resilienza, sapere, democrazia consapevole

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RESURBE III INTERNATIONAL CONFERENCE ON URBAN AND REGIONAL RESILIENCE Empowering Local Communities for Local Action 1 Resilienza, sapere, democrazia consapevole Giuseppe Longhi 1 , Linda Comerlati 2 1 Via Col Moschin 3, 20136 Milano Italy, IUAV University of Venice, [email protected] 2 Via Sesia 11, 37136 Verona Italy, IUAV University of Venice, [email protected] ABSTRACT Il sapere è probabilmente un fattore strategico di resilienza, dal punto di vista sociale e dello sviluppo fisico della città. Da questo deriva, nella progettazione urbana, la priorità della creazione di nuove infrastrutture abilitanti legate alla conoscenza. Questa impostazione della ricerca, condotta per l'Agenzia Italiana per la Coesione e lo Sviluppo, dal punto di vista sociale si riallaccia al pensiero di Martha Nussbaum (Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities, Princeton University Press, 2010) e di Roberta De Monticelli (La questione civile, Raffaello Cortina editore, Milano 2011 e Al di qua del bene e del male, Einaudi, Torino 2015). Martha Nussbaum denuncia come un sistema dell'istruzione orientato esclusivamente al profitto indebolisca le competenze indispensabili per mantenere in vita la democrazia. Roberta De Monticelli denuncia il processo sempre più dilagante e generalizzato di erosione dell'idealità, cui corrispondono un'eclissi della sfera pubblica ed una condizione diffusa e preoccupante di apatia, che colpisce in larga misura i giovani. Entrambe individuano nello sviluppo del sapere e di una nuova scuola le strutture fondamentali per una nuova coscienza civile altamente resiliente, grazie alla crescita delle capacità dei cittadini, che permetta loro di affrontare gli effetti dirompenti dei cambiamenti tecnologici e sociali, in sintesi, della terza rivoluzione industriale a scala urbana. Da qui una serie di riletture di best practices e di proposte progettuali incentrate sulle diverse morfologie che può assumere un rinnovato sistema scolastico. Esse possono essere sintetizzate in un ecosistema 'ubiquo', generativo, eco-compatibile, accogliente. Sistema 'ubiquo': grazie all'alta connettività la scuola diventa il centro di una rete che coinvolge sia parti di città, sia le residenze, sia i centri culturali a scala globale. La scuola è il motore di un modello creativo di sviluppo della città; Sistema 'generativo': grazie alle nuove tecnologie 'additive' (3D printer, laserscanner, biotecnologie,...) negli spazi della scuola non ci si limita ad imparare ma si sperimenta la traduzione di idee in cose, per generare studenti industriosi e consapevoli di punti di forza e delle contraddizioni della terza rivoluzione industriale; Sistema eco-compatibile: la scuola è autosufficiente in quanto produce energia ed è attenta ad aumentare la biodiversità. La scuola diventa modello di progettazione nell'era dell'antroprocene; Sistema accogliente: gli spazi della scuola sono destinati ad attrarre popolazione e studenti lungo l'intero loro ciclo di vita. Una scuola che diventa fabbrica di coesione e nuova socialità. Parole chiave: Resilienza, Conoscenza, Scuola, Educazione, Ecosistemi urbani del sapere.

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Paper presentato durante l'evento Resurbe III, tenutosi dal 17 al 19 settembre 2015 presso presso l'Università del Rosario (Bogotà, Colombia).

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RESURBE III INTERNATIONAL CONFERENCE ON URBAN AND REGIONAL RESILIENCE

Empowering Local Communities for Local Action

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Resilienza, sapere, democrazia consapevole

Giuseppe Longhi1, Linda Comerlati

2

1 Via Col Moschin 3, 20136 Milano Italy, IUAV University of Venice, [email protected] 2 Via Sesia 11, 37136 Verona Italy, IUAV University of Venice, [email protected]

ABSTRACT

Il sapere è probabilmente un fattore strategico di resilienza, dal punto di vista sociale e dello

sviluppo fisico della città. Da questo deriva, nella progettazione urbana, la priorità della creazione di nuove infrastrutture abilitanti legate alla conoscenza.

Questa impostazione della ricerca, condotta per l'Agenzia Italiana per la Coesione e lo Sviluppo, dal punto di vista sociale si riallaccia al pensiero di Martha Nussbaum (Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities, Princeton University Press, 2010) e di Roberta De Monticelli (La questione civile, Raffaello Cortina editore, Milano 2011 e Al di qua del bene e del male, Einaudi, Torino 2015). Martha Nussbaum denuncia come un sistema dell'istruzione orientato esclusivamente al profitto indebolisca le competenze indispensabili per mantenere in vita la democrazia. Roberta De Monticelli denuncia il processo sempre più dilagante e generalizzato di erosione dell'idealità, cui corrispondono un'eclissi della sfera pubblica ed una condizione diffusa e preoccupante di apatia, che colpisce in larga misura i giovani.

Entrambe individuano nello sviluppo del sapere e di una nuova scuola le strutture fondamentali per una nuova coscienza civile altamente resiliente, grazie alla crescita delle capacità dei cittadini, che permetta loro di affrontare gli effetti dirompenti dei cambiamenti tecnologici e sociali, in sintesi, della terza rivoluzione industriale a scala urbana.

Da qui una serie di riletture di best practices e di proposte progettuali incentrate sulle diverse morfologie che può assumere un rinnovato sistema scolastico. Esse possono essere sintetizzate in un ecosistema 'ubiquo', generativo, eco-compatibile, accogliente.

Sistema 'ubiquo': grazie all'alta connettività la scuola diventa il centro di una rete che coinvolge sia parti di città, sia le residenze, sia i centri culturali a scala globale. La scuola è il motore di un modello creativo di sviluppo della città;

Sistema 'generativo': grazie alle nuove tecnologie 'additive' (3D printer, laserscanner, biotecnologie,...) negli spazi della scuola non ci si limita ad imparare ma si sperimenta la traduzione di idee in cose, per generare studenti industriosi e consapevoli di punti di forza e delle contraddizioni della terza rivoluzione industriale;

Sistema eco-compatibile: la scuola è autosufficiente in quanto produce energia ed è attenta ad aumentare la biodiversità. La scuola diventa modello di progettazione nell'era dell'antroprocene;

Sistema accogliente: gli spazi della scuola sono destinati ad attrarre popolazione e studenti lungo l'intero loro ciclo di vita. Una scuola che diventa fabbrica di coesione e nuova socialità.

Parole chiave: Resilienza, Conoscenza, Scuola, Educazione, Ecosistemi urbani del sapere.

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1. L'ECOSISTEMA DEL SAPERE INFRASTRUTTURA STRATEGICA PER LA RESILIENZA URBANA

Il sapere è probabilmente il fattore principale di resilienza, dal punto di vista sociale e dello sviluppo fisico della città. Da questo deriva, nella progettazione urbana, la priorità della creazione di nuove infrastrutture abilitanti legate alla conoscenza, che sono il frutto del feedback tra diversi ecosistemi costituiti dalle strutture organizzative dettate dal pensiero pedagogico, dalle opportunità e dalle contraddizioni offerte dal progresso tecnologico, dalla variabilità del tessuto sociale, dall'esigenza della rivalutazione del patrimonio ambientale, dalla convivenza con le preesistenti morfologie e tipologie urbane. Tale complessità supera l'identificazione del sapere con un edificio a favore della progettazione di un ecosistema frutto del dialogo fra risorse umane, naturali e fisiche.

Questa impostazione si basa sulla ricerca “Dal banco alla nuvola” condotta per l'Agenzia Italiana per la Coesione e lo Sviluppo e per il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Essa si riallaccia al pensiero di Martha Nussbaum (Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities, 2010) e di Roberta De Monticelli (La questione civile, 2011 e Al di qua del bene e del male, 2015) in quanto ogni progetto deve essere ispirato al raggiungimento di ideali e valori. Da questo punto di vista Martha Nussbaum denuncia come un sistema dell'istruzione orientato esclusivamente al profitto o comunque ispirato ad una visione economica di breve momento indebolisca le competenze indispensabili per mantenere in vita la democrazia. Roberta De Monticelli denuncia il processo sempre più dilagante e generalizzato di erosione dell'idealità, cui corrispondono un'eclissi della sfera pubblica ed una condizione diffusa e preoccupante di apatia, che colpisce in larga misura i giovani.

Entrambe individuano nello sviluppo del sapere e nel conseguente rinnovo delle sue infrastrutture fondamentali gli elementi per una nuova coscienza civile altamente resiliente, grazie alla crescita delle capacità dei cittadini, che permetta loro di affrontare gli effetti dirompenti dei cambiamenti tecnologici e sociali, in sintesi, della terza rivoluzione industriale a scala urbana.

Questi principi del sistema educativo e progettuale italiano sono supportati dall’

8°Programma Quadro - Horizon 2020 dell'Unione Europea il quale fonda l’idea di sviluppo sulla crescita del sapere delle risorse umane, per facilitare l’aumento dell'occupazione, la diminuzione delle povertà e l’aumento del benessere e della felicità. Questi presupposti definiscono la scala delle nuove capacità di base dei cittadini:

- imprenditorialità e capacità progettuale: questo è il principale fattore di resilienza che permette ai cittadini di rispondere ai sempre più mutevoli assetti economici e sociali;

- long life: il sapere vive cicli di vita dirompenti e perciò richiede aggiornamenti ciclici, al di là dei limiti di età;

- scambi: per aumentare le conoscenze e aumentare lo spirito collaborativo, anche attraverso le possibilità date dai nuovi media;

- interdisciplinarietà: la diversità aumenta le occasioni di innovazione; - capacità: per maneggiare nuove tecnologie; - socializzazione: capacità di operare in contesti che lavorano per feedback; - autovalutazione e pensiero critico: il sapere non viene stabilito a priori ma viene auto-

costruito attraverso le esperienze. Questo palinsesto induce una metodologia progettuale ispirata al concetto di "system

thinking", che presuppone un pensiero basato su un apprendimento continuo e di tipo sistemico, per agevolare le relazioni fra le diversità che caratterizzano i partecipanti al gruppo di progettazione. Questo concetto è importante perché ha due effetti.

Da un lato aumenta le sinergie tra sviluppo del sapere e sviluppo della comunità, aumentando il valore del progetto della scuola: non più semplicemente un edificio per l'erogazione del sapere, ma un ecosistema attivo per lo sviluppo delle nuove capacità dei cittadini. Per questo il progetto della scuola nasce con il progetto dell'organizzazione della comunità, da cui discende il

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programma delle attività e degli spazi, che non sono più necessariamente confinati nelle aule dell'edificio scolastico.

Dall'altro richiede la creazione di nuove infrastrutture urbane dedicate alla gestione della crescente diversità e complessità degli input (dati, immagini, nuovi media, ecc….) indispensabili per l’erogazione del sapere. Si tratta di infrastrutture per lo stoccaggio, la manipolazione e la ridistribuzione dei dati; di nuove strutture per l’erogazione di servizi dedicati all'alfabetizzazione digitale e all'educazione al pensiero sistemico, di nuove filiere produttive specializzate nella lavorazione dei dati. La scuola può diventare il nodo strategico del rinnovo creativo della città perché luogo d’incontro e di mediazione tra i flussi di sapere, i flussi di produzione di dati e di informazioni ed il patrimonio fisico degli spazi specializzati.

Figure 1: Relazioni fra sviluppo delle capacità dei cittadini e innovazione del sapere nella strategia UE Horizon 2020

2. QUALE UOMO PER QUALE SAPERE ALL’ORIGINE DELLA FORMA DELLA SCUOLA E DELLA CITTÀ

Parafrasando la famosa frase dell’economista Johan Robinson si può sostenere che il valore strategico del sapere è destinato ad essere confinato nell'ambito della retorica se non lo si articola in modelli organizzativi ampiamente riconoscibili ed in ecosistemi progettuali.

Da questo nasce un percorso progettuale dominato dalla sinergia fra avanzamento dei sistemi cognitivi, uso responsabile delle risorse, opportunità e contraddizioni offerte dalle nuove tecnologie, da cui nascono nuove modalità d’uso dello spazio.

L'avanzamento dei sistemi cognitivi

Questo percorso si sviluppa in tre stadi le cui caratteristiche sono strutturalmente differenti, in quanto basati su: riconoscimento della struttura e delle capacità naturali della mente umana, riconoscimento delle capacità umane aumentate grazie alla cibernetica, sostituzione della mente e del corpo umano con la robotica. Questo è un percorso molto contraddittorio in cui la macchina ha un ruolo crescente con lo scopo di affiancare (o di sostituire?) le capacità dell’uomo. Ci troviamo di fronte ad un’evoluzione dirompente sia della conoscenza delle potenzialità dell’uomo, sia della

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conseguente organizzazione dei saperi, sia dell’organizzazione sociale. Questi passaggi ‘dirompenti’ costituiscono la base fondamentale sia dell’organizzazione dei saperi, sia della progettazione fisica degli ambienti in cui essi vengono erogati. In questo paper ci si limita a tracciare il canovaccio di questo complesso percorso.

Figura 2: Evoluzione della capacità della mente in relazione all'ampliamento esponenziale della capacità di stock delle informazioni

Riconoscimento della struttura e delle capacità naturali della mente umana

Questa fase inizia con Maria Montessori, all’inizio del ‘900, dove in occasione dell’edificazione del quartiere popolare di San Lorenzo a Roma e di due quartieri operai della Società Umanitaria a Milano, vengono edificate le “case del bambino”, le cui strutture sono a dimensione di bambino, in cui è attiva la partecipazione dei genitori, e l’insegnante è l’organizzatore dell’ambiente. L’insegnante aiuta il bambino, lo sviluppo del quale deve compiersi secondo i ritmi naturali e in base alla sua personalità. Un contributo rilevante allo sviluppato dei sistemi didattici è dato da Loris Malaguzzi nella seconda metà del secolo scorso, il quale aggiunge al rapporto bambino-maestro il ruolo dell’ambiente.

Ricorda Malaguzzi: "una volta a settimana portavamo la scuola in città. Letteralmente, noi caricavamo noi stessi, i bambini, ed i nostri strumenti di lavoro su un camion e facevamo scuola e organizzavamo delle mostre all'aria aperta, nei parchi pubblici o sotto il portico del teatro comunale. I bambini erano felici. La gente guardava; erano sorpresi e facevano domande". In sintesi il pensiero di Loris Malaguzzi privilegia:

- l'attenzione primaria al bambino e non alla materia da insegnare, - la trasversalità culturale e non il sapere diviso in modo settoriale, - il progetto e non la programmazione, - il processo e non il solo prodotto finale, - l'osservazione e la documentazione dei processi individuali e di gruppo, - il confronto e la discussione come alcune delle strategie vincenti della formazione, - l'autoformazione degli insegnanti. Con Jean Piaget si introduce il concetto di stadi cognitivi e con Howard Gardner la teoria

delle intelligenze multiple, entrambi fanno lo ‘scan’ della mente umana per esplorare la specificità delle sue potenzialità, e di conseguenza della ad-hocraticità dell’organizzazione didattica la quale non è generalizzabile a causa della specificità delle condizioni ambientali (sia interne che esterne

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alla scuola). In tale situazione il ruolo dell’insegnante, come definito da Montessori e Malaguzzi è quello di organizzatore-generatore-facilitatore.

Le capacità umane aumentate grazie alla cibernetica

Con Howard Gardner, la cui opera si sviluppa verso la fine del secolo scorso, si esauriscono i filoni di ricerca sui sistemi cognitivi che considerano le sole potenzialità della mente ‘naturale’ perché già a partire dagli anni ’70 diventa consistente il filone delle capacità aumentate grazie agli strumenti cibernetici. Questo filone incalza a grande velocità e introduce sostanziali novità nelle potenzialità dell’uomo:

- l’aumento improvviso e smisurato della memoria, passando in 40 anni dalla memoria accumulata in biblioteche grazie al ricovero di libri alla memoria infinita disponibile in cloud;

- l’aumento improvviso della connettività, che negli ultimi 20 anni rende possibile scambiare e manipolare informazioni a scala globale;

- la disponibilità diffusa dei nuovi strumenti e servizi grazie alla dimensione sempre più miniaturizzata (fino arrivare alla dematerializzazione) dei nuovi strumenti ed ai costi decrescenti degli stessi;

Il sistema educativo si è trovato a disporre così di esomacchine sempre più potenti e

pervasive, capaci quindi di inserirsi e di modificare rapidamente qualsiasi processo il cui ruolo ai fini educativi è difficile da definire, anche soprattutto della rapidità nella variazione degli strumenti tecnologici.

Facendo una prima sistematizzazione della nuova realtà, essa può essere sintetizzata con le seguenti parole chiave:

- evoluzione ‘dirompente’, ossia con netti salti motivati dalle evoluzioni sia tecnologiche sia sociali;

- sistema confuso a causa della sproporzione fra le opportunità offerte da mondi multiformi e complessi e le capacità in grado di gestirle;

- dubbi sulla reale utilità dei nuovi strumenti, vedi “Demenza digitale” di Spitzer.

La nuova realtà è segnata da una serie di avanzamenti teorici

L’insegnamento ‘generativo’ di Seymour Papert, la decodifica del pensiero in pattern all’origine dei moderni software grazie a Cristopher Alexander, le regole per trasformare il disordine del pensiero in procedure sistemiche grazie al lavoro di Nicholas Negroponte e del suo Media Lab, la sistematizzazione del pensiero secondo il modello neuronale del “System thinking” di Peter Senge, l’imparare ad imparare coniugato con nuove visioni di spazio di Paul Virilio.

Queste teorie influenzano la progettazione dei sistemi scolastici con alcuni principi innovativi: tutti devono partecipare al processo progettuale, l’architetto non è un impositore ma un coordinatore, l’architettura non si limita a soddisfare bisogni arretrati ma è un fattore generatore di nuovo sviluppo. Questi principi aprono la via alla sperimentazione di nuovi modelli di complessi scolastici grazie a: Cedric Price, con Fun Palace e Pottery Thinkbelt, Cristopher Alexander, con l’alfabeto ‘aperto’ di progettazione “Pattern Language” e l’esperienza di progettazione dell’Università dell’Oregon con Oregon Experiment, l’architettura fatta di atomi e bit di Nicholas Negroponte, Toyo Ito con la visione critica di “Tarzan in the media forest” ed il progetto della Sendai mediateque.

Sono molto concreti gli effetti della connettività-miniaturizzazione: oggi tutti hanno in tasca un dispositivo in grado di informare e interagire: questo mette in discussione l’unicità del rapporto insegnamento-edificio a favore di morfologie ubique all’interno delle quali è infinita la possibilità di erogazione di servizi culturali: il fattore strategico di progettazione passa dalla relazione edificio-fattori di localizzazione al rapporto scopo-connettività-spazi di relazione. La progettazione esce dalle certezze che hanno segnato la storia dell’architettura e dell’urbanistica per entrare in uno spazio complesso dominato dal paradigma della connettività.

Il difficile rapporto tra mente umana e robotica:

Nel 2015 i grandi sistemi di ricerca facendo capo a USA, Unione Europea e Giappone lanciano i programmi di ricerca ‘brain’, la IBM il suo programma per il computer neuronale. Dopo

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aver sottratto il lavoro ‘meccanico’ dell’uomo con le due rivoluzioni industriali, ora con il lancio dei programmi che simulano la mente umana, l’obiettivo è la creazione di sistemi robotici in grado di sostituire completamente l’uomo. Si annunciano ondate di disoccupazione tecnologica la cui fine è difficilmente prevedibile, accompagnate dal decadere delle teorie del valore elaborate nell’epoca dell’industria. Il sistema del sapere è chiamato a rinnovare la sua vocazione in relazione ad assetti sociali di cui è difficile prevedere la forma. Per il progetto è il momento degli scenari futuri in condizione di incertezza nella consapevolezza di una realtà dominata da scelte ‘dirompenti’ di cui la massa di cittadini è all’oscuro.

Figura 3: Verso la sostituzione dell’uomo con i robot?

L’uso responsabile delle risorse

La progettazione delle scuole e del sistema del sapere oggi devono essere di guida a livello nazionale per la coerenza con cui perseguire gli obiettivi sottoscritti con le Convenzioni internazionali sull’ambiente.

Dalla filiere logica che emerge dalle convenzioni nasce un metodo progettuale coerente con le principali metodiche internazionali, da ‘One planet’ al metodo metabolico olandese.

Le Convenzioni internazionali definiscono infatti un quadro di standard obiettivo che guidano il percorso verso il progetto sostenibile, ma, implicitamente, anche il percorso di innovazione delle imprese che contribuiscono alla sua realizzazione. L’obiettivo di sostenibilità nell’edificazione si basa sul principio di riduzione dell’impronta ecologica che si raggiunge applicando le normative UE in tema di costruzioni, tese alla riduzione dell’impiego di materia, all’azzeramento del consumo di energia, al contenimento delle emissioni, all’aumento della biodiversità.

Questi obiettivi implicano l’adozione della metodologia BIM, la quale sarà alimentata da Big Data e si concluderà con il monitoraggio e valutazione del livello di qualità. Con tale procedura le esperienze locali diventano leggibili a scala internazionale, dilatando il mercato professionale e delle imprese.

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Figura 4: Matrice di raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda ONU 2030

Le nuove declinazioni di spazio

Come si è visto la declinazione del sapere e le relative infrastrutture sono sempre state l’elemento motore dello sviluppo. Nella prima epoca industriale l’educazione per tutti è stato l’elemento di riscatto per masse di popolazione inurbate e residenti nei nuovi quartieri popolari, così come i nuovi insediamenti universitari hanno costituito la base tecnica per la formazione di un ceto agrario in cui prevaleva la cultura umanistica. In quest’epoca, che chiameremo della città1.0 le istituzioni culturali sono tradizionali ma affiancate da istituzioni innovative promosse dai lavoratori. La sua forma si basa sulla specializzazione funzionale, la sua costruzione è basata sul paradigma dell’ingegneria urbana ed è dominata dall’hardware e dall’attenzione allo stato sociale. La città 1.0 ha avuto i suoi momenti salienti nell’800 e nel ‘900 fino agli anni ‘80. Questo approccio oggi è in crisi sia per il declino dello stato sociale, sia per la crisi dei modelli “top-down” di erogazione del sapere e di progettazione della città.

La città che segue, la città 2.0 si basa sulla continua crescita dei saperi, i suoi emblemi

produttivi sono il parco scientifico e l'industria ad alta tecnologia; la sua gestione si basa su strutture orizzontali; nel lavoro aumenta d’importanza la partnership e la collaborazione; i sistemi d’apprendimento si aprono. Vi è maggiore consapevolezza della necessità d’integrare le discipline. Il modello mentale si basa sull’interconnessione fra i problemi; la forma urbana è più consapevole dell’iterazione fra software e hardware. L’urban design diventa importante. La città è interpretata dal punto di vista soggettivo ed emotivo.

La città è vista in modo più olistico, collegando gli aspetti fisici, sociali ed economici; si incoraggiano quartiere ad alta diversità di cittadini - per età, livelli di reddito, culture e razze. Aumenta la sensibilità verso il limite delle risorse e con essa il rispetto per l'ecologia e il valore dei sistemi naturali, per l'utilizzo di tecnologie eco-compatibili e per l'efficienza energetica. Vi è grande sensibilità per la produzione locale.

La cultura cambia il suo focus. Vi è maggiore consapevolezza del potere della bio economia, dell'economia creativa e del legame tra arte ed economia; benessere ambientale e cultura diventano uno strumento distintivo della città, usati per favorire la rigenerazione urbana e la rivitalizzazione; questo aumenta la popolarità di musei e gallerie d’arte, nel tentativo di cambiare l'immagine della città; allo stesso tempo, proliferano progetti artistici guidati dalla comunità, come parte di un movimento crescente di impegno civico e di inclusione.

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Questi elementi sono alla base della città 3.0 dove tuttavia hanno una rapida evoluzione. La città 3.0 è soggetta a cambiamenti dirompenti esito di potenti processi innovativi che coinvolgono tutti i settori della società e dell’ambiente. Essa si inquadra in un modello di sviluppo: antropocenetico, che sostiene la fine della supremazia dell’uomo sulla natura a favore delle relazioni armoniche fra tutti gli ecosistemi che compongono l’ambiente, ipertecnologico, tendente alla massima dematerializzazione e connettività, proattivo, in cui le forze progettuali tendono continuamente a nuovi assetti migliorativi localmente ed esportabili.

Si tratta di una città adattiva, che attraverso la sua duttilità operativa ha più possibilità di diventare resiliente e capace di affrontare il futuro. La sua organizzazione è ’agile’; il lavoro orizzontale e intersettoriale diventano la norma. C’è la consapevolezza che per avere successo a volte può capitare di fallire; vi è quindi una maggiore consapevolezza del rischio. Apprendimento e auto-sviluppo sono cruciali per la città 3.0; le sue parole chiave sono imparare ad imparare, creare, scoprire, innovare, risolvere problemi ed auto-valutarsi. Queste sono tutte capacità creative che aumentano la probabilità di innescare e attivare una gamma di intelligenze più ampia. Questo innesca l’esigenza di importare e scambiare con intensità conoscenze tra diversi contesti; così come l'imprenditorialità e industriosità sono le chiavi dell’organizzazione del sapere nella città 3.0.

Morfologicamente, secondo Charles Landry, l’esito spaziale di questi processi è “il terzo spazio”. Si tratta di un sistema di spazi misti dedicati al lavoro, alla socializzazione, all’apprendimento e sperimentazione, agli incontri ad alto valore , utilizzabili dagli utenti secondo le proprie preferenze e necessità e che spesso si relaziona con gli spazi per l’abitazione. Il principio base che regola questa nuova morfologia è la dominante dello spazio biotico in sinergia con spazio fisico (gli edifici), lo spazio virtuale (costituito dalle infrastrutture immateriali destinate alla connettività) ed il resto delle nuove infrastrutture abilitanti.

La legge “La buona scuola”: un primo tassello per un più adeguato modello di sviluppo?

Da queste premesse nasce un modello di progettazione del sapere a scala metropolitana, articolato in quattro ecosistemi che operano per feedback: ubiquo, generativo, eco-compatibile, accogliente.

Questi principi sono recepiti dalla recente normativa italiana intitolata "La buona scuola" (legge 13.07.2015 n. 107). Essa promuove misure volte allo sviluppo delle capacità e dell’industriosità di studenti e insegnanti in sinergia con azioni di coinvolgimento di soggetti e risorse esterni, a cui si accompagna una visione sistemica del rilievo, la manutenzione ed il rinnovo del patrimonio fisico dedicato all'educazione. La legge ha la potenzialità di innescare processi di rinnovo consistenti a scala urbana, ma corre il rischio di dilagare in azioni parcellizzate se non sarà accompagnata da adeguati piani operativi di tipo sistemico.

Figura 5: Cedric Price, gli stadi della città

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Tabella 1 Mappa mentale delle forze guida per lo sviluppo del sapere

Epoca Idee Elementi fisici

1900- 1970 era del libro della biblioteca, del telefono della radio TV 1 Libro 200 pag. =1Mb 1980 – 2015 era del computer e delle reti ‘80 ondata del personal computer e della memoria aumentata Floppy disk 1,44Mb CD 1 Gb USB 16 Gb ‘90 ondata di Internet della portabilità e della connettività: laptop,www Laptop 1Tb 2000 ondata dell’ubiquità Smartphone Social net ‘10 ondata della cloud Cloud IoT 2015 - ….. era del computer neuronale neuroni programmabili 1 milione sinapsi programmabili 256 milioni

Montessori: la casa del bambino Sharoun: a-perspective design Malaguzzi: il terzo maestro Negroponte: dalla macchina per disegnare alla macchina per progettare Piaget: gli stadi cognitivi Papert: l’informazione cognitiva Alexander: pattern language Price: progetto generativo Gardner: le intelligenze multiple Ciborra: from thinking to tinkering Bandura: apprendimento sociale Senge: system thinking IFTF: sviluppare nuove capacità Ucla:manifesto del sapere digitale Mau: the third teacher Ito: Tarzan in the media forest Social net: gruppi tematici Long life education: online tsounami FabLab: free innovation! IBM:smarter city, smarter class Asimov: humanics versus humans? USA-DARPA: Brain program UE: Human Brain program China: Brainetome

Scuola a misura di bambino Montessori: arredi per bambini Montessori: scuole nei quartieri popolari S.Lorenzo (Roma) e Umanitaria (Milano) Sharoun, Scuola a Lunen Malaguzzi:Reggio Children Ridolfi, asilo Olivetti, Ivrea Provincia di Milano: Concorso scuola tipo, 1970 Price: Pottery thinkbelt Alexander: Oregon Experiment Negroponte: one laptop per child MIT-STEM classroom Harvard:Make space Ito: Sendai mediateque Corsi a distanza: Cursera, MOOC, MIT Scuola chiacchericcio: i social net Piattaforme scientifiche UE European Institute of technology Complesso Telefon Plan, Svezia Compolesso Orestad, Copenhagen Microsoft Education IBM Education CISCO Education Data Base: software e progetti Strumenti miniaturizzati o incorporati: nel corpo umano connesso e ubiquo

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3. IL PROGETTO DELLA SCUOLA: UNA PIATTAFORMA GENERATIVA PER LO SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE

L’ecosistema scuola è una macchina generativa, per la crescita delle risorse umane di un territorio e principale fattore di sviluppo della ricchezza dello stesso. Il ruolo del progettista è dilatare le potenzialità del manufatto fisico e dell’ambiente per realizzare un sistema integrato di di relazioni e di oggetti materiali ed immateriali; in sostanza, di ideare una piattaforma che segna il passaggio dalla “machine à habiter” di Le Corbusier alla ‘machine’ multifunzionale e multiscopo del 21° secolo.

Di conseguenza la progettazione dei nuovi interventi scolastici deve essere supportata da una piattaforma interdisciplinare capace di avvalersi dei contributi di esperti appartenenti ai diversi mondi scientifici fin qui citati: della pedagogia, dell’innovazione, del rinnovo urbano. Prende così forma la struttura della “quadrupla elica” che è elemento qualificante di una progettazione ispirata ai principi dell’open innovation

Figura 7: Ecosistema scuola

La scuola, ecosistema ubiquo

Grazie all'alta connettività, le strutture del sapere diventano il centro attrattore di una rete che coinvolge il complesso degli spazi urbani: le residenze, i centri culturali, gli spazi civici, proiettandoli a scala globale. Il sapere è dunque il motore di un modello creativo di rigenerazione della città, che vive grazie alle nuove infrastrutture di connessione.

La scuola ubiqua è l'esito dell'evoluzione del modello spaziale di scuola, caratterizzato negli ultimi 50 anni da tre fattori: la crescente dematerializzazione delle attività di apprendimento, la crescita del ruolo degli spazi naturali in una visione antropocenetica della progettazione, l’ottimizzazione dell’uso delle risorse fisiche. Questo risultato è l’esito di un processo, le cui tappe principali sono:

- scuola a misura di bambino, secondo la tradizione italiana del secolo scorso inaugurata con Maria Montessori e Loris Malaguzzi;

-scuola open space (anni '70), che vuole coniugare l'apprendimento didattico frontale, con attività di apprendimento personalizzato su misura per ogni studente, e attività di apprendimento proveniente dalla comunità esterna alla scuola. Spazialmente questo modello porta a diverse declinazioni (scuola senza muri, polo scolastico multifunzionale, ...) e di fatto costituisce il modello di riferimento per l'organizzazione funzionale dell'edificio scolastico anche nella legislazione italiana approvata negli anni ’70;

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--scuola generativa, attivata con la comparsa di computer e la memoria artificiale. Vede l’edificio scuola come un sistema programmabile secondo pattern prestabiliti in base alla dinamica volontà degli utenti, di cui i progetti simbolici sono Fun Palace, Pottery Thinkbelt e Generator di Cedric Price;

--scuola sostenibile, nata dalla presa di coscienza della responsabilità dell’uomo nei confronti della scarsità di risorse naturali, è il risultato di tre elementi: risparmio di materia, eliminazione delle emissioni, aumento della coesione sociale. Si esprime spazialmente nella dimensione micro dell'involucro edilizio (materiali, impianti, tecnologie) e con severi standard di qualità che hanno favorito l’industrializzazione dei processi costruttivi; --scuola globale, connessa, smart: inserisce la comunità scolastica nella comunità globale attraverso le moderne TLC e l’apertura a tutta la cittadinanza, proponendo un tipo di formazione lifelong. Progettualmente la scuola si allarga dal singolo edificio scolastico alla dimensione macro delle infrastrutture per la connettività e alla dimensione nano dei nuovi dispositivi miniaturizzati di apprendimento.

Siamo di fronte ad un importante punto di svolta nei criteri di progettazione perché occorre definire contemporaneamente spazi fisici locali (fusione di materia e tecnologie immateriali) e spazi di connettività sia locali, sia globali (frutto dell’adozione di tecnologie immateriali).

La progettazione della scuola diventa così contemporaneamente l’azione su un luogo e l’azione su un sistema destinata a condizionare la pianificazione urbana, in quanto incide sull’organizzazione dei nodi produttivi e delle reti per la distribuzione (di sapere, prodotti, energia e cibo), grazie ad un sistema orizzontale di microspazi mutevoli, autoregolati e connessi, che funzionano secondo l'obiettivo di produrre, scambiare o attrarre nuovi saperi.

La scuola, ecosistema generativo

L'organizzazione delle strutture della scuola si basa sulle teorie dei cognitivisti per cui l’apprendimento è un'esperienza sociale basata sulla co-costruzione della conoscenza e l’iterazione tra gli studenti. L'interazione diventa una modalità sociale del pensiero in cui gli studenti imparano attraverso il dialogo con lo scopo di costruire conoscenza anziché assorbirla passivamente.

Da questo principio discende la morfologia degli spazi scolastici, che si possono definire un sistema armonico di unità in cui le aule standardizzate sono sostituite da un sistema di spazi in cui lavorare faccia a faccia, riflettere, sperimentare.

Questo sistema fonde i momenti dell’apprendimento con quelli del lavoro, anche grazie al progresso tecnologico che offre macchine miniaturizzate (come 3D printer, laser scanner, ….).

La scuola diventa così contemporaneamente macchina per imparare e produrre, che si fonda sull’integrazione dell’aula TEAL con il FabLab.

In tal modo si ricongiunge il sapere teorico al sapere pratico attraverso la possibilità di produrre in real time gli oggetti ideati dalla comunità scolastica secondo modalità open.

Specialmente il FabLab ha implicazioni a livello urbano perché permette di liberare la capacità innovativa inespressa di molti cittadini grazie a strumenti di fabbricazione a basso costo e alla disponibilità di una rete di esperti globali per la risoluzione dei problemi o la co-creazione. La scala collettiva del sapere è infatti la vera innovazione della scuola "fabricator" che segna il terzo passaggio dello sviluppo in chiave "smart" della scuola:

- scuola smart 1.0 (sviluppo del software): il concetto è dominato dai fornitori di tecnologia, che viene applicata sia dell’edificio, sia ai dispositivi usati dalla docenza e dagli studenti. È l’epoca caratterizzata dallo smart building e dal tablet;

- scuola smart 2.0 (sviluppo del web): si sperimentano nuovi modelli organizzativi ‘intelligenti’, guidati dall’avanzamento nello studio dei sistemi cognitivi e dal system thinking. L’idea di smart è dominata dal dilatarsi dell’accessibilità ai corsi grazie alla didattica on line, ai webinar. Il progetto della scuola smart diventa così un progetto a scala urbana;

- scuola smart 3.0 - social: dominata dalla creatività e dalla co-creazione civica. Le opportunità tecnologiche sono strumenti della crescita della coesione e dell’integrazione della diversità. La scuola smart 3.0 dilata le sue potenzialità per inserirsi armonicamente nel campo delle nuove infrastrutture urbane abilitanti (reti di fabbriche innovative, centri del sapere internazionali, ...).

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La scuola assume quindi un nuovo significato di aggregatore sociale a scala urbana, capace di integrare lo sviluppo del sapere con l’innovazione manifatturiera, finanziarie, energetica ed alimentare. L'articolazione spaziale della scuola 3.0 richiede una molteplicità di spazi di apprendimento e laboratori, connessi 24/24 alle comunità urbane.

Il nucleo delle attività di apprendimento nella scuola 3.0 sono gli spazi di apprendimento, che possono assumere molteplici conformazioni in relazione ai programmi didattici, alla strategia pedagogica, agli strumenti tecnologici. Il pensiero dei cognitivisti presuppone un rapporto attivo fra docente e studenti, dove il ruolo del docente è quello di leadership attiva e di coordinamento. Complessivamente, l’idea di spazio si basa sul concetto di improvvisazione, e, quindi, la sua organizzazione è simile a quella della “commedia dell’arte”, dove il docente dà il via all’apprendimento creativo, e gli studenti utilizzano una vasta gamma di strumenti per ascoltare, riflettere, visualizzare e sviluppare le loro intuizioni. Il system thinking si inserisce in questo filone: l’aula diventa un sistema neuronale, sempre modificabile, con una morfologia simile a quella di una mappa mentale.

Lo spazio del FabLab, si ispira all'organizzazione a blocchi del linguaggio informatico. I blocchi si differenziano principalmente per il livello di apertura alla comunità: i più specializzati e riservati sono dedicati al produrre, i più interattivi sono legati al commercio e all'esposizione. Lo spazio complessivo è comunque fluido e generalmente aperto, favorisce le interazioni spontanee, rafforza le doti di imprenditorialità e le capacità relazionali dei singoli.

La scuola, ecosistema biocompatibile

Gli edifici scolastici possono fungere da volano per un'ondata di sperimentazione edilizia biocompatibile e sostenibile dal punto di vista ambientale. Gli edifici del sapere devono essere autosufficienti in quanto a produzione di energia da fonti rinnovabili, sono attenti ad aumentare la biodiversità, non producono emissioni e generano pochi rifiuti che vengono utilizzati per nuovi cicli produttivi. Gli edifici del sapere possono diventare il campo di sperimentazione di modelli di progettazione nell'era dell'Antroprocene.

Lo standard per la realizzazione di scuole biocompatibili è il frutto delle Convenzioni Internazionali sull'ambiente. Esso è guidato dall'obiettivo dell'abbassamento dell'impronta ecologica ed è articolato in base agli obiettivi fondamentali fissati dall’UE in tema di costruzioni: riduzione dell’impiego di materia, azzeramento del consumo di energia, contenimento delle emissioni, aumento della biodiversità. La realizzazione di edifici scolastici sperimentali si pone come occasione per il raggiungimento di risultati ambiziosi rispetto ai target minimi.

Alla luce degli obiettivi di sostenibilità concordati a livello internazionali, sulla spinta delle innovazioni dirompenti che stanno ridisegnando gli assetti produttivi, si individuano i seguenti campi di innovazione nella progettazione che possono essere pilotati dall'intervento sulle scuole:

- automazione del processo progettuale, che implica l'alfabetizzazione sulla metodologia BIM, lo sviluppo di database (per software e materiali) unificati a livelli nazionali, la messa a punto di un sistema di certificazioni di qualità integrato, che consideri non solo gli aspetti energetici ed acustici, ma anche i parametri di energia incorporata, bioticità degli elementi, risparmio di acqua, comfort e benessere delle risorse umane;

- innovazione dei materiali da costruzione, nella direzione dell'autogenerazione di tessuti biotici (biotech), l'integrazione della materia con i bit (IOT), la progettazione del ciclo di vita completo dei materiali e quindi lo studio delle prestazioni in fase di costruzione, uso e dismissione;

- innovazione delle tecniche costruttive, che tendono alla prefabbricazione, reversibilità, autocostruzione, robotizzazione;

- la rivalutazione del patrimonio fisico esistente delle città, sviluppate durante le precedenti epoche industriali. I grandi sistemi (fabbrica, caserma, biblioteca) sono destinati ad ospitare un'esplosione di nuove attività ad alto valore aggiunto, in cui si verificano il maggior numero di interazioni: centri di accoglienza, spazi informali di relazione e incontro, spazi di elaborazione dati, spazi per il lavoro, ecc.

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IL SISTEMA SCUOLA

La scuola: una macchina generatrice dello sviluppo urbano

Urban data center Le infrastrutture a rete Le nuove scuole

Gli edifici: resilienti ed agili

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L'EDIFICIO SCUOLA

La scuola: macchina per imparare e per fabbricare

La scuola: macchina per produrre cibo ed energia

La scuola: in tasca e nel corpo umano

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IL POTENZIALE URBANO DELLA SCUOLA

La scuola un sistema resiliente

La scuola: un ecosistema generatore di sviluppo

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REFERENCES

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[5] MONTESSORI M. 1952, La mente del bambino. Mente assorbente, Garzanti, Milano

[6] MONTESSORI M. 1970, Come educare il potenziale umano, Milano, Garzanti

[7] MALAGUZZI L. 1971, Esperienze per una nuova scuola dell’infanzia. Atti del seminario di studio tenuto a Reggio Emilia il 18-19-20 marzo1971, Editori Riuniti, Roma

[8] MALAGUZZI L. 1995, I cento linguaggi dei bambini. L’approccio di Reggio Emilia all’educazione dell’infanzia, Bergamo, Edizioni Junior

[9] PIAGET J., INHELDER B. 1979, La genesi delle strutture logiche elementari: classificazione e sensazione, La Nuova Italia, Firenze

[10] PIAGET J. 2000, L’epistemologia genetica, Laterza, Bari

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[12] SPITZER M. 2012, Digitale demenz, Dromer, Munchen

[13] PAPERT S. 1993, The Children’s Machine: Rethinking School in the Age of the Computer, Basic Books, New York

[14] PAPERT S. 1972, Learn Think to Children, UCLA, L.A.

[15] ALEXANDER C. 1967, Note sulla sintesi della forma, traduzione di Sergio Los, Il Saggiatore, Milano

[16] ALEXANDER C. et. al. 1977, A Pattern Language: Towns, Buildings, Construction, Oxford University Press, New York

[17] NEGROPONTE N. 1970, The Architecture Machine: Toward a More Human Environment, The MIT Press

[18] NEGROPONTE N. 1975, Soft architecture machines, The MIT Press, London

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