testi sull'ulivo

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1 Esercitazione per corso MOOC DOL a.s. 2013/14 E-book elaborato da Pulvirenti Antonella ATTIVITÀ TRASVERSALE DI LETTURA E ANALISI DI TESTI A TEMA “L’ULIVO” PENSATO PER UNA CLASSE 4^/5^ DI SCUOLA PRIMARIA

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ATTIVITÀ TRASVERSALE DI LETTURA E ANALISI DI TESTI A TEMA “L’ULIVO”PER CLASSE 4^/5^ DI SCUOLA PRIMARIA

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Page 1: Testi sull'ulivo

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Esercitazione per corso MOOC – DOL a.s. 2013/14

E-book elaborato da Pulvirenti Antonella

ATTIVITÀ TRASVERSALE

DI LETTURA E ANALISI DI TESTI

A TEMA “L’ULIVO”

PENSATO PER UNA CLASSE 4^/5^

DI SCUOLA PRIMARIA

Page 2: Testi sull'ulivo

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INDICE

STORIA DELL'OLIVO - TESTO INFORMATIVO

L'ULIVO, DONO DEGLI DEI - TESTO NARRATIVO

FANTASTICO (MITO)

COME COLTIVARE GLI ULIVI - TESTO REGOLATIVO

FILASTROCCA DELL'OLIO - TESTO POETICO

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STORIA DELL'OLIVO

- TESTO INFORMATIVO -

storico.org

Le origini di una pianta e di una tradizione di Simone Valtorta

L’olivo è stato forse il primo albero «addomesticato» dall’uomo: la sua storia e

quella delle civiltà affacciate sul Mediterraneo si intrecciano da almeno

settemila anni, tanto che costituisce una delle colture più importanti e

caratteristiche della regione mediterranea. Le ricerche condotte a partire dagli

anni Cinquanta hanno infatti rivelato i vantaggi offerti dall’alimentazione

tradizionale mediterranea rispetto alla dieta praticata nei Paesi dell’Europa

Settentrionale e del Nord America: il consumo di pasta, pane, frutta, verdura,

legumi, pesci e carni bianche, e l’uso dell’olio d’oliva come condimento aiutano

ad evitare le «malattie della civilizzazione» come l’infarto, l’arteriosclerosi,

l’appendicite, la colecistite ed alcuni tipi di tumore. Ma se le olive e l’olio d’oliva

rappresentano oggi quasi esclusivamente cibo e condimento, nelle epoche

passate l’olivo garantiva, oltre a necessità vitali, molte raffinatezze e comodità.

Uliveto a Porto Leone (Grecia) - Simone Valtorta, 2011

Il Mediterraneo inizia e finisce con l’olivo ed i loro confini coincidono dalle coste

di Siria e Palestina fino all’Oceano Atlantico. Antiche raffigurazioni, relitti

sottomarini e descrizioni dei protagonisti raccontano un viaggio lungo il quale

l’olivo vede nascere alcune tra le più grandi città del mondo antico: Tiro in

Fenicia, Atene in Grecia, Cartagine in Africa e Cadice in Spagna. L’olivo è

divenuto il simbolo mediterraneo per eccellenza: le sue fronde simboleggiano

la pace, l’onore e la vittoria, proteggono i supplici e gli ambasciatori. È un

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albero benedetto e può trasmettere benedizioni: il suo olio misto a balsamo

unge i Re, i Profeti, i Sacerdoti, i Vescovi, e li consacra; unge i credenti,

infonde loro vigore, speranza e salvezza, scandendo la nascita, la morte ed i

momenti più importanti della loro vita. L’olio d’oliva è l’offerta prediletta da Dio

ed arde sul Suo altare: la fiamma alimentata da olio d’oliva è simbolo della

fede dell’uomo e della presenza di Dio. L’olivo è veicolo di attributi sacri, segno

divino, offerta consacrata e fonte di ispirazione artistica: durante molti millenni

ha presenziato ai riti ed alle manifestazioni spirituali delle civiltà mediterranee;

nell’Oriente antico, nelle religioni del mondo classico, nella fede cristiana,

ebraica e musulmana, gli olivi e l’olio d’oliva sono partecipi della realtà umana

e del mondo divino, offrendo alla fede dell’uomo la materia ed i simboli più

sacri. Molti oggetti descritti nei miti e nelle leggende delle civiltà mediterranee

sono fabbricati in legno d’olivo: la clava di Ercole, il letto di Ulisse, il palo con

cui Ulisse accecò Polifemo, la mazza del ciclope, l’ascia dell’eroe Pisandro, il

simulacro della dea Atena nel Partenone, le statue degli angeli nel Tempio di

Salomone a Gerusalemme…

La storia dell’olivo affonda le radici in epoche incredibilmente antiche: già

dodici milioni di anni fa, molto prima della comparsa dell’uomo sulla Terra,

sulle coste del Mediterraneo esistono molte varietà di alberi del genere «olea».

La loro distribuzione è determinata dalla latitudine, dagli ambienti e soprattutto

dal clima.

Settemila anni fa, dopo la creazione dei primi villaggi di agricoltori, l’uomo

inizia a selezionare le piante di olivo, a potarle ed innestarle. La propagazione

dell’olivo è un’importante conquista economica e culturale: richiede infatti

sofisticate nozioni botaniche e una struttura sociale organizzata e solida,

poiché ci vogliono molti anni prima di raccoglierne i frutti. Sulle coste

dell’attuale Israele sono state rinvenute tracce dell’olio più antico che si

conosca, estratto oltre seimila anni fa dai frutti di olivi selvatici.

Cinquemila anni fa, quando gli uomini inventano la scrittura, l’olio di oliva è

già un prodotto prezioso e i mercanti attraversano il deserto ed il mare per

portarlo alle città della Mesopotamia e dell’Egitto. L’olio viene trasportato nelle

anfore, robusti recipienti in ceramica forniti di una stretta imboccatura che può

essere sigillata con tappi di legno o cera, oppure è contenuto in preziosissimi

vasetti. Navigatori orientali prima e poi Fenici, Micenei e Greci commerciano

l’olio d’oliva e gli unguenti profumati. Grazie a questi contatti, le antiche

popolazioni delle regioni costiere che oggi chiamiamo Grecia, Sicilia, Sardegna,

Tunisia, Italia, Francia e Penisola Iberica scoprono le straordinarie virtù dell’olio

d’oliva e imparano le tecniche di coltivazione dell’olivo.

L’olivo inizia da Tiro di Fenicia il proprio viaggio che si svolge sotto la

protezione di Melqart, dio fenicio della vegetazione, della navigazione e delle

spedizioni coloniali, più tardi identificato con Eracle/Ercole. A Tiro, nel tempio

di Melqart, «c’è un luogo sacro all’interno di un recinto in cui cresce un olivo

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dalle fronde luminose e da lui nasce un fuoco che arde con grandi fiamme fra

le sue fronde» (Achille Tazio). A bordo delle navi dei Fenici di Tiro, l’olivo

oltrepassa lo stretto di Gibilterra e a Cadice un olivo di smeraldi, posto in un

altro tempio di Melqart, segna la fine del viaggio e del Mare Mediterraneo. A

Ebla, in Siria, sono documentati veri e propri oliveti e una forte produzione

d’olio. Fra gli Ittiti e in Egitto l’olio di oliva viene adoperato per cerimonie di

consacrazione e rituali che ricordano le unzioni dell’Arca dell’Alleanza e dei Re

d’Israele narrati nella Bibbia; l’Egitto deve importare enormi quantità di

unguenti necessari per l’imbalsamazione dei defunti ed il culto. Preziosi vasi in

pietra ed in pasta di vetro garantiscono la conservazione di questi oli nel corso

dei lunghi viaggi da un capo all’altro del Mediterraneo.

L’olivo raggiunge la Grecia e già cinquemila anni fa gli abitanti di Creta e del

Peloponneso si nutrono di cibi cotti in olio d’oliva. Quattromila anni fa Minosse

di Creta e poi i Re micenei sono grandi produttori di olio, che commerciano in

Italia Meridionale, Sicilia e Sardegna. Nell’Atene classica l’olivo gode di una

considerazione eccezionale: l’albero piantato sull’Acropoli dalla stessa dea

Atena è il simbolo della città, ne incarna la sopravvivenza e la prosperità. Le

leggi ateniesi proteggono gli olivi sacri (chi li estirpa può essere addirittura

messo a morte!) e ne regolano la coltura: l’olio che producono ed una corona

delle loro fronde intrecciate premiano i cittadini vincitori dei giochi panatenaici

che si svolgono in onore della dea Atena. L’olio è usato soprattutto per la cura

e l’igiene del corpo, come dimostrano moltissimi vasi che raffigurano scene di

gineceo o di ginnasio. In misura minore l’olio è utilizzato per l’alimentazione,

come lubrificante o per l’illuminazione (un litro d’olio può alimentare un lume

per almeno duecento ore); i lumi più antichi alimentati con olio d’oliva

risalgono a quattromila anni avanti Cristo: ogni lume è costituito dal serbatoio,

contenente il liquido combustibile, e da uno stoppino a cui appiccare il fuoco.

L’olivo fa una prima timida comparsa in Italia tremilacinquecento anni fa, e

si diffonde ad opera dei mercanti fenici, cartaginesi e dei coloni greci

soprattutto a partire dal VII secolo avanti Cristo. Nelle città italiche della

Magna Grecia l’olio d’oliva è necessario per l’alimentazione, la cosmesi, i riti,

l’illuminazione e la salute del corpo. Etruschi e Italici acquistando l’olio dai

mercanti greci e fenici iniziano ad apprendere le tecniche di coltivazione

dell’olivo e di estrazione olearia: in breve tempo le popolazioni di molte regioni

italiane impiantano oliveti e producono olio d’oliva che dà origine ad un

commercio interno sempre crescente. Per vari secoli si importano dalla Grecia

soprattutto oli di pregio, cosmetici e profumi esotici, prodotti nei centri più

rinomati del Mediterraneo Orientale. Autori latini come Catone e Columella

scrivono volumi per spiegare come si devono coltivare gli olivi e come si

produce l’olio migliore. A Roma, capitale dell’Impero, ogni anno giungono

trecentoventunmila anfore contenenti duecentoventiquattromila quintali di olio.

L’olio d’oliva e l’olivo arrivano sulla costa mediterranea ed atlantica della

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Penisola Iberica nell’VIII secolo avanti Cristo ad opera dei mercanti fenici. I

Fenici di Tiro fondano Cadice vicino alle Colonne d’Ercole, e la città fa da

tramite fra il mondo mediterraneo e quello delle genti locali. Ceramiche, avori,

gioielli, profumi e tutte le merci di lusso provenienti dall’Oriente servono ad

acquistare i metalli di cui la Spagna è ricca: rame, argento, oro. Durante i

primi secoli dell’Impero Romano, la Spagna diviene la principale provincia

olearia mediterranea.

Duemila anni fa, all’inizio dell’Era Cristiana, l’olivo è ormai una delle

principali colture agricole del Mediterraneo. L’olio è indispensabile in molti

aspetti della vita quotidiana e milioni di anfore olearie vengono trasportate dal

Mediterraneo alle più remote province dell’Impero Romano. Frammenti di

anfore olearie usate per il trasporto dell’olio proveniente dalla Penisola Iberica

e dall’Africa, a Roma hanno formato una collina artificiale chiamata «Monte

Testaccio». È un monumento unico al mondo: situato nel lembo più

meridionale della pianura compresa fra il fiume Tevere e il colle Aventino, il

Monte Testaccio è alto quarantanove metri, con una circonferenza di un

chilometro ed una superficie di ventiduemila metri quadrati. Il monte è il

risultato di un accumulo metodico e protratto nel tempo di anfore contenenti

olio che, scaricate nel vicino porto fluviale, dopo lo svuotamento venivano

sistematicamente spezzate e ridotte in frammenti prima di essere trasportate e

depositate in un’area adibita a discarica a ridosso dei magazzini. Diversamente

dalle anfore destinate al trasporto di prodotti quali vino, miele ed olive, le

anfore olearie infatti non erano riutilizzabili a causa della facile e rapida

alterazione dei residui d’olio. Il problema dello smaltimento rapido ed

economico di tali voluminosi «vuoti a perdere» fu risolto con questa discarica,

ove dall’epoca augustea i frammenti vennero accatastati con la massima

economia di spazio e con la sola deposizione di calce che, destinata ad

eliminare gli inconvenienti causati dalla decomposizione dell’olio, ha

rappresentato per i cocci anche un ottimo elemento di coesione.

Nell’antichità è più costoso trasportare un carico su carro per

centocinquanta chilometri che farlo viaggiare per nave da un capo all’altro del

Mediterraneo: per questo i commerci oleari si svolgono soprattutto via mare o

lungo i fiumi navigabili, come viene ben documentato al «Museo Navale

Romano» di Albenga. Il commercio oleario è controllato dallo Stato, che

interviene quando gli armatori non riescono a soddisfare le esigenze del

mercato: l’Annona imperiale provvede direttamente ai rifornimenti per la

popolazione di Roma e per le truppe acquartierate lungo i confini settentrionali

dell’Impero; a questo scopo vengono ammassate notevoli quantità di generi

alimentari e buona parte della produzione di olio d’oliva.

Ma nel V secolo l’olivo viene travolto dalla crisi politica, economica e militare

dell’Impero Romano d’Occidente. Alberi di olivo sono coltivati solo attorno ai

monasteri o ai centri urbani più importanti. Dopo la fine del mondo antico,

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l’olio di oliva è di nuovo raro e prezioso in Europa ed è riservato ai riti religiosi

o a pochi privilegiati. In Oriente, invece, nello splendore delle corti e nelle

tende, lumi ad olio in ottone ed in argilla con superficie invetriata, ed oli

profumati – che soffondono atmosfere da Mille e una notte – continuano una

tradizione millenaria.

È solo durante il Settecento che le oliere si diffondono nei Paesi dell’Europa

mediterranea, dove i dettami dell’etichetta ed il modo di vita francese si

impongono alle corti e sulle tavole della nobiltà europea. Proprio l’oreficeria e

l’argenteria francesi producono durante il Seicento ed il Settecento le loro più

elevate espressioni artistiche, soprattutto in relazione alla committenza

dell’aristocrazia e della casa reale; particolare nelle oliere di produzione

francese la forma «a barca» dei supporti in argento, ispirata a modelli di

centrotavola medievali e rinascimentali usati per contenitori di sale, pepe,

spezie ed oggetti vari. Il panorama degli argenti italiani è invece arricchito

dalla presenza di numerosi ambiti regionali, con centri caratterizzati da

particolari scelte artistiche e decorative, tutte di grande qualità: gli acquirenti

commissionano il lavoro rivolgendosi direttamente agli argentieri e la qualità

dell’oggetto che viene loro offerto è testimoniata dall’imposizione di marchi che

contrassegnano la provenienza, l’officina, il maestro argentiere e la «bontà»

del metallo impiegato. La diffusione delle oliere da tavola giunge rapidamente

nelle case più agiate del Nord Europa, coinvolgendo anche Paesi molto lontani

dalle aree produttrici di olio d’oliva: sorprende la capacità di penetrazione di

modelli culturali e alimentari dell’Europa Meridionale sino in Germania,

Svizzera, Austria, Gran Bretagna e nelle Fiandre.

Ulivo bimillenario a Kastos (Grecia) - Simone Valtorta, 2008

Ma quando si parla di olivo l’immaginazione corre rapida alla terra per

eccellenza di questa pianta, la Liguria: dalle Alpi liguri discendono le vallate che

precipitano al mare – valli e dorsali scoscese, fatte di pietra ricoperta da un

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sottile strato di terra. Per rendere le colline coltivabili è stato necessario un

ciclopico lavoro di terrazzamento: costruire dei muri per contenere la poca

terra e solo così renderla coltivabile. Sulla roccia si è creata la base del muro,

eretto con la pietra ricavata sul posto e l’invaso riempito con la terra raccolta

attorno. Così, dal basso in alto, fascia dopo fascia, è nata la Liguria: pietra su

pietra, con le mani degli uomini, per secoli e secoli, dal mare fin su alla

montagna. Quando si impianta un oliveto, a protezione dello stesso viene

innalzata un’edicola, che ospita un’immagine sacra o una statuetta di un Santo

o della Madonna.

In età medievale e moderna, la misurazione dell’olio di oliva è fatta

mediante unità di peso e di volume stabilite e controllate dalle autorità. In ogni

centro urbano esistono magistrati preposti alla conservazione ed alla

sorveglianza delle misure comunali: nel Medioevo ad Oneglia sono chiamati

«Rasperii» e a Porto Maurizio «Ministralis»; essi controllano che le misure

usate corrispondano al «barile», un’unità di volume che varia da sessanta a

sessantacinque litri circa, secondo le zone. L’olio prodotto in Liguria è

trasportato via terra con otri caricati su muli che risalgono le valli alpine in

lunghe carovane; tuttavia la maggior parte dell’olio lascia la costa ligure dentro

barili di legno, fabbricati a migliaia appositamente per il commercio oleario.

Dalla seconda metà dell’Ottocento l’olio della Riviera prende il mare diretto

in Francia, Inghilterra e Germania; poi, al seguito degli Italiani all’estero, varca

gli oceani e conquista i mercati del Nord e del Sud America, e dell’Australia.

Alla fine degli anni Venti del XX secolo dal porto di Oneglia e da Porto Maurizio,

a bordo di navi a vela e a motore, partono duecentonovantaseimila quintali di

olio di oliva confezionato in latte litografate, variopinte e spesso fantasiose nei

marchi e nelle decorazioni. Alla fabbricazione di questi imballaggi lavorano

diverse aziende di Imperia che sono all’avanguardia nel settore: la ditta

Renzetti di Oneglia, per esempio, ha prodotto nel corso di sessant’anni di

attività circa settemila marchi oleari che documentano l’importanza dell’olio

ligure in ogni parte del mondo.

Ai tempi nostri, l’olivo è uno degli elementi più importanti del paesaggio e

della cultura del Mediterraneo. Dal Medioevo, attraverso i secoli, sono nate e si

sono consolidate le tradizioni delle grandi zone oleicole di oggi: Grecia, Italia,

Spagna. L’olivo e l’olio sono una presenza indispensabile al nostro benessere

quotidiano, oltre che un richiamo alla nostra storia più antica e più vera. A

buon diritto all’olivo è stato dedicato un ampio museo ad Imperia, che – nelle

marmoree sale di uno storico palazzo – unisce in modo magistrale tradizione e

modernità: non vi si trovano solo anfore ed oggetti d’uso quotidiano, ma anche

modelli di navi mercantili, audiovisivi, e persino ricostruzioni in grandezza

naturale di stive di navi romane, frantoi medievali ed altri ambienti tipicamente

legati alla millenaria storia dell’olivo, tanto che sembra non di vedere

«dall’esterno» un percorso storico, ma di trovarsi all’interno della Storia stessa.

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L'ULIVO, DONO DEGLI DEI

- TESTO NARRATIVO FANTASTICO (MITO)-

https://sites.google.com/site/raccontimitologia/cosi-nacque-l-ulivo

Poseidone, dio del mare, non si accontenta di aver ottenuto, nella spartizione

del regno del padre Crono, la signoria degli oceani. Invidia a suo fratello Zeus il

dominio del cielo ed è avido di terre, che contende, appena può, a tutti gli altri

dei.

Poseidone abitava in uno stupendo palazzo sull'isola di Eubea.

La reggia era decorata di madreperla con numerosi intarsi di conchiglie, coralli

e gemme preziose. Quando Poseidone usciva su un carro d'oro trainato da alati

cavalli bianchi, era seguito dalla numerosa corte di tritoni, sirene e nereidi.

Tutte le creature del mare gli ubbidivano e buona parte di quelle della terra lo

temevano perché egli aveva piena signoria sulle onde, i maremoti e le

burrasche marine, che inviava sulle coste quando andava in collera.

Poco lontano dal suo regno c'era una città stupenda, Atene , ricca di splendidi

palazzi di marmo e di templi imponenti, che onorava soltanto la saggia figlia di

Zeus, Atena. Il dio del mare, invidiosissimo, fremeva dalla voglia di diventarne

il signore.

Un giorno arrivò col suo carro veloce sul punto più alto di Atene, l'Acropoli, e

battendo sulla roccia con la sua arma, il tridente, fece sgorgare una fonte

d'acqua marina.

"Ecco la prova che Atene è mia" gridò il dio ai quattro venti.

"Qui sgorga acqua di mare, e io sono il dio del mare...".

La dea Atena si fece avanti, protestando, ma Poseidone la sfidò: "Ah, sì,

questa città è tua ? Te la ridarò se sarai capace di battermi in duello".

"Perché combattere ?" , disse. "Facciamo una gara pacifica : vincerà chi

regalerà agli abitanti di questa terra la cosa più utile".

"Io dono il cavallo!", gridò Poseidone, sicuro di vincere. Che cosa c'era infatti,

per quei tempi, di più utile del veloce cavallo ?

Atena piantò in terra la sua lancia e immediatamente spuntò in quel punto una

piantina dalle foglie d'argento, che crebbe a vista d'occhio : era l'ulivo.

Poseidone s'appellò a Zeus, il quale convocò subito una giuria di dei e di dee,

in numero uguale.

A quel punto chiese loro di dare un giudizio: era più utile il cavallo o l'ulivo dai

frutti preziosi ?

Difficile prendere una decisione. Dopo infinite ed accese discussioni, che si

protrassero per giorni e giorni, l'eccellente giuria non poté emettere un

verdetto definitivo.

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Infatti gli dei erano in favore di Poseidone, mentre tutte le dee erano dalla

parte di Atena.

Vinsero però queste ultime, perché il padre Zeus, come giudice supremo, si

astenne dal voto, dando la maggioranza alle dee.

Così fu evitato il duello nel quale Atena avrebbe senz'altro avuto la peggio.

Da allora l'ulivo divenne il simbolo della pace e tale è rimasto anche ai nostri

giorni.

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COME COLTIVARE GLI ULIVI

- TESTO REGOLATIVO -

it.wikihow.com

1. Coltiva usando un vaso. Alcune specie di olive nane sono molto adatte per essere coltivate nei vasi del giardino. Se decidi di piantare gli olivi in un

vaso, sceglilo di larghezza sufficiente. Il vaso deve essere largo almeno 60

cm e profondo altrettanto. o Assicurati che il terreno abbia un buon drenaggio. Ricorda che il nemico

peggiore degli olivi è un terreno intriso d’acqua. Scegli un terreno

sabbioso o limoso che si può irrigare bene. Assicurati che il terreno sia

completamente asciutto prima di innaffiare di nuovo.

o Sappi che l’olivo in vaso richiede un po’ più di cura e di potatura rispetto a un olivo piantato a terra. La potatura regolare è spesso necessaria, e

molti olivicoltori suggeriscono di evitare che la pianta sviluppi troppi

rami principali. Soltanto tre o quattro rami principali sono spesso la

quantità desiderata. 2. Se pianti un olivo nel terreno, inizia a spargere 9 litri di compost

ricco di azoto o di concime animale ben disgregato nel terreno ogni

3 piante. Evita di concentrare troppo in un solo albero.

3. Porta il pH del terreno a un livello accettabile con l’aggiunta di calce. Se il pH del terreno è al di sotto di 6,5, aggiungi calce al terreno per

aumentare l’alcalinità. Parla con esperti o con i responsabili di una società

di fertilizzanti se vuoi un pH specifico, oppure se vuoi mantenere costante il

valore del pH a 6,5.

4. Rivolta il terreno per almeno 60 cm di profondità e 3 mt di larghezza in prossimità di ogni pianta. Rivoltare il terreno aumenta il

drenaggio e facilita la compattazione, dando un buon avvio agli olivi e la

possibilità di accelerare la crescita.

o Questo processo inoltre mescolerà i fertilizzanti, il limo e altri minerali con il terreno. Piuttosto che concentrare il fertilizzante e il limo sulla

superficie del terreno, meglio distribuirli rivoltando il terreno.

o Dopo aver rivoltato puoi voler livellare con uno strumento adatto, ma

non è strettamente necessario. 5. Pianta gli olivi in pieno sole, all’aperto, allo stesso livello in cui

erano nel vaso. L’ideale è piantare in aprile o in marzo quando non è

probabile che il gelo danneggi le piante.

o Scava una buca delle stesse dimensioni del vaso in cui era piantata la pianta.

o Togli l’albero dal vaso e controlla le radici. Taglia o srotola tutte le radici

che formano un cerchio come meglio puoi, senza disturbare le radici

principali.

o Usa la terra che hai scavato per fare il buco e quella circostante per coprire.

Page 12: Testi sull'ulivo

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6. Innaffia e pacciama l’area con paglia. Pacciamare con la paglia ha

diversi vantaggi: conserva l’acqua, mantiene il suolo fresco, e inibisce la

crescita d’infestanti. Se usi paglia fresca come pacciamatura, cerca di usare

balle danneggiate dalla pioggia, perché sono molto economiche e fanno una grande pacciamatura.

o Si può usare anche altro per la pacciamatura. Erba medica, fagioli di

soia, foglie secche di piselli sono pacciamature eccellenti che

contengono azoto e altri elementi nutrienti per le piante. o Quando pacciami, tieni libera la base del tronco dell’albero. Questo evita

di soffocare l’albero in fase di crescita.

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FILASTROCCA DELL'OLIO

- TESTO POETICO -

webcache.googleusercontent.com

Inversi

di Bruno Tognolini

Filastrocca dell’olio

Nonno dell’olio, sonno dell’oro

Sugo dorato del nostro lavoro

Brillano e colano come promesse

In cinque gocce le tue cinque ESSE

SOLE del cielo che ti dà calore

SALE del mare che ti dà sapore

SASSI nel suolo che dolce ti avvolge

SOLCO d’aratro che lo capovolge

SCURE dell’uomo che taglia e che toglie

Cascano olive, cascano foglie

Cascano foglie, cascano olive

L’oliva muore, ma l’olio vive

(da Rima rimani, Salani, 2002)