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ssocoTT-ti P cltXqjtigtiìcitx 2897 A ssem b lea R eg ion a le S iciliana
t/ lll LEGISLATURA CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1978
C C L X X X S E D U T A(Pomeridiana)
m a r t e d ì 19 DICEMBRE 1978
Presidenza del Presidente DE PASQUALE indi
del Vice Presidente D’ALIA
INDICE
Commissioni leg is la tiv e :
(Comunicazione di r ic h ie s te di p arere) .
(Comunicazione di p arere reso)
Dimisàoni dell’onorevole loco ian o da com ponente del Consiglio reg ion ale p er i ben i cu lturali:
p r e s i d e n t e ....................................... .......
Disegni dì legge:
(Annunzio) .....................................................................
« Attribuzione ai Cornimi di funzioni am m in istrative reg ion ali » <462/A) (D iscussione) :
p r e s i d e n t e .......................................................stornello, P r e s id e n t e d e l la C o m m is s io n e e
r e l a t o r e ....................................................................T R I C O L I ....................................................................saso ❖^-SSIN A * . . ' ....................................... ' -'^^AORMINA ^ . .................................................PULLARA . . . . . . .^PILLO M O R A S S t J T T I .......................................
R U S S A ....................................................................
lozione ed interpeU anza (D iscussione uiufìcata)
Presidente ...............................................AMMavuta . ! ................................
RILLO m o r a s s u t t i .............................fedeCULICCHIACiccione . ! .......................................^ R PP O !f(, Assessore a lV a g r ico ltu rà e f o r e s t e
^SSO M IC H E L A N G E L O ................................................
Pag.
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intervento co rretto dall’o ratore.
La seduta è aperta alle ore 16,35.
SASO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che, non sorgendo osservazioni, si intende approvato.
Annunzio di presentazione di disegni di legge.
PRESIDENTE. Comunico che, nelle date a fianco di ciascuno indicate, sono stati presentati i seguenti disegni di legge:
— « Concessione di un assegno alla vedova ed ai figli del pescatore Francesco Pas- salacqua, di Mazara del Vallo, ucciso nel Canale di Sicilia » (520), dagli onorevoli Montanti, D’Alia, Martino, Pino, Motta, Man- tione, Saso e Marino, in data 15 dicembre 1978;
^ « Istituzione del molo dei salariati forestali » (521), dagli onorevoli La Russa, Ca- pitummino e Plumari, in data 19 dicembre1978.
Comunicazione di richieste di parere da parte del Governo assegnate alle Commissioni legislative competenti.
PRESIDENTE. Comunico che, in data 18 dicembre 1978, sono pervenute le seguenti richieste di parere dal Governo, assegnate alle competenti Commissioni legislative ai sensi deH’articolo 70 bis del Regolamento interno;
Resoconti, f. 402(500)
R esocon ti P arlam en tari — 2898 A ssem b lea R eg ion a le Siciliann
V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1975
« Lavori pubblici, urbanistica, comunicazioni, trasporti, turismo e sport »
— Legge regionale 16 maggio 1978, numero 8 (articolo 19). Piano di intervento. (44/V), trasmessa in data odierna.« Giunta per le partecipazioni regionali »
— Azasi. Delibere numeri 727 e 728 del 29 novembre 1978. Programma utilizzo stanziamenti ex articoli 2 e 3 legge regionale numero 42 del 1978 (45/GP), trasmessa in data odierna.
Comunicazione di parere reso da Commissione legislativa permanente.
PRESIDENTE. Comunico che è pervenuto il seguente parere reso dalla Commissione « Agricoltura e foreste » ai sensi dell’articolo 70 bis del Regolamento interno nella riunione del 14 dicembre 1978:
— Legge regionale 10 agosto 1978, numero 34. Impiego dello stanziamento per opere irrigue.
Dimissioni dell’onorevole locolano da componente del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali.
PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole locolano, con lettera in data 18 dicembre 1978, ha rassegnato le dimissioni da componente del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali.
Le dimissioni dell’onorevole locolano saranno poste all’ordine del giorno della seduta successiva.
Discussione unificata di mozione e di interpellanza.
PRESIDENTE. Si passa al punto secondo dell’ordine del giorno: Discussione unificata della mozione numero 95 e delTinterpel- lanza numero 418.
Invito il deputato segretario a darne lettura.
SASO, segretario:
« l ’Assemblea regionale siciliana
considerato che malgrado le gravi denunce evidenziate in occasione del dibattito svoltosi in Aula in data 17 maggio 1978, l’Assessore regionale per l ’agricoltura e le foreste continua a rilasciare con decreto dichiarazioni di attuabilità e utilità di piani di trasformazione presentati dai proprietari concedenti di cui si avallano le manovre per cacciare i concessionari fittavoli e coloni dalle aziende, e ciò per sfuggire aU’immmente legge sui contratti agrari;
ritenuto che le immotivate determinazioni assessoriali appaiono in contrasto con gli indirizzi della politica agraria nazionale e regionale, volti a tutelare l’interesse generale della produzione agricola, come previsto dalle norme vigenti in materia di eccezioni alla proroga dei contratti agrari;
impegna il Governo della Regione
a) a revocare con effetti immediati tutti i decreti adottati dall’Assessore regionale per l’agricoltura e le foreste in materia di eccezioni alla proroga dei contratti agrari e riguardanti dichiarazioni di attuabilità e utilità di piani di trasformazione presentati da proprietari concedenti, salvo per quei decreti per i quali sia già intervenuta sentenza passata in giudicato;
b) a sospendere, nelle more della definitiva approvazione della legge nazionale sui contratti agrari, l’esame istruttorio dei piani di trasformazione e delle connesse dichiarazioni di attuabilità e utilità » (95).
Russo Michelangelo - A m- MAVUTA - TUSA - ViZZINI " A mata - B arcellona - B u a - Cagnes - Careri - Carfì Ch essari - G en tile - Grande - G u eli - L audani - L ucenti - Marconi - Messana - Me ssi- . NA - Monteleone - Motta - R indone - T oscano.
« All’Assessore all’agricoltura e — in relazione alle migliaia di pratiche trasformazione fondiaria presentate da prietari agricoli concedenti terreni a i» zadria.
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VOI L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1978
Tali piani di trasformazione agricola prevedevano una massa di investimenti verso l’agricoltura in un momento in cui da più parti si richiedeva una diversa e più moderna valorizzazione del patrimonio agricolo con l’intervento diretto del risparmio privato interessato, quindi, alla redditività dell’impresa e legato alla funzionalità dell’azienda agricola.
Queste pratiche sono rimaste inevase, non sono state istruite amministrativamente e solo una decina hanno trovato accoglimento.' Tutto ciò premesso, gli interpellanti ritengono di dovere sottolineare come il blocco di una istruttoria amministrativa in questo settore sia stato altamente lesivo degli interessi non solo dei proprietari ma dell’agricoltura siciliana in generale, né può opporsi a tutto ciò la giustificazione politica della difesa dei diritti acquisiti dal mezzadro in quanto questi vengono ampiamente tutelati dalla legge numero 273 del 1947 e dalla successiva numero 527 del 1961, nonché dalla legislazione siciliana in materia.
Inoltre, va considerato che una larga trasformazione agricola avrebbe certamente determinato oltre che raumento della produzione, l ’impiego complessivo di maggiore manodopera determinando una svolta positiva nel panorama agricolo siciliano cosi come nello spirito delle citate leggi.
Alla luce di tutto ciò, gli interpellanti chiedono di sapere se il ritardo per la istruzione delle pratiche su citate deve addebitarsi ad una volontà politica precisa e discriminante 0, viceversa, a colpe della burocrazia.
Nel primo caso se ne trarranno le do- vute conseguenze nelle sedi opportune e, nel secondo caso, per sapere se si intendono accertare le sìngole responsabilità » (418).
Grillo Mo rassutti - Mar-CHELLO - T ricom i.
. p r e s id e n t e . Dichiaro aperta la discussione.
AMMAVUTA. Chiedo di parlare per illustrare la mozione numero 95.
p r e s id e n t e . Ne ha facoltà.
AMMAVUTA. Signor Presidente, onore- Mi colleglli, con la mozione che mi appre
sto ad illustrare intendiamo riproporre all’ attenzione deH’Assemblea e del Governo lo scottante problema degli sfratti ai contadini, rispetto ai quali l’Assessore all’agricoltura continua a comportarsi in modo tale da favorire, a nostro giudizio illegittimamente, i grossi proprietari concedenti nelle loro manovre tendenti a cacciare mezzadiT e fitta- voli dalle terre coltivate da questi ultimi.
E non si tratta solo di questo — cosa peraltro, a nostro avviso, molto grave considerati gli effetti che sul piano sociale determinano le scelte operate ai darmi del contadino dall’Assessorato dell’agricoltura — ma anche di verificare come, appunto, queste scelte appaiano in netto contrasto, anzi in contrapposizione con gli indirizzi di politica agraria nazionale e regionale e con le direttive di programmazione sottoscritte dalla maggioranza autonomista e confermate nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione.
Abbiamo affermato nella nostra mozione che, malgrado le gravi denunce evidenziate con le interpellanze numeri 244 e 298, illustrate dall’onorevole Chessari e da me nella seduta d’Aula del 17 maggio di quest’anno, l’Assessore aU’agricoltura ha continuato a rilasciare con decreto dichiarazioni di attuabilità e utilità di piani di trasformazione presentati dai proprietari concedenti, al solo fine di consentire loro di sfrattare dalle aziende fittavoli e mezzadri in vista della definitiva approvazione della legge nazionale sui contratti agrari.
Tale legge, come è noto, all’articolo 1 abroga tanto le norme concernenti la proroga dei contratti agrari prevista al comma primo, lettera a), dal decreto legge numero 287 del 1947, quanto le eccezioni alla proroga dei contratti agrari riportate dalla lettera b) del primo comma del citato decreto- legge; eccezioni alla proroga cui si richiamano, nelle loro richieste all’Assessorato dell’agricoltura, per l’approvazione dei piani di trasformazione, i proprietari concedenti.
Abbiamo affermato inoltre nella nostra mozione (come documenteremo ancora una volta nel corso della discussione di oggi) che il rilascio da parte dell’Assessore dei certificati di attuabilità e utilità dei piani di trasformazione presentati dai proprietari appare in contrasto con le norme concernenti le eccezioni alla proroga, che pure ven-
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gono invocate dai proprietari e dallo stesso Assessore per creare i presupposti dello sfratto ai contadini, e con gli indirizzi della politica agraria nazionale e regionale, in base ai quali soltanto può essere definito l’interesse generale della produzione agricola. Ebbene, immediatamente dopo la presentazione della nostra mozione, l ’onorevole Aleppo si è lasciato andare ad incaute dichiarazioni, riportate dalla stampa, secondo le quali tutti gli atti posti in essere dall’Assessorato dell’ agricoltura per il rilascio di dichiarazioni di attuabilità e utilità dei piani di trasformazione sarebbero ineccepibili sotto il profilo tecnico, sotto il profilo amministrativo e sotto il profilo politico, per cui risulterebbero prive di fondamento le accuse da noi mosse nella mozione; accuse che, però, prima ancora della presentazione di tale atto ispettivo noi avevamo sostenuto in pubblici discorsi.
Le ritorsioni polemiche che ha ritenuto di voler fare l’onorevole Aleppo non possono in alcun modo oscurare né cancellare i fatti da noi documentati già in precedenza, anche perché per dimostrare la infondatezza delle nostre accuse e per giustificare il proprio operato l’Assessore all’agricoltura è stato costretto ad inventare l’esatto contrario del contenuto della « legge quadrifoglio », cui si è richiamato, e del contenuto del piano agricolo nazionale.
Ma è bene, forse, parlare di fatti estremamente concreti e di rileggere insieme le norme concernenti le eccezioni alla proroga, considerato che l’Assessore all’agricoltura, anche dopo la seduta del 17 maggio, ha continuato a comportarsi nel modo che abbiamo a suo tempo denunciato, firmando cioè decreti di attuabilità e utilità di piani che nessuna altra utilità avevano se non quella di cacciare i contadini.
Dice la legge 13 giugno 1961, numero 527, la quale modifica l’articolo 1 del decreto legislativo 1° aprile 1947, numero 273, che « non è ammessa la proroga dei contratti » (quindi c’è un’eccezione alla proroga) « se il concedente voglia compiere nel fondo radicali ed immediate trasformazioni agrarie, la cui esecuzione sia incompatibile con la continuazione del contratto e il cui piano sia già stato dichiarato attuabile ed utile, tenuto conto dell’interesse generale della produzione agraria e delle esigenze
dell’occupazione della manodopera da parte dell’ Ispettorato compartimentale dell’ agricoltura, il quale fissa il termine entro cui devono essere compiute le opere di trasformazione ».
Ora, poiché in Sicilia le funzioni deU’Ispet- torato compartimentale sono state devolute all’Assessore all’agricoltura, è chiaro che questa funzione viene svolta direttamente da tale Assessorato.
Ebbene, la eccezione alla proroga dei contratti agrari, in base all’articolo unico della citata legge del 1961, offre quindi la opportunità al proprietario concedente di ritornare a gestire direttamente il fondo solo nel caso in cui presenti un piano di trasformazione che tenga conto dell’interesse generale della produzione agricola.
La Corte Costituzionale, con le sentenze numero 147 del 1966 e numero 781 del 1971 ha più volte ribadito la portata e il senso delle disposizioni in materia di proroga dei contratti agrari, sottolineando che l’introduzione di leggi in materia di esclusione dalla proroga legale mira a limitare il diritto dei proprietari terrieri alla libera disponibilità dei fondi di modo che risulti tutelato l’interesse generale di proteggere la parte del rapporto contrattuale economicamente e socialmente più debole.
Le leggi sulla proroga dei contratti e le norme in esse contenute concernenti la eccezione alla proroga intesero realizzare tale forma di protezione imponendo da un canto la proroga e limitando i casi di deroga, e c[uindi di eccezione, ad eventi tassativamente previsti, tra i quali vi è certo l’interesse del proprietario a ricavare dalla coltivazione del fondo maggiori profitti; di qm la possibilità di assumere un’iniziativa radicali trasformazioni, a condizione pero, aggiunge la Corte Costituzionale, che tale interesse del proprietario concedente appaia connesso aU’interesse generale.
In definitiva, l ’unica giustificazione per il
sacrifìcio dell’interesse privato del contraente più debole, cioè del mezzadro o deH’ain ' tuario che potrebbe essere sfrattato, è costituita dal superiore interesse generale de produzione agricola.
Deve verificarsi quindi una c o r r is p o n d e n z a
specifica (lo ricordammo nel dibattitotosi in quest’Aula il 17 maggio) tra tuabilità e utilità del piano di trasformar
at-zione
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Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978
presentato dal proprietario concedente e l’interesse generale della produzione agricola e le esigenze dell’occupazione: interesse generale della produzione agricola che non può essere verificato in astratto oppure per linee generali (come sembra voler fare l’Assessore aH’agricoltura quando nei suoi decreti afferma che il piano è attuabile e utile e corrisponde agli interessi della produzione genericamente intesa) ma esaminato in relazione agli interessi connessi allo sviluppo agricolo delineato dai programmi della Regione e dagli indirizzi generali di politica agraria a livello nazionale.
11 parametro principale di riferimento dell’ attuabilità e utilità del piano del proprietario è costituito proprio dalle direttive stabilite nei programmi di sviluppo della Regione e negli indirizzi nazionali di politica agraria al fine di rispondere all’interesse generale della produzione agricola e quindi agli interessi generali del paese.
Ebbene, in nessuno dei decreti di attuabilità ed utilità dei piani di trasformazione approvati dall’Assessore all’agricoltura si fa riferimento alla compatibilità tra gli obiettivi del piano di trasformazione approvato e gli obiettivi specifici di sviluppo di livello settoriale e di livello territoriale che la Regione e lo Stato intendono perseguire e che hanno già fissato.
Non è stato cosi tenuto conto dell’avver- timento della Corte Costituzionale con il quale si esclude in sostanza che l’intervento pubblico sia rimesso a una mera e discrezionale valutazione della pubblica amministrazione; tale valutazione, invece, va ancorata esplicitamente a programmi coordinati hi sviluppo che costituiscono la più immediata e completa specificazione deH’interesse generale della produzione agricola.
Ora, sotto questo profilo appare chiara- brente una illegittimità delle determinazioni
, assunte dall’Assessorato all’agricoltura per Numerosi provvedimenti adottati; determinazioni che non possono ignorare, né tanto bjeiio contrastare, il dettato costituzionale e Sh indirizzi e i programmi di politica agra- '■ra fissati sia a livello nazionale che a livello
i '■®gionale. Nella seduta del 17 maggio di quest’anno,asienie all’onorevole Chessari, come ricor
dato ■prima, ho avuto occasione di citare casi
concreti nei quali è apparsa evidente e netta la violazione delle norme di eccezione alla proroga dei contratti agrari e la contemporanea opposizione da parte dell’Assessorato dell’agricoltura agli indirizzi di politica agraria della Regione, di cui invece l’Assessore, come membro del Governo, dovrebbe essere solerte esecutore.
Noi intendiamo oggi riprendere quelle denunce e aggiornarle con quelle relative ai nuovi casi di cui siamo venuti a conoscenza e che mostrano la persistenza di un comportamento, di un metodo e di una linea di condotta in contrasto con la strumentazione legislativa e di programmazione cui invece l’Assessorato dell’agricoltura avrebbe dovuto adeguarsi.
Ricordammo già nella seduta del 17 maggio il caso di un decreto, emanato in data 24 febbraio 1978, riguardante il piano di trasformazione presentato da certo Giorgio Bernabeo e da altri comproprietari relativo al fondo S. Elena ubicato in territorio di Modica, esteso ettari 14 e condotto in affitto. Ebbene, in questo piano approvato dall’Assessore all’agricoltura si prevede la trasformazione — cioè la distruzione —■ di questa azienda ad indirizzo zootecnico in olivete.
Onorevole Assessore, lei, al Giornale di Sicilia ha dichiarate che « sarebbero del tutto prive di fondamento le contestazioni avanzate all’Assessorato per il fatto di avere approvato trasformazioni di terreni ad indirizzo zootecnico in impianti di oliveti, in quanto, contrariamente a quanto affermavano i dirigenti comunisti (riferendosi con ciò alle affermazioni fatte dal sottoscritto e dall’onorevole La Torre nel corso di un convegno che si era tenuto a Palermo qualche giorno prima), ciò non suggerisce che la legge del quadrifoglio addirittura incentiverebbe gli oliveti ».
Ma, egregio Assessore, una cosa è certa: agli occhi soprattutto dei contadini diretta- mente interessati, dei contadini in generale e dell’opinione pubblica regionale e nazionale, una determinazione come quella da lei adottata, secondo cui si dovrebbe distruggere un’azienda zootecnica per dar luogo invece ad un’azienda olivicola, è in contrasto con gli indirizzi di politica economica nazionale.
R esocon ti P arlam en tari — 2902 A ssem b lea R eg ion a le Sicìliaru,
Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1973
Presidenza del Vice Presidente D’ALIA
Si tratta di un tradimento vero e proprio degli interessi generali del paese!
Ora, se il reale intendimento dell’Assessore all’agricoltura per ciò che attiene lo sviluppo complessivo della nostra Regione e della nostra agricoltura dovesse essere quello di non considerare la zootecnia come uno degli obiettivi centrali dello sviluppo (ovviamente accanto al potenziamento delle produzioni mediterranee), se da parte del Governo non dovesse essere data una precisa indicazione in termini di programmazione, se le conclusioni delle prossime conferenze per l’agricoltura dovessero dipendere dagli orientamenti sin qui mostrati dall’Assessore all’agricoltura attraverso l’approvazione di questi piani, che certamente sono in contrasto con gli indirizzi concordati nel programma della maggioranza autonomista e ribaditi nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione, non so quali risultati si avrebbero.
Come si può evincere leggendo la pagina 61 dello schema di piano agricolo nazionale, l’articolo 3 della legge quadrifoglio prevede che nelle zone in cui è possibile utilizzare l’acqua deve essere sviluppata la zootecnia irrigua. Ebbene, proprio nel fondo S. Elena, prima ancora della presentazione del piano era stata rinvenuta dell’acqua attraverso un sondaggio. Cosa bisognava fare allora? Approvare un piano di trasformazione ad olivete, oppure potenziare quell’azienda zootecnica attraverso lo sviluppo della fo- raggicoltura irrigua, in modo tale da elevare il numero dei capi di bestiame da allevare? E a quanto pare neanche l’Unione regionale degli agricoltori ha compreso il senso della nostra denuncia, considerato che la nostra mozione, secondo il giudizio di tale organizzazione, avrebbe manifestato il permanere di ancestrali posizioni classiste. Noi, invero, chiediamo al Governo, alle forze politiche e alle forze sociali produttive di mantenere un comportamento coerentemente aderente ad un quadro di riferimento, di programmazione, di obiettivi, di impegno concorde; e ciò sia per un allargamento della base produttiva, sia per rispondere alle esigenze primarie e prioritarie che vi sono nel Paese, (per esempio la riduzione del deficit della
bilancia agro-alimentare, che per l ’importazione della sola carne bovina richiede una spesa di 5 miliardi al giorno).
Vorrei adesso soffermarmi sul decreto del 15 febbraio 1977, relativo al piano di trasformazione presentato da un « povero piccolo » proprietario concedente: il barone Angelo Maiorana, il quale, attivissimo imprenditore agricolo costantemente impegnato in iniziative di trasformazione fondiaria dei 425 ettari posseduti — li tiene quasi tutti incolti ed abbandonati! — ha già ottenuto che da un altro suo fondo di 33 ettari venisse sfrattato l’affittuario, sempre attraverso l’ausilio di questo tipo di determinazioni adottate dall’Assessorato dell’agricoltura. Se si va a guardare quel fondo nel quale dovevano essere compiute radicali trasformazioni, si può costatare lo stato di abbandono.
Per quanto riguarda il fondo sito in contrada Cinta di Ragusa, di cui al decreto del 15 febbraio 1977, è da dire che esso è occupato da una fiorente azienda zootecnica irrigua; inoltre, su sei ettari di questa azienda vi si pratica la foraggicoltura intensiva, che consente l’allevamento di circa 80 capi di bestiame su una superficie di circa trenta ettari.
Come ricordava il collega Chessari nel dibattito che si è tenuto il 17 maggio, questa azienda coltivatrice a carattere zootecnico è certamente fra le più avanzate della provincia dì Ragusa e quindi da additare come esempio di settore produttivo con ampie prospettive future in Sicilia. Infatti, l’Assessore all’agricoltura nel piano di trasformazione adottato prevede la trasformazione dì sei ettari ad agrumeto e di 4 ettari ad olivete. E ’ stata scoperta finalmente questa nuova grande vocazione! Infatti buona parte dei decreti adottati dall Assessorato dell’agricoltura prevede delle r®' dicali trasformazioni agrarie (che dovre - bere essere neH’interesse generale della dazione agricola) attraverso le quali si pi'i vilegia soprattutto la coltivazione dell Ma non è questo il futuro della nostra agO coltura! E meno che mai quel piano di rsformazione da lei approvato poteva conte-
licic ia ---seminativo irriguo necessario ed indispen ^ , bile per formare la base zootecnica di azienda, tanto più che la richiesta di inazione ad agrumeto è stata fatta m
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\fIII Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978
i zona che certamente non è in alcun modo ; vocata air agrumicoltura, tenuto conto an
che dei criteri del progetto obiettivo previ- ì sto dalla legge n. 24.; Ma ciò che più conta non è tanto questo ; aspetto, quanto il fatto di volere, ancora una : volta, distruggere un’azienda zootecnica; un i rappresentante del Governo regionale, in I pratica, tende a distoreere e a vanificare 1’ j impegno complessivo che l’Assemblea regio- i naie siciliana, attraverso un documento del
la Commissione legislativa « Agricoltura » discusso ed approvato in Aula con il concorso del Governo della Regione, ha dimostrato scegliendo direttrici ben diverse da quelle che lei, onorevole Assessore all’agricoltura, ha seguito.
Sempre a proposito del fondo in questione vorrei ricordare, onorevole Assessore, che lei, successivamente a quel dibattito, si era impegnato a predisporre una nuova istruttoria tendente a confermare o meno la veridicità delle denunzie a suo tempo fatte dal collega Chessari (e da me c[ui ribadite). Ebbene, a noi risulta che tale nuova istruttoria è stata avviata e completata e che le denunce a suo tempo fatte risulterebbero confermate. Non si comprende allora perché non sia ancora stato revocato quel decreto.
CHESSARI. Perché si aspetta lo sfratto ha parte del Tribunale. Poi l’Assessore all’ agricoltura adotterà il provvedimento.
ALEPPO, Assessore all’agricoltura ed alle foreste. Perché gli atti relativi all’istruttoria iion sono stati portati all’attenzione dell’Assessore. Quando ciò avverrà l’Assessore cercherà di valutare le conseguenze derivanti ha questo fatto.
AMMAVUTA. L ’Assessore, di fronte ad errori commessi dal suo Assessorato, di fronte alle segnalazioni pervenute, agli impegni
lui assunti in questa Assemblea, non elianto avrebbe il dovere di revocare il , Pereto, ma, qualora vi siano responsabilità ^Putabili a funzionari negligenti, di adot-
i necessari provvedimenti.Decreto assessoriale numero 123 del 7
' glio 1 9 7 7 relativo al fondo sito in terri- Ofio di Bompietro, di ettari 168. E ’ stato Assentato un piano di trasformazione da
parte dei proprietari concedenti per la trasformazione di circa 56 ettari appartenenti a tale fondo da seminativo a rimboschimento: dieci ettari di pinus radiata e 40 ettari di eucaVtptus.
Anche in questo caso si è fatto riferimento all’interesse generale della produzione agricola, anche se, lo vorrei ricordare all’ Assessore all’agricoltura, il decreto approvato non corrisponde affatto a tale interesse, sia perché si tratta di produzioni forestali e non agricole, sia perché lo scorporo di 56 ettari su 168 di un’azienda a carattere cerealicolo-zootecnico causa uno squilibrio.
Ma quel che è più grave è che si prevede il rimboschimento in un seminativo che quest’anno — e lo si può accertare — ha prodotto circa 33 quintali di grano per ettaro.
Io mi domando sulla base di quali stime vengano valutate l’attuabilità e la utilità del piano di trasformazione.
Anche in questo caso risulta evidente che se c’è un interesse che viene tutelato, questo non attiene certamente alla produzione agricola, che non esiste; si ha, infatti, una produzione forestale.
Anche in questo caso si vuole distruggere parte di un’azienda cerealicolo-zootecnica ad alta produzione, fortemente meccanizzata, che produce 30 e più quintali di grano duro per ettaro; cereale del quale spesse volte siamo debitori all’estero.
L ’onorevole Aleppo deve spiegare finalmente (non lo ha fatto nella seduta del 17 maggio) in base a quali parametri egli stabilisce gli indirizzi generali della produzione agricola, poiché questi non possono essere di volta in volta determinati dall’Assessore per l’agricoltura in base ad una sua personale valutazione. Invero, le leggi debbono essere applicate sulla base di quadri di riferimento che siano noti, in modo da non consentire l’arbitrio o l’errore del funzionario o, addirittura, di un membro del Governo.
Decreto assessoriale numero 181 del 27 maggio 1978, relativo ad un fondo di ettari 29,86 sito in territorio di Frizzi, una zona a fortissima vocazione cerealicola e zootecnica.
Si approva un piano di radicale trasformazione ad olivete in una zona dove la coltivazione di grano duro e rallevamento bo-
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vino costituiscono da sempre il tipo di produzione prevalente e possibile, e non soltanto per tradizione, ma perché questa è la vocazione di tale zona e di grEin parte dell’alto corleonese.
Ed anche in questo caso, ancora una volta, si approva un piano che tende a « decapitare » delle aziende che contribuiscono con la loro produzione (cerealicola e zootecnica) ad assicurare quel minimo di riserve di prodotti alimentari strategici per gli interessi generali del paese.
Ancora una volta nel caso in questione l’Assessore all’agricoltura mostra di sconoscere o di rifiutare, cosa che non gli è consentita come membro della Giunta regionale di governo, l’applicazione degli indirizzi generali di politica agraria nazionale e regionale.
Un altro esempio che dimostra come, indipendentemente dalla vocazione delle varie province, l ’Assessore all’agricoltura privilegi e quindi approvi quei piani che prevedono la trasformazione del fondo ad olivete è dato dal decreto numero 237 del 13 ottobre 1978, che prevede appunto la trasformazione ad oliveto irriguo (per la produzione di olive da mensa) di un fondo di ettari 41,35, sito in territorio di San Giuseppe Iato e condotto in affitto da sedici contadini. Occorre rilevare che anche il proprietario di questo fondo è un imprenditore attivissimo: i contadini non lo hamio mai visto e la famiglia, che da cinquant’anni risiede stabilmente a Roma, non si è mai preoccupata di sapere come e da chi sia stato coltivato il fondo.
Ebbene, l’Assessore all’agricoltura, alla vigilia dell’approvazione della legge nazionale sui patti agrari approva un piano di trasformazione di questi terreni coltivati in parte a vigneto, in parte a seminativo, ad oliveto irriguo. Ebbene, poiché credo che l’Assessore all’agricoltura non abbia fatto quanto è suo dovere verso quei funzionari che forse non hanno letto gli indirizzi dello schema di piano agricolo nazionale, schema che deve costituire una direttiva per il Governo della Regione e quindi per i funzionari dell’Assessorato dell’agricoltura, vorrei far rilevare che per quanto riguarda le olive da mensa alla pagina 83 di detto schema, peraltro già approvato, è detto; « Lo sviluppo dell’agricoltura da mensa si potrà operare secondo una duplice direttrice: ristrut
turazione degli impianti esistenti in generale impostata su cultivar a duplice attitudine produttiva da olio e da mensa; realizzazione di nuovi impianti di olive da mensa, preferibilmente nelle zone già affermate per questo tipo di olivicoltura, ma tenendo alla utilizzazione di cultivar provate nelle singole zone. In molti casi tali nuovi impianti potranno costituire le fasce frangivento per altre coltivazioni e specie arboree come gli agrumi ».
Ebbene, nel raggio di alcune decine di miglia nella zona di San Giuseppe Iato, dove è sito, appunto, il fondo in questione, non esiste né olivicoltura da olio, né olivicoltura da mensa. Lei, quindi, ha approvato un piano di trasformaizone in contrasto con gli indirizzi del piano agricolo nazionale.
Ma al di là di ciò che sono gli indirizzi generali del piano agricolo nazionale, che lei in ogni caso non può contrastare né violare, vi sono norme di carattere tecnico che debbono impedire...
ALEPPO, Assessore all’agricoltura e alle foreste. L ’hanno proposta i tecnici la valutazione.
AMMAVUTA. L ’Assessore all’agricoltura, però, deve valutare se quelle proposte corrispondono, in primo luogo, agli interessi generali della produzione agricola, agli m dirizzi fissati dalla programmazione, ed agii indirizzi generali della politica del Governo, deve inoltre verificare sul piano tecnico proposte pervenute. Invero, sulla questa sua ultima affermazione lei conterm l’accusa da me rivoltale in data 17 magS quando ho detto che l’Assessorato coltura si stava trasformando in al servizio di interessi che non sono ce mepte della collettività ma di alcuni di privati. Lei, infatti, approva i sentati dai tecnici cui si affidano i pr P tari privati.
ALEPPO, Assessore all’agricoltura e foreste. I piani sono elaborati dai tecnici l’Assessorato, non dai privati.
AMMAVUTA. E infatti c’è la queiraltro sopralluogo che lei ha ta
ALEPPO, Assessore all’agricoltura e
di
Resoconti Pavlam entaTÌ — 2905 A ssem b lea R eg ion ale S iciliana
(/III LEGISLATURA CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978
foreste. Se ei sono errori saranno corretti.
AMMAVUTA. Intanto si cacciano i contadini, e ciò non è corretto.
A conclusione del mio intervento ritengo di dovere dare notizia di un decreto emanato dall’Assessore all’agricoltura nel 1977, in favore della ditta Agueci di Salemi, relativo ad un terreno esteso circa nove ettari. Invero, la conclusione che è stata data alla vicenda connessa aU’emanazione di detto decreto costituisce un esempio emblematico della politica di gestione seguita dall’Assessore all’agricoltura — cosa che noi riteniamo inammissibile — delle scelte discriminatorie che si fanno contro i contadini.
Il fondo in questione, che risulta dato a mezzadria sin dal 1928, è oggetto di una «vicenda» giudiziaria iniziata nel 1966, quando i proprietari nottetempo abbattono il vigneto e l’oliveto esistente per cercare di cacciare via i contadini. In conseguenza di tale episodio si apre una vertenza giudiziara che sancisce la condanna dei proprietari; lo stesso esito, peraltro, si ha in seguito al loro ricorso. Nel 1974 i mezzadri di quel fondo, in base all’articolo 8 della legge numero 756, presentano all’Ispettorato agrario provinciale un piano di trasformazione per quel terreno al fine di impiantarvi un nuovo vigneto. A tale piano si oppone il proprietario il quale, nonostante i tentativi esperiti dall Ispettore agrario per addivenire ad un bonario componimento della controversia, presenta ricorso al Tribunale amministrativo, la cui sentenza è negativa per il ricorrente.
Nel luglio del 1976 l’Ispettorato agrario provinciale di Trapani dà parere favorevole alla realizzazione del piano di trasformazione proposto dai mezzadri; contemporaneamente i proprietari presentano all’Assessorato dell agricoltura un piano di cosiddetta radicale trasformazione, che nulla prevedeva se non 1 impianto a vigneto già approvato dall’Ispettorato agrario di Trapani in favore dei mezzadri.
Ebbene, onorevole Assessore all’agricol- ' ra, nonostante la Magistratura abbia dato costantemente ragione ai mezzadri e torto CI proprietari — è uno dei pochi casi quello
1 IO questione — lei ha approvato il piano di trasfornia2ione in favore di questi ultimi _po- j®J| °si in contrasto con la determinazione rii Ispettorato agrario di Trapani e dando
appunto ai proprietari concedenti la possibilità di buttare fuori nove mezzadri.
L ’istruttoria compiuta non è certamente oculata perché non è possibile che all’interno di una stessa amministrazione non si sappia quale sìa stato il provvedimento adottato da un ufficio periferico, appunto l’Ispettorato agrario di Trapani. Il comportamento dell’ Assessore quanto meno, specie nel caso testé citato, mostra che non si va tanto per il sottile quando si debbono garantire gli interessi dei proprietari concedenti.
Con la nostra mozione e sulla base della documentazione fornita nel corso del dibattito del 17 maggio (documentazione che abbiamo riconfermata ed ampliata questa sera in considerazione di ulteriori vicende verificatesi dopo quella data) chiedevamo che le istruttorie fossero strettamente collegate agli indirizzi politici della Regione, concordando quindi l’adozione di determinati criteri, dal momento che questi per l’Assessore all’agricoltura non sono chiari. Infatti i decreti firmati nel mese di giugno e, successivamente, sino all’ultimo emanato nel mese di ottobre, relativo al fondo di San Giuseppe Iato, dimostrano che ancora l’Assessore all’agricoltura non ritiene l’operato della sua amministrazione essere in contrasto con lo spirito della legge, con gli indirizzi di politica agraria concordati, di cui il Governo deve essere depositario ed esecutore fedele, e con gli indirizzi di politica agraria nazionale che ci siamo dati.
Ecco perché abbiamo richiesto con la nostra mozione che venissero revocati i decreti emanati in contrasto con le disposizioni di eccezione alla proroga e con gli indirizzi di politica agraria.
In particolare, chiediamo che vengano revocati i decreti dei quali qui ho fatto cenno e bloccate le istruttorie relative a quariiasi altra pratica; e ciò perché è in corso di approvazione definitiva il disegno di legge sui contratti agrari che elimina la prassi della proroga e, conseguentemente, abroga le eccezioni a questa relative. In ogni caso a noi sembra evidente che non si possa procedere ulteriormente nel modo attuale.
g r il l o MORASSUTTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Resoconti, f. 403(500)
R esocon ti P ar lam en tari — 2906 A ssem b lea R eg io n a le Siciliana
Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icemebe 1975
GRILLO MORASSUTTI. Signor Presidente, onorevoli colleglli, questa Assemblea torna ad occuparsi di un problema che indubbiamente può essere visto da diverse angolazioni politiche ma non ignorato nella sua globalità e nel valore complessivo che un certo atteggiamento dell’amministrazione regionale ormai da troppi anni continua a mantenere in materia.
L ’Assessorato regionale dell’agricoltura sin dalla scorsa legislatura dimostrò una strana abilità neU’insabbiare in tutti i modi i piani di trasformazione fondiaria presentati dai proprietari terrieri. In questa Aula l’Assessore dell’epoca, rispondendo ad una interpellanza presentata dal sottoscritto, affermò di essere, ancora nel 1975, in attesa di un parere del Consiglio di giustizia amministrativa, che, gli venne ricordato, era stato reso nel dicembre del 1974. Si vede che nei vari uffici delle amministrazioni dello Stato e della Regione, determinate carte mettono molto tempo ad arrivare sul tavolo giusto!
Successivamente, l’Assessore dell’epoca, al quale avevo fatto sapere che il parere era pervenuto — e da molti mesi — all’Assessorato, mi rispose dicendo che il documento in questione non era ancora pervenuto sul suo tavolo in quanto risultava ancora al protocollo. Detto parere non faceva altro che ribadire l’impostazione della legge nazionale e della legge regionale; di fatto, però, metteva in mora l’amministrazione regionale per la omissione palese che era stata perpetrata ai danni di migliaia di proprietari, i quali per il silenzio dell’Assessorato dell’agricoltura non avevano ricevuto alcuna l'isposta.
L ’onorevole Ammavuta può anche argomentare sul fatto che vi possano essere decreti da concedere o meno; oggi però non si è detto che migliaia di agricoltori non hanno ricevuto una risposta dall’Assessorato.
Noi, quindi, intendiamo sapere dall’onorevole Assessore se appunto la risposta (affermativa o negativa) concernente la validità del piano di trasformazione non è arrivata perché gli uffici competenti non hanno istruito le pratiche oppure perché vi è la precisa volontà politica da parte dell’Asses- sorato di non esaminarle e firmarle, decretando una svolta all’interno dell’economia agricola siciliana.
Onorevoli colleghi, possiamo anche fare per ore (e forse anche per giorni) l’esalta
zione della difesa di questo o di quel mezzadro e di un solo o di un gruppo di prò. prietari terrieri, ma rimane un dato assoluto: la nostra agricoltura senza l’intervento finanziario determinato dal risparmio privato non potrà mai decollare.
L ’abbandono della via deU’investimento in agricoltura, la ricerca della sovvenzione per la miglioria e soprattutto del contributo in conto capitale hanno creato all’interno delle nostre strutture agricole l’abbandono, il disinteresse e la speculazione immobiliare. E ciò nel momento in cui i piani di trasformazione, che dovevano e devono essere sostenuti dal risparmio privato, non soltanto potrebbero accentuare l’interesse del proprietario per le sorti dell’azienda, in quanto questi deve necessariamente recuperare i capitali investiti, ma anche aumentare, onorevole Ammavuta, di parecchie migliaia i posti di lavoro in questo settore, venendo incontro a quella massiccia richiesta che la nostra regione ha registrato soprattutto negli ultimi anni con l’emigrazione di ritorno.
Non si fanno gli interessi dei lavoratori della terra, né si difendono decine o centinaia di mezzadri nel momento in cui parecchi miliardi potrebbero essere investiti nel settore agricolo creando numerosissimi posti di lavoro.
Invero ì piani di trasformazione, se approvati, determinerebbero un investimento diretto del risparmio privato in agricoltura.
Questi sono i discorsi che bisogna fare! Quello deH’amministrazione è un silenzio colpevole! Questa situazione stasera è stata denunciata anche attraverso la mozione del gruppo comunista, che ringraziamo per averci dato l’occasione di affermare che in Sicilia si disattendono le leggi, e che è bene finalmente determinare le responsabilità esistenti in materia. A questo proposito non esiteremmo anche ad affrontare pubblici dibattiti.
E ’ ora di smetterla con la difesa campa' nilistica 0 classista di quella che è la struttura portante della nostra economia la qua' le ha bisogno soprattutto di un nuovo iU' tervento capace di darle nuova vivacità.
Noi vorremmo sapere dall’onorevole Assessore se siano da incriminare per omissione i funzionari oppure se le responsabilità debbano individuarsi neH’amministrazione po '' tica della cosa pubblica.
resoconti P arlam en tari — 2907 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana
Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1978
A questo proposito centinaia di proprietari terrieri saranno da noi invitati ad agire in solido per chiedere giustizia. Invero, non si può fare il discorso della difesa ad oltranza dell’interesse particolare o settoriale quando questo interesse può avere l’aspetto populistico, ma occorre finalmente affrontare i problemi nella loro globalità.
Se esistono le leggi, queste devono essere attivate verso coloro che ne sono direttamente interessati, tutelando i loro diritti e soprattutto, onorevole Assessore, tutelando quello che è un diritto attivo, sancito dalla legge e confortato dalla interpretazione data in materia dalla Corte costituzionale.
L’onorevole Ammavuta ha ricordato appunto quella parte della sentenza emessa dalla Corte costituzionale che fa riferimento ai piani di sviluppo, ma non ha ribadito la motivazione essenziale, cioè quella che riconosce la legittimità della norma che consente al proprietario di trasformare il proprio fondo al servizio di un’agricoltura in evoluzione e che, quindi, richiede un nuovo intervento, fatto anche di sacrifici personali finalizzati alla produzione.
Del resto noi, attraverso varie leggi, abbiamo approvato centinaia di piani di trasformazione determinando le nuove cattedrali nel deserto del settore agricolo. Sono sorte infatti attorno ai grossi agglomerati urbani 0 nelle piane più rigogliose della Sicilia delle strutture elefantiache costate alla Regione siciliana parecchi miliardi. Si tratta di centri che hanno ricevuto sovvenzioni favorevolissime (50 per cento della somma in conto capitale e 50 per cento coperta da mutuo a tasso agevolato, mutuo a sua volta rinnovato col concorso negli interessi).
Si è avuta un’ignobile speculazione fondiaria che non solo non ha arricchito la nostra agricoltura ma ha creato un passivo che oggi gradualmente viene ad essere rile- Vnto da « Pantalone ». Infatti le aziende prin-
tpali della piana di Catania sono state rile- ' ate dalla Montedison e da varie strutture
parastato, costrette ad intervenire lad- dove già la Regione aveva sborsato nume- cosi miliardi.
Questi sono gli scandali che bisogna denunciare in riferimento all’operato dell’am- niinistrazione; non certo perseguire alcuni
decreti emanati clall’Assessorato dell’agricoltura!
Signor Presidente, spero che questa sera noi non si assista ad un gioco delle parti che vede, in una prima fase, l’Assessore all’agricoltura emanare dei decreti e, in un secondo tempo, accogliere solo alcune delle richieste attinenti ai piani di trasformazione presentati. E ciò per via di una immediata e documentatissima mozione del Partito comunista con la quale, oltre a contestare sul piano politico l’emanazione dei decreti, si sostiene in termini davvero profondi che appunto tali decreti in gran parte (se non nella totalità) non corrispondono a quelle che sono le linee di sviluppo segnate dalle leggi regionali e da quelle nazionali.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vorrei insomma che si mettesse in discussione un principio affermato in alcuni decreti assessoriali i quali, risultando a loro volta non compatibili con quello che è lo spirito e la lettera della legge, inducono l’Assessore a fare marcia indietro; e limitando in definitiva tutta la problematica ai soli decreti.
Il mio sospetto potrà essere fugato, onorevole Assessore, qualora ella, questa sera, rispondendo alla mia interpellanza, dichiari che i ritardi sono da addebitarsi a mancanze degli uffici e ove ella assicuri che le istruttorie saranno velocemente portate avanti e che, comunque, il giudizio finale dell’ammi- nistrazione arriderà agli interessati.
In mancanza di un chiaro impegno da parte del Governo in materia e di fronte alla inutilità degli strumenti ispettivi predisposti, saremo costretti a tutelare, comunque,_ non solo gli interessi particolari di cittadini che hamro il diritto di essere salvaguardati, ma gli interessi complessivi dell’agricoltura siciliana che si difendono, a nostro avviso, favorendo gli investimenti. In tal modo, infatti, si avrebbe una occupazione dinamica nel settore agricolo e non quella struttura stagnante che proprio stamattina il Gruppo comunista affermava doversi respingere e modificare perché ormai superata.
Alla luce di quanto esposto è d’obbligo da parte nostra ritenere questo capitolo come uno dei più bui per TAmministrazione regionale, considerato che è scomparsa la tutela degli interessi legittimi degli agricoltori. Su tali motivazioni noi aspettiamo stasera la
R esocon ti P arlam en tari — 2908 A ssem b lea R eg ion a le Siciliani,
V ili L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978
risposta del Governo al fine di potere assumere le nostre decisioni in merito a tutta questa vicenda ormai scandalosamente lunga.
FEDE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa discussione sulla mozione comunista è da ritenere indubbiamente un’appendice del dibattito svoltosi stamattina; e che si tratti di un’appendice lo si evince dal tenore della stessa mozione che parla di « manovre » tendenti a « cacciare i concessionari fittavoli e coloni dalle aziende, e ciò per sfuggire aU’imminente legge sui contratti agrari ». Il dato politico, inaccettabile, di questo atto ispettivo è costituito dalla richiesta fatta all’Assessorato regionale della agricoltura di revocare dei decreti relativi alla trasformazione fondiaria, in quanto si dà per scontato, come del resto accade ormai in maniera usuale nel Parlamento nazionale e nei consigli regionali, che i giochi sono stati fatti, per cui non si può assolutamente pensare, neppure teoricamente, che la legge nazionale sui patti agrari non vada in porto.
Tutto è aprioristicamente deciso; questo il dato politico che emerge dalla mozione presentata. Oltretutto, indipendentemente dal merito del problema giuridico-costituzionale, si richiede al Governo regionale di tenere presente che ormai la legge sui patti agrari (stamattina da noi contestata) esiste e che pertanto non si può assolutamente pensare di trasformare sul piano fondiario, con decreti legittimi, situazioni che da tale legge dovranno essere prese in considerazione (situazioni che naturalmente il gruppo del Movimento sociale italiano sottoporrà alla valutazione dell’Assemblea dopo le dichiarazioni che certamente saranno rese dall’Assessore all’agricoltura). AU’onorevole Aleppo si chiede, soprattutto, di dimostrare per quanto riguarda i decreti emanati se le trasformazioni fondiarie siano state fatte all’insegna dell’interesse generale. Si vuol sapere, inoltre, quale organo possa stabilire se tale interesse venga effettivamente raggiunto.
Anche i rappresentanti del Movimento sociale italiano attendono dall’Assessore all’ agricoltura una risposta a questi interroga
tivi. Peraltro, il gruppo comunista, pur sostenendo che l’Assessore all’agricoltura non può da solo esaurire il giudizio sull’esistenza dell’interesse generale connesso alla trasformazione fondiaria, non indica quale organo debba stabilirlo. La Commissione agricoltura? E lo si dica! L ’Assemblea regionale? Invero, mi sembrerebbe eccessivo! Lo dovrebbe stabilire il fantomatico Comitato della progranuiiazione, che non si sa ancora dove sia e quando e come potrà entrare in funzione?! In mancanza di altri organi diversi da quelli citati noi riteniamo più idoneo allo scopo l’Assessorato dell’agricoltura. D’altra parte non possiamo chiedere all’Assessore regionale all’agricoltura, e tanto meno ai funzionari che lo coadiuvano, di commettere il reato di omissione di atti d’ufficio; semmai dobbiamo biasimare il fatto che ci siano stati dei ritardi, si da indurre il gruppo comunista a sospettare che ciò sia avvenuto in relazione all’iter seguito dalla legge sui patti agrari. In realtà questo è un nodo politico che deve essere sciolto. Infatti, se l’Assessorato omettesse certi adempimenti incorrerebbe in sanzioni aventi carattere giuridico ed anche politico.
D’altra parte la sentenza numero 107 del 5 aprile 1974, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità di alcune disposizioni della legge 11 febbraio 1971, numero 11, ha ancora una sua validità che non può essere disconosciuta in virtù di un traguardo che ancora deve essere raggiuntò, appunto l’approvazione della legge sui pafO agrari.
Non possiamo neppure pensare che tutti questi problemi possano essere discussi riferendosi alla casistica' elencata dall’onorevo e Amma'vuta.
Presidenza del Presidente DE PASQUALE
■ diSe si sono perseguiti degli interessi carattere particolare si denuncino!
A nostro giudizio, comunque, la mazione fondiaria è l’unica strada moderna e tecnologicamente auspicabile P rilanciare l’agricoltura e rendere micamente produttiva la terra. gg-augurarci anzi maggiori investimenti e ^ ^ giori trasformazioni di carattere fondiari
I flesoconti P arlam en tari 2909 A ssem b lea R eg ion a le Siciliano
Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978
gne di rinnovare il volto dell’agricoltura siciliana, indipendentemente dai patti agrari.
CULICCHIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CULICCHIA. Signor Presidente, abbiamo assistito, sul piano degli indirizzi di principio, ad uno scontro che ha visto, da una parte il collega Ammavuta, il quale, neU’illustrare la mozione presentata dal Partito comunista, ha cercato di dimostrare che i decreti emanati dall’Assessore relativamente ad alcuni piani di trasformazione debbono essere ritirati e, dall’altra, il collega Grillo Morassutti, il quale ha sostenuto che l’Assessore ha il dovere di approvare i piani di trasformazione fondiaria, evitando inutili perdite di tempo, soprattutto nel momento in cui il piano di trasformazione fondiaria mira a dare un nuovo assetto all’agricoltura isolana.
Ritengo sia molto evidente Resistenza di due tesi contrastanti sui patti agrari, tesi che, certamente, si riflettono anche sul modo di considerare i piani di trasformazione fondiaria.
Noi intanto diamo atto al Governo di avere operato in perfetta coerenza perché riteniamo che i piani di trasformazione fondiaria approvati rispondano (almeno lo dovrebbero) a quelle che sono le esigenze per addivenire ad una maggiore riqualificazione della nostra agricoltura.
Ritengo, però, una necessità per il Governo, considerato che sono stati indicati dei casi specifici, approfondire le indagini, in maniera tale da controllare se i piani di trasformazione siano stati approvati per un effettivo miglioramento dei fondi, ovvero nascondano l’obiettivo di allontanare dalla terra i fittavoli, i coloni o i mezzadri.
Siamo convinti che il Governo, per perseguire la riqualificazione delRagricoltura, debba attentamente valutare la situazione, evitando naturalmente di considerare pseudo- piani di trasformazione ed approvando soltanto quei piani che lo meritano.
E’ necessario, quindi, per eliminare ogni ambra di dubbio relativamente ai piani che mno stati approvati, svolgere un’accurata indagine (cui noi attribuiamo valore fonda- mentale), anche se noi riteniamo che il Go- arno abbia operato con obiettività.
PICCIONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PICCIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fatto che su questo argomento ci siano stati, specie da sinistra, degli attacchi che sono andati anche un po’ al di là della giusta misura, mi fa pensare che il Governo abbia operato bene. Sono convinto, pertanto, che non solo non possiamo discutere sul singolo caso, laddove si parla di una pianificazione che interessa tutto il territorio dell’Isola, ma che si debba prendere atto dell’enorme sensibilità manifestata dal Governo, che possibilmente sarà disposto, con alto senso democratico, a rivedere, ma solo in caso di dubbio notevole, qualche caso ritenuto poco chiaro.
D’altra parte occorre pimtualizzare, a mio avviso, che la legge non è violabile né dal mezzadro, né dal contadino, né dal proprietario, né dal Governo. Invero, ritengo che il Governo non abbia violato la legge; e, in ogni caso, il fatto che si discuta sui patti agrari (la cui legge ancora non è stata approvata) non ci può spingere ad alcuna violazione. Penso, inoltre, che nuocerebbe all’ agricoltura siciliana, alle forze imprenditoriali e ai lavoratori di questo settore porre un freno alla trasformazione fondiaria che, a giudizio di molti economisti, costituisce oggi Runica strada percorribile per realizzare una maggiore produzione.
ALEPPO, Assessore all’agricoltura e alle foreste. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALEPPO, Assessore all’agricoltura e alle foreste. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione che ha come primo firmatario l’onorevole Michelangelo Russo ripropone, in termini generali e più ampi, una tematica che ha già formato oggetto di un approfondito, documentato dibattito assembleare.
E ’ la tematica delle iniziative promosse dal ramo di amministrazione al quale sono preposto in ordine all’applicazione della normativa attinente alla cessazione della proroga legale di alcuni tipi di contratti agrari.
L ’ampia discussione avvenuta in sede di trattazione delle precedenti interpellanze pre-
R esocon ti P arlam en tari — 2910 — A ssem b lea R eg ion a le Sicitiaj ij
V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre igjj
sentate dai colleghi Ammavuta e Chessari e le dettagliate dichiarazioni da me rese in tale circostanza ritengo possano esimermi dall’effettuare oggi una circostanziata puntualizzazione sui motivi che hanno originato e giustificato l’emanazione dei singoli provvedimenti sin qui emessi. Nel richiamare le specifiche motivazioni che ho avuto modo di evidenziare in precedenza, mi limiterò ad illustrare nelle linee essenziali gli aspetti fondamentali che il problema posto riveste.
Tanto la vigente normativa statale, quanto quella regionale contemplano e disciplinano alcuni casi di cessazione della proroga legale dei contratti di mezzadria, affitto, colonia par- ziaria e compartecipazione. Si tratta di casi opportunamente ristretti e limitati che trovano la loro ratio e la loro ispirazione di fondo in considerazioni di carattere sociale o di natura produttivistica ed occupazionale. La prima ipotesi si concretizza quando della proroga legale del contratto agrario beneficia il concedente coltivatore diretto o i suoi familiari, e la seconda quando essa è originata e legittimata da trasformazioni conformi all’interesse della produzione agraria ed atte a determinare un incremento occupazionale della manodopera impiegata.
Entrambi i casi ai quali ho accennato sono contemplati tanto dalla normativa statale in atto vigente, quanto da quella regionale, ma con una disciplina diversa, più ancorata al verificarsi di condizioni essenziali quella statale e meno dettagliata quella regionale.
In ordine alla legislazione nazionale, è noto che l’articolo 1, lettera b), del decreto numero 273 del 1947 ha statuito che la proroga, legale di alcuni tipi di contratti non è ammessa quando il concedente voglia compiere nel fondo radicali ed immediate trasformazioni agrarie la cui esecuzione sia incompatibile con la continuazione del contratto ed il cui piano sia già dichiarato attuabile ed utile ai fini della produzione agraria dall’Ispettorato compartimentale dell’agricoltura. Detta disposizione è stata modificata dall’ articolo 1 della legge numero 527 del 1961 che, con opportuna puntualizzazione, ha chiarito che la dichiarazione di utilità e attuabilità di un piano di trasformazione non solo va correlata all’utilità ai fini della produzione agraria, ma va altresì subordinata all’ accertato soddisfacimento di due condizioni essenziali: interesse generale della produ
zione agraria e aumento occupazionale della manodopera.
Per la verità le disposizioni da me citate furono abrogate dalla legge 11 febbraio 1971, numero 11, ma la Corte costituzionale, investita della questione da alcune sezioni specializzate agrarie, con sentenza numero 107 del 5 aprile 1974 dichiarò l’illegittimità costituzionale delle disposizioni abrogative, accla- rando il diritto dei proprietari concedenti di disporre del fondo al fine di operarvi, entro termini stabiliti, radicali trasformazioni agrarie e fondiarie, in conformità ai piani approvati e dichiarati utili ed attuabili ai fini della produzione agraria e dell’incremento occupazionale.
In sede regionale la materia che forma oggetto della mozione è disciplinata dalla legge 14 luglio 1950, numero 55, che, all’ articolo 4 elenca, tra i casi di non ammissibilità della proroga del contratto agrario esistente, quello del concedente che voglia compiere nel fondo trasformazioni la cui esecuzione sia mcompatibile con la continuazione del contratto ed il cui piano sia stato riconosciuto attuabile ed utile dall’Ispettorato agrario compartimentale.
Ma, richiamata la legislazione vigente al riguardo, qual è stata la linea di condotta dell’Assessorato nell’applicazione della normativa che disciplina la questione? E’ stata una linea di condotta che si è ispirata ad una duplice esigenza costituita, da una parte, dall’acquisizione della certezza deH’efEìcacia nel tempo della specifica legislazione regionale e, dall’altra, dalla sua conseguente applicazione strettamente correlata alla finalità di fondo di carattere pubblico che lacitata deroga al principio della proroga deicontratti intende precipuamente conseguire.
Infatti, data la molteplicità delle disposizioni esistenti, l’Assessorato ha responsabi- mente e ripetutamente ritenuto di acciarare pregiudizialmente se la normativa regiona dovesse essere considerata o meno produ tiva di effetti giuridici. Sono stati perciò richiesti numerosi pareri all’organo di con sulenza amministrativa previsto dallo b tuto regionale siciliano ed il Consiglio giustizia amministrativa ha costantemenl® fermato (con pareri che vanno dal settembre 1971 al 359 del febbraio , ’che la specifica legislazione regionale e F
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Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978
plicabile, efficace e produttiva di pieni effetti giuridici.
L’Assessorato non si è limitato ad acciarare la legittimità delle iniziative di competenza ma, al di là dello specifico dettato legislativo regionale, ha ispirato le proprie determinazioni alla puntualizzazione restrittiva contenuta nella successiva legge statale numero 527 del 1961; né si è limitato ad
' una generica valutazione del progetto di trasformazione ai soli fini della sua utilità
; per la produzione agraria, ma ha dichiarato utili ed attuabili esclusivamente quei piani la cui realizzazione presupponeva il conseguimento delle finalità di interesse pubblico e sociale volute dalle leggi, sotto il duplice aspetto dell’adeguata tutela dell’interesse generale della produzione agraria e dell’incre- mento deH’occupazione di manodopera, in armonia con gli indirizzi e le direttive programmatiche che in materia di politica agraria esistono nell’ambito della nostra Regione.
A dimostrazione del ripetuto riscontro dell’ efficacia della normativa regionale, devo sottolineare che per un lungo periodo di tempo l’istruttoria tecnica dei piani di trasformazione è stata sospesa e ripristinata solo dopo i ripetuti pronunciamenti favorevoli del Consiglio di giustizia amministrativa, e solo dopo la decisione adottata dalla Corte costituzionale con la citata sentenza numero 107 del 5 aprile 1974.
A dimostrazione della doverosa ponderatezza con cui l’Assessorato ha operato e del costante riferimento al soddisfacimento delle finalità di interesse pubblico e sociale con cui l’istruttoi'ia è stata effettuata, devo evi- tenziare che dei progetti di trasformazione esaminati in questi ultimi quattro armi, quelli approvati sono stati meno di 50.
Il problema pertanto assume una portata una dimensione ridotte, non solo per il
numero obiettivamente esiguo dei progetti approvati, ma anche per la modesta dimen- sione della superficie interessata, che è com- Ptessivamente inferiore ai tremila ettari.
Hai dati evidenziati emerge chiaramente,Uorevoli colleghi, che le leggi vigenti sono
statenella applicate con rigore e con equilibrio,
piena osservanza dello spirito infor- atore della normativa e nella doverosa tu-
5 delle esigenze dei lavoratori dei campi, uotazioni che ho rassegnato vanno, pe-
integrate dalla considerazione dellaLe
teltri
natura giuridica che riveste il provvedimento assessoriale di approvazione del piano di trasformazione. Come ho evidenziato nel precedente dibattito, il provvedimento assessoriale di approvazione del piano non costituisce da solo atto idoneo alla cessazione della proroga di un contratto agrario esistente, non dà cioè per scontato tale evento perché non dispone la estromissione coattiva del concessionario. Il decreto assessoriale — è bene tenerlo costantemente presente — si limita alla valutazione del solo aspetto tecnico e socio-economico del piano, senza vincolare la pronuncia del giudice ordinario al quale compete l’accertamento ed il riscontro delle altre condizioni volute dalla legge per la prorogabilità o meno del contratto agrario esistente, oltre alla determinazione dell’indennizzo da corrispondersi in caso di mancato preventivo componimento tra le parti. Pertanto, non solo i decreti assesso- riali sono di numero esiguo, ma da essi non ne discende l’estromissione coattiva del concessionario che è, giustamente, legittimato ad impugnare i provvedimenti assessoriali e ad adire le sezioni specializzate agrarie.
Per la verità, solo una modesta parte dei decreti emessi è stata impugnata e dei 17 ricorsi solo uno si è concluso con una decisione non favorevole alla valutazione dell’ Assessorato. Ciò premesso, si rileva che la mozione in discussione tende ad impegnare il Governo alla revoca immediata e generalizzata di tutti i pur non numerosi decreti assessoriali emessi nella materia in questione, con la sola esclusione di quelli per i quali è già intervenuta una sentenza passata in giudicato.
Si tratta di un impegno che non può venire responsabilmente assunto, e non per chiusura preconcetta o per posizione di intransigente difesa del proprio operato, ma solo perché la revoca immediata e generalizzata non può venire legittimamente disposta, non sussistendo i presupposti giuridici perché l’iniziativa richiesta possa venire validamente adottata.
La revoca è si una iniziativa di autotutela, ma dal diritto amministrativo essa è correlata al verificarsi di condizioni che nella fattispecie non sussistono in termini cosi generali. I provvedimenti emanati, infatti, scaturiscono dall’applicazione restrittiva della normativa vigente e sono il frutto di una
R esocon ti P arlam en tari — 2912 A ssem b lea R eg ion a le Siciliana
Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre igij
valutazione ancorata al verificarsi del con corso di condizioni essenziali statuite dalle disposizioni che disciplinano la materia in questione.
Nel ribadire che fondate considerazioni giuridiche non consentono di potere aderire alla richiesta di revoca generalizzata, torno a manifestare la piena disponibilità ad un esame ancora più approfondito di eventuali provvedimenti che si ritenessero non ispirati ad una valutazione pienamente conforme al dettato legislativo, portandoli successivamente a conoscenza della Coimnissione legislativa. Tale disponibilità, che ritengo un dovere di correttezza nei confronti di questa onorevole Assemblea, è ispirata (come ho dichiarato nella seduta del 17 maggio) a quella esigenza di assoluta chiarezza sull argomento voluta dal Governo ancor prima di venire propugnata dai presentatori del documento in discussione.
L ’altra richiesta contenuta nella mozione è quella attinente alla sospensione dell’esame istruttorio dei piani di trasformazione e delle connesse dichiarazioni di attuabilità e utilità, nelle more della definitiva approvazione della legge nazionale sui contrai d agrari.
La motivazione addotta a sostegno della richiesta è indubbiamente apprezzabile, considerata Limminenza della nuova normativa sulla questione, ma mi corre ugualmente Tobbligo di prospettare le conseguenze che da tale sospensione potrebbero derivare.
Va tenuto responsabilmente presente che ristm ttoria costituisce in atto un adempimento obbligatorio e che la sua sospensione potrebbe causare riflessi negativi, non solo d’ordine amministrativo, ma anche penale, in caso di eventuali azioni di responsabilità promosse dai concedenti. Potrebbe, pertanto, essere più utile concertare, anche in sede di Commissione legislativa permanente, quelle misure che, facendo riferimento sia alla nuova imminente normativa nazionale sia alle risultanze della pure imminente conferenza regionale dell’agricoltura, ci consentano di raggiungere l’obiettivo auspicato nella mozione, senza esporre gli organi della Regione alle conseguenze negative alle quali ho accennato.
Alla luce delle considerazioni svolte e delle motivazioni esposte desidero rivolgere ai presentatori della mozione l’invito a ricon
siderare il documento ispettivo, sussistendo sia la ripetuta disponibilità del Governo all’esigenza di assoluta chiarezza suH’argo- mento in discussione, sia il proponimento e l’intendimento di evitare di porre in essere atti che siano suscettibili di pregiudicare gli indirizzi della nuova normativa nazionale e della programmazione regionale in materia di politica agraria.
Per quanto concerne, infine, le osservazioni contenute nelLinterpellanza numero 418 presentata dagli onorevoli Grillo Moras- sutti, Marchello e Tricomi, ritengo che le argomentazioni da me svolte possano fugare le preoccupazioni manifestate dagli onorevoli colleglli, stante che da parte dell’am- ministrazione cui sono preposto non vi è stato alcun blocco o ritardo di istruttoria delle pratiche riguardanti i piani di trasformazione agraria, ma soltanto un esame attento e accurato delle pratiche stesse, onde accertare la rispondenza dei requisiti di legge. Rivolgo, pertanto, un caldo invito agli onorevoli colleghi perché valutino obiettivamente l’attività svolta e gli intendimenti manifestati dal Governo in ordine alla materia trattata.
RUSSO MICHELANGELO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO MICHELANGELO. Signor Presidente, a parte le argomentazioni che possono o meno convincere vorrei sapere in ® finitiva se l’Assessore, in relazione _ ai nu° decreti, preventivamente riferirà in Com missione sui criteri che intende adottare fine di accertare se questi corrispondano indirizzi della politica agraria nazionale regionale) e se, per i casi che noi ménte abbiamo denunciato, nel procedere necessarie istruttorie informerà la stessi' caso di risposta affermativa relativa ai problemi sollevati ritireremmo la nostra zione.
ALEPPO, Assessore all’agricoltura e foreste. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALEPPO, Assessore all’agricoltura e
Resoconti P arlam en tarì — 2913 — A ssem b lea R eg ion a le S iciliana
Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978
foreste. La risposta è molto chiara perché per quanto riguarda il primo punto ho affermato che, dopo opportuni approfondimenti, per i casi che sono stati citati in quest’ Aula, informerò la Commissione legislativa. Per quanto riguarda il secondo punto è da dire che la Commissione sarà informata sui criteri che dovranno collegarsi — come ho detto nella mia risposta — sia alle linee emergenti dalla Conferenza regionale, sia a quelle connesse alla programmazione che vogliamo portare avanti nel settore agricolo.
RUSSO MICHELANGELO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO MICHELANGELO. Signor Presidente, sulla base delle precisazioni fornite, dichiaro, anche a nome degli altri firmatari di ritirare la mozione numero 95.
La questione che abbiamo voluto sollevare, alla quale del resto ci interessiamo sin dal maggio scorso, riguarda i progetti di trasformazione fondiaria che in molti casi si sono risolti in una vera e propria vessazione operata nei confronti dei mezzadri o dei fittavoli.
Tenuto conto che stanno per maturare determinate decisioni in materia di patti agrari e che si vanno consolidando gli indirizzi dipolitica agraria riguardanti appunto queste trasformazioni, abbiamo voluto richiamare 1’ attenzione di questa Assemblea su alcuni casi che contraddicono appunto queste tendenze.
PRESIDENTE. L ’Assemblea ne prende atto.
Ha facoltà di parlare l’onorevole Grillo Morassutti per dichiarare se sia soddisfatto ° meno della risposta dell’Assessore.
g r illo MORASSUTTI. Signor Presi- dente, onorevoli colleghi, intervengo breve- ®6nte per dichiararmi non solo insoddisfat-
ma preoccupato delle risposte date dal Governo.
Invero, nella nostra interpellanza chiede- vamo per quale motivo le istruttorie ini- ziate circa sei anni fa non si fossero ancora J oncluse, con la conseguenza che il cittadino Wellu fattispecie il proprietario) non ha ri-
^esocontì, f. 404
cevuto né una risposta positiva, né una negativa; volevamo sapere, insomma, se questo ritardo obiettivo lo si dovesse ad una scelta politica ovvero ad un fatto funzionale dell’ Amministrazione.
In merito a tutto ciò non abbiamo ricevuto alcuna risposta dall’Assessore, se non indirettamente quando questi ha detto che Tamministrazione ha emesso solo una cinquantina di decreti relativi a piani di trasformazioni; e ciò nel momento in cui sono oltre mille le pratiche presentate.
Vi è però nella risposta del Governo un dato particolarmente pericoloso, considerato che l’Assessore ha affermato di voler collegare l’ulteriore sviluppo della istruttoria concernente i piani di trasformazione ai criteri che la Conferenza agricola vorrà dare in merito allo sviluppo dell’agricoltura siciliana; ciò significa in pratica che sino ad allora l’Amministrazione non emetterà decreti in materia.
Un fatto questo che a me sembra pericoloso per l’Amministrazione e, soprattutto, dannoso per le sorti dell’agricoltura siciliana e di coloro che più direttamente sono interessati.
Discussione del disegno di legge: « Attribuzione ai Comuni di fimzioni amministrative regionali » (462/A).
PRESIDENTE. Si passa al punto terzo dell’ordine del giorno: Discussione del disegno di legge: « Attribuzione ai Comuni di funzioni amministrative regionali » (462/A).
Invito i componenti la Commissione competente a prendere posto al banco alla medesima assegnato.
Dichiaro aperta la discussione generale.Ha facoltà di svolgere la relazione il Pre
sidente della Commissione e relatore onorevole Stornello.
STORNELLO, Presidente della Commissione e relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi finalmente l’Assemblea regionale siciliana inizia la discussione di un problema su cui si è molto discusso in trent’anni di autonomia siciliana.
Il dibattito che si è sviluppato anche in sede di consulta regionale dimostra che qualcosa di concreto comincia a muoversi nella
(500)
R esocon ti P arlam en tari — 2914 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana
Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1975
realtà amministrativa del nostro paese e, soprattutto, che ormai si è assimilata l’esigenza di dare un nuovo assetto istituzionale alla nostra regione.
Purtroppo ancora una volta siamo in ritardo rispetto alle altre regioni. Infatti, mentre noi con il presente disegno di legge recepiamo il decreto numero 616 del 1977, at- tuativo della legge numero 382 del 1975, dal dibattito politico e culturale in corso nel paese emerge che la questione istituzionale di maggiore rilevanza, e per ciò non più rinviabile, è quella che attiene alla riforma dei poteri locali.
Questo disegno di legge si muove lungo la direttrice del decreto numero 616 del 1977 e della legge regionale numero 86 del 29 dicembre 1975, che all’articolo 2 sancisce il principio secondo il quale la riforma deve contenere l’attuazione del più ampio decentramento di funzioni ai comuni e agli istituendi enti comprensoriali.
In relazione a questo disegno di legge, che rappresenta uno dei punti più qualificanti fra quelli concordati dalla maggioranza, il Governo della Regione aveva assunto degli impegni ben precisi.
Infatti l’onorevole Mattarella nelle dichiarazioni programmatiche del 3 aprile 1978 aveva affermato che « è necessario realizzare comunque la prima fase operativa entro il 1978 attraverso uno strumento legislativo che riguardi la riforma del sistema di governo comunale, particolarmente con riferimento alla estensione delle relative competenze, definendo, in coerenza con il disegno generale e con la prioritaria scelta di decentramento amministrativo, le funzioni da trasferire ai comuni, comprensive di tutte quelle indicate nel decreto del Presidente della Repubblica numero 616 secondo i tempi di attuazione ivi previsti e secondo le indicazioni dello schema approvato dalla competente Commissione dell’Assemblea regionale siciliana il 2 febbraio 1978, nonché di altre rientranti tra i poteri propri della Regione, da individuare sulla base di un’accurata ricognizione ».
Se queste, onorevoli colleghi, sono in sintesi alcune delle motivazioni che hanno portato all’elaborazione del disegno di legge in esame, è da dire pure che la costante evoluzione del paese e della società connessa alla richiesta di una partecipazione reale di
retta, costituendo l’elemento più importante a livello politico, culturale e sociale, rende urgente la riforma amministrativa.
Se la crisi che stiamo vivendo ha intrecci molteplici è . pur vero che per superarla è necessario affrontare le cause profonde che l’hanno determinata, predisponendo quindi non solo dei provvedimenti congiunturali ma quanto è necessario per un’incisiva riforma di struttura. Bisogna, cioè, rendersi conto che la crisi economica, morale e sociale è anche crisi politica e istituzionale.
Affrontando nel merito il testo elaborato dalla Commissione (e approvato a maggioranza dalla stessa) su progetto presentato dal Governo — peraltro arricchito e integrato dai contributi, dai suggerimenti, dalle meditazioni di tutte le forze politiche presenti in quest’Assemblea, attraverso anche un collegamento con tutte le forze sindacali, sociali, di categoria della nostra regione ■— è da dire che esso è stato anche motivo di parecchie perplessità.
Possiamo distinguere il disegno di legge in varie parti, e ciò sia per i molteplici aspetti connessi alla materia affrontata, sia per i problemi individuati e per le soluzioni prospettate.
Vorrei ricordare che nel corso del dibattito e nel confronto svoltosi in Commissione sono state sollevate delle questioni preoccupanti in relazione alle incombenze che ricadranno sui comuni, per cui è stato necessario approfondire i vari aspetti connessi ad una tale situazione.
Il disegno di legge, nel testo elaborato dalla Commissione, è composto di 37 articoli; alcuni si occupano di trasferimenti veri e propri, come l’articolo 2 che appunto trasferisce ai comuni le competenze in materia di denominazione di borgate e frazioni, altri invece sopprimono alcuni organismi come ‘gli Eca (articolo 4) e i patronati scolastici (articolo 7).
Fra le funzioni trasferite ai comuni, par' ticolarmente importanti risultano quelle attinenti all’assistenza, che si divide in varie branche: assistenza scolastica (articoli 6 e 7)> assistenza igienico-sanitaria (articolo 9).
E ’ inoltre da sottolineare che sono trasfe' rite ai comuni le funzioni concernenti il ri' covero di minori, degli anziani indigenti e degli inabili al lavoro presso istituti di assistenza, di beneficenza ed istruzione; Tassi'
Sesocontì P arlam en tari 2915 A ssem b lea R eg ion a le Siciliana
Vili Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978
stenza in natura, da effettuare anche con distribuzione di materiale vario agli assistiti bisognosi deH’assistenza farmaceutica e sanitaria di cui all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 agosto 1975, numero 636; gli interventi per i profughi italiani e per i rimpatriati successivamente alla prima assistenza di cui alla legge 19 ottobre 1970, numero 744 e successive modificazioni; l’assistenza estiva e invernale dei minori; l ’assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto; l’assistenza postpenitenziaria; gli interventi in favore dei minori soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell’ambito delle competenze amministrative e civili; gli interventi assistenziali in favore dei non vedenti.
Per quanto concerne l’articolo 4 (cui ho già accennato) è da dire che le funzioni relative agli Enti comuni di assistenza soppressi sono attribuite ai comuni e che il personale di ruolo è pure trasferito a detto ente locale; altre disposizioni relative a modalità da seguire e ad attività da svolgere sono previste dagli articoli 5 e 26.
Anche all’articolo 7, che prevede la soppressione dei patronati scolastici, ho già accennato; voglio solo aggiungere che questo problema è stato oggetto di non poche perplessità da parte dei rappresentanti delle organizzazioni di categoria, a causa della confusione esistente presso questi Enti.
All’articolo 6 è previsto: « In materia di assistenza scolastica sono trasferite ai comuni le competenze relative all’organizza- zione ed al funzionamento di colonie climatiche, alle refezioni scolastiche ed al trasporto gratuito degli alunni delle scuole materne, delle scuole dell’obbligo e delle scuole medie superiori, nonché le competenze relative alla manutenzione e alla riparazione di aule scolastiche, di servizi igienici, sa- rdtari e di materiale di arredamento scolastico degli edifìci della scuola dell’obbligo. Sono altresì attribuite ai comuni le competenze di cui alla legge regionale 7 mag- Sm 1976, numero 68 e successive modificazioni ».
L’articolo 9 prevede il trasferimento ai co- muni di funzioni in materia di assistenza igienico-sanitaria, relative principalmente al ricovero presso preventori di bambini predisposti alla tubercolosi, e delle competenze
regionali in materia di controllo sull’inquinamento atmosferico, di cui agli articoli 8, ultimo comma — per la parte di interesse comunale — 9 e 10 della legge regionale 18 giugno 1977, numero 39, nell’ambito dei piani dei programmi regionali per il settore.
In materia di beni culturali, l’articolo 10 trasferisce ai comuni la competenza relativa ad iniziative tendenti a valorizzare, individuare e ad acquistare i beni medesimi, anche ai fini di cui all’articolo 21 della legge 1 agosto 1977, numero 80. Inoltre vengono trasferite ai comuni le competenze per l’ampliamento, il completamento, il riattamento, le attrezzature di locali adibiti o da adibirsi a biblioteche, musei, gallerie di arte e centri di servizio culturale di proprietà dei comuni, nonché per l’acquisto di attrezzature; l’organizzazione e la gestione di parchi-gioco Robinson; le attività educative e ricreative per il tempo libero giovanile; il servizio nazionale di lettura.
Un’ampia fascia dì competenze viene trasferita ai comuni per quanto attiene alle branche del turismo, deH’industria alberghiera, dello spettacolo e dello sport. Tutta questa vastissima materia viene elencata nell’articolo 11 che prevede il trasferimento delle competenze relative a: « costruzione e gestione di impianti e servizi complementari alle attività turìstiche; rifugi montani, campeggi ed altri servizi ricettivi extra - alberghieri; nulla osta in materia di esercizi di sale cinematografiche e per l ’esercizio degli spettacoli cinematografici di cui agli articoli 21, 22 e 24 del decreto legislativo del Presidente della Regione 26 giugno 1950, numero 30; promozione di attività sportive e ricreative; costruzione e gestione di impianti sportivi e di impianti e servizi complementari alle attività sportive ».
Come indicato dall’articolo 12, in materia di industria, commercio e artigianato viene trasferita ai comuni una fascia di funzioni relative a regolamentazione degli orari di apertura e chiusura dei negozi e degli altri esercizi per la vendita al dettaglio ed il consumo di alimenti e bevande; istituzione e regolamentazione dei mercati per il commercio al minuto; impianto e gestione del mercato all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli, del bestiame, delle carni e dei prodotti ittici; autorizzazione, sulla base delle prescrizioni del Cipe nell’ambito dei criteri ge
R esocon ti P arlam en tari — 2916 — A ssem b lea R eg ion a le Smlìana
Vili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 Dicembre 1973
nerali determinati dalla Regione, alla installazione di distributori di carburante nel_ territorio comunale, ad eccezione delle sedi autostradali; autorizzazione alla rivendita di giornali e riviste; atti di istruzione e certificazione ai fini della iscrizione all’albo delle imprese artigiane; apprestamento e gestione di aree attrezzate per Tinsediamento di imprese artigiane nel rispetto della pianificazione territoriale; organizzazione di fiere, mostre e mercati; assegnazione di borse di studio.
In materia di agricoltura, l ’articolo 13 elenca le materie di competenza che vengono trasferite ai comuni e specificatamente: vigilanza sull’amministrazione dei beni d’uso civico e di demanio armentizio; accertarnento dei requisiti di agricoltore a titolo principale ai sensi dell’articolo 12 della legge 9 maggio 1975 mimerò 153; indennità compensative annue di cui agli articoli 5 e 6 della legge 10 maggio 1976, numero. 352; istruzione ed erogazione dei contributi per la tenuta della contabilità aziendale; premi diretti in favore del patrimonio animale nel settore zootecnico; piani e progetti silvopastorali riguardanti il patrimonio comunale e relativa attuazione ivi comprese le competenze attribuite dal regio decreto 30 dicembre 1923, numero 3267, e successive modifiche, alle camere di commercio; vigilanza in concorso con gli altri enti e organismi competenti sui terreni sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici; proposte per la formazione dei programmi alle sezioni operative dell’assistenza tecrdca e attività promozionali in agricoltura previste dalla legge regionale 1 agosto 1977, numero 73 (si tratta in pratica dell’assistenza tecnica in agricoltura).
All’articolo 14 viene stabilito un principio, oggetto di lunghe discussioni svoltesi in sede di commissione durante gli incontri con le organizzazioni sindacali degli agricoltori, che riguarda la pubblicità da dare ai rapporti intercorrenti tra l ’Assessorato dell’agricoltura e gli Ispettorati agrari e il mondo dell’agricoltura, in riferimento alle richieste per la concessione di contributi per miglioramenti o trasformazioni. Per quanto riguarda il settore dei lavori pubblici, di cui all’articolo 16, vengono trasferite ai comuni una serie di competenze relative a: riparazione di alloggi popolari; costruzione, completamento e miglioramento di case comunali; costruzione.
completamento e miglioramento di strade esterne di competenza comunale; costruzione, ampliamento, completamento, ristrutturazione e manutenzione dei cimiteri; costruzione, completamento, miglioramento, riparazione, sistemazione e manutenzione di vie urbane e aree pubbliche; costruzione, trasformazione e manutenzione di vie rurali di interesse comunale; costruzione di abbeveratoi pubblici.
Inoltre con l’articolo 17 vengono trasferite ai comuni le competenze inerenti all’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salva la cohipetenza dello Stato per l’assegnazione di alloggi da destinare ai dipendenti civili e militari dello Stato.
Ai comuni, come stabilisce l’articolo 22, vengono trasferite anche le funzioni di polizia amministrativa di cui al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 733. E ’ da rilevare che nell’articolo è detto che « l’esercizio delle stesse funzioni sarà determinato sulla base delle relative norme di attuazione dello Statuto ».
Un altro aspetto importante di questa legge è rappresentato dagli articoli 23 e 24 che, in attesa degli approfondimenti richiesti dalla materia, stabiliscono i criteri da adob tare per regolare i rapporti relativi alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza fino al 30 ottobre 1979, data entro cui si prowederà con apposita legge organica a riordino della materia dell’assistenza. Durante questo periodo è stabilito appunto psr le organizzazioni di cui sopra il divieto. 1 istituire nuovi posti in organico e di procedere ad assunzioni di personale a temp indeterminato, nonché di procedere ad zioni di personale a tempo determinato comportino un aumento complessivo del n mero* dei dipendenti in servizio alla data 31 luglio 1978; di procedere ad alienaz^ o trasformazione di beni immobili o di i alla costituzione di diritti reali sugli alla stipulazione di contratti di affitto oi rata superiore a tre anni. _ i Rose
li disegno di legge ha pure previsto gnazione ai comuni delle somme allo svolgimento delle funzioni loro at ri
A tale scopo l’articolo 19 appositi fondi — uno per servizi, 1 a jj investimenti — per un ammontare, P 1979, di 60 miliardi ciascuno.
Resoconti P arlam en tari — 2917 A ssem b lea R eg ion ale S iciliana
Vili LEGISLATURA C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978
E’ da dire che in un primo tempo si era pensato ad un fondo unico, ma, onde evitare che si creasse confusione nelle ripartizioni, si è preferito adottare la soluzione che, prevede, appunto, due fondi distinti da ripartire annualmente ai comuni con decreto del Presidente della Regione, sentiti il Comitato regionale per la programmazione e la Commissione legislativa « Finanza, bilancio e programmazione » deH’Assemblea regionale, su delibera della Giunta regionale.I criteri di ripartizione saraimo determinati avendo anche riguardo alle condizioni socio- economiche dei singoli comuni, alle rispettive popolazioni, nonché alle rispettive su- perfici, in modo da potere dotare detti comuni dei mezzi necessari per risolvere i loro particolari problemi.
Inoltre l ’articolo 20 prevede uno stanziamento aggiuntivo di 20 miliardi per un programma annuale di interventi straordinari in
: materia di fognature, acquedotti ed opere viarie di rilevanza sovracomunale.
Anche questo stanziamento sarà ripartito con delibera della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale dei lavori pubblici, sentita la competente Commissione legislativa regionale.
Il disegno di legge in esame si occupa, ovviamente, di regolare i rapporti con il personale interessato dalle modifiche che introduce la nuova normativa; e ciò per mettere i comuni nelle condizioni di svolgere efficacemente le funzioni loro attribuite.
L’articolo 7 per i dipendenti occupati pres- ® i patronati scolastici ha previsto varie possibilità: il personale in servizio stabile e a tempo indeterminato all’l gennaio 1978, e tuttora in servizio, va inquadrato nei ruoli 'comunali, anche in soprannumero, nei livelli corrispondenti alle mansioni esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge ® con la salvaguardia delle posizioni econo- •uiche possedute; il personale in posizione di cornando, o comunque in servizio nell’almo scolastico in corso, può continuare ad essere Il ilizzato nella medesima posizione ai fini
continuità del servizio. Inoltre, detto articolo dà la possibilità di
g||y® ®csi di personale di cui alla legge re- denrt 1975, numero 38, preve-
0 l’onere a carico della Regione.^orticolo 21, invece, dà la possibilità ai
comuni di poter utilizzare gli uffici e le strutture tecniche regionali per l’esercizio delle funzioni ad essi trasferite.
L ’articolo 28, poi, consente di adibire, in base alle proposte formulate da ima commissione, le insegnanti immesse nel ruolo previsto dall’articolo 2 della legge regionale 3 giugno 1975, numero 38, ad attività che saranno determinate dall’Assessore ai beni culturali ed ambientali ed alla pubblica istruzione. Una volta regolati i tre punti cardine attorno ai quali ruota questo disegno di legge (trasferimento delle funzioni, mezzi finanziari necessari ai comuni, utilizzazione del personale), si sono stabilite alcune norme finali e transitorie per garantire non solo la continuità di alcuni servizi, ma per attrezzare la struttura regionale in modo tale da potere fare fronte ad eventi eccezionali. L ’ articolo 31, infatti, prevede uno stanziamento di mille milioni da parte dell’Assessorato degli enti locali per interventi straordinari in materia di pubblica beneficenza ed assistenza, e una dotazione finanziaria di 300 milioni all’Assessorato della sanità sempre per interventi straordinari di emergenza nel settore igienico-sanitario.
L ’articolo 33 stabilisce la proroga dei provvedimenti di ricovero di minori e di adulti già adottati dall’Assessore regionale, e ciò per garantire la continuità di tale particolare servizio; richiede, inoltre, che tali provvedimenti vengano comunicati dall’Assessorato degli enti locali ai comuni interessati. E ’ anche fatto divieto di assumere nuovi ricoveri ordinari ad eccezione di quelli previsti dall’articolo 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
L ’articolo 34 prevede che i concorsi pubblici e quelli interni già banditi dagli Enti comunali di assistenza alla data del 10 dicembre 1978 siano portati a compimento entro tre mesi, sempre che riguardino la copertura di posti di ruolo.
Questi, sinteticamente, alcum degli aspetti più importanti del presente disegno di legge.
Onorevoli colleghi, senza voler fare del trionfalismo, ma con la sofferta convinzione delle inevitabili manchevolezze che la legge porta in sé e ribadendo la necessità da tutti sottolineata di approfondire e precisare gli aspetti particolari connessi ad un provvedimento di cosi vasto respiro, ritengo oppor
R esocon ti P arlam en tari — 2918 — A ssem b lea R eg ion a le Sicffiam
V ili L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icembre igij
tuno, a nome della Commissione da me presieduta, raccomandare all’Assemblea una sollecita approvazione del disegno di legge in esame, al fine di iniziare quel processo di rinnovamento delle strutture istituzionali della società siciliana, attraverso la partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, che aw ii la costruzione della Repubblica delle autonomie.
TRICOLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TRICOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge stasera in esame, riguardante il tema delle attribuzioni ai comuni di funzioni amministrative regionali, dimostra ancora una volta rinsufficienza dell’azione governativa quando essa si trova ad affrontare provvedimenti che dovrebbero essere in certo modo qualificanti.
Si tratta di un’insufficienza che noi già abbiamo avuto modo di riscontrare in occasione del varo di leggi considerate altrettanto qualificanti da parte del Governo, ma che appunto di esso hanno dimostrato la carenza e l’insufficienza di iniziative. Intendo riferirmi alla legge concernente la riforma dell’ Amministrazione centrale della Regione, alle norme sulla programmazione, al piano di emergenza e alla stessa legge di riforma urbanistica.
La maggior parte di queste leggi, infatti, che dovevano riformare alcuni aspetti fondamentali della vita regionale e dare impulso all’azione di governo e, quindi, alla vita economica e sociale e politica della Regione, si sono dimostrate in effetti come un autentico fallimento, se è vero, come è vero, che, rispetto a quanto affermato nei documenti programmatici (ad esempio quello riguardante la riforma dell’Amministrazione della Regione), esse dimostrano tutta la loro vacuità ed insufficienza.
Non mi dilungherò a passare in rassegna le carenze riscontrate nelle precedenti leggi, che pur erano state definite qualificanti da parte del Governo regionale — ho avuto modo di farlo insieme agli altri colleghi del Movimento sociale italiano - Destra nazionale in occasione di dibattiti che si sono svolti in quest’Aula sulle leggi stesse — ; mi limiterò, quindi, a dimostrare perché questo di
segno di legge manifesta delle insufficienze rispetto alle stesse proposte formulate dal Governo.
In occasione della formazione del Governo Mattarella, il Presidente della Regione presentò un discorso programmatico in cui, fra l’altro, si diceva: « La definizione degli ambiti di competenza dei diversi livelli di governo deve essere caratterizzata da una precisa impostazione di decentramento, impostazione che va vista come significativa scelta politica di amministrazione, come recupero dell’efficienza dell’azione pubblica e volta al fine di conseguire una diminuzione del costo delle spese correnti ». E aggiungeva: « L’attuazione di questa necessaria operazione di trasferimento di competenze in favore degli enti locali deve essere realizzata anche in relazione agli aspetti finanziari e a quelli strutturali conseguenti ai trasferimenti».
Proposizioni ancora più solenni di queste da me lette si possono riscontrare anche nel documento riguardante la riforma dell’orga- nizzazione amministrativa regionale e il riordinamento degli enti locali, che è stato formulato da una commissione culturale ma che poi è diventato anche un documento politico, se è vero come è vero che tale documento è stato adottato dal Governo regionale, per cui dovrebbe riconoscersi in esso. E se cosi è, noi non possiamo non rilevare stasera come il disegno di legge in esame sia assolutamente insufficiente rispetto ai principi e alle proposte contenuti nel documento formulato dalla commissione scien- tifica.
Pertanto noi affermiamo in questa se e che il Governo, con il disegno di legg® ® mero 462, manca di qualsiasi iniziativa carattere politico. E ciò perché detto di legge non è espressione della politica dell’esecutivo, in quanto segue sequamente, o quasi, la legge statale _ mero 382 ed il conseguente decreto del . sidente della Repubblica numero 616. ^
Ma se in questo provvedimento si tradotte le linee fondamentali della legg zionale numero 382 e del decreto de sidente della Repubblica numero 6 '-0^rebbe stato già qualcosa! L ’iniziativa P jje del Governo sarebbe stata quella di a trasferire nella Regione siciliana h j. previsto dalla legge e dal decreto ci
Resoconti P arlam en tari 2919 — A ssem b lea R eg ion ale Siciliana
yill Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978
ciò che concerne le regioni a statuto ordinario. Sappiamo, però, che ciò non è avvenuto. Il disegno di legge, pertanto, si rivela carente e per colpa del Governo nazionale e per colpa del Governo regionale. Infatti, quanto è stato conferito dallo Stato, attraverso la legge numero 382 e il decreto numero 616, ai comuni e alle province delle regioni a statuto ordinario, non trova riscontro nella Regione siciliana perché ancora non si è provveduto a definire in modo completo le norme di attuazione del nostro Statuto.
Invero, tale argomento è stato ampiamente trattato nel corso di numerosi dibattiti svoltisi in quest’Aula; sono stati anche approvati da questa Assemblea dei documenti che impegnavano il Governo regionale, e per esso il Governo nazionale, a far si che la definizione delle norme di attuazione dello Statuto siciliano venisse fatta contemporaneamente {« contestualmente » veniva detto) al decreto di attuazione della legge numero 382, cioè al decreto del Presidente della Repubblica numero 616 del 24 luglio 1977.
L’Assemblea si è impegnata a fondo su questo argomento, sia nel momento in cui si è approvata la legge numero 382, sia successivamente, quando è stato varato il decreto del Presidente della Repubblica numero 616, con uno schema di proposte elaborato dalla stessa Commissione paritetica per l’atbxazione dello Statuto.
Nel dibattito sulla legge numero 382 l’Assemblea regionale siciliana attraverso un documento approvato da tutti i partiti chiedeva, appunto, che nel momento in cui si fosse emanato il decreto presidenziale previsto dal- m 382, si operasse contemporaneamente la definizione delle norme di attuazione dello Stadio, sicché le competenze attribuite alle Regioni a statuto ordinario potessero essere rasferite anche alla nostra Regione a stato speciale. Però quel documento non ha
^rtito alcun effetto, né lo ha avuto lo schema di proposte elaborato dalla Commissione
I ^ Niazione dello Statuto in data 2 feb-I 1978 in seguito all’approvazione del
blica° *1®! Presidente della Repub-
I fi'diesta mancanza di contestua-leg negativamente sul disegno di
in discussione questa sera, per cui la
Regione siciliana non può attribuire ai comuni siciliani quelle stesse competenze che già sono state trasferite ai comuni delle regioni a statuto ordinario.
E, in verità, nel momento in cui veniva approvato il documento deU’Assemblea regionale siciliana con cui si chiedeva la contestualità del decreto presidenziale alla definizione delle norme di attuazione dello Statuto, siamo stati buoni profeti. L ’onorevole Cusimano, invero, intervenendo in quest’ Aula sul documento stesso, pur esprimendo parere favorevole a nome del gruppo del Movimento sociale italiano - Destra nazionale, non poteva non mettere in evidenza lo scetticismo circa la possibilità che un tale documento potesse essere concretamente attuato dal Governo nazionale.
Infatti siamo stati costretti recentemente, se non erro nell’ottobre di quest’anno, con una delegazione comprendente i rappresentanti di tutti i gruppi presenti in Assemblea a sollecitare i parlamentari nazionali alla definizione delle norme di attuazione dello Statuto siciliano; peraltro, questa nostra iniziativa non ha avuto alcuna conseguenza.
Gli effetti più gravi che scaturiscono dalla mancata attuazione dello Statuto siciliano interessano le norme finanziarie che, non essendo state definite, e rivelandosi fondamentali per la vitalità della nostra Regione, non consentono ai comuni siciliani di esercitare in pieno le funzioni loro attribuite.
Il non aver ancora definito le norme di attuazione dello Statuto regionale siciliano fa sf che la nostra Regione, oggi, possedendo uno statuto speciale, abbia una spesa di competenze, per certi settori, inferiore a quella già attribuita alle regioni a statuto ordinario.
E ’ questa una colpa del Governo nazionale, ma incapacità anche, mi si consenta, di questa maggioranza e, in particolare, del Governo regionale di esercitare adeguate pressioni su Roma affinché l’esecutivo recepisca le istanze della Regione siciliana.
In un recente dibattito l’onorevole Cusimano ha potuto dimostrare che quello stesso Presidente della Regione, che in tale veste fa determinate affermazioni, come esponente politico non riesce ad incidere sugli organi di governo appartenenti al suo partito per far accogliere certe istanze della Regione siciliana.
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E ’ da dire, inoltre, che il Governo regionale, nel trasferire ai comuni alcune competenze su determinate materie, ha seguito le linee della legge numero 382 e del decreto numero 616 senza dimostrare una capacità di iniziativa politica propria.
Occorre poi sottolineare che il disegno di legge in esame se trasferisce ai comuni le funzioni previste dalla legge numero 382 e dal decreto numero 616, non potenzia l ’attività degli Enti locali intermedi (le Province), come stabilito da detta normativa, risultando carente anche per ciò che concerne le competenze che risultano pertanto trasferite agli enti locali intermedi delle regioni a statuto ordinario e non a quelli della Sicilia, che fra l’altro gode di uno statuto speciale.
Basterebbe ripercorrere l’iter formativo del disegno di legge stesso per accorgerci di tutte le insufficienze dello stesso. Invero, la lunga trattativa che si è svolta nell’am- bito dei partiti della maggioranza non ha certo riguardato la possibilità di innovare la politica degli enti locali o di introdurre una via nuova concernente il governo delle autonomie locali, né ha mirato a conferire a questo disegno di legge un più ampio respiro politico. Il problema si è esaurito nell’ambito dei partiti della maggioranza circa la possibilità da parte del Governo di continuare a conservare determinati strumenti di potere, e da parte di alcuni partiti della maggioranza, e non di governo, come il Partito comunista, di strappare questo potere per trasferirlo ai comuni, nella prospettiva di poterlo gestire direttamente attraverso una propria maggioranza consiliare. Questo è stato il conflitto — esclusivamente di potere — che si è scatenato all’interno della pentarchia!
Ripeto, manca assolutamente quel respiro politico che noi riconosciamo essere presente nel pur discutibilissimo documento di principi.
Ovviamente quando diciamo « respiro politico .» non intendiamo riferirci alla « evocazione » fatta in questa sede per cui il Comune viene ad essere paragonato alla polis greca, configurando con ciò quasi un certo municipalismo medievale che ci riporta a momenti storici non certamente positivi per la nostra nazione.
Noi riconosciamo « respiro politico » sol
tanto ad un concetto di autonomia che salvaguardi il principio di uno Stato decentrato per servire meglio il cittadino e non esalti determinate divisioni. Noi concepiamo l’autonomia locale solo nella prospettiva di uno Stato che va incontro al cittadino e, conseguentemente, siamo per un decentramento delle funzioni dallo Stato e dalle regioni verso i Comuni e verso le province,
Non possiamo assolutamente ipotizzare altro tipo di Comune se non quello che salva- guardi il principio dell’unità nazionale, che deve essere unità morale, unità ideale, unità politica; concepiamo soltanto un decentramento amministrativo inteso come strumento per rendere — lo ripeto — un servizio al cittadino, per fargli sentire lo Stato più vicino, a differenza di quanto avviene con una struttura accentratrice.
Vogliamo riconoscere «respiro politico» soltanto ad un tipo di iniziativa che sia in grado di creare veramente quel « livello di governo locale » concepito dal documento dei principi e che non trova riscontro in questo disegno di legge.
E quando parliamo di « governo locale» intendiamo riferirci alla possibilità di consentire una più valida partecipazione del cittadino al governo del proprio comune; ciò a potrebbe realizzare attraverso l’elezione diretta del sindaco, che darebbe fra l’altro ima maggiore stabilità al governo comunale. In tal modo il « livello di governo locale » sarebbe esaltato e non si avrebbero comuni alla mercé dei partiti e delle correnti (e peggio ancora delle, lotte dei partiti edelle correnti), e pertanto continuamente dequalificati e squalificati dalle lotte intestine
che portano sovente alle dimissioni del sm daco o della Giunta. Invero questo un « livello di governo » cui possiamo a triljuire grande dignità! Esaltare il « dive di governo » comunale significa rendere qu® sto tipo di governo riconoscibile dal ci dine. L ’unico modo per farlo è — come accennato poc’anzi — dato daH’elezioiic retta del sindaco. In tal modo, creerebbe un rapporto fiduciario tra e popolazione, per cui il sindaco dpvr rispondere delle proprie azioni rettamente alla popolazione e non altó marille » dei partiti o delle correnti. piamo quanto la vita politica comunale^ ga mortificata da questo tipo di azion ■
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Un altro elemento che può dare dignità al governo comunale è per esempio quello costituito dalla partecipazione delle categorie produttive al governo del comune.
Noi parliamo spesso di partecipazione delle forze sindacali, delle forze economiche, delle forze sociali, delle forze culturali, ma in concreto si riconosce soltanto ai partiti come tali la possibilità di intervenire per dar corpo alle istituzioni, respingendo tutte quelle forze (associazioni, organizzazioni) che si manifestano in altro modo. Né le forze politiche fanno niente per permettere questa partecipazione.
Diciamo invece che una riforma del governo comunale deve far si che anche le categorie produttive (anche per dar vita a quella politica di programmazione di cui tanto si parla) possano partecipare alle rappresentanze consiliari.
Naturalmente nel disegno di legge in esame non troviamo niente di tutto questo; lo stesso, a nostro avviso, si verificherà in occasione della riforma dell’amministrazione periferica della regione, nonostante l’impegno assunto dal Governo ormai da tempo.
Nel disegno di legge, peraltro, non pare trattato un aspetto che pure è fondamentale per farsi si che l’azione politica ed amministrativa del Comune possa raggiungere il cittadino; mi riferisco all’organizzazione delle strutture.
Non è assolutamente possibile che si vari nn disegno di legge che trasferisce alcune funzioni amministrative ai comuni senza pensare che questo trasferimento, lungi dal riguardare soltanto la possibilità da parte di determinate amministrazioni o forze politiche di esercitare il potere, deve consentire a detto comune di servire meglio il cittadino. E come può il comune svolgere questo compito meglio di quanto non abbia fatto una struttura più accentrata come la Ragione o come lo Stato se non ha la strut-
necessaria per rispondere alle esigenze del cittadino?
Per questo motivo noi accusiamo le forze politiche della maggioranza di aver dato vita
,on disegno di legge che riflette le esigenze potere dei singoli partiti che compongono
p maggioranza stessa, non consentendo al oinung di rispondere agli interessi del cìt-
ino meglio di quanto non abbia fatto ° ad ora la struttura della Regione e
dello Stato. Consideriamo pertanto il disegno di legge assolutamente incompleto e privo, ripeto, di un ampio respiro di carattere politico, culturale, tecnico. Se l’avesse avuto si sarebbe pensato ad un aspetto cosi importante; ma ciò non è avvenuto perché questi temi fondamentali vengono visti dal governo regionale in modo assolutamente frammentario ed episodico e non nell’ambito di una concezione che deve poi essere calata nella realtà attraverso una precisa normativa.
Vi siete posti soltanto problemi di potere e non il grande problema della riforma della Regione; una riforma che deve essere al servizio del cittadino. Vi siete accontentati solo di seguire una certa routine senza dare alla vostra azione una svolta culturale e politica veramente innovativa. Ecco perché noi siamo fortemente critici nei riguardi di questo disegno di legge.
Sembra che si decentrino alcune funzioni ai comuni al fine di potenziarli, ma è soltanto un’illusione! E lo stesso cittadino m concreto non riesce ad essere servito meglio.
Tutto ciò dimostra ancora una volta l’insufficienza di un governo che, pur formulando delle concezioni aventi carattere politico e culturale,, non riesce a tradurle nella realtà. E questo perché — lo ripeto — ci troviamo di fronte ad un governo incapace di agire in concreto, in quanto si tratta di un governo di compromesso che non può partorire strutture chiare, ma soltanto « mostriciattoli » come appunto questo disegno dì legge o gli altri precedentemente elaborati. Invero questi provvedimenti possono essere considerati qualificanti soltanto da un governo di compromesso che ha delle situazioni esistenti una visione offuscata.
SASO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SASO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è stato detto che il disegno di legge in esame apre una pagina nuova nella vita della Regione. Noi socialdemocratici ne siamo ben convinti ed osserviamo anche che ciò avviene in un momento storico di trasformazione della società e dello Stato che non può non coinvolgere tutti gii organi istituzionali e tutte le strutture per rispondere
Jesoiconti, f. 405 (500)
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alla richiesta di rinnovamento che con sempre maggiore forza emerge dalla popolazione.
Ciò è facilitato dalla esistenza sul piano politico di una larghissima convergenza che, al di là della stretta motivazione della crisi economico-sociale che le ha dato origine, può e intende sostanziare tali trasformazioni nel segno della democrazia di base, della partecipazione popolare all’amministrazione della cosa pubblica, di un diverso modo di gestire il potere fondato sulla aderenza alla realtà, sulla tempestività di interventi, sulla corretteza delle azioni.
Crediamo perciò di essere nel giusto se interpretiamo le vicende che hanno preceduto la presentazione della legge sulla quale stiamo discutendo in chiave di attenta e responsabile ricerca dì una sintesi unitaria tra le diversificazioni e legittime posizioni; sintesi che è proposta dalle forze che compongono la maggioranza.
Con questo spirito i socialdemocratici hanno partecipato alle molte e lunghe riunioni e hanno dato il loro contributo ad un confronto serrato di idee, allo scopo di partecipare al varo di un provvedimento che garantisca un reale processo di sviluppo e di rafforzamento delle autonomie locali, portando avanti, nella chiarezza dei rispettivi compiti e nella funzionalità delle strutture, il completamento del modello istituzionale sul quale deve articolarsi la Regione nel quadro della modifica delle strutture statali.
Tutto questo riteniamo possa cominciare a diventare una realtà per mezzo del disegno dì legge che stiamo discutendo attraverso il quale noi decentriamo, trasferendoli alle amministrazioni comunali, molte frmzioni e compiti ed indichiamo nel contempo gli strumenti che rendono possibile l’esercizio organico da parte dei comuni e degli altri enti subregionali delle funzioni ad essi attribuite.
Noi siamo perciò favorevoli a questo disegno di legge per i contenuti che racchiude e soprattutto per ciò che implica, come ho ricordato, nelle sue premesse informatrici in direzione di un sempre maggiore coinvolgimento dell’attività degli enti locali volta a rispondere in modo idoneo e sempre più tempestivo a quello che imperiosamente chiedono le popolazioni isolane.
Ci si è posti in altre parole sulla strada giusta per rompere e superare la vecchia
logica di un ordinamento centralista, logica dalla quale non è andata esente neppure la Regione nonostante le sue fondamenta autonomistiche, anticipando ancora una volta taluni aspetti della riforma del governo locale che in atto sta esaminando in campo nazionale la Commissione per gli affari costituzionali del Senato.
Possiamo anzi dire di avere di gran lunga superato in questo nostro « impegno decen- trativo » quanto dispone per le regioni a statuto ordinario il decreto delegato numero 616 che attua la legge statale numero 382. Ciò propizia nello stesso tempo un salto di qualità rispetto al concetto tradizionale per una pubblica amministrazione ordinata sull’asse dell’accentramento, che presupponeva in ogni suo caso una relazione di tipo piramidale tra i livelli di governo considerati superiori e quelli considerati minori, verso le considerazioni che la necessaria delimitazione delle responsabilità ai vari livelli deve divenire un tutt’uno con il loro collegamento sistematico. R che risponde, del resto, alla esigenza, posta concordemente da quest’As- semblea e dal Governo, di scegliere la programmazione come metodo di azione per il coordinamento dell’attività di tutta la pubblica amministrazione.
In questo quadro il decentramento non si pone solo come una operazione tecnico ministrativa necessaria per migliorare l’attuale assetto degli enti locali, ma piuttosto come una politica che è diretta ad allargare lo spazio della democrazia partecipata e ad immettere e a corresponsabilizzare nelldin; pegno globale nuove energie e più diffusi interessi. Il decentramento, quindi — vi M accennato iniziando — , deve rappresentata un ulteriore passo avanti verso il raggi® gimento dell’obiettivo connaturato alle finalità* del nostro istituto autonomistico, rappresentato daH’allargamento della partecipa zione popolare all’amministrazione e, di conseguenza, dalla crescita democra 1 dei cittadini, che si ottiene 3'wini nndo jsedi e gli strumenti della sua gestione base popolare. jg
La battaglia per il potenziamento f valorizzazione delle autonomie cornunafi cali, in quanto configura una precisa oPP, sizione ad ogni centralismo e ad ogni v-------------- - - - . ' - ' , .1 . ; (je-cismo accentratore, è per noi socialiso mocratici, per la nostra tradizione stori
^ esocoT iti PortcU TlSTltClTi 2923 A ssem blea R eg ion a le S iciliana
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politica, una battaglia per la reale affermazione dei diritti e dei valori democratici delle masse dei lavoratori e dei cittadini. Per questo teniamo a sottolineare anche questa finalizzazione da attribuire al decentramento che noi stiamo per approvare.
Ma proprio i problemi che emergono dalla discussione in corso e dal contesto dei provvedimenti che stiamo esaminando ripropongono la necessità di procedere a quella più vasta, completa, profonda riforma amministrativa che abbiamo inserito nel programma della maggioranza e del Governo.
Si disse allora, e il Presidente della Regione se ne fece portavoce attraverso le dichiarazioni programmatiche, che bisognava pensare ad un recupero della coralità di tutte le componenti operanti nella realtà regionale per ottenere un sempre maggiore col- legamento della Regione con gli enti locali, e che pertanto sarebbe stato necessario adottare uno schema di distribuzione delle funzioni mirante innanzitutto a definire i ruoli del Governo e i diversi livelli territoriali quale quadro di riferimento unitario anche per il riassetto delle funzioni da operare settore per settore.
Abbiamo dato allora la nostra convinta adesione a questi impegni e la diamo ora con la stessa convinzione alle nuove attribuzioni ai comuni di funzioni amministrative regionali, proprio perché consideriamo questo fatto alla stregua di un passo di notevole rilievo sulla via che deve portarci all’attuazione globale e definitiva della riforma amministrativa.
Non possiamo però esimerci dall’esprimere la richiesta di una esplicita riaffermazione della volontà di arrivare in tempi brevi alla riforma globale, il che oltretutto servirebbe ad eliminare i dubbi interpretativi e le perplessità che potrebbero sorgere dall’afferma- zione contenuta nell’articolo 1 del disegnc) di legge in esame, secondo cui « le funzioni ''eugono oggi attribuite in previsione dell’ organica riforma dell’organizzazione ammini- rirativa regionale e del riordinamento degli
locali ».In questo disegno di legge, infatti, non
abbiamo ritenuto opportuno dare alcuna indicazione per quanto riguarda gli altri enti anbregionali per i quali sentiamo l’urgenza ella riforma. Li chiameremo consorzi, con
tinueremo a chiamarli province, daremo loro una nuova configurazione, diverse funzioni, compiti e ambiti; non è qui il caso di discuterne ma non possiamo disinteressarci della loro realtà, dell’uguaglianza di compiti che in molti settori hanno con i comuni, dei controlli che esercitano.
Siamo convinti, onorevoli colleghi, che in una corretta ripartizione di funzioni si debbano privilegiare i livelli inferiori nel senso di spostare verso l’alto solo quelle attività che ai fini dell’interesse della collettività non possono essere efficacemente svolte ai livelli inferiori; occorre, però, dare a questi concetti e agli altri che emergeranno dalla comune elaborazione una definizione giuridica. Chiediamo pure che sin da ora si pensi a sciogliere la riserva relativa al riordino delle materie dell’assistenza e beneficenza anziché attendere per definirlo la scadenza del 30 giugno prossimo, ben sapendo di quanti scogli sia irto e di quante secche costellato il mare che dovremo attraversare per condurlo in porto.
Ma c’è un altro punto del programma della maggioranza che va richiamato in questo momento, quello che prevede la necessità di correlare i problemi connessi alla piena attuazione del nostro statuto al processo di decentramento realizzato con la legge statale numero 382 e con i relativi decreti delegati.
Su questo specifico tema TAssemblea regionale siciliana ha sviluppato un ampio dibattito (nell’aprile dello scorso anno); su tale problema, peraltro, siamo ritornati in occasione dell’esame del documento di principi sulla riforma regionale e per il piano Pan- dolfi. Credo non si possa non sottolineare che proprio il Presidente della Regione, al quale va dato atto della fermezza e della costanza con la quale segue la delicata e per noi vitale questione, ha ribadito nei giorni scorsi (come abbiamo appreso dalla stampa), in occasione dell’incontro dei rappresentanti delle Regioni con il Ministro del bilancio, che occorre da parte degli organi dello Stato chiudere con una mentalità frutto di una concezione accentratrice e, per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale, troppo spesso dimentica delle peculiarità e delle specialità dei loro statuti.
Ho ritenuto necessario e anzi doveroso ricordare queste cose, anche se apparente-
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mente potrebbe sembrare che esse non abbiano un’incidenza diretta nell’economia del nostro dibattito, in quanto si collegano al nodo della riforma della Regione il cui scioglimento presuppone alle spalle un quadro giuridico preciso e chiaramente definitivo. Presuppone cioè, ed è in questa direzione che occorre moltiplicare il nostro impegno, che tutte le questioni ancora pendenti, ed in particolare mi riferisco all’attesa emanazione delle norme finanziarie, vengano risolte con urgenza, anche alla luce della legge numero 382.
Ferma restando la validità intrinseca di questo provvedimento e la necessità di un più ampio, fermo e coraggioso riconoscimento globale dei poteri che derivano alla Regione dal suo Statuto autonomistico, restano da fare alcune osservazioni pratiche sulle modalità di attuazione del nostro decentramento.
Basta dare uno sguardo rapido alla materia che noi affidiamo ai comuni per renderci conto, da un lato, della ventata innovatrice, dall’altro, del carico di responsabilità del quale noi graviamo le Eimministra- zioni locali nel campo dell’assistenza e beneficenza, in quello parascolastico e della promozione culturale, in quello turistico e ricreativo, commerciale, artigianale ed in quello delle opere pubbliche.
La preoccupazione che nasce a cjuesto riguardo è di tre ordini concatenantisi fra loro in quanto attengono alle finanze, al personale, alle strutture tecniche ed amministrative dei comuni. Per quanto riguarda la parte finanziaria la legge prevede l’istituzione di due fondi speciali: uno per i servizi e l’altro per gli investimenti, ai quali si aggiungono gli stanziamenti straordinari in materia di pubblica beneficenza e assistenza per il settore igienico-sanitario. Tali fondi vengono distribuiti ai comuni, dice il disegno di legge, « avendo anche riguardo alle condizioni socio-economiche di ciascun comune ».
A noi sembra che anziché avere riguardo « anche » a tali condizioni si debba « soprattutto » aver riguardo alle stesse, proprio per gli identici motivi per i quali noi giustamente chiediamo di destinare una particolare quota degli stanziamenti statali in quanto trattasi di aree depresse. Un’altra preoccupazione nasce dalla costatazione delle condizioni nelle quali si trova, per personale e per strutture, la maggior parte dei comuni
isolani. Non si può dimenticare infatti che circa il 70 per cento di essi, per la precisione 256, ha una popolazione inferiore ai 10.000 abitanti e che di questa aliquota famio parte 80 comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti.
E ’ intuibile, quindi, che l’attuazione del decentramento, e soprattutto la maggiore mobilitazione produttiva dei servizi che i comuni dovrebbero promuovere, troveranno il loro impatto e il loro condizionamento nella carenza di personale che già oggi risulta assai sensibile nei comuni minori.
E ’ pur vero che nel disegno di legge in esame vengono previsti alcuni ausili!, quali l’inquadramento del personale dei disciolti Enti comunali di assistenza e dei patronati scolastici, la utilizzazione di personale regionale comandato, il ricorso alle strutture degli uffici tecnici regionali competenti per territorio, ma c’è anche da domandarsi come potranno questi ultimi rispondere sollecitamente al prevedibile grande aumento di richieste che inevitabilmente si verificherà.
D’altra parte è noto che molte amministrazioni comunali hanno da tempo manifestato notevoli carenze di personale e particolari disservizi. Certo, occorre tener conto della contemporanea esigenza di un sostanziale ridimensionamento della spesa pubblica sulla quale l’incidenza del personale è determinante, ma, poste queste premesse, vi e anche da chiedersi se non sia giunto il momento di sollecitare una revisione delle drastiche disposizioni della cosi detta legg Stammati.
Vorrei anche ricordare a questo proposi che si pone pure in prospettiva un problema di revisione delle norme e delle procedi! dei pubblici concorsi per uscire dalle stre di un iter che, prolungandosi a volte P anni, aggrava delle situazioni in molti c già pesanti. ■
Mi interessa, infine, richiamare ne, sempre in materia di carenza del sonale delle amministrazioni locali, scarsissima applicazione che ha avuto ge del 4 agosto scorso che autorizza la P blica amministrazione a utilizzare aduatoria di coloro che sono uscitipubblici concorsi per la Juiioche si rendono vacanti nell’arco de successivo alla proclamazione della g toria in parola.
Resoconti P arlam en tari — 2925 A ssem blea R eg ion ale S iciliana
V ili Legislatura C C LXXX SEDUTA 19 D icem bre 1978
Allorché assieme ad altri colleghi mi sono fatto promotore della sua presentazione ne avevamo sottolineato, e l ’Assemblea approvando la legge ha fatto propria tale notazione, la sua importanza per eliminare tempestivamente i vuoti che si registrano nella burocrazia degli enti locali, evitando soluzioni di continuità nella sua azione.
Dobbiamo però rilevare che questo spirito non è stato compreso dagli amministratori locali per cui riterremmo necessario sollecitare un loro maggiore interessamento.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, a conclusione del mio . intervento vorrei dire che i socialdemocratici hanno sostenuto il decentramento di nuove funzioni ai comuni, hanno partecipato alla elaborazione delle norme e degli indirizzi e adesso si apprestano ad approvare il presente disegno di legge.
Noi vediamo nel decentramento un veicolo di valorizzazione delle autonomie locali e della partecipazione popolare, di accelerazione della spesa pubblica, di maggiore aderenza degli interventi alla realtà locale. Appunto per questo sollecitiamo la necessaria ed urgente riforma delle strutture locali, anche perché in caso contrario non solo avremo vanificato lo spirito che oggi concordemente muove la maggioranza, ma avremo anche creato nuovi ostacoli ed intoppi all’aumento della celerità deU’iter della spesa pubblica, che oggi è indilazionabile per movimentare l’economia e l’occupazione trovandoci dunque al polo opposto rispetto a quello che vogliamo raggiungere.
Me s s in a , cinedo di parlare.
p r e s id e n t e . Ne ha facoltà.
Me s s in a , signor Presidente, onorevoli 'Colleglli, il disegno di legge relativo al de- ' ontramento ai comuni di funzioni ammini- rative della Regione, il cui dibattito si
concluderà con il voto sul testo definitivo ®ntro i prossimi giorni, si differenzia profon- nmente da tutta l’attività legislativa pro- 0 la dalla nostra Assemblea. La differenza
e solo con la miriade di leggi particolari, eco oon le molte, di rilevante valorejjjl °’caico e sociale, prodotte nella trenten- sa f della nostra Assemblea compre-
legge urbanistica votata neisiQini scorsi.
Questo disegno di legge infatti aggredisce in radice un metodo politico e una impostazione amministrativa che dal 1947 hanno via via portato alla costruzione di una Regione accentrata con i difetti propri del vecchio stato unitario, esasperata dalla volontà dei gruppi dirigenti regionali di costruirsi un proprio ed autonomo sistema di potere.
Ciò è stato reso possibile dalla rottura politica delle grandi forze che nella Consulta siciliana avevano preparato lo Statuto autonomistico, dalla frattura dello schieram_ento che aveva sconfìtto il fascismo e, quindi, dal- ranticomunismo eretto a sistema con il monopolio della Democrazia cristiana alla direzione complessiva del Paese.
Il processo dì accentramento nella nostra Regione non si formò neppure con il centro sinistra, che anzi negli anni ’60 perseverò nella scelta fatta dalla Democrazia cristiana, esasperando la situazione in funzione della spartizione del potere e delle lottizzazioni.
Credo che se un giorno sarà scritta la storia dei primi decenni di autonomia, attraverso la lettura critica degli atti dell’Assemblea, vi sarà materiale per individuare nell’accentramento politico e burocratico ì guasti principali della Regione ed il discredito in cui era caduto il nostro istituto autonomistico, con il distacco conseguente dal sostrato umano e sociale dell’Isola. Questi guasti si chiamano inefficienza, ritardo nella spesa, sperperi, corruzione, clientelismo, tutti però funzionali al sistema di potere operante.
E ’ in questo periodo che alla figura dell’appaltatore di opere pubbliche di vecchio stampo si sostituisce quella dell’appaltatore corruttore intermediario, dotato di poteri nei comuni e negli Assessorati, procacciatore di somme e di voti nelle elezioni, la cui azione malefica da tempo ha iniziato a far breccia anche nei comuni; tanto è vero ciò che il numero degli appaltatori nella nostra regione è cresciuto a dismisura, per cui l’albo siciliano ha un numero di iscritti superiore rispetto a quello nazionale.
Ciò spiega il valore particolare di questo disegno di legge, il suo carattere dirompente e rivoluzionario. Esso infatti apre una breccia nelle mura robuste della vecchia struttura ed avvia il processo di riforma della Regione.
Non è stato facile, onorevoli colleglli, giungere al risultato che noi abbiamo davanti.
R esocon ti P arlam en tari — 2926 A ssem b lea R eg ion a le Siciiiaiu
V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1973
Dietro vi sono due momenti politici di rilievo: in primo luogo, la presa di coscienza degli amministratori locali della Sicilia e delle loro organizzazioni, che nel corso di questi anni si sono fatti portatori di richieste, di poteri e di mezzi per adempiere al ruolo di prima e fondamentale cellula istituzionale della comunità; in secondo luogo, lo sviluppo di nuovi processi politici nel Paese ed in Sicilia, conseguenti alla modifica dei rapporti di forza. E ciò anche in aderenza alla necessità di una politica unitaria per superare la crisi ed uscire dall’emergenza, e attraverso la riforma dello Stato in direzione dell’assetto pluralista di tutti i poteri che sono previsti dalla costituzione.
Una saldatura di questi due momenti ha reso possibile, signor Presidente e onorevoli colleghi, le due assemblee dei comuni patrocinate dalla Regione siciliana ed il varo di alcune leggi particolari di decentramento aventi carattere anticipatorio, fra le quali sono significative la 22, la 55, la 48 e, ultimamente, la 34 relativa al piano di emergenza.
Ma ciò che ci ha portato al risultato odierno è stato l’accordo di maggioranza che ha dato vita al Governo attuale. Tale accordo prevedeva come primo atto — cosi si esprimeva il Presidente Mattarella (come è stato ricordato) — « di realizzare la prima fase operativa entro il 1978, attraverso uno strumento legislativo che riguardi la riforma del sistema di governo comunale, particolarmente con riferimento alla estensione delle relative competenze, definendo, in coerenza con il disegno generale e con la prioritaria scelta di decentramento anuninistrativo, le funzioni da trasferirsi ai comuni comprensive di tutte quelle indicate nel decreto numero 616 ».
Ma, pur con gli impegni e gli accordi, le resistenze sono state molte e numerosi in questo periodo i tentativi riduttivi. Basta raffrontare il testo presentato dal Governo con quello elaborato in Commissione per lumeggiare i passi avanti compiuti. Il testo che è al nostro esame infatti trasferisce ai comuni tutte le attribuzioni del 616, facendo in tal senso una anticipazione politico-giuri- dica, dato che per le regioni a Statuto speciale questo provvedimento non opera, in attesa, particolarmente per la Sicilia, delle relative norme di attuazione. Ma le norme
in esame vanno ben oltre il 616; questo è l’aspetto nuovo e qualificante!
Ai comuni vanno trasferite le funzioni in materia di assistenza e beneficenza e di assistenza scolastica con la soppressione degli enti burocratici quali gli Eca e i patronati scolastici. A me sembra che si dia con ciò una anticipazione politica e legislativa nel senso che tutte le funzioni inerenti ai grandi problemi sociali non si attribuiscono, e non lo potranno essere per l’avvenire, ad enti burocratici, ma vanno collegate sempre alle istituzioni rappresentative.
Cosi ai comuni vengono trasferite le funzioni relative al controllo sull’inquinamento che consentiranno una azione decisa a tutela della salute nelle zone ad alto sviluppo industriale, come ad esempio Gela, Milazzo, Siracusa, ove la situazione in questo campo appare sempre più drammatica.
I comuni, con la possibilità di formulare proposte, si inseriscono nel programma regionale dei beni culturali di cui alla legge numero 80 del 1977 e diventano cosi protagonisti per il salvataggio del patrimonio storico che, pur se menomato, costituisce ancora larga parte della cultura e della tradizione della nostra isola.
Lo stesso dicasi per la costruzione e gestione di impianti e servizi complementari alle attività turistiche, ai rifugi montani, alla promozione di attività sportive, alle competenze per regolamentare l’attività commerciale e i mercati, per gli impianti di carburante, per le aree artigianali e l’organizzazione di fiere e mercati.
Ma la parte più importante, quella che va segnatamente oltre il 616, è quella attinente al trasferimento di competenze in materia di lavori pubblici, che, con le modifiche appor' tate, avvia l’effettiva riforma in un settore della, vita regionale in cui l’accentramen 0 era quasi totale.
I comuni infatti acquistano la conipeten za per le opere di interesse locale come cas popolari, case comunali, viabilità esterna, cimiteri, stimde interne, aree a verde, 1 minazione pubblica, mattatoi, strade di m resse agricolo, oltre ad acquistare la comp tenza in ordine ai cantieri di lavoro.
Vi è un settore in cui l’attività dei effettivamente non è definita o è maniera molto marginale; è quello agricoltura e delle attività produttive, b
Resoconti P arlam en tari 2927 — A ssem b lea R eg ion ale Siciliana
ylll LEGISLATURA CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978
dire comunque che le competenze da trasferirsi ai comuni, anche relativamente a questo settore, saranno sancite con la prossima normativa riguardante il comprensorio.
Comunque, con questo provvedimento i comuni cominciano a conoscere tutte le opere di miglioramento agrario o di miglioramento fondiario che debbono essere svolte sul loro territorio.
Non mi dilungo su questi temi su cui ho voluto fare una semplice esemplificazione, però intendo precisare che il senso del cambiamento è dato innanzitutto dal fatto che in questo disegno di legge l’attribuzione di funzioni ai comuni avviene non per delega, ma attraverso il decentramento. Ciò è importante perché la delega lascia sempre aperto un rapporto tra ente delegante (Regione) ed ente delegato (Comune); l’attribuzione di funzioni e di poteri attraverso il sistema del decentramento lascia invece ai comuni la più ampia autonomia.
E’ inoltre da considerare che sono stati curati in modo opportuno i settori dei lavori pubblici e dell’assistenza, settori in cui nel corso di questi trenta e più anni di autonomia sono stati costituiti solidi punti di potere e fortune politiche e personali.
Se guardiamo il numero dei ricoveri registrati per esempio nella città e nella provincia di Palermo, riscontriamo una cifra che si colloca al primo posto in Sicilia e che quantitativamente è superiore a quella rilevata in intere regioni del nostro Paese.
Il terzo aspetto indicativo di un cambiamento è dato dal trasferimento dei mezzi operato attraverso la costituzione di due fondi globali: uno per i servizi sociali e l ’altro por le opere pubbliche. I comuni avranno 60 miliardi per i servizi sociali nel 1979 e altrettanti per i lavori pubblici, di cui il 30 per cento soltanto sarà vincolato per opere da realizzare su direttive date dal Comitato
I per la programmazione.; sarà inoltre uno stanziamento annuale
per fognature, acquedotti, viabilità sovraco- ^unale (e noi proponiamo anche per la illu- ' inazione) sulla base di un programma ela- erato a livello regionale, che preveda la
assegnazione ai comuni delle somme neces-
A nostro avviso questo stanziamento ag- Smntivo che rimane a disposizione del Go- erno della Regione è da considerare come
un momento di riequilibrio per consentire ai comuni di disporre (oltre al fondo globale) delle somme necessarie per interventi particolari.
Su questo punto vogliamo essere ben chiari, nel senso che pretendiamo una programmazione decisa collegialmente dalla Giunta regionale e filtrata dalla competente Commissione legislativa.
Ci rendiamo ben conto, onorevoli colleghi, che i fondi globali sono di entità modeste, almeno per il 1979, però riteniamo che, nel momento in cui (cioè nel mese di aprile) discuteremo il bilancio pluriennale della Regione, dovremo dare ai comuni la possibilità di conoscere le entrate relative almeno ad un c[uinquennio onde consentire una autonoma programmazione dei bisogni.
Cosi onorevoli colleghi si sviluppa la vera autonomia dei comuni!
Ma il decentramento che noi andiamo a realizzare non è fine a se stesso. Con questo disegno di legge si avvia la riforma della Regione nel momento in cui è aperta la trattativa con lo Stato per completare le norme di attuazione. Siamo, per quanto concerne le norme di attuazione, ad una stretta finale! Avremo, quindi, più autorità e più forza politica per discutere con il Governo centrale e far valere il nostro buon diritto. Non si tratterà più, come negli anni passati, di chiedere per una l'egione accentrata, ma di definire le nostre competenze e i nostri mezzi, in modo che la Sicilia sia, essa stessa, con le potestà di cui dispone, fonte di decentramento di nuovi poteri e di nuovi mezzi da trasferire agli enti base, e fondamentalmente ai comuni.
Come conseguenza di questo provvedimento i comuni hanno bisogno di un costante aiuto politico da parte della Regione e delle forze democratiche al fine di superare tutte le difficoltà iniziali.
Infatti le norme definitive sulla finanza locale non sono state varate, ed anche se si è fatto in questo periodo qualche passo in avanti la ristrutturazione del personale e dei servizi non è avvenuta o stenta a ve- nire.
I comuni hanno bisogno quindi di un aiuto continuo che consenta loro di mettere in moto questa nuova macchina. Con il decentramento i comuni incominceranno ad avere poteri nuovi, diversi e qualificanti che li
R esocon ti P ar lam en tari 2928 A ssem b lea R eg ion a le Sicilia^
V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icembhk :
aiuteranno a realizzare costantemente un avvicinamento alle classi lavoratrici, a tutte le forze produttive che vivono nelle varie comunità.
Dobbiamo effettuare, onorevoli colleghi, questo grande sforzo per far diventare i comuni via via enti di gestione e di programmazione, in modo che la loro politica autonoma si svolga come in una grande casa di vetro con la partecipazione dei cittadini e delle grandi forze organizzate.
Occorrerà, quindi, nel corso dei mesi a venire un rapporto continuo tra regione e comuni per il decollo di un vero « livello di governo » alla base, che abbia la generalità delle funzioni amministrative e che sia ente generale di rappresentanza e di tutela delle comunità locali.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa sera iniziamo un processo lungo e difficile di cui dobbiamo essere coscienti. Il passaggio da un sistema di governo a un altro, da una regione accentrata ad una decentrata; il cambio da un comune privo di poteri e quindi di mezzi e di autonomia ad un comune che dispone di mezzi, forze ed autonomia, costituiscono un fatto rivoluzionario e politicamente qualificante, che via via ci porterà a superare tutta una serie di difficoltà.
La riforma della regione per essere completa ha bisogno non solo dei comprensori e del riassetto deH’Amministrazione centrale, ma anche dell’elaborazione di leggi di settore, di modifiche da apportare alla stessa legge di riforma burocratica che ancora non è applicata e di un nuovo ordinamento degli enti locali.
Ma noi riteniamo che nel corso di questa legislatura, oltre al decentramento debba essere realizzata (nella sessione che si aprirà nel mese di gennaio) la legge sui comprensori. E questa è una riforma anch’essa urgente perché definisce completamente il decentramento e realizza queU’impegno politico che sta dinanzi a tutti noi; indire le elezioni nel 1980 non più per le amministrazioni straordinarie delle province ma per il nuovo ente che andremo a costituire. Inoltre, entro questa legislatura si dovrà definire la riforma dell’Amministrazione centrale della Regione per realizzare i dipartimenti, per passare dalla regione assessoriale lottizzata a una regione collegiale, a una re
gione nella quale gli interessi complessivi prevalgano su quelli particolari.
Si tratta quindi di un processo che certamente inizia oggi con l’avvio positivo di questa forma di decentramento, per il quale esprimiamo una opinione positiva, anche se conveniamo che lacune ve ne sono e che forse qualche ulteriore passo in avanti poteva esser fatto.
Ma importante è avere rotto quel muro che era impenetrabile, quella paratia che era insormontabile; importante è avere aperto questa breccia, avere avviato questo processo positivo, avere avviato questa inversione di tendenza.
E noi comunisti, per quanto concerne 1’ avvio della riforma della Regione in relazione al decentramento, cosi come per tutti gli altri problemi importanti, abbiamo legato il nostro voto sul bilancio, e cjuindi all’esito del presente disegno di legge abbiamo condizionato la sopravvivenza di questo governo e di questa maggioranza.
Questo processo, quindi, è già avviato per noi positivamente. Un capitolo della storia della nostra regione — cpello dell’accentramento — si incomincia a chiudere; si apre ormai un capitolo nuovo. Si passa da una pagina vecchia, che io definirei triste e amara, della storia della nostra Regione fatta di inefficienze, di incapacità, di sperperi, di lottizzazione, di corruzione, a una pagina nuova che affida all’ente locale rammini- strazione della Regione, che fa di essa un organo di governo, di programmazione, di controllo, ma non più un organo di amministrazione; la Regione, infatti, attraverso i comuni dovrà esercitare la cosiddetta « amministrazione indiretta ».
Si apre, ripeto, questo capitolo nuovo; s ciò dà il senso della nostra presenza, dola nostra partecipazione nella maggioranza’ Tante leggi importanti, tante riforme, tanJ cose positive sono state fatte nel corso quest’ultimo periodo, ma questo provve mento ritengo costituisca la cosa più tante fatta dall’attuale maggioranza, inverte una vecchia tendenza, perché aP prospettive positive, perché incoraggia i muni a continuare e a sviluppare una ba glia sempre più incalzante.
Non dobbiamo nasconderci che un cesso di questo tipo si apre oggi nella stra Regione perché sono mutati i rappo
Resoconti P arlam en tarì 2929 — A ssem b lea R eg ion a le S iciliana
V ili L egislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978
di forza, perché c’è stato il ’75, perché c’è stato il ’76, perché dinanzi alla crisi che incombe le altre forze della maggioranza si son rese conto che non si poteva ripercorrere la vecchia strada.
Ma questo processo oggi cammina e si sviluppa politicamente perché c’è rincalzare dei comuni, rincalzare delle popolazioni, perché la gente che ha bisogno di lavoro vuole che le somme stanziate in bilancio siano spese tempestivamente e non congelate in residui passivi.
Questo disegno di legge incoraggia anche le forze sociali e politiche ad andare avanti. Coloro i quali hanno dubbi sulla necessità della nostra partecipazione alla maggioranza di governo, trovano qui una risposta chiara e positiva. Noi partecipiamo a questa rnag- gioranza proprio perché vogliamo cambiare la Sicilia attraverso graduali riforme, perché vogliamo incidere abbattendo il vecchio e facendo sorgere il nuovo.
Per tali motivi il provvedimento in questione, cosi come è, ci sembra positivo per la Sicilia, per le forze democratiche, per le forze produttive.
TAORMINA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TAORMINA. Signor Presidente, onorevoli colleglli, tra gli impegni programmatici, non di questo Governo ma anche degli altri che lo hanno preceduto (intendo riferirmi al Governo Bonfiglio e ai governi antecedenti a questa legislatura), prioritari e qualificanti erano ritenuti gli impegni relativi a una riforma complessiva della organizzazione amministrativa della Regione che comprendesse anche il riordinamento degli Enti locali, del laro assetto istituzionale, dei loro compiti, delle loro funzioni.
Sulla scorta di questa esigenza, TAssem- elea contribuì a commettere ad alcuni stu- diosi, avvalendosi anche delle esperienze emerse dal dibattito in corso tra le forze politiche, un documento di principi che ridi-
®gnava complessivamente il nuovo assetto “vganizzativo della Regione siciliana e un ’ mssetto degli Enti locali.
51 documento dei principi si ispirava ai riferì relativi all’attuazione del più ampio ®oentramento di funzioni ai comuni e agli
istituendi enti comprensoriali, alla individuazione di due diversi livelli di Governo mediante l’eliminazione dell’ente provincia e anche di una congerie di enti ritenuti inutili, a modifiche sostanziali della struttura dell’amministrazione centrale della Regione, con la eliminazione di fasce sempre più ampie di discrezionalità, l’introduzione del principio della collegialità, del principio della progranmiazione nell’attività di impegno ed erogazione della spesa, del dipartim_ento come unità funzionale nell’ambito deH’organizza- zione centrale della Regione.
Sulla scorta di tali principi e del dibattito che su di essi si è instaurato tra le forze politiche e le componenti della società, il Governo pose tra i suoi impegni programmatici queste due esigenze prioritarie. Ebbene, se riandiamo alla memoria, per un attimo, di quale è stata la sorte della riforma dell’ amministrazione centrale della Regione conclusasi con la modifica della legge numero 28 circa le competenze degli assessorati, che è stata la negazione di ogni principio di riforma, di cambiamento, e un riproporsi in termini di spartizioni e di lottizzazioni tra partiti e aU’interno dei partiti, tra le diverse correnti di competenze assessoriali, ci sorge il dubbio, anzi ne abbiamo la certezza, che anche questa legge obbedisca alla stessa logica e che nel concetto di riforma, tra le forze politiche di maggioranza, è compreso tutto: il riformare per il cambiamento, come diceva l’onorevole Messina, o il riformare per non cambiare nulla. Questa è una riforma che a noi sembra fatta per non cambiare nulla.
Ci saremmo attesi, dopo oltre due mesi di verifica, innovazioni sostanziali che potessero portare all’attuazione del principio di una Regione articolata in concrete ed effettive autonomie locali, di una Regione che chiamasse alla partecipazione, nella fase della programmazione e nella fase di attuazione, le comunità locali, di una Regione che non si ispirasse a quel criterio di neocentralismo regionale che sembra essersi sovrapposto al tanto deprecato centralismo dello Stato liberale.
Ebbene, nulla di tutto ciò. Ad uguale sorte, rispetto alla distribuzione delle funzioni nell’ambito della Regione, sembra destinata anche questa parte di riforma in quanto manca ogni vero respiro politico e
Resoconti, f. 406(500)
R esocon ti P arlam en tari 2930 A ssem b lea R eg ion a le SiGiìiatu
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una volontà reale di cambiare: si tratta di una mera devoluzione di taluni compiti e di talune funzioni che si ispirano, e non poteva essere diversamente, agli stessi criteri della legge numero 283 e del decreto numero 616.
Infatti non si affronta in nessun modo il problema connesso ai diversi livelli di governo. Si è detto che di tale problema si parlerà in una seconda fase, ma noi sappiamo che quel che è rinviato, molto spesso, nell’ambito della nostra Regione, è definitivamente accantonato.
Non si affronta in alcun modo il problema connesso a una razionale utilizzazione programmata della spesa con la partecipazione ' essenziale degli enti locali; non si affronta in alcun modo il problema connesso all’individuazione di strumenti effettivi di partecipazione degli enti locali, soprattutto nella fase della programmazione; né si affronta nel contesto degli stessi enti locali il problema della partecipazione dei cittadini nell’ ambito comunale alle scelte di amministrazione.
Si realizza una modesta mini-riforma che non aveva bisogno di tanta elaborazione culturale, di tanto dibattito, perché era nelle stesse norme prescritte dalla legge numero 283 e dal decreto numero 616; ma si tratta anche di una mini-riforma che potrebbe essere la vera pietra tombale della riforma più ampia, diretta a favorire e a potenziare nell’ambito della Regione vere ed effettive autonomie locali.
Che ne è stato, ad esempio, della conclamata volontà di sopprimere l’ente Provincia, ormai ritenuto assolutamente inadeguato ad assolvere alla funzione di ente intermedio a livello di programmazione? Che ne è stato della conclamata volontà di sopprimere le camere di commercio, gli enti provinciali del turismo, le aziende del turismo e cosi via? Si sono soppressi soltanto gli Eca e i patronati scolastici, perché questa maggioranza, che riesce ad essere tanto forte con i deboli, è molto debole con i forti. Evidentemente questi enti non avevano quelle adeguate protezioni, non erano costituiti da quelle incrostazioni di potere clientelare che è difficile rimuovere nell’ambito della nostra Regione.
Ebbene che ne è stato della conclamata volontà di decentramento agli enti locali di
competenze, soprattutto nell’ambito del settore agricoltura e nell’ambito del settore lavori pubblici, dove più pesantemente si è realizzata quella gestione clientelare della spesa pubblica regionale tanto criticata a parole e poi accettata e subita dalle forze politiche che dicono di volerla sopprimere?
Nel disegno di legge era prevista una devoluzione di poteri nel campo dei lavori pubblici e nel campo del settore agricoltura. Ebbene, in Commisione, dopo lunghe ed estenuanti trattative, quegli stessi poteri, quella stessa discrezionalità che usciva dalla porta finiva per rientrare dalla finestra, tant’è che in questo disegno di legge abbiamo visto reintrodurre fondi speciali per ben quaranta miliardi concernenti i settori dei lavori pubblici e dell’agricoltura.
E che ne è stato di quella norma che prevedeva un controllo penetrante degli utenti nell’ambito dei metodi di erogazione della spesa regionale? Come gruppo liberale, in sede di Commissione avevo proposto all’ articolo 14 un emendamento che prevedeva, per tutte le erogazioni di spesa e per tutte le domande, elenchi da affiggere negli albi pretori, in modo che i cittadini utenti potessero fare un raffronto tra quel che veniva richiesto all’Assessorato dell’agricoltura e delle foreste, e con quali motivazioni, e quel che veniva erogato, e in base a quali giustificazioni.
Ebbene, anche su questo emendamento la Democrazia cristiana ha fatto « muro », respingendo ogni tipo di controllo della collettività sull’attività clientelare dei suoi Assessorati.
Chi crede nel pluralismo, nella devoluzione dei poteri, non può dichiararsi pregiudizialmente contrario a un disegno di legge che trasferisca compiti e funzioni della Regione agli enti locali, e noi crediamo nel decentramento e nel pluralismo. Ma tale riforma è quanto di meno questa Regione, dotata di potestà esclusiva in materia di enti locali, potesse attuare.
Presidenza del Vice Presidente DALIA
Di questa riforma le forze di maggioranza non possono certo andare orgogliose „ essa tradisce lo spirito degli accordi c
resoconti P arlam en tari 2931 — A ssem b lea B eg ion a le S iciliana
Vili Legislatura CCLXXX SEDUTA 19 D icembre 1978
erano diretti a devolvere il potere verso le comunità locali, a realizzare quel pluralismo e quel decentramento che è necessario in una Regione che non voglia essere accentratrice, in una Regione che voglia distribuire le proprie risorse in base alle effettive necessità, in una Regione che voglia essere effettivamente partecipata.
PULLARA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PULLARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il problema di fondo, rappresentato da un diverso sistema radicalmente innovativo rispetto a quello rimasto immutato daH’edifìcazione del Paese, viene a maturazione dopo tanti anni dall’entrata in vigore del nostro Statuto, in maniera, a parere dei repubblicani, riduttiva rispetto all’impegno assunto dal Governo della Regione in relazione ad una riforma degli enti locali che invece dovrà al più presto essere affrontata.
Intanto, l’esigenza di attribuire agli enti locali tutte le funzioni amministrative relative al servizio e compiti che esercitava la Regione fin dal suo nascere, per sopperire alle carenze strutturali degli enti periferici, trova in parte soluzione nel disegno di legge in discussione.
Il provvedimento in questione, dal cammino travagliato, ha posto in essere motivi di preoccupazione in tutti i gruppi politici per via di numerosi interrogativi; parte di essi ancora oggi senza risposta hanno fatto assumere al gruppo repubblicano una posizione assai critica.
Riteniamo che la realtà sociale del nostro Paese evolutasi in modo assai tumultuoso, il processo di trasformazione delle attività tradizionali e di urbanizzazione hanno scaricato parte delle tensioni della nostra società sugli enti locali, hanno di fatto anche allargato sugli agglomerati urbani, divenuti quasi ingovernabili per carenza di servizi, privati spesso delle loro migliori risorse umane e Mugliati fuori dai grandi processi di sviluppo delle attività industriali e terziarie, la richiesta di servizi alla quale questi non hanno ®ui potuto dare autonoma risposta.
Le necessità politica e amministrativa di attribuire agli enti locali le funzioni amministrative manifestatesi con la legge di de
lega numero 382 e con il decreto di attuazione numero 616 ha indotto il Governo della Regione a proporre un disegno di legge che trasferisce subito ai comuni tutta una serie di funzioni regionali. Inoltre, esso disegno prevede la soppressione di alcuni capitoli, specie nel settore delle opere pubbliche (perché di trasferimento di funzioni non si può parlare, atteso che i comuni da tempo li esercitano in base a previgenti disposizioni di legge) e istituisce due fondi globali destinati rispettivamente per i servizi trasferiti e per il fondo di investimento.
La riserva posta in essere dal gruppo re- pubblicano era dovuta soprattutto alla grossa occasione perduta che avrebbe dovuto comportare l’esame e l’approvazione di un disegno più organico comprendente la soppressione delle province ed il riordino di tutte le strutture sub-regionali, cioè la sostituzione delle province su base funzionale (vuoi consorzi o comprensori), raccordando in definitiva le realtà comunali e quelle regionali per addivenire, probabilmente, ad un più rapido decollo della Regione e ad un nuovo e più razionale potenziamento delle attività municipali.
La nostra proposta, formulata in campo nazionale nel 1965, riecheggiava la norma statutaria e costituzionale della Regione siciliana, mai applicata, che abolisce le province e sopprime le prefetture, organismi formatisi a piacimento del monarca o del dittatore, fuori da ogni realta di accorpamento di interessi municipali per omogeneità economica e di territorio.
Oggi è necessario rispondere a due diverse esigenze di ristrutturazione; creare un raccordo tra i comuni minori e la Regione; dare diversa struttura alle grandi aree metropolitane come Palermo, Catania e Messina.
Questo problema si è posto in altri paesi negli anni passati ed oggi diviene di maggiore attualità se si pensa aU’imminente unificazione politica ed economica dell Europa. Infatti, risale al 1967 la distinzione tra agglomerazioni urbane e federazioni di municipalità operate in Belgio e che ha dato luogo all’agglomerazione di Bruxelles; e all’ incirca è della stessa epoca la federazione di parecchie aree metropolitane in Europa, mentre assai più antica è l’organizzazione dell’area metropolitana di Londra che nel
R esocon ti P arlam en tari 2932 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana
V il i L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1975
1972 Ila accorpato altre tre aree metropolitane.
Su questa tematica il disegno di legge è carente, non indicando le linee di accorpamento fra aree omogenee dei nostri comuni, per cui il decentramento dei servizi faciliterà la polverizzazione della spesa per investimenti.
Altra critica costruttiva che riteniamo di dove fare è quella relativa all’assegnazione dei fondi globali di cui sopra. Se il sistema distributivo seguirà la metodologia -pro-capite, risulteranno avvantaggiate soltanto le grandi città e penalizzati i piccoli comuni; per esempio, ammesso che lo stanziamento per i due fondi fosse complessivamente di 100 miliardi si otterrebbe una pro-capite di diecimila lire per abitante. In tal modo ad un comune di duemila abitanti verrebbero assegnati venti milioni, con i quali provvedere, nell’ arco di un anno, ai necessari lavori di manutenzione (strade, fogne, impianti di illuminazione, strade interne, interpoderali, vicinali, impianti sportivi, riparazione della casa comunale, cimiteri, acquedotto e cosi via).
L ’esempio posto è la risultanza di un meccanismo aberrante che metterà in crisi i comuni dell’Isola, appesantiti anche dalle competenze relative all’assistenza sociale e scolastica.
Noi concordavamo con il disegno di legge presentato dal Governo che graduava in un primo provvedimento legislativo uno stralcio di tutto ciò che nel tempo doveva passare alla competenza dei comuni, dalla struttura cosi fragile e spesso inefficiente. Alcuni correttivi posti in essere in extremis (fra questi l’articolo 20) consentiranno alla Regione degli interventi sostitutivi per opere di rilevanza sovracomunale, dirette a integrare 1’ azione del comune stesso.
Noi repubblicani avremmo preferito che si fosse affrontata l’intera questione del trasferimento delle funzioni congiuntamente a quella relativa alla formazione degli enti intermedi che, essendo stata rinviata nel tempo, lascia irrisolto il problema di fondo e fornisce un alibi per consentire la soprav- ''dvenza delle province.
Noi crediamo che possa essere rischioso confondere il problema del decentramento amministrativo con il problema di una diversa organizzazione dell’ amministrazione territoriale. Malgrado l’autonomia e la com
petenza primaria in materia di enti locali, che ci dà la possibilità di mutare il vecchio sistema preso a prestito dalla struttura francese, mantenendo istituti che sono in funzione dal 1889 (quali l’ordinamento prefettizio), con il disegno di legge in discussione la Regione attribuisce agli enti locali le sole funzioni amministrative, ridotte, peraltro, rispetto alla stessa legge numero 382 e al decreto numero 616. E ciò per mancanza delle norme di attuazione fra Stato e Regione specie in alcuni settori, quale quello di fondamentale importanza di cui all’articolo 19 del citato decreto numero 616 riguardante, per esempio, la polizia amministrativa.
A parere dei repubblicani forse sarebbe stato meglio approvare in un unico contesto una legge di riforma che comprendesse la ristrutturazione degli enti territoriali e una migliore organizzazione degli stessi e attribuisse tutte le funzioni amministrative ripartendole per competenza di interesse subregionale.
Riassumendo, noi repubblicani abbiamo affrontato l’argomento con la dovuta serietà e, ad onore del vero, diamo testimonianza che gli interrogativi da noi posti hanno trovato puntuale e seria rispondenza nel governo e nelle altre forze politiche che sostengono la maggioranza, nonostante la decisione presa di comune accordo di rinviare a tempi brevi la formulazione di un disegno di legge piu organico e di affidare nel frattempo ai comuni le maggiori funzioni amministrative possibili, quale atto di fede nell’autogoverno comunale, pronti ad approfondire eventualmente i problemi di struttura degli enti territoriali e a modificare, ove necessario, con i dovuti correttivi eventuali disfunzioni che via via si dovessero manifestare.
Questo lo riteniamo un atto doveroso da manifestare alle autonomie locali che si trovano a fronteggiare, da un lato, una domanda crescente di servizi e, dall’altro, una richiesta altrettanto crescente di partecipa zione popolare.
Qualora non si riuscisse a soddisfare esigenze di base, che sono oggetto della stra più viva preoccupazione, l’azione poP° lare anziché rafforzare il sistema potre contribuire a creare fenomeni di disgrcS zione in seno alla nostra società. .
Non dobbiamo dimenticare che i nos
Resoconti P arlam en tari — 2933 A ssem b lea R eg ion a le S iciliana
(/III Legislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icem bre 1978
amici amministratori degli enti locali si trovano in prima linea. Ed è alla loro azione quotidiana che noi repubblicani ci siamo ispirati; a loro noi tutti dobbiamo particolare gratitudine proprio perché a fronteggiare queste contrapposte esigenze, a contatto immediato con il cittadini, svolgono già un’opera che diviene sempre più difficile a causa della crisi strutturale ed organizzativa delle nostre autonomie.
Non vorremmo che una indiscriminata manciata di competenze potesse ulteriormente appesantire il compito degli amministratori già gravoso per la fragile consistenza delle strutture organizzative e — perché no? •— per la scarsa qualificazione di un personale assai spesso generico e quindi impreparato alle nuove esigenze richieste da una moderna concezione organizzativa dei servizi pubblici.
Una eventuale crisi del sistema periferico costituirebbe, a parere dei repubblicani, uno degli elementi più insidiosi per il mantenimento e il potenziamento delle nostre strutture democratiche. Ed è per questo che noi abbiamo posto la massima attenzione al disegno di legge in discussione, consapevoli della consistenza delle strutture organizzative di cui dispongono gli enti locali e della modestia degli interventi finanziari in rapporto alle materie e alle funzioni amministrative
Noi abbiamo fatto con coerenza e in buona fede la parte dei critici, tuttavia riponiamo la nostra fiducia nella capacità democratica e politica e di sacrifìcio dei comuni destina- tari del presente provvedimento, che riteniamo pronti a svolgere i nuovi e alle volte gravosi compiti che sono loro demandati; e Nò nello spirito e neU’esaltazione del ruolo dell’ente comune, caposaldo fondamentale dell’unità dello Stato e della Costituzione repubblicana.
, g rillo MORASSUTTI. Chiedo di parlare.
p r e s id e n t e . Ne ha facoltà.
(j MORASSUTTI. Signor Presi-^ 'nte, onorevoli colleghi, penso che sul di-
Ni legge in discussione bastino brevi Qg® per chiarire la posizione del gruppo di
nazionale e le motivazioni adconnesse.
Noi dobbiamo innanzi tutto affermare in termini politici come, nonostante le impegnative dichiarazioni programmatiche dell’onorevole Mattarella ed i ritardi registrati in materia dì decentramento, il Governo si stia presentando con un disegno di legge molto marginale rispetto al più ampio problema del decentramento amministrativo che la Regione dovrebbe mettere in moto.
Riteniamo, inoltre, necessario sottolineare come lo stesso disegno di legge (« marginale », come ho voluto definirlo) quasi non contenga altro se non le norme di attuazione della legge nazionale che la Regione si è limitata a recepire e a ribaltare acriticamente nell’ambito della struttura siciliana.
A questo punto è da chiedersi se le strutture regionali aH’interno dell’ente locale Comune siano pronte a recepire anche l’inizio del discorso attinente al decentramento.
A nostro avviso, il Governo regionale e la maggioranza dovevano porsi il problema di strutturare un piano organico di decentramento all’interno del quale prevedere i tempi entro cui addivenire alla riforma amministrativa della Regione, sciogliendo i nodi, che tuttora permangono (ad esempio, quello relativo all’ente intermedio) e sui quali si registra, anche in seno alla maggioranza, una disparità di vedute che richiede un confronto politico che porti ad una soluzione soddisfacente.
Penso con estremo terrore a quello che succederà nei piccolissimi comuni della nostra Sicilia, dove abbiamo una rarefazione di autonomie comunali, che già adesso sono incapaci di assolvere ai compiti di istituto. Anche se sono deU’awiso che, come affermato dal Presidente della Commissione, occorreva iniziare questo tipo di discorso, sarebbe stato preferibile a tale scopo, invece che elaborare un disegno di legge attuativo, predisporne uno che desse la possibilità dì capire sino a dove arriva la volontà politica di spingersi nel decentramento e fino a dove si vuole portare là riforma amministrativa.
Comunque prendiamo atto che la maggioranza, nonostante le dichiarazioni rese al momento del suo insediamento dal Presidente della Regione, non ha ancora le idee chiare e non è pronta ad affrontare organicamente questa tematica.
Vorrei quindi che si evitassero certi trionfalismi attorno a questo disegno di legge e
R esocon ti P arlam en tari 2934 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana
V ili L egislatura C C LX X X SEDUTA 19 D icembre 1973
si considerasse invece la opportunità 0 meno di iniziare questo nuovo processo con una normativa che viene introdotta in una struttura non certamente preparata a recepirla. Comunque su questo esperimento, è mia impressione, l ’Assemblea sarà chiamata molto presto ad intervenire nuovamente anche dal punto di vista legislativo per apportare le dovute modifiche.
Speriamo che simili esperienze non si facciano a danno delle attese di una Regione che oggi non può certamente essere buttata in una palude burocratica più di quanto non lo sia già. Esiste, invero, la necessità che le procedure amministrative in Sicilia rispondano agli interessi obiettivi delle nostre popolazioni che stanno attraversando in questo momento (forse nessuno lo avverte) un periodo di crisi veramente acuta.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso sia inutile soffermarci sull’articolato, preferisco pertanto dare una valutazione politica complessiva sul provvedimento in esame. A questo proposito dichiaro che il gruppo di Democrazia nazionale si asterrà dal votare questo disegno di legge.
Abbiamo avuto occasione di dichiarare in Aula, in sede di dibattito sulla riforma amministrativa, che è una scelta di Democrazia nazionale procedere al decentramento amministrativo; è una scelta nostra percorrere la strada della partecipazione e della responsabilizzazione del cittadino, è una scelta nostra quella di permettere, già alla base (che costituisce il sostrato politico), il confronto e rincontro.
In questa occasione abbiamo avuto l’opportunità di dire che a nostro avviso bisognava cercare di inserire, nel momento della verifica e del confronto, non solo le strutture politiche ma anche le strutture sociali. Il disegno di legge però non ha sviluppato le problematiche da noi evidenziate, per cui non ci sentiamo di votare a favore; né peraltro è nostra intenzione votare contro considerato che in esso pare sussistere la volontà di iniziare un processo che riteniamo fondamentalmente positivo.
LA RUSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli
colleghi, dopo mesi di serrato dibattito tra le forze politiche giunge oggi all’esame dell’Assemblea il disegno di legge di iniziativa governativa recante nuove attribuzioni di funzioni ai comuni.
Invero, l’Assemblea regionale siciliana negli ultimi anni si è occupata varie volte del più vasto tema della riforma in ordine alla struttura regionale, all’ente intermedio, al comune.
Con l’accordo di fine legislatura, infatti, i partiti dell’arco costituzionale intesero sancire con apposita legge l’esigenza di fare approntare uno studio ad una Commissione composta di esperti e in grado di guidare il legislatore lungo il suo caimnino riformatore.
Il documento di principi fu ampiamente esaminato, e non soltanto nelle sedi istituzionalmente proprie. Il Governo di allora, presieduto dall’onorevole Angelo Bonfìglio, cui va il grande merito di avere seguito con la massima attenzione ogni fase dei lavori della Commissione dei 15 esperti, volle vederlo come una ipotesi su cui muoversi per individuare la nuova Regione. E lo stesso Presidente in carica, onorevole Mattarella, con scrupolo e puntualità volle, al fine di dare consistenza a tale disegno riformatore, presentare nell’agosto di, quest’aimo il disegno di legge numero 462 che costituisce la materia propria della nostra discussione.
Con viva consapevolezza la Democrazia cristiana, in sede politica e in sede istituzionale, ha dato apporti concreti e costruttivi, in linea del resto con la sua tradizione, la sua storia e le sue profonde convinzioni autonomistiche.
L ’avere fatto apparire il partito dello scudo crociato e la sua stessa rappresentanza assembleare come forze frenanti perche non .convinte del disegno riformatore, è cosa non vera e che risente dei facili toni demagogici usati per « mestierantismo » tico. Le dichiarazioni, gli articoli di stampa, le facili comunicazioni vanno respinte percn ingiuste e non rispettose della verità.
La forza politica della Democrazia cristia na ha fatto in questa, come in altre stanze, tutto intero il suo dovere, apporti decisivi per il varo della legge- in questa circostanza legislativa, in lar modo, si è costantemente richiamata a sua ragion d’essere di partito delle auto
ftesocontii P arlam en tari 2935 — A ssem b lea R eg ion a le Siciliana
f ili LEGISLATURA C C LX X X SEDUTA 19 Dicembre 1978
jlie e del pluralismo, accelerando nel modo più appropriato la definizione della legge.
Il volere pertanto collocare il partito dei cattolici, che dalle origini stesse dello Stato unitario è sempre rimasto il partito delle autonomie, come forza politica di copertura dal sistema centralistico, e altre forze, soprattutto della sinistra, che in un modo o nsll’altro si richiamano alla matrice heghe- liana, legando la loro concezione della società stessa allo Stato centralista, come forze che sostengono il rinnovamento dello Stato attraverso una esaltante funzione delle autonomie, è un autentico scambio dei ruoli.
Con ciò la Democrazia cristiana non rivendica primogeniture che servono a ben poca cosa, però ha il dovere di richiamare tutta intera la battaglia sturziana per defi- lire a chiare lettere il suo connotato popolare e autonomista, democratico e cristiano.
Nel nostro Paese, ancor prima della Costituzione dello Stato liberale, dopo l’esperienza dei comuni, tutto si muove in senso accentratore. La stessa idea di Stato nazionale, che si va affermando negli anni ’40 e seguenti del secolo scorso, nega ciò che sta al di sopra di essa, cioè l’impero, e ciò che sta al di sotto di essa, cioè il comune, e si manifesta sulla scia della ventata napoleonica aon la sottolineatura di strutture permanenti, cioè il sovrano, la burocrazia, l’esercito. Lo Stato liberale sostanzialmente si definisce su questa linea di accentramento ed è Luigi Sturzo che, avvertendo più di ogni altro la pericolosità del centralismo per lo sviluppo *iel meridione, sposa la causa dei contadini
Sud e della loro disperazione e propone Una battaglia in senso autonomistico per sconfiggere lo Stato liberale, vera piovra che assorbe e riduce la vita comunale, che opprime la libera esistenza delle municipalità
il suo centralismo, con i suoi ceppi lesali, burocratici, politici.
E Sturzo va oltre, rivelandosi eccezional- Uiente attuale. L ’esperienza dello Stato libe- aale lo porta a criticare quell’assetto che non Consentendo agli operai neanche di consociarsi e partendo dal presupposto che tutto Purte dallo Stato, unico e assoluto detentore celle ragioni sociali dei popoli, finisce con il fendere i comuni enti amministrativi buro- Cfatici con larvate funzioni proprie, che _ di
rappresentano emanazioni dei voleri e‘iegli indirizzi del potere politico.
E ancora è Sturzo che ci aiuta a comprendere il valore originario e insostituibile del comune. Noi partiamo da un principio fondamentale nell’etica sociale e nella filosofia del diritto, e cioè che la formazione specifica degli organismi naturali della società risponde a bisogni specifici coordinati fra loro ma autonomi nella loro funzione essenziale; cosi la famiglia, la classe, la contea, il borgo, il comune.
Il comune è creato naturalmente dalla coesistenza in civico territorio di famiglie e classi le quali convergono nel reciproco aiuto e nella comunanza di beni, di interessi, di vitalità classiche, morali, sociali, nel mutuo, continuo contatto della vita quotidiana.
Ora, questa comunanza più o meno larga in rapporto alle attività individuali o collettive, secondo la sufficienza delle località a soddisfare i bisogni di qualsiasi natura, crea, per necessaria esigenza, le unità organiche, costituisce cioè questi enti locali i quali, disseminati nel territorio geograficamente e naturalmente, per ragioni di usi, costumi, lingua, tradizioni, formano nel progresso del vivere civile le nazioni, possibilmente regolate da unicità di regime.
Non è quindi lo Stato « supremo » a delegare i suoi diritti « supremi » alla famiglia, alla classe, al comune, ma è lo Stato che a tali diritti naturali deve garantire l’espressione attraverso l’esercizio della legge, della giustizia.
Il complesso dei diritti del comune sono allora per noi inalienabili e derivano ad esso dalla forza della comunione territoriale che, geneticamente e specificatamente, lo costituiscono per la soddisfazione dei bisogni collettivo-territoriali derivanti da ordini morali, sociali, materiali, complementari.
Noi non vogliamo che i comuni siano alla mercé del potere culturale. Noi vogliamo che essi possano svolgere, senza inutili e dannosi impacci, quelle attività intrinseche che nascono dalla propria natura, che non siano obbligati a oneri, a regolamenti, a TOiitÌTiss che rendono impossibile lo svolgersi di un retto funzionamento, come ammonisce Luigi Sturzo. Anzi si indi\ddua un altro strumento di democrazia popolare e di partecipazione; il referendum popolare, non come correttivo delFautonomia dei comuni ma come legittima esplicazione di vita collettiva, partecipazione efficace del popolo
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alla vita pubblica nelle questioni più ardue, più gravi, di maggiore interesse; il referendum, come vera manifestazione dei bisogni collettivi e dello spirito deH’ambiente, di cui il voto popolare è il prodotto più rappresentativo e più significativo.
E Sforzo del resto matura le sue convinzioni sulla municipalità osservando da vicino la vita dei comuni, per lo più in quell epoca in balia delle fazioni della borghesia locale, asfittica, svogliata e protetta dai Prefetti, esposta alle violenze mafiose e ai giochi delle clientele. E cosi nel 1902, a Caltanissetta, egli convocò il primo congresso dei consiglieri provinciali e comunali cattolici ed in questo congresso elaborò il programma di rinascita delle autonomie locali e venne deciso, senza integralismi ma con spirito aperto al confronto, di non rimanere fuori daU’associazione di Parma dei comuni italiani, voluta dal professore Laghi, insigne giurista socialista, appena un anno prima.
Sturzo trae quindi il suo municipalismo sociale da Tomolo e da Franco Invrea. Il nucleo centrale della convivenza politica, intesa in largo senso etimologico, è il consorzio municipale; il tutore più prossimo degli interessi è il comune; non è ammissibile neirordinamento amministrativo del_ comune la distinzione tra funzione propria e funzione delegata.
Ed è da questa matrice che sgorga nel pensiero di Sturzo non soltanto il suo autonomismo locale, ma anche il suo regionalismo e quindi il suo meridionalismo.
Autonomie locali, casse rurali, cooperative.
Io sono unitario ma federalista impenitente. Lasciate che noi del meridione possiamo amministrarci da noi, designare da noi l’indirizzo finanziario, distribuire i nostri tributi, assumere la responsabilità delle nostre opere, adottare i rimedi ai nostri mali. Non siamo pupilli, non abbiamo bisogno della tutela interessata del nord ».
E il regionalismo di Sturzo, come del resto tutto il suo autonomismo, si può affermare con Gabriele De Rosa, non nasce in lui da ombra di lontano risentimento legittimistico, ma da quel radicato senso, tra giu- snaturalistico e storicistico, della libertà come svolgimento positivo, come esplicazione legittima di vita collettiva.
Un concetto di libertà quindi che costituisce la base del Partito popolare prima e della stessa forza della Democrazia cristiana dopo, che non discende da una dialettica delle idee, ma dalla dialettica reale, concreta degli interessi di un popolo. Un far da sé, invece di esser fatti, un operare con la consapevolezza dei propri rischi e secondo le proprie vocazioni, invece di abdicare c rimettersi alla benevolenza dello Stato che fa per tutti e pensa a tutto.
Guerra regionalistica, autonomistica come obiettivo del rinnovamento dello Stato, come mezzo per la creazione di una unità reale, concreta, attraverso la diversità critica deli unità formale del Paese. Questa guerra re gionalista e autonomista lascia alle spa l’intransigenza, l’integralismo,_ inserisce
leghe contadine, riforma dei patti agrarierano elementi concreti del meridionalismo sturziano, che faceva perno soprattutto sul suo regionalismo. La questione meridionale, aveva affermato nel 1901, non era soltanto economica ma morale, amministrativa, politica e riguardava lo Stato italiano nella sua struttura storica e nella sua ispirazione. L unità del Paese va difesa come risultante delle varie tendenze di vita diverse nelle singole regioni. E polemizza, e a lungo, con lo Stato che ha preferito il nord a danno del sud nelle ferrovie, nelle scuole, nella mari neria, nell’indirizzo delle finanze e giù di li. Anche nell’educazione politica il nord era distante dal sud: le masse del meridione non vivono la vita della nazione, non delle condizioni politiche, non del movimento di idee.
cattolico nella realtà delle istituzioni e depensiero moderno, lo fa uscire in definitiva dalla sua proposta sterile.
L ’antica protesta cattolica^ con sturzo viene criterio informatore di azione po e civile, vocazione, convinzione, istinto di bertà. E la scelta è ancora più chiara ed cisiva: o sinceramente conservaton oceramente democratici; una condizione da confonde la personalità. Per Sturz , ^importante facilitare la formazione j, | forza politica moderna, capace di spez | egemonia della vecchia classe q un Iberale, capace di sprigionare daUbnter complesso di energie al fine di espan sfera della libertà dei corpi intermedi- :
Questo era in sintesi l’appello ai * g i e forti »; inno elevato di impegno j di chiara consapevolezza dei gravi p
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dello Stato democratico uscito dal primo grande conflitto mondiale.
La stessa concezione originale del suo meridionalismo, diverso da quello socialisteg- giante di Salvemini e da quello di Gramsci che postulava l’alleanza del proletariato urbano con i contadini, va vista in chiave autonomistica. Spezzare il latifondo, dividere la terra, accrescere la forza delle municipalità, furono i colori indelebili della battaglia sturziana.
Ora questo collegamento, nostro, di forza cattolica con il pensiero di Luigi Sturzo ci pare debba esser fatto per ricordare magari a noi stessi che in ultima analisi l ’intuizione sturziana sui valori originari delle autonomie locali, in definitiva, è stata calata per intero nella Costituzione italiana.
La Costituzione italiana, infatti, non istituisce le autonomie locali ma le riconosce. Il fatto che i comuni sono garantiti dalle autonomie locali è un punto di forza. E su questa norma fondamentale non pochi furono i costituenti perplessi, specie tra quei versanti della sinistra che oggi si sono affiancati a noi nel lavoro di potenziamento ed applicazione dell’autonomia. Né d’altra parte possiamo sottacere la considerazione che la sola istanza autonomistica già di per sé sia una scelta progressista. Del resto anche i segregazionisti del Sud America sono, ad esempio, per le più ampie autonomie locali.
Non vale o vale molto poco invocare nuo- ' e competenze ai comuni se non si compie, quindi, una seconda decisiva scelta di campo tea la democrazia rappresentativa e la de- uiocrazia partecipativa. La vita democratica
si esaurisce nei fatti elettivi. Questi ®no dei momenti molto importanti, ma per- ene il processo democratico si compia occorre Realizzare la piena e costante partecipazione
comunità attraverso stimoli, controlli,della scelte.
la filosofia che risiede a monte ed Valle della formula « un Governo, un ter- orio » può essere un vero momento, come
5 ®sto lo è stato, specie in queste ultime curane, di confronto politico e program-
tua partiti, tra forze politiche che si j ^^niano ad ideologie diverse e che pure (, responsabilizzati dall’accettazione in-
azionata della Costituzione.Or» .disunente occorre passare ormai dalla
® 'uizzazione per competenze ad una orga-
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nizzazione per territorio; e nel territorio la cellula primordiale e naturale di presenza attiva è il comune. Il comune, in questa logica di rispetto della sua priorità originaria e di ulteriori necessarie funzioni che lo Stato o la Regione esercitando impropriamente debbono trasmettere all’ente locale, non è più un fatto democratico, ma diviene sempre meglio la prima fascia di sicurezza di manifestazione e di realizzazione della persona umana.
Pensiamo allora che in questi mesi di duro confronto ci si è mossi anche in quest’ ottica e, vorrei dire, almeno per noi, soprattutto in quest’ottica. Il 462, il Presidente della Regione onorevole Mattarella, si è impegnato a costruirlo, fin dalla fase della prima trattativa con i partiti dell’attuale maggioranza, già nelle dichiarazioni programmatiche rese all’Assemblea il 3 aprile 1978.
Le nuove attribuzioni ai comuni di funzioni amministrative regionali vengono viste certamente in forza della legge numero 382 e del decreto numero 616, ma con più realismo politico, nel più vasto quadro del problema Sicilia, cioè in un quadro che è tutto da armonizzare e da riequilibrare, perché da lungo tempo disarticolato, per fare in modo che tutte le potenzialità dei siciliani possano esplodere in una comune volontà di rinascita e di riscatto.
Ma come può questo processo realizzarsi appieno se i comuni non vengono esaltati, se il loro ruolo non viene privilegiato, se non divengono nel fatto e nel diritto, nella prassi e nella norma, il centro più vivo di vita civile e democratica? Ecco allora come, almeno per noi della Democrazia cristiana, ma pensiamo per tutte le forze della maggioranza, questo provvedimento è un primo grande atto di fiducia nei comuni isolani e negli amministratori, che da domani, approvata la legge, potranno essere più liberi ed impegnati, più forti ed incisivi, più potenti e puntuali nell’assolvimento del loro mandato.
Eppure questo disegno di legge rappresenta uno stralcio di un più vasto disegno riformatore a lungo termine, un ottimo avvio verso forme di più corretta organizzazione pluralistica ed autonomistica. Vorrei dire che fare di più avrebbe rappresentato
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un rischio notevole. Dati i costi finanziari rilevanti, o si sarebbe dovuto abbandonare questo primo ampio decentramento, o si sarebbe dovuto caricare la finanza regionale di oneri insopportabili; tra il « tu tto » e «su bito », si è preferito « subito quanto possi-bile ». . , . .
Vengono cosi trasferite ai comuni tutta una serie di funzioni che io per brevità mi esimo dall’elencare, considerata l’ampia esposizione fatta dal Presidente della Commissione. Vorrei, però, porre l’attenzione su due aspetti fondamentali. Per quanto concerne il personale la posizione del Governo è estrema- mente corretta e puntuale. Si è voluto salvaguardare il personale degli enti soppressi (Eca e patronati scolastici) e nei confronti del personale a diverso titolo precario si è avuta sufficiente apprezzabile considerazione e apertura. Lo stesso nodo finanziario è stato sciolto con i due fondi, uno per i servizi e l’altro per gli investimenti^ da iscriversi nello stato di previsione della spesa della Presidenza della Regione. Certo non rappresenta il toccasana per le innumerevoli esigenze dei comuni isolani la dotazione finanziaria che sarà posta a loro disposizione, ma è già una gran cosa per ogni ente locale sapere di potere contare annualmente su somme certe per servizi e investimenti.
La rappresentanza politica assembleare della Democrazia cristiana, signor Presidente, onorevoli colleghi, sa di avere fatto per intero il suo dovere in occasione di questa vicenda legislativa, sa di essersi ispirata costantemente alla sua visione popolare e democratico cristiana, sa di avere contribuito con tutta la sua forza, evitando facili snaturamenti, alla concretizzazione della proposta legislativa, sa di avere voluto costante- mente, nelle sedi politiche e nelle sedi istituzionali, il confronto anche tra forze ideologicamente diverse.
Ognuno ha fatto tutto intero il suo dovere nei diversi livelli di impegno e nelle diverse funzioni: il Presidente della Regione ha se
guito con tanta impegnata presenza ogni fase della delicata e difficile trattativa _ politica; l’Assessore agli enti locali ha fornito, oltre alla sua esperienza, gli opportuni dati tecnici; l’onorevole Nicoletti, come segretario della Democrazia cristiana, sempre il suo lucido intuito politico; il capogruppo, onorevole Lo Giudice, il necessario positivo raccordo in ogni fase.
A quanti dubbiosi e preoccupati, anche nelle nostre fila, si vorranno accostare con timore a questa prima tappa della più vasta riforma, temendo chissà quale riduzione di potere, noi ricordiamo sommessamente l’appello lapidario e significativo di Luigi Sturzo: « O sinceramente conservatori, o sinceramente democratici ». Per i cattolici italiani non v’era e non v’è scelta; non v era e non v ’è scampo; bisogna essere sinceramente democratici, autenticamente popolari, radicalmente autonomistici.
PRESIDENTE. La seduta è rinviata a domani, mercoledi 20 dicembre 1978, alle ore 10,00, con il seguente ordine del giorno:
I — Comunicazioni.
II — Dimissioni dell’onorevole locolano da componente del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali.
I l i — Seguito della discussione del disegno di legge « Attribuzione ai coinuni funzioni amministrative regionali » (462/A).
La seduta è tolta alle ore 21,15.
DAL SERVIZIO RESOCONTI Il Consigliere parlamentare
D o tt . L o r e d a n a C o r te s e
Arti Grafiche A. RENNA - Palermo