fonti energetiche

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1 Premesse sul sistema energetico attuale L'attuale sistema energetico è essenzialmente basato sulle fonti primarie di origine fossile, cioè costituite da riserve di combustibili naturali formatisi in milioni di anni nel corso dell'evoluzione del nostro pianeta e che si sono conservati nelle profondità della crosta terrestre, vengono bruciate per soddisfare circa l' 83% dell'attuale fabbisogno energetico globale e sono costituite essenzialmente da petrolio, carbone e gas naturale (metano), un altro 6% circa del fabbisogno energetico globale è coperto da materiale fissile (essenzialmente uranio 235, ricavato dall'uranio naturale) utilizzato in centrali nucleari, per cui circa il 90% del fabbisogno energetico globale è coperto da fonti primarie esauribili, poco più del 10% del fabbisogno energetico globale è coperto da fonti di energia rinnovabili, idroelettrico circa 6%, biomasse, geotermico ed eolico in assieme coprono il 5% circa. dati espressi in Mtep 1 Petrolio Metano Carbone Nucleare Idroel. Totale Nord America 1132,6 697,1 613,9 209,2 148,6 2801,3 Centro-Sud America 223,3 111,7 21,1 3,7 141,7 501,4 Italia 86,3 71,1 16,9 - 9,6 183,9 Europa- Eurasia 963,3 1009,7 537,5 286,3 187,2 2984,0 Medio-oriente 271,3 225,9 9,0 - 3,9 510,2 Africa 129,3 64,1 100,3 2,9 19,9 316,5 Asia Pacifico 1116,9 366,2 1648,1 125,0 167,4 3423,7 Totale consumi 3836,8 2474,7 2929,8 627,2 668,7 Totale 10537,1 Sono escluse le fonti primarie rinnovabili diverse dall'idrolettrico. Questo dovrebbe dare la dimensione del problema che si dovrà affrontare nei decenni futuri, per il fatto che, una fonte esauribile è, come dice la parola, destinata ad esaurirsi ed accadrà in un tempo che in scala storica è relativamente breve, attualmente è previsto che il picco di produzione del petrolio arriverà in un lasso di tempo che va da 5 anni a 30 anni, dopo di che il prezzo del greggio comincerà a salire fino a diventare economicamente insostenibile per il nostro sistema, andamento simile è previsto per il gas naturale e per il carbone di alta qualità mentre per il carbone di qualità inferiore e per gli scisti bituminosi ci sono tempi di approvvigionamento nell'ordine di uno o due secoli ma con maggiori problemi di rendimento energetico e di immissioni in atmosfera già oggi al limite della sostenibilità ambientale, da considerare anche che gli idrocarburi non servono solo per fini energetici ma anche per la produzione di innumerevoli articoli industriali di uso comune per i quali spesso sono insostituibili materie prime. Tempi di maggior disponibilità si hanno per i materiali fissili che sono comunque limitati nel tempo, tanto più se dovranno coprire una larga parte del fabbisogno energetico globale quando mancheranno o saranno meno convenienti le altre fonti primarie esauribili, in questo caso potrebbero esserci problemi per lo stoccaggio delle scorie ad alto potenziale radioattivo e l'incremento delle probabilità di incidenti nucleari quando dovessero esserci migliaia di reattori in funzione. 1 La tonnellata equivalente di petrolio (TEP, in lingua inglese tonne of oil equivalent, TOE) è un'unità di misura di energia. rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo e vale circa 42 GJ. Il valore è fissato convenzionalmente, dato che diverse varietà di petrolio posseggono diversi poteri calorifici. È un'unità di misura usata per rendere più maneggevoli le cifre relative a grandi valori di energia. L'energia liberata dalla combustione di una tonnellata di petrolio è più intuitiva dell'equivalente valore di 42 miliardi di joule

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Page 1: Fonti Energetiche

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Premesse sul sistema energetico attuale

L'attuale sistema energetico è essenzialmente basato sulle fonti primarie di origine fossile, cioè costituite

da riserve di combustibili naturali formatisi in milioni di anni nel corso dell'evoluzione del nostro pianeta e che

si sono conservati nelle profondità della crosta terrestre, vengono bruciate per soddisfare circa l' 83%

dell'attuale fabbisogno energetico globale e sono costituite essenzialmente da petrolio, carbone e gas

naturale (metano), un altro 6% circa del fabbisogno energetico globale è coperto da materiale fissile

(essenzialmente uranio 235, ricavato dall'uranio naturale) utilizzato in centrali nucleari, per cui circa il 90%

del fabbisogno energetico globale è coperto da fonti primarie esauribili, poco più del 10% del fabbisogno

energetico globale è coperto da fonti di energia rinnovabili, idroelettrico circa 6%, biomasse, geotermico ed

eolico in assieme coprono il 5% circa.

dati espressi in Mtep1 Petrolio Metano Carbone Nucleare Idroel. Totale Nord America 1132,6 697,1 613,9 209,2 148,6 2801,3 Centro-Sud America 223,3 111,7 21,1 3,7 141,7 501,4 Italia 86,3 71,1 16,9 - 9,6 183,9 Europa- Eurasia 963,3 1009,7 537,5 286,3 187,2 2984,0 Medio-oriente 271,3 225,9 9,0 - 3,9 510,2 Africa 129,3 64,1 100,3 2,9 19,9 316,5 Asia Pacifico 1116,9 366,2 1648,1 125,0 167,4 3423,7 Totale consumi 3836,8 2474,7 2929,8 627,2 668,7 Totale 10537,1

Sono escluse le fonti primarie rinnovabili diverse dall'idrolettrico.

Questo dovrebbe dare la dimensione del problema che si dovrà affrontare nei decenni futuri, per il fatto che,

una fonte esauribile è, come dice la parola, destinata ad esaurirsi ed accadrà in un tempo che in scala

storica è relativamente breve, attualmente è previsto che il picco di produzione del petrolio arriverà in un

lasso di tempo che va da 5 anni a 30 anni, dopo di che il prezzo del greggio comincerà a salire fino a

diventare economicamente insostenibile per il nostro sistema, andamento simile è previsto per il gas

naturale e per il carbone di alta qualità mentre per il carbone di qualità inferiore e per gli scisti bituminosi ci

sono tempi di approvvigionamento nell'ordine di uno o due secoli ma con maggiori problemi di rendimento

energetico e di immissioni in atmosfera già oggi al limite della sostenibilità ambientale, da considerare anche

che gli idrocarburi non servono solo per fini energetici ma anche per la produzione di innumerevoli articoli

industriali di uso comune per i quali spesso sono insostituibili materie prime.

Tempi di maggior disponibilità si hanno per i materiali fissili che sono comunque limitati nel tempo, tanto più

se dovranno coprire una larga parte del fabbisogno energetico globale quando mancheranno o saranno

meno convenienti le altre fonti primarie esauribili, in questo caso potrebbero esserci problemi per lo

stoccaggio delle scorie ad alto potenziale radioattivo e l'incremento delle probabilità di incidenti nucleari

quando dovessero esserci migliaia di reattori in funzione.

1 La tonnellata equivalente di petrolio (TEP, in lingua inglese tonne of oil equivalent, TOE) è un'unità di misura di energia. rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo e vale circa 42 GJ. Il valore è fissato convenzionalmente, dato che diverse varietà di petrolio posseggono diversi poteri calorifici. È un'unità di misura usata per rendere più maneggevoli le cifre relative a grandi valori di energia. L'energia liberata dalla combustione di una tonnellata di petrolio è più intuitiva dell'equivalente valore di 42 miliardi di joule

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Attualmente dalle fonti energetiche primarie si ottengono dei vettori energetici o fonti energetiche

secondarie quali: energia elettrica, combustibili per energia termica e carburanti per l'autotrazione, ognuna

di queste fonti secondarie rappresenta un terzo circa del fabbisogno energetico.

Le fonti energetiche primarie e secondarie

Una fonte di energia viene definita primaria quando è presente in natura e quindi non deriva dalla

trasformazione di nessuna altra forma di energia.

Rientrano in questa classificazione sia fonti rinnovabili (quali ad esempio l'energia solare, eolica,

idroelettrica, geotermica, l'energia delle biomasse) che fonti esauribili, come i combustibili direttamente

utilizzabili (petrolio grezzo, gas naturale, carbone) o l'energia nucleare.

Si differenziano dalle fonti di energia secondaria in quanto queste ultime possono essere utilizzate solo a

valle di una trasformazione di energia (come la benzina, a valle di una raffinazione chimica, il gas di città che

deriva dal trattamento di gas naturali o l'energia elettrica o l'idrogeno).

Le fonti primarie sono, teoricamente parlando, molte di più. Qualunque corpo dotato di energia potenziale

può essere una fonte primaria di energia; quindi, ciò equivale a dire che tutti i corpi, indistintamente, possono

essere fonti di energia per il semplice fatto di esistere e di avere un peso. Naturalmente, l’energia di un

corpo non è soltanto quella dovuta al suo peso, perché ogni corpo nasconde in sé altri tipi di energia; ma,

per ora, pensiamo soltanto a quella di più immediata intuizione.

Precisiamo allora, a scanso di equivoci, che si intende per fonte primaria di energia una fonte effettivamente

utilizzabile. Per esempio, un masso posto sulla cima del monte Everest, del peso di 50 Kg, ha un’energia

potenziale, calcolata con riferimento al livello del mare, pari a 1,25 Kwh. Ma sarebbe alquanto scomodo e

molto poco pratico organizzare una spedizione sull’Everest per generare, con tutte le immaginabili difficoltà,

una così modesta quantità di energia, che sarebbe inoltre di gran lunga inferiore a quella impiegata per

generarla.

A causa di ciò si conviene di utilizzare tale definizione solo per quelle forme di energia che siano

direttamente e "facilmente" utilizzabili e rispondano dunque a dei requisiti di "concentrabilità", "indirizzabilità",

"frazionabilità", "continuità" e "regolabilità".

CONCENTRABILE: vuol dire che deve essere possibile concentrare la sorgente di energia entro un’area

relativamente limitata, affinché sia possibile controllarla. Una fonte di energia dispersa su una superficie molto

estesa diventerebbe praticamente impossibile da gestire. Un’area limitata può essere quella di una centrale

elettrica (di solito, l’area impegnata non arriva a un chilometro quadrato per quelle termoelettriche, e può superare

questo valore, ma non di molto, per quelle idroelettriche, tenendo conto del bacino di raccolta e delle condotte);

ma può essere anche quella, molto inferiore, del serbatoio di benzina della nostra automobile, o addirittura quella

minuscola di una batteria a bottone per l’alimentazione di un orologio al quarzo.

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INDIRIZZABILE: vuol dire che deve essere possibile indirizzare il prodotto (benzina, acqua, raggi solari) nella

direzione in cui esso deve essere utilizzato (bruciatore, turbina, lente, specchio).

FRAZIONABILE: vuol dire che deve essere possibile frazionare la fonte in più parti, in modo da poter utilizzare

solamente la parte, piccola o grande che sia, che ci serve in quel momento. Per esempio, l’energia di un fluido

(benzina, gasolio o gas) è frazionabile a piacere. Invece, quella del macigno sul Monte Everest ricordato prima

non lo è, ovvero lo è con notevoli difficoltà.

CONTINUA: vuol dire che la sorgente deve poter funzionare per un certo tempo, fornendo la sua energia con una

certa continuità, e non esaurirsi in pochi secondi. Esistono molti esempi di notevoli quantità di energia concentrate

in tempi brevissimi (il fulmine, un’esplosione, un oggetto qualunque che cade). Questi tipi di energia,

evidentemente, non sono utilizzabili industrialmente.

REGOLABILE: vuol dire che l’energia fornita dalla sorgente deve essere graduabile secondo le necessità. È

quello che facciamo tutti, premendo più o meno il pedale dell’acceleratore della nostra automobile per regolare la

sua velocità, oppure manovrando il potenziometro del volume del nostro impianto stereo o del nostro televisore in

modo da adattare il livello sonoro alle nostre esigenze.

Una fonte di energia è tanto più pregiata quanto migliori sono le caratteristiche indicate. Esistono, naturalmente,

altre caratteristiche che possono avere, in certi casi, la loro grande importanza (trasformabilità, accumulabilità,

rinnovabilità), che però sono peculiari di alcune forme di energia e non di altre, ma le cinque che sono state

dettagliate sono indispensabili.

Consumi globali di energia primaria

Tavola del consumo di energia primaria nel 2003

Percentuali per area geografica

Andamento dei consumi di energia primaria dal 1977 al 2002

Nel 2002 il maggior consumo è stato del 2,6% Nel 2003 del 2,9% e nel 2004 del 4.3%

Un incremento relativamente modesto ma già sufficiente a determinare l'inizio di un forte aumento dei prezzi delle fonti primarie, in una prospettiva di forte crescita dei paesi in via di sviluppo la tensione dei prezzi è destinata ad aumentare essendo attualmente ancora largamente vincolati alle risorse esauribili.

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Consumo di energia primaria procapite per area geografica.

In sintesi il 25% della popolazione residente nelle aree industrializzate utilizza il 75% delle fonti primarie annualmente consumate.

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Consumi Fonti Primarie Italia 2004

Nel 2004 in Italia, per soddisfare il fabbisogno energetico, si consumano circa 185 Mtep (milione di tonnellate equivalenti petrolio) di energia utilizzando diverse fonti primarie.

Nella tabella si specificano le quantità di energia per ciascuna fonte primaria.

Fonti primarie utilizzate nel 2004

Petrolio (Mtep)

Metano (Mtep)

Carbone (Mtep)

Rinnovabili (Mtep)

Fissili (Mtep)

Totali (Mtep)

97,046 58,128 13,305 12,601 4,120 185,200

52,4% 31,4% 7,2% 6,8% 2,2% 100%

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Petrolio

Olio di pietra, dal latino petra e oleum, è un liquido denso, vischioso, dall’odore caratteristico e di colore variante da giallo-bruno a nerastro. Il petrolio è costituito da una miscela di idrocarburi naturali liquidi (olio) e, in proporzione molto minore, gassosi (gas naturale) e solidi (bitumi e asfalti).

Il petrolio si concentra in rocce serbatoio, ossia in volumi circoscritti del sottosuolo dove particolari conformazioni delle rocce porose e delle sovrastanti rocce impermeabili, definite trappole, ne impediscono la dispersione verso la superficie. La composizione dell’olio ha caratteristiche chimico-fisiche molto diverse, a seconda della provincia petrolifera di provenienza, che variano da quelle degli oli pregiati leggeri, con basso contenuto di zolfo, a quelli degli oli pesanti, con alto tenore di zolfo diminuito valore commerciale. La formazione del petrolio deriva principalmente dall’alterazione termica nei tempi geologici della materia organica contenuta nelle rocce madri durante il loro seppellimento nei bacini sedimentari. La stragrande maggioranza delle riserve originarie di olio (oltre il 90%) sono contenute in 1.330 grandi giacimenti che rappresentano solo il 3,2% degli oltre 41.000 giacimenti finora scoperti.

Il disegno mostra un bacino dove si forma il petrolio: i resti di organismi animali e vegetali si depositano, l'ossigeno si disperde, il carbonio e l'idrogeno formano gli idrocarburi che danno origine alla roccia madre. Le alte pressioni e temperature permettono la formazione del petrolio che si accumula nella roccia serbatoio.

Il petrolio contribuisce con il 40% al fabbisogno mondiale di energia collocandosi al primo posto tra le fonti primarie di energia, seguito dal carbone (27%), dal gas naturale (23%) . Le sue riserve attuali, stimate attorno a 140 miliardi di tonnellate, 2/3 delle quali localizzate nel Medio Oriente, hanno una durata di circa 40 anni e si sono notevolmente accresciute rispetto al 1970, quando la durata delle stesse era prevista attorno ai 30 anni. La genesi del petrolio era dibattuta fin dall'inizio del 1800 fra i sostenitori di un'origine inorganica (il petrolio sarebbe un prodotto dell'attività di rocce fuse o magmi) e gli assertori di un’origine organica (il petrolio sarebbe derivato dalla decomposizione di organismi fossilizzati nelle rocce).

Negli anni Settanta i risultati di moderne e approfondite ricerche geochimiche, di esperimenti di laboratorio e di studi e osservazioni geologiche, hanno dimostrato in modo inconfutabile che i depositi di olio e gas del mondo si sono originati, principalmente, per un lento processo di alterazione termica della materia organica dispersa nelle rocce sedimentarie. In pratica, durante lo sprofondamento delle rocce madri nei bacini sedimentari, si genera gas batterico nella prima fase di seppellimento a basse temperature (<50°C) e successivamente, per progressivo aumento della temperatura, olio e gas umidi ed infine, nella fase finale dell'alterazione termica della materia organica, solo gas secco. Le moderne conoscenze sull'origine del petrolio hanno avuto importanti risvolti pratici sull'esplorazione petrolifera che è stata indirizzata, in modo più selettivo, verso le aree in cui si sono verificate le condizioni più favorevoli alla formazione e all'accumulo del petrolio.

I suoi derivati, ottenuti dall'industria petrolchimica, oltre che coprire buona parte del sistema energetico servono per innumerevoli e svariati prodotti di uso comune, per tali produzioni oggi si impiega circa il 7% del petrolio estratto.

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Stima delle riserve naturali totali di petrolio

Le riserve petrolifere globali in miliardi di barili

2 (scala in alto)

secondo le stime della BP Statistical Review of World Energy. La scala verticale in cifre indica la durata in anni delle riserve di ciascun paese produttore. Secondo la ExxonMobil, la maggiore compagnia petrolifera, i giacimenti petroliferi sono sufficienti, ai ritmi attuali, per la fornitura di petrolio fino al 2050. Secondo la BP Amoco, la seconda compagnia petrolifera, i giacimenti accertati sono, sempre ai ritmi di consumo attuali, sufficienti fino al 2044.

In questa immagine, dove i dati sono indicati in miliardi di barili, è evidente come la stragrande maggioranza delle riserve di petrolio sia concentrata in una minima parte del pianeta, i 2/3 delle riserve sono concentrate nell'area dei paesi del golfo persico.

Quanto dureranno le riserve di petrolio?

Le correnti di pensiero sono due: gli ottimisti e i pessimisti. Tra i primi vi è una task force scientifica dell'U.S. Geological Survey che, dopo uno studio durato cinque anni, ha concluso che la terra possiede ancora circa due mila e trecento miliardi di barili, anche se gran parte di esse devono essere ancora scoperte, e pertanto avrebbe riserve sufficienti per circa 80 anni ai ritmi di consumo attuali. Tra i secondi, invece, ci sono i geologi del King Hubbert Center della Colorado School of Mines che ritengono che la produzione dell'oro nero toccherà il suo picco in questo decennio con 85 milioni di barili al giorno per poi scendere drammaticamente a 35 milioni nel 2020. Una previsione che molti altri esperti ritengono errata. Secondo Thomas S. Ahlbrandt della Geological Survey sono stati consumati circa 710 miliardi di barili di petrolio. «Le analisi», dice Ahlbrandt, «dimostrano che ce ne sono ancora 891 miliardi sicuri più altri 688 probabili. Senza contare che ulteriori ricerche potranno portare a scoprire altri 731 miliardi di barili». Altri però sottolineano alcuni segnali negativi. Innanzitutto le riserve dei paesi arabi sarebbero state sovrastimate. Poi molti giacimenti sarebbero troppo costosi da sfruttare perché situati in zone proibitive. Colin J. Campbell, un esperto che vive in Irlanda, ritiene ad esempio che le nuove scoperte daranno un massimo di 100 miliardi di barili sufficienti solo per tre o quattro anni. Infine, altri sottolineano che se le multinazionali stanno iniziando prospezioni in aree come i

2 Un barile di petrolio equivale a circa 159 litri, un TEP (TOE) equivale a 7,33 barili

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bacini oceanici, l'Artico e l'Antartico, qualche motivo ci sarà: cioè le famose riserve delle zone temperate non esisterebbero affatto.

In conclusione, ci sono validi motivi per ritenere prossima la fase in cui l’offerta di petrolio non sarà più in grado di sostenere la domanda. Raggiunta tale condizione, i paesi con sistema energetico centrato sugli idrocarburi ai quali non sarà consentito un accesso diretto al greggio dovranno affrontare sofferenze economiche strutturali. Pertanto, è prevedibile che gli Stati oggi al vertice del sistema economico-finanziario fondato sul petrolio siano disposti a esercitare tutte le opzioni, compresa quella militare, per garantirsi una via privilegiata d’approvvigionamento energetico. In questo panorama, non è casuale che il governo USA, il paese dal consumo pro capite di petrolio più elevato in assoluto, consideri il controllo della sicurezza degli approvvigionamenti di greggio come la priorità strategica d’interesse nazionale.

Inoltre vale la pena di ricordare che non è escluso ed anzi probabile che in futuro ci si renda conto che il petrolio è una materia prima ottimale per altri prodotti, non ottenibili da altre materie prime, nel frattempo avremmo sprecato ed esaurito tale risorsa bruciandola per ottenere energia quando era possibile sfruttare altre fonti, come le rinnovabili, e risparmiare e conservare una fonte esauribile, in ogni caso sembra sensato e ragionevole conservare una riserva di energia sempre disponibile per casi imprevedibili nel futuro dell'umanità.

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Carbone

Minerale originato dalla carbonificazione (distillazione in assenza di aria) di materiale vegetale, soprattutto legno, che si è accumulato in ambiente anaerobico e che è stato sepolto da una coltre sedimentaria.Il carbone ha la proprietà di bruciare con reazione fortemente esotermica. Nell’analisi dei diversi tipi di carbone vengono determinati l’umidità, le materie volatili, il tenore delle ceneri, il carbonio fisso e lo zolfo.

Secondo la classificazione geologica, il carbone può essere suddiviso in:

Torba (peaf): carbone relativamente recente formatosi in seguito alla decomposizione lenta di vegetali,

generalmente palustri, in presenza di acqua e di organismi anaerobici. Umidità fino al 75%.

Lignite (brown coal): carbone proveniente da piante arboree. Presenta tracce visibili delle materie prime vegetali ed è di formazione relativamente recente. A contatto con l’aria tende facilmente a polverizzarsi e a liberare materie volatili. E’ di difficile immagazzinaggio e trasporto, perché presenta forti rischi di combustione. Ha umidità superiore al 21%.

Litantrace sub-bituminoso (sub-bituminous coal): carbone fossile, di aspetto nero e legnoso, che si polverizza abbastanza lentamente a contatto con l’aria. La sua combustione sviluppa una grande quantità di fumo. Viene impiegato principalmente per la produzione di vapore nelle centrali elettriche.

Litantrace bituminoso (bituminous coal): è il carbone per antonomasia, quello più comunemente utilizzato nel commercio internazionale per la produzione di energia elettrica. Le sue sostanze volatili variano dal 14% ad oltre il 40%, mentre l’umidità non supera il 21% (ma per il seaborne trade - cioè il carbone trasportato via mare - è inferiore al 12%). Produce fumo nella combustione, si decompone facilmente se esposto all’aria.

Antracite (anthracite): carbone di rango più elevato di tutti, caratterizzato da una percentuale di materie volatili inferiore al 10% e da una elevata percentuale di carbonio. L’antracite ha un aspetto lucido metallico, brucia lentamente senza fumo, non è usata nella produzione di energia elettrica per il suo alto costo e la sua difficile reperibilità.

Attuali riserve globali certe

Agli attuali ritmi di consumo le riserve di carbone sono sufficienti per oltre 200 anni, le riserve di antracite e litantrace sono invece sufficienti per meno di 70 anni. I carboni sono la maggiore riserva di carbonio sulla Terra, il carbonio si sta rivelando una materia prima molto importante per le nuove tecnologie (es. nanostrutture) ma anche per le attuali produzioni industriali.

Il carbone è una materia prima molto economica perché ritenuta abbondante e non soggetta a mutazioni nell'andamento dei prezzi anche perché si trova praticamente in tutte le aree geografiche e quindi non risente delle tensioni socio-politiche come succede invece per il petrolio e in qualche misura per il gas naturale.

In figura i giacimenti di carbone accertati, tra parentesi sono indicate le quantità di antracite e litantrace bituminoso in miliardi di tonnellate.

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Tipologie di carbone naturale

Torba E' la prima fase del processo di carbonizzazione delle biomasse sepolte in ambiente anaerobico. Quando viene seccata la torba brucia facilmente, il suo contenuto di carbonio è del 50% circa.

Lignite Col passare del tempo e l'aumentare della copertura, la torba è disidratata e pressata. Reazioni chimiche del materiale vegetale provocano un aumento del tenore di carbonio e la torba si trasforma in lignite, un morbido materiale color bruno-nero, simile al carbone, con un tenore di carbonio del 70 % circa.

Litantrace A temperature elevate, come quelle che si registrano a grandi profondità, attraverso la "carbonizzazione" la lignite diventa lignite nera e quindi litantrace bituminoso, con un tenore di carbonio dell' 80/90%

Antracite Man mano che aumenta il grado di carbonizzazione, il carbone diventa più duro e più brillante e il tenore di carbonio e il potere calorifico aumentano. L'antracite ha un contenuto di carbonio fino al 98%

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Considerazioni sul futuro ruolo del carbone

Con le attuali tecnologie il carbone può essere utilizzato per produzioni energetiche in modo "pulito", in Italia ci sono molti esempi di centrali termoelettriche con ottimi standard per il controllo delle emissioni in atmosfera, ad esempio a Brescia è in funzione una centrale termoelettrica a carbone allacciata alla rete di teleriscaldamento a soli 2 km dal centro e sembra che gli abitanti della zona non siano disturbati da tale impianto, le tecnologie in fase pre-commerciale sono anche più interessanti, ad esempio gli impianti IGCC (integrati per gassificazione e ciclo combinato) e gli impianti integrati gassificazione/celle a combustibile del tipo MCFC o SOFC, tutti con rendimenti fino al 50%.

Per questi motivi ci sono associazioni di consumatori e anche di ambientalisti che non sono ostili a tale fonte primaria almeno nella fase di transizione dall'attuale sistema basato sulle fonti esauribili ad un sistema incentrato sulle F.E.R.

Però tali associazioni sembrano trascurare alcuni aspetti non secondari nell' utilizzo del carbone per fini energetici:

1) Solitamente si estrae dalle miniere a più di 200 metri di profondità in gallerie polverose con temperature superiori a 30° C. Nonostante le più moderne tecnologie il lavoro in miniera resta pericoloso anche oggi: i gas prodotti dal carbone possono prendere fuoco con una piccola scintilla anche per attrito, nella sola Cina muoiono ogni anno più di 5000 minatori, inoltre i gas prodotti dalle miniere di carbone hanno un effetto serra 23 volte maggiore dell'anidride carbonica.

2) La presunta abbondanza del carbone desta delle perplessità se vengono fatte alcune considerazioni. Molti giacimenti si trovano dai 1500 ai 2000 metri di profondità, per cui diventa antieconomica l'estrazione nei confronti del metano e anche del petrolio, così le riserve economicamente vantaggiose da estrarre si attestano attorno ai 250 miliardi di tonnellate. Questo significa che ad esempio nel nord America solo il 15% del carbone tecnicamente estraibile è convenientemente recuperato, inoltre più della metà dei giacimenti di carbone sono costituiti da materiale di scarsa qualità (torba,lignite e litantrace sub-bituminoso ) caratterizzati da basso contenuto di carbonio, elevata presenza di sostanze inquinanti e con la tendenza a decomporsi all'aria immettendo metano (gas serra) in atmosfera. In definitiva il carbone vantaggiosamente estraibile non rappresenta una risorsa molto più abbondante del gas naturale e del petrolio.

3) Nonostante le tecnologie "pulite" permettano di evitare eccessive emissioni in atmosfera di inquinanti bisogna tenere presente che i filtri usati per depurare i gas dovranno essere in qualche modo smaltiti in discariche, essendo il carbone una materia che contiene parecchi inquinanti in origine le quantità di queste sostanze da smaltire non sono irrilevanti, inoltre le emissioni di CO2 sono 2,5 volte superiori alle emissioni del metano

4) Il carbone è la maggiore se non unica fonte rilevante di carbonio naturale, le moderne tecnologie sembrano dimostrare che in futuro da questa materia prima si possano ottenere innumerevoli prodotti e tecnologie importanti, quali ad esempio le fibre di carbonio e le nanostrutture, per cui sembra antieconomico e non razionale "bruciare" senza scrupoli questa risorsa esauribile.

5) Le miniere di carbone possono comunque essere sfruttate per fini energetici con le tecnologie per il recupero del metano autoprodotto dalle miniere sia nuove che dismesse, tali tecnologie sono collaudate ed efficienti e permettono di risparmiare e conservare la maggior parte del carbonio contenuto nel carbone e nel contempo impedire l'emissione del metano in atmosfera, depurando il carbone da questo gas serra

In conclusione il carbone potrebbe essere una fonte primaria adatta per il periodo di transizione dalle fonti esauribili alle F.E.R. solo per una quantità limitata e in combinazione con le tecnologie cofiring con combustibili solidi di biomassa per la produzione di energia elettrica, comunque il carbone ha le caratteristiche per essere preferito al petrolio ma non al nucleare che rimane la fonte primaria di transizione più ecologica.

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Metano, gas naturale

E' un gas incolore, inodore, non tossico, che brucia all'aria con fiamma bluastra; è costituito da un atomo di carbonio e quattro di idrogeno con formula chimica CH4. Il metano è il principale componente del gas naturale, cioè il combustibile gassoso di origine fossile formatosi, generalmente insieme al petrolio, centinaia di milioni di anni fa, per decomposizione chimica dei vegetali in assenza di ossigeno (fermentazione anaerobica) è la migliore forma attuale di combustibile/carburante all'idrogeno esistente in natura e prontamente utilizzabile, inoltre è il combustibile meno dannoso per l'ecosistema terrestre e la salute pubblica.

Gas naturale: Da un punto di vista geologico il gas naturale è la fase gassosa del petrolio. Esso è costituito in massima parte da metano e per il resto da quantità variabile, a seconda dei giacimenti, di idrocarburi paraffinici superiori quali etano, propano, butano, pentano, ecc.. Trova larghissime applicazioni nell’uso domestico, nell’industria e, come materia prima, nell’industria petrolchimica.

Gas Naturale Compresso (GNC) “cosiddetto metano” è in realtà una miscela di gas, composta in gran parte da metano ma anche da altri idrocarburi leggeri come propano, butano e tracce di altri gas e contaminanti (ad esempio acido solfidrico). Esso viene utilizzato per autotrazione e distribuito a circa 220 bar in veicoli

dotati di appositi sistemi di trasporto e stoccaggio (bombole). Inizialmente ebbe una notevole diffusione in Italia negli anni 30, per sopperire alla mancanza di petrolio nazionale. Oggi viene promosso in tutto il mondo come combustibile ecologico da utilizzarsi preferibilmente in aree urbane particolarmente inquinate. Oltre all’Italia, sono da annoverare fra i paesi a più alta concentrazione di veicoli a GNC l’Argentina e la Nuova Zelanda.

Gas naturale liquefatto (GNL) costituito prevalentemente da metano liquefatto per raffreddamento a -161°C, a pressione atmosferica, allo scopo di renderlo idoneo al trasporto mediante apposite navi cisterna oppure allo stoccaggio. Per essere utilizzato, il prodotto liquido deve essere poi riconvertito allo stato gassoso in particolari impianti di rigassificazione e portato alla pressione di esercizio dei gasdotti.

Riserve di gas naturale

Agli attuali consumi le riserve accertate di gas naturale sono sufficienti per 60/70 anni. Come è possibile osservare dalla figura la sua diffusione è abbastanza distribuita, le regioni con minori riserve sono quelle americane, le maggiori ancora le regioni dell'area del Golfo Persico dove sono concentrati più di un terzo dei giacimenti accertati (dati in migliaia di miliardi di Nm³ - Normal metro cubo

3)

Oltre alle riserve certe il metano può derivare anche da produzioni "artificiali", in qualche misura può essere una fonte rinnovabile derivante dalla fermentazione anaerobica di sostanze organiche.

In seguito all'aumento della produzione

3 Nm

3 (Normal Metro cubo) Unità di misura del volume usato per i gas, in condizioni "normali", ossia alla pressione atmosferica e alla

temperatura di 0°C. Si usa anche per la misura del gas liquido come il (GPL). Sm

3 (Metro Cubo Standard) Unità di misura di volume usata per i gas, in condizioni "standard", ossia alla pressione atmosferica e alla

temperatura di 15°C. In 1 Nm

3 c'è una quantità di gas maggiore che in 1 Sm

3: il rapporto tra le due quantità è 1,056.

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zoo-agricola e al conseguente aumento di scarti e deiezioni, unitamente alla maggior sensibilità nei confronti della produzione di energia da fonti diversificate, sono stati messi a punto digestori anaerobici che permettono di produrre effluenti gassosi (principalmente metano) da liquami, utilizzando alcuni microrganismi in grado di metabolizzare i composti organici. Per esempio da 120 tonnellate di liquami animali al giorno (equivalente alle deiezioni di 12.000 maiali) si possono ottenere 200 N m³ di metano.

Il metano può essere ricavato anche dalle miniere di carbone, sia pure dismesse con le tecnologie per il recupero. Tali tecnologie, collaudate ed efficienti, permettono di risparmiare e conservare la maggior parte del carbonio contenuto nel carbone e nel contempo impedire l'emissione del metano in atmosfera depurando il carbone da questo gas serra. Ciò permette anche la custodia e la prevenzione degli incidenti ed incendi che spesso si verificano nelle miniere abbandonate e che sono causa non irrilevante di inquinamento atmosferico e degrado ambientale.

Il metano in chimica e petrolchimica

Il più semplice degli idrocarburi saturi, di formula CH4, il metano, scoperto nel 1778 da Volta, che lo chiamò gas di palude, è un gas che si forma nella decomposizione delle sostanze organiche. Può anche formarsi per pirolisi

4. I gas naturali di talune regioni petrolifere (Caucaso, Stati Uniti) ne contengono fino al 98%. È

contenuto per il 30% circa nel gas illuminante e nei gas di raffineria. Il grisù delle miniere è un miscuglio esplosivo di metano e aria. In laboratorio si può ottenere metano molto puro per idrolisi di soluzioni di etere e di bromuro di metilmagnesio: basta lavare il gas che si libera con acido solforico, che trattiene l'etere. Il metano è un gas inodore e insapore, che liquefa a -161 °C. Brucia all'aria con fiamma non fuligginosa. Reagisce violentemente col cloro alla luce solare dando origine ad acido cloridrico e nerofumo. La reazione avviene senza esplosione alla luce diffusa e conduce ai prodotti di sostituzione: cloruro di metile CH3Cl, cloruro di metilene CH2Cl2, cloroformio CHCl3 e infine tetracloruro di carbonio CCl4 Il metano è utilizzato principalmente come combustibile, sia industriale che domestico, dato il suo elevato potere calorifico (da 10.000 a 12.000 kcal/m³ secondo la purezza) e la possibilità di trasporto abbastanza economico dai pozzi di raccolta ai centri di consumo mediante una rete di tubazioni (metanodotti). Per il suo potenziale termico relativamente elevato il metano è stato impiegato come carburante per autotrazione, compresso in bombole a circa 200 atm. Altri impieghi riguardano l'industria chimica per la produzione di acido cianidrico. Per ossidazione fornisce metanolo, aldeide formica, acetilene, etilene. Il metano può rappresentare una delle maggiori risorse di un paese; in particolare l'industria italiana ha tratto un notevole beneficio dallo sfruttamento dei giacimenti metaniferi della Valle Padana, in via di graduale esaurimento. Va crescendo l'utilizzazione dei giacimenti del Mezzogiorno (Sicilia, Basilicata, Puglia). La produzione italiana di gas naturale verso la fine degli anni Ottanta sfiorava i 17 miliardi di m³.

Gas Naturale Liquefatto La liquefazione del gas naturale (GNL) è stata applicata per la prima volta su scala industriale nel 1964, ad Arzew in Algeria; l'impianto è collegato con un gasdotto di 600 mm di diametro al giacimento di Hassi-R'Mel nel Sahara, che è considerato uno dei maggiori giacimenti di gas naturale del mondo, insieme con quello di Lacq in Francia. Per ottenere la liquefazione del metano si ricorre a tre stadi successivi di raffreddamento, utilizzando come liquidi refrigeranti idrocarburi sempre più volatili. Nel primo stadio il raffreddamento è effettuato con propano (che bolle a - 37 °C), il quale è poi inviato a un turbocompressore che, dopo averlo liquefatto, lo rinvia in ciclo. In questo stadio, dal gas naturale si separa per prima l'acqua, a 0 °C, e poi via via si separano come condensati gli idrocarburi più pesanti. Il secondo stadio, simile al primo, utilizza come mezzo refrigerante a -100 °C l'etilene. Infine nel terzo stadio si raggiungono i -161 °C (temperatura di liquefazione del metano) utilizzando il metano stesso come refrigerante. Il gas liquefatto viene immesso in serbatoi frigoriferi, poi inviato, per mezzo di navi metaniere, ai centri di rigassificazione, dai quali il metano viene inviato attraverso metanodotto fino agli utenti.

4 La pirolisi (o piroscissione) è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di

calore e in completa assenza di un agente ossidante (normalmente ossigeno). In pratica, se si riscalda il materiale in presenza di ossigeno avviene una combustione che genera calore e produce composti gassosi ossidati; effettuando invece lo stesso riscaldamento in condizioni anaerobiche (totale assenza di ossigeno), il materiale subisce la scissione dei legami chimici originari con formazione di molecole più semplici. Il calore fornito nel processo di pirolisi viene quindi utilizzato per scindere i legami chimici, attuando quella che viene definita omolisi termicamente indotta. Tra i principali processi pirolitici sfruttati su larga scala spiccano il cracking industriale e il trattamento termico dei rifiuti.

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Alcune considerazioni sul metano

Dato il suo basso contenuto di carbonio (o alto contenuto di idrogeno) produce emissioni di CO2 inferiori del 25% rispetto alla benzina, del 16 rispetto al Gpl , di circa il 30% rispetto al diesel e del 70% nei confronti del carbone. Il gas naturale ha una capacità di formare ozono inferiore del 80% rispetto alla benzina e del 50% rispetto a gasolio e Gpl. Il metano è un combustibile classificato a "minimo impatto ambientale" grazie alle emissioni dopo combustione molto ridotte che non contengono residui carboniosi, benzene e polveri ultrasottili PM10

5 (considerati

entrambi cancerogeni e presenti, rispettivamente, nella benzina e nel gasolio).

Inoltre il metano non è strettamente una fonte esauribile come il petrolio, in quanto si può produrre industrialmente da idrogeno e anidride carbonica, si ottiene anche per fermentazione anaerobica di scarti vegetali e reflui zootecnici, per cui si può sostenere che il metano è in qualche modo una fonte rinnovabile, sono certamente da preferire le vere fonti rinnovabili quali l'eolica, la geotermia e l'idroelettrica in determinate condizioni, le biomasse e il solare , non di meno il metano sarà utile come sostituto del petrolio fintanto che queste tecnologie non saranno ampiamente sviluppate e raggiungeranno costi e rese energetiche competitive.

Le riserve di metano sarebbero sufficienti per almeno 200 anni (la stima ufficiale è di 65 anni , però le ricerche di metano non hanno l'intensità delle ricerche del petrolio, molti esperti ritengono ragionevole la stima sopradetta ) senza considerare lo sfruttamento dei giacimenti di idrati di metano questo comunque non significa che sia bene dar fondo a queste riserve, ma il metano può fare da ammortizzatore nella transizione tra l'attuale sistema e un sistema più civile basato sulle fonti rinnovabili, limitando il più possibile i danni del sistema attuale.

Per quanto sopra è utile incentivare e diffondere l'uso del metano, cosa che per altro sta avvenendo in modo insufficiente e comunque di gran lunga inferiore alla disponibilità di questo combustibile/carburante, basti pensare che per i prossimi anni sono previste eccedenze per 30 miliardi di metri cubi all'anno.

FOCUS “Idrati di metano, energia dai ghiacci”

Potrebbero essere una fonte di energia del domani. Sono una forma cristallina di metano e acqua pura che si genera ad alte pressioni e basse temperature. Abbondano nel permafrost artico e alle grandi profondità oceaniche, dove si calcolano scorte per 100.000 milioni di miliardi di metri cubici. Le stime sono dell'Ufficio per la Ricerca Navale, l'ente che promuove la ricerca scientifica e tecnologica per la Marina americana. Ma gli idrati di metano possono anche essere un'enorme fonte di acqua potabile. La loro formazione libera il sale dell'acqua marina. Per cui quando gli idrati si sciolgono, oltre al metano si produce acqua desalinizzata.

Ma sfruttare questa risorsa non è facile. Se durante l'estrazione si verifica un cambiamento della temperatura o della pressione, gli idrati passano allo stato gassoso, aumentando di volume di 164 volte, con enormi problemi di trasporto e stoccaggio. Inoltre chi può vantare i diritti di estrazione? Quali effetti sull'equilibrio geologico può creare un forte prelievo dal fondo oceanico? E ancora, quali conseguenze potrà produrre sul riscaldamento globale un aumento delle emissioni di metano?

5 La sigla PM10 identifica materiale presente nell'atmosfera in forma di particelle microscopiche, il cui diametro aerodinamico è uguale o

inferiore a 10 µm, ovvero 10 millesimi di millimetro. È costituito essenzialmente da polvere, fumo e microgocce di sostanze liquide.

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Per contro un metro cubo di idrati di metano può contenere fino a 180 metri cubi di metano gassoso. Da una prima stima approssimativa sembra che il metano disciolto nei ghiacci polari sia sufficiente a fornire l'energia necessaria al fabbisogno di tutta la popolazione mondiale per i prossimi 7000 anni sulla base dei consumi attuali. Se ciò fosse confermato dagli studi più approfonditi che sono in corso, la notizia sarebbe di estremo interesse non solo per la quantità delle riserve energetiche disponibili, ma anche perché il metano è il più pulito dei combustibili fossili. Tuttavia, a queste buone notizie se ne affianca una molto preoccupante. Se in conseguenza dell'effetto serra si iniziassero a sciogliere i ghiacci polari, le grandi quantità di metano che essi contengono verrebbero rilasciate in atmosfera.

Questo è ciò che sta probabilmente già avvenendo e il distacco dalla banchisa antartica dell'iceberg di cui si è parlato ne è una prova. Il problema è che il metano è 20 volte più opaco all'infrarosso dell'anidride carbonica, ovvero induce un effetto serra 20 volte maggiore del gas su cui ricade la maggiore responsabilità di questo fenomeno. La fusione dei ghiacci polari potrebbe quindi emettere in atmosfera quantità tali di metano da far varcare all'effetto serra la soglia dell'autosostentamento, oltre la quale sarebbe pressoché impossibile effettuare interventi correttivi. Si potrebbe cioè mettere in moto un ciclo in cui le emissioni di metano causate dallo scioglimento dei ghiacciai accrescerebbero l'effetto serra, da cui deriverebbe un innalzamento della temperatura terrestre che accentuerebbe lo scioglimento dei ghiacciai. Questa dinamica può inoltre essere aggravata dal metano che si libera dal sottosuolo nel corso dei terremoti.

FOCUS “GNC e GPL”

Il metano è il più semplice degli idrocarburi, non derivato da processi di raffinazione del petrolio, la cui molecola è formata da un atomo di carbonio e quattro di idrogeno (la formula chimica è CH4). E’ anche il principale costituente di quello che è noto come gas naturale, ricavabile sia da giacimenti nel sottosuolo che attraverso la decomposizione di alcune sostanze organiche, ed è perciò classificato come biogas. Comprimendo il gas naturale si ottiene il GNC.

GPL è l’acronimo di Gas di Petrolio Liquefatto (e non, come alcuni dicono, di Gas Propano Liquido) in quanto è una miscela formata, in proporzioni variabili, essenzialmente da propano e butano, e come dice il nome deriva dal petrolio.

Entrambi presentano interessanti aspetti per diverse applicazioni ed in particolare per il settore automobilistico: la loro combustione è “pulita” sia perché non contengono sostanze estranee e nocive (come lo zolfo, composti del piombo, idrocarburi aromatici), sia perché si miscelano molto bene con l’aria, essendo già in forma gassosa e non dovendo passare, quindi, attraverso la fase intermedia di evaporazione, come accade per i combustibili liquidi (benzina e gasolio); consentono una forte riduzione di tutte le sostanze inquinanti.

Il maggior ostacolo alla diffusione di questi combustibili gassosi, è dovuto, dal punto di vista tecnico, a problemi relativi all’immagazzinamento e al trasporto. Sotto questo aspetto, la natura gassosa è uno svantaggio: infatti un gas ha una densità molto inferiore a quella di un liquido, cioè a parità di volume occupato c’è meno “materia” (ad esempio, un litro di benzina pesa circa 740 grammi, un litro di gas natuale o GPL circa mille volte meno) e quindi anche meno “energia” da utilizzare, ed è pure sensibile alla temperatura (riscaldandolo si espande e la sua densità diminuisce ancora, e perciò in estate si riesce a caricarne meno). Per poter garantire un’autonomia ragionevole ad una automobile (almeno 300 km), bisogna far entrare tanto gas in volume di circa 100 litri (come quello delle normali bombole) e il modo più efficacie è quello di comprimerlo: nel caso del gas naturale si arriva ad una pressione molto elevata, fino a 200 atmosfere, che necessita di robuste e pesanti bombole (realizzate in acciaio o in costosi materiali compositi), ed anche così l’”energia” disponibile è la metà rispetto a quella ottenibile dallo stesso volume di benzina. In teoria è possibile portare il metano allo stato liquido e a pressioni molto più basse, ma sarebbe necessario raffreddarlo fino ad una temperatura di –160 °C, il che implica difficoltà tecniche anche superiori. Sotto questo punto di vista, il GPL si trova in una situazione di vantaggio: infatti, può essere facilmente liquefatto a pressioni relativamente basse (8-10 atmosfere), sempre a temperatura ambiente, e immagazzinato in serbatoi più semplici e leggeri, e quindi meno costosi, che possono assumere forme tali da non sottrarre spazio al bagagliaio, come nel caso delle bombole toroidali (cioè a “ciambella”) alloggiate al posto della ruota di scorta. I serbatoi per il GNC, invece, per ragioni di sicurezza sono di forma cilindrica.

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Un altro aspetto negativo, soprattutto per gli automobilisti, è la carenza di distributori, ancora piuttosto pochi, specie per il metano, anche se, in futuro, si potrebbe sfruttare la capillare rete che già porta il gas domestico nelle case (immaginate che comodità fare il pieno nel proprio box…); il GPL, invece, essendo presente da molti anni sul mercato italiano (chi non ha mai sentito la classica “puzza” di gas?), può contare su una rete di distribuzione che, sebbene ancora limitata, è senz’altro più estesa di quella del metano (il numero di stazioni di servizio è, ad oggi, quattro volte maggiore, e lo squilibrio cresce sulle autostrade).

Tutti questi fattori, quindi, sommati al costo non trascurabile per la trasformazione, al “fastidio” per il maggior tempo richiesto per un pieno (qualche minuto), alla limitata autonomia e ad una certa iniziale diffidenza verso queste potenziali “bombe” (ma vedremo che questo, oggi, è un pericolo infondato), ha ostacolato in passato il diffondersi di queste intelligenti, oggi più che mai, fonti di energia.

Mentre l’adozione di un impianto GPL sulla propria autovettura a benzina è stata una pratica piuttosto diffusa in passato e che continua ancora, da qualche anno cominciano ad essere disponibili nei listini di molti costruttori modelli con doppia alimentazione benzina-GPL o benzina-GNC. Ciò tutela l’automobilista sia dal punto di vista della bontà della trasformazione, sia dal punto di vista della conservazione della garanzia che altrimenti, qualora il montaggio dell’impianto fosse effettuato da un installatore non autorizzato, decadrebbe immediatamente, in tutto o in parte.

Gli impianti a GPL e a GNC sono concettualmente molto simili, la maggiore differenza risiede nelle bombole che nel caso del metano sono più robuste e pesanti, dovendo sopportare una pressione molto più alta. In ogni caso, tutti i serbatoi devono essere sottoposti a test di omologazione e, nel caso del GPL, prevedere la presenza di ben tre valvole di sicurezza: una che si chiude in caso di incidente bloccando l’alimentazione al motore, e comunque ogni volta che si toglie la chiave dal quadro, un’altra che si apre automaticamente se la pressione sale oltre i 27 bar facendo sfogare il gas per evitare sovrappressioni, l’ultima che in caso di incendio o di temperature oltre i 120°C libera in maniera controllata il gas che può bruciare senza causare danni più gravi (come una esplosione); è presente, infine, un dispositivo per non permette di caricare le bombole oltre l’80% del volume disponibile, per evitare un eccessivo aumento della pressione a causa, ad esempio, di un riscaldamento che tende a far dilatare il gas. Tutte queste precauzioni sono dovute al fatto che una perdita di GPL dalla bombola è potenzialmente molto più pericolosa di una perdita di metano, poiché il GPL è più pesante dell’aria e tende a ristagnare in basso, mentre il metano, più leggero, tende a disperdersi nell’atmosfera. Per questo motivo, fino all’introduzione obbligatoria, nel 2001, delle bombole moderne, era vietato il parcheggio alle autovetture alimentate a GPL nei box o nei garage interrati (invece sempre consentita se l’alimentazione è a metano), perché il gas eventualmente fuoriuscito poteva appunto formare un vero e proprio lago estremamente infiammabile.

L’installazione di un impianto a gas è una spesa onerosa, una autovettura che esce già dalla fabbrica con la doppia alimentazione costa almeno un 10% in più dell’analogo modello a benzina, e allora affinché questi carburanti, sottolineiamolo ancora, ecologici si diffondano sempre più, è importante che il loro prezzo d’acquisto, già lievitato notevolmente in questi ultimi anni, non raggiunga valori tali da rendere la loro adozione anti-economica e vani gli studi e le ricerche portati avanti dalle Case. Sarebbe veramente un’occasione persa per migliorare l’aria che respiriamo…

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Uranio per l'energia nucleare

La fonte energetica primaria utile al funzionamento delle centrali termo-elettronucleari è ricavata, all'attuale stato dell'arte, dall'uranio, più precisamente dall'isòtopo U-235. Quasi il 90% dei minerali contenenti uranio utilizzabile è concentrato in soli 10 paesi

Capacità produttiva di uranio per l’anno 2010

PAESE QUANTITA’ [tonnellate]

1 Kazakhstan 18000 2 Canada 16430 3 Australia 9700 4 Namibia 5000 5 South Africa 4860 6 Niger 4000 7 Russia 3520 8 USA 2900 9 Uzbekistan 2300 10 Ukraine 960 11 China 940 12 Czech Rep 500 13 Brazil 340 14 India 295 15 Romania 230 16 Argentina 120 17 Pakistan 65 18 Iran 20

L'Italia ha giacimenti per 6.100 tonnellate, sufficienti ad alimentare per 30 anni una sola centrale EPR

6,

quindi il nucleare è inadatto a sviluppare indipendenza energetica in Italia e nella maggior parte degli altri paesi. Densità energetica La fissione di un grammo U-235 produce 68 GJ di energia termica, questo dato spesso lascia ad intendere che i sistemi ad energia nucleare siano ad altissima densità energetica, ma U-235 non si trova libero in natura, un grammo di U-235 si ricava, mediamente, da 7 tonnellate di minerale lavorato in miniera. Di conseguenza il potere calorifico del minerale contenente U-235 è, mediamente, di 10 MJ/kg. Il potere calorifico del petrolio è di 42 MJ/kg, quello del carbone di 30 MJ/kg e per la legna 17 MJ/kg, quindi dire che il nucleare implica una fonte energetica ad altissima densità è per lo meno opinabile, alla luce di queste valutazioni è sullo stesso ordine di grandezza degli altri combustibili. Mercato e costo della materia prima Il costo della materia prima da cui si ricava il "combustibile" nucleare è aumentato dell'800% in pochi anni, questo indica che:

La materia prima è scarsa, alcuni analisti ritengono che il picco di estrazione dell'uranio sia più imminente del picco del petrolio

I pochi paesi grandi produttori possono formare un cartello per imporre il prezzo di mercato

I paesi non produttori sono quindi soggetti a subire i prezzi dei paesi produttori, come avviene per il petrolio.

Le attuali centrali nucleari non subiscono comunque una grossa penalizzazione dall'aumento esponenziale del costo dell'uranio, in quanto lo stesso incide marginalmente sulla componente di costo, in ultima analisi un aumento dell'800% del prezzo della materia prima incide per un 20% di aumento del costo del kWh prodotto in centrale. Questo non esclude però che la costruzione di nuove centrali porti ad un aumento insostenibile del prezzo dell'uranio, il vero rischio sta nel fatto che il mercato non riesca a soddisfare aumenti di domanda della materia prima.

6 con la sigla EPR (European Pressurized Reactor o Evolutionary Power Reactor) viene indicato il reattore

nucleare europeo ad acqua pressurizzata, meglio noto come reattore nucleare di generazione III+ a fissione.

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Attuali reattori nucleari

Più di ogni altra tecnologia energetica l'energia nucleare è oggetto di atteggiamenti fortemente emotivi. O è vista come il demonio incarnato oppure come l'unica possibile salvezza dalla "fine del petrolio". Non è nessuna delle due cose: è un sistema di produzione di energia con i suoi vantaggi e svantaggi.

L'energia nucleare oggi rappresenta il 7% circa del fabbisogno energetico globale con il 17% di energia elettrica prodotta.

Ad oggi sono attive circa 450 centrali, la Francia produce quasi l'80% dell'energia elettrica dal nucleare, la Svizzera quasi il 40%, molti paesi occidentali si aggirano sul 18-20%.

La grande maggioranza delle centrali nucleari è del tipo PWR (Pressurized Water Reactor, reattore ad acqua in pressione). Questo tipo è molto diffuso perché è quello tecnologicamente più semplice, attualmente non si pongono particolari problemi di reperibilità né dei materiali né del combustibile, ed offre collaudate garanzie di sicurezza.

Ciclo di funzionamento Nelle centrali nucleari si ottiene calore mediante la fissione controllata di atomi di uranio. Per il resto, la produzione energetica di una centrale nucleare è identica a quella di una centrale termica fossile. Nel nocciolo avvengono le reazioni nucleari, che riscaldano a temperature anche notevoli gli elementi di combustibile, (l'uranio) che è impilato in cilindri molto lunghi e stretti. Questi sono lambiti dall'acqua di raffreddamento del circuito primario, che raffreddandoli asporta il calore e si riscalda. L'acqua si trova a circa 300-330°, non evapora perché viene tenuta a una pressione di circa 155 bar (155 volte la pressione atmosferica). Proseguendo nel suo cammino l'acqua scambia calore con altra acqua in un secondo circuito, a una pressione inferiore. Questa evapora, e il vapore arriva, ad una pressione di circa 55 bar e ad una temperatura di circa 280°, e investe una turbina, collegata a un alternatore che dà energia alla rete elettrica. Il vapore a bassa pressione in uscita dalla turbina viene raffreddato da acqua che scorre in un terzo circuito che viene poi alla fine raffreddato ad aria in torri di raffreddamento. Se la centrale si trova nelle vicinanze di un fiume l'acqua del circuito di condensazione (il terzo), che non ha avuto contatto con zone contaminate viene scaricata nel fiume, ovviamente questo deve avvenire con portate e temperature tali da non influire sull'ecosistema.

Principali vantaggi

Nei reattori nucleari non ci sono reazioni chimiche di combustione e quindi non ci sono emissioni in atmosfera, alcuni sostenitori del nucleare propongono questa tecnologia per rispettare il protocollo di Kyoto

Il costo di generazione del kWh nucleare è minore di quello ricavabile dalla combustione delle altre fonti esauribili

Un reattore nucleare può funzionare ininterrottamente per 7000-8000 ore all'anno, è quindi un sistema di base per la gestione della rete elettrica di trasmissione

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Principali svantaggi

L'uranio non è una fonte rinnovabile, negli ultimi anni il costo della materia prima ha subito un aumento di costo dell'800%;

Il decommissioning degli impianti a fine vita ha un costo uguale al costo di generazione del kWh prodotto in centrale;

La gestione delle scorie radiottive è un problema non ancora risolto.

Alcuni ambientalisti ritengono che il nucleare sia l'opzione migliore nell'immediato, nel lungo periodo rimane il problema dell' esauribilità dei materiali fissili.

FOCUS “Sistemi attuali e nucleare di IV generazione”

Gli investimenti a favore della ricerca sul nucleare sono sempre stati cospicui e quindi attualmente esistono diverse linee di sperimentazione delle tecnologie nucleari.

LWR - Gli attuali sistemi ad acqua leggera (LWR, di II generazione) si sono dimostrati affidabili ed economicamente competitivi almeno nelle applicazioni PWR e BWR, ( anche se bisogna ancora valutare bene i costi per lo smaltimento dei rifiuti e la dismissione delle centrali a fine vita). L'evoluzione di questa tecnologia è affidata principalmente a due progetti: al progetto francese EPwR (nucleare di III generazione) con la prossima installazione di un impianto in Finlandia, e al progetto internazionale IRIS, gli obiettivi sono: maggiore sicurezza, maggiore efficienza di utilizzo del materiale fissile e processi industriali di installazione per realizzare impianti in tempi brevi.

LM-FBR - I reattori autofertilizzanti a neutroni veloci FBR, ( nucleare di IV generazione anche se sviluppati fin dai primi anni '50), hanno mostrato invece limiti sotto l'aspetto economico di gestione e dubbi sulla sicurezza del sistema di raffreddamento con sodio fuso, attualmente gli impianti pilota ancora in funzione sono pochi.

HTR - Reattori di IV generazione, raffreddati da elio a temperatura elevata, non hanno necessità di acqua per il sistema di raffreddamento e per questo sono anche detti "reattori asciutti". La taglia è inferiore a quella dei reattori convenzionali (10-300 megawatt). Il prototipo MGHTR è allo studio della cooperazione fra la General Atomics (U.S.A.), Framatome (Francia e Germania), Fuji Electric (Giappone)e vari istituti russi. Un altro progetto è seguito in Sudafrica e da BNFL nel Regno Unito, anche la Cina ha costruito un prototipo sperimentale da 10 MW, il HTR-10. Il punto di forza di questa tecnologia è nella sua qualità di essere a sicurezza intrinseca, in pratica una legge fisica (dilatazione Doppler) impedisce la fusione del nocciolo: più gli atomi si surriscaldano, più si distanziano tra loro, diventa quindi più difficile per il neutrone colpirne il nucleo, nel nucleo ad alta densità di un reattore convenzionale (LWR) gli effetti del fenomeno sono assolutamente marginali, gli ingegneri del HTR-10 hanno già fatto qualcosa di inconcepibile per un reattore normale: hanno disattivato l'impianto di raffreddamento ad elio e aspettato che il reattore si stabilizzasse da solo. Articolo sui reattori HTR www.movisol.org

Reattori ibridi - In questi reattori subcritici un acceleratore di particelle fornisce un fascio di protoni che va a colpire un metallo pesante (ad esempio il piombo). Da questo scontro fuoriesce un fascio di neutroni che, a sua volta, va colpire il materiale fissile, che potrebbe essere uranio o torio. Questi reattori vengono definiti a "sicurezza intrinseca" poiché basterebbe "spegnere" l'acceleratore di particelle per fermare tutto in caso di guasto. Inoltre questi reattori potrebbero anche incenerire le scorie radioattive. Moltissimo lo sviluppo necessario prima che si possa dire se i reattori ibridi saranno pratici ed economici. Orizzonte di tempo: forse 30 anni anche se per il progetto "Amplificatore di Energia" proposto dal premio Nobel Carlo Rubbia si stimano tempi possibili in 10 anni.