correnti interne, ivi comprese centro e centrodestra; la temibile ros-sa Ilda Boccassini si è dimessa da tale associazione tre anni fa. Non stiamo parlando del Soviet di Pietrogrado). Si potrebbe andare avanti, ma mi fermo. Mi sembra evidente che Silvio Berlu-sconi non sia la persona adatta a rap-presentare l’unità della nazione. Penso alla storia di Sandro Pertini, di Carlo Azeglio Ciampi, di Oscar Luigi Scalfaro, di Giorgio Napolitano. Penso alla loro fiera militanza antifascista, al loro amore per questo Paese, per le sue istituzioni democratiche, per la Carta Costituzionale, agli sforzi da loro pro-fusi in continuazione per gestire diffi-cili situazioni interne e internazionali. Penso a loro. Poi penso a Silvio Berlu-sconi. E penso che ho paura.

Francesco Magni

Uno spettro s’aggira per l’Italia

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11Maggio 2011

Ciao io sono una studentessa di 17 anni, frequento il 4° anno di scuola superiore in

un liceo statale e posso dire di essere stufa.Sono stufa di avere un professore di de-stra e un professore di sinistra.Sono stufa di avere un libro rosso e un libro nero.Sono stufa di ricevere un insegnamen-to critico e oggettivo, impartito da pro-fessori a cui non viene detto cosa dire e cosa omettere nel momento stesso dell’assunzione.Sono stufa di avere professori che pra-ticano il loro lavoro per passione e non per un’ingente cifra di denaro.Sono stufa di avere un professore di re-ligione e un professore laico.Sono stufa di confrontarmi con perso-ne che non sono del mio rango e che non professano la mia religione, mi sento a disagio con loro.Sono stufa di dover fare attenzione a non ferire i sentimenti di chi, le mie scarpe, non può permettersele.Sono stufa di avere professori che mi invogliano a riflettere, che non mi trattano come una privilegiata, ma mi

insegnano a guadagnarmi le cose con parità e onestà.È per questo che concordo con le paro-le del mio premier, ha ragione quando dice che nella scuola statale i professori inculcano valori diversi da quelli del-la famiglia e della nostra tradizione, anche se quando il mio professore di religione, che è un prete, l’ha sentito, ha iniziato a pensare che, forse, i valori della famiglia di un separato, inquisi-to per prostituzione di minori, fossero un po’ diversi da quelli che predicava il Cristo, ma ovviamente il mio professo-re si rifà a una morale che oramai è bi-gotta. Per le stesse motivazioni ritengo che la proposta dell’onorevole Carlucci, per la formazione di una commissione d’inchiesta parlamentare per la censu-ra dei libri scolastici, sia una fantastica idea. Finalmente, a mio parere, si ini-zia a pensare a un controllo all’interno delle scuole statali lasciate all’anarchia di pensiero e in balia di un inferno ros-so di professori. Noi alunni ci doman-diamo perché, se la nostra famiglia ha ideologie di destra, dovremmo essere costretti a leggere gli elogi di personag-gi come Berlinguer e Togliatti?

Segue a pag. 12

Inculcatemi la cultura!

Page 12: L'Ora di Giurisprudenza numero 2 anno II

L’Ora di Giurisprudenza12Continua a pag. 12 Perché, se proveniamo da diverse ra-dici, dovremmo avere la possibilità di aprire i nostri orizzonti, e iniziare a pensare che oltre a quello che ci viene giustamente insegnato in famiglia po-trebbe esserci qualcos’altro? A noi non va!È molto più semplice apprendere uni-lateralmente, affidarsi a una censura sanatoria e non dover più preoccuparsi di cadere nel richiamo millantatore del pensiero.Purtroppo, se mai questa proposta venisse approvata, sicuramente non passerebbe un controllo di costituzio-nalità. Pertanto ho preso una decisione importante, l’anno prossimo, per fre-quentare l’ultimo anno di scuola supe-riore, mi iscriverò ad una scuola priva-ta dove finalmente avrò la possibilità di apprendere ciò che i miei genitori vogliono che io apprenda, senza dover compiere sforzi inutili nell’elaborazio-ne di pensieri personali, e senza, so-prattutto, dover sopportare coloro che

si spacciano per professori e cercano di farmi crescere con idee da brigatista e in ossequio alla magistratura.Tratte queste conclusioni non mi resta che essere orgogliosa del programma governativo per la pubblica istruzione, un bel taglio netto che, di certo, non si occupa dei veri problemi della scuo-la statale e non offre garanzia per la mancanza di meritocrazia all’interno del nostro sistema educativo, ma sem-plicemente lo priva anche delle poche possibilità di rianimarsi cosicché tutti possano capire l’errore di frequenta-re una scuola statale e si avvicinino a scuole private più consone ai loro stu-di. È per questo che sono felice di es-sere nata in un paese come l’Italia, e, soprattutto, ringrazio per la possibilità di avere un Premier che non ha paura di sacrificare i valori costituzionali e la sua funzione di rappresentante del-la Nazione per difendere l’interesse di una scuola privata per pochi, piuttosto che l’importanza di una scuola pubbli-ca di tutti. Benedetta Scuderi

Giornata Internazionale contro l’omofobia

17 maggio

CONTRO L’OMOFOBIAL'omofobia e' ignoranzavincerla e' conoscenza

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13Maggio 2011

Decliniamo la parola impe-gno e abbiniamola all’agget-tivo che più ci piace. Impe-

gno sociale, impegno civile, impegno umanitario, impegno politico.Ognuno di noi quando si impegna e lo fa con passione e costanza ha il diritto di veder riconosciuto almeno il merito di essersi speso in qualcosa, di esser di-ventato gramscianamente partigiano. Di non esser rimasto cioè, in quello stato di parassitismo, di abulia proprio dell’indifferenza.Come dice Stéphane Hessel: “in questo nostro mondo esistono cose intollera-bili. Per accorgersene occorre affina-re lo sguardo, scavare. Ai giovani io dico: cercate e troverete. L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti. Comportandoci in questo modo, per-diamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indi-spensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue”.Quello che spinge una persona ad im-pegnarsi in qualcosa forse è proprio questo: l’indignazione per quello che vive, per le ingiustizie che vede, per le disparità che percepisce.Anche Palmiro Togliatti diceva, non più tardi del 1964, che il tratto fonda-mentale nell’animo delle giovani ge-nerazioni è una potente spinta verso la libertà. “Libertà” da intendersi nel significato più ampio del termine. Li-bertà che vuol dire consapevolezza so-prattutto. Perché senza consapevolezza

non si è cittadini responsabili .Andrea Camilleri ce lo ha detto du-rante l’incontro nella nostra Facoltà lo scorso 4 aprile: “Ragazzi, il volontaria-to è importantissimo. Ma non dimen-ticate mai l’impegno politico. Perché la politica lasciata fare ad altri sarà sem-pre fatta contro di voi.” Questa frase, per noi giovani studenti che cercano di cambiare e migliorare l’ambiente in cui vivono, nella fattispecie l’università, rappresenta un grande insegnamento. Capire cioè che si deve diventare, per quanto possibile, protagonisti nella creazione di quella che vorremmo es-sere la realtà con cui ci misuriamo, che non bisogna lasciare ad altri il privile-gio di sapere, conoscere, capire e agire.E l’impegno politico è proprio questo: l’idea di mondo che si fa praxis. Il vi-brante entusiasmo che si traduce in organizzazione, in proposta, in alter-nativa.Sempre Camilleri poi aggiungeva che: ”chi non è mai sconfitto è un eroe gre-co. Noi conosciamo la sconfitta, siamo stati ripetutamente sconfitti, ma que-sto non significa RESA. Arrendersi è sbagliato. Continuare ed insistere co-erentemente nelle proprie idee è l’im-portante, e se si cambia idea lo si deve fare con lacrime e sangue.” Perché sì, impegno politico è anche sinonimo di caparbietà. Di caparbietà e coerenza.De gregori ci regala queste parole in una sua canzone: “E poi ti dicono: tut-ti sono uguali. Tutti rubano alla stessa maniera. Segue a pag. 14

Nessuno si senta escluso

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L’Ora di Giurisprudenza14Continua da pag. 13

Ma e’ solo un modo per convincerti a re-stare chiuso dentro casa quando viene la sera: perché la storia siamo noi.” Niente di più vero. Ogni mo-mento della storia umana ha i suoi com-piti, la sua novità, la sua originalità e non la si scopre se si guar-da all’indietro. Ogni generazione deve es-sere inevitabilmente responsabile nel far sua l’eredità del pas-sato e coniugarla con linguaggi nuovi.E se la partigiana Gio-vanna Marturano, a 99 anni, trova la forza di urlare a Porta San Paolo che questo non è il paese per cui lei e gli altri partigiani hanno lottato durante la Resistenza, i giova-ni, i meno giovani, la società civile, noi tutti insomma, non possia-mo non fare qualcosa. Qualsiasi cosa, per cambiare.

Sara Quaranta

Ladri di ideali

“Dei loro sacrifici il mondo è testimone da sempre, con compostezza e coerenza, rifug-gendo le strumentalizzazioni.” Curioso, se

non grottesco, che a parlare di strumentalizzazione siano proprio loro. Il riferimento va ad un gruppo di studenti aderenti alla lista “Azione Universitaria” che nei giorni scorsi invitava a sottoscrivere una petizione per intitolare l’aula 1 di Giurisprudenza a Falcone e Borsellino. Iniziativa indubbiamente am-mirevole, se non fosse stata proposta da chi, della mafia e di chi lotta per sconfiggerla non sembra es-sersi mai interessato troppo: nessun “dovere mora-le” da adempiere ma solo un goffo tentativo di fare propri dei martiri il cui sacrificio non può, di per sé, essere riconducibile a nessuno schema partitico.Per questo e non solo, la capillare quanto dramma-tica diffusione della criminalità mafiosa in tutto il territorio italiano, con l’oppressione culturale che ne consegue, non può e non deve lasciare insensi-bili davanti ad una tale “appropriazione indebita”. Il suggerimento è quello di lasciare questa lotta a co-loro che si dedicano totalmente a questi ideali fino a mettere in gioco la propria vita, e non a chi sostie-ne un capo di governo che confonde la figura dell’ “eroe” con quella del boss Vittorio Mangano.

Pierdanilo Melandro

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15Maggio 2011

Stephane Hessel ha 93 anni, è stato internato nei campi di concentramento, è stato parti-

giano, è stato diplomatico ed ha con-tribuito a redigere la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Poco tempo fa ha pubblicato un pedagogi-co e sorprendente pamphlet dal titolo molto accattivante, “Indignatevi”.Que-sto testo ha avuto un successo clamo-roso ed è diventato un best seller in Francia; ad oggi è stato tradotto in una ventina di lingue. È un testo leggero che però suscita un insieme di emozio-ni incontrollabili che si interscambia-no e che risvegliano nell’intimo di una persona molte riflessioni. Il titolo con-tiene nella parola indignarsi il termine dignità, che è un chiaro riferimento all’art. 1 della Dichiarazione Universa-le dei Diritti Umani in cui si dichiara

che: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti…”,è proprio in riferimento a queste parole che scaturisce la riflessione di Hessel per cui nel momento in cui la dignità di un individuo viene calpestata allora è doveroso indignarsi;da questa rifles-sione il titolo del pamphlet. È un testo rivolto a tutti, ma soprattutto ai giova-ni che vengono esortati in ogni pagina a svegliarsi,a creare reti estese per far nascere una società fraterna, a riflet-tere su ciò che accade intorno a loro. L’esortazione è prima sommessa, si in-sinua nelle parole di Hessel usate per narrare le vicende storiche che lo han-no coinvolto, poi diventa vivida, fer-ma ed esplicita nelle parole “troverete situazioni concrete che vi indurranno a intraprendere un’azione civile risoluta

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Indignatevi! (tratto dal pamphlet di Stéphane Hessel)

Via Giulio Rocco, 37/39 RomaTel. 06.64420211

Orari: Lunedì - Venerdì 7.30-20.00

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L’Ora di Giurisprudenza16

Habemus Papam:la storia di un neoeletto Papa (Michel Piccoli) che, di fronte all’enormità del ruolo per cui è stato scelto (da Dio?), si sente estremamente confuso e si inter-roga sul suo essere all’altezza o meno dell’incarico; al fine di risolvere il dis-sidio interiore del pontefice, i cardinali del conclave fanno perfino ricorso ad uno psicanalista (Nanni Moretti), che viene convocato a S. Pietro. Ma la vera terapia per il protagonista, sembra es-sere il suo vagare per le strade di Roma, mentre in solitudine ascolta il proprio animo e ripercorre i nodi e i punti di svolta della sua vita.L’interpretazione di Piccoli è probabil-mente la punta di diamante del film: la sua recitazione sobria e commovente conferisce credibilità al personaggio e gli dona una verità, che si indovina ne-gli occhi teneramente spaesati dell’uo-mo, più che del Papa.Affrontare un tema così toccante in una commedia, è la sfida del regista, Nanni Moretti, che colora la storia con

la sua ironia pungente sul tema della psicanalisi, più che sulla Chiesa. Non è infatti quest’ultima, paradossalmen-te, il punto focale del film, ma il sen-so di inadeguatezza dell’essere umano di fronte alla responsabilità del ruolo che è chiamato a coprire all’interno della società: da questo punto di vista l’istituzione religiosa con la sua schiac-ciantemaestosità e con il suo ordine (iper)costituito, non rappresenta altro che il contraltare dell’insicurezza dell’uomo, che ne avverte il peso, e che si doman-da coraggiosamente e con onestà intel-lettuale, se sarà in grado di sopportar-lo. Allo stesso modo, i cardinali con la loro foga di far sì che il pontefice superi il suo momento di impasse, con la loro impazienza, sono gli Altri della vita di chiunque. Gli Altri che pretendono di sapere cosa è meglio, gli Altri che sup-pongono di avere le risposte pronte per chi ancora si sta ponendo le domande. Gli Altri egoisti. Gli Altri che pensano di poter scegliere per noi. Gli Altri che,

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Continua da pag. 15Cercate e troverete!”. Con queste parole Hessel si rivolge ai giovani indifferenti ed al loro mondo affetto da esuberan-te cinismo, scetticismo ed egoismo, li sprona a cercare per trovare qualcosa per cui indignarsi. È un climax di emo-zioni ed esortazioni che ti lasciano ar-ricchito di un quid in più per reagire. Questo testo è scritto per esortare la gente ad impegnarsi ed a leggere per progredire nella ricerca dell’indigna-

zione. Il pamphlet si conclude con la più magica delle esortazioni: “CREA-RE È RESISTERE. RESISTERE È CRE-ARE”.La resistenza ha come obiettivo il creare qualcosa di migliore ed allo stesso tempo per resistere ad una real-tà severa ed ostile è necessario creare qualcosa per cambiare. Allora comin-ciamo a creare e resistiamo ma per fare tutto questo, Indignamoci.

Virginia Mantoan

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17Maggio 2011

a volte, siamo noi.Una lezione di umiltà e di comprensio-ne, dunque.E, se non bastasse, un esempio positivo del percorso di un uomo per ricercare il proprio “sé” più profondo, e per ri-spettarlo, finalmente.

Il discorso del re: In Inghilterra negli anni in cui la Na-zione si prepara ad affrontare lo scop-pio della II Guerra Mondiale,il futuro re Giorgio VI (il premio oscar Colin Firth), si prepara invece ad affronta-re il trono, preoccupato di non poter rappresentare una guida credibile e ca-rismatica per il su popolo, a causa di una grave balbuzie che gli impedisce di comunicare efficacemente in pubblico.Ad affiancare il monarca, e ad aiutarlo con i suoi metodi per niente ortodossi e con le sue maniere poco reverenziali, il (non)logopedista Logue (un eccezio-nale Geoffrey Rush), che pretende di avere un rapporto paritario con lui, e che lo stimola in maniera irriverente a sfidarsi e a vincere la sua paura.Il film di Tom Hooper racconta dun-que il percorso di un uomo ( e non del Re, in questo il film presenta interes-santi sfumature assimilabili a quelle di “Habemus Papam”) alla conquista del-la fiducia in se stesso, nella sua voce, nella forza delle sue parole.Il regista racconta il dramma del sen-so di inadeguatezza in maniera acuta e leggera, poco convenzionale e mai ba-nale, giocando sul filo del pretesto nar-rativo per mostrarci come l’intimità e

l’emotività riportino tutti, compreso il re, sullo stesso piano (se non sociale, quantomeno umano).Per far questo si serve in maniera ma-gistrale della luce e della scenografia: non c’è più luce nel Palazzo Reale, di quanta ce ne sia nella umile, ma gra-ziosa dimora del logopedista; la tap-pezzeria dello studio di Logue, che fa da sfondo -come una quinta teatrale- a gran parte delle scene, rendendole es-senziali ed estremamente dirette, sem-bra rappresentare un simbolo positivo durante tutto il film, accompagnando il protagonista nel miglioramento e infi-ne nella svolta.Toccante e geniale, la scena che vede il Re assistere alla proiezione di un di-scorso di Hitler, tanto comunicativo nella forma quanto detestabile e noci-vo nei contenuti: anche per un occhio poco attento, l’esatto opposto del per-sonaggio.

“C’è chi dice no”:Perché andare a vedere c’è chi dice no.Perché offre una visione dell’Italia to-talmente e terribilmente vera. Un pa-ese in cui chi scrive un libro sull’elogio del merito raccomanda la figlia alla redazione di un giornale, in cui chi è tacciato di essere mafioso per aver gon-fiato la parcella afferma “in Italia si fa così”.La storia è di quelle che conoscia-mo e che temiamo di dover vivere sulla nostra pelle non appena fuori dal nido dell’università.

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L’Ora di Giurisprudenza18

Dopo il successo del 2008 con il concept album “Le dimensioni del mio caos”,Caparezza dal 1°

marzo è tornato sulle scene con quello che probabilmente è il miglior lavoro da lui svolto fin ora: “Il sogno eretico”.In questo album il cantautore di Mol-fetta ci propone 16 tracce di pura ere-sia, di cui le prime due sono dei sempli-ci incipit i quali, secondo la traduzione

“caparezziana”, ben si prestano a met-tere in evidenza alcune delle nozioni alla base di questo disco: non soltanto l’eresia, vista dall’ autore come la cura per un paese in cui è tornato ad impe-rare il dogma, ma anche la schizofre-nia del Caparezza-artista, concetto che si protrarrà fino alla fine dell’album in una sorta di crescendo che si conclude con il folle brano “ Ti sorrido mentre

Caparezza: un eretico moderno

Continua da pag. 17

Si mostra la vita dei trentenni di oggi da vari punti di vista, si usano le vite dei tre protagonisti per fornire modelli diversi, anche di raccomandati.C’è la ragazza inconsapevole racco-mandata da padre che scoprendo di aver rubato il lavoro ad un altro af-ferma:” ho che Guevara in camera e rubo il lavoro al figlio di un ferroviere”, il “mantenuto di turno che ottiene la cattedra in diritto penale solo per aver sposato la figlia del rettore e l’austra-

liana, moglie del figlio raccomandato del primario, che rimane sconvolta alla scoperta del vero volto italiano.Le raccomandazioni si combattono con lo STALKING, facendo impazzire le proprie vittime, arrivando a far se-guire tutti i raccomandati da uomini vestiti di nero.È un film che lascia con una serie di interrogativi e con un forte senso di ingiustizia. Con la voglia di cambiare tutto. Francesca Semeraro

Alessia Ragusa

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19Maggio 2011

affogo”;questa traccia si rifà a delle so-norità proprie dei “System of a Down”, con un testo paradossale, divertente, pieno di giochi di parole che mostra tutta la vivacità e l’intelligenza di que-sto cantautore.Caparezza ci propone un’ ampia gam-ma di tematiche che spaziano dalla politica alla cultura generale fino alla stessa vita dell’artista, sviluppando delle vere e proprie cavalcate RAP in grado di appassionare e sconvolgere l’ascoltatore.La politica italiana è il tema principale della canzone che, ad opinione di chi scrive, è da considerarsi la migliore dell’album dal punto di vista stilistico, musicale e letterario;si parla della scot-tante requisitoria intitolata “Non siete stato voi”. Il testo è uno dei rari casi in cui Michele Salvemini non distorce la propria voce ma mantiene la vocalità naturale, poiché come dice lo stesso ar-tista “ Questa è una canzone di Michele Salvemini più che di Caparezza”. Il te-sto possiede una profondità e una te-matica così forti e significative che l’u-nico modo per capirlo fino in fondo è leggerlo e ascoltarlo. E’ un brano figlio del teatro canzone di Gaber, provate ad ascoltare “io se fossi Dio” per esem-pio. Il messaggio intrinseco che vuole inviare questa canzone è un risveglio della coscienza popolare di fronte alla grave situazione di degrado raggiun-ta da questo paese; e di conseguenza vuole incitare il cittadino a ribellarsi. Proprio la ribellione, o per usare le pa-role dell’artista la “revolution”, è il tema della penultima canzone dell’album:

“La ghigliottina”, brano molto vicino ai Muse di “ Uprising” per gli argomenti trattati. Caparezza si appella a Georges Jacques Danton, politico e rivoluzio-nario francese del ‘700, per chiedergli “come si fa la rivoluzione” data la grave situazione in cui versa il paese; oltre al testo è interessante anche l’arrangia-mento che ne raccoglie l’atmosfera.Un particolare arrangiamento musi-cale rende degna di nota la canzone da cui prende il nome lo stesso album “Sono il tuo sogno eretico”,brano che sulle note di un ritmo medievale met-te in fila illustri eretici quali:Giovanna d’Arco, Savonarola, Giordano Bruno e Galileo, tutti considerati degli “eroi morali” da Michele Salvemini.Concludendo direi che questo album sembra essere una delle poche luci nel panorama musicale italiano. Mentre, per quanto riguarda la carriera di Ca-parezza, quest’ album rappresenta un lavoro ancora più lungimirante e ma-turo che attraverso i suoi testi e le sue contaminazioni musicali, con le quali è capace di creare una corrosiva miscela di rap, rock ed elettronica, riesce a far riflettere e allo stesso tempo riesce a far manifestare in chi lo ascolta moltissi-me emozioni, rischiando tuttavia di non essere capito e di essere considera-to dalla critica come “Il solito alternati-vo finto-comunista”.

Teodoro Mondelli

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