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^ssocoTT-ti P clt X qjtigtiìcitx 2897 Assemblea Regionale Siciliana t/ lll LEGISLATURA CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1978 CCLXXX SEDUTA (Pomeridiana) martedì 19 DICEMBRE 1978 Presidenza del Presidente DE PASQUALE indi del Vice Presidente D’ALIA INDICE Commissioni legislative: (Comunicazione di richieste di parere) . (Comunicazione di parere reso) Dimisàoni dell’onorevole locoiano da compo- nente del Consiglio regionale per i beni cul- turali: presidente ....................................... ....... Disegni dì legge: (Annunzio) ..................................................................... « Attribuzione ai Cornimi di funzioni ammini- strative regionali » <462/A) (Discussione) : presidente ....................................................... stornello, Presidente della Commissione e relatore .................................................................... TRICOLI .................................................................... saso ^-SSINA * . . ' ....................................... ' - '^^AORMINA ^ . ................................................. PULLARA . . . . . . . ^PILLO M O R A S S t J T T I ....................................... RUSSA .................................................................... lozione ed interpeUanza (Discussione uiufìcata) P residente ............................................... AMM avuta . ! ................................ ^RILLO morassutti ............................. fede CULICCHIA C iccione . ! ....................................... ^ R P P O !f(, Assessore alVagricolturà e foreste ^SSO MICHELANGELO ................................................ Pag. 2897 2898 2913, 2938 2913 2918 2921 2925 2929 2931 2933 2934 2898, 2913 2899 2906. 2913 2908 2909 2909 2909, 2912 2912, 2913 intervento corretto dall’oratore. La seduta è aperta alle ore 16,35. SASO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che, non sorgendo osservazioni, si intende approvato. Annunzio di presentazione di disegni di legge. PRESIDENTE. Comunico che, nelle date a fianco di ciascuno indicate, sono stati pre- sentati i seguenti disegni di legge: — « Concessione di un assegno alla ve- dova ed ai figli del pescatore Francesco Pas- salacqua, di Mazara del Vallo, ucciso nel Canale di Sicilia » (520), dagli onorevoli Mon- tanti, D’Alia, Martino, Pino, Motta, Man- tione, Saso e Marino, in data 15 dicembre 1978; ^ « Istituzione del molo dei salariati fo- restali » (521), dagli onorevoli La Russa, Ca- pitummino e Plumari, in data 19 dicembre 1978. Comunicazione di richieste di parere da parte del Governo assegnate alle Commissioni legi- slative competenti. PRESIDENTE. Comunico che, in data 18 dicembre 1978, sono pervenute le seguenti richieste di parere dal Governo, assegnate alle competenti Commissioni legislative ai sensi deH’articolo 70 bis del Regolamento interno; Resoconti, f. 402 (500)

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ssocoTT-ti P cltXqjtigtiìcitx 2897 A ssem b lea R eg ion a le S iciliana

t/ lll LEGISLATURA CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1978

C C L X X X S E D U T A(Pomeridiana)

m a r t e d ì 19 DICEMBRE 1978

Presidenza del Presidente DE PASQUALE indi

del Vice Presidente D’ALIA

INDICE

Commissioni leg is la tiv e :

(Comunicazione di r ic h ie s te di p arere) .

(Comunicazione di p arere reso)

Dimisàoni dell’onorevole loco ian o da com po­nente del Consiglio reg ion ale p er i ben i cu l­turali:

p r e s i d e n t e ....................................... .......

Disegni dì legge:

(Annunzio) .....................................................................

« Attribuzione ai Cornimi di funzioni am m in i­strative reg ion ali » <462/A) (D iscussione) :

p r e s i d e n t e .......................................................stornello, P r e s id e n t e d e l la C o m m is s io n e e

r e l a t o r e ....................................................................T R I C O L I ....................................................................saso ❖^-SSIN A * . . ' ....................................... ' -'^^AORMINA ^ . .................................................PULLARA . . . . . . .^PILLO M O R A S S t J T T I .......................................

R U S S A ....................................................................

lozione ed interpeU anza (D iscussione uiufìcata)

Presidente ...............................................AMMavuta . ! ................................

RILLO m o r a s s u t t i .............................fedeCULICCHIACiccione . ! .......................................^ R PP O !f(, Assessore a lV a g r ico ltu rà e f o r e s t e

^SSO M IC H E L A N G E L O ................................................

Pag.

2897

2898

2913, 2938

29132918292129252929293129332934

2898, 2913 2899

2906. 291329082909 2909

2909, 2912 2912, 2913

intervento co rretto dall’o ratore.

La seduta è aperta alle ore 16,35.

SASO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che, non sorgendo osservazioni, si intende approvato.

Annunzio di presentazione di disegni di legge.

PRESIDENTE. Comunico che, nelle date a fianco di ciascuno indicate, sono stati pre­sentati i seguenti disegni di legge:

— « Concessione di un assegno alla ve­dova ed ai figli del pescatore Francesco Pas- salacqua, di Mazara del Vallo, ucciso nel Canale di Sicilia » (520), dagli onorevoli Mon­tanti, D’Alia, Martino, Pino, Motta, Man- tione, Saso e Marino, in data 15 dicembre 1978;

^ « Istituzione del molo dei salariati fo­restali » (521), dagli onorevoli La Russa, Ca- pitummino e Plumari, in data 19 dicembre1978.

Comunicazione di richieste di parere da parte del Governo assegnate alle Commissioni legi­slative competenti.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 18 dicembre 1978, sono pervenute le seguenti richieste di parere dal Governo, assegnate alle competenti Commissioni legislative ai sensi deH’articolo 70 bis del Regolamento interno;

Resoconti, f. 402(500)

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R esocon ti P arlam en tari — 2898 A ssem b lea R eg ion a le Siciliann

V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1975

« Lavori pubblici, urbanistica, comunicazioni, trasporti, turismo e sport »

— Legge regionale 16 maggio 1978, nu­mero 8 (articolo 19). Piano di intervento. (44/V), trasmessa in data odierna.« Giunta per le partecipazioni regionali »

— Azasi. Delibere numeri 727 e 728 del 29 novembre 1978. Programma utilizzo stan­ziamenti ex articoli 2 e 3 legge regionale numero 42 del 1978 (45/GP), trasmessa in data odierna.

Comunicazione di parere reso da Commissione legislativa permanente.

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuto il seguente parere reso dalla Commissione « Agricoltura e foreste » ai sensi dell’arti­colo 70 bis del Regolamento interno nella riunione del 14 dicembre 1978:

— Legge regionale 10 agosto 1978, nu­mero 34. Impiego dello stanziamento per ope­re irrigue.

Dimissioni dell’onorevole locolano da compo­nente del Consiglio regionale per i beni cul­turali ed ambientali.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole locolano, con lettera in data 18 dicembre 1978, ha rassegnato le dimissioni da com­ponente del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali.

Le dimissioni dell’onorevole locolano sa­ranno poste all’ordine del giorno della seduta successiva.

Discussione unificata di mozione e di interpel­lanza.

PRESIDENTE. Si passa al punto secondo dell’ordine del giorno: Discussione unificata della mozione numero 95 e delTinterpel- lanza numero 418.

Invito il deputato segretario a darne let­tura.

SASO, segretario:

« l ’Assemblea regionale siciliana

considerato che malgrado le gravi denun­ce evidenziate in occasione del dibattito svol­tosi in Aula in data 17 maggio 1978, l’As­sessore regionale per l ’agricoltura e le fo­reste continua a rilasciare con decreto di­chiarazioni di attuabilità e utilità di piani di trasformazione presentati dai proprietari concedenti di cui si avallano le manovre per cacciare i concessionari fittavoli e coloni dalle aziende, e ciò per sfuggire aU’immmente leg­ge sui contratti agrari;

ritenuto che le immotivate determina­zioni assessoriali appaiono in contrasto con gli indirizzi della politica agraria nazionale e regionale, volti a tutelare l’interesse gene­rale della produzione agricola, come pre­visto dalle norme vigenti in materia di ecce­zioni alla proroga dei contratti agrari;

impegna il Governo della Regione

a) a revocare con effetti immediati tutti i decreti adottati dall’Assessore regionale per l’agricoltura e le foreste in materia di eccezioni alla proroga dei contratti agrari e riguardanti dichiarazioni di attuabilità e uti­lità di piani di trasformazione presentati da proprietari concedenti, salvo per quei de­creti per i quali sia già intervenuta sen­tenza passata in giudicato;

b) a sospendere, nelle more della defini­tiva approvazione della legge nazionale sui contratti agrari, l’esame istruttorio dei pia­ni di trasformazione e delle connesse dichia­razioni di attuabilità e utilità » (95).

Russo Michelangelo - A m- MAVUTA - TUSA - ViZZINI " A mata - B arcellona - B u a - Cagnes - Careri - Carfì Ch essari - G en tile - Grande - G u eli - L audani - L ucenti - Marconi - Messana - Me ssi- . NA - Monteleone - Motta - R indone - T oscano.

« All’Assessore all’agricoltura e — in relazione alle migliaia di pratiche trasformazione fondiaria presentate da prietari agricoli concedenti terreni a i» zadria.

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{tssoconti P arlam en tari 2899 — A ssem b lea R eg ion a le S iciliana

VOI L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1978

Tali piani di trasformazione agricola pre­vedevano una massa di investimenti verso l’agricoltura in un momento in cui da più parti si richiedeva una diversa e più moderna valorizzazione del patrimonio agricolo con l’intervento diretto del risparmio privato in­teressato, quindi, alla redditività dell’impresa e legato alla funzionalità dell’azienda agri­cola.

Queste pratiche sono rimaste inevase, non sono state istruite amministrativamente e so­lo una decina hanno trovato accoglimento.' Tutto ciò premesso, gli interpellanti riten­gono di dovere sottolineare come il blocco di una istruttoria amministrativa in questo settore sia stato altamente lesivo degli inte­ressi non solo dei proprietari ma dell’agri­coltura siciliana in generale, né può opporsi a tutto ciò la giustificazione politica della difesa dei diritti acquisiti dal mezzadro in quanto questi vengono ampiamente tutelati dalla legge numero 273 del 1947 e dalla successiva numero 527 del 1961, nonché dal­la legislazione siciliana in materia.

Inoltre, va considerato che una larga tra­sformazione agricola avrebbe certamente de­terminato oltre che raumento della produ­zione, l ’impiego complessivo di maggiore ma­nodopera determinando una svolta positiva nel panorama agricolo siciliano cosi come nello spirito delle citate leggi.

Alla luce di tutto ciò, gli interpellanti chie­dono di sapere se il ritardo per la istruzione delle pratiche su citate deve addebitarsi ad una volontà politica precisa e discriminante 0, viceversa, a colpe della burocrazia.

Nel primo caso se ne trarranno le do- vute conseguenze nelle sedi opportune e, nel secondo caso, per sapere se si intendono accertare le sìngole responsabilità » (418).

Grillo Mo rassutti - Mar-CHELLO - T ricom i.

. p r e s id e n t e . Dichiaro aperta la discus­sione.

AMMAVUTA. Chiedo di parlare per illu­strare la mozione numero 95.

p r e s id e n t e . Ne ha facoltà.

AMMAVUTA. Signor Presidente, onore- Mi colleglli, con la mozione che mi appre­

sto ad illustrare intendiamo riproporre all’ attenzione deH’Assemblea e del Governo lo scottante problema degli sfratti ai contadini, rispetto ai quali l’Assessore all’agricoltura continua a comportarsi in modo tale da fa­vorire, a nostro giudizio illegittimamente, i grossi proprietari concedenti nelle loro ma­novre tendenti a cacciare mezzadiT e fitta- voli dalle terre coltivate da questi ultimi.

E non si tratta solo di questo — cosa peraltro, a nostro avviso, molto grave con­siderati gli effetti che sul piano sociale de­terminano le scelte operate ai darmi del con­tadino dall’Assessorato dell’agricoltura — ma anche di verificare come, appunto, queste scelte appaiano in netto contrasto, anzi in contrapposizione con gli indirizzi di politica agraria nazionale e regionale e con le di­rettive di programmazione sottoscritte dalla maggioranza autonomista e confermate nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione.

Abbiamo affermato nella nostra mozione che, malgrado le gravi denunce evidenziate con le interpellanze numeri 244 e 298, illu­strate dall’onorevole Chessari e da me nella seduta d’Aula del 17 maggio di quest’anno, l’Assessore aU’agricoltura ha continuato a rilasciare con decreto dichiarazioni di attua­bilità e utilità di piani di trasformazione presentati dai proprietari concedenti, al solo fine di consentire loro di sfrattare dalle aziende fittavoli e mezzadri in vista della definitiva approvazione della legge nazionale sui contratti agrari.

Tale legge, come è noto, all’articolo 1 abroga tanto le norme concernenti la pro­roga dei contratti agrari prevista al comma primo, lettera a), dal decreto legge numero 287 del 1947, quanto le eccezioni alla pro­roga dei contratti agrari riportate dalla let­tera b) del primo comma del citato decreto- legge; eccezioni alla proroga cui si richia­mano, nelle loro richieste all’Assessorato del­l’agricoltura, per l’approvazione dei piani di trasformazione, i proprietari concedenti.

Abbiamo affermato inoltre nella nostra mozione (come documenteremo ancora una volta nel corso della discussione di oggi) che il rilascio da parte dell’Assessore dei certificati di attuabilità e utilità dei piani di trasformazione presentati dai proprietari appare in contrasto con le norme concer­nenti le eccezioni alla proroga, che pure ven-

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R esocon ti P ar lam en tari 2900 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre igvg

gono invocate dai proprietari e dallo stesso Assessore per creare i presupposti dello sfrat­to ai contadini, e con gli indirizzi della po­litica agraria nazionale e regionale, in base ai quali soltanto può essere definito l’inte­resse generale della produzione agricola. Eb­bene, immediatamente dopo la presentazione della nostra mozione, l ’onorevole Aleppo si è lasciato andare ad incaute dichiarazioni, riportate dalla stampa, secondo le quali tutti gli atti posti in essere dall’Assessorato dell’ agricoltura per il rilascio di dichiarazioni di attuabilità e utilità dei piani di trasfor­mazione sarebbero ineccepibili sotto il pro­filo tecnico, sotto il profilo amministrativo e sotto il profilo politico, per cui risulterebbero prive di fondamento le accuse da noi mosse nella mozione; accuse che, però, prima an­cora della presentazione di tale atto ispet­tivo noi avevamo sostenuto in pubblici di­scorsi.

Le ritorsioni polemiche che ha ritenuto di voler fare l’onorevole Aleppo non possono in alcun modo oscurare né cancellare i fat­ti da noi documentati già in precedenza, anche perché per dimostrare la infondatezza delle nostre accuse e per giustificare il pro­prio operato l’Assessore all’agricoltura è sta­to costretto ad inventare l’esatto contrario del contenuto della « legge quadrifoglio », cui si è richiamato, e del contenuto del pia­no agricolo nazionale.

Ma è bene, forse, parlare di fatti estre­mamente concreti e di rileggere insieme le norme concernenti le eccezioni alla proroga, considerato che l’Assessore all’agricoltura, anche dopo la seduta del 17 maggio, ha continuato a comportarsi nel modo che ab­biamo a suo tempo denunciato, firmando cioè decreti di attuabilità e utilità di piani che nessuna altra utilità avevano se non quella di cacciare i contadini.

Dice la legge 13 giugno 1961, numero 527, la quale modifica l’articolo 1 del de­creto legislativo 1° aprile 1947, numero 273, che « non è ammessa la proroga dei con­tratti » (quindi c’è un’eccezione alla pro­roga) « se il concedente voglia compiere nel fondo radicali ed immediate trasformazioni agrarie, la cui esecuzione sia incompatibile con la continuazione del contratto e il cui piano sia già stato dichiarato attuabile ed utile, tenuto conto dell’interesse generale della produzione agraria e delle esigenze

dell’occupazione della manodopera da parte dell’ Ispettorato compartimentale dell’ agri­coltura, il quale fissa il termine entro cui devono essere compiute le opere di trasfor­mazione ».

Ora, poiché in Sicilia le funzioni deU’Ispet- torato compartimentale sono state devolute all’Assessore all’agricoltura, è chiaro che que­sta funzione viene svolta direttamente da tale Assessorato.

Ebbene, la eccezione alla proroga dei con­tratti agrari, in base all’articolo unico della citata legge del 1961, offre quindi la oppor­tunità al proprietario concedente di ritor­nare a gestire direttamente il fondo solo nel caso in cui presenti un piano di trasforma­zione che tenga conto dell’interesse generale della produzione agricola.

La Corte Costituzionale, con le sentenze numero 147 del 1966 e numero 781 del 1971 ha più volte ribadito la portata e il senso delle disposizioni in materia di proroga dei contratti agrari, sottolineando che l’in­troduzione di leggi in materia di esclusione dalla proroga legale mira a limitare il di­ritto dei proprietari terrieri alla libera di­sponibilità dei fondi di modo che risulti tu­telato l’interesse generale di proteggere la parte del rapporto contrattuale economica­mente e socialmente più debole.

Le leggi sulla proroga dei contratti e le norme in esse contenute concernenti la ec­cezione alla proroga intesero realizzare tale forma di protezione imponendo da un canto la proroga e limitando i casi di deroga, e c[uindi di eccezione, ad eventi tassativa­mente previsti, tra i quali vi è certo l’in­teresse del proprietario a ricavare dalla col­tivazione del fondo maggiori profitti; di qm la possibilità di assumere un’iniziativa radicali trasformazioni, a condizione pero, aggiunge la Corte Costituzionale, che tale interesse del proprietario concedente appaia connesso aU’interesse generale.

In definitiva, l ’unica giustificazione per il

sacrifìcio dell’interesse privato del contraente più debole, cioè del mezzadro o deH’ain ' tuario che potrebbe essere sfrattato, è costi­tuita dal superiore interesse generale de produzione agricola.

Deve verificarsi quindi una c o r r is p o n d e n z a

specifica (lo ricordammo nel dibattitotosi in quest’Aula il 17 maggio) tra tuabilità e utilità del piano di trasformar

at-zione

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Resoconti P arlam en tari — 2901 A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978

presentato dal proprietario concedente e l’in­teresse generale della produzione agricola e le esigenze dell’occupazione: interesse gene­rale della produzione agricola che non può essere verificato in astratto oppure per linee generali (come sembra voler fare l’Assessore aH’agricoltura quando nei suoi decreti af­ferma che il piano è attuabile e utile e cor­risponde agli interessi della produzione ge­nericamente intesa) ma esaminato in rela­zione agli interessi connessi allo sviluppo agricolo delineato dai programmi della Re­gione e dagli indirizzi generali di politica agraria a livello nazionale.

11 parametro principale di riferimento dell’ attuabilità e utilità del piano del proprieta­rio è costituito proprio dalle direttive sta­bilite nei programmi di sviluppo della Re­gione e negli indirizzi nazionali di politica agraria al fine di rispondere all’interesse ge­nerale della produzione agricola e quindi agli interessi generali del paese.

Ebbene, in nessuno dei decreti di attuabi­lità ed utilità dei piani di trasformazione approvati dall’Assessore all’agricoltura si fa riferimento alla compatibilità tra gli obiet­tivi del piano di trasformazione approvato e gli obiettivi specifici di sviluppo di livello settoriale e di livello territoriale che la Re­gione e lo Stato intendono perseguire e che hanno già fissato.

Non è stato cosi tenuto conto dell’avver- timento della Corte Costituzionale con il qua­le si esclude in sostanza che l’intervento pubblico sia rimesso a una mera e discre­zionale valutazione della pubblica ammini­strazione; tale valutazione, invece, va anco­rata esplicitamente a programmi coordinati hi sviluppo che costituiscono la più imme­diata e completa specificazione deH’interesse generale della produzione agricola.

Ora, sotto questo profilo appare chiara- brente una illegittimità delle determinazioni

, assunte dall’Assessorato all’agricoltura per Numerosi provvedimenti adottati; determina­zioni che non possono ignorare, né tanto bjeiio contrastare, il dettato costituzionale e Sh indirizzi e i programmi di politica agra- '■ra fissati sia a livello nazionale che a livello

i '■®gionale. Nella seduta del 17 maggio di quest’anno,asienie all’onorevole Chessari, come ricor­

dato ■prima, ho avuto occasione di citare casi

concreti nei quali è apparsa evidente e netta la violazione delle norme di eccezione alla proroga dei contratti agrari e la contempo­ranea opposizione da parte dell’Assessorato dell’agricoltura agli indirizzi di politica agra­ria della Regione, di cui invece l’Assessore, come membro del Governo, dovrebbe es­sere solerte esecutore.

Noi intendiamo oggi riprendere quelle denunce e aggiornarle con quelle relative ai nuovi casi di cui siamo venuti a conoscenza e che mostrano la persistenza di un com­portamento, di un metodo e di una linea di condotta in contrasto con la strumentazione legislativa e di programmazione cui invece l’Assessorato dell’agricoltura avrebbe dovuto adeguarsi.

Ricordammo già nella seduta del 17 mag­gio il caso di un decreto, emanato in data 24 febbraio 1978, riguardante il piano di trasformazione presentato da certo Giorgio Bernabeo e da altri comproprietari relativo al fondo S. Elena ubicato in territorio di Modica, esteso ettari 14 e condotto in affitto. Ebbene, in questo piano approvato dall’As­sessore all’agricoltura si prevede la trasfor­mazione — cioè la distruzione —■ di que­sta azienda ad indirizzo zootecnico in olivete.

Onorevole Assessore, lei, al Giornale di Sicilia ha dichiarate che « sarebbero del tutto prive di fondamento le contestazioni avan­zate all’Assessorato per il fatto di avere ap­provato trasformazioni di terreni ad indi­rizzo zootecnico in impianti di oliveti, in quanto, contrariamente a quanto afferma­vano i dirigenti comunisti (riferendosi con ciò alle affermazioni fatte dal sottoscritto e dall’onorevole La Torre nel corso di un con­vegno che si era tenuto a Palermo qualche giorno prima), ciò non suggerisce che la legge del quadrifoglio addirittura incentive­rebbe gli oliveti ».

Ma, egregio Assessore, una cosa è certa: agli occhi soprattutto dei contadini diretta- mente interessati, dei contadini in generale e dell’opinione pubblica regionale e nazio­nale, una determinazione come quella da lei adottata, secondo cui si dovrebbe distrug­gere un’azienda zootecnica per dar luogo in­vece ad un’azienda olivicola, è in contra­sto con gli indirizzi di politica economica nazionale.

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R esocon ti P arlam en tari — 2902 A ssem b lea R eg ion a le Sicìliaru,

Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1973

Presidenza del Vice Presidente D’ALIA

Si tratta di un tradimento vero e proprio degli interessi generali del paese!

Ora, se il reale intendimento dell’Asses­sore all’agricoltura per ciò che attiene lo sviluppo complessivo della nostra Regione e della nostra agricoltura dovesse essere quel­lo di non considerare la zootecnia come uno degli obiettivi centrali dello sviluppo (ovvia­mente accanto al potenziamento delle pro­duzioni mediterranee), se da parte del Go­verno non dovesse essere data una precisa indicazione in termini di programmazione, se le conclusioni delle prossime conferenze per l’agricoltura dovessero dipendere dagli orientamenti sin qui mostrati dall’Assessore all’agricoltura attraverso l’approvazione di questi piani, che certamente sono in contra­sto con gli indirizzi concordati nel program­ma della maggioranza autonomista e riba­diti nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione, non so quali risul­tati si avrebbero.

Come si può evincere leggendo la pa­gina 61 dello schema di piano agricolo na­zionale, l’articolo 3 della legge quadrifoglio prevede che nelle zone in cui è possibile utilizzare l’acqua deve essere sviluppata la zootecnia irrigua. Ebbene, proprio nel fondo S. Elena, prima ancora della presentazione del piano era stata rinvenuta dell’acqua at­traverso un sondaggio. Cosa bisognava fare allora? Approvare un piano di trasformazio­ne ad olivete, oppure potenziare quell’azien­da zootecnica attraverso lo sviluppo della fo- raggicoltura irrigua, in modo tale da elevare il numero dei capi di bestiame da allevare? E a quanto pare neanche l’Unione regionale degli agricoltori ha compreso il senso della nostra denuncia, considerato che la nostra mozione, secondo il giudizio di tale organiz­zazione, avrebbe manifestato il permanere di ancestrali posizioni classiste. Noi, invero, chiediamo al Governo, alle forze politiche e alle forze sociali produttive di mantenere un comportamento coerentemente aderente ad un quadro di riferimento, di programma­zione, di obiettivi, di impegno concorde; e ciò sia per un allargamento della base pro­duttiva, sia per rispondere alle esigenze pri­marie e prioritarie che vi sono nel Paese, (per esempio la riduzione del deficit della

bilancia agro-alimentare, che per l ’importa­zione della sola carne bovina richiede una spesa di 5 miliardi al giorno).

Vorrei adesso soffermarmi sul decreto del 15 febbraio 1977, relativo al piano di tra­sformazione presentato da un « povero pic­colo » proprietario concedente: il barone An­gelo Maiorana, il quale, attivissimo imprendi­tore agricolo costantemente impegnato in ini­ziative di trasformazione fondiaria dei 425 ettari posseduti — li tiene quasi tutti incolti ed abbandonati! — ha già ottenuto che da un altro suo fondo di 33 ettari venisse sfrat­tato l’affittuario, sempre attraverso l’ausilio di questo tipo di determinazioni adottate dall’Assessorato dell’agricoltura. Se si va a guardare quel fondo nel quale dovevano es­sere compiute radicali trasformazioni, si può costatare lo stato di abbandono.

Per quanto riguarda il fondo sito in con­trada Cinta di Ragusa, di cui al decreto del 15 febbraio 1977, è da dire che esso è oc­cupato da una fiorente azienda zootecnica irrigua; inoltre, su sei ettari di questa azien­da vi si pratica la foraggicoltura intensiva, che consente l’allevamento di circa 80 capi di bestiame su una superficie di circa trenta ettari.

Come ricordava il collega Chessari nel di­battito che si è tenuto il 17 maggio, que­sta azienda coltivatrice a carattere zoo­tecnico è certamente fra le più avanzate della provincia dì Ragusa e quindi da ad­ditare come esempio di settore produttivo con ampie prospettive future in Sicilia. In­fatti, l’Assessore all’agricoltura nel piano di trasformazione adottato prevede la tra­sformazione dì sei ettari ad agrumeto e di 4 ettari ad olivete. E ’ stata scoperta final­mente questa nuova grande vocazione! In­fatti buona parte dei decreti adottati dall As­sessorato dell’agricoltura prevede delle r®' dicali trasformazioni agrarie (che dovre - bere essere neH’interesse generale della dazione agricola) attraverso le quali si pi'i vilegia soprattutto la coltivazione dell Ma non è questo il futuro della nostra agO coltura! E meno che mai quel piano di rsformazione da lei approvato poteva conte-

licic ia ---seminativo irriguo necessario ed indispen ^ , bile per formare la base zootecnica di azienda, tanto più che la richiesta di inazione ad agrumeto è stata fatta m

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Resoconti P arlam en tari — 2903 A ssem b lea R eg ion a le S iciliana

\fIII Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978

i zona che certamente non è in alcun modo ; vocata air agrumicoltura, tenuto conto an­

che dei criteri del progetto obiettivo previ- ì sto dalla legge n. 24.; Ma ciò che più conta non è tanto questo ; aspetto, quanto il fatto di volere, ancora una : volta, distruggere un’azienda zootecnica; un i rappresentante del Governo regionale, in I pratica, tende a distoreere e a vanificare 1’ j impegno complessivo che l’Assemblea regio- i naie siciliana, attraverso un documento del­

la Commissione legislativa « Agricoltura » di­scusso ed approvato in Aula con il concorso del Governo della Regione, ha dimostrato scegliendo direttrici ben diverse da quelle che lei, onorevole Assessore all’agricoltura, ha seguito.

Sempre a proposito del fondo in questio­ne vorrei ricordare, onorevole Assessore, che lei, successivamente a quel dibattito, si era impegnato a predisporre una nuova istruttoria tendente a confermare o meno la veridicità delle denunzie a suo tempo fatte dal collega Chessari (e da me c[ui ri­badite). Ebbene, a noi risulta che tale nuova istruttoria è stata avviata e completata e che le denunce a suo tempo fatte risultereb­bero confermate. Non si comprende allora perché non sia ancora stato revocato quel decreto.

CHESSARI. Perché si aspetta lo sfratto ha parte del Tribunale. Poi l’Assessore all’ agricoltura adotterà il provvedimento.

ALEPPO, Assessore all’agricoltura ed alle foreste. Perché gli atti relativi all’istruttoria iion sono stati portati all’attenzione dell’As­sessore. Quando ciò avverrà l’Assessore cer­cherà di valutare le conseguenze derivanti ha questo fatto.

AMMAVUTA. L ’Assessore, di fronte ad errori commessi dal suo Assessorato, di fron­te alle segnalazioni pervenute, agli impegni

lui assunti in questa Assemblea, non elianto avrebbe il dovere di revocare il , Pereto, ma, qualora vi siano responsabilità ^Putabili a funzionari negligenti, di adot-

i necessari provvedimenti.Decreto assessoriale numero 123 del 7

' glio 1 9 7 7 relativo al fondo sito in terri- Ofio di Bompietro, di ettari 168. E ’ stato Assentato un piano di trasformazione da

parte dei proprietari concedenti per la tra­sformazione di circa 56 ettari appartenenti a tale fondo da seminativo a rimboschi­mento: dieci ettari di pinus radiata e 40 ettari di eucaVtptus.

Anche in questo caso si è fatto riferi­mento all’interesse generale della produzione agricola, anche se, lo vorrei ricordare all’ Assessore all’agricoltura, il decreto appro­vato non corrisponde affatto a tale inte­resse, sia perché si tratta di produzioni fore­stali e non agricole, sia perché lo scorporo di 56 ettari su 168 di un’azienda a carat­tere cerealicolo-zootecnico causa uno squi­librio.

Ma quel che è più grave è che si pre­vede il rimboschimento in un seminativo che quest’anno — e lo si può accertare — ha prodotto circa 33 quintali di grano per ettaro.

Io mi domando sulla base di quali stime vengano valutate l’attuabilità e la utilità del piano di trasformazione.

Anche in questo caso risulta evidente che se c’è un interesse che viene tutelato, que­sto non attiene certamente alla produzione agricola, che non esiste; si ha, infatti, una produzione forestale.

Anche in questo caso si vuole distruggere parte di un’azienda cerealicolo-zootecnica ad alta produzione, fortemente meccanizzata, che produce 30 e più quintali di grano duro per ettaro; cereale del quale spesse volte siamo debitori all’estero.

L ’onorevole Aleppo deve spiegare final­mente (non lo ha fatto nella seduta del 17 maggio) in base a quali parametri egli sta­bilisce gli indirizzi generali della produzione agricola, poiché questi non possono essere di volta in volta determinati dall’Assessore per l’agricoltura in base ad una sua perso­nale valutazione. Invero, le leggi debbono essere applicate sulla base di quadri di rife­rimento che siano noti, in modo da non consentire l’arbitrio o l’errore del funziona­rio o, addirittura, di un membro del Go­verno.

Decreto assessoriale numero 181 del 27 maggio 1978, relativo ad un fondo di ettari 29,86 sito in territorio di Frizzi, una zona a fortissima vocazione cerealicola e zootec­nica.

Si approva un piano di radicale trasfor­mazione ad olivete in una zona dove la col­tivazione di grano duro e rallevamento bo-

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Resoconti Parlamentari 2904 A ssem b lea R eg ion a le Siciliann

Vili L egislaturaCCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 197J

vino costituiscono da sempre il tipo di pro­duzione prevalente e possibile, e non sol­tanto per tradizione, ma perché questa è la vocazione di tale zona e di grEin parte del­l’alto corleonese.

Ed anche in questo caso, ancora una volta, si approva un piano che tende a « decapi­tare » delle aziende che contribuiscono con la loro produzione (cerealicola e zootecnica) ad assicurare quel minimo di riserve di prodotti alimentari strategici per gli interessi generali del paese.

Ancora una volta nel caso in questione l’Assessore all’agricoltura mostra di scono­scere o di rifiutare, cosa che non gli è con­sentita come membro della Giunta regionale di governo, l’applicazione degli indirizzi ge­nerali di politica agraria nazionale e regio­nale.

Un altro esempio che dimostra come, indi­pendentemente dalla vocazione delle varie province, l ’Assessore all’agricoltura privilegi e quindi approvi quei piani che prevedono la trasformazione del fondo ad olivete è dato dal decreto numero 237 del 13 ottobre 1978, che prevede appunto la trasformazione ad oliveto irriguo (per la produzione di olive da mensa) di un fondo di ettari 41,35, sito in territorio di San Giuseppe Iato e condotto in affitto da sedici contadini. Occorre rile­vare che anche il proprietario di questo fondo è un imprenditore attivissimo: i con­tadini non lo hamio mai visto e la famiglia, che da cinquant’anni risiede stabilmente a Roma, non si è mai preoccupata di sapere come e da chi sia stato coltivato il fondo.

Ebbene, l’Assessore all’agricoltura, alla vi­gilia dell’approvazione della legge nazionale sui patti agrari approva un piano di tra­sformazione di questi terreni coltivati in parte a vigneto, in parte a seminativo, ad oliveto irriguo. Ebbene, poiché credo che l’Assessore all’agricoltura non abbia fatto quanto è suo dovere verso quei funzionari che forse non hanno letto gli indirizzi dello schema di piano agricolo nazionale, schema che deve costituire una direttiva per il Go­verno della Regione e quindi per i funzio­nari dell’Assessorato dell’agricoltura, vorrei far rilevare che per quanto riguarda le oli­ve da mensa alla pagina 83 di detto schema, peraltro già approvato, è detto; « Lo svi­luppo dell’agricoltura da mensa si potrà ope­rare secondo una duplice direttrice: ristrut­

turazione degli impianti esistenti in generale impostata su cultivar a duplice attitudine produttiva da olio e da mensa; realizzazione di nuovi impianti di olive da mensa, prefe­ribilmente nelle zone già affermate per que­sto tipo di olivicoltura, ma tenendo alla uti­lizzazione di cultivar provate nelle singole zone. In molti casi tali nuovi impianti po­tranno costituire le fasce frangivento per altre coltivazioni e specie arboree come gli agrumi ».

Ebbene, nel raggio di alcune decine di miglia nella zona di San Giuseppe Iato, dove è sito, appunto, il fondo in questione, non esiste né olivicoltura da olio, né olivicoltura da mensa. Lei, quindi, ha approvato un pia­no di trasformaizone in contrasto con gli indirizzi del piano agricolo nazionale.

Ma al di là di ciò che sono gli indirizzi generali del piano agricolo nazionale, che lei in ogni caso non può contrastare né violare, vi sono norme di carattere tecnico che deb­bono impedire...

ALEPPO, Assessore all’agricoltura e alle foreste. L ’hanno proposta i tecnici la valu­tazione.

AMMAVUTA. L ’Assessore all’agricoltura, però, deve valutare se quelle proposte cor­rispondono, in primo luogo, agli interessi generali della produzione agricola, agli m dirizzi fissati dalla programmazione, ed agii indirizzi generali della politica del Governo, deve inoltre verificare sul piano tecnico proposte pervenute. Invero, sulla questa sua ultima affermazione lei conterm l’accusa da me rivoltale in data 17 magS quando ho detto che l’Assessorato coltura si stava trasformando in al servizio di interessi che non sono ce mepte della collettività ma di alcuni di privati. Lei, infatti, approva i sentati dai tecnici cui si affidano i pr P tari privati.

ALEPPO, Assessore all’agricoltura e foreste. I piani sono elaborati dai tecnici l’Assessorato, non dai privati.

AMMAVUTA. E infatti c’è la queiraltro sopralluogo che lei ha ta

ALEPPO, Assessore all’agricoltura e

di

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Resoconti Pavlam entaTÌ — 2905 A ssem b lea R eg ion ale S iciliana

(/III LEGISLATURA CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978

foreste. Se ei sono errori saranno corretti.

AMMAVUTA. Intanto si cacciano i con­tadini, e ciò non è corretto.

A conclusione del mio intervento ritengo di dovere dare notizia di un decreto ema­nato dall’Assessore all’agricoltura nel 1977, in favore della ditta Agueci di Salemi, rela­tivo ad un terreno esteso circa nove ettari. Invero, la conclusione che è stata data alla vicenda connessa aU’emanazione di detto de­creto costituisce un esempio emblematico della politica di gestione seguita dall’Asses­sore all’agricoltura — cosa che noi riteniamo inammissibile — delle scelte discriminatorie che si fanno contro i contadini.

Il fondo in questione, che risulta dato a mezzadria sin dal 1928, è oggetto di una «vi­cenda» giudiziaria iniziata nel 1966, quando i proprietari nottetempo abbattono il vigneto e l’oliveto esistente per cercare di cacciare via i contadini. In conseguenza di tale episo­dio si apre una vertenza giudiziara che san­cisce la condanna dei proprietari; lo stesso esito, peraltro, si ha in seguito al loro ri­corso. Nel 1974 i mezzadri di quel fondo, in base all’articolo 8 della legge numero 756, presentano all’Ispettorato agrario provincia­le un piano di trasformazione per quel ter­reno al fine di impiantarvi un nuovo vi­gneto. A tale piano si oppone il proprietario il quale, nonostante i tentativi esperiti dall Ispettore agrario per addivenire ad un bo­nario componimento della controversia, pre­senta ricorso al Tribunale amministrativo, la cui sentenza è negativa per il ricorrente.

Nel luglio del 1976 l’Ispettorato agrario provinciale di Trapani dà parere favorevole alla realizzazione del piano di trasformazione proposto dai mezzadri; contemporaneamente i proprietari presentano all’Assessorato dell agricoltura un piano di cosiddetta radicale trasformazione, che nulla prevedeva se non 1 impianto a vigneto già approvato dall’Ispet­torato agrario di Trapani in favore dei mez­zadri.

Ebbene, onorevole Assessore all’agricol- ' ra, nonostante la Magistratura abbia dato costantemente ragione ai mezzadri e torto CI proprietari — è uno dei pochi casi quello

1 IO questione — lei ha approvato il piano di trasfornia2ione in favore di questi ultimi _po- j®J| °si in contrasto con la determinazione rii Ispettorato agrario di Trapani e dando

appunto ai proprietari concedenti la possi­bilità di buttare fuori nove mezzadri.

L ’istruttoria compiuta non è certamente oculata perché non è possibile che all’interno di una stessa amministrazione non si sappia quale sìa stato il provvedimento adottato da un ufficio periferico, appunto l’Ispettorato agrario di Trapani. Il comportamento dell’ Assessore quanto meno, specie nel caso testé citato, mostra che non si va tanto per il sot­tile quando si debbono garantire gli inte­ressi dei proprietari concedenti.

Con la nostra mozione e sulla base della documentazione fornita nel corso del dibat­tito del 17 maggio (documentazione che ab­biamo riconfermata ed ampliata questa sera in considerazione di ulteriori vicende veri­ficatesi dopo quella data) chiedevamo che le istruttorie fossero strettamente collegate agli indirizzi politici della Regione, concor­dando quindi l’adozione di determinati cri­teri, dal momento che questi per l’Asses­sore all’agricoltura non sono chiari. Infatti i decreti firmati nel mese di giugno e, suc­cessivamente, sino all’ultimo emanato nel mese di ottobre, relativo al fondo di San Giu­seppe Iato, dimostrano che ancora l’Asses­sore all’agricoltura non ritiene l’operato della sua amministrazione essere in contrasto con lo spirito della legge, con gli indirizzi di po­litica agraria concordati, di cui il Governo deve essere depositario ed esecutore fedele, e con gli indirizzi di politica agraria nazio­nale che ci siamo dati.

Ecco perché abbiamo richiesto con la no­stra mozione che venissero revocati i de­creti emanati in contrasto con le disposi­zioni di eccezione alla proroga e con gli in­dirizzi di politica agraria.

In particolare, chiediamo che vengano re­vocati i decreti dei quali qui ho fatto cenno e bloccate le istruttorie relative a quariiasi altra pratica; e ciò perché è in corso di ap­provazione definitiva il disegno di legge sui contratti agrari che elimina la prassi della proroga e, conseguentemente, abroga le ec­cezioni a questa relative. In ogni caso a noi sembra evidente che non si possa pro­cedere ulteriormente nel modo attuale.

g r il l o MORASSUTTI. Chiedo di par­lare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Resoconti, f. 403(500)

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R esocon ti P ar lam en tari — 2906 A ssem b lea R eg io n a le Siciliana

Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icemebe 1975

GRILLO MORASSUTTI. Signor Presiden­te, onorevoli colleglli, questa Assemblea tor­na ad occuparsi di un problema che indub­biamente può essere visto da diverse ango­lazioni politiche ma non ignorato nella sua globalità e nel valore complessivo che un certo atteggiamento dell’amministrazione re­gionale ormai da troppi anni continua a man­tenere in materia.

L ’Assessorato regionale dell’agricoltura sin dalla scorsa legislatura dimostrò una strana abilità neU’insabbiare in tutti i modi i piani di trasformazione fondiaria presentati dai proprietari terrieri. In questa Aula l’Asses­sore dell’epoca, rispondendo ad una inter­pellanza presentata dal sottoscritto, affermò di essere, ancora nel 1975, in attesa di un parere del Consiglio di giustizia amministra­tiva, che, gli venne ricordato, era stato reso nel dicembre del 1974. Si vede che nei vari uffici delle amministrazioni dello Stato e della Regione, determinate carte mettono molto tempo ad arrivare sul tavolo giusto!

Successivamente, l’Assessore dell’epoca, al quale avevo fatto sapere che il parere era per­venuto — e da molti mesi — all’Assessorato, mi rispose dicendo che il documento in que­stione non era ancora pervenuto sul suo ta­volo in quanto risultava ancora al proto­collo. Detto parere non faceva altro che ri­badire l’impostazione della legge nazionale e della legge regionale; di fatto, però, metteva in mora l’amministrazione regionale per la omissione palese che era stata perpetrata ai danni di migliaia di proprietari, i quali per il silenzio dell’Assessorato dell’agricoltura non avevano ricevuto alcuna l'isposta.

L ’onorevole Ammavuta può anche argo­mentare sul fatto che vi possano essere de­creti da concedere o meno; oggi però non si è detto che migliaia di agricoltori non han­no ricevuto una risposta dall’Assessorato.

Noi, quindi, intendiamo sapere dall’onore­vole Assessore se appunto la risposta (affer­mativa o negativa) concernente la validità del piano di trasformazione non è arrivata perché gli uffici competenti non hanno istruito le pratiche oppure perché vi è la precisa volontà politica da parte dell’Asses- sorato di non esaminarle e firmarle, decre­tando una svolta all’interno dell’economia agricola siciliana.

Onorevoli colleghi, possiamo anche fare per ore (e forse anche per giorni) l’esalta­

zione della difesa di questo o di quel mez­zadro e di un solo o di un gruppo di prò. prietari terrieri, ma rimane un dato asso­luto: la nostra agricoltura senza l’intervento finanziario determinato dal risparmio pri­vato non potrà mai decollare.

L ’abbandono della via deU’investimento in agricoltura, la ricerca della sovvenzione per la miglioria e soprattutto del contributo in conto capitale hanno creato all’interno delle nostre strutture agricole l’abbandono, il di­sinteresse e la speculazione immobiliare. E ciò nel momento in cui i piani di trasfor­mazione, che dovevano e devono essere so­stenuti dal risparmio privato, non soltanto potrebbero accentuare l’interesse del pro­prietario per le sorti dell’azienda, in quan­to questi deve necessariamente recuperare i capitali investiti, ma anche aumentare, ono­revole Ammavuta, di parecchie migliaia i posti di lavoro in questo settore, venendo incontro a quella massiccia richiesta che la nostra regione ha registrato soprattutto ne­gli ultimi anni con l’emigrazione di ritorno.

Non si fanno gli interessi dei lavoratori della terra, né si difendono decine o centinaia di mezzadri nel momento in cui parecchi mi­liardi potrebbero essere investiti nel settore agricolo creando numerosissimi posti di la­voro.

Invero ì piani di trasformazione, se ap­provati, determinerebbero un investimento diretto del risparmio privato in agricoltura.

Questi sono i discorsi che bisogna fare! Quello deH’amministrazione è un silenzio colpevole! Questa situazione stasera è stata denunciata anche attraverso la mozione del gruppo comunista, che ringraziamo per averci dato l’occasione di affermare che in Sicilia si disattendono le leggi, e che è bene finalmente determinare le responsabilità esi­stenti in materia. A questo proposito non esi­teremmo anche ad affrontare pubblici dibat­titi.

E ’ ora di smetterla con la difesa campa' nilistica 0 classista di quella che è la strut­tura portante della nostra economia la qua' le ha bisogno soprattutto di un nuovo iU' tervento capace di darle nuova vivacità.

Noi vorremmo sapere dall’onorevole Asses­sore se siano da incriminare per omissione i funzionari oppure se le responsabilità deb­bano individuarsi neH’amministrazione po '' tica della cosa pubblica.

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resoconti P arlam en tari — 2907 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1978

A questo proposito centinaia di proprietari terrieri saranno da noi invitati ad agire in solido per chiedere giustizia. Invero, non si può fare il discorso della difesa ad oltranza dell’interesse particolare o settoriale quan­do questo interesse può avere l’aspetto po­pulistico, ma occorre finalmente affrontare i problemi nella loro globalità.

Se esistono le leggi, queste devono es­sere attivate verso coloro che ne sono di­rettamente interessati, tutelando i loro di­ritti e soprattutto, onorevole Assessore, tu­telando quello che è un diritto attivo, san­cito dalla legge e confortato dalla interpre­tazione data in materia dalla Corte costi­tuzionale.

L’onorevole Ammavuta ha ricordato ap­punto quella parte della sentenza emessa dalla Corte costituzionale che fa riferimento ai piani di sviluppo, ma non ha ribadito la motivazione essenziale, cioè quella che rico­nosce la legittimità della norma che con­sente al proprietario di trasformare il pro­prio fondo al servizio di un’agricoltura in evoluzione e che, quindi, richiede un nuovo intervento, fatto anche di sacrifici personali finalizzati alla produzione.

Del resto noi, attraverso varie leggi, ab­biamo approvato centinaia di piani di tra­sformazione determinando le nuove catte­drali nel deserto del settore agricolo. Sono sorte infatti attorno ai grossi agglomerati ur­bani 0 nelle piane più rigogliose della Si­cilia delle strutture elefantiache costate alla Regione siciliana parecchi miliardi. Si tratta di centri che hanno ricevuto sovvenzioni fa­vorevolissime (50 per cento della somma in conto capitale e 50 per cento coperta da mu­tuo a tasso agevolato, mutuo a sua volta rin­novato col concorso negli interessi).

Si è avuta un’ignobile speculazione fon­diaria che non solo non ha arricchito la nostra agricoltura ma ha creato un passivo che oggi gradualmente viene ad essere rile- Vnto da « Pantalone ». Infatti le aziende prin-

tpali della piana di Catania sono state rile- ' ate dalla Montedison e da varie strutture

parastato, costrette ad intervenire lad- dove già la Regione aveva sborsato nume- cosi miliardi.

Questi sono gli scandali che bisogna de­nunciare in riferimento all’operato dell’am- niinistrazione; non certo perseguire alcuni

decreti emanati clall’Assessorato dell’agricol­tura!

Signor Presidente, spero che questa sera noi non si assista ad un gioco delle parti che vede, in una prima fase, l’Assessore all’agricoltura emanare dei decreti e, in un secondo tempo, accogliere solo alcune delle richieste attinenti ai piani di trasformazione presentati. E ciò per via di una immediata e documentatissima mozione del Partito co­munista con la quale, oltre a contestare sul piano politico l’emanazione dei decreti, si sostiene in termini davvero profondi che appunto tali decreti in gran parte (se non nella totalità) non corrispondono a quelle che sono le linee di sviluppo segnate dalle leg­gi regionali e da quelle nazionali.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vorrei insomma che si mettesse in discus­sione un principio affermato in alcuni de­creti assessoriali i quali, risultando a loro volta non compatibili con quello che è lo spi­rito e la lettera della legge, inducono l’As­sessore a fare marcia indietro; e limitando in definitiva tutta la problematica ai soli decreti.

Il mio sospetto potrà essere fugato, ono­revole Assessore, qualora ella, questa sera, rispondendo alla mia interpellanza, dichiari che i ritardi sono da addebitarsi a mancanze degli uffici e ove ella assicuri che le istrut­torie saranno velocemente portate avanti e che, comunque, il giudizio finale dell’ammi- nistrazione arriderà agli interessati.

In mancanza di un chiaro impegno da parte del Governo in materia e di fronte alla inutilità degli strumenti ispettivi predisposti, saremo costretti a tutelare, comunque,_ non solo gli interessi particolari di cittadini che hamro il diritto di essere salvaguardati, ma gli interessi complessivi dell’agricoltura si­ciliana che si difendono, a nostro avviso, fa­vorendo gli investimenti. In tal modo, in­fatti, si avrebbe una occupazione dinamica nel settore agricolo e non quella struttura stagnante che proprio stamattina il Gruppo comunista affermava doversi respingere e modificare perché ormai superata.

Alla luce di quanto esposto è d’obbligo da parte nostra ritenere questo capitolo come uno dei più bui per TAmministrazione re­gionale, considerato che è scomparsa la tutela degli interessi legittimi degli agricoltori. Su tali motivazioni noi aspettiamo stasera la

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R esocon ti P arlam en tari — 2908 A ssem b lea R eg ion a le Siciliani,

V ili L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978

risposta del Governo al fine di potere assu­mere le nostre decisioni in merito a tutta questa vicenda ormai scandalosamente lunga.

FEDE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDE. Signor Presidente, onorevoli colle­ghi, questa discussione sulla mozione comu­nista è da ritenere indubbiamente un’appen­dice del dibattito svoltosi stamattina; e che si tratti di un’appendice lo si evince dal te­nore della stessa mozione che parla di « ma­novre » tendenti a « cacciare i concessionari fittavoli e coloni dalle aziende, e ciò per sfuggire aU’imminente legge sui contratti agrari ». Il dato politico, inaccettabile, di questo atto ispettivo è costituito dalla ri­chiesta fatta all’Assessorato regionale della agricoltura di revocare dei decreti relativi alla trasformazione fondiaria, in quanto si dà per scontato, come del resto accade ormai in maniera usuale nel Parlamento na­zionale e nei consigli regionali, che i giochi sono stati fatti, per cui non si può assolu­tamente pensare, neppure teoricamente, che la legge nazionale sui patti agrari non vada in porto.

Tutto è aprioristicamente deciso; questo il dato politico che emerge dalla mozione pre­sentata. Oltretutto, indipendentemente dal merito del problema giuridico-costituzionale, si richiede al Governo regionale di tenere presente che ormai la legge sui patti agrari (stamattina da noi contestata) esiste e che pertanto non si può assolutamente pensare di trasformare sul piano fondiario, con de­creti legittimi, situazioni che da tale legge dovranno essere prese in considerazione (si­tuazioni che naturalmente il gruppo del Mo­vimento sociale italiano sottoporrà alla va­lutazione dell’Assemblea dopo le dichiara­zioni che certamente saranno rese dall’As­sessore all’agricoltura). AU’onorevole Aleppo si chiede, soprattutto, di dimostrare per quanto riguarda i decreti emanati se le tra­sformazioni fondiarie siano state fatte all’in­segna dell’interesse generale. Si vuol sapere, inoltre, quale organo possa stabilire se tale interesse venga effettivamente raggiunto.

Anche i rappresentanti del Movimento so­ciale italiano attendono dall’Assessore all’ agricoltura una risposta a questi interroga­

tivi. Peraltro, il gruppo comunista, pur so­stenendo che l’Assessore all’agricoltura non può da solo esaurire il giudizio sull’esistenza dell’interesse generale connesso alla trasfor­mazione fondiaria, non indica quale organo debba stabilirlo. La Commissione agricol­tura? E lo si dica! L ’Assemblea regionale? Invero, mi sembrerebbe eccessivo! Lo do­vrebbe stabilire il fantomatico Comitato del­la progranuiiazione, che non si sa ancora dove sia e quando e come potrà entrare in funzione?! In mancanza di altri organi di­versi da quelli citati noi riteniamo più ido­neo allo scopo l’Assessorato dell’agricoltura. D’altra parte non possiamo chiedere all’As­sessore regionale all’agricoltura, e tanto me­no ai funzionari che lo coadiuvano, di com­mettere il reato di omissione di atti d’uffi­cio; semmai dobbiamo biasimare il fatto che ci siano stati dei ritardi, si da indurre il gruppo comunista a sospettare che ciò sia avvenuto in relazione all’iter seguito dalla legge sui patti agrari. In realtà questo è un nodo politico che deve essere sciolto. Infatti, se l’Assessorato omettesse certi adempimenti incorrerebbe in sanzioni aventi carattere giu­ridico ed anche politico.

D’altra parte la sentenza numero 107 del 5 aprile 1974, con cui la Corte costituzio­nale ha dichiarato la illegittimità di alcune disposizioni della legge 11 febbraio 1971, numero 11, ha ancora una sua validità che non può essere disconosciuta in virtù di un traguardo che ancora deve essere raggiuntò, appunto l’approvazione della legge sui pafO agrari.

Non possiamo neppure pensare che tutti questi problemi possano essere discussi rife­rendosi alla casistica' elencata dall’onorevo e Amma'vuta.

Presidenza del Presidente DE PASQUALE

■ diSe si sono perseguiti degli interessi carattere particolare si denuncino!

A nostro giudizio, comunque, la mazione fondiaria è l’unica strada moderna e tecnologicamente auspicabile P rilanciare l’agricoltura e rendere micamente produttiva la terra. gg-augurarci anzi maggiori investimenti e ^ ^ giori trasformazioni di carattere fondiari

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I flesoconti P arlam en tari 2909 A ssem b lea R eg ion a le Siciliano

Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978

gne di rinnovare il volto dell’agricoltura si­ciliana, indipendentemente dai patti agrari.

CULICCHIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CULICCHIA. Signor Presidente, abbiamo assistito, sul piano degli indirizzi di principio, ad uno scontro che ha visto, da una parte il collega Ammavuta, il quale, neU’illustrare la mozione presentata dal Partito comunista, ha cercato di dimostrare che i decreti ema­nati dall’Assessore relativamente ad alcuni piani di trasformazione debbono essere riti­rati e, dall’altra, il collega Grillo Morassutti, il quale ha sostenuto che l’Assessore ha il dovere di approvare i piani di trasforma­zione fondiaria, evitando inutili perdite di tempo, soprattutto nel momento in cui il piano di trasformazione fondiaria mira a dare un nuovo assetto all’agricoltura isolana.

Ritengo sia molto evidente Resistenza di due tesi contrastanti sui patti agrari, tesi che, certamente, si riflettono anche sul modo di considerare i piani di trasformazione fon­diaria.

Noi intanto diamo atto al Governo di ave­re operato in perfetta coerenza perché rite­niamo che i piani di trasformazione fondiaria approvati rispondano (almeno lo dovrebbero) a quelle che sono le esigenze per addivenire ad una maggiore riqualificazione della no­stra agricoltura.

Ritengo, però, una necessità per il Go­verno, considerato che sono stati indicati dei casi specifici, approfondire le indagini, in maniera tale da controllare se i piani di trasformazione siano stati approvati per un effettivo miglioramento dei fondi, ovvero nascondano l’obiettivo di allontanare dalla terra i fittavoli, i coloni o i mezzadri.

Siamo convinti che il Governo, per per­seguire la riqualificazione delRagricoltura, debba attentamente valutare la situazione, evitando naturalmente di considerare pseudo- piani di trasformazione ed approvando sol­tanto quei piani che lo meritano.

E’ necessario, quindi, per eliminare ogni ambra di dubbio relativamente ai piani che mno stati approvati, svolgere un’accurata in­dagine (cui noi attribuiamo valore fonda- mentale), anche se noi riteniamo che il Go- arno abbia operato con obiettività.

PICCIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PICCIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fatto che su questo argomento ci siano stati, specie da sinistra, degli attac­chi che sono andati anche un po’ al di là della giusta misura, mi fa pensare che il Governo abbia operato bene. Sono convinto, pertanto, che non solo non possiamo discu­tere sul singolo caso, laddove si parla di una pianificazione che interessa tutto il ter­ritorio dell’Isola, ma che si debba prendere atto dell’enorme sensibilità manifestata dal Governo, che possibilmente sarà disposto, con alto senso democratico, a rivedere, ma solo in caso di dubbio notevole, qualche caso rite­nuto poco chiaro.

D’altra parte occorre pimtualizzare, a mio avviso, che la legge non è violabile né dal mezzadro, né dal contadino, né dal proprie­tario, né dal Governo. Invero, ritengo che il Governo non abbia violato la legge; e, in ogni caso, il fatto che si discuta sui patti agrari (la cui legge ancora non è stata ap­provata) non ci può spingere ad alcuna vio­lazione. Penso, inoltre, che nuocerebbe all’ agricoltura siciliana, alle forze imprendito­riali e ai lavoratori di questo settore porre un freno alla trasformazione fondiaria che, a giudizio di molti economisti, costituisce oggi Runica strada percorribile per realizzare una maggiore produzione.

ALEPPO, Assessore all’agricoltura e alle foreste. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALEPPO, Assessore all’agricoltura e alle foreste. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione che ha come primo firmatario l’onorevole Michelangelo Russo ripropone, in termini generali e più ampi, una tematica che ha già formato oggetto di un approfon­dito, documentato dibattito assembleare.

E ’ la tematica delle iniziative promosse dal ramo di amministrazione al quale sono pre­posto in ordine all’applicazione della norma­tiva attinente alla cessazione della proroga legale di alcuni tipi di contratti agrari.

L ’ampia discussione avvenuta in sede di trattazione delle precedenti interpellanze pre-

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V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre igjj

sentate dai colleghi Ammavuta e Chessari e le dettagliate dichiarazioni da me rese in tale circostanza ritengo possano esimermi dall’effettuare oggi una circostanziata pun­tualizzazione sui motivi che hanno originato e giustificato l’emanazione dei singoli prov­vedimenti sin qui emessi. Nel richiamare le specifiche motivazioni che ho avuto modo di evidenziare in precedenza, mi limiterò ad illustrare nelle linee essenziali gli aspetti fon­damentali che il problema posto riveste.

Tanto la vigente normativa statale, quanto quella regionale contemplano e disciplinano alcuni casi di cessazione della proroga legale dei contratti di mezzadria, affitto, colonia par- ziaria e compartecipazione. Si tratta di casi opportunamente ristretti e limitati che tro­vano la loro ratio e la loro ispirazione di fondo in considerazioni di carattere sociale o di natura produttivistica ed occupazionale. La prima ipotesi si concretizza quando della proroga legale del contratto agrario beneficia il concedente coltivatore diretto o i suoi familiari, e la seconda quando essa è origi­nata e legittimata da trasformazioni confor­mi all’interesse della produzione agraria ed atte a determinare un incremento occupazio­nale della manodopera impiegata.

Entrambi i casi ai quali ho accennato sono contemplati tanto dalla normativa statale in atto vigente, quanto da quella regionale, ma con una disciplina diversa, più ancorata al verificarsi di condizioni essenziali quella sta­tale e meno dettagliata quella regionale.

In ordine alla legislazione nazionale, è noto che l’articolo 1, lettera b), del decreto nu­mero 273 del 1947 ha statuito che la proroga, legale di alcuni tipi di contratti non è am­messa quando il concedente voglia compiere nel fondo radicali ed immediate trasforma­zioni agrarie la cui esecuzione sia incom­patibile con la continuazione del contratto ed il cui piano sia già dichiarato attuabile ed utile ai fini della produzione agraria dal­l’Ispettorato compartimentale dell’agricoltura. Detta disposizione è stata modificata dall’ articolo 1 della legge numero 527 del 1961 che, con opportuna puntualizzazione, ha chia­rito che la dichiarazione di utilità e attua­bilità di un piano di trasformazione non solo va correlata all’utilità ai fini della produ­zione agraria, ma va altresì subordinata all’ accertato soddisfacimento di due condizioni essenziali: interesse generale della produ­

zione agraria e aumento occupazionale della manodopera.

Per la verità le disposizioni da me citate furono abrogate dalla legge 11 febbraio 1971, numero 11, ma la Corte costituzionale, inve­stita della questione da alcune sezioni spe­cializzate agrarie, con sentenza numero 107 del 5 aprile 1974 dichiarò l’illegittimità costi­tuzionale delle disposizioni abrogative, accla- rando il diritto dei proprietari concedenti di disporre del fondo al fine di operarvi, entro termini stabiliti, radicali trasformazioni agra­rie e fondiarie, in conformità ai piani ap­provati e dichiarati utili ed attuabili ai fini della produzione agraria e dell’incremento occupazionale.

In sede regionale la materia che forma oggetto della mozione è disciplinata dalla legge 14 luglio 1950, numero 55, che, all’ articolo 4 elenca, tra i casi di non ammis­sibilità della proroga del contratto agrario esistente, quello del concedente che voglia compiere nel fondo trasformazioni la cui esecuzione sia mcompatibile con la continua­zione del contratto ed il cui piano sia stato riconosciuto attuabile ed utile dall’Ispettorato agrario compartimentale.

Ma, richiamata la legislazione vigente al riguardo, qual è stata la linea di condotta dell’Assessorato nell’applicazione della nor­mativa che disciplina la questione? E’ stata una linea di condotta che si è ispirata ad una duplice esigenza costituita, da una parte, dall’acquisizione della certezza deH’efEìcacia nel tempo della specifica legislazione regio­nale e, dall’altra, dalla sua conseguente ap­plicazione strettamente correlata alla fina­lità di fondo di carattere pubblico che lacitata deroga al principio della proroga deicontratti intende precipuamente conseguire.

Infatti, data la molteplicità delle disposi­zioni esistenti, l’Assessorato ha responsabi- mente e ripetutamente ritenuto di acciarare pregiudizialmente se la normativa regiona dovesse essere considerata o meno produ tiva di effetti giuridici. Sono stati perciò richiesti numerosi pareri all’organo di con sulenza amministrativa previsto dallo b tuto regionale siciliano ed il Consiglio giustizia amministrativa ha costantemenl® fermato (con pareri che vanno dal settembre 1971 al 359 del febbraio , ’che la specifica legislazione regionale e F

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Resoconti P arlam en tari 2911 — A ssem b lea R eg ion a le S iciliana

Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978

plicabile, efficace e produttiva di pieni effetti giuridici.

L’Assessorato non si è limitato ad accia­rare la legittimità delle iniziative di com­petenza ma, al di là dello specifico dettato legislativo regionale, ha ispirato le proprie determinazioni alla puntualizzazione restrit­tiva contenuta nella successiva legge statale numero 527 del 1961; né si è limitato ad

' una generica valutazione del progetto di trasformazione ai soli fini della sua utilità

; per la produzione agraria, ma ha dichiarato utili ed attuabili esclusivamente quei piani la cui realizzazione presupponeva il conse­guimento delle finalità di interesse pubblico e sociale volute dalle leggi, sotto il duplice aspetto dell’adeguata tutela dell’interesse ge­nerale della produzione agraria e dell’incre- mento deH’occupazione di manodopera, in armonia con gli indirizzi e le direttive pro­grammatiche che in materia di politica agra­ria esistono nell’ambito della nostra Regione.

A dimostrazione del ripetuto riscontro dell’ efficacia della normativa regionale, devo sot­tolineare che per un lungo periodo di tempo l’istruttoria tecnica dei piani di trasforma­zione è stata sospesa e ripristinata solo dopo i ripetuti pronunciamenti favorevoli del Con­siglio di giustizia amministrativa, e solo dopo la decisione adottata dalla Corte costituzio­nale con la citata sentenza numero 107 del 5 aprile 1974.

A dimostrazione della doverosa pondera­tezza con cui l’Assessorato ha operato e del costante riferimento al soddisfacimento delle finalità di interesse pubblico e sociale con cui l’istruttoi'ia è stata effettuata, devo evi- tenziare che dei progetti di trasformazione esaminati in questi ultimi quattro armi, quelli approvati sono stati meno di 50.

Il problema pertanto assume una portata una dimensione ridotte, non solo per il

numero obiettivamente esiguo dei progetti approvati, ma anche per la modesta dimen- sione della superficie interessata, che è com- Ptessivamente inferiore ai tremila ettari.

Hai dati evidenziati emerge chiaramente,Uorevoli colleghi, che le leggi vigenti sono

statenella applicate con rigore e con equilibrio,

piena osservanza dello spirito infor- atore della normativa e nella doverosa tu-

5 delle esigenze dei lavoratori dei campi, uotazioni che ho rassegnato vanno, pe-

integrate dalla considerazione dellaLe

teltri

natura giuridica che riveste il provvedimento assessoriale di approvazione del piano di tra­sformazione. Come ho evidenziato nel pre­cedente dibattito, il provvedimento assesso­riale di approvazione del piano non costi­tuisce da solo atto idoneo alla cessazione della proroga di un contratto agrario esi­stente, non dà cioè per scontato tale evento perché non dispone la estromissione coattiva del concessionario. Il decreto assessoriale — è bene tenerlo costantemente presente — si limita alla valutazione del solo aspetto tec­nico e socio-economico del piano, senza vin­colare la pronuncia del giudice ordinario al quale compete l’accertamento ed il riscon­tro delle altre condizioni volute dalla legge per la prorogabilità o meno del contratto agrario esistente, oltre alla determinazione dell’indennizzo da corrispondersi in caso di mancato preventivo componimento tra le parti. Pertanto, non solo i decreti assesso- riali sono di numero esiguo, ma da essi non ne discende l’estromissione coattiva del con­cessionario che è, giustamente, legittimato ad impugnare i provvedimenti assessoriali e ad adire le sezioni specializzate agrarie.

Per la verità, solo una modesta parte dei decreti emessi è stata impugnata e dei 17 ricorsi solo uno si è concluso con una deci­sione non favorevole alla valutazione dell’ Assessorato. Ciò premesso, si rileva che la mozione in discussione tende ad impegnare il Governo alla revoca immediata e gene­ralizzata di tutti i pur non numerosi decreti assessoriali emessi nella materia in questio­ne, con la sola esclusione di quelli per i quali è già intervenuta una sentenza pas­sata in giudicato.

Si tratta di un impegno che non può venire responsabilmente assunto, e non per chiusura preconcetta o per posizione di in­transigente difesa del proprio operato, ma solo perché la revoca immediata e genera­lizzata non può venire legittimamente dispo­sta, non sussistendo i presupposti giuridici perché l’iniziativa richiesta possa venire va­lidamente adottata.

La revoca è si una iniziativa di auto­tutela, ma dal diritto amministrativo essa è correlata al verificarsi di condizioni che nel­la fattispecie non sussistono in termini cosi generali. I provvedimenti emanati, infatti, scaturiscono dall’applicazione restrittiva del­la normativa vigente e sono il frutto di una

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R esocon ti P arlam en tari — 2912 A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre igij

valutazione ancorata al verificarsi del con corso di condizioni essenziali statuite dalle disposizioni che disciplinano la materia in questione.

Nel ribadire che fondate considerazioni giuridiche non consentono di potere aderire alla richiesta di revoca generalizzata, torno a manifestare la piena disponibilità ad un esame ancora più approfondito di eventuali provvedimenti che si ritenessero non ispi­rati ad una valutazione pienamente confor­me al dettato legislativo, portandoli succes­sivamente a conoscenza della Coimnissione legislativa. Tale disponibilità, che ritengo un dovere di correttezza nei confronti di questa onorevole Assemblea, è ispirata (come ho dichiarato nella seduta del 17 maggio) a quella esigenza di assoluta chiarezza sull argomento voluta dal Governo ancor prima di venire propugnata dai presentatori del documento in discussione.

L ’altra richiesta contenuta nella mozione è quella attinente alla sospensione dell’esa­me istruttorio dei piani di trasformazione e delle connesse dichiarazioni di attuabilità e utilità, nelle more della definitiva approva­zione della legge nazionale sui contrai d agrari.

La motivazione addotta a sostegno della richiesta è indubbiamente apprezzabile, con­siderata Limminenza della nuova normativa sulla questione, ma mi corre ugualmente Tobbligo di prospettare le conseguenze che da tale sospensione potrebbero derivare.

Va tenuto responsabilmente presente che ristm ttoria costituisce in atto un adempi­mento obbligatorio e che la sua sospensione potrebbe causare riflessi negativi, non solo d’ordine amministrativo, ma anche penale, in caso di eventuali azioni di responsabilità promosse dai concedenti. Potrebbe, pertanto, essere più utile concertare, anche in sede di Commissione legislativa permanente, quelle misure che, facendo riferimento sia alla nuova imminente normativa nazionale sia alle risultanze della pure imminente con­ferenza regionale dell’agricoltura, ci consen­tano di raggiungere l’obiettivo auspicato nel­la mozione, senza esporre gli organi della Regione alle conseguenze negative alle qua­li ho accennato.

Alla luce delle considerazioni svolte e delle motivazioni esposte desidero rivolgere ai presentatori della mozione l’invito a ricon­

siderare il documento ispettivo, sussisten­do sia la ripetuta disponibilità del Governo all’esigenza di assoluta chiarezza suH’argo- mento in discussione, sia il proponimento e l’intendimento di evitare di porre in es­sere atti che siano suscettibili di pregiudi­care gli indirizzi della nuova normativa na­zionale e della programmazione regionale in materia di politica agraria.

Per quanto concerne, infine, le osserva­zioni contenute nelLinterpellanza numero 418 presentata dagli onorevoli Grillo Moras- sutti, Marchello e Tricomi, ritengo che le argomentazioni da me svolte possano fugare le preoccupazioni manifestate dagli onore­voli colleglli, stante che da parte dell’am- ministrazione cui sono preposto non vi è stato alcun blocco o ritardo di istruttoria delle pratiche riguardanti i piani di trasfor­mazione agraria, ma soltanto un esame at­tento e accurato delle pratiche stesse, onde accertare la rispondenza dei requisiti di legge. Rivolgo, pertanto, un caldo invito agli onorevoli colleghi perché valutino obietti­vamente l’attività svolta e gli intendimenti manifestati dal Governo in ordine alla ma­teria trattata.

RUSSO MICHELANGELO. Chiedo di par­lare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO MICHELANGELO. Signor Presi­dente, a parte le argomentazioni che pos­sono o meno convincere vorrei sapere in ® finitiva se l’Assessore, in relazione _ ai nu° decreti, preventivamente riferirà in Com missione sui criteri che intende adottare fine di accertare se questi corrispondano indirizzi della politica agraria nazionale regionale) e se, per i casi che noi ménte abbiamo denunciato, nel procedere necessarie istruttorie informerà la stessi' caso di risposta affermativa relativa ai problemi sollevati ritireremmo la nostra zione.

ALEPPO, Assessore all’agricoltura e foreste. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALEPPO, Assessore all’agricoltura e

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Resoconti P arlam en tarì — 2913 — A ssem b lea R eg ion a le S iciliana

Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978

foreste. La risposta è molto chiara perché per quanto riguarda il primo punto ho af­fermato che, dopo opportuni approfondimen­ti, per i casi che sono stati citati in quest’ Aula, informerò la Commissione legislativa. Per quanto riguarda il secondo punto è da dire che la Commissione sarà informata sui criteri che dovranno collegarsi — come ho detto nella mia risposta — sia alle linee emergenti dalla Conferenza regionale, sia a quelle connesse alla programmazione che vo­gliamo portare avanti nel settore agricolo.

RUSSO MICHELANGELO. Chiedo di par­lare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO MICHELANGELO. Signor Presi­dente, sulla base delle precisazioni fornite, dichiaro, anche a nome degli altri firmatari di ritirare la mozione numero 95.

La questione che abbiamo voluto solle­vare, alla quale del resto ci interessiamo sin dal maggio scorso, riguarda i progetti di tra­sformazione fondiaria che in molti casi si sono risolti in una vera e propria vessa­zione operata nei confronti dei mezzadri o dei fittavoli.

Tenuto conto che stanno per maturare de­terminate decisioni in materia di patti agra­ri e che si vanno consolidando gli indirizzi dipolitica agraria riguardanti appunto queste trasformazioni, abbiamo voluto richiamare 1’ attenzione di questa Assemblea su alcuni casi che contraddicono appunto queste ten­denze.

PRESIDENTE. L ’Assemblea ne prende atto.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Grillo Morassutti per dichiarare se sia soddisfatto ° meno della risposta dell’Assessore.

g r illo MORASSUTTI. Signor Presi- dente, onorevoli colleghi, intervengo breve- ®6nte per dichiararmi non solo insoddisfat-

ma preoccupato delle risposte date dal Governo.

Invero, nella nostra interpellanza chiede- vamo per quale motivo le istruttorie ini- ziate circa sei anni fa non si fossero ancora J oncluse, con la conseguenza che il cittadino Wellu fattispecie il proprietario) non ha ri-

^esocontì, f. 404

cevuto né una risposta positiva, né una ne­gativa; volevamo sapere, insomma, se questo ritardo obiettivo lo si dovesse ad una scelta politica ovvero ad un fatto funzionale dell’ Amministrazione.

In merito a tutto ciò non abbiamo rice­vuto alcuna risposta dall’Assessore, se non indirettamente quando questi ha detto che Tamministrazione ha emesso solo una cin­quantina di decreti relativi a piani di tra­sformazioni; e ciò nel momento in cui sono oltre mille le pratiche presentate.

Vi è però nella risposta del Governo un dato particolarmente pericoloso, considerato che l’Assessore ha affermato di voler colle­gare l’ulteriore sviluppo della istruttoria con­cernente i piani di trasformazione ai cri­teri che la Conferenza agricola vorrà dare in merito allo sviluppo dell’agricoltura si­ciliana; ciò significa in pratica che sino ad allora l’Amministrazione non emetterà de­creti in materia.

Un fatto questo che a me sembra perico­loso per l’Amministrazione e, soprattutto, dannoso per le sorti dell’agricoltura siciliana e di coloro che più direttamente sono in­teressati.

Discussione del disegno di legge: « Attribuzione ai Comuni di fimzioni amministrative regio­nali » (462/A).

PRESIDENTE. Si passa al punto terzo dell’ordine del giorno: Discussione del di­segno di legge: « Attribuzione ai Comuni di funzioni amministrative regionali » (462/A).

Invito i componenti la Commissione com­petente a prendere posto al banco alla me­desima assegnato.

Dichiaro aperta la discussione generale.Ha facoltà di svolgere la relazione il Pre­

sidente della Commissione e relatore ono­revole Stornello.

STORNELLO, Presidente della Commis­sione e relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi finalmente l’Assemblea regio­nale siciliana inizia la discussione di un pro­blema su cui si è molto discusso in trent’anni di autonomia siciliana.

Il dibattito che si è sviluppato anche in sede di consulta regionale dimostra che qual­cosa di concreto comincia a muoversi nella

(500)

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R esocon ti P arlam en tari — 2914 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1975

realtà amministrativa del nostro paese e, so­prattutto, che ormai si è assimilata l’esigen­za di dare un nuovo assetto istituzionale alla nostra regione.

Purtroppo ancora una volta siamo in ri­tardo rispetto alle altre regioni. Infatti, men­tre noi con il presente disegno di legge re­cepiamo il decreto numero 616 del 1977, at- tuativo della legge numero 382 del 1975, dal dibattito politico e culturale in corso nel paese emerge che la questione istituzio­nale di maggiore rilevanza, e per ciò non più rinviabile, è quella che attiene alla ri­forma dei poteri locali.

Questo disegno di legge si muove lungo la direttrice del decreto numero 616 del 1977 e della legge regionale numero 86 del 29 dicembre 1975, che all’articolo 2 sancisce il principio secondo il quale la riforma deve contenere l’attuazione del più ampio decen­tramento di funzioni ai comuni e agli isti­tuendi enti comprensoriali.

In relazione a questo disegno di legge, che rappresenta uno dei punti più qualifi­canti fra quelli concordati dalla maggioran­za, il Governo della Regione aveva assunto degli impegni ben precisi.

Infatti l’onorevole Mattarella nelle dichia­razioni programmatiche del 3 aprile 1978 aveva affermato che « è necessario realiz­zare comunque la prima fase operativa en­tro il 1978 attraverso uno strumento legisla­tivo che riguardi la riforma del sistema di governo comunale, particolarmente con ri­ferimento alla estensione delle relative com­petenze, definendo, in coerenza con il di­segno generale e con la prioritaria scelta di decentramento amministrativo, le funzio­ni da trasferire ai comuni, comprensive di tutte quelle indicate nel decreto del Presi­dente della Repubblica numero 616 secondo i tempi di attuazione ivi previsti e secondo le indicazioni dello schema approvato dalla competente Commissione dell’Assemblea re­gionale siciliana il 2 febbraio 1978, nonché di altre rientranti tra i poteri propri della Regione, da individuare sulla base di un’ac­curata ricognizione ».

Se queste, onorevoli colleghi, sono in sin­tesi alcune delle motivazioni che hanno por­tato all’elaborazione del disegno di legge in esame, è da dire pure che la costante evo­luzione del paese e della società connessa alla richiesta di una partecipazione reale di­

retta, costituendo l’elemento più importante a livello politico, culturale e sociale, rende urgente la riforma amministrativa.

Se la crisi che stiamo vivendo ha intrecci molteplici è . pur vero che per superarla è necessario affrontare le cause profonde che l’hanno determinata, predisponendo quindi non solo dei provvedimenti congiunturali ma quanto è necessario per un’incisiva riforma di struttura. Bisogna, cioè, rendersi conto che la crisi economica, morale e sociale è anche crisi politica e istituzionale.

Affrontando nel merito il testo elaborato dalla Commissione (e approvato a maggio­ranza dalla stessa) su progetto presentato dal Governo — peraltro arricchito e inte­grato dai contributi, dai suggerimenti, dalle meditazioni di tutte le forze politiche pre­senti in quest’Assemblea, attraverso anche un collegamento con tutte le forze sindacali, sociali, di categoria della nostra regione ■— è da dire che esso è stato anche motivo di parecchie perplessità.

Possiamo distinguere il disegno di legge in varie parti, e ciò sia per i molteplici aspetti connessi alla materia affrontata, sia per i problemi individuati e per le soluzioni prospettate.

Vorrei ricordare che nel corso del dibat­tito e nel confronto svoltosi in Commissione sono state sollevate delle questioni preoccu­panti in relazione alle incombenze che rica­dranno sui comuni, per cui è stato neces­sario approfondire i vari aspetti connessi ad una tale situazione.

Il disegno di legge, nel testo elaborato dalla Commissione, è composto di 37 arti­coli; alcuni si occupano di trasferimenti veri e propri, come l’articolo 2 che appunto tra­sferisce ai comuni le competenze in mate­ria di denominazione di borgate e frazioni, altri invece sopprimono alcuni organismi come ‘gli Eca (articolo 4) e i patronati sco­lastici (articolo 7).

Fra le funzioni trasferite ai comuni, par' ticolarmente importanti risultano quelle at­tinenti all’assistenza, che si divide in varie branche: assistenza scolastica (articoli 6 e 7)> assistenza igienico-sanitaria (articolo 9).

E ’ inoltre da sottolineare che sono trasfe' rite ai comuni le funzioni concernenti il ri' covero di minori, degli anziani indigenti e degli inabili al lavoro presso istituti di assi­stenza, di beneficenza ed istruzione; Tassi'

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Sesocontì P arlam en tari 2915 A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978

stenza in natura, da effettuare anche con di­stribuzione di materiale vario agli assistiti bisognosi deH’assistenza farmaceutica e sa­nitaria di cui all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 agosto 1975, numero 636; gli interventi per i pro­fughi italiani e per i rimpatriati successi­vamente alla prima assistenza di cui alla legge 19 ottobre 1970, numero 744 e suc­cessive modificazioni; l’assistenza estiva e in­vernale dei minori; l ’assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto; l’assistenza post­penitenziaria; gli interventi in favore dei mi­nori soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell’ambito delle com­petenze amministrative e civili; gli inter­venti assistenziali in favore dei non vedenti.

Per quanto concerne l’articolo 4 (cui ho già accennato) è da dire che le funzioni relati­ve agli Enti comuni di assistenza soppressi sono attribuite ai comuni e che il personale di ruolo è pure trasferito a detto ente lo­cale; altre disposizioni relative a modalità da seguire e ad attività da svolgere sono previste dagli articoli 5 e 26.

Anche all’articolo 7, che prevede la sop­pressione dei patronati scolastici, ho già ac­cennato; voglio solo aggiungere che questo problema è stato oggetto di non poche per­plessità da parte dei rappresentanti delle or­ganizzazioni di categoria, a causa della con­fusione esistente presso questi Enti.

All’articolo 6 è previsto: « In materia di assistenza scolastica sono trasferite ai co­muni le competenze relative all’organizza- zione ed al funzionamento di colonie clima­tiche, alle refezioni scolastiche ed al tra­sporto gratuito degli alunni delle scuole ma­terne, delle scuole dell’obbligo e delle scuo­le medie superiori, nonché le competenze relative alla manutenzione e alla riparazione di aule scolastiche, di servizi igienici, sa- rdtari e di materiale di arredamento scola­stico degli edifìci della scuola dell’obbligo. Sono altresì attribuite ai comuni le compe­tenze di cui alla legge regionale 7 mag- Sm 1976, numero 68 e successive modifica­zioni ».

L’articolo 9 prevede il trasferimento ai co- muni di funzioni in materia di assistenza igienico-sanitaria, relative principalmente al ricovero presso preventori di bambini predi­sposti alla tubercolosi, e delle competenze

regionali in materia di controllo sull’inquina­mento atmosferico, di cui agli articoli 8, ul­timo comma — per la parte di interesse co­munale — 9 e 10 della legge regionale 18 giugno 1977, numero 39, nell’ambito dei pia­ni dei programmi regionali per il settore.

In materia di beni culturali, l’articolo 10 trasferisce ai comuni la competenza relativa ad iniziative tendenti a valorizzare, indivi­duare e ad acquistare i beni medesimi, an­che ai fini di cui all’articolo 21 della legge 1 agosto 1977, numero 80. Inoltre vengono trasferite ai comuni le competenze per l’am­pliamento, il completamento, il riattamento, le attrezzature di locali adibiti o da adibirsi a biblioteche, musei, gallerie di arte e cen­tri di servizio culturale di proprietà dei co­muni, nonché per l’acquisto di attrezzature; l’organizzazione e la gestione di parchi-gioco Robinson; le attività educative e ricreative per il tempo libero giovanile; il servizio na­zionale di lettura.

Un’ampia fascia dì competenze viene tra­sferita ai comuni per quanto attiene alle branche del turismo, deH’industria alber­ghiera, dello spettacolo e dello sport. Tutta questa vastissima materia viene elencata nel­l’articolo 11 che prevede il trasferimento delle competenze relative a: « costruzione e gestione di impianti e servizi complementari alle attività turìstiche; rifugi montani, cam­peggi ed altri servizi ricettivi extra - alber­ghieri; nulla osta in materia di esercizi di sale cinematografiche e per l ’esercizio degli spettacoli cinematografici di cui agli articoli 21, 22 e 24 del decreto legislativo del Pre­sidente della Regione 26 giugno 1950, nu­mero 30; promozione di attività sportive e ricreative; costruzione e gestione di im­pianti sportivi e di impianti e servizi com­plementari alle attività sportive ».

Come indicato dall’articolo 12, in materia di industria, commercio e artigianato viene trasferita ai comuni una fascia di funzioni relative a regolamentazione degli orari di apertura e chiusura dei negozi e degli altri esercizi per la vendita al dettaglio ed il con­sumo di alimenti e bevande; istituzione e regolamentazione dei mercati per il com­mercio al minuto; impianto e gestione del mercato all’ingrosso dei prodotti ortofrutti­coli, del bestiame, delle carni e dei prodotti ittici; autorizzazione, sulla base delle pre­scrizioni del Cipe nell’ambito dei criteri ge­

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R esocon ti P arlam en tari — 2916 — A ssem b lea R eg ion a le Smlìana

Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1973

nerali determinati dalla Regione, alla instal­lazione di distributori di carburante nel_ ter­ritorio comunale, ad eccezione delle sedi au­tostradali; autorizzazione alla rivendita di giornali e riviste; atti di istruzione e certi­ficazione ai fini della iscrizione all’albo delle imprese artigiane; apprestamento e gestione di aree attrezzate per Tinsediamento di im­prese artigiane nel rispetto della pianifica­zione territoriale; organizzazione di fiere, mo­stre e mercati; assegnazione di borse di studio.

In materia di agricoltura, l ’articolo 13 elenca le materie di competenza che ven­gono trasferite ai comuni e specificatamente: vigilanza sull’amministrazione dei beni d’uso civico e di demanio armentizio; accertarnento dei requisiti di agricoltore a titolo principale ai sensi dell’articolo 12 della legge 9 mag­gio 1975 mimerò 153; indennità compensa­tive annue di cui agli articoli 5 e 6 della legge 10 maggio 1976, numero. 352; istru­zione ed erogazione dei contributi per la te­nuta della contabilità aziendale; premi diretti in favore del patrimonio animale nel settore zootecnico; piani e progetti silvopastorali ri­guardanti il patrimonio comunale e relativa attuazione ivi comprese le competenze attri­buite dal regio decreto 30 dicembre 1923, numero 3267, e successive modifiche, alle camere di commercio; vigilanza in concorso con gli altri enti e organismi competenti sui terreni sottoposti a vincolo per scopi idro­geologici; proposte per la formazione dei pro­grammi alle sezioni operative dell’assistenza tecrdca e attività promozionali in agricoltura previste dalla legge regionale 1 agosto 1977, numero 73 (si tratta in pratica dell’assistenza tecnica in agricoltura).

All’articolo 14 viene stabilito un principio, oggetto di lunghe discussioni svoltesi in sede di commissione durante gli incontri con le organizzazioni sindacali degli agricoltori, che riguarda la pubblicità da dare ai rapporti intercorrenti tra l ’Assessorato dell’agricoltura e gli Ispettorati agrari e il mondo dell’agri­coltura, in riferimento alle richieste per la concessione di contributi per miglioramenti o trasformazioni. Per quanto riguarda il set­tore dei lavori pubblici, di cui all’articolo 16, vengono trasferite ai comuni una serie di competenze relative a: riparazione di allog­gi popolari; costruzione, completamento e mi­glioramento di case comunali; costruzione.

completamento e miglioramento di strade esterne di competenza comunale; costruzione, ampliamento, completamento, ristrutturazio­ne e manutenzione dei cimiteri; costruzione, completamento, miglioramento, riparazione, sistemazione e manutenzione di vie urbane e aree pubbliche; costruzione, trasformazione e manutenzione di vie rurali di interesse comunale; costruzione di abbeveratoi pub­blici.

Inoltre con l’articolo 17 vengono trasfe­rite ai comuni le competenze inerenti all’as­segnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salva la cohipetenza dello Stato per l’assegnazione di alloggi da destinare ai di­pendenti civili e militari dello Stato.

Ai comuni, come stabilisce l’articolo 22, vengono trasferite anche le funzioni di po­lizia amministrativa di cui al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 733. E ’ da rilevare che nell’articolo è detto che « l’esercizio delle stesse funzioni sarà determinato sulla base delle relative norme di attuazione dello Statuto ».

Un altro aspetto importante di questa leg­ge è rappresentato dagli articoli 23 e 24 che, in attesa degli approfondimenti richiesti dalla materia, stabiliscono i criteri da adob tare per regolare i rapporti relativi alle isti­tuzioni pubbliche di assistenza e beneficenza fino al 30 ottobre 1979, data entro cui si prowederà con apposita legge organica a riordino della materia dell’assistenza. Duran­te questo periodo è stabilito appunto psr le organizzazioni di cui sopra il divieto. 1 istituire nuovi posti in organico e di pro­cedere ad assunzioni di personale a temp indeterminato, nonché di procedere ad zioni di personale a tempo determinato comportino un aumento complessivo del n mero* dei dipendenti in servizio alla data 31 luglio 1978; di procedere ad alienaz^ o trasformazione di beni immobili o di i alla costituzione di diritti reali sugli alla stipulazione di contratti di affitto oi rata superiore a tre anni. _ i Rose­

li disegno di legge ha pure previsto gnazione ai comuni delle somme allo svolgimento delle funzioni loro at ri

A tale scopo l’articolo 19 appositi fondi — uno per servizi, 1 a jj investimenti — per un ammontare, P 1979, di 60 miliardi ciascuno.

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Resoconti P arlam en tari — 2917 A ssem b lea R eg ion ale S iciliana

Vili LEGISLATURA C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978

E’ da dire che in un primo tempo si era pensato ad un fondo unico, ma, onde evitare che si creasse confusione nelle ripar­tizioni, si è preferito adottare la soluzione che, prevede, appunto, due fondi distinti da ripartire annualmente ai comuni con decreto del Presidente della Regione, sentiti il Co­mitato regionale per la programmazione e la Commissione legislativa « Finanza, bilan­cio e programmazione » deH’Assemblea re­gionale, su delibera della Giunta regionale.I criteri di ripartizione saraimo determinati avendo anche riguardo alle condizioni socio- economiche dei singoli comuni, alle rispet­tive popolazioni, nonché alle rispettive su- perfici, in modo da potere dotare detti co­muni dei mezzi necessari per risolvere i loro particolari problemi.

Inoltre l ’articolo 20 prevede uno stanzia­mento aggiuntivo di 20 miliardi per un pro­gramma annuale di interventi straordinari in

: materia di fognature, acquedotti ed opere viarie di rilevanza sovracomunale.

Anche questo stanziamento sarà ripartito con delibera della Giunta regionale, su pro­posta dell’Assessore regionale dei lavori pub­blici, sentita la competente Commissione legi­slativa regionale.

Il disegno di legge in esame si occupa, ovviamente, di regolare i rapporti con il per­sonale interessato dalle modifiche che intro­duce la nuova normativa; e ciò per mettere i comuni nelle condizioni di svolgere effica­cemente le funzioni loro attribuite.

L’articolo 7 per i dipendenti occupati pres- ® i patronati scolastici ha previsto varie pos­sibilità: il personale in servizio stabile e a tempo indeterminato all’l gennaio 1978, e tuttora in servizio, va inquadrato nei ruoli 'comunali, anche in soprannumero, nei livelli corrispondenti alle mansioni esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge ® con la salvaguardia delle posizioni econo- •uiche possedute; il personale in posizione di cornando, o comunque in servizio nell’almo scolastico in corso, può continuare ad essere Il ilizzato nella medesima posizione ai fini

continuità del servizio. Inoltre, detto articolo dà la possibilità di

g||y® ®csi di personale di cui alla legge re- denrt 1975, numero 38, preve-

0 l’onere a carico della Regione.^orticolo 21, invece, dà la possibilità ai

comuni di poter utilizzare gli uffici e le strutture tecniche regionali per l’esercizio delle funzioni ad essi trasferite.

L ’articolo 28, poi, consente di adibire, in base alle proposte formulate da ima com­missione, le insegnanti immesse nel ruolo previsto dall’articolo 2 della legge regionale 3 giugno 1975, numero 38, ad attività che saranno determinate dall’Assessore ai beni culturali ed ambientali ed alla pubblica istru­zione. Una volta regolati i tre punti cardine attorno ai quali ruota questo disegno di leg­ge (trasferimento delle funzioni, mezzi finan­ziari necessari ai comuni, utilizzazione del personale), si sono stabilite alcune norme finali e transitorie per garantire non solo la continuità di alcuni servizi, ma per attrez­zare la struttura regionale in modo tale da potere fare fronte ad eventi eccezionali. L ’ articolo 31, infatti, prevede uno stanziamento di mille milioni da parte dell’Assessorato de­gli enti locali per interventi straordinari in materia di pubblica beneficenza ed assisten­za, e una dotazione finanziaria di 300 mi­lioni all’Assessorato della sanità sempre per interventi straordinari di emergenza nel set­tore igienico-sanitario.

L ’articolo 33 stabilisce la proroga dei prov­vedimenti di ricovero di minori e di adulti già adottati dall’Assessore regionale, e ciò per garantire la continuità di tale partico­lare servizio; richiede, inoltre, che tali prov­vedimenti vengano comunicati dall’Assesso­rato degli enti locali ai comuni interessati. E ’ anche fatto divieto di assumere nuovi ricoveri ordinari ad eccezione di quelli pre­visti dall’articolo 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

L ’articolo 34 prevede che i concorsi pub­blici e quelli interni già banditi dagli Enti comunali di assistenza alla data del 10 di­cembre 1978 siano portati a compimento en­tro tre mesi, sempre che riguardino la co­pertura di posti di ruolo.

Questi, sinteticamente, alcum degli aspetti più importanti del presente disegno di legge.

Onorevoli colleghi, senza voler fare del trionfalismo, ma con la sofferta convinzione delle inevitabili manchevolezze che la legge porta in sé e ribadendo la necessità da tutti sottolineata di approfondire e precisare gli aspetti particolari connessi ad un provve­dimento di cosi vasto respiro, ritengo oppor­

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R esocon ti P arlam en tari — 2918 — A ssem b lea R eg ion a le Sicffiam

V ili L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icembre igij

tuno, a nome della Commissione da me presieduta, raccomandare all’Assemblea una sollecita approvazione del disegno di legge in esame, al fine di iniziare quel processo di rinnovamento delle strutture istituzionali della società siciliana, attraverso la parteci­pazione popolare alla gestione della cosa pub­blica, che aw ii la costruzione della Repub­blica delle autonomie.

TRICOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TRICOLI. Signor Presidente, onorevoli col­leghi, il disegno di legge stasera in esame, riguardante il tema delle attribuzioni ai co­muni di funzioni amministrative regionali, dimostra ancora una volta rinsufficienza del­l’azione governativa quando essa si trova ad affrontare provvedimenti che dovrebbero es­sere in certo modo qualificanti.

Si tratta di un’insufficienza che noi già abbiamo avuto modo di riscontrare in occa­sione del varo di leggi considerate altrettanto qualificanti da parte del Governo, ma che appunto di esso hanno dimostrato la carenza e l’insufficienza di iniziative. Intendo rife­rirmi alla legge concernente la riforma dell’ Amministrazione centrale della Regione, alle norme sulla programmazione, al piano di emergenza e alla stessa legge di riforma urbanistica.

La maggior parte di queste leggi, infatti, che dovevano riformare alcuni aspetti fon­damentali della vita regionale e dare impulso all’azione di governo e, quindi, alla vita eco­nomica e sociale e politica della Regione, si sono dimostrate in effetti come un autentico fallimento, se è vero, come è vero, che, ri­spetto a quanto affermato nei documenti pro­grammatici (ad esempio quello riguardante la riforma dell’Amministrazione della Re­gione), esse dimostrano tutta la loro vacuità ed insufficienza.

Non mi dilungherò a passare in rassegna le carenze riscontrate nelle precedenti leggi, che pur erano state definite qualificanti da parte del Governo regionale — ho avuto modo di farlo insieme agli altri colleghi del Movimento sociale italiano - Destra nazionale in occasione di dibattiti che si sono svolti in quest’Aula sulle leggi stesse — ; mi limi­terò, quindi, a dimostrare perché questo di­

segno di legge manifesta delle insufficienze rispetto alle stesse proposte formulate dal Governo.

In occasione della formazione del Governo Mattarella, il Presidente della Regione pre­sentò un discorso programmatico in cui, fra l’altro, si diceva: « La definizione degli am­biti di competenza dei diversi livelli di go­verno deve essere caratterizzata da una pre­cisa impostazione di decentramento, imposta­zione che va vista come significativa scelta politica di amministrazione, come recupero dell’efficienza dell’azione pubblica e volta al fine di conseguire una diminuzione del costo delle spese correnti ». E aggiungeva: « L’at­tuazione di questa necessaria operazione di trasferimento di competenze in favore degli enti locali deve essere realizzata anche in relazione agli aspetti finanziari e a quelli strutturali conseguenti ai trasferimenti».

Proposizioni ancora più solenni di queste da me lette si possono riscontrare anche nel documento riguardante la riforma dell’orga- nizzazione amministrativa regionale e il rior­dinamento degli enti locali, che è stato for­mulato da una commissione culturale ma che poi è diventato anche un documento politico, se è vero come è vero che tale documento è stato adottato dal Governo re­gionale, per cui dovrebbe riconoscersi in esso. E se cosi è, noi non possiamo non rilevare stasera come il disegno di legge in esame sia assolutamente insufficiente rispetto ai principi e alle proposte contenuti nel docu­mento formulato dalla commissione scien- tifica.

Pertanto noi affermiamo in questa se e che il Governo, con il disegno di legg® ® mero 462, manca di qualsiasi iniziativa carattere politico. E ciò perché detto di legge non è espressione della politica dell’esecutivo, in quanto segue sequamente, o quasi, la legge statale _ mero 382 ed il conseguente decreto del . sidente della Repubblica numero 616. ^

Ma se in questo provvedimento si tradotte le linee fondamentali della legg zionale numero 382 e del decreto de sidente della Repubblica numero 6 '-0^rebbe stato già qualcosa! L ’iniziativa P jje del Governo sarebbe stata quella di a trasferire nella Regione siciliana h j. previsto dalla legge e dal decreto ci

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Resoconti P arlam en tari 2919 — A ssem b lea R eg ion ale Siciliana

yill Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978

ciò che concerne le regioni a statuto ordi­nario. Sappiamo, però, che ciò non è avve­nuto. Il disegno di legge, pertanto, si rivela carente e per colpa del Governo nazionale e per colpa del Governo regionale. Infatti, quanto è stato conferito dallo Stato, attra­verso la legge numero 382 e il decreto nu­mero 616, ai comuni e alle province delle regioni a statuto ordinario, non trova ri­scontro nella Regione siciliana perché ancora non si è provveduto a definire in modo com­pleto le norme di attuazione del nostro Sta­tuto.

Invero, tale argomento è stato ampiamente trattato nel corso di numerosi dibattiti svol­tisi in quest’Aula; sono stati anche approvati da questa Assemblea dei documenti che im­pegnavano il Governo regionale, e per esso il Governo nazionale, a far si che la defi­nizione delle norme di attuazione dello Sta­tuto siciliano venisse fatta contemporanea­mente {« contestualmente » veniva detto) al decreto di attuazione della legge numero 382, cioè al decreto del Presidente della Repub­blica numero 616 del 24 luglio 1977.

L’Assemblea si è impegnata a fondo su questo argomento, sia nel momento in cui si è approvata la legge numero 382, sia suc­cessivamente, quando è stato varato il de­creto del Presidente della Repubblica nu­mero 616, con uno schema di proposte ela­borato dalla stessa Commissione paritetica per l’atbxazione dello Statuto.

Nel dibattito sulla legge numero 382 l’As­semblea regionale siciliana attraverso un do­cumento approvato da tutti i partiti chiedeva, appunto, che nel momento in cui si fosse emanato il decreto presidenziale previsto dal- m 382, si operasse contemporaneamente la definizione delle norme di attuazione dello Stadio, sicché le competenze attribuite alle Regioni a statuto ordinario potessero essere rasferite anche alla nostra Regione a sta­to speciale. Però quel documento non ha

^rtito alcun effetto, né lo ha avuto lo sche­ma di proposte elaborato dalla Commissione

I ^ Niazione dello Statuto in data 2 feb-I 1978 in seguito all’approvazione del

blica° *1®! Presidente della Repub-

I fi'diesta mancanza di contestua-leg negativamente sul disegno di

in discussione questa sera, per cui la

Regione siciliana non può attribuire ai co­muni siciliani quelle stesse competenze che già sono state trasferite ai comuni delle regioni a statuto ordinario.

E, in verità, nel momento in cui veniva approvato il documento deU’Assemblea re­gionale siciliana con cui si chiedeva la con­testualità del decreto presidenziale alla de­finizione delle norme di attuazione dello Sta­tuto, siamo stati buoni profeti. L ’onorevole Cusimano, invero, intervenendo in quest’ Aula sul documento stesso, pur esprimendo parere favorevole a nome del gruppo del Movimento sociale italiano - Destra nazio­nale, non poteva non mettere in evidenza lo scetticismo circa la possibilità che un tale documento potesse essere concretamente at­tuato dal Governo nazionale.

Infatti siamo stati costretti recentemente, se non erro nell’ottobre di quest’anno, con una delegazione comprendente i rappresen­tanti di tutti i gruppi presenti in Assemblea a sollecitare i parlamentari nazionali alla de­finizione delle norme di attuazione dello Sta­tuto siciliano; peraltro, questa nostra inizia­tiva non ha avuto alcuna conseguenza.

Gli effetti più gravi che scaturiscono dalla mancata attuazione dello Statuto siciliano in­teressano le norme finanziarie che, non es­sendo state definite, e rivelandosi fondamen­tali per la vitalità della nostra Regione, non consentono ai comuni siciliani di esercitare in pieno le funzioni loro attribuite.

Il non aver ancora definito le norme di attuazione dello Statuto regionale siciliano fa sf che la nostra Regione, oggi, possedendo uno statuto speciale, abbia una spesa di com­petenze, per certi settori, inferiore a quella già attribuita alle regioni a statuto ordina­rio.

E ’ questa una colpa del Governo nazio­nale, ma incapacità anche, mi si consenta, di questa maggioranza e, in particolare, del Governo regionale di esercitare adeguate pressioni su Roma affinché l’esecutivo rece­pisca le istanze della Regione siciliana.

In un recente dibattito l’onorevole Cusi­mano ha potuto dimostrare che quello stesso Presidente della Regione, che in tale veste fa determinate affermazioni, come esponente politico non riesce ad incidere sugli organi di governo appartenenti al suo partito per far accogliere certe istanze della Regione si­ciliana.

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R esocon ti P arlam en tari 2920 A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

V ili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1975

E ’ da dire, inoltre, che il Governo regio­nale, nel trasferire ai comuni alcune compe­tenze su determinate materie, ha seguito le linee della legge numero 382 e del decreto numero 616 senza dimostrare una capacità di iniziativa politica propria.

Occorre poi sottolineare che il disegno di legge in esame se trasferisce ai comuni le funzioni previste dalla legge numero 382 e dal decreto numero 616, non potenzia l ’atti­vità degli Enti locali intermedi (le Provin­ce), come stabilito da detta normativa, risul­tando carente anche per ciò che concerne le competenze che risultano pertanto trasfe­rite agli enti locali intermedi delle regioni a statuto ordinario e non a quelli della Sici­lia, che fra l’altro gode di uno statuto spe­ciale.

Basterebbe ripercorrere l’iter formativo del disegno di legge stesso per accorgerci di tutte le insufficienze dello stesso. Invero, la lunga trattativa che si è svolta nell’am- bito dei partiti della maggioranza non ha certo riguardato la possibilità di innovare la politica degli enti locali o di introdurre una via nuova concernente il governo delle auto­nomie locali, né ha mirato a conferire a que­sto disegno di legge un più ampio respiro politico. Il problema si è esaurito nell’am­bito dei partiti della maggioranza circa la possibilità da parte del Governo di continuare a conservare determinati strumenti di po­tere, e da parte di alcuni partiti della mag­gioranza, e non di governo, come il Partito comunista, di strappare questo potere per trasferirlo ai comuni, nella prospettiva di po­terlo gestire direttamente attraverso una pro­pria maggioranza consiliare. Questo è stato il conflitto — esclusivamente di potere — che si è scatenato all’interno della pentar­chia!

Ripeto, manca assolutamente quel respiro politico che noi riconosciamo essere pre­sente nel pur discutibilissimo documento di principi.

Ovviamente quando diciamo « respiro po­litico .» non intendiamo riferirci alla « evo­cazione » fatta in questa sede per cui il Co­mune viene ad essere paragonato alla polis greca, configurando con ciò quasi un certo municipalismo medievale che ci riporta a momenti storici non certamente positivi per la nostra nazione.

Noi riconosciamo « respiro politico » sol­

tanto ad un concetto di autonomia che sal­vaguardi il principio di uno Stato decen­trato per servire meglio il cittadino e non esalti determinate divisioni. Noi concepiamo l’autonomia locale solo nella prospettiva di uno Stato che va incontro al cittadino e, conseguentemente, siamo per un decentra­mento delle funzioni dallo Stato e dalle re­gioni verso i Comuni e verso le province,

Non possiamo assolutamente ipotizzare al­tro tipo di Comune se non quello che salva- guardi il principio dell’unità nazionale, che deve essere unità morale, unità ideale, unità politica; concepiamo soltanto un decentra­mento amministrativo inteso come strumento per rendere — lo ripeto — un servizio al cittadino, per fargli sentire lo Stato più vi­cino, a differenza di quanto avviene con una struttura accentratrice.

Vogliamo riconoscere «respiro politico» soltanto ad un tipo di iniziativa che sia in grado di creare veramente quel « livello di governo locale » concepito dal documento dei principi e che non trova riscontro in questo disegno di legge.

E quando parliamo di « governo locale» intendiamo riferirci alla possibilità di con­sentire una più valida partecipazione del cit­tadino al governo del proprio comune; ciò a potrebbe realizzare attraverso l’elezione di­retta del sindaco, che darebbe fra l’altro ima maggiore stabilità al governo comu­nale. In tal modo il « livello di governo lo­cale » sarebbe esaltato e non si avrebbero comuni alla mercé dei partiti e delle correnti (e peggio ancora delle, lotte dei partiti edelle correnti), e pertanto continuamente de­qualificati e squalificati dalle lotte intestine

che portano sovente alle dimissioni del sm daco o della Giunta. Invero questo un « livello di governo » cui possiamo a triljuire grande dignità! Esaltare il « dive di governo » comunale significa rendere qu® sto tipo di governo riconoscibile dal ci dine. L ’unico modo per farlo è — come accennato poc’anzi — dato daH’elezioiic retta del sindaco. In tal modo, creerebbe un rapporto fiduciario tra e popolazione, per cui il sindaco dpvr rispondere delle proprie azioni rettamente alla popolazione e non altó marille » dei partiti o delle correnti. piamo quanto la vita politica comunale^ ga mortificata da questo tipo di azion ■

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HesoconH P aTlam entari 2921 A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978

Un altro elemento che può dare dignità al governo comunale è per esempio quello co­stituito dalla partecipazione delle categorie produttive al governo del comune.

Noi parliamo spesso di partecipazione delle forze sindacali, delle forze economiche, delle forze sociali, delle forze culturali, ma in con­creto si riconosce soltanto ai partiti come tali la possibilità di intervenire per dar cor­po alle istituzioni, respingendo tutte quelle forze (associazioni, organizzazioni) che si ma­nifestano in altro modo. Né le forze poli­tiche fanno niente per permettere questa partecipazione.

Diciamo invece che una riforma del governo comunale deve far si che anche le categorie produttive (anche per dar vita a quella politica di programmazione di cui tanto si parla) possano partecipare alle rappresen­tanze consiliari.

Naturalmente nel disegno di legge in esa­me non troviamo niente di tutto questo; lo stesso, a nostro avviso, si verificherà in oc­casione della riforma dell’amministrazione periferica della regione, nonostante l’impe­gno assunto dal Governo ormai da tempo.

Nel disegno di legge, peraltro, non pare trattato un aspetto che pure è fondamentale per farsi si che l’azione politica ed ammi­nistrativa del Comune possa raggiungere il cittadino; mi riferisco all’organizzazione del­le strutture.

Non è assolutamente possibile che si vari nn disegno di legge che trasferisce alcune funzioni amministrative ai comuni senza pensare che questo trasferimento, lungi dal riguardare soltanto la possibilità da parte di determinate amministrazioni o forze poli­tiche di esercitare il potere, deve consen­tire a detto comune di servire meglio il cittadino. E come può il comune svolgere questo compito meglio di quanto non abbia fatto una struttura più accentrata come la Ragione o come lo Stato se non ha la strut-

necessaria per rispondere alle esigenze del cittadino?

Per questo motivo noi accusiamo le forze politiche della maggioranza di aver dato vita

,on disegno di legge che riflette le esigenze potere dei singoli partiti che compongono

p maggioranza stessa, non consentendo al oinung di rispondere agli interessi del cìt-

ino meglio di quanto non abbia fatto ° ad ora la struttura della Regione e

dello Stato. Consideriamo pertanto il dise­gno di legge assolutamente incompleto e pri­vo, ripeto, di un ampio respiro di carat­tere politico, culturale, tecnico. Se l’avesse avuto si sarebbe pensato ad un aspetto cosi importante; ma ciò non è avvenuto perché questi temi fondamentali vengono visti dal governo regionale in modo assolutamente frammentario ed episodico e non nell’am­bito di una concezione che deve poi essere calata nella realtà attraverso una precisa normativa.

Vi siete posti soltanto problemi di po­tere e non il grande problema della riforma della Regione; una riforma che deve essere al servizio del cittadino. Vi siete acconten­tati solo di seguire una certa routine senza dare alla vostra azione una svolta culturale e politica veramente innovativa. Ecco per­ché noi siamo fortemente critici nei riguardi di questo disegno di legge.

Sembra che si decentrino alcune funzioni ai comuni al fine di potenziarli, ma è sol­tanto un’illusione! E lo stesso cittadino m concreto non riesce ad essere servito meglio.

Tutto ciò dimostra ancora una volta l’in­sufficienza di un governo che, pur formu­lando delle concezioni aventi carattere po­litico e culturale,, non riesce a tradurle nel­la realtà. E questo perché — lo ripeto — ci troviamo di fronte ad un governo inca­pace di agire in concreto, in quanto si tratta di un governo di compromesso che non può partorire strutture chiare, ma soltanto « mo­striciattoli » come appunto questo disegno dì legge o gli altri precedentemente elabo­rati. Invero questi provvedimenti possono es­sere considerati qualificanti soltanto da un governo di compromesso che ha delle situa­zioni esistenti una visione offuscata.

SASO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SASO. Signor Presidente, onorevoli colle­ghi, è stato detto che il disegno di legge in esame apre una pagina nuova nella vita della Regione. Noi socialdemocratici ne sia­mo ben convinti ed osserviamo anche che ciò avviene in un momento storico di trasfor­mazione della società e dello Stato che non può non coinvolgere tutti gii organi istitu­zionali e tutte le strutture per rispondere

Jesoiconti, f. 405 (500)

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R esocon ti P arlam en tari 2922 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1975

alla richiesta di rinnovamento che con sem­pre maggiore forza emerge dalla popola­zione.

Ciò è facilitato dalla esistenza sul piano politico di una larghissima convergenza che, al di là della stretta motivazione della crisi economico-sociale che le ha dato origine, può e intende sostanziare tali trasformazio­ni nel segno della democrazia di base, della partecipazione popolare all’amministrazione della cosa pubblica, di un diverso modo di gestire il potere fondato sulla aderenza alla realtà, sulla tempestività di interventi, sulla corretteza delle azioni.

Crediamo perciò di essere nel giusto se interpretiamo le vicende che hanno prece­duto la presentazione della legge sulla quale stiamo discutendo in chiave di attenta e re­sponsabile ricerca dì una sintesi unitaria tra le diversificazioni e legittime posizioni; sin­tesi che è proposta dalle forze che com­pongono la maggioranza.

Con questo spirito i socialdemocratici han­no partecipato alle molte e lunghe riunioni e hanno dato il loro contributo ad un con­fronto serrato di idee, allo scopo di parte­cipare al varo di un provvedimento che garantisca un reale processo di sviluppo e di rafforzamento delle autonomie locali, por­tando avanti, nella chiarezza dei rispettivi compiti e nella funzionalità delle strutture, il completamento del modello istituzionale sul quale deve articolarsi la Regione nel quadro della modifica delle strutture statali.

Tutto questo riteniamo possa cominciare a diventare una realtà per mezzo del disegno dì legge che stiamo discutendo attraverso il quale noi decentriamo, trasferendoli alle am­ministrazioni comunali, molte frmzioni e com­piti ed indichiamo nel contempo gli strumenti che rendono possibile l’esercizio organico da parte dei comuni e degli altri enti subregio­nali delle funzioni ad essi attribuite.

Noi siamo perciò favorevoli a questo dise­gno di legge per i contenuti che racchiude e soprattutto per ciò che implica, come ho ricordato, nelle sue premesse informatrici in direzione di un sempre maggiore coinvolgi­mento dell’attività degli enti locali volta a rispondere in modo idoneo e sempre più tempestivo a quello che imperiosamente chie­dono le popolazioni isolane.

Ci si è posti in altre parole sulla strada giusta per rompere e superare la vecchia

logica di un ordinamento centralista, logica dalla quale non è andata esente neppure la Regione nonostante le sue fondamenta auto­nomistiche, anticipando ancora una volta ta­luni aspetti della riforma del governo locale che in atto sta esaminando in campo nazio­nale la Commissione per gli affari costitu­zionali del Senato.

Possiamo anzi dire di avere di gran lunga superato in questo nostro « impegno decen- trativo » quanto dispone per le regioni a sta­tuto ordinario il decreto delegato numero 616 che attua la legge statale numero 382. Ciò propizia nello stesso tempo un salto di qua­lità rispetto al concetto tradizionale per una pubblica amministrazione ordinata sull’as­se dell’accentramento, che presupponeva in ogni suo caso una relazione di tipo pira­midale tra i livelli di governo considerati superiori e quelli considerati minori, verso le considerazioni che la necessaria delimita­zione delle responsabilità ai vari livelli deve divenire un tutt’uno con il loro collegamento sistematico. R che risponde, del resto, alla esigenza, posta concordemente da quest’As- semblea e dal Governo, di scegliere la pro­grammazione come metodo di azione per il coordinamento dell’attività di tutta la pub­blica amministrazione.

In questo quadro il decentramento non si pone solo come una operazione tecnico ministrativa necessaria per migliorare l’at­tuale assetto degli enti locali, ma piuttosto come una politica che è diretta ad allargare lo spazio della democrazia partecipata e ad immettere e a corresponsabilizzare nelldin; pegno globale nuove energie e più diffusi interessi. Il decentramento, quindi — vi M accennato iniziando — , deve rappresentata un ulteriore passo avanti verso il raggi® gimento dell’obiettivo connaturato alle fina­lità* del nostro istituto autonomistico, rap­presentato daH’allargamento della partecipa zione popolare all’amministrazione e, di conseguenza, dalla crescita democra 1 dei cittadini, che si ottiene 3'wini nndo jsedi e gli strumenti della sua gestione base popolare. jg

La battaglia per il potenziamento f valorizzazione delle autonomie cornunafi cali, in quanto configura una precisa oPP, sizione ad ogni centralismo e ad ogni v-------------- - - - . ' - ' , .1 . ; (je-cismo accentratore, è per noi socialiso mocratici, per la nostra tradizione stori

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Vili legislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978

politica, una battaglia per la reale afferma­zione dei diritti e dei valori democratici delle masse dei lavoratori e dei cittadini. Per questo teniamo a sottolineare anche questa finalizzazione da attribuire al decentramento che noi stiamo per approvare.

Ma proprio i problemi che emergono dalla discussione in corso e dal contesto dei prov­vedimenti che stiamo esaminando ripropon­gono la necessità di procedere a quella più vasta, completa, profonda riforma ammini­strativa che abbiamo inserito nel programma della maggioranza e del Governo.

Si disse allora, e il Presidente della Re­gione se ne fece portavoce attraverso le di­chiarazioni programmatiche, che bisognava pensare ad un recupero della coralità di tutte le componenti operanti nella realtà regio­nale per ottenere un sempre maggiore col- legamento della Regione con gli enti locali, e che pertanto sarebbe stato necessario adot­tare uno schema di distribuzione delle fun­zioni mirante innanzitutto a definire i ruoli del Governo e i diversi livelli territoriali quale quadro di riferimento unitario anche per il riassetto delle funzioni da operare set­tore per settore.

Abbiamo dato allora la nostra convinta adesione a questi impegni e la diamo ora con la stessa convinzione alle nuove attri­buzioni ai comuni di funzioni amministra­tive regionali, proprio perché consideriamo questo fatto alla stregua di un passo di notevole rilievo sulla via che deve portarci all’attuazione globale e definitiva della rifor­ma amministrativa.

Non possiamo però esimerci dall’esprimere la richiesta di una esplicita riaffermazione della volontà di arrivare in tempi brevi alla riforma globale, il che oltretutto servirebbe ad eliminare i dubbi interpretativi e le per­plessità che potrebbero sorgere dall’afferma- zione contenuta nell’articolo 1 del disegnc) di legge in esame, secondo cui « le funzioni ''eugono oggi attribuite in previsione dell’ organica riforma dell’organizzazione ammini- rirativa regionale e del riordinamento degli

locali ».In questo disegno di legge, infatti, non

abbiamo ritenuto opportuno dare alcuna indi­cazione per quanto riguarda gli altri enti anbregionali per i quali sentiamo l’urgenza ella riforma. Li chiameremo consorzi, con­

tinueremo a chiamarli province, daremo loro una nuova configurazione, diverse funzioni, compiti e ambiti; non è qui il caso di di­scuterne ma non possiamo disinteressarci del­la loro realtà, dell’uguaglianza di compiti che in molti settori hanno con i comuni, dei controlli che esercitano.

Siamo convinti, onorevoli colleghi, che in una corretta ripartizione di funzioni si deb­bano privilegiare i livelli inferiori nel senso di spostare verso l’alto solo quelle attività che ai fini dell’interesse della collettività non possono essere efficacemente svolte ai livelli inferiori; occorre, però, dare a questi con­cetti e agli altri che emergeranno dalla co­mune elaborazione una definizione giuridica. Chiediamo pure che sin da ora si pensi a sciogliere la riserva relativa al riordino delle materie dell’assistenza e beneficenza anziché attendere per definirlo la scadenza del 30 giugno prossimo, ben sapendo di quanti sco­gli sia irto e di quante secche costellato il mare che dovremo attraversare per condurlo in porto.

Ma c’è un altro punto del programma del­la maggioranza che va richiamato in questo momento, quello che prevede la necessità di correlare i problemi connessi alla piena at­tuazione del nostro statuto al processo di decentramento realizzato con la legge sta­tale numero 382 e con i relativi decreti delegati.

Su questo specifico tema TAssemblea re­gionale siciliana ha sviluppato un ampio di­battito (nell’aprile dello scorso anno); su tale problema, peraltro, siamo ritornati in occa­sione dell’esame del documento di principi sulla riforma regionale e per il piano Pan- dolfi. Credo non si possa non sottolineare che proprio il Presidente della Regione, al quale va dato atto della fermezza e della costanza con la quale segue la delicata e per noi vitale questione, ha ribadito nei giorni scorsi (come abbiamo appreso dalla stampa), in occasione dell’incontro dei rappresentanti delle Regioni con il Ministro del bilancio, che occorre da parte degli organi dello Stato chiudere con una mentalità frutto di una concezione accentratrice e, per quanto ri­guarda le Regioni a statuto speciale, troppo spesso dimentica delle peculiarità e delle spe­cialità dei loro statuti.

Ho ritenuto necessario e anzi doveroso ri­cordare queste cose, anche se apparente-

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Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1975

mente potrebbe sembrare che esse non ab­biano un’incidenza diretta nell’economia del nostro dibattito, in quanto si collegano al nodo della riforma della Regione il cui scio­glimento presuppone alle spalle un quadro giuridico preciso e chiaramente definitivo. Presuppone cioè, ed è in questa direzione che occorre moltiplicare il nostro impegno, che tutte le questioni ancora pendenti, ed in particolare mi riferisco all’attesa emana­zione delle norme finanziarie, vengano risolte con urgenza, anche alla luce della legge numero 382.

Ferma restando la validità intrinseca di questo provvedimento e la necessità di un più ampio, fermo e coraggioso riconoscimento globale dei poteri che derivano alla Regione dal suo Statuto autonomistico, restano da fare alcune osservazioni pratiche sulle mo­dalità di attuazione del nostro decentramento.

Basta dare uno sguardo rapido alla mate­ria che noi affidiamo ai comuni per ren­derci conto, da un lato, della ventata inno­vatrice, dall’altro, del carico di responsabi­lità del quale noi graviamo le Eimministra- zioni locali nel campo dell’assistenza e bene­ficenza, in quello parascolastico e della pro­mozione culturale, in quello turistico e ri­creativo, commerciale, artigianale ed in quel­lo delle opere pubbliche.

La preoccupazione che nasce a cjuesto ri­guardo è di tre ordini concatenantisi fra loro in quanto attengono alle finanze, al perso­nale, alle strutture tecniche ed amministra­tive dei comuni. Per quanto riguarda la par­te finanziaria la legge prevede l’istituzione di due fondi speciali: uno per i servizi e l’altro per gli investimenti, ai quali si ag­giungono gli stanziamenti straordinari in ma­teria di pubblica beneficenza e assistenza per il settore igienico-sanitario. Tali fondi ven­gono distribuiti ai comuni, dice il disegno di legge, « avendo anche riguardo alle con­dizioni socio-economiche di ciascun comune ».

A noi sembra che anziché avere riguardo « anche » a tali condizioni si debba « soprat­tutto » aver riguardo alle stesse, proprio per gli identici motivi per i quali noi giusta­mente chiediamo di destinare una partico­lare quota degli stanziamenti statali in quan­to trattasi di aree depresse. Un’altra preoc­cupazione nasce dalla costatazione delle con­dizioni nelle quali si trova, per personale e per strutture, la maggior parte dei comuni

isolani. Non si può dimenticare infatti che circa il 70 per cento di essi, per la preci­sione 256, ha una popolazione inferiore ai 10.000 abitanti e che di questa aliquota famio parte 80 comuni con popolazione in­feriore ai 3.000 abitanti.

E ’ intuibile, quindi, che l’attuazione del decentramento, e soprattutto la maggiore mo­bilitazione produttiva dei servizi che i co­muni dovrebbero promuovere, troveranno il loro impatto e il loro condizionamento nella carenza di personale che già oggi risulta assai sensibile nei comuni minori.

E ’ pur vero che nel disegno di legge in esame vengono previsti alcuni ausili!, quali l’inquadramento del personale dei disciolti Enti comunali di assistenza e dei patronati scolastici, la utilizzazione di personale regio­nale comandato, il ricorso alle strutture degli uffici tecnici regionali competenti per ter­ritorio, ma c’è anche da domandarsi come potranno questi ultimi rispondere sollecita­mente al prevedibile grande aumento di ri­chieste che inevitabilmente si verificherà.

D’altra parte è noto che molte ammini­strazioni comunali hanno da tempo manife­stato notevoli carenze di personale e parti­colari disservizi. Certo, occorre tener conto della contemporanea esigenza di un sostan­ziale ridimensionamento della spesa pubblica sulla quale l’incidenza del personale è deter­minante, ma, poste queste premesse, vi e anche da chiedersi se non sia giunto il mo­mento di sollecitare una revisione delle dra­stiche disposizioni della cosi detta legg Stammati.

Vorrei anche ricordare a questo proposi che si pone pure in prospettiva un problema di revisione delle norme e delle procedi! dei pubblici concorsi per uscire dalle stre di un iter che, prolungandosi a volte P anni, aggrava delle situazioni in molti c già pesanti. ■

Mi interessa, infine, richiamare ne, sempre in materia di carenza del sonale delle amministrazioni locali, scarsissima applicazione che ha avuto ge del 4 agosto scorso che autorizza la P blica amministrazione a utilizzare aduatoria di coloro che sono uscitipubblici concorsi per la Juiioche si rendono vacanti nell’arco de successivo alla proclamazione della g toria in parola.

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V ili Legislatura C C LXXX SEDUTA 19 D icem bre 1978

Allorché assieme ad altri colleghi mi sono fatto promotore della sua presentazione ne avevamo sottolineato, e l ’Assemblea appro­vando la legge ha fatto propria tale nota­zione, la sua importanza per eliminare tem­pestivamente i vuoti che si registrano nella burocrazia degli enti locali, evitando solu­zioni di continuità nella sua azione.

Dobbiamo però rilevare che questo spirito non è stato compreso dagli amministratori locali per cui riterremmo necessario solle­citare un loro maggiore interessamento.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, a conclusione del mio . intervento vorrei dire che i socialdemocratici hanno sostenuto il decentramento di nuove funzioni ai comuni, hanno partecipato alla elaborazione delle nor­me e degli indirizzi e adesso si apprestano ad approvare il presente disegno di legge.

Noi vediamo nel decentramento un vei­colo di valorizzazione delle autonomie locali e della partecipazione popolare, di accelera­zione della spesa pubblica, di maggiore ade­renza degli interventi alla realtà locale. Ap­punto per questo sollecitiamo la necessaria ed urgente riforma delle strutture locali, anche perché in caso contrario non solo avremo vanificato lo spirito che oggi concor­demente muove la maggioranza, ma avremo anche creato nuovi ostacoli ed intoppi all’au­mento della celerità deU’iter della spesa pub­blica, che oggi è indilazionabile per movi­mentare l’economia e l’occupazione trovandoci dunque al polo opposto rispetto a quello che vogliamo raggiungere.

Me s s in a , cinedo di parlare.

p r e s id e n t e . Ne ha facoltà.

Me s s in a , signor Presidente, onorevoli 'Colleglli, il disegno di legge relativo al de- ' ontramento ai comuni di funzioni ammini- rative della Regione, il cui dibattito si

concluderà con il voto sul testo definitivo ®ntro i prossimi giorni, si differenzia profon- nmente da tutta l’attività legislativa pro- 0 la dalla nostra Assemblea. La differenza

e solo con la miriade di leggi particolari, eco oon le molte, di rilevante valorejjjl °’caico e sociale, prodotte nella trenten- sa f della nostra Assemblea compre-

legge urbanistica votata neisiQini scorsi.

Questo disegno di legge infatti aggredisce in radice un metodo politico e una imposta­zione amministrativa che dal 1947 hanno via via portato alla costruzione di una Regione accentrata con i difetti propri del vecchio stato unitario, esasperata dalla volontà dei gruppi dirigenti regionali di costruirsi un proprio ed autonomo sistema di potere.

Ciò è stato reso possibile dalla rottura po­litica delle grandi forze che nella Consulta siciliana avevano preparato lo Statuto auto­nomistico, dalla frattura dello schieram_ento che aveva sconfìtto il fascismo e, quindi, dal- ranticomunismo eretto a sistema con il mo­nopolio della Democrazia cristiana alla dire­zione complessiva del Paese.

Il processo dì accentramento nella nostra Regione non si formò neppure con il centro sinistra, che anzi negli anni ’60 perseverò nella scelta fatta dalla Democrazia cristiana, esasperando la situazione in funzione della spartizione del potere e delle lottizzazioni.

Credo che se un giorno sarà scritta la sto­ria dei primi decenni di autonomia, attra­verso la lettura critica degli atti dell’Assem­blea, vi sarà materiale per individuare nel­l’accentramento politico e burocratico ì guasti principali della Regione ed il discredito in cui era caduto il nostro istituto autonomi­stico, con il distacco conseguente dal sostrato umano e sociale dell’Isola. Questi guasti si chiamano inefficienza, ritardo nella spesa, sperperi, corruzione, clientelismo, tutti però funzionali al sistema di potere operante.

E ’ in questo periodo che alla figura del­l’appaltatore di opere pubbliche di vecchio stampo si sostituisce quella dell’appaltatore corruttore intermediario, dotato di poteri nei comuni e negli Assessorati, procacciatore di somme e di voti nelle elezioni, la cui azione malefica da tempo ha iniziato a far breccia anche nei comuni; tanto è vero ciò che il numero degli appaltatori nella nostra re­gione è cresciuto a dismisura, per cui l’albo siciliano ha un numero di iscritti superiore rispetto a quello nazionale.

Ciò spiega il valore particolare di questo disegno di legge, il suo carattere dirompente e rivoluzionario. Esso infatti apre una brec­cia nelle mura robuste della vecchia struttu­ra ed avvia il processo di riforma della Re­gione.

Non è stato facile, onorevoli colleglli, giun­gere al risultato che noi abbiamo davanti.

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V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1973

Dietro vi sono due momenti politici di ri­lievo: in primo luogo, la presa di coscienza degli amministratori locali della Sicilia e delle loro organizzazioni, che nel corso di questi anni si sono fatti portatori di richieste, di poteri e di mezzi per adempiere al ruolo di prima e fondamentale cellula istituzionale della comunità; in secondo luogo, lo sviluppo di nuovi processi politici nel Paese ed in Si­cilia, conseguenti alla modifica dei rapporti di forza. E ciò anche in aderenza alla neces­sità di una politica unitaria per superare la crisi ed uscire dall’emergenza, e attraverso la riforma dello Stato in direzione dell’as­setto pluralista di tutti i poteri che sono pre­visti dalla costituzione.

Una saldatura di questi due momenti ha reso possibile, signor Presidente e onorevoli colleghi, le due assemblee dei comuni patro­cinate dalla Regione siciliana ed il varo di alcune leggi particolari di decentramento aventi carattere anticipatorio, fra le quali sono significative la 22, la 55, la 48 e, ulti­mamente, la 34 relativa al piano di emer­genza.

Ma ciò che ci ha portato al risultato odier­no è stato l’accordo di maggioranza che ha dato vita al Governo attuale. Tale accordo prevedeva come primo atto — cosi si espri­meva il Presidente Mattarella (come è stato ricordato) — « di realizzare la prima fase operativa entro il 1978, attraverso uno stru­mento legislativo che riguardi la riforma del sistema di governo comunale, particolar­mente con riferimento alla estensione delle relative competenze, definendo, in coerenza con il disegno generale e con la prioritaria scelta di decentramento anuninistrativo, le funzioni da trasferirsi ai comuni compren­sive di tutte quelle indicate nel decreto numero 616 ».

Ma, pur con gli impegni e gli accordi, le resistenze sono state molte e numerosi in questo periodo i tentativi riduttivi. Basta raffrontare il testo presentato dal Governo con quello elaborato in Commissione per lu­meggiare i passi avanti compiuti. Il testo che è al nostro esame infatti trasferisce ai co­muni tutte le attribuzioni del 616, facendo in tal senso una anticipazione politico-giuri- dica, dato che per le regioni a Statuto spe­ciale questo provvedimento non opera, in at­tesa, particolarmente per la Sicilia, delle relative norme di attuazione. Ma le norme

in esame vanno ben oltre il 616; questo è l’aspetto nuovo e qualificante!

Ai comuni vanno trasferite le funzioni in materia di assistenza e beneficenza e di assi­stenza scolastica con la soppressione degli enti burocratici quali gli Eca e i patronati scolastici. A me sembra che si dia con ciò una anticipazione politica e legislativa nel senso che tutte le funzioni inerenti ai gran­di problemi sociali non si attribuiscono, e non lo potranno essere per l’avvenire, ad enti burocratici, ma vanno collegate sempre alle istituzioni rappresentative.

Cosi ai comuni vengono trasferite le fun­zioni relative al controllo sull’inquinamento che consentiranno una azione decisa a tu­tela della salute nelle zone ad alto sviluppo industriale, come ad esempio Gela, Milazzo, Siracusa, ove la situazione in questo campo appare sempre più drammatica.

I comuni, con la possibilità di formulare proposte, si inseriscono nel programma re­gionale dei beni culturali di cui alla legge numero 80 del 1977 e diventano cosi prota­gonisti per il salvataggio del patrimonio sto­rico che, pur se menomato, costituisce an­cora larga parte della cultura e della tradi­zione della nostra isola.

Lo stesso dicasi per la costruzione e ge­stione di impianti e servizi complementari alle attività turistiche, ai rifugi montani, alla promozione di attività sportive, alle compe­tenze per regolamentare l’attività commer­ciale e i mercati, per gli impianti di carbu­rante, per le aree artigianali e l’organizza­zione di fiere e mercati.

Ma la parte più importante, quella che va segnatamente oltre il 616, è quella attinente al trasferimento di competenze in materia di lavori pubblici, che, con le modifiche appor' tate, avvia l’effettiva riforma in un settore della, vita regionale in cui l’accentramen 0 era quasi totale.

I comuni infatti acquistano la conipeten za per le opere di interesse locale come cas popolari, case comunali, viabilità esterna, cimiteri, stimde interne, aree a verde, 1 minazione pubblica, mattatoi, strade di m resse agricolo, oltre ad acquistare la comp tenza in ordine ai cantieri di lavoro.

Vi è un settore in cui l’attività dei effettivamente non è definita o è maniera molto marginale; è quello agricoltura e delle attività produttive, b

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ylll LEGISLATURA CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978

dire comunque che le competenze da trasfe­rirsi ai comuni, anche relativamente a que­sto settore, saranno sancite con la prossima normativa riguardante il comprensorio.

Comunque, con questo provvedimento i comuni cominciano a conoscere tutte le ope­re di miglioramento agrario o di migliora­mento fondiario che debbono essere svolte sul loro territorio.

Non mi dilungo su questi temi su cui ho voluto fare una semplice esemplificazione, però intendo precisare che il senso del cam­biamento è dato innanzitutto dal fatto che in questo disegno di legge l’attribuzione di funzioni ai comuni avviene non per delega, ma attraverso il decentramento. Ciò è im­portante perché la delega lascia sempre aperto un rapporto tra ente delegante (Re­gione) ed ente delegato (Comune); l’attribu­zione di funzioni e di poteri attraverso il si­stema del decentramento lascia invece ai comuni la più ampia autonomia.

E’ inoltre da considerare che sono stati curati in modo opportuno i settori dei lavori pubblici e dell’assistenza, settori in cui nel corso di questi trenta e più anni di autono­mia sono stati costituiti solidi punti di po­tere e fortune politiche e personali.

Se guardiamo il numero dei ricoveri regi­strati per esempio nella città e nella provin­cia di Palermo, riscontriamo una cifra che si colloca al primo posto in Sicilia e che quantitativamente è superiore a quella rile­vata in intere regioni del nostro Paese.

Il terzo aspetto indicativo di un cambia­mento è dato dal trasferimento dei mezzi operato attraverso la costituzione di due fon­di globali: uno per i servizi sociali e l ’altro por le opere pubbliche. I comuni avranno 60 miliardi per i servizi sociali nel 1979 e altrettanti per i lavori pubblici, di cui il 30 per cento soltanto sarà vincolato per opere da realizzare su direttive date dal Comitato

I per la programmazione.; sarà inoltre uno stanziamento annuale

per fognature, acquedotti, viabilità sovraco- ^unale (e noi proponiamo anche per la illu- ' inazione) sulla base di un programma ela- erato a livello regionale, che preveda la

assegnazione ai comuni delle somme neces-

A nostro avviso questo stanziamento ag- Smntivo che rimane a disposizione del Go- erno della Regione è da considerare come

un momento di riequilibrio per consentire ai comuni di disporre (oltre al fondo globale) delle somme necessarie per interventi parti­colari.

Su questo punto vogliamo essere ben chia­ri, nel senso che pretendiamo una program­mazione decisa collegialmente dalla Giunta regionale e filtrata dalla competente Commis­sione legislativa.

Ci rendiamo ben conto, onorevoli colle­ghi, che i fondi globali sono di entità mo­deste, almeno per il 1979, però riteniamo che, nel momento in cui (cioè nel mese di apri­le) discuteremo il bilancio pluriennale della Regione, dovremo dare ai comuni la possi­bilità di conoscere le entrate relative al­meno ad un c[uinquennio onde consentire una autonoma programmazione dei bisogni.

Cosi onorevoli colleghi si sviluppa la vera autonomia dei comuni!

Ma il decentramento che noi andiamo a realizzare non è fine a se stesso. Con questo disegno di legge si avvia la riforma della Re­gione nel momento in cui è aperta la trat­tativa con lo Stato per completare le norme di attuazione. Siamo, per quanto concerne le norme di attuazione, ad una stretta finale! Avremo, quindi, più autorità e più forza politica per discutere con il Governo centrale e far valere il nostro buon diritto. Non si tratterà più, come negli anni pas­sati, di chiedere per una l'egione accen­trata, ma di definire le nostre competenze e i nostri mezzi, in modo che la Sicilia sia, essa stessa, con le potestà di cui dispone, fonte di decentramento di nuovi poteri e di nuovi mezzi da trasferire agli enti base, e fondamentalmente ai comuni.

Come conseguenza di questo provvedi­mento i comuni hanno bisogno di un co­stante aiuto politico da parte della Regione e delle forze democratiche al fine di supe­rare tutte le difficoltà iniziali.

Infatti le norme definitive sulla finanza locale non sono state varate, ed anche se si è fatto in questo periodo qualche passo in avanti la ristrutturazione del personale e dei servizi non è avvenuta o stenta a ve- nire.

I comuni hanno bisogno quindi di un aiuto continuo che consenta loro di mettere in moto questa nuova macchina. Con il decen­tramento i comuni incominceranno ad avere poteri nuovi, diversi e qualificanti che li

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V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icembhk :

aiuteranno a realizzare costantemente un av­vicinamento alle classi lavoratrici, a tutte le forze produttive che vivono nelle varie co­munità.

Dobbiamo effettuare, onorevoli colleghi, questo grande sforzo per far diventare i co­muni via via enti di gestione e di program­mazione, in modo che la loro politica auto­noma si svolga come in una grande casa di vetro con la partecipazione dei cittadini e delle grandi forze organizzate.

Occorrerà, quindi, nel corso dei mesi a ve­nire un rapporto continuo tra regione e co­muni per il decollo di un vero « livello di governo » alla base, che abbia la genera­lità delle funzioni amministrative e che sia ente generale di rappresentanza e di tutela delle comunità locali.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa sera iniziamo un processo lungo e dif­ficile di cui dobbiamo essere coscienti. Il passaggio da un sistema di governo a un altro, da una regione accentrata ad una de­centrata; il cambio da un comune privo di poteri e quindi di mezzi e di autonomia ad un comune che dispone di mezzi, forze ed autonomia, costituiscono un fatto rivoluzio­nario e politicamente qualificante, che via via ci porterà a superare tutta una serie di difficoltà.

La riforma della regione per essere com­pleta ha bisogno non solo dei comprensori e del riassetto deH’Amministrazione centra­le, ma anche dell’elaborazione di leggi di set­tore, di modifiche da apportare alla stessa legge di riforma burocratica che ancora non è applicata e di un nuovo ordinamento de­gli enti locali.

Ma noi riteniamo che nel corso di que­sta legislatura, oltre al decentramento debba essere realizzata (nella sessione che si apri­rà nel mese di gennaio) la legge sui com­prensori. E questa è una riforma anch’essa urgente perché definisce completamente il decentramento e realizza queU’impegno poli­tico che sta dinanzi a tutti noi; indire le elezioni nel 1980 non più per le amministra­zioni straordinarie delle province ma per il nuovo ente che andremo a costituire. Inol­tre, entro questa legislatura si dovrà defi­nire la riforma dell’Amministrazione centra­le della Regione per realizzare i dipartimen­ti, per passare dalla regione assessoriale lot­tizzata a una regione collegiale, a una re­

gione nella quale gli interessi complessivi prevalgano su quelli particolari.

Si tratta quindi di un processo che cer­tamente inizia oggi con l’avvio positivo di questa forma di decentramento, per il qua­le esprimiamo una opinione positiva, anche se conveniamo che lacune ve ne sono e che forse qualche ulteriore passo in avanti po­teva esser fatto.

Ma importante è avere rotto quel muro che era impenetrabile, quella paratia che era insormontabile; importante è avere aper­to questa breccia, avere avviato questo pro­cesso positivo, avere avviato questa inver­sione di tendenza.

E noi comunisti, per quanto concerne 1’ avvio della riforma della Regione in rela­zione al decentramento, cosi come per tutti gli altri problemi importanti, abbiamo legato il nostro voto sul bilancio, e cjuindi all’esi­to del presente disegno di legge abbiamo con­dizionato la sopravvivenza di questo governo e di questa maggioranza.

Questo processo, quindi, è già avviato per noi positivamente. Un capitolo della storia della nostra regione — cpello dell’accentra­mento — si incomincia a chiudere; si apre ormai un capitolo nuovo. Si passa da una pagina vecchia, che io definirei triste e ama­ra, della storia della nostra Regione fatta di inefficienze, di incapacità, di sperperi, di lottizzazione, di corruzione, a una pagina nuova che affida all’ente locale rammini- strazione della Regione, che fa di essa un organo di governo, di programmazione, di controllo, ma non più un organo di am­ministrazione; la Regione, infatti, attraverso i comuni dovrà esercitare la cosiddetta « am­ministrazione indiretta ».

Si apre, ripeto, questo capitolo nuovo; s ciò dà il senso della nostra presenza, dola nostra partecipazione nella maggioranza’ Tante leggi importanti, tante riforme, tanJ cose positive sono state fatte nel corso quest’ultimo periodo, ma questo provve mento ritengo costituisca la cosa più tante fatta dall’attuale maggioranza, inverte una vecchia tendenza, perché aP prospettive positive, perché incoraggia i muni a continuare e a sviluppare una ba glia sempre più incalzante.

Non dobbiamo nasconderci che un cesso di questo tipo si apre oggi nella stra Regione perché sono mutati i rappo

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Resoconti P arlam en tarì 2929 — A ssem b lea R eg ion a le S iciliana

V ili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978

di forza, perché c’è stato il ’75, perché c’è stato il ’76, perché dinanzi alla crisi che in­combe le altre forze della maggioranza si son rese conto che non si poteva ripercorrere la vecchia strada.

Ma questo processo oggi cammina e si sviluppa politicamente perché c’è rincalzare dei comuni, rincalzare delle popolazioni, per­ché la gente che ha bisogno di lavoro vuo­le che le somme stanziate in bilancio siano spese tempestivamente e non congelate in residui passivi.

Questo disegno di legge incoraggia anche le forze sociali e politiche ad andare avanti. Coloro i quali hanno dubbi sulla necessità della nostra partecipazione alla maggioranza di governo, trovano qui una risposta chiara e positiva. Noi partecipiamo a questa rnag- gioranza proprio perché vogliamo cambiare la Sicilia attraverso graduali riforme, per­ché vogliamo incidere abbattendo il vecchio e facendo sorgere il nuovo.

Per tali motivi il provvedimento in que­stione, cosi come è, ci sembra positivo per la Sicilia, per le forze democratiche, per le forze produttive.

TAORMINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TAORMINA. Signor Presidente, onorevoli colleglli, tra gli impegni programmatici, non di questo Governo ma anche degli altri che lo hanno preceduto (intendo riferirmi al Go­verno Bonfiglio e ai governi antecedenti a questa legislatura), prioritari e qualificanti erano ritenuti gli impegni relativi a una rifor­ma complessiva della organizzazione ammi­nistrativa della Regione che comprendesse anche il riordinamento degli Enti locali, del laro assetto istituzionale, dei loro compiti, delle loro funzioni.

Sulla scorta di questa esigenza, TAssem- elea contribuì a commettere ad alcuni stu- diosi, avvalendosi anche delle esperienze emerse dal dibattito in corso tra le forze politiche, un documento di principi che ridi-

®gnava complessivamente il nuovo assetto “vganizzativo della Regione siciliana e un ’ mssetto degli Enti locali.

51 documento dei principi si ispirava ai riferì relativi all’attuazione del più ampio ®oentramento di funzioni ai comuni e agli

istituendi enti comprensoriali, alla individua­zione di due diversi livelli di Governo me­diante l’eliminazione dell’ente provincia e anche di una congerie di enti ritenuti inu­tili, a modifiche sostanziali della struttura dell’amministrazione centrale della Regione, con la eliminazione di fasce sempre più am­pie di discrezionalità, l’introduzione del prin­cipio della collegialità, del principio della progranmiazione nell’attività di impegno ed erogazione della spesa, del dipartim_ento come unità funzionale nell’ambito deH’organizza- zione centrale della Regione.

Sulla scorta di tali principi e del dibattito che su di essi si è instaurato tra le forze politiche e le componenti della società, il Governo pose tra i suoi impegni programma­tici queste due esigenze prioritarie. Ebbene, se riandiamo alla memoria, per un attimo, di quale è stata la sorte della riforma dell’ amministrazione centrale della Regione con­clusasi con la modifica della legge numero 28 circa le competenze degli assessorati, che è stata la negazione di ogni principio di ri­forma, di cambiamento, e un riproporsi in termini di spartizioni e di lottizzazioni tra partiti e aU’interno dei partiti, tra le diverse correnti di competenze assessoriali, ci sorge il dubbio, anzi ne abbiamo la certezza, che anche questa legge obbedisca alla stessa lo­gica e che nel concetto di riforma, tra le forze politiche di maggioranza, è compreso tutto: il riformare per il cambiamento, come diceva l’onorevole Messina, o il riformare per non cambiare nulla. Questa è una rifor­ma che a noi sembra fatta per non cam­biare nulla.

Ci saremmo attesi, dopo oltre due mesi di verifica, innovazioni sostanziali che potes­sero portare all’attuazione del principio di una Regione articolata in concrete ed effet­tive autonomie locali, di una Regione che chiamasse alla partecipazione, nella fase del­la programmazione e nella fase di attuazione, le comunità locali, di una Regione che non si ispirasse a quel criterio di neocentralismo regionale che sembra essersi sovrapposto al tanto deprecato centralismo dello Stato libe­rale.

Ebbene, nulla di tutto ciò. Ad uguale sorte, rispetto alla distribuzione delle fun­zioni nell’ambito della Regione, sembra de­stinata anche questa parte di riforma in quanto manca ogni vero respiro politico e

Resoconti, f. 406(500)

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R esocon ti P arlam en tari 2930 A ssem b lea R eg ion a le SiGiìiatu

V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre igyj

una volontà reale di cambiare: si tratta di una mera devoluzione di taluni compiti e di talune funzioni che si ispirano, e non poteva essere diversamente, agli stessi cri­teri della legge numero 283 e del decreto numero 616.

Infatti non si affronta in nessun modo il problema connesso ai diversi livelli di go­verno. Si è detto che di tale problema si parlerà in una seconda fase, ma noi sap­piamo che quel che è rinviato, molto spesso, nell’ambito della nostra Regione, è definiti­vamente accantonato.

Non si affronta in alcun modo il problema connesso a una razionale utilizzazione pro­grammata della spesa con la partecipazione ' essenziale degli enti locali; non si affronta in alcun modo il problema connesso all’in­dividuazione di strumenti effettivi di parte­cipazione degli enti locali, soprattutto nella fase della programmazione; né si affronta nel contesto degli stessi enti locali il pro­blema della partecipazione dei cittadini nell’ ambito comunale alle scelte di amministra­zione.

Si realizza una modesta mini-riforma che non aveva bisogno di tanta elaborazione cul­turale, di tanto dibattito, perché era nelle stesse norme prescritte dalla legge numero 283 e dal decreto numero 616; ma si tratta anche di una mini-riforma che potrebbe essere la vera pietra tombale della riforma più ampia, diretta a favorire e a potenziare nell’ambito della Regione vere ed effettive autonomie locali.

Che ne è stato, ad esempio, della concla­mata volontà di sopprimere l’ente Provincia, ormai ritenuto assolutamente inadeguato ad assolvere alla funzione di ente intermedio a livello di programmazione? Che ne è stato della conclamata volontà di sopprimere le camere di commercio, gli enti provinciali del turismo, le aziende del turismo e cosi via? Si sono soppressi soltanto gli Eca e i pa­tronati scolastici, perché questa maggioranza, che riesce ad essere tanto forte con i de­boli, è molto debole con i forti. Evidente­mente questi enti non avevano quelle ade­guate protezioni, non erano costituiti da quel­le incrostazioni di potere clientelare che è difficile rimuovere nell’ambito della nostra Regione.

Ebbene che ne è stato della conclamata volontà di decentramento agli enti locali di

competenze, soprattutto nell’ambito del set­tore agricoltura e nell’ambito del settore la­vori pubblici, dove più pesantemente si è realizzata quella gestione clientelare della spesa pubblica regionale tanto criticata a parole e poi accettata e subita dalle forze politiche che dicono di volerla sopprimere?

Nel disegno di legge era prevista una devoluzione di poteri nel campo dei lavori pubblici e nel campo del settore agricoltura. Ebbene, in Commisione, dopo lunghe ed este­nuanti trattative, quegli stessi poteri, quella stessa discrezionalità che usciva dalla porta finiva per rientrare dalla finestra, tant’è che in questo disegno di legge abbiamo visto reintrodurre fondi speciali per ben quaranta miliardi concernenti i settori dei lavori pub­blici e dell’agricoltura.

E che ne è stato di quella norma che pre­vedeva un controllo penetrante degli utenti nell’ambito dei metodi di erogazione della spesa regionale? Come gruppo liberale, in sede di Commissione avevo proposto all’ articolo 14 un emendamento che prevedeva, per tutte le erogazioni di spesa e per tutte le domande, elenchi da affiggere negli albi pretori, in modo che i cittadini utenti po­tessero fare un raffronto tra quel che veniva richiesto all’Assessorato dell’agricoltura e del­le foreste, e con quali motivazioni, e quel che veniva erogato, e in base a quali giu­stificazioni.

Ebbene, anche su questo emendamento la Democrazia cristiana ha fatto « muro », re­spingendo ogni tipo di controllo della collet­tività sull’attività clientelare dei suoi Asses­sorati.

Chi crede nel pluralismo, nella devoluzione dei poteri, non può dichiararsi pregiudizial­mente contrario a un disegno di legge che trasferisca compiti e funzioni della Regione agli enti locali, e noi crediamo nel decen­tramento e nel pluralismo. Ma tale riforma è quanto di meno questa Regione, dotata di potestà esclusiva in materia di enti locali, potesse attuare.

Presidenza del Vice Presidente DALIA

Di questa riforma le forze di maggioranza non possono certo andare orgogliose „ essa tradisce lo spirito degli accordi c

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resoconti P arlam en tari 2931 — A ssem b lea B eg ion a le S iciliana

Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978

erano diretti a devolvere il potere verso le comunità locali, a realizzare quel pluralismo e quel decentramento che è necessario in una Regione che non voglia essere accen­tratrice, in una Regione che voglia distri­buire le proprie risorse in base alle effettive necessità, in una Regione che voglia essere effettivamente partecipata.

PULLARA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PULLARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il problema di fondo, rappresen­tato da un diverso sistema radicalmente in­novativo rispetto a quello rimasto immutato daH’edifìcazione del Paese, viene a matura­zione dopo tanti anni dall’entrata in vigore del nostro Statuto, in maniera, a parere dei repubblicani, riduttiva rispetto all’impegno assunto dal Governo della Regione in rela­zione ad una riforma degli enti locali che invece dovrà al più presto essere affrontata.

Intanto, l’esigenza di attribuire agli enti locali tutte le funzioni amministrative rela­tive al servizio e compiti che esercitava la Regione fin dal suo nascere, per sopperire alle carenze strutturali degli enti periferici, trova in parte soluzione nel disegno di legge in discussione.

Il provvedimento in questione, dal cam­mino travagliato, ha posto in essere motivi di preoccupazione in tutti i gruppi politici per via di numerosi interrogativi; parte di essi ancora oggi senza risposta hanno fatto assumere al gruppo repubblicano una posi­zione assai critica.

Riteniamo che la realtà sociale del nostro Paese evolutasi in modo assai tumultuoso, il processo di trasformazione delle attività tra­dizionali e di urbanizzazione hanno scaricato parte delle tensioni della nostra società sugli enti locali, hanno di fatto anche allargato sugli agglomerati urbani, divenuti quasi in­governabili per carenza di servizi, privati spesso delle loro migliori risorse umane e Mugliati fuori dai grandi processi di sviluppo delle attività industriali e terziarie, la richie­sta di servizi alla quale questi non hanno ®ui potuto dare autonoma risposta.

Le necessità politica e amministrativa di attribuire agli enti locali le funzioni ammi­nistrative manifestatesi con la legge di de­

lega numero 382 e con il decreto di attua­zione numero 616 ha indotto il Governo della Regione a proporre un disegno di legge che trasferisce subito ai comuni tutta una serie di funzioni regionali. Inoltre, esso disegno prevede la soppressione di alcuni capitoli, specie nel settore delle opere pubbliche (per­ché di trasferimento di funzioni non si può parlare, atteso che i comuni da tempo li esercitano in base a previgenti disposizioni di legge) e istituisce due fondi globali desti­nati rispettivamente per i servizi trasferiti e per il fondo di investimento.

La riserva posta in essere dal gruppo re- pubblicano era dovuta soprattutto alla grossa occasione perduta che avrebbe dovuto com­portare l’esame e l’approvazione di un dise­gno più organico comprendente la soppres­sione delle province ed il riordino di tutte le strutture sub-regionali, cioè la sostituzione delle province su base funzionale (vuoi con­sorzi o comprensori), raccordando in defini­tiva le realtà comunali e quelle regionali per addivenire, probabilmente, ad un più rapido decollo della Regione e ad un nuovo e più razionale potenziamento delle attività muni­cipali.

La nostra proposta, formulata in campo nazionale nel 1965, riecheggiava la norma statutaria e costituzionale della Regione sici­liana, mai applicata, che abolisce le province e sopprime le prefetture, organismi forma­tisi a piacimento del monarca o del dit­tatore, fuori da ogni realta di accorpamento di interessi municipali per omogeneità eco­nomica e di territorio.

Oggi è necessario rispondere a due diverse esigenze di ristrutturazione; creare un rac­cordo tra i comuni minori e la Regione; dare diversa struttura alle grandi aree metropo­litane come Palermo, Catania e Messina.

Questo problema si è posto in altri paesi negli anni passati ed oggi diviene di mag­giore attualità se si pensa aU’imminente uni­ficazione politica ed economica dell Europa. Infatti, risale al 1967 la distinzione tra ag­glomerazioni urbane e federazioni di muni­cipalità operate in Belgio e che ha dato luogo all’agglomerazione di Bruxelles; e all’ incirca è della stessa epoca la federazione di parecchie aree metropolitane in Europa, mentre assai più antica è l’organizzazione dell’area metropolitana di Londra che nel

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R esocon ti P arlam en tari 2932 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1975

1972 Ila accorpato altre tre aree metropo­litane.

Su questa tematica il disegno di legge è carente, non indicando le linee di accorpa­mento fra aree omogenee dei nostri comuni, per cui il decentramento dei servizi facili­terà la polverizzazione della spesa per inve­stimenti.

Altra critica costruttiva che riteniamo di dove fare è quella relativa all’assegnazione dei fondi globali di cui sopra. Se il sistema distributivo seguirà la metodologia -pro-capite, risulteranno avvantaggiate soltanto le grandi città e penalizzati i piccoli comuni; per esem­pio, ammesso che lo stanziamento per i due fondi fosse complessivamente di 100 miliardi si otterrebbe una pro-capite di diecimila lire per abitante. In tal modo ad un comune di duemila abitanti verrebbero assegnati venti milioni, con i quali provvedere, nell’ arco di un anno, ai necessari lavori di ma­nutenzione (strade, fogne, impianti di illu­minazione, strade interne, interpoderali, vici­nali, impianti sportivi, riparazione della casa comunale, cimiteri, acquedotto e cosi via).

L ’esempio posto è la risultanza di un meccanismo aberrante che metterà in crisi i comuni dell’Isola, appesantiti anche dalle competenze relative all’assistenza sociale e scolastica.

Noi concordavamo con il disegno di legge presentato dal Governo che graduava in un primo provvedimento legislativo uno stralcio di tutto ciò che nel tempo doveva passare alla competenza dei comuni, dalla struttura cosi fragile e spesso inefficiente. Alcuni cor­rettivi posti in essere in extremis (fra questi l’articolo 20) consentiranno alla Regione de­gli interventi sostitutivi per opere di rile­vanza sovracomunale, dirette a integrare 1’ azione del comune stesso.

Noi repubblicani avremmo preferito che si fosse affrontata l’intera questione del tra­sferimento delle funzioni congiuntamente a quella relativa alla formazione degli enti in­termedi che, essendo stata rinviata nel tem­po, lascia irrisolto il problema di fondo e fornisce un alibi per consentire la soprav- ''dvenza delle province.

Noi crediamo che possa essere rischioso confondere il problema del decentramento amministrativo con il problema di una di­versa organizzazione dell’ amministrazione territoriale. Malgrado l’autonomia e la com­

petenza primaria in materia di enti locali, che ci dà la possibilità di mutare il vecchio sistema preso a prestito dalla struttura fran­cese, mantenendo istituti che sono in fun­zione dal 1889 (quali l’ordinamento prefet­tizio), con il disegno di legge in discus­sione la Regione attribuisce agli enti lo­cali le sole funzioni amministrative, ridot­te, peraltro, rispetto alla stessa legge nu­mero 382 e al decreto numero 616. E ciò per mancanza delle norme di attuazione fra Stato e Regione specie in alcuni settori, qua­le quello di fondamentale importanza di cui all’articolo 19 del citato decreto numero 616 riguardante, per esempio, la polizia ammi­nistrativa.

A parere dei repubblicani forse sarebbe stato meglio approvare in un unico contesto una legge di riforma che comprendesse la ristrutturazione degli enti territoriali e una migliore organizzazione degli stessi e attri­buisse tutte le funzioni amministrative ripar­tendole per competenza di interesse subre­gionale.

Riassumendo, noi repubblicani abbiamo affrontato l’argomento con la dovuta serietà e, ad onore del vero, diamo testimonianza che gli interrogativi da noi posti hanno tro­vato puntuale e seria rispondenza nel governo e nelle altre forze politiche che sostengono la maggioranza, nonostante la decisione presa di comune accordo di rinviare a tempi brevi la formulazione di un disegno di legge piu organico e di affidare nel frattempo ai co­muni le maggiori funzioni amministrative possibili, quale atto di fede nell’autogoverno comunale, pronti ad approfondire eventual­mente i problemi di struttura degli enti ter­ritoriali e a modificare, ove necessario, con i dovuti correttivi eventuali disfunzioni che via via si dovessero manifestare.

Questo lo riteniamo un atto doveroso da manifestare alle autonomie locali che si tro­vano a fronteggiare, da un lato, una do­manda crescente di servizi e, dall’altro, una richiesta altrettanto crescente di partecipa zione popolare.

Qualora non si riuscisse a soddisfare esigenze di base, che sono oggetto della stra più viva preoccupazione, l’azione poP° lare anziché rafforzare il sistema potre contribuire a creare fenomeni di disgrcS zione in seno alla nostra società. .

Non dobbiamo dimenticare che i nos

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Resoconti P arlam en tari — 2933 A ssem b lea R eg ion a le S iciliana

(/III Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978

amici amministratori degli enti locali si tro­vano in prima linea. Ed è alla loro azione quotidiana che noi repubblicani ci siamo ispirati; a loro noi tutti dobbiamo partico­lare gratitudine proprio perché a fronteg­giare queste contrapposte esigenze, a con­tatto immediato con il cittadini, svolgono già un’opera che diviene sempre più difficile a causa della crisi strutturale ed organizzativa delle nostre autonomie.

Non vorremmo che una indiscriminata manciata di competenze potesse ulteriormen­te appesantire il compito degli amministrato­ri già gravoso per la fragile consistenza delle strutture organizzative e — perché no? •— per la scarsa qualificazione di un personale assai spesso generico e quindi impreparato alle nuove esigenze richieste da una moder­na concezione organizzativa dei servizi pub­blici.

Una eventuale crisi del sistema periferico costituirebbe, a parere dei repubblicani, uno degli elementi più insidiosi per il manteni­mento e il potenziamento delle nostre strut­ture democratiche. Ed è per questo che noi abbiamo posto la massima attenzione al di­segno di legge in discussione, consapevoli del­la consistenza delle strutture organizzative di cui dispongono gli enti locali e della mo­destia degli interventi finanziari in rapporto alle materie e alle funzioni amministrative

Noi abbiamo fatto con coerenza e in buona fede la parte dei critici, tuttavia riponiamo la nostra fiducia nella capacità democratica e politica e di sacrifìcio dei comuni destina- tari del presente provvedimento, che rite­niamo pronti a svolgere i nuovi e alle volte gravosi compiti che sono loro demandati; e Nò nello spirito e neU’esaltazione del ruolo dell’ente comune, caposaldo fondamentale dell’unità dello Stato e della Costituzione re­pubblicana.

, g rillo MORASSUTTI. Chiedo di par­lare.

p r e s id e n t e . Ne ha facoltà.

(j MORASSUTTI. Signor Presi-^ 'nte, onorevoli colleghi, penso che sul di-

Ni legge in discussione bastino brevi Qg® per chiarire la posizione del gruppo di

nazionale e le motivazioni adconnesse.

Noi dobbiamo innanzi tutto affermare in termini politici come, nonostante le impe­gnative dichiarazioni programmatiche del­l’onorevole Mattarella ed i ritardi registrati in materia dì decentramento, il Governo si stia presentando con un disegno di legge molto marginale rispetto al più ampio pro­blema del decentramento amministrativo che la Regione dovrebbe mettere in moto.

Riteniamo, inoltre, necessario sottolineare come lo stesso disegno di legge (« marginale », come ho voluto definirlo) quasi non con­tenga altro se non le norme di attuazione della legge nazionale che la Regione si è li­mitata a recepire e a ribaltare acriticamente nell’ambito della struttura siciliana.

A questo punto è da chiedersi se le strut­ture regionali aH’interno dell’ente locale Co­mune siano pronte a recepire anche l’inizio del discorso attinente al decentramento.

A nostro avviso, il Governo regionale e la maggioranza dovevano porsi il problema di strutturare un piano organico di decentra­mento all’interno del quale prevedere i tempi entro cui addivenire alla riforma am­ministrativa della Regione, sciogliendo i nodi, che tuttora permangono (ad esempio, quello relativo all’ente intermedio) e sui quali si registra, anche in seno alla maggioranza, una disparità di vedute che richiede un con­fronto politico che porti ad una soluzione soddisfacente.

Penso con estremo terrore a quello che succederà nei piccolissimi comuni della no­stra Sicilia, dove abbiamo una rarefazione di autonomie comunali, che già adesso sono incapaci di assolvere ai compiti di istituto. Anche se sono deU’awiso che, come affer­mato dal Presidente della Commissione, oc­correva iniziare questo tipo di discorso, sa­rebbe stato preferibile a tale scopo, invece che elaborare un disegno di legge attuativo, predisporne uno che desse la possibilità dì capire sino a dove arriva la volontà politica di spingersi nel decentramento e fino a dove si vuole portare là riforma amministrativa.

Comunque prendiamo atto che la maggio­ranza, nonostante le dichiarazioni rese al momento del suo insediamento dal Presi­dente della Regione, non ha ancora le idee chiare e non è pronta ad affrontare organi­camente questa tematica.

Vorrei quindi che si evitassero certi trion­falismi attorno a questo disegno di legge e

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R esocon ti P arlam en tari 2934 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

V ili L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icembre 1973

si considerasse invece la opportunità 0 meno di iniziare questo nuovo processo con una normativa che viene introdotta in una strut­tura non certamente preparata a recepirla. Comunque su questo esperimento, è mia im­pressione, l ’Assemblea sarà chiamata molto presto ad intervenire nuovamente anche dal punto di vista legislativo per apportare le dovute modifiche.

Speriamo che simili esperienze non si fac­ciano a danno delle attese di una Regione che oggi non può certamente essere buttata in una palude burocratica più di quanto non lo sia già. Esiste, invero, la necessità che le procedure amministrative in Sicilia rispondano agli interessi obiettivi delle no­stre popolazioni che stanno attraversando in questo momento (forse nessuno lo avverte) un periodo di crisi veramente acuta.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, pen­so sia inutile soffermarci sull’articolato, pre­ferisco pertanto dare una valutazione poli­tica complessiva sul provvedimento in esame. A questo proposito dichiaro che il gruppo di Democrazia nazionale si asterrà dal votare questo disegno di legge.

Abbiamo avuto occasione di dichiarare in Aula, in sede di dibattito sulla riforma am­ministrativa, che è una scelta di Democrazia nazionale procedere al decentramento am­ministrativo; è una scelta nostra percorrere la strada della partecipazione e della respon­sabilizzazione del cittadino, è una scelta nostra quella di permettere, già alla base (che costituisce il sostrato politico), il con­fronto e rincontro.

In questa occasione abbiamo avuto l’op­portunità di dire che a nostro avviso biso­gnava cercare di inserire, nel momento della verifica e del confronto, non solo le strutture politiche ma anche le strutture sociali. Il di­segno di legge però non ha sviluppato le problematiche da noi evidenziate, per cui non ci sentiamo di votare a favore; né pe­raltro è nostra intenzione votare contro con­siderato che in esso pare sussistere la volontà di iniziare un processo che riteniamo fonda­mentalmente positivo.

LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli

colleghi, dopo mesi di serrato dibattito tra le forze politiche giunge oggi all’esame del­l’Assemblea il disegno di legge di iniziativa governativa recante nuove attribuzioni di funzioni ai comuni.

Invero, l’Assemblea regionale siciliana ne­gli ultimi anni si è occupata varie volte del più vasto tema della riforma in ordine alla struttura regionale, all’ente intermedio, al comune.

Con l’accordo di fine legislatura, infatti, i partiti dell’arco costituzionale intesero san­cire con apposita legge l’esigenza di fare ap­prontare uno studio ad una Commissione composta di esperti e in grado di guidare il legislatore lungo il suo caimnino riformatore.

Il documento di principi fu ampiamente esaminato, e non soltanto nelle sedi istitu­zionalmente proprie. Il Governo di allora, presieduto dall’onorevole Angelo Bonfìglio, cui va il grande merito di avere seguito con la massima attenzione ogni fase dei lavori della Commissione dei 15 esperti, volle ve­derlo come una ipotesi su cui muoversi per individuare la nuova Regione. E lo stesso Presidente in carica, onorevole Mattarella, con scrupolo e puntualità volle, al fine di dare consistenza a tale disegno riformatore, presentare nell’agosto di, quest’aimo il dise­gno di legge numero 462 che costituisce la materia propria della nostra discussione.

Con viva consapevolezza la Democrazia cristiana, in sede politica e in sede istitu­zionale, ha dato apporti concreti e costrut­tivi, in linea del resto con la sua tradizione, la sua storia e le sue profonde convinzioni autonomistiche.

L ’avere fatto apparire il partito dello scu­do crociato e la sua stessa rappresentanza assembleare come forze frenanti perche non .convinte del disegno riformatore, è cosa non vera e che risente dei facili toni de­magogici usati per « mestierantismo » tico. Le dichiarazioni, gli articoli di stampa, le facili comunicazioni vanno respinte percn ingiuste e non rispettose della verità.

La forza politica della Democrazia cristia na ha fatto in questa, come in altre stanze, tutto intero il suo dovere, apporti decisivi per il varo della legge- in questa circostanza legislativa, in lar modo, si è costantemente richiamata a sua ragion d’essere di partito delle auto

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ftesocontii P arlam en tari 2935 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

f ili LEGISLATURA C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978

jlie e del pluralismo, accelerando nel modo più appropriato la definizione della legge.

Il volere pertanto collocare il partito dei cattolici, che dalle origini stesse dello Stato unitario è sempre rimasto il partito delle autonomie, come forza politica di copertura dal sistema centralistico, e altre forze, so­prattutto della sinistra, che in un modo o nsll’altro si richiamano alla matrice heghe- liana, legando la loro concezione della so­cietà stessa allo Stato centralista, come for­ze che sostengono il rinnovamento dello Sta­to attraverso una esaltante funzione delle autonomie, è un autentico scambio dei ruoli.

Con ciò la Democrazia cristiana non ri­vendica primogeniture che servono a ben poca cosa, però ha il dovere di richiamare tutta intera la battaglia sturziana per defi- lire a chiare lettere il suo connotato popo­lare e autonomista, democratico e cristiano.

Nel nostro Paese, ancor prima della Co­stituzione dello Stato liberale, dopo l’espe­rienza dei comuni, tutto si muove in senso accentratore. La stessa idea di Stato nazio­nale, che si va affermando negli anni ’40 e seguenti del secolo scorso, nega ciò che sta al di sopra di essa, cioè l’impero, e ciò che sta al di sotto di essa, cioè il comune, e si manifesta sulla scia della ventata napoleonica aon la sottolineatura di strutture permanen­ti, cioè il sovrano, la burocrazia, l’esercito. Lo Stato liberale sostanzialmente si definisce su questa linea di accentramento ed è Luigi Sturzo che, avvertendo più di ogni altro la pericolosità del centralismo per lo sviluppo *iel meridione, sposa la causa dei contadini

Sud e della loro disperazione e propone Una battaglia in senso autonomistico per sconfiggere lo Stato liberale, vera piovra che assorbe e riduce la vita comunale, che op­prime la libera esistenza delle municipalità

il suo centralismo, con i suoi ceppi le­sali, burocratici, politici.

E Sturzo va oltre, rivelandosi eccezional- Uiente attuale. L ’esperienza dello Stato libe- aale lo porta a criticare quell’assetto che non Consentendo agli operai neanche di conso­ciarsi e partendo dal presupposto che tutto Purte dallo Stato, unico e assoluto detentore celle ragioni sociali dei popoli, finisce con il fendere i comuni enti amministrativi buro- Cfatici con larvate funzioni proprie, che _ di

rappresentano emanazioni dei voleri e‘iegli indirizzi del potere politico.

E ancora è Sturzo che ci aiuta a com­prendere il valore originario e insostituibile del comune. Noi partiamo da un principio fondamentale nell’etica sociale e nella filo­sofia del diritto, e cioè che la formazione spe­cifica degli organismi naturali della società risponde a bisogni specifici coordinati fra loro ma autonomi nella loro funzione es­senziale; cosi la famiglia, la classe, la con­tea, il borgo, il comune.

Il comune è creato naturalmente dalla coe­sistenza in civico territorio di famiglie e classi le quali convergono nel reciproco aiuto e nella comunanza di beni, di interessi, di vi­talità classiche, morali, sociali, nel mutuo, continuo contatto della vita quotidiana.

Ora, questa comunanza più o meno larga in rapporto alle attività individuali o col­lettive, secondo la sufficienza delle località a soddisfare i bisogni di qualsiasi natura, crea, per necessaria esigenza, le unità or­ganiche, costituisce cioè questi enti locali i quali, disseminati nel territorio geografica­mente e naturalmente, per ragioni di usi, costumi, lingua, tradizioni, formano nel pro­gresso del vivere civile le nazioni, possibil­mente regolate da unicità di regime.

Non è quindi lo Stato « supremo » a dele­gare i suoi diritti « supremi » alla famiglia, alla classe, al comune, ma è lo Stato che a tali diritti naturali deve garantire l’espres­sione attraverso l’esercizio della legge, della giustizia.

Il complesso dei diritti del comune sono allora per noi inalienabili e derivano ad esso dalla forza della comunione territoriale che, geneticamente e specificatamente, lo co­stituiscono per la soddisfazione dei bisogni collettivo-territoriali derivanti da ordini mo­rali, sociali, materiali, complementari.

Noi non vogliamo che i comuni siano alla mercé del potere culturale. Noi vogliamo che essi possano svolgere, senza inutili e dannosi impacci, quelle attività intrinseche che nascono dalla propria natura, che non siano obbligati a oneri, a regolamenti, a TOiitÌTiss che rendono impossibile lo svolger­si di un retto funzionamento, come ammo­nisce Luigi Sturzo. Anzi si indi\ddua un al­tro strumento di democrazia popolare e di partecipazione; il referendum popolare, non come correttivo delFautonomia dei comuni ma come legittima esplicazione di vita col­lettiva, partecipazione efficace del popolo

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Resoconti Parlamentari 2936 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana

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alla vita pubblica nelle questioni più ardue, più gravi, di maggiore interesse; il referen­dum, come vera manifestazione dei bisogni collettivi e dello spirito deH’ambiente, di cui il voto popolare è il prodotto più rap­presentativo e più significativo.

E Sforzo del resto matura le sue convin­zioni sulla municipalità osservando da vicino la vita dei comuni, per lo più in quell epoca in balia delle fazioni della borghesia locale, asfittica, svogliata e protetta dai Prefetti, esposta alle violenze mafiose e ai giochi delle clientele. E cosi nel 1902, a Caltanissetta, egli convocò il primo congresso dei consi­glieri provinciali e comunali cattolici ed in questo congresso elaborò il programma di rinascita delle autonomie locali e venne deciso, senza integralismi ma con spirito aperto al confronto, di non rimanere fuori daU’associazione di Parma dei comuni ita­liani, voluta dal professore Laghi, insigne giurista socialista, appena un anno prima.

Sturzo trae quindi il suo municipalismo sociale da Tomolo e da Franco Invrea. Il nucleo centrale della convivenza politica, in­tesa in largo senso etimologico, è il con­sorzio municipale; il tutore più prossimo de­gli interessi è il comune; non è ammissi­bile neirordinamento amministrativo del_ co­mune la distinzione tra funzione propria e funzione delegata.

Ed è da questa matrice che sgorga nel pensiero di Sturzo non soltanto il suo auto­nomismo locale, ma anche il suo regionali­smo e quindi il suo meridionalismo.

Autonomie locali, casse rurali, cooperative.

Io sono unitario ma federalista impeniten­te. Lasciate che noi del meridione possiamo amministrarci da noi, designare da noi l’in­dirizzo finanziario, distribuire i nostri tri­buti, assumere la responsabilità delle nostre opere, adottare i rimedi ai nostri mali. Non siamo pupilli, non abbiamo bisogno della tutela interessata del nord ».

E il regionalismo di Sturzo, come del re­sto tutto il suo autonomismo, si può affer­mare con Gabriele De Rosa, non nasce in lui da ombra di lontano risentimento legit­timistico, ma da quel radicato senso, tra giu- snaturalistico e storicistico, della libertà come svolgimento positivo, come esplicazione le­gittima di vita collettiva.

Un concetto di libertà quindi che costi­tuisce la base del Partito popolare prima e della stessa forza della Democrazia cristiana dopo, che non discende da una dialettica delle idee, ma dalla dialettica reale, con­creta degli interessi di un popolo. Un far da sé, invece di esser fatti, un operare con la consapevolezza dei propri rischi e secondo le proprie vocazioni, invece di abdicare c rimettersi alla benevolenza dello Stato che fa per tutti e pensa a tutto.

Guerra regionalistica, autonomistica come obiettivo del rinnovamento dello Stato, come mezzo per la creazione di una unità reale, concreta, attraverso la diversità critica deli unità formale del Paese. Questa guerra re gionalista e autonomista lascia alle spa l’intransigenza, l’integralismo,_ inserisce

leghe contadine, riforma dei patti agrarierano elementi concreti del meridionalismo sturziano, che faceva perno soprattutto sul suo regionalismo. La questione meridionale, aveva affermato nel 1901, non era soltanto economica ma morale, amministrativa, poli­tica e riguardava lo Stato italiano nella sua struttura storica e nella sua ispirazione. L unità del Paese va difesa come risultante delle varie tendenze di vita diverse nelle sin­gole regioni. E polemizza, e a lungo, con lo Stato che ha preferito il nord a danno del sud nelle ferrovie, nelle scuole, nella mari neria, nell’indirizzo delle finanze e giù di li. Anche nell’educazione politica il nord era distante dal sud: le masse del meridione non vivono la vita della nazione, non delle con­dizioni politiche, non del movimento di idee.

cattolico nella realtà delle istituzioni e depensiero moderno, lo fa uscire in definitiva dalla sua proposta sterile.

L ’antica protesta cattolica^ con sturzo viene criterio informatore di azione po e civile, vocazione, convinzione, istinto di bertà. E la scelta è ancora più chiara ed cisiva: o sinceramente conservaton oceramente democratici; una condizione da confonde la personalità. Per Sturz , ^importante facilitare la formazione j, | forza politica moderna, capace di spez | egemonia della vecchia classe q un Iberale, capace di sprigionare daUbnter complesso di energie al fine di espan sfera della libertà dei corpi intermedi- :

Questo era in sintesi l’appello ai * g i e forti »; inno elevato di impegno j di chiara consapevolezza dei gravi p

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Resoconti P arlam en tari 2937 A ssem b lea R eg ion ale S iciliano

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dello Stato democratico uscito dal primo grande conflitto mondiale.

La stessa concezione originale del suo me­ridionalismo, diverso da quello socialisteg- giante di Salvemini e da quello di Gramsci che postulava l’alleanza del proletariato ur­bano con i contadini, va vista in chiave autonomistica. Spezzare il latifondo, dividere la terra, accrescere la forza delle municipa­lità, furono i colori indelebili della batta­glia sturziana.

Ora questo collegamento, nostro, di forza cattolica con il pensiero di Luigi Sturzo ci pare debba esser fatto per ricordare magari a noi stessi che in ultima analisi l ’intuizione sturziana sui valori originari delle autonomie locali, in definitiva, è stata calata per intero nella Costituzione italiana.

La Costituzione italiana, infatti, non isti­tuisce le autonomie locali ma le riconosce. Il fatto che i comuni sono garantiti dalle autonomie locali è un punto di forza. E su questa norma fondamentale non pochi furono i costituenti perplessi, specie tra quei ver­santi della sinistra che oggi si sono affian­cati a noi nel lavoro di potenziamento ed applicazione dell’autonomia. Né d’altra parte possiamo sottacere la considerazione che la sola istanza autonomistica già di per sé sia una scelta progressista. Del resto anche i segregazionisti del Sud America sono, ad esempio, per le più ampie autonomie locali.

Non vale o vale molto poco invocare nuo- ' e competenze ai comuni se non si compie, quindi, una seconda decisiva scelta di campo tea la democrazia rappresentativa e la de- uiocrazia partecipativa. La vita democratica

si esaurisce nei fatti elettivi. Questi ®no dei momenti molto importanti, ma per- ene il processo democratico si compia occorre Realizzare la piena e costante partecipazione

comunità attraverso stimoli, controlli,della scelte.

la filosofia che risiede a monte ed Valle della formula « un Governo, un ter- orio » può essere un vero momento, come

5 ®sto lo è stato, specie in queste ultime curane, di confronto politico e program-

tua partiti, tra forze politiche che si j ^^niano ad ideologie diverse e che pure (, responsabilizzati dall’accettazione in-

azionata della Costituzione.Or» .disunente occorre passare ormai dalla

® 'uizzazione per competenze ad una orga-

fteso»Conti, f . 407

nizzazione per territorio; e nel territorio la cellula primordiale e naturale di presenza attiva è il comune. Il comune, in questa logica di rispetto della sua priorità originaria e di ulteriori necessarie funzioni che lo Stato o la Regione esercitando impropriamente deb­bono trasmettere all’ente locale, non è più un fatto democratico, ma diviene sempre meglio la prima fascia di sicurezza di ma­nifestazione e di realizzazione della persona umana.

Pensiamo allora che in questi mesi di duro confronto ci si è mossi anche in quest’ ottica e, vorrei dire, almeno per noi, soprat­tutto in quest’ottica. Il 462, il Presidente della Regione onorevole Mattarella, si è impegnato a costruirlo, fin dalla fase della prima trattativa con i partiti dell’attuale maggioranza, già nelle dichiarazioni pro­grammatiche rese all’Assemblea il 3 aprile 1978.

Le nuove attribuzioni ai comuni di fun­zioni amministrative regionali vengono viste certamente in forza della legge numero 382 e del decreto numero 616, ma con più rea­lismo politico, nel più vasto quadro del pro­blema Sicilia, cioè in un quadro che è tutto da armonizzare e da riequilibrare, perché da lungo tempo disarticolato, per fare in modo che tutte le potenzialità dei siciliani possano esplodere in una comune volontà di rina­scita e di riscatto.

Ma come può questo processo realizzarsi appieno se i comuni non vengono esaltati, se il loro ruolo non viene privilegiato, se non divengono nel fatto e nel diritto, nella prassi e nella norma, il centro più vivo di vita civile e democratica? Ecco allora come, almeno per noi della Democrazia cristiana, ma pensiamo per tutte le forze della mag­gioranza, questo provvedimento è un primo grande atto di fiducia nei comuni isolani e negli amministratori, che da domani, appro­vata la legge, potranno essere più liberi ed impegnati, più forti ed incisivi, più potenti e puntuali nell’assolvimento del loro man­dato.

Eppure questo disegno di legge rappre­senta uno stralcio di un più vasto disegno riformatore a lungo termine, un ottimo av­vio verso forme di più corretta organizza­zione pluralistica ed autonomistica. Vorrei dire che fare di più avrebbe rappresentato

(500)

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un rischio notevole. Dati i costi finanziari rilevanti, o si sarebbe dovuto abbandonare questo primo ampio decentramento, o si sa­rebbe dovuto caricare la finanza regionale di oneri insopportabili; tra il « tu tto » e «su ­bito », si è preferito « subito quanto possi-bile ». . , . .

Vengono cosi trasferite ai comuni tutta una serie di funzioni che io per brevità mi esimo dall’elencare, considerata l’ampia esposizione fatta dal Presidente della Commissione. Vor­rei, però, porre l’attenzione su due aspetti fondamentali. Per quanto concerne il per­sonale la posizione del Governo è estrema- mente corretta e puntuale. Si è voluto sal­vaguardare il personale degli enti soppressi (Eca e patronati scolastici) e nei confronti del personale a diverso titolo precario si è avuta sufficiente apprezzabile considerazione e apertura. Lo stesso nodo finanziario è stato sciolto con i due fondi, uno per i servizi e l’altro per gli investimenti^ da iscriversi nello stato di previsione della spesa della Presidenza della Regione. Certo non rap­presenta il toccasana per le innumerevoli esi­genze dei comuni isolani la dotazione finan­ziaria che sarà posta a loro disposizione, ma è già una gran cosa per ogni ente locale sapere di potere contare annualmente su somme certe per servizi e investimenti.

La rappresentanza politica assembleare del­la Democrazia cristiana, signor Presidente, onorevoli colleghi, sa di avere fatto per in­tero il suo dovere in occasione di questa vicenda legislativa, sa di essersi ispirata co­stantemente alla sua visione popolare e de­mocratico cristiana, sa di avere contribuito con tutta la sua forza, evitando facili sna­turamenti, alla concretizzazione della propo­sta legislativa, sa di avere voluto costante- mente, nelle sedi politiche e nelle sedi isti­tuzionali, il confronto anche tra forze ideo­logicamente diverse.

Ognuno ha fatto tutto intero il suo dovere nei diversi livelli di impegno e nelle diverse funzioni: il Presidente della Regione ha se­

guito con tanta impegnata presenza ogni fase della delicata e difficile trattativa _ politica; l’Assessore agli enti locali ha fornito, oltre alla sua esperienza, gli opportuni dati tec­nici; l’onorevole Nicoletti, come segretario della Democrazia cristiana, sempre il suo lucido intuito politico; il capogruppo, onore­vole Lo Giudice, il necessario positivo rac­cordo in ogni fase.

A quanti dubbiosi e preoccupati, anche nelle nostre fila, si vorranno accostare con timore a questa prima tappa della più vasta riforma, temendo chissà quale riduzione di potere, noi ricordiamo sommessamente l’ap­pello lapidario e significativo di Luigi Sturzo: « O sinceramente conservatori, o sincera­mente democratici ». Per i cattolici italiani non v’era e non v’è scelta; non v era e non v ’è scampo; bisogna essere sinceramente de­mocratici, autenticamente popolari, radical­mente autonomistici.

PRESIDENTE. La seduta è rinviata a do­mani, mercoledi 20 dicembre 1978, alle ore 10,00, con il seguente ordine del giorno:

I — Comunicazioni.

II — Dimissioni dell’onorevole locolano da componente del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali.

I l i — Seguito della discussione del disegno di legge « Attribuzione ai coinuni funzioni amministrative regionali » (462/A).

La seduta è tolta alle ore 21,15.

DAL SERVIZIO RESOCONTI Il Consigliere parlamentare

D o tt . L o r e d a n a C o r te s e

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