danzando magazine - n. zero - inverno 2012-2013

66
DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013 1 DanzanDo Magazine Numero Zero Inverno 2012 – 2013 Direttrice: Melissa Mattiussi Hanno collaborato: Elena Cerruto, Mariaelena Tamino, Fabrizio Bonanomi, Luisa Morfini, Chiara Michelotti, Elisabetta Vianello, Lavinia Abbondanza, Silvia Oggioni, Valentina Bellinaso. Per il logo del XXV di Sarabanda si ringrazia Nicolò Mereu Per domande e proposte contattare la segreteria, specificando in oggetto “DanzanDo Magazine” [email protected]

Upload: melissa-mattiussi

Post on 08-Mar-2016

222 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

DanzanDo Magazine - N. Zero Inverno 2012-2013 Magazine dell'Associazione Sarabanda di Milano

TRANSCRIPT

Page 1: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

1

DanzanDo Magazine Numero Zero

Inverno 2012 – 2013

Direttrice: Melissa Mattiussi Hanno collaborato: Elena Cerruto,

Mariaelena Tamino, Fabrizio Bonanomi, Luisa Morfini, Chiara Michelotti,

Elisabetta Vianello, Lavinia Abbondanza, Silvia Oggioni, Valentina Bellinaso.

Per il logo del XXV di Sarabanda si ringrazia Nicolò Mereu

Per domande e proposte contattare la segreteria, specificando in oggetto “DanzanDo Magazine”

[email protected]

Page 2: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

2

Sii Gioia! Editoriale di Melissa Mattiussi,

Allieva al II anno della Scuola di Formazione in DMT, Danzatrice e Giornalista-Direttrice di DanzanDo Magazine

Cara Lettrice e Caro Lettore, se la tua mente ha fatto muovere il tuo dito affinchè cliccasse sul mouse per aprire questo giornale, significa che anche la tua Via è Danzante o che vorresti che lo diventasse. Abbiamo scelto che il Magazine di Sarabanda si chiamasse DanzanDo proprio per il significato intrinseco nel termine stesso, che unisce Occidente e Oriente. “Do” significa appunto “Via” in cinese, quindi se sei approdato qui sei sulla Via della Danza… Al Magazine danno il loro prezioso contributo allieve della Scuola di Formazione in DanzaMovimentoTerapia, docenti, allieve dei corsi, giornaliste, scrittrici e psicologhe, ciascuno con il desiderio di condividere con voi lettori le proprie esperienze, le proprie competenze e passioni che ci animano e motivano a continuare su questa strada, nonostante le difficoltà dei tempi che corrono. Ma se i tempi corrono, noi abbiamo scelto di danzarli!

Page 3: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

3

Solo in questo modo mi sento di dire che potremo condurre un’esistenza più armoniosa con noi stessi e con gli altri, rendendo omaggio alla vita attraverso il gesto che, tramite i nostri Corpi, si fa espressione delle nostre Anime ritrovando così l’unione tra Mente e Cuore. Credo che l’unico vero equilibrio che ci sia concesso sia danzante, poiché quel che si muove non congela. E in questo equilibrio in movimento, nella condivisione delle nostre storie, potremo ritrovarci a casa, in una grande famiglia dove ogni giorno possa essere sacro e scandito dal ritmo del cuore e del respiro, non più da ticchettii di orologi, ma da battiti di mani e piedi che giocano tra loro. E’ forse questa una visione troppo utopistica di una nuova possibile società?! Proviamo a sospendere il giudizio per un attimo e, se osserveremo con gli occhi del cuore, realizzeremo che ce la possiamo fare, sostenendoci l’un l’altra, togliendoci maschere e tacchi e a passo di danza. Vede la luce in Inverno il Numero Zero di DanzanDo Magazine, proprio nel momento di passaggio alla Nuova Era, con la data del 21-12-2012 e in occasione del XXV anno dell’Associazione Sarabanda. Con la speranza che queste pagine arricchiscano anche la tua Via Danzante, il nostro augurio è che nel tuo Cuore e nei tuoi Occhi ritorni sempre a splendere la Luce. Se pensi che la parola “danza” viene dal sanscrito e vuol dire “gioia”, cerca sempre la gioia e permetti che essa scopra te. Sii gioia e gioia crei. Porta gioia e gioia trovi. La tua gioia entra in sintonia con la gioia degli altri e la tua anima danza con l’anima degli altri!

Page 4: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

4

25 anni!

Che cosa abbiamo fatto? di Elena Cerruto, DanzaTerapeuta,

Responsabile Didattica e Docente Scuola di Formazione in DMT

Nell’incognita del DOVE SIAMO e del DOVE STIAMO ANDANDO, non sapendo se ci troviamo solo in un campo base o in cima al monte. Nel dubbio fortunatamente rallegrato dal canto ininterrotto della cicala, che ci fa chiedere, attimo dopo attimo se sia ancora TEMPO DI DANZA possiamo solo volgere all’indietro il lume e osservare il GIA’ FATTO: il già fatto si vede, C’E’. Anche 25 anni fa era difficile portare avanti un Centro che non ha mai avuto - né mai avrà - cedimenti commerciali e l’entusiasmo è stato sempre presente. Vogliamo continuare a farlo? A 25 anni il tempo della formica scandisce il momento del mettere la testa a posto, abbandonare sogni e vagabondaggi, lasciare perdere la passione che a volte fa lavorare anche in situazioni estreme. Abbiamo lavorato e prodotto molto: attività culturali, convegni, corsi, spettacoli e soprattutto ci siamo proposti, in codesta Milano del buon appetito con modalità di vita diverse: ritrovare la gioia di muoversi con piacere, star bene con sé e con gli altri, dare spazio alla comunicazione empatica, respirare i passi, stare nella relazione di aiuto, prendersi cura del diverso, non assumere atteggiamento

Page 5: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

5

competitivo, stare nel non giudizio, danzare nella Natura, persino a Milano! Basti pensare all’ultima coreografia sull’Acqua (quella pulita e quella sporca) a Milano (quella pulita e quella sporca), in sintesi: danzare la vita. L’attività di diffusione della danza come pratica di vita ci ha fatto incontrare culture diverse: la Danzaterapia di Sarabanda è giunta in Spagna e in Brasile. A ritmo di cuore, il primo libro sulla Danzaterapia scritto da Elena Cerruto 15 anni fa dal 2008 è pubblicato anche in Brasile e presto uscirà nella sua veste rinnovata in Italia. Molti sono i bagagli e le valigie sono sempre pesanti - e qualche volta si spezzano - ci ricorda una nota cantante.

Le appoggiamo un attimo e scorgiamo dietro di noi 5 tappe fondamentali. Esse non seguono alcun ordine spazio temporale ma semplicemente esistono. Ci sono nel passato remoto e presente e potrebbero essere i trampoli per la continuità. Resterebbe da chiedersi se i trampoli servano per camminare nel fango, per andare più veloci oppure per essere riconosciuti da lontano. 5: numero della Danza, del Movimento, della Terra pulsante che fa ruotare gli altri Elementi. 5 tappe, 5 colline a cui poter girare attorno per vedere da diversi punti di vista. Le colline presuppongono un mondo ed un’ecologia del corpo-cuore

perché soltanto questa è la danza del rito possibile per il futuro.

Page 6: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

6

1 Sarabanda: La Danza per tutti. Una pedagogia elaborata sulle diverse esigenze che si esprime nella frase “A un fiore bisogna chiedere solo ciò che è conforme alla sua natura.” (G.Herrigel). Corsi per adulti e bambini 2 Sarabanda: Centro di formazione professionale Scuola di formazione in DMT a Milano, Sao Paulo, Barcelona Ospite la grande Maria Fux. Scuola di Danza Contemporanea Ospiti i Grandi Maestri della Modern Dance 3 Sarabanda: Spazio di cura e benessere Danza Terapeutica tra Oriente e Occidente Metodo di Elena Cerruto. Shiatsu - Yoga - Feldenkrais - Meditazione Zen aperta a tutti. 4 Sarabanda: Ecologia La Danza come forma più profonda di ecologia nel rispetto del respiro che collega ogni cosa. La natura ci parla attraverso le forme, la Danza ne esprime l’essenza. 5 Sarabanda: Cultura e società Partecipazione attiva nel sociale tramite eventi convegni e volontariato di Danzaterapia in carcere e nei Centri psichiatrici Il punto di vista da cui guardare queste tappe cambia con chi le guarda, si trasforma continuamente come nelle Danze di Girazione. Punto di vista in sanscrito è Darshan in qualità di aggettivo indica: che espone, che mostra, che sa, che insegna, che rivela.

Page 7: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

7

Darshan è il nome segreto e antico di Sarabanda, che solo ora decidiamo di rivelare per ritualizzare nuove possibilità. Possibilità con i trampoli, possibilità con i piedi nudi nella Terra.

Se c’è la collina e sulla collina crescono erbe selvatiche

c’è il mondo. Se c’è la collina e c’è il mondo

e sul mondo ci sono persone che soffrono, amano e respirano,

c’è la Danza.

Page 8: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

8

Sarabanda è nel mio cuore Esperienza di Mariaelena Tamino, Psicologa

Nel lontano 1996 con una certa emozione ho iniziato a frequentare Sarabanda. Era un corso di Armonia nel movimento. Subito ho respirato un clima molto speciale, fatto di cura per i particolari, di armonia, rispetto amorevole e sincera disponibilità. Venivo da una separazione. Dopo 26 anni di matrimonio, con un rapporto di grande sofferenza, cominciava per me una nuova vita. Sola a Milano con un dolore acuto, un vissuto pesante alle spalle. L'atteggiamento di Elena Cerruto è sempre stato di accoglienza sensibile e di attenzione per noi tutte nel rigore del suo ruolo di Danzaterapeuta. Seguivo contemporaneamente un percorso di gruppo con uno psicoanalista molto particolare, Diego Napolitani. Molto significativo è stato per me il risveglio del corpo, il piacere del movimento, la gioia della danza nel gruppo . All'inizio non volevo stare con i piedi nudi. Avevo vergogna dei miei piedi rattrappiti, costretti in scarpe appuntite per renderli simili a quelli di mia madre che erano molto belli secondo me.

Page 9: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

9

Non trovavo la mia “forma”, ero timida, chiusa in una rigidità che mi impediva anche di abbandonarmi al ritmo della musica. Quante lacrime ho versato quando il mio corpo ha cominciato a scongelarsi, a sciogliersi, a lasciarsi penetrare dalla musica e dalle emozioni. Si è aperto tutto un mondo che mi era sconosciuto. Poi mi sono anche innamorata e ho potuto vivere un rapporto di amore intenso, anima e corpo. Gioioso. Libero. Ho cominciato a respirare profondamente e a godere dei doni della vita. Ho partecipato alle diverse attività in modo continuativo, salvo un breve periodo. Ho seguito gli sviluppi e i cambiamenti nel corso del tempo e continuo anche ora che ho compiuto 70 anni. Molti sono gli stimoli sempre nuovi e ricchi di creatività, che ho ricevuto, e le occasioni di riflessione e di crescita per cui conservo una gratitudine amorevole nei confronti di Elena, di tutte le altre collaboratrici e anche nei confronti dello spazio accogliente a Sarabanda.

Page 10: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

10

Le tisane delle quattro stagioni. Consigli per l’Inverno

A cura di: C. Di Stanislao e F. Bonanomi Fabrizio Bonanomi è Docente di Shiastsu e Medicina Tradizionale Cinese presso la Scuola di Formazione in DanzaMovimentoTerapia di Sarabanda

“Investiga la tua mente e realizza la tua natura che mai sosta né si muove, né sorge, né ha fine. Avrai sprecato la tua vita se non lo fai” Hui-neng “Ripercorriamo sempre gli stessi problemi offrendo nuove soluzioni” Platone, Apologia di Socrate “Molti uomini avrebbero potuto raggiungere la sapienza se non avessero presunto di esservi già giunti” Lucio Anneo Seneca

Page 11: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

11

I testi cinesi filosofico-cosmogonici (Yi Jing, Dao de Jing, Hong Fan) e quelli medici (Zhen Jiu Jia Yi Jing di Huang Fu-mi e Qanjin Yaofanng di Sun Simiao) (1-3) ci consentono di porre in relazione le quattro stagioni con i 5 Movimenti (wu xing)(5), affermando che, in questo modo, il macrocosmo ritma in modo variabile il microcosmo. (6). Possiamo affermare con Graham che l'insieme delle interconnessioni fra Tronchi Celesti (tian gan) Rami Terrestri (di zhi) e 5 Generazioni (wu yu) (ovvero i 5 Movimenti nella loro successione) servono allo scopo di stabilire il giorno esatto per ingerire ricette mediche o definire quando e dove raccogliere prodotti della terra da utilizzare i campi medici (come alimenti o farmaci) (6-9). Il macrocosmo ritma il microcosmo attraverso i 5 Movimenti e le 6 Energie. Ogni movimento corrisponde a due Tronchi e ogni Energia corrisponde a due Rami. I Tronchi ed i Rami sono il sistema ideato dalla tradizione cinese per immaginare l’interconnessione ritmica fra uomo ed universo. L’anno solare, a partire dal 21 gennaio, è diviso in 5 periodi (per i Movimenti) e in 6 Passi (per le Energie). Nella divisione in 5 periodi (che sono quelli di cui c’interesseremo) ogni periodo è dominato dall’influenza di un Movimento mentre nella divisione dell'anno in 6 passi ogni passo viene dominato da un’Energia1[‡] (5). In maniera invariabile l'anno viene diviso per 5 con il succedersi dei 5 Movimenti: Legno, Fuoco, Terra, Metallo, Acqua.

Il punto di partenza è il giorno del grande Freddo (da han) il 21 gennaio. Ogni movimento domina invariabilmente un periodo di 72 giorni:

Legno - Mu dal 21 gennaio al 2 aprile

Fuoco – Huo dal 3 aprile al 14 giugno

Terra – Tu dal 15 giugno al 26 agosto

Metallo – Jin dal 27 agosto al 7 novembre

Acqua – Shui dal 08 novembre al 20 gennaio

Page 12: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

12

Va poi detto che esistono le seguenti corrispondenze generali:

ELEMENTO STAGIONE Legno Primavera Fuoco Estate Terra Fase intermedia da una stagione all’altra Metallo Autunno Acqua Inverno

L’aggiunta della “fase intermedia” di passaggio da una Stagione ad un’altra (che fa capo alla Terra) consente la relazione fra 4 Stagioni e 5 Movimenti. Iniziamo ora, stagione per stagione nel susseguirsi dei numeri della rivista, le caratteristiche generali dell’Energia e come instaurare adeguate terapie preventive. Poniamo l’accento sul fatto che questo articolo non riguarda solo le situazioni croniche e ripetitive legate ad individui che si ammalano o presentano un aggravamento stagionale dei loro disturbi, ma ha soprattutto un carattere preventivo. Seguire le regole soprattutto alimentari di seguito esposte, preserva la salute e ci difende dalle differenti malattie. Le strategie fitoterapiche indicate, pertanto, possono assumere un rilevante valore profilattico.

Inverno (Dong):

L'acqua ghiaccia, tutto si ferma (bi) e s’interiorizza (cang), la terra gelata si fende ed il Rene possiede poco Yang. L'ideogramma dell'inverno (dong) è dominato dal

Page 13: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

13

Freddo (han) e dal ghiaccio (bing). Più ci si concentra e nasconde in inverno più si può rinascere (fa) in primavera. Le Energie sono come ibernate, concentrate in profondità, perciò bisogna evitare le nature fredde e ricercare il sapore dolce ed il caldo.

Lo scopo della dietetica e della fitoterapia è duplice: nutrire le riserve ed esercitare il "voler vivere".

L'igiene di vita deve essere rigorosa e bisogna sforzarsi di lottare contro l'abbassamento della temperatura e la riduzione della luminosità. Bisogna evitare la fatica fisica e nervosa e dormire molto, in armonia con l'allungamento delle ore notturne. Bisogna alzarsi tardi di mattino, evitando il Freddo-Umido ed il cielo grigio. Occorre evitare di uscire di notte e non mangiare alimenti freddi e crudi (verdure non cotte). Alimenti consigliati Bisogna ingerire grandi quantità di cereali dolci e tiepidi: riso, grano, segale, grano saraceno e mais.

Il cioccolato amaro caldo con aggiunta d’alcool sarà da consigliare.

Ingerire leguminose (fagioli e lenticchie) e radici di legumi Yang (asparagi,

carote, funghi, patate). Fra i frutti saranno da preferire castagne, noci ed agrumi (arance, clementine,

mandarini). Si daranno poi carni rosse e forti (bue, montone, cavallo), inoltre cervello,

rognone, trippa, fegato, uova, formaggi fermentati e pesci grassi (salmone, tonno, anguilla, sardine).

Page 14: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

14

Alimenti sconsigliati Sono da sconsigliare invece i frutti di mare ed i crostacei per l'eccessivo sapore salato. In effetti, il sale va evitato o ridotto. Indicazioni sul cambio di sapori Per preservare lo Yang occorre:

Ingerire cibi e bevande calde o tiepide, mai fredde o ghiacciate. Le minestre calde con legumi (piselli con riso, ad esempio) sono il piatto da preferire. Le cotture debbono essere riscaldanti: arrosti, vapore, frittura sono da consigliare.

Poiché occorre stimolare l'appetito e risulta utile dare del sapore amaro: cioccolato, asparagi, indivia, scarola, fegato d’uccelli, caffé, the, birra, tisane a base di camomilla, verbena, valeriana, bucce di mandarino o d’arancio. Si aumenterà un poco il sapore acido che è retraente (pompelmi, yogurt e formaggi) e si userà il piccante per condire al posto del salato. La Fitoterapia Una buona formula fitoterapica per la stagione invernale sarà:

Page 15: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

15

Agrimonia eupatoria (Dolce e Yang)

Sylibum marianum (Acido e riscaldante)

Borrago off. (Piccante e riscaldante)

Le Spezie

Page 16: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

16

Da usare in inverno spezie riscaldanti e tonificanti lo Yang come Pepe, Peperoncino e Cannella. Allo stesso scopo sono molto utili sia aglio che cipolla. Ricordiamo che la Cannella va evitata in portatori di allergia da contatto verso il Balsamo del Perù, mentre l'aglio fa creare, in soggetti allergici, crisi anche asmatiche e va evitato in chi assume farmaci anticoagulanti. La Tisana dell’Inverno: Saranno utili piante riscaldanti e toniche, capaci di incrementare la Weiqi (la più Yang delle nostre energia), mettendo a riparo l’organismo dagli attacchi di freddo. Consigliamo una tisana, da consumare una volta al dì, dopo pranzo, di semplice composizione:

Echinacea angustifolia radici g 5

Glycyrriza glabra radici, g. 5.

Page 17: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

17

Per rinvigorire la Weiqi e combattere la penetrazione di Freddo (an), si usa molto, In Cina e in tutto l’oriente, l’Astragalus membranaceus, anche a dosaggi molto elevati (sino a 10 g/die).

L’astragalo è una pianta perenne nativa della Mongolia e della Cina settentrionale, presente in Tibet, Giappone e Corea. Contiene polisaccaridi (che esercitano un effetto immunostimolante agendo a vari livelli sul sistema immunitario), saponine triterpeniche e flavonoidi. L’efficacia clinica dell’astragalo è stata riassunta in una recente revisione sistematica. Nell’insieme gli studi riportati nella revisione hanno fornito risultati incoraggianti riguardo l’efficacia della pianta. Tuttavia, essendo la maggior parte di essi pubblicati in lingua cinese, non è stato possibile valutare se il loro disegno sperimentale fosse conforme agli standard della medicina occidentale, con un evidente limite di affidabilità. In uno studio condotto su 1000 pazienti è stato osservato che un trattamento profilattico della durata di due mesi con astragalo alla dose di 8 g/die ed interferone riduce in maniera significativa i sintomi del raffreddore, rispetto ai trattamenti con placebo e col solo interferone. È stato inoltre osservato che l’astragalo è in grado di migliorare diversi parametri clinici. In particolare gli estratti della pianta sono in grado di aumentare, nei pazienti con raffreddore, i livelli plasmatici di IgM, IgE e AMP ciclico. L’astragalo vene considerata una pianta sicura. Negli studi clinici non sono stati segnalati effetti collaterali o interazioni farmacologiche. In questi casi l’Astragalo può essre sostituito da altra pianta riscaldante e tonica: l’Andrographis panicolata (dosaggio giornalieri medi 2/3 grammi). Si trata di una pianta impiegata nella medicina tradizionale cinese, indiana e tailandese, è stata per lunghi secoli utilizzata per la cura delle malattie infettive. I principali costituenti chimici in essa contenuti sono flavonoidi e lattoni diterpenici (andrografolide e neoandrografolide), i quali sono

Page 18: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

18

responsabili almeno in parte dell’attività immunostimolante degli estratti della pianta. Una recente revisione sistematica ha evidenziato l’esistenza di cinque studi randomizzati controllati con placebo, condotti in doppio cieco su un totale di 635 pazienti, nell’ambito dei quali è stata valutata l’efficacia clinica dell’andrografis per il trattamento delle infezioni delle vie respiratorie superiori (principalmente faringotonsillite e raffreddore). In due di questi studi la pianta è stata somministrata insieme all’eleuterococco In tutti gli studi sono stati utilizzati estratti standardizzati in termini di andrografolide (5-6%), somministrati alla dose di 400-1500 mg/die per un periodo variabile dai 3 ai 7 giorni. Dai risultati della revisione è emerso che l’andrografis da sola o in associazione all’eleuterococco è superiore al placebo nel trattamento dei sintomi associati alle infezioni delle vie respiratorie superiori. In caso di sindromi da raffreddamento delle alte vie aeree usare decotti (due volte al dì, mattina e sera a stomaco pieno) di: g 3 Cannela del Ceylon g 5 Chiodi di Garofano La Cannella del Ceylon (Cinnamumum zeylanicum) è una Lauracea contenente tannini, mucillagini e un olio essenziale ricco in aldeide cinnamica e una piccola percentuale di eugenolo (più comune invece nelle foglie della pianta). L'olio essenziale, dotato di notevole attività antimicrobica, può essere utilizzato diluito in alcool a basse concentrazioni, ma può presentare numerosi inconvenienti e deve necessariamente essere prescritto dal medico. Si ricordi che l'olio essenziale è irritante per cute e mucose. La cannella è controindicata nei soggetti ipersensibili, ma anche nei soggetti allergici al Balsamo del Perù. Può interagire con FANS, farmaci gastrolesivi. Se il freddo acuisce dolori reumatici (soggetti con vecchia artrosi) impiegare, sempre due volte al dì, tisane con: g 5 di scorza di Salice bianco g 3 di radici di Liquirizia g 5 di radici di Artiglio del diavolo.

Page 19: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

19

Proponiamo un utile prospetto riassuntivo sui sapori stagionale, la loro relazione ed il loro intercalare col passare del tempo, lo riteniamo particolarmente utile per comprendere il quadro globale della dietetica legata ai sapori Diverse sono le prescrizioni (previste nel Sowen cap. 22 e nello Zheng Jiu Jia Yi Jing: * Primo Schema In Primavera il Fegato soffre di tensioni e bisogna assumere alimenti e piante dolci per distenderlo e disperderlo (Tilia, Passiflora, Biancospino). In Estate il Cuore soffre la mollezza (fiacchezza) e bisogna assumere sapori acidi per restituire il tono (in fitoterapia Hamamelis virginiana ed Aesculus hyppocastanum). Nei Periodi di passaggio la Milza soffre l'Umidità e bisogna assumere sapori salati per drenarla (utile l’Equiseto). In Autunno i polmoni soffrono di un’ascesa patogena e bisogna usare l'amaro per calmarli e disperderli (Arctium lappa). In Inverno i Reni soffrono la secchezza e bisogna usare il piccante per ridare loro vigore (Borrago, Zenzero, Cannella). Noi siamo soliti applicare il primo schema nella prevenzione e riservare il secondo alle alterazioni stagionali importanti da non sottovalutare, secondo i principi clinici del Tu Shu Jicheng Yibu Quanlu:

Page 20: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

20

* Secondo Schema In Primavera, con dolori tendinei e fibromialgici, collerosità, irascibilità: dolce che dissipa il Fegato (Melilotus officinialis). In Estate e per turbe del Sangue (xue), contrassegnate da soggetto logorroico, ipereccitato, ovvero colto da melanconia e tristezza, confuso (non vede con chiarezza), con manifestazioni di Calore: acido che sostiene il Cuore (Citrus arantium, Hamamelis virginiana) Ai Cambi di stagione (Terra), con turbe dei peli, voce cantilenante, difficoltà circolatorie, impedimenti funzionali ai quattro arti, perdita della concentrazione e della capacità di riflessione, segni d’Umidità sapore salato che drena l’interno (Erygeron campestre e Parietaria officinalis, Hyssopus officinalis). In Autunno con frequenti problemi cutanei, voce piangente e flebile, dispnea e difficoltà respiratorie, freddolosità, paura del futuro: amaro che rinforza il Polmone (Polmonaria officinalis). In Inverno e per dolori ossei, voce lamentosa, edemi e gonfiori (shui, zhong), membra fredde (jueni), perdita di lucidità e d’intelligenza: sapore piccante per dare tono ai Reni (ad esempio Borragine e Solidago virga aurea).

Page 21: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

21

Il mio primo anno di formazione a Sarabanda di Chiara Michelotti, Allieva al II anno di Formazione DMT 18 novembre 2011, primo giorno del primo anno di formazione in DanzaMovimentoTerapia… si parte subito dall’esperienza! Ed ecco qui il mio cammino… la mia esperienza passo dopo passo! Si apre la porta di Sarabanda e si entra subito in contatto con il silenzio. Il silenzio è un aspetto molto importante nel metodo della danza terapeutica (scoprirò poi che qui ci si dedica a questo originale indirizzo della DanzaMovimentoTerapia). Il silenzio che ho incontrato qui mi ha allontanata dal prima (lavoro, rumori, traffico, pensieri…) e mi ha riportata al qui e ora. Il silenzio ha creato il contatto con me stessa, mi ha riportata verso il centro di me. Il silenzio si è fatto ponte. Ecco il primo contatto, quello con me stessa. Questo contatto inizia a ristabilirsi, già dallo spogliatoio, dal bagno, dal corridoio… Il primo anno di formazione sento che prima di tutto mi ha riportato a me. Tanto si è mosso in me a partire dal gesto, dalla danza, dal silenzio… chi ha varcato quella soglia quasi un anno fa ha varcato anche una soglia dentro di sé… Anche l’ingresso in aula è varcare una soglia. Se attraverso la soglia con consapevolezza, e qui mi aiuta la formalità/il rito dell’entrare con il piede sinistro e l’inchinarmi, percepisco il passaggio.

Page 22: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

22

Si entra in aula… ma l’aula non è una semplice aula. E’ il contesto in cui si svolge la danza terapeutica e ne percepisco subito l’unicità. Lo spazio è vuoto, per accoglierci. Si iniziano anche a vedere alcuni dei materiali che poi si utilizzeranno negli incontri. Qui tutto ha il suo posto. Il luogo è protetto, perché quando si comincia tutto il resto rimane fuori dalla porta. Lo spazio è dedicato all’incontro, è stato precedentemente preparato dal terapeuta. Incontro dopo incontro ritroverò questo spazio, sempre più noto, sempre più intimo e avrò sempre più fiducia. Ciò mi aiuterà nell’espressione della mia danza, nell’incontro con la musica, con l’altro… Scoprirò strada facendo che parliamo di setting, quando vogliamo indicare lo spazio dedicato all’incontro, preparato dal terapeuta. Ma indichiamo più estesamente con questo termine lo spazio-tempo dedicato all’attività e tutte le regole che la delimitano. Questi elementi chiari e precisi consentono a terapeuta e utenti di condividere un terreno comune, di avere chiarezza su ciò che si farà e sul come lo si farà e tutto questo genera un senso di tranquillità. Come leggerò poi, nella definizione del termine inglese c’è anche la parola scena: “l’ambiente in cui qualcosa si trova o ha luogo”. In effetti, il setting in cui si svolge la danza terapeutica è anche scena, in cui si svolge la nostra tragedia umana attraverso la danza, e in quanto tale ha anche una finalità catartica. Quest’aula di Sarabanda custodisce tante delle mie emozioni, lacrime, sudore, impronte, ricordi… è un luogo dove ho vissuto, dove la mia vita si svolge nella mia danza. Lo spazio è spazio scenico, accoglie e ambienta il nostro spettacolo, anche lo spazio diventa arte. Già dai primi incontri, percepisco bene lo spazio e il mio spazio con la sequenza della terra. Ove mi muovo in uno spazio mio personale, senza invadere lo spazio

Page 23: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

23

altrui. Esploro il mio spazio, il mio contatto con la terra. Si crea un rapporto con questo pavimento, con la mia gravità, con il mio andare su e tornare giù. Il mio spazio prende forma. C’è anche un rituale di inizio: come la meditazione, la ciotola. C’è un rituale di fine: ancora la ciotola, la danza in cerchio, il bastone parlante… Questi rituali scandiscono il tempo degli incontri, demarcano l’inizio e la fine. Contengono ciò che è avvenuto. Faccio anche l’incontro con il tempo: il tempo dell’arrivare, del prepararmi, dell’incontro, della ciclicità degli incontri, il tempo concesso qui e ora perché il cambiamento avvenga. Ma già dalla prima volta che sono entrata in aula ho fatto un altro incontro, ho trovato altre persone, altri utenti… il gruppo.

Si, perché il lavoro terapeutico si svolge in gruppo. Anche questo è un importante principio del metodo. Il gruppo è importante perché nell’altro ci si specchia, ci si incontra. Il gruppo protegge, perché insieme ci si

sorregge a vicenda, ci si supporta con uno sguardo, con un gesto, con un contatto, con un respiro. Tra le persone del gruppo si creano delle relazioni, anche in un solo incontro. Entrare in relazione con l’altro mi permette di entrare in relazione con me stessa. Piano piano nei tirocini cui ho potuto partecipare fin qui, mi sono resa conto che quando mi trovo di fronte agli altri, se voglio creare una relazione d’aiuto è solo attraverso il contatto profondo che posso farlo. Solo dimenticandomi dei miei piccoli egoismi, della mia necessità di essere accettata, della mia paura di essere giudicata, solo abbandonando la mia mente che vuole controllare tutto. Avendo liberato lo spazio interno, avendo fatto il vuoto, posso entrare in relazione con l’altro. Allora lo sguardo, il gesto, il movimento diventano autentici ponti tra me e l’altro e di rimando tra l’altro e me.

Page 24: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

24

Il contatto empatico con l’altro permette di arrivare al cuore. In questo istante di contatto del qui e ora avviene un piccolo miracolo terapeutico. L’energia si muove, arriva là dove non speravo arrivasse, l’emozione si libera. Il contatto consente una trasformazione in me e nell’altro. E’ solo attraverso il mio cambiamento che anche l’altro può cambiare. Se io non cambio nemmeno l’altro può cambiare. Un mio cambiamento è stato percepire il distacco dall’altro: se continuavo a cercare l’altro attraverso le sue conferme non l’avrei mai incontrato. Ho dovuto dimenticare me per incontrare l’altro e tornare a me. Ho dovuto lasciare andare. Si usa anche dividere gli utenti in due gruppi: prima l’uno danza e l’altro osserva, poi ci si scambia. E ancora una volta nell’altro che danza ci si specchia: a volte ho visto parti di me inesplorate, che mi hanno fatto vibrare. Chi guarda sostiene chi danza e chi danza dona a chi guarda in uno scambio reciproco, con continuità. Alla fine l’applauso è spontaneo, è condivisione di emozioni, è catartico. Arriviamo al contatto gradatamente, confrontandoci con l’altro istante per istante con reciproco ascolto per non invadere per non creare un limite. Il contatto può iniziare con lo sguardo, può seguire il filo di una nota comune, di un respiro, può avvenire con un tocco, un abbraccio, un sorriso… Il momento del distacco è altrettanto importante, avviene con la stessa modalità del contatto. Attraverso l’empatia con l’altro comprendiamo quando è il momento di lasciare andare. Ho in mente una delle esperienze di gruppo più belle. Siamo durante un incontro esperienziale della scuola di formazione. Il lavoro nel quale Elena Cerruto ci guida è “la radice e l’albero”.

Page 25: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

25

Mi faccio radice, sento la mia pelle spessa, resistente ma elastica, mi muovo con la pancia a terra e le mie estremità spingono la terra con forza per spostarmi anche di poco, la mia testa spinge come quella di un bimbo che cerca di uscire dalla pancia della mamma. Sento la fatica, la forza che ci metto per muovermi. Penso: non è forse la stessa forza che adopero nella vita, come se tutto ciò che devo fare mi richieda uno sforzo enorme? Allora inizio a mettere meno forza e capisco che se trovo una breccia nel suolo posso spingere un po’ meno, se sfrutto un movimento da cui ne nasce un altro mi stanco un po’ meno… Poi un piccolo contatto… La radice Chiara ha incontrato un’altra radice intenta nella sua spinta. Che bello trovarsi! Non sono più sola nella mia fatica… Un contatto che è come una carezza, già mi rallegra, mi dona emozione. Poi scopro che spingendo insieme a lei faccio meno fatica e insieme possiamo anche trovare la direzione giusta per andare verso il centro. Ed ecco che incontriamo altre radici, tanti contatti leggeri e poi più intensi e il mio corpo entra sempre più in contatto con gli altri. Ci appoggiamo uno nell’altro.

Finalmente possiamo riposare e com’è bello riposare appoggiata e abbandonata sugli altri, ci sosteniamo tutti a vicenda con poca fatica e con tanta leggerezza. Il mio abbandono sul corpo degli altri mi commuove. Sento che la mia fragilità è protetta, qui. Sento la linfa dell’albero che ci attraversa tutti. Siamo un unico albero. Poi tutti insieme ci solleviamo in un maestoso tronco, siamo scossi dal vento ma siamo stabili, abbiamo radici salde e il tronco è compatto. Posso muovermi con fiducia, gli altri mi sostengono! E via via il movimento mi fa venire voglia di muovermi sempre di più e divento sempre più leggera, finché mi stacco e volteggio. Sono proprio una foglia libera e trasportata dall’aria, ma sono cresciuta sull’albero e quindi sono forte e posso volare senza paura e… cadere a terra!

Page 26: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

26

Un altro episodio di contatto che porto nel cuore, l’ho vissuto durante un tirocinio con un gruppo di bambine nel giorno della loro lezione aperta con i genitori. Dovevano danzare in aula e io mi trovavo nel “dietro le quinte” con loro (eravamo nella stanza da bagno dell’aula di Sarabanda).

Qui potevo vederle solo dallo spiraglio della porta e attendere che uscissero dalla scena per poi prepararsi a rientrare. Potevo solo essere lì per loro, senza fare nulla che non fosse l’accoglienza nel momento della loro uscita dalla scena. Il contatto nell’accoglienza dello stare con il cuore

vuoto per cogliere loro, il loro bisogno in quei piccoli e brevi momenti. Emozioni profonde nella semplicità. Piccoli istanti miracolosi. Inter-siamo. Come ci insegna Thich Nhat Hanh . Non esistiamo in quanto esseri isolati, ma siamo in relazione ad ogni altra cosa. Questo foglio di carta non esisterebbe senza alberi, senza pioggia, senza nuvola, senza sole, senza taglialegna, senza noi che lo guardiamo… Inter-siamo con il gruppo, con la relazione terapeutica, con l’altro, con la sala di Sarabanda, con il cielo sopra di noi… Parlando di contatto, penso a un altro incontro che ho fatto qui a Sarabanda: l’incontro con lo shiatsu. Attraverso lo shiatsu ho compreso il significo dell’entrare in contatto con l’altro. Si stabilisce un contatto, lo si mantiene per il tempo necessario e poi si lascia andare. Proprio ciò che avviene nella danza terapeutica. Ho appreso, ricevendo il trattamento, l’importanza della presenza dell’altro, della continuità del contatto. Ricordo un giorno in cui tori ha lasciato il contatto con me (uke) prima della fine del kata. Che vuoto! Era troppo presto e si è creata una discontinuità che ha reso difficile tornare alla continuità precedente.

Page 27: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

27

Nello shiatsu si crea una relazione paritaria: tori non è il terapeuta e uke non è il paziente. Masunaga ribalta il punto di vista e mi insegna che il maestro è il mio paziente. Ci sono due persone in relazione attraverso il contatto e ciò consente all’energia di passare da uno all’altro, ciò consente il cambiamento, entrambi cambiamo. Per questo, nell’incontro con il paziente il terapeuta ha il dovere di essere sincero. Tutto questo avviene nella danza terapeutica! La forma del kata crea un rito che si ripete trattamento dopo trattamento. Esso ha una sua durata, i movimenti sono precisi, la pressione avviene senza forza. Da qui comprendo, incontro dopo incontro, l’importanza della forma, del rito. La presenza di regole chiare e precise consente di dare sicurezza e contenimento. Mi permette inoltre di mantenere la consapevolezza del qui ed ora. La sensazione prodotta dalla pressione può rendere il paziente consapevole del proprio malessere (ciò che accade nel suo organismo) e del suo potere autorisanante, perché, se le sue condizioni non sono gravi, può guarire in virtù delle sue sole risorse fisiche. Il trattamento è adattato al singolo paziente e non alla malattia. Tutto ciò risuona anche con quanto leggerò poi di Trudy Shoop, che parlerà del lavoro sulla parte sana della persona. Non ci rivolgiamo a una persona identificandola con la sua malattia, ma alla persona nella sua totalità e in particolare alla sua parte sana che può agire guarendo la parte malata. Tornando ai miei passi a Sarabanda… entrando qui entro anche in contatto con la musica. Se siamo liberi, la musica ci penetra e ci fa muovere (Maria Fux ). Il suono esercita una pressione fisica, se si lascia che tale pressione si propaghi il corpo inevitabilmente si muove, se si muove con la musica… danza. Sono quindi tutt’uno con la musica, non sto eseguendo passi sulla musica, come spesso mi è capitato di fare nei miei anni di studio della danza. Danzando inter-sono con la musica.

Page 28: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

28

Qui a Sarabanda ho anche imparato l’importanza del silenzio. La musica è anche silenzio, silenzio che prelude a una nota, silenzio che consente di riscoprire il proprio ritmo interno, di danzare la propria musica. E anche qui il silenzio si fa ponte. “Noi udenti, con memoria auditiva, possiamo avere spazi di incontro con il silenzio, ed è lì che il ritmo interno si fa presente per partecipare con il corpo” . E la danza? La danza semplicemente avviene. Già il respiro se lo lascio andare mi consente di danzare, il suo ritmo si propaga come un’onda e se lascio che ciò avvenga già danzo. “La danza terapeutica è la danza nella sua forma più semplice, il linguaggio delle emozioni profonde”, ci insegna Elena Cerruto. Nella radice del metodo ecco la danza moderna: caduta e recupero (D. Humprey), danza come espressione divina dell’essere umano (I. Duncan), danzare in gruppo, con il ritmo del gruppo, ogni movimento del corpo che danza è un tutt’uno con il resto dell’essere umano che danza… e tanto altro. Riscopro qui la danza in un’altra forma, quella che scaturisce dall’espressione delle mie emozioni. Passo dopo passo si compongono dunque gli elementi della danza terapeutica… ecco la formazione! Dopo un primo periodo di formazione, a febbraio inizia il primo contatto con le utenti attraverso i tirocini durante la settimana dedicata a Maria Fux. Qui passiamo quasi tutta la settimana a Sarabanda immersi nelle basi del metodo. I gruppi esperienziali mi consentono di sperimentare approfonditamente il lavoro con i materiali: canna, sedia, carta crespa, elastico…

Page 29: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

29

I materiali consentono il lavoro con le quattro fasi dell’incontro con l’altro: incontro, contatto, trasformazione, distacco. I materiali sono i simboli di ciò che è già dentro di noi… ricordo ancora il lavoro con la canna che a un certo punto da leggera e flessibile si trasforma in un bastone che mi sorregge e poi via via sul quale mi appoggio fino a schiacciarlo a terra e a farlo diventare limitante e rigido. I materiali diventano anch’essi ponte per raggiungere noi stessi e consentire la trasformazione. Il lavoro con i materiali prelude all’incontro con l’altro che avviene nei successivi tirocini. I primi tirocini sono iniziati con il cuore pieno di emozioni, di voglia di incontrare gli utenti, di entrare in relazione… Non è stato per nulla immediato interiorizzare la necessità di entrare nello spazio del tirocinio con il cuore vuoto per poter accogliere. Non è stato facile entrare in contatto con il mio limite, che si frapponeva fra me e l’altro impedendomi di entrare in relazione. A volte non è stato nemmeno facile muovere il corpo con la musica perché troppo teso nel tentativo di controllare la situazione. Anche qui, passo dopo passo incontro dopo incontro piccoli miracoli sono avvenuti dentro di me. Solo mettendo da parte il mio modo di percepire la realtà, posso sentire e rispondere alle esperienze della persona che incontro (così come ci insegna D. Brazier). Mi aiuta la meditazione, anch’essa è una conoscenza che si fa qui a Sarabanda. Quando mi siedo in zazen mi faccio respiro: inspiro ed espiro, uno e due… Così posso fare il vuoto e prepararmi all’incontro con l’altro. Ove mi è stato possibile ho cercato un momento di raccoglimento prima degli incontri. Ove non mi è stato possibile mi sono dedicata alla camminata consapevole o allo stare consapevole sul tram o in macchina, nel qui e ora per tornare a me. Spesso ho percepito la difficoltà di relazionarmi con le utenti soprattutto trovandomi in uno stato d’animo turbato, agitato o irrequieto. Il respiro mi ha aiutata a tornare al centro, alla terra.

Page 30: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

30

E poi come dice Maria Fux danzando stiamo meglio e per questo danziamo e come dice Elena Cerruto, la danza stessa è terapeutica. Quindi è sufficiente lasciare che ciò avvenga, senza opporre resistenza. Altro aspetto alla base del metodo Fux è l’integrazione. Non c’è diversità, nella danza terapeutica siamo tutti insieme nel gruppo, non esiste un diverso. Nei gruppi e durante i tirocini siamo tutti insieme, udenti e non udenti, normodotati e diversamente abili… solo così può avvenire il recupero. La danza terapeutica si rivolge alla parte sana della persona e così tutti possono danzare. Elena Cerruto parla spesso di “corpo-cuore” intendendo la persona, qualsiasi essa sia, che muove i suoi passi nel Cielo-Terra. Penso quindi a me, al gruppo, alle utenti, ai terapeuti i questi termini “corpi-cuore” che danzano, si incontrano, entrano in contatto, cambiano e si separano. Ed eccomi qui, passo dopo passo è passato quasi un anno. Forse in questi fogli non sono riuscita a mettere tutto ciò che avrei voluto, tutto ciò che ho fatto, appreso, vissuto, tutto ciò che è diventato me… ma vorrei concludere con due considerazioni che mi stanno a cuore. Nel suo libro Brazier , riprendendo Tomoda, dice: “Il vero salto o la vera crescita di un individuo ha luogo quando egli è totalmente solo.” Qui con completamente solo non si intende fisicamente solo, ma liberato dagli “estranei interiori”. Gli estranei interiori sono le immagini di altri, temendo il loro giudizio non siamo soli. La terapia può liberarci da loro, perché se ne prende cura e ci solleva dal doverlo fare. Così liberati possiamo seguire il nostro cammino senza interferenze.

Page 31: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

31

Ho sentito questo dono liberatorio in questo anno ed è la danza terapeutica che lo consente. Non è il terapeuta che mi ha liberata (anche se ne riconosco tanti meriti!!). E’ l’unione di tutto quanto ho qui descritto: io, gli altri, la terapeuta, la musica, il silenzio, i materiali, il respiro, il contatto, … Tutto questo ha curato e ha consentito di liberare uno spazio interiore, così mi sono sentita totalmente sola e liberata… … Ma il cammino continua e non senza tempeste! Si perché tutto questo percorso apre canali, crea connessioni, porta a galla lati nascosti e in quest’anno i cambiamenti hanno anche portato alla luce nodi e inevitabilmente creato conflitti e sofferenze. Ma anche l’ombra fa parte di me. Pensando alla crisi, alla tempesta, penso alle parole sentite di recente nel racconto di una monaca del Plum Village, fondato da Thich Nhat Hanh, espresse durante un incontro tenutosi il 9 settembre e che qui cerco di riassumere: Durante la tempesta vediamo l’albero muoversi, scuotersi, i rami sono in balia del vento e guardando i rami piegati e strappati dal vento abbiamo l’impressione che l’albero non possa resistere, che verrà abbattuto. Ma se guardiamo il tronco vediamo che esso è solido e se guardiamo ancora più giù vediamo che le radici sono ben ancorate alla terra. Così se durante i periodi di tempesta della vita stiamo nella mente, possiamo essere sopraffatti e rischiamo di cadere vittima dei pensieri e delle paure, mentre se stiamo nella pancia restiamo centrati e riusciamo a superarli. A Sarabanda sto imparando a stare nella pancia. Passo dopo passo… pronti per un nuovo anno!

Page 32: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

32

I principi base della Metodologia Danza Terapeutica sperimentati nel I Anno di Formazione

Anno Accademico 2010 - 2011 Relazione di Luisa Morfini, Allieva al III Anno di Formazione DMT

I principi della metodologia di Danza Terapeutica che ho potuto sperimentare nel primo anno di formazione sono numerosi: ho scelto di descrivere in questa relazione solo quelli che ho maggiormente potuto approfondire e in particolare solo quelli che ho sperimentato anche nei tirocini. Se parlassi di un principio sperimentato solo su me stessa, mi sembrerebbe una visione parziale. Nella descrizione farò riferimento alle tre radici da cui il metodo Danza Terapeutica trae nutrimento: la radice della Modern Dance, la radice Orientale, e la radice del metodo di Maria Fux. Ciascuna delle tre radici porta una specifica linfa che contribuisce a realizzare l’ossatura del metodo e a definire il senso profondo della Danza Terapeutica. Ho ritrovato sempre gli elementi di queste radici nel percorso di formazione. Per non dare per scontato il loro senso all’interno del metodo, le richiamo qui brevemente. Dalla Modern Dance giunge la consapevolezza che la danza consente l’espressione dell’essere umano con tutte le sue emozioni e sviluppa nuove energie creative; la Modern Dance promosse e ripristinò il rispetto del corpo umano, l’armonia con le leggi che lo governano, l’unità fra danza e vita e tra psiche e corpo. Dal bacino di insegnamenti che si rifanno alle filosofie orientali, la cosiddetta “radice Orientale”, arrivano molti fondamenti della Danza Terapeutica, ma quello che ad oggi ho avuto modo di sperimentare maggiormente è quello che indica l’esperienza come il principale strumento per illuminarsi, per meglio percepire se

Page 33: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

33

stessi nella propria interezza, per essere più vicini alle proprie profonde esigenze interiori, al contrario di quanto avviene con il solo ricorso alle idee. L’esperienza è, per l’Oriente, il solo modo per riunire il corpo e la mente. E il corpo, inteso come una totalità, è la Via. Dalla radice Orientale la Danza Terapeutica trae anche il riferimento ai processi simbolici dei 5 elementi del Chörten (Terra, Acqua, Fuoco, Aria e Spazio) e dei 5 movimenti della medicina tradizionale cinese (Acqua, Legno, Fuoco, Terra, Metallo). Dal metodo di Maria Fux, la Danza Terapeutica assimila diversi aspetti ma ciò che ho fin qui potuto meglio assimilare è la convinzione che sia possibile portare ciascuno ad apprendere il potere espressivo del proprio corpo attraverso la danza. Con stimoli adeguati e indirizzati alla parte sana che è in ognuno, il corpo può abbandonare i “non posso”, trovare un proprio linguaggio e costruirsi un’immagine di sé radicata nella percezione del corpo.

Data questa ossatura, i principi che descriverò sono i seguenti:

A. Una differente esperienza del corpo: il movimento fisico come espressione della propria interiorità in una percezione di sé come un’unità corpo – mente.

B. L’inclinazione al piacere, la parte sana, il limite. C. Il simbolismo orientale in Danza Terapeutica: elementi del Chörten. D. L’approccio all’utenza del metodo Danza Terapeutica.

Page 34: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

34

E. Il cerchio: un esempio di ritualità terapeutica.

A. Una differente esperienza del corpo: il movimento fisico come espressione della propria interiorità in una percezione di sé come un’unità corpo – mente…

“Quando danziamo celebriamo la nostra esistenza, quando danziamo con consapevolezza diamo spazio e ritmo a sensazioni, emozioni, esperienze personali diverse. La danza terapia ci permette di portar fuori attraverso il movimento, anche piccolo e semplice, ciò che a volte rimane troppo chiuso, inespresso e compresso”1.

Il metodo di Danza Terapeutica, come altri metodi di danza terapia, si basa sulla convinzione che l’esperienza del movimento e della danza renda possibile percepire se stessi nella propria interezza, in una unità del corpo con la mente, e che l’utilizzo del potere espressivo del corpo consenta all’individuo un contatto più profondo con se stessi; lo stimolo a questa percezione integrata può svilupparsi in modo naturale nel singolo individuo che danza ma può anche essere stimolata dalle consegne del Terapeuta che attiva questa specifica percezione nell’utente. Tale unità, tale contatto ha forti potenzialità terapeutiche e di trasformazione. Nei gruppi esperienziali la percezione diretta del principio di unità corpo-mente ha avuto per me una potenza illuminante, ancora prima dell’avvio della formazione. Come ho citato anche nella relazione sulle motivazioni che mi hanno portato alla danza terapia, durante un incontro introduttivo ho sperimentato direttamente come la possibilità di esprimere attraverso il movimento un mio disagio psichico me lo rendesse molto più evidente, più visibile e soprattutto come mi rendesse più impellente la sua risoluzione, la necessità di affrontarlo. In breve, la consegna della Terapeuta era quella di percepire il nostro corpo come diviso in parti a cui affidare due polarità distinte e di danzare tali polarità; io avevo scelto di affidare alla mia parte destra la polarità dell’immobilità e alla mia parte sinistra quella del movimento. Mi sono trovata ad esprimere col movimento una mia reale condizione, 1 Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008, p.23.

Page 35: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

35

vale a dire la mia capacità di grandi movimenti di pensiero verso il cambiamento, limitata però da uno scarso coraggio di cambiare poi effettivamente: nella pratica mi muovo molto ma mi sposto di poco, rischio di rimanere sempre “nello stesso posto”: nel corso del gruppo esperienziale la sensazione fisica di spendere grandi energie senza riuscire a spostarmi mi ha dato un disagio pesantissimo, quasi insopportabile, e mi ha generato rabbia e dispiacere, più di quanto mi fosse mai accaduto solo con la consapevolezza razionale del mio scarso “coraggio” verso il cambiamento. In molti altri incontri ho nuovamente avuto modo di vedere con chiarezza la concretezza del principio dell’unità corpo-mente, ma soprattutto di sperimentarlo. Nell’esperienza dei tirocini non posso dire con sicurezza di aver potuto osservare tale principio perché è difficile osservarlo in persone che non siano noi stessi e in particolare in persone o con movimenti limitati e/o con lucidità mentale limitata come quelle delle utenze dei tirocini a cui ho preso parte. Tuttavia, sporadicamente ho osservato qualcosa che forse gli si avvicina nell’utenza psichiatrica della Residenza Sanitaria Assistita di Codogno. In particolare, se posso

assimilare il canto all’espressione corporea, riporto due casi che hanno avuto luogo nel corso di uno stesso incontro e che secondo me potrebbero essere citati come

esempio di unità corpo-mente.

Page 36: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

36

Ben due signore infatti, verso la fine di un incontro molto partecipato hanno preso l’iniziativa di cantare da sole, senza musica e senza che nessuno le avesse stimolate a farlo; si è trattato in entrambi i casi di utenti che sono mediamente “spente” durante gli incontri. La signora Maria, una donna minutissima, tutta ossa, che se ne sta quasi sempre ferma sul divano, piegata su se stessa, alla fine dell’incontro si è messa a cantare “Rose rosse per te”, tutta di filato e con voce forte, piena e bassa (con un effetto di grande contrasto col suo corpicino) unendo anche una certa mimica dei gesti. Un’altra signora, di cui non conosco il nome e che non si muove né canta quasi mai, mentre la Terapeuta stava facendo il cerchio in cui come sempre chiede alle utenti quali brani sono loro piaciuti, ha attaccato a cantare in solitaria un brano apparentemente di sua invenzione, a lungo e fino in fondo. Ho compreso che si trattava di un rimaneggiamento tutto personale e improvvisato di “Rose rosse”, ma con un’altra melodia, un altro testo, solo qualche vago riferimento a dei “fiori rossi”. Ho provato una forte commozione all’ascolto della signora che cantava perché percepivo che era un canto che le veniva dal profondo, che cantare le dava grande piacere, sembrava un impulso irrefrenabile; mi ha colpito che fosse un’improvvisazione: lei evidentemente era “da sola”, per sé, o per lo meno incurante degli altri, dava seguito a qualcosa che aveva o voglia o bisogno di fare, qualcosa di pressante. Ho ascoltato tante di quelle improvvisazioni in musica ma mai nessuna mi aveva commosso così. Le due signore mi sono sembrate molto connesse con se stesse. Molti sono i riferimenti che ho potuto riscontrare negli apporti teorici all’unità corpo-mente che si realizza attraverso la danza. Trudi Schoop, per esempio, sosteneva che l’unità corpo-mente fosse fonte di benessere e armonia e che la danza, permettendo di recuperare questa unità, offrisse una possibilità di cura della sofferenza psichica. Ma la Schoop non era l’unica tra le pioniere della danza terapia ad avere questa fiducia: troviamo riferimenti al collegamento corpo-mente anche nei metodi di quelle terapeute che hanno sposato l’approccio Junghiano e hanno introdotto nella danza-terapia l’immaginazione attiva come strumento terapeutico. Già nel 1916

Page 37: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

37

Jung aveva capito che i suoi pazienti davano forma all’inconscio anche attraverso il movimento corporeo, che egli quindi includeva tra le forme di creatività. Ad esempio, il metodo di Mary Whitehouse si basava, come nella terapia analitica di Jung, sulla convinzione che il processo creativo può dare luogo ad una crescita e una trasformazione nella misura in cui coinvolge la totalità della persona, nei suoi aspetti razionali e coscienti così come in quelli inconsci. Mary Whitehouse riteneva che fosse indispensabile aprire il canale tra la sensazione interiore e l’azione fisica; il movimento doveva scaturire solo come esito di un ascolto interiore, in attesa di un impulso che arrivasse da sensazioni corporee o da immagini inconsce affiorate alla consapevolezza. In sostanza occorreva attendere di poter seguire la sensazione interiore consentendo all’impulso di assumere la forma dell’azione fisica, facendo sì che le connessioni psicofisiche più drammatiche si rendessero disponibili alla coscienza. I riferimenti teorici citati (la Schoop e la Whitehouse) hanno una matrice diversa da quella del metodo di Danza Terapeutica che non ha le sue radici in elementi della psicanalisi. Tuttavia ritrovare gli stessi principi in metodi con riferimenti diversi mi pare un aspetto interessante. A quali principali riferimenti “teorici” si collega invece il principio di unità corpo-mente così come è richiamato dal metodo di Danza Terapeutica? Ai riferimenti rintracciabili nella radice Modern Dance e nella radice Orientale. La gran parte dei pionieri della Modern Dance che operarono in America a partire dagli inizi del secolo scorso intendevano la danza come l’arte che, attraverso il movimento corporeo, permetteva l’espressione dell’essere umano con tutte le sue emozioni; essi sostenevano che la danza è una forma di comunicazione che celebra l’unità dell’uomo, dando spazio a emozioni e sentimenti, che ripristina l’unità fra psiche e fisico, ricompone la polarità corpo – anima. Quanto alla radice Orientale, i maestri zen sottolineano spesso l’importanza di sospendere il pensiero e i condizionamenti; il metodo Danza Terapeutica percorre questa possibilità e la applica alla danza perché la individua come occasione in cui ci permettiamo di dare spazio e ritmo alla nostra emotività, alle difficoltà sedimentate in noi e lasciate troppo a lungo inespresse.

Page 38: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

38

“In uno stato di profondo rilassamento scopriamo lo Spazio come dilatazione del corpo che respira. Quando lasciamo manifestare e dissolvere i pensieri senza giudicarli o esserne tropo coinvolti, scopriamo che tra i pensieri c’è spazio; quando ci svuotiamo dai condizionamenti e dai pregiudizi, guardiamo in faccia le emozioni e possiamo danzarle come pure sensazioni. Lo spazio contiene e permette la manifestazione di ogni cosa: lo spazio della creatività personale, della fantasia, dell’immaginazione”2.

Questa descrizione della danza dello Spazio (“Spazio” inteso dal tantrismo tibetano come una delle cinque energie elementari) chiarisce a mio avviso come il metodo di Danza Terapeutica sostanzi l’unità corpo - mente. … e in più, l’importanza della centratura del corpo. Un passaggio importante verso la percezione dell’unità è quello della centratura del corpo che in Danza Terapeutica si compie all’inizio degli incontri e che è funzionale a tutto il lavoro che segue. La respirazione, l’allungamento e l’allineamento della colonna vertebrale, la percezione del proprio centro sono tutti elementi che concorrono a settarsi in un contatto più diretto con se stessi e con la propria mente. I gruppi esperienziali della formazione sono iniziati quasi sempre a partire da tale pratica. Anche la danza della Terra, mutuata dal Chörten tibetano, è una pratica di movimento che contiene questi elementi e integra la centratura del corpo; essa, sviluppata e affinata nei gruppi esperienziali che si sono succeduti, liberata via via da abbellimenti e ridotta all’essenziale (partire da terra, sollevarsi ed elevarsi verso il cielo per poi tornare a terra), diventa un rituale della Danza Terapeutica. Anche nei tirocini ho potuto osservare l’importanza di questo principio. Presso la Casa di Riposo per anziani di Merate, ad esempio, ho osservato negli anziani la

2 Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008, p.50

Page 39: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

39

grande funzionalità della centratura del corpo, pur nella limitatezza della funzionalità dei loro corpi. Tutti gli incontri sono iniziati lavorando sul respiro e sullo scioglimento della schiena con una cura diretta della Terapeuta al singolo utente. La mia personale sensazione è che l’apertura del petto e della schiena fosse il massimo della centratura che questi utenti potessero permettersi, ma che comunque questo “rito” (una sorta di condensato di danza della Terra per loro) generasse grande benessere; ho infatti notato come essi si atteggiassero, si predisponessero a fare questo rituale di “apertura” all’avvio dell’incontro, ancora prima di ricevere la consegna da parte della Terapeuta. Ho notato un atteggiamento simile anche nell’utenza della Residenza Sanitaria Assistita di Codogno dove gli incontri sono con utenza psichiatrica; all’inizio di ogni incontro di musico-terapia, alcune utenti si assestano già in alcune posizioni che probabilmente sperimentano negli incontri di danza terapia tenuti dalla stessa Terapeuta di Merate. Potrebbe trattarsi di un “banale” condizionamento, un’associazione mentale, ma intanto la centratura ha luogo. A livello di apporti teorici, nella storia della danza-terapia ho trovato riscontro dell’importanza della centratura del corpo nel lavoro di Trudi Schoop e di altre pioniere. Per la Schoop la postura e l’allineamento del corpo offrono informazioni sulla considerazione che le persone hanno di sé: un corpo allungato, centrato, in equilibrio è un “corpo con un punto di vista”; la Schoop faceva lavorare i pazienti sulla consapevolezza dell’atteggiamento corporeo e li aiutava a capire di avere un centro da cui originano tutti i movimenti. Secondo la Schoop il nostro centro si trova nell’addome che è l’equivalente psichico del sé ed è indicativo della relazione che l’individuo ha con se stesso e con il mondo attorno. Ogni movimento è diretto verso il centro o lontano da esso, così come succede a ogni sentimento; il centro svolge un’azione di bilanciamento tra azioni ed emozioni, tra interno ed esterno.

Page 40: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

40

“Non sentire il proprio centro equivale a non sapere chi si è, i movimenti sono vaghi, il discorso è inarticolato e privo di partecipazione emotiva”3. Indicazioni sull’importanza della “centratura” arrivano anche dalla radice Orientale: in numerosi testi troviamo l’indicazione di quanto sia importante, per praticare qualsiasi disciplina o forma d’arte, esercitare se stessi nella capacità di trovare una condizione di presenza fisica e di spirito non turbato; nel testo “Lo zen e il tiro con l’arco”, ad esempio, l’autore ci dice: “La liberazione dall’Io, l’interiorizzazione e la condensazione della vita necessari a una totale presenza dello spirito non vengono lasciati a felici disposizioni naturali […]. Prima di agire e operare, prima di abbandonarsi e immedesimarsi, quella presenza dello spirito viene invece provocata e assicurata con l’esercizio”4. “In questo modo si trasforma in una cerimonia che interpreta la grande dottrina. […] Se tutto dipende dal sapersi inserire nell’accadimento col perfetto abbandono di sé e di ogni intenzione, il compimento esterno dovrà prodursi come da solo, senza che la riflessione lo guidi e lo controlli”.5 La centratura del corpo, la corretta respirazione… non sono forse i primi passi per arrivare a quanto descritto? B. L’inclinazione al piacere, la parte sana, il limite

“Dopo la caduta il mio corpo si è fatto parola”6 e

“Cosa puoi fare con una sola nota?”7 Sempre a proposito di corpo (e d’altronde, il corpo è sempre protagonista nella danza)… una delle evidenze è che danzando si riscopre il piacere che si sviluppa in 3 Da: Trudi Schoop, “Won’t you join the dance”, così come citato in Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008, p.87 4 Eugen Herrigel, “Lo zen e il tiro con l’arco” Adelphi, Milano, 2009, p. 55 5 Ibidem, p. 56: 6 Maria Fux materiale video presente presso Associazione Sarabanda 7 Biagio Coppa, maestro di musica, durante una lezione alla sottoscritta

Page 41: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

41

modo naturale dal movimento. Come sosteneva anche Trudi Shoop, “Il corpo ha un’inclinazione innata al piacere”8 e questa constatazione apparentemente così semplice ha una grande ricchezza e potenzialità perché significa che anche un corpo con difficoltà fisiche o che esprima difficoltà psichiche riuscirà sempre a trovare il piacere di muovere almeno la “parte sana” presente in lui, in lui come ogni essere, per quanto in difficoltà e confuso sia. Maria Fux ha sviluppato a fondo questo concetto, ma anche altre danza-terapeute della storia lo hanno approfondito; è ancora Trudi Shoop che dice: “voglio cercare di guarire le ferite dell’anima dando a ciascuno un sentimento nuovo e positivo rispetto al proprio corpo”9. Il metodo di Danza Terapeutica assume questo principio: la danza, valorizzando la parte sana, riesce a far percepire diversamente i propri limiti. Nei gruppi esperienziali ho sperimentato in prima persona non solo il piacere del movimento, ma anche la potenzialità del lavoro con il limite (per esempio, avendo il limite di tenere gli occhi chiusi durante un incontro con Elisabetta, un’utente non vedente, oppure imponendo limitazioni al mio movimento, o in molte delle esperienze sperimentate durante la “settimana Fux”). In particolare gli incontri di questa natura mi hanno fatto fare esperienza di due aspetti: a. lavorando con il limite si scopre che la parte sana può fare molto di più di quello

che è abituata a fare: il suo movimento può essere molto più pieno, più articolato, può esprimere di più di quello che ci si aspetta e chi si muove diventa molto più consapevole di quanto “possiede”, delle sue qualità; questa cosa mi ha interessato tanto al punto che - piccola digressione - ho voluto sperimentarla anche in musica, provando a suonare una melodia con una sola nota, suonandola in tutte le modalità che mi venivano in mente (diverse le dinamiche, gli accenti, il volume, la durata, ecc.); la sorpresa è stata grande: con una sola nota si possono fare cose molto interessanti.

8 Trudi Schoop, così come citata in Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008 9 Trudi Schoop, così come citata in Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008

Page 42: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

42

b. danzare i propri limiti e quindi percepirli fisicamente, consente di stabilire con essi un contatto, un ascolto e un’accettazione che può essere anche una spinta alla liberazione e alla trasformazione.

Ho avuto testimonianza di tutto ciò anche attraverso gli apporti teorici. Maria Fux ha lavorato moltissimo e continua a lavorare con persone portatrici di diversi limiti (non vedenti, non udenti, persone con disagi psichici, ecc.); ha dimostrato, insieme a queste persone, che accettare il limite, non reprimerlo ma tradurlo anzi in movimento, rende più consapevoli e diventa un punto di partenza per esplorare se stessi, scoprire la dimensione creativa del proprio corpo e, insieme, anche il mondo circostante, gli altri, con i quali è possibile stabilire un differente tipo di comunicazione. La frase che ho citato in apertura di paragrafo è la sintesi di ciò che Maria ha compreso dopo che una brutta caduta le aveva procurato un danno ad una gamba: nel tempo, piano piano, lavorare con l’arto malandato l’ha portata a far parlare il suo corpo attraverso la danza, a dare voce al limite che diventa strumento di comunicazione. Oltre a Maria Fux e a Trudi Schoop (già citata in apertura di paragrafo), anche altre danza-terapeute hanno sottolineato il potere della danza del proprio limite. Anna Halprin, per esempio, una terapeuta che lavora con malati di cancro e di Aids, ha scritto:

“Danzando il mio lato ombra e le mie forze distruttive, notai il rinnovarsi della potenza energetica e mi sentii più pronta a danzare il lato arcobaleno, […] mi sentii connessa con una forza vitale più vasta, più estesa […].”10

Il contesto del tirocinio presso la Casa di Riposo di Merate è stato un osservatorio molto interessante in questo senso perché ho potuto verificare sia l’inclinazione al piacere che il lavoro con la parte sana. Gli anziani infatti sono utenti che hanno spesso numerosi “limiti”, soprattutto di movimento (molti utenti sono in carrozzina), ma anche di presenza mentale, di lucidità. A Merate con un gruppo che ho potuto seguire sin dal suo avvio ho notato 10 Citazione contenuta in Elena Cerruto, “A ritmo di cuore – La Danza Terapeutica”, Xenia Edizioni, Milano, 1994, p. 41

Page 43: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

43

che il coinvolgimento motorio degli utenti è molto aumentato nel susseguirsi degli incontri ed è diventato sempre più evidente; anche coloro che negli incontri precedenti non si erano mossi molto, nel tempo lo hanno fatto; in alcuni incontri molti utenti sono riusciti a seguire un’indicazione di movimento delle gambe, cosa che mi ha sorpreso perché in precedenza gli stessi utenti non le muovevano molto: anche le persone in carrozzina cercavano di muovere comunque i piedi, per lo meno di sollevarli e di snodare le caviglie, se pur in modo limitato. C. Il simbolismo orientale in Danza Terapeutica: elementi del Chörten.

“Per sentire l’energia dei simboli occorre in qualche modo sperimentarli, viverli.

Essi sono incarnati nella nostra esperienza; è quindi attraverso il corpo, mediatore tra assoluto e relativo, che possono rivelarsi […]”11.

La danza è un linguaggio non verbale e i gesti che la compongono possono essere espressione di contenuti emotivi molto diversi da persona a persona; tuttavia nei gesti e nei movimenti c’è una valenza simbolica che è condivisibile collettivamente. A livello personale conoscevo le potenzialità del simbolismo collettivo (gli archetipi), ne avevo sperimentato la presenza e la forza nello studio dei miti e nell’analisi dei sogni; ma non avevo esperienza del poter simbolico dei gesti. Il percorso di Danza Terapeutica e il particolare ricorso al simbolismo che il metodo prevede mi hanno fatto comprendere l’energia dei simboli anche nella danza. Ed ho realizzato personalmente quanto affermato da Elena Cerruto e riportato a inizio paragrafo. Anche Ngapka Chögyam in “Le energie elementari del Tantra” sostiene che i simboli hanno senso e forza quando veramente “nascono da ciò che è simboleggiato”12 e quando c’è una connessione reale tra simbolo e simboleggiato. In sostanza, se i simboli non sono una costruzione intellettuale ma qualcosa di intuitivo, di immediato, di sperimentato, essi ci sono di aiuto nella vita quotidiana.

11 Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008, Milano, p.47. 12 Ngapka Chögyam, “Le energie elementari del Tantra”, Ubaldini Editore, 1991, Roma, pag 46.

Page 44: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

44

Il metodo Danza Terapeutica utilizza ampiamente il simbolismo proposto da N. Chögyam nel testo citato e in particolare assimila e rimodella i contenuti della progressione simbolica del Chörten tibetano: il Chörten è descritto e proposto da Chögyam come affascinante percorso di consapevolezza e trasformazione dall’Essere confuso all’Essere liberato grazie al passaggio attraverso le 5 energie elementari (Terra, Acqua, Fuoco, Aria e Spazio); nel metodo di Danza Terapeutica tale simbolismo diventa una sequenza a cui fare riferimento in un percorso di danza che canalizza l’azione creativa: “Il viaggio danzato all’interno della simbologia degli Elementi costituisce una base solida sulla quale lavorare, ma al tempo stesso lascia ampio spazio alla creatività personale”13. Nei gruppi esperienziali abbiamo sperimentato su noi stessi la potente valenza simbolica di alcune energie elementari; quelle che meglio ho trattenuto fin qui sono l’energia elementare della Terra e quella del Fuoco; ho assimilato il senso del simbolismo legato all’elemento Terra grazie alla ripetuta sperimentazione della danza della Terra; quanto al simbolismo dell’energia elementare del Fuoco, nonostante lo abbia sperimentato in minor misura, mi ha sempre molto appagato perché attraverso di esso la mia danza ha dato visibilità alla mia emotività, perché l’energia del fuoco mi rappresenta per molte caratteristiche, sia nella sua energia liberata che, ahimé, in parte nella sua energia distorta. Il Fuoco per Chögyam è una forza vitale ma, nella sua forma distorta è anche una forza incontrollata, è desiderio e passione che brucia ciò che tocca, è incendio distruttivo, che non tollera distanza tra sé e l’oggetto del desiderio e quindi non lascia la possibilità di osservare. Nella sua forma liberata l’energia elementare del Fuoco ci scalda e illumina l’oscurità permettendoci di vedere nella notte, allontana i predatori notturni, infondendo protezione. “Dobbiamo imparare l’arte simile al sogno di limitarci a […] imparare ad ammirare e apprezzare i fenomeni che ci passano sotto gli occhi senza sentire il bisogno di affrerrarli”14. Mi affascina trovare tanta rispondenza in un simbolismo e mi affascina ancora di più vedere che esso prende visibilità anche grazie alla danza con una evidenza a cui

13 Ibidem, p.48. 14 Ngapka Chögyam, “Le energie elementari del Tantra”, Ubaldini Editore, 1991, Roma, pag. 78

Page 45: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

45

la mente da sola non arriverebbe. In particolare ho notato che, se mi osservo nel mio quotidiano, mi pare di incarnare l’energia liberata del fuoco; mi sento energia che scalda, che infonde protezione, ritrovo in me il desiderio di sapere, di comprendere i fenomeni senza possederli, ritrovo la partecipazione empatica... Parimenti mi sento sempre proiettata verso il cambiamento, altra qualità dell’energia del fuoco. Nella danza tuttavia succede l’inverso: do visibilità all’energia distorta del Fuoco. Elena Cerruto descrive così la danza del Fuoco: “Nel fuoco vi è la danza del “io posso”, la danza per la conquista e il mantenimento del centro, la danza che sa donare”15; ma io ancora non la vivo così; per me la danza del Fuoco è ancora incendio, la mia danza del fuoco dà visibilità, dà forma di fisica e movimento ad una frenesia di cui il mio corpo (è lui?) sente il bisogno; la stanchezza fisica provocata dal grande dispendio di energia avvia una chimica di cui il mio sangue sembra davvero aver bisogno. E’ come se mi piacesse sentire l’acido lattico e il respiro corto. Ho invece sperimentato il simbolismo dell’energia elementare dell’Acqua soprattutto nei tirocini svolti presso la casa di riposo per anziani di Merate, dove la Terapeuta ha adattato il tema alla specifica utenza. Riporto brevemente il diario di alcuni incontri. In un incontro, dopo aver suggerito di far entrare attraverso le dita di una mano la musica in altre parti del corpo, la Terapeuta ha proposto di percepire la musica come fosse acqua che scorre addosso, acqua che con le mani possiamo portare sulla testa, poi sulle spalle e sui punti doloranti, con massaggi molto dolci. In seguito l’indicazione della Terapeuta è stata quella di provare a immaginare di essere immersi nell’acqua e di sentirne le onde, lavorando con movimenti del busto e delle gambe; la consegna in particolare era quella di percepire sia l’andata che il ritorno dell’onda e di abbinare al movimento di ritorno dell’onda una sonorizzazione col respiro; immagino che l’idea fosse di far percepire la dinamica della tensione e del recupero.

15 Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008, Milano, p. 49.

Page 46: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

46

Per finire la Terapeuta ha chiesto, in un breve cerchio verbale: “come stai dentro quest’acqua?”; gli utenti hanno più o meno tutti detto di sentirsi rilassati ed una signora ha detto di aver voglia di dormire. In un successivo incontro il tema è stato il contatto con la profondità, attraverso il ricorso alle sensazioni legate al mare. Per far incontrare il mare, la Terapeuta ha presentato dei larghi teli azzurri in lycra e li ha fatti tenere tesi, sollevati da terra, mostrando come fosse possibile muoverli e immaginare su di essi le onde del mare; il contatto col mare è avvenuto creando due piccoli cerchi di utenti, ognuno dei quali teneva un telo: la Terapeuta ha invitato a toccare la superfici, a guardare sotto il telo, ad ascoltare le proprie sensazioni: “Cosa senti? Cosa vedi?” La trasformazione è avvenuta attraverso lo stimolo della Terapeuta: “Cosa regaliamo al mare o di cosa ci vogliamo liberare?”; molti utenti hanno detto: i ricordi. In un terzo incontro l’Acqua è stata presentata come occasione di contatto con la profondità. La Terapeuta ha presentato una ciotola piena di sale... “Questo è il sale che viene dal mare: cosa vi fa venire in mente?” e ha fatto passare la ciotola chiedendo di affondare una mano nel sale e di dire che cosa arrivava da questo contatto; gli utenti hanno fatto molta fatica ad esprimere sensazioni: il contatto con la profondità non è sempre semplice, soprattutto non è semplice restituirlo verbalmente. D. L’approccio all’utenza del metodo DANZA TERAPEUTICA Attraverso i gruppi esperienziali ho compreso che l’approccio all’utenza deve essere caratterizzato da alcuni principi: cautela e rispetto nei confronti dell’utente, cura nell’osservazione fin dal primo

incontro; non giudizio, non supponenza nei confronti dell’utenza, vale a dire, il terapeuta

non deve pensare di conoscere già la diagnosi appena entra in contatto l’utente; centratura del terapeuta: come nello Shiatsu, il Terapeuta non deve mettere il

suo disequilibrio sul utente, ma deve piuttosto avere un proprio equilibrio dal

Page 47: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

47

quale partire per avviare nell’utente delle trasformazioni; il terapeuta deve essere connesso pienamente con ciò che sta facendo per poterlo passare all’altro, per poter attivare in lui delle trasformazioni.

In sostanza il Terapeuta non deve mai interpretare, mai giudicare né descrivere l’utente ricorrendo ai “perché”, non deve pensare: “l’utente fa così perché…”. Se interpreta, se lavora con categorie, il Terapeuta si chiude le possibilità di aiutare l’utente. Il Terapeuta si deve limitare ad osservare “come” funziona un utente in un dato contesto e in un dato momento, guardando senza giudizio: se il Terapeuta dà all’utente la consegna, per esempio, di aprire e chiudere il petto, deve guardare l’apertura e la chiusura, e non l’utente che le fa. Nei gruppi ho anche verificato che è molto importante non solo osservare e avere cura di come arriva l’utente, ma soprattutto di come se ne va. Il “come se ne va” dipende da come il terapeuta lo prepara e lo immerge nella terapia, come lo trasforma ma anche specificamente da come lo fa uscire, come lo distacca; questo perché la cosa più importante è come l’utente sta fuori, non come sta nella danza terapia. In questo senso uno dei primi principi che ho imparato e sperimentato direttamente nei gruppi è stata l’applicazione delle 4 fasi di “Incontro-contatto-trasformazione-distacco” come sequenza più corretta di danza terapia, ciascuna con le sue peculiarità. La sperimentazione di queste 4 fasi nei gruppi esperienziali è stata molto utile: la abbiamo applicata fin dall’inizio della formazione, quasi subito, come sequenza di tutti gli incontri, ma soprattutto la abbiamo sperimentata nei suoi aspetti di cura, ascolto, non giudizio e capacità di stimolare trasformazioni e di prendersi cura anche del distacco; abbiamo fatto questo sia ricorrendo ad alcuni materiali (carta crespa, teli in lycra, elastici, veli colorati, ecc.) che abbiamo trattato come fossero un “altro” (un utente, una parte di noi da “trattare”, ecc.), sia lavorando su noi stessi e sperimentando nelle varie fasi, la cura, il rispetto e il non giudizio. Nei tirocini con l’utenza “anziani” nella Casa di Riposo di Merate ho potuto comprendere e vedere applicato il particolare approccio di ascolto non giudicante

Page 48: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

48

nella relazione con l’utenza e più in dettaglio la specifica modalità di cura nella fase del contatto. Dai gruppi esperienziali e dagli apporti teorici avevo appreso che il contatto nella danza terapia non deve mai essere invasione ma presenza, contatto come attenzione e ascolto profondo di sé e dell’altro. La Terapeuta in numerose occasioni ha spesso applicato questo approccio di cura personale con alcuni utenti e risolto, con la cura e l’ascolto, dinamiche particolari che si sono generate nel corso degli incontri. In più di un’occasione, nella fase di preparazione e di coinvolgimento degli utenti (da portare dai loro tavoli al cerchio), la Terapeuta è riuscita a far partecipare utenti che a noi tirocinanti avevano detto di non voler venire. La Terapeuta resta presso di loro quel tanto in più che basta per farli venire nel cerchio; non mi sembra che li forzi. Il punto è che fa questo apparentemente incurante del tempo che passa e degli altri che aspettano già pronti. Io d’istinto a suo tempo avrei fatto il contrario (ora non più), privilegiando il gruppo, e invece mi rendo conto che è corretto il suo comportamento perché immancabilmente le persone che riesce a portare nel cerchio sono poi molto attive e partecipano pienamente alle attività. Il coinvolgimento degli utenti pare quindi decisamente prioritario per la Terapeuta, rispetto alla quantità di tempo da dedicare alle attività. Ma la cura della Terapeuta a Merate si è sostanziata anche in un altro modo che mi è parso molto importante; cito un esempio. Durante un incontro una signora con l’Alzheimer voleva le fosse tolta la cintura di contenimento: visto che non le era riuscito di farsela togliere da me, la signora ha cominciato a lamentarsi con voce udibile da tutti, attirando l’attenzione dei presenti e della Terapeuta; la Terapeuta ha di conseguenza cambiato il tipo di attività in corso d’opera, proponendo di ascoltare la signora in questione, lasciandole lo spazio per esprimere la sua lamentela circa la cintura e in generale la sua sofferenza rispetto al trovarsi nella casa di cura (la signora lamentava in particolare la mancanza di rispetto, collegando questa condizione alla cintura di contenimento a quanto pare utilizzata anche nel letto). Da questo ascolto la Terapeuta è partita per un nuovo sviluppo del percorso, stimolando l’espressione anche degli altri presenti, con movimento e verbalizzazione, sulla sofferenza e il desiderio di rispetto.

Page 49: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

49

Nel corso del tirocinio di Merate ho osservato numerosi esempi di questo tipo che mi hanno reso evidente come l’attenzione all’utenza sia un principio fondamentale nel metodo di Danza Terapeutica che prevedere di modificare il percorso ipotizzato in partenza per tenere conto di ciò che emerge dall’utenza. La Terapeuta dà sempre attenzione sia a chi disturba (e intuisco che sia un modo per non escludere nessuno) sia a chi ha problemi: si avvicina, si lascia sussurrare i pensieri degli utenti, lasciando in sospeso gli altri. Devo dire che nessuno si lamenta. La modalità di “ascolto e trasformazione degli interventi” che opera la Terapeuta vale anche in positivo: più volte è capitato che a partire da un commento di un’utente ad una consegna della Terapeuta, il lavoro sia cambiato. Ho osservato questo aspetto anche nel tirocinio presso l’RSA di Codogno con utenza psichiatrica dove la Terapeuta ha spesso impostato in corso d’opera le attività (prevalentemente l’ascolto di musica) cercando al momento i brani musicali più adatti a rispondere all’umore dell’utenza, per andare a toccare le corde in quel momento più importanti per le utenti. Anche negli apporti teorici della radice Orientale è possibile ritrovare l’importanza di un atteggiamento non giudicante del terapeuta e l’importanza di un contatto non invasivo nei confronti dell’utente; è possibile infatti assimilare le qualità di un terapeuta a quelle di un maestro zen; ce lo dimostra ad esempio David Brazier nel testo “Terapia Zen”16; ma anche in altri autori17 la descrizione che viene fatta del comportamento di un maestro zen dà moltissimi spunti per l’approccio di un terapeuta; cambiano leggermente i termini utilizzati ma il senso è identico: le parole che usa la disciplina zen per descrivere le qualità di un maestro sono “vuoto” e “aperto”, ed è immediato comprendere che, se anche il terapeuta svuota la propria mente, egli lascia meglio al paziente modo di riempirla. Secondo Brazier, per esempio, “è il nostro stesso vuoto a iniziare il processo terapeutico”.18 Il terapeuta deve essere aperto verso l’individuo che arriva, raggiungendo uno stato mentale

16 David Brazier, Terapia Zen, Newton & Compton Editori 17 Eugen Herrigel, “Lo zen e il tiro con l’arco” Adelphi, Milano, 2009 18 David Brazier, Terapia Zen, Newton & Compton Editori, p. 23

Page 50: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

50

pacifico, poi gentile, poi amorevole, deve “spendere un po’ di tempo a mettere il paziente a proprio agio”19; il paziente è già pieno e ha bisogno di svuotarsi. Tra gli apporti teorici che trattano l’approccio all’utenza, mi sono state molto utili anche le letture relative alla storia della danza terapia, nella misura in cui ho potuto verificare che i metodi di alcune pioniere sono stati in parte assimilati dal metodo della Danza Terapeutica. E’ il caso, ad esempio, di Marian Cache che sosteneva l’importanza di incontrare il paziente “dove lui si trova” a livello emotivo; per fare questo Marian Cache utilizzava il rispecchiamento con l’utenza, concetto non esattamente mediato nella Danza Terapeutica ma basato sullo stesso principio: l’ascolto, l’osservazione; la Cache, con i propri movimenti e le espressioni emotive riprendeva le espressioni dei suoi utenti, per far sì che si sentissero compresi e accettati e sostenuti nell’esplorazione del contenuto affettivo che poteva così manifestarsi a livello cosciente in maniera meno traumatica. Non era imitazione, bensì empatia a livello motorio; non era mera riproduzione del movimento, ma riproduzione del contenuto emozionale; allo stesso modo la Cache parlava mentre danzava e riecheggiava frasi e parole dei suoi pazienti, ampliando e trasformando ritmicamente sia la verbalizzazione, sia l’azione fisica. La definizione di questa modalità è “empatia cinestetica”. E. Il cerchio: un esempio di ritualità terapeutica

“Il rituale ritmico […] rappresentava l’anima della tribù”20

19 Ibidem, p. 24 20 Ted Shawn, “Dobbiamo danzare”, Edizione Gremese, Roma, 2008, pp. 58, 59.

Page 51: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

51

Il metodo Danza Terapeutica accoglie al suo interno il potere del rito che accompagna la danza. Come ricorda tra gli altri anche Ted Shawn in “Dobbiamo danzare”, la danza nacque presso i popoli primitivi come rito di propiziazione e di manipolazione delle forze cosmiche. Danze magiche per favorire un buon raccolto, danze per curare le malattie, danze di iniziazione dei giovani, danze che danno forma alle credenze religiose.

“La religione e la danza, in principio, erano un’unica medesima attività: la danza era la forma e la religione il contenuto”21…

Ted Shawn sottolinea che “Il primitivo danzava con un sincero e deciso proposito e […] si dedicava ad un’attività sacra con lo scopo di giovare alla sua gente. […] La danza ha fatto sì che l’uomo socializzasse ed è forse per questo che l’uomo primitivo trovava nella danza un modo di risolvere le difficoltà e le divergenze di opinioni, impegnandosi a condividere per ore questo rituale ritmico capace di unire le persone e che quindi rappresentava l’anima della tribù”22.

21 Ibidem, p.62. 22 Ibidem, p.62.

Page 52: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

52

Ho scelto queste frase di Shawn perché evidenzia come la ritualità della danza avesse una funzione per il gruppo in cui aveva luogo e quindi mi piace molto perché in ogni incontro di Danza Terapeutica ritrovo questa dimensione del rito di gruppo. E, nello specifico, ciò che meglio incarna la ritualità della Danza Terapeutica è il cerchio di apertura e chiusura di ogni incontro. Il cerchio dei gruppi esperienziali è di per sé terapeutico perché porta l’anima di ogni componente del cerchio ad affacciarsi e a presentarsi sulla soglia dello spazio vuoto che esso delimita. Ecco il vuoto dello zen che ritorna… il vuoto terapeutico. Non a caso il cerchio viene da lontanissimo, viene dai molti rituali danzati primitivi e questo perché simboleggia una condizione di uguaglianza, un luogo dove tutti sono alla pari, tutti in “comunione”; nel cerchio tutti possono vedere gli occhi di tutti. “Le distanze tra le persone sono uguali, […] il battito del cuore è percepibile…”23 Nei gruppi ho sperimentato che la ritualità del cerchio rafforza la dimensione di gruppo e in gruppo le persone sviluppano senso di appartenenza e di responsabilità di uno verso l’altro; per questo, nella misura in cui la danza terapia assume uno specifico valore se realizzata in gruppo, il simbolismo del cerchio si riempie di senso. Analizzando gli apporti teorici, molto istruttive mi paiono le indicazioni su questo piano che arrivano dai testi della radice Orientale. Le frasi che seguono mi danno piacere e conferma.

“Lo zen usa il rituale terapeuticamente. I rituali hanno forme tradizionali, ma il vero rituale non è stereotipato. E’ un dramma vivente dotato di un grande potere terapeutico. […] Anche la terapia è un rituale. Il rituale è un’azione sacra. La vita moderna tende a distruggere il sacro. Lo zen lo intensifica. Lo zen ci fa provare la

23 Elena Cerruto, “A ritmo di cuore – La Danza Terapeutica”, Xenia Edizioni, Milano, 1994, p. 200

Page 53: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

53

sacralità del respirare, del camminare sulla terra, del restare in silenzio per un momento, del rimanere seduti o sdraiati. […] Molti riti iniziano con la delimitazione di uno spazio speciale. Il cerchio magico ha una storia che si perde nella notte dei tempi. […] Possiamo creare lo spazio formando un cerchio e tenendoci per mano. […] Lo spazio è vuoto. Cominciamo in silenzio. Ovviamente non creiamo realmente lo spazio. Ma, demarcandolo, rendiamo visibile il vuoto. […] Ritornare sempre di nuovo, inevitabilmente, al fertile vuoto, al silenzio, alla solitudine […] e trovarlo prezioso. Lo spazio è un utero, un luogo in cui crescere. […] Una delle cose più importanti che un terapeuta deve imparare è saper dare al paziente uno spazio in cui crescere”24.

Quanto alla funzionalità del gruppo, vediamo che molte danza-terapeute del passato hanno valorizzato il lavoro di gruppo. Trudi Schoop sosteneva che nel gruppo i movimenti di tutti diventano accettabili. “Nel gruppo […] i diversi stati d’animo presenti possono stimolare tutti e il lavoro; il gruppo permette a ciascuno di lavorare col proprio passo, di non sentirsi obbligato a reagire alle consegne e agli stimoli. L’Altro pone un limite e parimenti una ricchezza al nostro agire, al nostro sentire, come nella quotidianità”25. Tra l’altro anche la Schoop prevedeva una fase di riscaldamento in cui gli utenti si tenevano per mano in cerchio, in piedi, facevano oscillazioni con le gambe, poi con le braccia, poi con tutto il corpo, cercando l’equilibrio con la consapevolezza del corpo. Per concludere, mi sono domandata cosa succede quando il cerchio non è solo un rituale di apertura e chiusura di un incontro (quindi uno spazio di verbalizzazione, di restituzione al gruppo e a se stessi) ma anche uno spazio di danza/movimento come succede con le due utenze “anziani” e “donne psichiatriche” dei due tirocini che ho fin qui seguito.

24 David Brazier, Terapia Zen, Newton & Compton Editori, pp. 21, 22 25 Trudi Schoop, così come citata in Elena Cerruto, “Metodologia e pratica della Danza Terapeutica”, Franco Angeli Editore, 2008

Page 54: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

54

Quando un’utenza ha limiti di mobilità (carrozzina, sedie) e non può muoversi in intimità con se stessa, quando è necessariamente sotto lo sguardo degli altri, a loro ininterrottamente visibile, cosa succede? Perde forse quella l’intimità” della danza-movimento terapia che porta con sé l’unità corpo-mente? Se confronto la mia esperienza nei gruppi esperienziali presso Sarabanda, in cui tutti nell’ampia sala di godono di una grande disponibilità di spazio e della possibilità di isolarsi, con quella del cerchio di sedie e carrozzine negli spazi ristretti delle due situazioni fin qui sperimentate, mi rendo conto che esiste un limite oggettivo per questi utenti: essi non potrebbero comunque sdraiarsi per terra da soli in un angolo o correre lungo i perimetri di una stanza… Essi hanno oggettivamente dei limiti. Ecco allora che torna la danza del limite, che valorizza appunto il limite e forse, ecco! fra tutte le forme in cui degli individui si possono riunire, il cerchio è quella che meglio si presta a muoversi con un limite perché è un limite condiviso alla pari, uguale per tutti. I volti sereni degli utenti di Merate e Codogno alla fine degli incontri mi pare possano confermarlo.

Page 55: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

55

La mia danza Esperienza di Elisabetta Vianello,

Non vedente insegnante di yoga e poetessa che frequenta i corsi di DMT

Mi chiamo Elisabetta, sono non vedente e pratico la DanzaTerapia a Sarabanda da circa dieci anni. Desidero, con questo scritto, dire che cosa rappresenta la danza per me e quali frutti continua a darmi. La DanzaTerapia è diventata per me uno stile di vita e mi aiuta a conoscere meglio me stessa. Infatti, quando danzo, posso immergermi nel mio mondo interiore e far riemergere, dal profondo del cuore, emozioni e sensazioni antiche, assopite da molto tempo, anche da anni. Mi rendo conto che molto spesso noi siamo prigionieri delle nostre emozioni e questo ci fa soffrire. Ogni giorno le emozioni nascono in noi, però non ne siamo in ascolto o le giudichiamo prima che escano: perciò danzare liberamente, in uno spazio dove non si è giudicati e criticati da nessuno, dove ci si può lasciare andare, facendo venir fuori tutto quello che si ha dentro, può aiutare a sbloccare molte tensioni. Grazie alla danza riesco ad acquisire una maggiore consapevolezza del mio corpo:

Page 56: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

56

correggo atteggiamenti sbagliati, riscopro alcuni movimenti dimenticati, riesco a sbloccare tensioni fisiche e psichiche. Il mio respiro diventa vivo e palpitante soprattutto nelle regioni in cui è più bloccato come il diaframma o l’addome; il sangue scorre meglio; il cuore batte in modo armonioso ed io sento un grande calore in tutto il corpo. Quando danzo lo spazio che mi circonda non è più mio nemico perché riesco a muovermi con semplicità ed una certa disinvoltura, andando oltre il limite, vedendo quasi con il corpo. La musica mi trascina, penetra in tutte le mie ossa, mi fa volteggiare, girare, cadere, sedere per poi rialzarmi ed esprimere col corpo tutti i miei sentimenti più profondi. La mia danza diventa così un vero e proprio linguaggio corporeo che mi permette, nel silenzio, di mettermi in contatto con le mie compagne, comunicando loro la mia vera personalità, quella essenziale, che si trova nella regione del cuore. Questo linguaggio è creativo perchè viene dal corpo, ma anche piacevole perché è legato alla mia sensibilità e al mio vissuto interiore. A Sarabanda si danza a piedi nudi. Questo non è una follia, ma nasce dal desiderio di lasciar fuori dalla porta qualcosa di sé, per potersi poi trasformare grazie alla danza. Questa trasformazione porta gli utenti poco a poco a considerare il mondo in modo più pacifico ed umano perché, facendo emergere le loro emozioni, li fa sentire più liberi, maggiormente capaci di andare incontro alla Vita con energia e coraggio. Anch’io, con l’aiuto della danza sto imparando, poco a poco, ad andare oltre l’impossibile, accettando il limite. I frutti della danza sono, oltre ad avere un corpo più sano e snello, la capacità di avere una mente ed uno spirito più forti, sereni, felici per poter dire veramente “SI’ ALLA VITA!”

Page 57: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

57

Desidero terminare con una poesia da me composta dopo un incontro di danza. “La mia danza” La mia danza è come un sogno, Un sogno in cui entro, scalza, Per poter danzare, danzare libera come un uccello, un uccello che sa dove andare, dove volare dove posare il suo stanco volo. Così anch’io mi poso sulla terra Che sento mia madre E trovo le mie profonde radici Per poi librarmi verso l’alto, verso la luce, la luce che viene da Dio. In questo mio sogno Sento l’acqua scorrere dentro il mio essere con forza e gioia infinita: l’acqua scorre, scorre, Fin nel profondo del cuore, ma non basta a spegnere la mia grande sete d’amore. E’ il fuoco che riscalda questo mio gelido cuore Che palpita e batte Ma soffre, soffre per vecchie ferite, paure non ancora sopite. Nel mio sogno, Vedo quel fuoco durante la notte, mi fermo, mi siedo, sento una gran pace nel profondo del cuore perché ritorna l’amore. E lì, presso quel fuoco,

Page 58: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

58

non ho più pensieri non ho più problemi, è vuota la mente, ma io sono di nuovo felice come una bimba perché il vuoto mi riempie. Ora posso di nuovo rialzarmi correre felice nel vento incontro alla vita danzando una danza d’amore per Te, oh Signore.

Page 59: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

59

Donna Lavinia risponde… Rubrica di consigli di Lavinia Abbondanza,

Psicologa e Allieva al III Anno della Scuola di Formazione in DMT

Dall’Antigone di Jean Anouilh:”Il giardino dormiva ancora, l’ho visto senza che lui lo sospettasse. È bello un giardino che non pensa ancora agli uomini. (…) Nei campi tutto era bagnato e aspettava. Tutto aspettava. Facevo un rumore enorme, sola lungo la strada, ed ero imbarazzata perché sapevo bene che non era me che si stava aspettando. Allora mi sono levata i sanadali e sono scivolata nella campagna senza che lei se ne accorgesse. (…) È vero era ancora notte. E non c’ero che io in tutta la campagna a pensare che era mattina. È meraviglioso, sono stata la prima a credere al giorno oggi.” Care lettrici e cari lettori, vi invito a togliervi le scarpe ed entrare a piedi nudi in queste pagine. Pagine che desiderano essere per tutti voi danzatori della vita quotidiana uno spazio condiviso di ascolto e confronto, per chi volesse scrivere e raccontarsi, fare domande o dare consigli. Uno spazio di cui prendersi cura e nel quale ospitarvi, uno spazio in cui possiamo iniziare a credere al giorno, alla vita nuova che ogni giorno può maturare il suo frutto.

Page 60: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

60

Allora come prepararsi al meglio perché il nostro copro e la nosta anima possano maturare con il resto dell’universo? Con il cuore vi direi DanzanDo! La cosa più semplice e allo stesso tempo più complessa che ci insegna la danza è stare con il nostro respiro, quello profondo che arriva dal nostro centro, dal nostro ventre. Stare con il nostro respiro è danzare al ritmo più autentico che ci portiamo dentro, forse con il tempo lo abbiamo dimenticato e il nostro respiro si è fatto affannato e spezzato. Allora quale momento migliore di questo per tornare ad ascoltare il nostro respiro, per stare nella sua immobilità, inspirando lentamente le energie che ci arrivano dalla terra che dona i suoi frutti al mondo e dall’aria nuova portata dal vento ed espirando lasciando uscire le energie accumulate nell’inverno e rigenerate dalla primavera pronte ad affacciarsi al mondo. Inspiro ed espiro. Due passi di danza per tornare a danzare con l’universo che coglie i frutti del suo crescere. Potete mandare le vostre richieste di consigli a Donna Lavinia, scrivendo a [email protected] con Oggetto “Magazine - Donna Lavinia”.

Page 61: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

61

Delizie Vegan

Rubrica di ricette vegane di Silvia Oggioni, Allieva al III anno della Scuola di Formazione DMT

Vegan è un termine coniato nel 1944 da Elsie Shrigley e Donald Watson, fondatori della Vegan Society, che per distinguersi dalle diete includenti latte, uova e derivati, contraggono la parola inglese vegetarian. L’analogo italiano è vegetaliano, dal latino vegetalis, appartenente al regno vegetale denota una filosofia e un modo di vita che si propone di escludere - nella misura in cui questo è praticamente possibile - tutte le forme di sfruttamento e di crudeltà verso gli animali perpetrate per produrre cibo, indumenti o per qualsiasi altro scopo; e per estensione, promuove lo sviluppo e l'uso di alternative non-animali, per il bene dell'uomo, degli animali e dell'ambiente. Da un punto di vista dietetico indica la pratica di evitare qualsiasi prodotto derivato, in tutto o in parte, dagli animali. La rubrica Vegan vuole enfatizzare il profondo legame che unisce la natura e l’uomo. L’ascolto della natura nel suo profondo e intimo rispetto offre un’ulteriore possibilità di esprimersi liberamente, la consapevolezza di scelte etiche di vita che si riflettono sul corpo, nel suo vigore armonico in uno spontaneo linguaggio che comunica al mondo. Il primo suggerimento arriva con la stagione estiva, richiamando il calore che l’uomo può procurarsi accendendo il fuoco, il suo colore rosso come quello del sangue che muove e dà energia al cuore, organo della gioia e “sole” dell’effettività del corpo.

Page 62: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

62

Sane e gustose ricette Vegan verranno qui proposte, dedicate a chi senta il desiderio di alimentarsi nel rispetto della natura, della vita, rifiutando ogni forma di violenza. Eccovi le prime due ricette invernali per deliziare l’anima, attraverso il corpo.

ORZOTTO ALLA ZUCCA

Ingredienti:

70 gr di orzo a porzione

150 gr di zucca (peso a crudo)

1 scalogno

brodo vegetale

1 tazzina di vino bianco secco (a piacere)

2 cucchiai di latte d'avena (a piacere)

2 cucchiai di farina di mandorle o mandorle tritate

1 piccolo rametto di rosmarino tritato finemente

sale marino integrale

olio extravergine di oliva

Page 63: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

63

Preparazione:

Tritare lo scalogno e lasciarlo appassire leggermente in una padella in

ceramica con un cucchiaio d'olio, un dito di brodo e il rosmarino.

Aggiungere la zucca tagliata a piccoli cubetti e stufare il tutto per

qualche minuto, versare l'orzo ben scolato e tostarlo nella padella con

un pizzico di sale e gli altri ingredienti (è preferibile lasciar il cereale in

ammollo almeno un’ora). Sfumare con il vino bianco, lasciare evaporare

e aggiungere pian piano il brodo fino a cottura ultimata come per un

classico risotto (circa 45 minuti). Per mantecare preparare una cremina

mescolando qualche cucchiaio di latte d'avena con due cucchiai di farina

di mandorle ed un pizzico di sale.

TORTA AGLI AGRUMI

Ingredienti:

1 arancia bella grossa con la buccia e senza semi, preferibilmente non

trattata

Page 64: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

64

250 gr farina semintegrale (oppure 125 di Kamut e 125 semintegrale

tipo2)

100 gr zucchero canna integrale oppure sciroppo di mela (dolcificante

naturale)

210 gr latte di riso oppure di soya

150 gr olio di mais biologico

scorza limone tritata

una bustina di cremortartaro

un pizzico di bicarbonato

Preparazione:

Unire l’arancia tritata finemente allo zucchero o al dolcificante naturale,

a parte emulsionare l’olio con il latte. Setacciare la farina con il

cremortartaro e il pizzico di bicarbonato. Unire tutti gli ingredienti,

secchi (farine) a quelli liquidi (arancia, zucchero, olio e latte). A piacere

eventualmente aggiungere pezzettini di cioccolato fondente nell’impasto.

Foderare una teglia con un foglio di carta da forno e infornare a 200°

per 45’,finchè la superficie della torta non acquista un colorito dorato.

A parte preparare lo sciroppo d’arancia: porre sul fuoco 150 ml di succo

d’arancia in 80 gr. di zucchero. Appena sciolti versare il liquido sulla

torta raffreddata, precedentemente bucherellata con uno stuzzicadenti.

Per la stessa preparazione si possono usare mandarini e limoni o cedri

sempre non trattati.

Page 65: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

65

Danza in città…

Al Teatro degli Arcimboldi per Daniel Ezralov

a un prezzo speciale!

Dal 16 al 20 Gennaio 2013 DANIEL EZRALOW “OPEN” Con la DEConstructions Dance Company PREZZI SPECIALI SULLE REPLICHE DEL 18 GENNAIO ORE 21.00 E 19 GENNAIO ORE 16.00 22 EURO PLATEA BASSA; 16,50 EURO PLATEA ALTA PRENOTAZIONI MINIMO 10 PRESENZE; 1 omaggio ogni 30 paganti Per prenotarsi contattare Melissa entro il 13 Gennaio 2013 attraverso il form a questo link http://www.melissamattiussi.it/melissa/contact specificando Nome e Cognome, data dello spettacolo, numero di biglietti, preferenza prezzo, numero di telefono e email.

Page 66: DanzanDo Magazine - N. Zero - Inverno 2012-2013

DanzanDo Magazine Numero Zero - Inverno 2012 - 2013

66

Il nuovo spettacolo del geniale coreografo statunitense Daniel Ezralow, che torna con una nuova proposta teatrale dopo quattro anni di assenza dai palcoscenici italiani. L’arte coreografica di Daniel Ezralow si fonda su un’idea di danza fatta di divertimento, agilità, sorpresa, leggerezza, coinvolgimento diretto del pubblico, utilizzo emozionale delle tecnologie visive più all’avanguardia. Sono questi gli elementi che hanno reso le sue coreografie veri e propri “eventi” mediatici. Teatro, cinema, televisione, musica, moda, sport, pubblicità: non c'è interpretazione dell'arte del movimento, e in generale della comunicazione visiva, che non sia stata sperimentata da Daniel Ezralow e dal suo straordinario talento. Parte da qui il suo nuovo spettacolo “Open”, un’originalissima selezione del repertorio di coreografie create nella sua lunga carriera e oggi reinterpretate per il palcoscenico utilizzando come colonna sonora indimenticabili melodie di celebri brani di musica classica. Brevi quadri, fulminanti vignette, che terranno il pubblico in uno stato di eccitante attesa e meravigliata sorpresa e che faranno dello show una inarrestabile ed esaltante serie di climax tecnici ed emotivi. Il vocabolario espressivo di Ezralow sarà come sempre provocatorio e con l’intento di interrogarsi continuamente sul concetto di danza e umanità. Un cast di otto danzatori e danzatrici della sua compagnia americana con talenti e stili differenti (dalla danza classica alla danza moderna, dalla ginnastica alla street dance) è già al lavoro insieme allo staff creativo del coreografo statunitense, per creare uno spettacolo che sarà di certo tra i più grandi successi della prossima stagione teatrale.