isola dei cani - n. 235 agosto 2012

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SIRACUSA - ANNO XXVIII - NUMERO 235 - AGOSTO 2012 GRATIS ET AMORE DEI ESCE QUANDO PUÒ Dall’inchiesta realizzata dal battagliero giornale siracusano sugli intrecci societari dell’avvocato Piero Amara e sulle “relazioni pericolose” nella Procura di Siracusa, alla decisione del ministro della Giustizia Paola Severino di chiedere, al Con- siglio Superiore della Magistratura, il trasferimen- to per incompatibilità ambientale del procuratore capo Ugo Rossi e del sostituto Maurizio Musco Ne parliamo con Franco Oddo, direttore del periodico La Ci- vetta di Minerva Hai combinato davvero un casino con questa inchiesta sulla Procura... Ad onor del vero, a sciverne per primo è stato Salvatore La Roc- ca, direttore del periodico Magma. E mi sembrò assurdo che di fatti riguardanti principalmente la provincia di Siracusa si occu- passe un giornale di Catania, mentre la stampa siracusana era in completo silenzio. Questo è stato uno dei motivi che mi hanno indotto a interessarmi di questa intricata vicenda, naturalmente dopo essermi confrontato con la redazione. Sappiamo che sono stati anche mesi difficili. Adesso sei sod- disfatto della piega che sta prendendo la vicenda? Certo. Ma penso anche ai genitori di Maurizio Musco, che tutti mi dicono essere persone irreprensibili che hanno sofferto mol- tissimo per le notizie circolate. Penso alla vergogna che in questo momento dovrebbero provare quei giornalisti che si sono appiat- titi in una difesa ad oltranza dei magistrati chiacchierati, anche a costo di apparire servili. E penso ai tanti che, di fronte alla mia inchiesta documentatissima, hanno fatto gli gnorri preferendo non vedere, non sentire, non parlare. Detto questo, non posso che essere contento per l’azione decisa del ministro Severino che ha voluto restituire al Tribunale di Siracusa la dignità per troppi anni violata. Questo risultato si deve intestare anche all’Asso- ciazione Nazionale Magistrati, all’Ordine degli Avvocati di Si- racusa, alla ventina di parlamentari – primo fra tutti il senatore Ferrante - che hanno presentato interrogazioni al ministro, alle decine di associazioni che hanno continuato a chiedere chiarez- za. Ma, soprattutto, è un risultato che va intestato ai giornalisti della Civetta senza il cui apporto non ce l’avrei mai fatta. Vogliamo spiegare com’è nata l’inchiesta? Come a volte succede ai giornalisti, c’è qualcuno che ti porta delle carte. Tu le vedi, le valuti, capisci se vale la pena di approfondirne gli aspetti e trovare altri riscontri. E poi, se hai coraggio, ti decidi a pubblicare. Qui c’era e c’è, fra l’altro, una ramificazione di società di non semplice e immediata lettura. Ma oggi, per fortuna, una visura camerale può farla chiunque. Vai alla Camera di Commer- cio o ti colleghi a Unioncamere, dai un nome, un cognome e le generalità e sai subito in quali aziende investe il suo capitale. Poi fai la visura della singola società e capisci con chi è socio, chi è l’amministratore, quale la sede legale e tante altre notizie che ti sono utili per costruire un quadro prospettico. Nella nostra in- chiesta abbiamo esaminato numerose società. Certo, è costato dei soldi, ma nel giornalismo investigativo qualcosa devi spendere. La Civetta di Minerva, periodico di Siracusa e provincia, inizia a pubblicare i risultati della sua inchiesta il 2 dicembre 2011. La partenza è d’impatto. Come si dice: “a prova di smentita”. Un sistema reticolare di società, tutte riconducibili a parenti, amici, colleghi e sodali dell’avvocato augustano Piero Amara del Foro catanese, nelle quali compaiono anche i nomi di alcuni avvocati (ma due svolgono altra attività) un po’ particolari. Sono i figli di alcuni magistrati in carica, di alto profilo, del distretto giudiziario di Catania- Siracusa: i procuratori capo Ugo Rossi, Roberto Campisi, Giuseppe Toscano. Per il diret- tore e la redazione della testata una circostanza strana, curiosa, tale da indurre a qualche domanda, allarmante se collegata ad altri elementi che vale la pena ricordare: - I settori di attività di queste tante società, oltre 20, per lo più riguardanti il trattamen- to dei rifiuti e le fonti energetiche alternative. Settori che, in generale, negli ultimi anni hanno suscitato non pochi appetiti, e attorno ai quali si sono spesso strette le alleanze più spregiudicate. - La strettissima amicizia tra l’avvocato Amara e uno dei più noti sostituti della Procura, Maurizio Musco, salito alla ribalta della cronaca per interventi di qualche anno fa ritenuti decisivi in materia d’inquinamento ambientale, fra cui il cosiddetto processo “Mare ros- so”. - L’improvvisa e insistita presenza sempre degli stessi nomi, in particolare di avvocati, eviden- temente di singolare affidabilità, nei processi più controversi che riguardano la vita del territorio. Il giorno della Civetta Un’inchiesta scottante che pone molte domande di Ercole Pilade Via XX Settembre, 13 - Tel. 0931.65945 - Cell. 333.3512113 TRATTORIA - PIZZERIA Siracusa - Ortigia Segue in ultima Segue a pag. 2 dal 1987 Enzo Italia consiglia il bere bene sulle vostre pietanze 25° ANNIVERSARIO VINI TIPICI SICILIANI E OLI MESCITA - STUZZICHERIA SPEDIZIONI CASSETTE REGALO SPUMANTI - CHAMPAGNE www.enotecasolaria.com e-mail: [email protected] Carmelo Maiorca Marina De Michele vice direttore La Civetta di Minerva

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In prima pagina: Il giorno della Civetta Dall’inchiesta realizzata dal battagliero giornale siracusano sugli intrecci societari dell’avvocato Piero Amara e sulle “relazioni pericolose” nella Procura di Siracusa, alla decisione del ministro della Giustizia Paola Severino di chiedere, al Consiglio Superiore della Magistratura, il trasferimento per incompatibilità ambientale del procuratore capo Ugo Rossi e del sostituto Maurizio Musco.

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Page 1: Isola dei Cani - n. 235 Agosto 2012

SIRACUSA - ANNO XXVIII - NUMERO 235 - AGOSTO 2012 GRATIS ET AMORE DEI

ESCEQUANDO PUÒ

Dall’inchiesta realizzata dal battagliero giornale siracusano sugli intrecci societari dell’avvocato Piero Amara e sulle “relazioni pericolose” nella Procura di Siracusa, alla decisione del ministro della Giustizia Paola Severino di chiedere, al Con-siglio Superiore della Magistratura, il trasferimen-to per incompatibilità ambientale del procuratore capo Ugo Rossi e del sostituto Maurizio Musco Ne parliamo con Franco Oddo, direttore del periodico La Ci-vetta di MinervaHai combinato davvero un casino con questa inchiesta sulla Procura...Ad onor del vero, a sciverne per primo è stato Salvatore La Roc-ca, direttore del periodico Magma. E mi sembrò assurdo che di fatti riguardanti principalmente la provincia di Siracusa si occu-passe un giornale di Catania, mentre la stampa siracusana era in completo silenzio. Questo è stato uno dei motivi che mi hanno indotto a interessarmi di questa intricata vicenda, naturalmente dopo essermi confrontato con la redazione.Sappiamo che sono stati anche mesi difficili. Adesso sei sod-disfatto della piega che sta prendendo la vicenda?Certo. Ma penso anche ai genitori di Maurizio Musco, che tutti mi dicono essere persone irreprensibili che hanno sofferto mol-tissimo per le notizie circolate. Penso alla vergogna che in questo momento dovrebbero provare quei giornalisti che si sono appiat-titi in una difesa ad oltranza dei magistrati chiacchierati, anche a costo di apparire servili. E penso ai tanti che, di fronte alla mia inchiesta documentatissima, hanno fatto gli gnorri preferendo non vedere, non sentire, non parlare. Detto questo, non posso che essere contento per l’azione decisa del ministro Severino che ha voluto restituire al Tribunale di Siracusa la dignità per troppi anni violata. Questo risultato si deve intestare anche all’Asso-ciazione Nazionale Magistrati, all’Ordine degli Avvocati di Si-racusa, alla ventina di parlamentari – primo fra tutti il senatore Ferrante - che hanno presentato interrogazioni al ministro, alle decine di associazioni che hanno continuato a chiedere chiarez-za. Ma, soprattutto, è un risultato che va intestato ai giornalisti della Civetta senza il cui apporto non ce l’avrei mai fatta.Vogliamo spiegare com’è nata l’inchiesta? Come a volte succede ai giornalisti, c’è qualcuno che ti porta delle carte. Tu le vedi, le valuti, capisci se vale la pena di approfondirne gli aspetti e trovare altri riscontri. E poi, se hai coraggio, ti decidi a pubblicare. Qui c’era e c’è, fra l’altro, una ramificazione di società di non semplice e immediata lettura. Ma oggi, per fortuna, una visura camerale può farla chiunque. Vai alla Camera di Commer-cio o ti colleghi a Unioncamere, dai un nome, un cognome e le generalità e sai subito in quali aziende investe il suo capitale. Poi fai la visura della singola società e capisci con chi è socio, chi è l’amministratore, quale la sede legale e tante altre notizie che ti sono utili per costruire un quadro prospettico. Nella nostra in-chiesta abbiamo esaminato numerose società. Certo, è costato dei soldi, ma nel giornalismo investigativo qualcosa devi spendere.

La Civetta di Minerva, periodico di Siracusa e provincia, inizia a pubblicare i risultati della sua inchiesta il 2 dicembre 2011. La partenza è d’impatto. Come si dice: “a prova di smentita”. Un sistema reticolare di società, tutte riconducibili a parenti, amici, colleghi e sodali dell’avvocato augustano Piero Amara del Foro catanese, nelle quali compaiono anche i nomi di alcuni avvocati (ma due svolgono altra attività) un po’ particolari. Sono i figli di alcuni magistrati in carica, di alto profilo, del distretto giudiziario di Catania-Siracusa: i procuratori capo Ugo Rossi, Roberto Campisi, Giuseppe Toscano. Per il diret-tore e la redazione della testata una circostanza strana, curiosa, tale da indurre a qualche domanda, allarmante se collegata ad altri elementi che vale la pena ricordare:- I settori di attività di queste tante società, oltre 20, per lo più riguardanti il trattamen-to dei rifiuti e le fonti energetiche alternative. Settori che, in generale, negli ultimi anni hanno suscitato non pochi appetiti, e attorno ai quali si sono spesso strette le alleanze più spregiudicate. - La strettissima amicizia tra l’avvocato Amara e uno dei più noti sostituti della Procura, Maurizio Musco, salito alla ribalta della cronaca per interventi di qualche anno fa ritenuti decisivi in materia d’inquinamento ambientale, fra cui il cosiddetto processo “Mare ros-so”. - L’improvvisa e insistita presenza sempre degli stessi nomi, in particolare di avvocati, eviden-temente di singolare affidabilità, nei processi più controversi che riguardano la vita del territorio.

Il giorno della Civetta

Un’inchiesta scottanteche pone molte domande

di Ercole Pilade

Via XX Settembre, 13 - Tel. 0931.65945 - Cell. 333.3512113

TRATTORIA - PIZZERIA

Siracusa - Ortigia

Segue in ultima Segue a pag. 2

dal 1987 Enzo Italiaconsiglia il bere benesulle vostre pietanze

25° ANNIVERSARIO

VINI TIPICI SICILIANI E OLIMESCITA - STUZZICHERIA

SPEDIZIONI CASSETTE REGALOSPUMANTI - CHAMPAGNE

www.enotecasolaria.com e-mail: [email protected]

Carmelo MaiorcaMarina De Michele

vice direttore La Civetta di Minerva

Page 2: Isola dei Cani - n. 235 Agosto 2012

PAGINA 2 AGOSTO 2012

Inchiesta che scotta

- Le problematiche ambientali, come la vicenda del progetto Oikothen, che vede il coinvolgimento diretto degli amministratori del Comune di Augusta, nonché discuti-bili consulenze e straordinarie commistioni d’interessi. Risalendo nel tempo, lo stes-so caso “Mare Rosso” con l’ipotizzato sversamento di mercurio nelle acque di Priolo e le misure cautelari nei confronti di operai e dirigenti dell’Eni. Senza dimenticare il più recente episodio del depuratore di Contrada Canalicchio a Siracusa (ancora tutto da raccontare), forse la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.- Le inchieste giudiziarie su vicende di urbanistica, a cominciare dal caso dell’Open Land con il balletto dei dirigenti comunali di Siracusa e gli arresti domiciliari di uno di loro, accusato di aver frapposto pretestuosi e interessati ostacoli alla costruzione di un centro commerciale in area vincolata; alcuni episodi dalle modalità similari ad Augusta in relazione alla costruzione di un capannone, poi diventato supermer-cato, o anche di un edificio che avrebbe dovuto ospitare gli uffici e gli ambulatori dell’azienda sanitaria provinciale; i non graditi pareri negativi espressi dagli attuali funzionari della Sovrintendenza ai beni culturali con la richiesta a loro carico, dal sapore intimidatorio, di risarcimenti milionari.- E altre storie, episodi, fascicoli, che sono stati probabilmente, tutti o in parte, acquisiti dagli ispettori ministeriali nei quasi 30 giorni in cui a Siracusa, Catania e Messina hanno svolto la propria attività di accertamento. Redigendo quella relazione che ha poi indotto il ministro Paola Severino ad assumere l’iniziativa eclatante della richiesta, alla Commissione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratu-ra, di un trasferimento cautelare immediato dei magistrati evidentemente ritenuti in qualche modo coinvolti. Ed è questa la dimostrazione di come non si trattasse di bufale, balle, fango, veleni di pseudo giornalisti (o giornalai!) di un giornaletto. Bensì, al contrario, di riscontri oggettivi ad esposti e denunce di cui già da tempo qualcosa si sapeva, ma che nes-suno aveva mai avuto il coraggio di presentare alla pubblica opinione. L’ultima chance – lo dico con rammarico – che in Italia spesso resta per avere giu-stizia è l’eco mediatica. Con tutte le conseguenze e gli effetti devastanti che, anche in questa vicenda, abbiamo tutti vissuto e continueremo a vivere nostro malgrado. Eppure sicuri che questo attenga alla professione di giornalista.

Se si dovesse ricercare, negli ulti-mi tempi, un esempio del fallimento della politica e dei politici, della loro distanza ormai astrale dai problemi reali della società e dai veri interes-si della collettività, per Siracusa il caso della Procura della Repubblica sarebbe sicuramente uno dei più em-blematici. Sono naturalmente esclusi da queste considerazioni quei parla-mentari come gli onorevoli Francesco Ferrante, Elio Lannutti e gli altri, sen-sibili alle istanze del nostro territorio, pur non essendo siracusani e, quasi nessuno di loro, siciliani. Diversamente, i parlamentari e gli esponenti di spicco della politica lo-cale hanno espresso neanche un vagi-to nell’apprendere le torbide vicende denunciate da La Civetta. Unica ec-cezione, l’intervento della prima ora dell’onorevole Roberto De Benedic-tis caratterizzato da una richiesta di trasparenza e chiarezza, rivolta in pri-mo luogo alla Procura. Tutti in silen-zio gli altri: i parlamentari nazionali Prestigiacomo, Gianni, Alicata, Cen-taro e Granata, quest’ultimo anche vice presidente della commissione nazionale antimafia; i parlamentari

regionali Bufardeci, Marziano, Cap-padona, Bonomo, Vinciullo, Gen-nuso; i massimi rappresentanti degli enti locali - sindaci e presidente della Provincia - nonché i segretari di par-tito ad esclusione di qualche sparuta eccezione; e silenti sono rimasti pure personaggi di primo piano del mondo imprenditoriale come Ivan Lo Bello

e gli stessi sindacati. Da tutti costoro non è venuto un solo comunicato, né una pur laconica dichiarazione. Un silenzio tanto più “assordante” rispetto agli interventi di numerosi esponenti di associazioni, comitati, singoli cittadini pronti ad esporsi di-rettamente e a prendere posizione in una vicenda molto delicata, che tocca

alcuni poteri forti della città e snodi significativi del potere economico del territorio. A loro volta, l’Anm (As-sociazione nazionale magistrati) e la maggior parte degli avvocati del Foro di Siracusa, con sempre maggiore determinazione si sono richiamati a principi fondanti della funzione giu-risdizionale.Venuta a conoscenza dei fatti docu-mentati nelle inchieste giornalistiche dei periodici Magma e La Civet-ta, la Giunta distrettuale di Catania dell’Anm ha così affermato in una nota: “È primario dovere deontolo-gico di tutti i magistrati astenersi, anche fuori dalle proprie funzioni, da comportamenti ancorché legitti-mi che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o dell’istituzione giudizia-ria. Devono, pertanto, essere evitati atteggiamenti, condotte e iniziative che possano pregiudicare i valori di imparzialità e terzietà del magistra-to, ingenerando all’esterno il dubbio sull’esistenza di rapporti di particola-re vicinanza con gruppi, associazioni e singoli soggetti operanti nel territo-rio”. M.D.M.

Il silenzio “assordante” della politica siracusana

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Segue da pag. 1

La prima pagina de La Civetta del 2 dicembre 2011

Page 3: Isola dei Cani - n. 235 Agosto 2012

PAGINA 3AGOSTO 2012

Secondo la relazione degli ispettori del ministero della Giustizia, il capo della Procura di Siracusa, Ugo Rossi, si sarebbe “preoccupato di proteggere legami familiari e sociali” a “dispetto e discapito” della “corretta ed imparziale gestione del proprio ruolo”, gettando “pesanti ombre sul prestigio della magistratura”. Rossi infatti si sarebbe occupato di un fascicolo riguardante la presunta evasione fiscale e le false fatturazioni a carico di Sebastiana Bona, moglie dell’avvocato Amara, e nei confronti di tre società, tra queste la “Gi. Da. Srl” in cui risulta so-cio Rossi Edmondo, figlio dello stesso procuratore. Secondo il documento ministeriale, il capo della pro-cura avrebbe inoltre commesso un “atto abnorme” designando a se stesso un’inchiesta di competenza della Procura di Catania. Si tratta dell’inchiesta de-nominata “Oro Blu”, dove era indagato anche Sal-vatore Torrisi, figlio dell’attuale moglie di Rossi e amministratore delegato della Sai8, società Ato idrica di Siracusa gestita dalla Sogeas e dalla Saccecav. In una nota diffusa dall’Ansa, il dott. Rossi ha fatto sapere che si difenderà “con forza e determinazione in tutte le sedi opportune a cominciare dal Consiglio superiore della magistratura”, dove sarà ascoltato il 13 settembre assieme al sostituto procuratore Mauri-zio Musco. Anche per quest’ultimo il ministro della Giustizia, Severino, ha chiesto il trasferimento. Mu-sco è stato socio, assieme alla sorella, della Panama Srl (con sede nella propria abitazione a Priolo), so-cietà poi sciolta dove si riscontra anche il nome di Miano Sebastiano, praticante dello studio di Piero Amara. L’avvocato è figlio di Giuseppe Amara, un pezzo da novanta ai tempi del craxismo rampante, ex presidente dell’Area di Sviluppo Industriale di Siracusa ed ex sindaco di Augusta, dove è uno che ancora conta. Tornando a Piero Amara, è da ricordare la sua con-danna a 11 mesi inflitta dal Gip di Catania Benanti per “rivelazione di segreti d’ufficio e accesso abu-sivo al sistema informatico del Tribunale di Cata-nia” in quanto avrebbe più volte istigato Vincenzo Tedeschi, cancelliere del procuratore Centonze (al tempo in servizio alla Direzione Distrettuale Anti-mafia di Catania) a fornirgli informazioni ancora coperte da segreto istruttorio. Amara, più volte controparte processuale del dott. Musco, è anche uno dei legali della società Calcio Catania, al centro di un’altra vicenda dagli strani risvolti giudiziari, che ci sembra interessante rac-contare. Nel 2007 i calciatori Falsini, Biso e Pantanelli, non rientrando più nei piani della società catanese, furo-no esclusi dal progetto ed estromessi dalla rosa per circa 40 giorni. A quest’azione seguì una denuncia nei confronti del club da parte dei giocatori che si ritennero oggetto di mobbing. La Lega Calcio con-dannò la società etnea, e i giocatori furono reinte-grati il 23 Agosto 2007. Ma, nei giorni seguenti, la situazione in città divenne insopportabile per i tre calciatori che sostennero di essere anche minac-ciati. Mattia Biso fu il primo ad accettare il com-

promesso con la società e si trasferì allo Spezia il 31 dello stesso mese. Pantanelli e Falsini invece si opposero e fecero causa al club. Successivamente si apprese dalla stampa che i due giocatori erano stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Siracusa, dove il sostituto procuratore Maurizio Musco seguiva in quel periodo una vicenda di cal-cio scommesse. Alcuni giorni dopo i due calciatori non solo ritirarono le accuse contro il Catania Cal-cio, ma accettarono il trasferimento. Pantanelli finì all’Avellino, mentre il 6 novembre Falsini recise

consensualmente il contratto. Il fascicolo penale sui giocatori, passato per competenza territoriale alla procura di Catania, venne archiviato per volere del Pubblico ministero Francesco Puleio. Tutta la storia venne seguita in particolare dal giornalista sportivo Alessio D’Urso, firma della Gazzetta dello Sport, al quale però fu ripetutamente impedito l’accesso alla tribuna stampa, alla sala stampa e in mix zone in quanto “persona poco gradita” al club etneo. D’Urso sporse denuncia contro il Catania Calcio. In seguito al processo, il giudice Antonino Fallone, con sentenza emessa il 18 ottobre 2011, condannò a 8 mesi per “violenza privata” Piero Lo Monaco, ex amministratore delegato del club etneo, che ha do-vuto pagare alla parte lesa un risarcimento di 8.000 euro. Il presidente Antonino Pulvirenti e l’addetto stampa Arturo Magni sono stati invece assolti.Rispetto a questo caso, da quel che trapela dalla relazione degli ispettori del ministero della Giusti-zia, il sostituto procuratore Musco avrebbe omesso l’iscrizione nel registro degli indagati dei giocatori Falsini e Pantanelli, all’epoca delle indagini atleti del Catania calcio, in un’inchiesta che per compe-tenza spettava ai pubblici ministeri catanesi. Per questa stessa indagine sarebbe finito sotto azione disciplinare anche l’allora Procuratore capo di Si-racusa Roberto Campisi, per aver “violato i doveri di correttezza” nei confronti dei colleghi di Catania dopo aver indagato due calciatori della squadra et-nea. Sempre a carico di Campisi, la relazione mi-nisteriale evidenzierebbe anche la “violazione dei doveri di vigilanza” per aver omesso di comunicare fatti di rilievo disciplinare riguardanti il pm Musco, dei quali sarebbe stato a conoscenza.

Andrea Ossino

Saul Caia

L’avvocato Piero Amara

Qualcosa da bere qualcosa da mangiare

Ci rivediamo a Settembre!

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Nella relazione degli ispettori del ministero della Giustizia, dure accuse ai vertici della Procura di Siracusa

“Pesanti ombre sul prestigio della magistratura”

Il sostituto procuratore Maurizio Musco

Page 4: Isola dei Cani - n. 235 Agosto 2012

PAGINA 4

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C’è chi va dove lo porta il cuore o, più terra ter-ra, unni u pòttunu i peri. Concetto La Bianca in-vece rifugge dalle metafore e dichiara con nettez-za: “Vado dove mi manda il partito”. Così ha tito-lato il Giornale di Sicilia, riportando in un artico-lo alcune considerazioni del suddetto in merito alla sua possibile nomina a presidente della società idri-ca Sai 8. A indicarlo per tale incarico è stato natu-ralmente “Cantiere popolare” che, pur essendo La Bianca assessore comunale ai Lavori pubblici, non è una società o cooperativa edile bensì l’ultima crea-tura dai contorni partitici di Pippuggiànni, il fine politico siracusano-priolese nato per germinazione spontanea da due cloni autoctoni di Pippo e Gian-ni, già democratico cristiano nella Dc, cristiano de-mocratico unito nel Cdu e fan di Cristiano De Sica nel cinepanettone Vacanze a San Focà.“Sono un uomo di partito e resto a disposizione per qualunque tipo d’incarico mi si voglia assegnare” – ha affermato Concetto La Bianca, con enfasi de-gna di un carabiniere uso ad obbedir tacendo se a interpretarlo, però, fosse Totò in versione Antonio La Trippa. Il sodalizio tra Pippuggiànni e La Bianca è di vec-chia data, con il secondo piazzato dal primo, in pianta stabile, nelle giunte comunali di centrode-stra che si susseguono da qualche lustro a Siracusa, dando tutt’altro che lustro alla città. Nelle scompa-ginate compagini del sindaco Titti Canario Bufar-deci (eletto la prima volta nel novembre del 1999) La Bianca è stato anche multi-assessore ai servizi demografici, statistici, elettorali e cimiteriali, ser-vizi comunali e personale. E siccome di lavoro fa-ceva il tecnico di laboratorio all’istituto per periti chimici, avrà probabilmente applicato a quei settori

le proprie conoscenze scientifiche, con risultati che ignoriamo essendosene purtroppo perse le tracce. In compenso, del Concetto La Bianca assessore ai Lavori pubblici (ancorché vice sindaco del sinda-co Rintintìn Visentìn) non tracce ma interi tracciati viari testimoniano i livelli grazie a lui raggiunti. In particolare, per i pessimi lavori di ripavimentazio-ne e manutenzione della copertura del manto stra-dale di corso Umberto, si attende che il sindaco dia finalmente seguito alla dichiarata intenzione di ri-volgersi alla magistratura per individuare i respon-sabili, compresi coloro che avrebbero dovuto con-trollare la corretta esecuzione delle opere. Altro esempio istruttivo di come funzionano i lavo-ri pubblici dalle nostre parti è lo stato in cui versa via De Benedictis, sede del vecchio mercato all’a-perto di Ortigia, ripavimentata qualche anno fa.

Senonché molte delle nuove basole dopo un po’ co-minciarono a staccarsi (forse erano attaccate ‘ca sputazza) causando inciampi e cadute di persone, alcune finite all’ospedale, creando quindi seri di-sagi a commercianti, acquirenti locali e turisti di passaggio. Di recente La Bianca ha risolto il pro-blema da par suo, facendo togliere gran parte del-le basole che sono state sostituite con una bella co-lata d’asfalto. Un amministratore con esperienze e traguardi del genere porterebbe decisamente una nuova ventata alla Sai 8, ammorbata dagli scarichi fognari illegali e da altri miasmi meno tecnici. Concetto La Bian-ca potrebbe essere per la società che gestisce il ser-vizio idrico, quel che si dice una figura di garanzia. Di sicuro a garanzia di Pippuggiànni. Blues Brothers

A sinistra foto di corso Umberto e, accanto, un particolare di alcune delle basole con le quali è stata ripavimentata la strada. In diversi tratti i dislivelli sono di alcuni centimetri, tipo le discese ardite e le risalite, con grande goduria – in particolare - dei conducenti di ciclomotori. Nella foto a destra, la pavimentazione di via De Be-nedictis, la strada del mercato di Ortigia che in gran parte è stata oscenamente ricoperta d’asfalto. Nell’uno e nell’altro caso la gestione, il controllo e la realizzazione dei lavori sono stati disastrosi!

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PAGINA 5AGOSTO 2012

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La squadra di calcio del Siracusa, giunta quest’anno a un soffio dalla serie B, non giocherà in serie D e neppure nel campionato regionale di Eccellenza. Non giocherà manco a briscola né a ramino perché non c’è una società, dei soci che caccino i soldi necessari all’iscrizione dopo l’abbandono dell’ultima diri-genza. Un bel risultato anche per quei politici che hanno fatto solo un bel po’ ri pruvulàzzu, sbandierando contatti con fantomatiche cordate di imprendito-ri che avrebbero dovuto risollevare le sorti di un club dall’ormai lunga storia di fallimenti e traversie societarie e finanziarie. Gli interventi alla ricerca di fi-nanziatori o, comunque, l’interessamento manifestato da parte dell’ex ministra Prestigiacomo, del duo di deputati regionali Bufardeci-Marziano, dei deputati

alla Camera Pippuggiànni e Granata, del senatore Bruno Alicata ca junta del sindaco Visentin, ha ottenuto un’emerita mazza. Riguardo alle “cordate”, in re-altà non c’era mancu na lazzata di imprenditori o pseudo tali disponibili ad im-barcarsi davvero nell’avventura d’investire nel Siracusa. L’unico che alla fine è spuntato fuori si chiama Cristauro, un imprenditore catanese con interessi economici nel siracusano e con la passione per il calcio, come dimostra il suo ruolo di dirigente in alcune squadre dei campionati dilettanti. Al momento la sola squadra della città di Siracusa che giocherà un torneo che non sia amato-riale o parrocchiale, è la “Enzo Grasso” iscritta nel campionato di Promozione.

Tex Killer

Paolino Uccello fra storia,natura, miti e leggendePaolino Uccello, naturalista per voca-zione, ancora una volta percorre con questo scritto quel suo lungo itinera-rio sugli Iblei in un viaggio d’arte e di storia, di natura e di costume, tra miti e leggende. Piante e parole che guari-scono è il risultato di un tentativo am-bizioso: quello di organizzare, con il contributo di altri esperti, la medicina tradizionale delle classi popolari iblee nell’ottica delle conoscenze botaniche. La veste di naturalista e studioso in di-fesa del territorio ibleo e dei suoi valori etnoantropologici, lo porta ancora una volta ad affermare quella sensibilità che lo contraddistingue in un approc-cio nuovo di “ecoturismo”: vivere in un museo a cielo aperto con uno sguardo al passato e uno al futuro.

(dall’introduzione di Fabio Amenta)

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PAGINA 6 AGOSTO 2012

Discariche abusive, tolleranza a mille! Tra Pachino e Portopalo di Capo Passero cumuli di ri-fiuti di ogni tipo degradano il territorio, come raccon-ta questo articolo pubblicato sull’ultimo numero del mensile La nuova ecologia. Nel frattempo il presiden-te della Provincia, Nicola Bono, continua a reclamizza-re iniziative a parole molto draconiane come tolleranza zero, riuscendo però a far partire solo dal 1 agosto, in piena estate, la campagna di lotta alle discariche

Decine di discariche abusive prolife-rano a pochi passi dal celebrato ba-rocco di Noto, dall’oasi faunistica di Vendicari - definita “l’albergo degli uccelli” per le numerose popolazioni di migratori che annualmente sostano e nidificano fra le dune – e dai Pantani della Sicilia sud orientale, scrigni di biodiversità diventati solo un anno fa una nuova riserva naturale orientata. Sono alcune delle bellezze della parte meridionale della provincia di Siracu-sa a patire la presenza di rifiuti sul ter-ritorio. Natura e storia, in questo estre-mo lembo della Sicilia, si fondono in suggestivi scorci di costa ideali per le vacanze balneari, in ottimi vini pro-dotti nei vigneti di contrade fra Noto e Pachino o nel festival del Cinema di frontiera organizzato annualmente (quest’anno spostato, pare, a settem-bre) a Marzamemi, piccola frazione marinara di Pachino. Purtroppo, tutto ciò fa i conti con lo stridente contrasto rappresentato dal proliferare di disca-riche abusive di rifiuti di ogni genere

in aree urbanizzate, tratti di litorale, strade e terreni agricoli compresi fra i comuni di Pachino, Portopalo di Capo Passero e la porzione del comune di Noto che ricade nelle immediate vici-nanze del borgo di Marzamemi. Il campionario è vario quanto preoc-cupante: amianto, inerti di demolizio-ne o di costruzione di edifici, materiali ingombranti tipo televisori e frigori-feri, scarti di lavorazioni artigianali e industriali, fra i quali resti di plastica e polistirolo provenienti dalle numerose serre dove vengono coltivati prevalen-temente i pomodorini. A denunciare con forza tale situazione di degrado è da tempo il circolo Legambiente di Pachino “Scieri e Muciare”, i nomi di due barche da pesca tradizionali, gui-dato dal combattivo Salvatore Maino. “Nell’ultimo anno il nostro circolo ha indicato alle autorità competenti almeno una cinquantina di discariche abusive, sette di queste sono state già sequestrate – dice Salvatore Maino - Segnalare la presenza di una discari-ca dovrebbe essere un dovere civico per ogni cittadino, ma troppo spesso rimaniamo disorientati per la lentez-za dell’azione di repressione dei reati perpetrati al nostro patrimonio natura-listico e paesaggistico”.Eppure il circolo va avanti: decine le giornate ecologiche svolte nel circon-dario con i volontari di Legambiente a pulire dalla spazzatura spiagge e siti d’interesse naturalistico e paesaggisti-co. E poi lettere, esposti, segnalazioni per chiedere in primo luogo alle auto-rità pubbliche interventi concreti per affrontare quella che è diventata una vera e propria emergenza ambientale.

“Al sindaco di Pachino, Paolo Bo-naiuto, agli altri sindaci dei comuni limitrofi e al presidente della Provin-cia, Nicola Bono, abbiamo chiesto, finora inutilmente, che provvedano a emanare apposite ordinanze di sgom-bero di rifiuti abbandonati per la tutela dell’incolumità pubblica – riprende Salvatore Maino - Anche perché le di-scariche con presenza di amianto e di altri rifiuti speciali pericolosi sono cre-sciute in modo allarmante. Come di-mostra l’ampio materiale fotografico prodotto durante le nostre iniziative, e che abbiamo già messo a disposizio-ne degli organi di polizia preposti al

controllo del territorio”. E intanto per il terzo anno consecutivo la Provincia di Siracusa lancia e reclamizza la pro-pria campagna di lotta alle discariche abusive denominata Tolleranza zero, ma di cui finora non c’è stata traccia almeno nella zona di Pachino. “Sap-piamo quanto sia complesso il proble-ma della gestione dei rifiuti – chiude Maino - ma non possiamo sopportare gli effetti di processi produttivi inso-stenibili per l’ambiente e la salute. E non ci vogliamo rassegnare a subire coloro che deturpano il territorio”.

Carmelo Maiorca

Via Po, 1SiracusaTel. 0931 462579

Il presidente del circolo Legambientedi Pachino, Salvatore Maino

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Alla Sai 8 e all’Isab la bandiera nera attribuitadal la Gol let ta Verde d i Legambiente Il riconoscimento della ban-diera nera di Goletta Verde a quanti si siano particolar-mente distinti in attività a danno dell’ambiente, a Sira-cusa quest’anno è andato alla Sai 8 per la gestione del depu-ratore consortile, e all’Isab di Priolo per lo sversamento di idrocarburi nel fiume Cante-ra. Di seguito le motivazioni. Da anni Legambiente denuncia che i reflui depurati provenienti dal depuratore di Siracusa ge-stito dalla SAI 8, in precedenza dalla Sogeas (circa 10.000.000 di metri cubi all’anno) vengo-no scaricati attraverso il canale Grimaldi direttamente all’inter-no del Porto Grande. L’impatto ambientale su un ecosistema quasi chiuso come il porto è molto elevato: come è stato de-nunciato dai tecnici dell’Arpa, il notevole apporto di sostanze nutritive determina un processo di vera e propria eutrofizzazio-ne, con la formazione di alghe e il deposito sul fondo di fanghi.Inoltre l’inquinamento riguarda un’area di grande importanza storica e archeologica e d’impa-reggiabile bellezza, che ricade all’interno della perimetrazio-ne dell’Unesco. Senza contare l’impatto ambientale generato sulla contigua Riserva Naturale Orientata Ciane - Saline (indivi-duata come Sito d’Importanza Comunitaria) e il grave spreco

di una risorsa come il refluo de-purato altrimenti utilizzabile per l’agricoltura e l’industria. Come se non bastasse, il 26 marzo 2012, la Procura di Sira-cusa ha sequestrato l’impianto di depurazione consortile di Si-racusa gestito da Sai 8 e inda-gato il presidente della società Riccardo Lo Monaco e i tecnici del gestore del servizio idrico integrato della provincia di Si-racusa.I fatti sui cui hanno indagato per mesi i sostituti procurato-ri Marco Bisogni e Delia Bo-schetto, servendosi anche dei tecnici dell’Arpa, ed effettuan-do prelievi notturni, sarebbero legati all’inquinamento del Por-to Grande di Siracusa tramite lo sversamento dei reflui depurati attraverso il torrente Grimaldi.Tra l’altro, negli ultimi mesi, sempre più spesso chi s’immer-ge nelle acque dell’Area Marina Protetta del Plemmirio lamenta un’eccessiva torbidità delle ac-que per la presenza di particelle in sospensione, anche all’inter-no delle zone B e A (quelle di maggior tutela) che limita e in alcuni casi impedisce l’osser-vazione dei fondali e delle loro bellezze.L’altra bandiera nera è stata assegnata alla società ISAB di Priolo per: - la mancata o insufficien-te manutenzione e controllo dell’oleodotto attraverso il qua-

le avviene il trasferimento di idrocarburi tra la raffineria Isab di Priolo e lo stabilimento Sasol di Augusta;- aver causato nei primi giorni di giugno 2012, con la rottura di tale oleodotto, la fuoriuscita e lo sversamento nel fiume di almeno 400.000 litri di kero-sene con l’inquinamento delle

acque, del suolo e, forse, delle falde idriche sottostanti;- la scarsa informazione fornita ai cittadini e alle autorità ed il ritardo con il quale si è inter-venuti per fronteggiare l’inqui-namento, dopo che da diversi giorni i lavoratori della zona industriale e gli abitanti di Au-gusta lamentavano il persistente

e cattivo odore di idrocarburi;- non aver finora pianificato in-terventi per rimuovere dall’a-rea archeologica di Megara Hyblaea e dalle altre aree par-ticolarmente sensibili gli oleo-dotti attivi e/o dismessi e boni-ficare i siti interessati.

Legambiente Siracusa

Arrestato nel 2006 con l’accusa di aver ce-duto ad altri sostanze stupefacenti, riassume le sue vicissitudini giudiziarie (di cui ci sia-mo già occupati) in questa lettera in cui non risparmia critiche anche ad alcuni giornali locali e alla cosiddetta società civileSono stato arrestato nel marzo del 2006, assieme ad un mio amico e ad altri che per lo più non conoscevo, a segui-to di un’operazione giudiziaria chiamata fantasiosamente “Domino”. Uno cade e trascina nella rovina l’altro. L’ac-cusa che ci venne riservata fu quella di cessione di sostan-za stupefacente. Ammisi da subito di aver acquistato della cocaina e di averla consumata col mio amico. Niente di più. Pensavo, aldilà di ogni valutazione morale, che non fosse reato il consumo di sostanze psicotrope. Anzi ne ero certissimo, conoscendo la legge sull’argomento ed essen-do un convinto antiproibizionista. Ma di avviso diverso furono i giudici nel richiedere l’arresto e nel confermarlo. Mi trovai, in questo modo, in carcere, mentre al mio ami-co vennero concessi gli arresti domiciliari.Da subito scattò una campagna mediatica del tipo “sbatti il mostro in prima pagina”. Tutti i quotidiani locali, “La Sicilia” in prima linea, pubblicarono le mie foto segna-letiche, dando notizie dell’arresto con particolari scan-dalistici privi di ogni fondamento. Parlarono di colletti bianchi e di borghesia dissoluta dedita a festini a base di cocaina e donnine compiacenti e prezzolate. Nei giorni successivi tornarono, sempre con grande risalto, sulla no-tizia citando miei familiari del tutto estranei alla vicenda giudiziaria, dando informazioni completamente false e continuando sul moralismo di “quelli che non ti aspetti”. Provai a richiedere un diritto di replica che mi venne pun-tualmente negato. Mi trovai quindi in carcere e sbattuto in prima pagina, senza alcuna possibilità di esercitare il mio diritto alla difesa. Sul fronte giudiziario mi vennero concessi gli arresti domiciliari e venni poi lasciato nel “dimenticatoio”, trascorrendo circa cento giorni senza

libertà. Non so perché, ma il meccanismo giudiziario s’in-ceppò e non vennero rispettati i termini di legge previsti per rispondere alle mie istanze di revoca degli arresti. De-cisi di protestare perché la mia presunzione d’innocenza era diventata presunzione di colpevolezza e mancanza di diritti. Evasi dagli arresti domiciliari e mi presentai di-rettamente al carcere di Cavadonna, chiedendo di esse-re arrestato nuovamente e, finalmente, una mia richiesta venne accolta. Trascorsi diversi altri giorni in carcere e, alla fine, mi venne concessa la libertà perché un giudice riconobbe che la mia “evasione aveva dimostrato la mia buona fede”.Pensai di aver diritto ad un giusto processo e credetti di poter dimostrare in quella sede la mia innocenza. In re-altà passai da un rinvio giudiziario ad un altro senza so-luzione di continuità, trascorrendo in questo limbo circa sette anni. In questo frangente la stampa locale continuò il suo lavoro di falsificazione della verità e di censura morale. Il mio datore di lavoro, suggestionato da queste notizie, mi sospese dall’attività. Il mio sindacato, la Cgil, di cui ero dirigente, mi sospese “informalmente” senza darmi alcuna notizia ed allontanandomi come una mela marcia. La società civile di questa città, le forze politiche a cui rappresentai lo stato di negazione dei diritti costi-tuzionali, si girò da un’altra parte perché se ero stato ar-restato ci “doveva essere un motivo” e perché mettere in discussione l’operato della magistratura equivaleva a dar ragione a Berlusconi.Ho passato sette anni in splendida solitudine, decidendo di rinunciare a tutto, ma non alla mia dignità. In questo frangente ho denunciato “La Sicilia” al Garante dell’e-ditoria per il suo comportamento scorretto e lesivo della mia dignità ed ho chiesto, in altra sede giudiziaria, il ri-sarcimento del danno. Ho vinto in ambedue i casi, senza che quel quotidiano ne abbia dato notizia alcuna.Il 20 luglio scorso sono stato assolto, dopo sette anni, con giudizio di primo grado perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Ma nessun organo di stampa ha ritenu-to di darne notizia.Non mi sento come uno che ha ottenuto giustizia perché

sette anni trascorsi in questo modo negano ogni diritto costituzionale dei cittadini, capovolgendo la presunzione d’innocenza in presunzione di colpevolezza. So di non es-sere un caso isolato perché la crisi della giustizia italiana riserva la stessa sorte a un numero impressionante di cit-tadini. Nessuno mi restituirà questi sette anni perché non esiste risarcimento che possa compensare la mancanza del diritto che diviene massacro. Ho però conosciuto del-le persone che mi hanno salvato la vita quando mi veniva negato tutto e a cui devo un ricordo e un impegno. Mi riferisco ai carcerati e alla loro situazione insostenibile di cui non si parla, se non per pulirsi periodicamente la coscienza. Loro e non la società civile di Siracusa mi han-no spiegato cosa è dignità e solidarietà. Ringrazio loro, e non la mia vita di prima di “politicamente corretto”, per quello che mi hanno insegnato e che non credo dimenti-cherò mai. Maurizio Zamparelli

LETTERA Maurizio Zamparelli: “Sono stato assoltoma ancora non sento di avere ottenuto giustizia”

Il mitico tavolo del

lavoro siracusano

IVAN LO BELLO DAL FOSFOVIT AL RIGASSIVITIL RIGASSIFICATOREÈ BELLOVIVA LO BELLO!!

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PAGINA 8 AGOSTO 2012

Segue da pag. 1

collaboratoriMarco Bavaglio, Stefano Elia, Antonio Mangiafico, Andrea Ossino, Ivano Saltafossati, Seby Spicuglia, Sabina Zuccaro

Tel. 347 6557018 - [email protected]

isola dei cani siracusa

Il giorno della CivettaE da questa disamina è ve-nuto fuori quello che sulla Civetta avete definito “si-stema Amara”. Mi sono trovato dinanzi a una costellazione di società a re-sponsabilità limitata, delle srl amministrate dall’avvocato Piero Amara o dalla moglie o dalla sorella o dalla cogna-ta o dalla suocera o dai tanti praticanti dei suoi tre studi legali di Siracusa, Augusta e Catania o, in taluni casi, addirittura dalle mogli dei praticanti. Società che ave-vano come soci non soltanto personalità del mondo acca-demico, del professionismo e dell’impresa ma anche figli di magistrati eccellenti e in atti-vità nel distretto giudiziario quali Edmondo Rossi, figlio del Procuratore Capo di Sira-cusa, e Attilio Toscano, figlio del dirigente della Direzione Distrettuale Antimafia di Ca-tania; un sostituto della Pro-cura, ossia Maurizio Musco, che negli anni ha svolto de-licatissime indagini su molte vicende, nonché la sorella, il fratello e il cognato dello stesso Musco; ed Ivan Ca-nonico, figlio dell’ex coman-dante della Guardia di Finan-za di Siracusa. Sono rimasto allibito. Ho ulteriormente approfondito le indagini ac-quisendo tanti altri elementi, compresi i campi di attività, quelli indicati nello statuto dell’impresa e quelli che ef-fettivamente le srl avevano in corso; ho messo insieme gli interessi nel fotovoltaico, nello smaltimento rifiuti e in tanti altri settori; ho condotto ricerche di ogni tipo e sono ancora convinto di non aver trovato tutto quello che c’era da trovare.Per pubblicare tutto ciò sei riuscito a riportare in edicola La Civetta che, a causa di difficoltà finanzia-rie, non usciva da qualche mese. Come sai le allusioni a riguardo non sono certo mancate.Ho letto le dichiarazioni secondo cui qualcuno mi avrebbe dato i soldi per in-teressi politici o economici, e anche quelle più recenti in cui, con l’uso di molti con-dizionali e senza mai fare nomi e cognomi, si vorrebbe insinuare il sospetto che le inchieste sono state commis-sionate dall’esterno. Ho già detto che sono balle, e che se qualcuno ha delle prove le tiri fuori. Ma non c’è nulla da mostrare. Vedi, si è detto per

esempio che avrei obbedito agli interessi di Gino Foti, ed è stata fatta circolare la voce che in un dossier dei carabi-nieri io venga indicato come “uomo di Foti”. Questa è una grande sciocchezza. In tutta la mia vita, mettendo insieme i buongiorno e i buonasera, avrò parlato con Foti non più di tre ore. Senza mai telefo-nargli né ricevere telefonate da lui. Facciano tutte le ricer-che del caso nei tabulati dei gestori telefonici. E per esse-re più chiari: con Foti non ho nulla da spartire e non ho mai condiviso i suoi metodi di ge-stione politica. Figuriamoci obbedire ai suoi interessi. Per potere ripubblicare La Civetta ho venduto una pro-prietà di campagna a mio fratello. Anzi, sarebbe meglio dire ho svenduto, per l’esi-genza di tornare subito in edi-cola. Alcuni dei personaggi di cui ho scritto possiedono megaville con piscina, gran-di barche, scuderie di caval-li, auto prestigiose di grossa cilindrata; uno di essi ha ad-dirittura due grandi moto da competizione che di tanto in tanto fa trasportare al circuito del Mugello per provare l’eb-brezza della velocità. Io, fino

a novembre scorso, possede-vo solo la campagna che mi ha lasciato mio padre, limi-trofa a quella di mio fratello. Ho dato tutto a lui ricevendo il gruzzoletto che mi ha fatto riprendere le pubblicazioni. Sono stato pagato in assegni, tutti versati nella mia banca dalla quale ho fatto bonifici al giornale. E’ tutto documenta-to e verificabile da qualsiasi organismo di controllo. Qual-che amico mi ha dato dell’in-cosciente, ma sono convinto di avere fatto la scelta giusta.Torniamo all’inchie-sta. La Civetta non ha pubblicato solo gli intrecci societari ma ha lanciato lo sguar-do anche su alcune passate indagini della magistratura, solle-vando non pochi dub-bi e interrogativi.Beh, quando sai che in-dagante e indagato sono o sono stati soci in affa-ri, o lo sono o lo sono stati i loro figli, ti poni domande su alcune im-portanti vicende di cui la Procura si è occupa-ta. Il dovere del gior-nalista è questo. Pippo

Fava, che è stato uno dei miei maestri, diceva: “Chi non ha coraggio faccia un altro mestiere”. E aveva ragione. Giornalista non è chi riceve i comunicati stampa, li vol-ge in terza persona e ci mette la firma. Giornalista è chi si spende con la propria intelli-genza per mettere in luce ciò che viene tenuto all’oscuro perché i lettori, i cittadini ne abbiano conoscenza. Il gior-nalismo d’investigazione, se realizzato con onestà intellet-tuale, è uno strumento impor-tante di crescita democratica. E noi, credo, abbiamo svolto questo tipo di giornalismo fin dal primo numero e su mol-tissimi problemi. Leggen-do la nota del Guardasigilli Severino, ho capito che gli ispettori ministeriali venuti a Siracusa hanno riscontrato nella documentazione rac-colta, e attraverso le testimo-nianze rese, ciò che ho scrit-to. Sarebbe importante che questa relazione degli ispet-tori fosse resa pubblica, non soltanto per capire meglio quanto in questa provincia è accaduto per troppi anni, ma anche per risarcire, se non al-tro psicologicamente, quanti possono essere stati danneg-giati da quello che il ministro ha definito un uso distorto della giustizia.Il problema dei soldi per poter continuare a pubbli-care La Civetta non è risol-to. Sei sicuro che riuscirai a tornare in edicola dopo la pausa estiva? Non ho più niente da vende-re. Ma, a costo di mettermi all’angolo di una strada a rac-cogliere l’obolo dei passanti, dal 9 settembre riprenderemo le pubblicazioni. E’ un gior-

nale importante, diventato tale non per mio merito ma per la professionalità, la com-petenza, la passione civile, il coraggio della denuncia di uno staff di giornalisti ec-cezionale. A cominciare dal vice direttore, la professores-sa Marina De Michele che io considero la migliore giorna-lista d’inchiesta che mai Si-racusa abbia avuto, ammesso che ce ne sia stata una. Noi siamo tutti dopolavoristi: Concetto Rossitto e Giam-battista Totis sono dirigenti scolastici, Alessandra Privite-ra, Concetta La Leggia, Ma-rina De Michele docenti alle superiori, Eugenio Bonomo un medico. Paolo Pantano non so che mestiere faccia ma è indomabile difensore dell’ambiente coniugato a un nuovo sviluppo economico. Carmelo Di Mauro è impie-gato in una grande impresa, Monica Lanaia è laureanda in giurisprudenza, Stefania Festa è plurilaureata e impie-gata, Ciccio Magnano è com-merciante. In ultimo anche tu che tieni la rubrica “Il bar sot-to il mare”. E voglio ricorda-re pure quelli che ci sono stati e spero ritornino. Mi riferisco a Pino Bruno, a Sebastiano Di Maria, a Salvatore Perna con cui abbiamo condotto e vinto grandi battaglie contro le trivellazioni in Val di Noto e sul rigassificatore. Tutti in-namorati del giornalismo e disposti a rischiare mettendo-ci la faccia su ogni cosa che scriviamo, senza infingimenti e timori. Un giornale così può chiudere soltanto per l’igna-via di chi può esserci accanto e non lo fa, non per la dismis-sione del nostro impegno. Che ci sarà, sempre.

Franco Oddo, direttore de La Civetta di Minerva