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4 - Analisi ed eventuale integrazione degli studi idraulici già disponibili sul Fiume Cornia e sui fossi e canali di bonifica Il principale elemento idrologico dell’area è costituito dal Fiume Cornia, che si sviluppa per circa 50 km e raccoglie le acque di un bacino di 365 km 2 . Sono presenti altri fiumi, ma di importanza notevolmente minore, quelli che si trovano nella sinistra idrografica della Cornia, che risultano i più rilevanti ai fini del presente studio, sono riportati di seguito e rappresentati in Figura 4.1: Fosso Cosimo, che prende origine dalla Cornia e riceve le acque del Fosso Diavolo. Fosso Acquaviva, che si avvicina alla costa in località Perelli. Fosso Botrangolo, con percorso subparallelo al Fosso Acquaviva e che si immette nell’allacciante Cervia. Allacciante Cervia, che ha andamento parallelo al lido e scorre in parte verso destra e in parte verso sinistra. Fosso Corniaccia di Vignale, che riceve il Fosso Riotorto e si getta in mare presso la Foce S. Martino, località La Sterpaia. Fosso Valnera, che arriva al mare in località La Scogliera. Fosso di Val Maggiore, che rappresenta il limite del territorio comunale. Ad essi si deve aggiungere il Fosso Cornia Vecchia, che si sfocia in destra della Cornia, presso la località La Chiusa. Sono stati esaminati gli studi idraulici eseguiti sulla Cornia per conto del CIGRI da Tacconi (1991) e per i fossi dallo studio Archingegno (1998), nell’ambito degli studi di fattibilità dei punti di ormeggio individuati nella Variante Generale di P. R. G. e per il piano particolareggiato del parco territoriale della costa orientale. Questi studi sono stati integrati con le stime sul trasporto solido della Cornia, eseguite nell’ambito dello studio sulla dinamica dei sedimenti del Golfo di Follonica, eseguito dall’Università di Firenze per la Regione Toscana nel 2000. Per quanto riguarda le portate di piena e le aree soggette a rischio idraulico sono stati raccolti i dati dallo studio ‘Regionalizzazione delle portate di piena della Regione Toscana’ e le riperimetrazioni riportate nella L. R. 267/98.

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Page 1: 4 Cap4 - Misericordia Campiglia Marittima Cornia - Tacco… · Title: Microsoft Word - 4_Cap4.doc Author: formaioni Created Date: 5/31/2002 10:45:47 AM

4 - Analisi ed eventuale integrazione degli studi idraulici già disponibili sul

Fiume Cornia e sui fossi e canali di bonifica

Il principale elemento idrologico dell’area è costituito dal Fiume Cornia, che si sviluppa per

circa 50 km e raccoglie le acque di un bacino di 365 km2. Sono presenti altri fiumi, ma di

importanza notevolmente minore, quelli che si trovano nella sinistra idrografica della Cornia,

che risultano i più rilevanti ai fini del presente studio, sono riportati di seguito e rappresentati

in Figura 4.1:

• Fosso Cosimo, che prende origine dalla Cornia e riceve le acque del Fosso Diavolo.

• Fosso Acquaviva, che si avvicina alla costa in località Perelli.

• Fosso Botrangolo, con percorso subparallelo al Fosso Acquaviva e che si immette

nell’allacciante Cervia.

• Allacciante Cervia, che ha andamento parallelo al lido e scorre in parte verso destra e in

parte verso sinistra.

• Fosso Corniaccia di Vignale, che riceve il Fosso Riotorto e si getta in mare presso la

Foce S. Martino, località La Sterpaia.

• Fosso Valnera, che arriva al mare in località La Scogliera.

• Fosso di Val Maggiore, che rappresenta il limite del territorio comunale.

Ad essi si deve aggiungere il Fosso Cornia Vecchia, che si sfocia in destra della Cornia,

presso la località La Chiusa.

Sono stati esaminati gli studi idraulici eseguiti sulla Cornia per conto del CIGRI da Tacconi

(1991) e per i fossi dallo studio Archingegno (1998), nell’ambito degli studi di fattibilità dei

punti di ormeggio individuati nella Variante Generale di P. R. G. e per il piano

particolareggiato del parco territoriale della costa orientale.

Questi studi sono stati integrati con le stime sul trasporto solido della Cornia, eseguite

nell’ambito dello studio sulla dinamica dei sedimenti del Golfo di Follonica, eseguito

dall’Università di Firenze per la Regione Toscana nel 2000.

Per quanto riguarda le portate di piena e le aree soggette a rischio idraulico sono stati raccolti i

dati dallo studio ‘Regionalizzazione delle portate di piena della Regione Toscana’ e le

riperimetrazioni riportate nella L. R. 267/98.

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4.1 - Fiume Cornia

La superficie del bacino, limitato alla stazione idrometrica del ponte della strada statale

Aurelia, è di 356 km2, mentre lo spartiacque corre lungo quote relativamente modeste,

essendo la più elevata quella raggiunta dal Poggio Croce di Prata, sulla protuberanza situata

ad Est (916 m s. l. m.).

Dal punto di vista fisiografico si riconoscono due grandi unità morfologiche: la pianura

litoranea, dovuta ai depositi alluvionali dei fiumi Cornia e Milia, e la zona collinare montana,

che presenta rilievi modesti sia per la natura dei terreni, sia per le quote raggiunte, la quota

media infatti è di circa 250 m s. l. m..

La parte finale della Cornia è interessata da una rete fitta di canali, alcuni di uso puramente

irriguo, altri costruiti ai fini di migliorare le condizioni di drenaggio.

4.1.1 - Analisi storica

Lo studio storico del Fiume Cornia è stato condotto da Tacconi (1991), utilizzando documenti

dal 1700 a oggi. La conclusione a cui l’analisi conduce è che si possono individuare due tratti,

caratterizzati da una tendenza evolutiva sostanzialmente diversa: un primo tratto, più a monte,

fino circa alla confluenza con il Torrente Milia; un secondo tratto, più a valle, in cui il fiume,

a partire dalla Stretta di Palazzotto, scorre in una ampia pianura alluvionale.

Nel primo tratto si può osservare, documenti del 1875, una spiccata tendenza alla morfologia

braided, dai dati del 1942 si registra già una riduzione dei fenomeni di intrecciamento e, nella

situazione attuale, il fiume si può considerare strettamente appartenente alla tipologia braided

solo per i primi otto chilometri. Tale tendenza evolutiva è probabilmente connessa a un

graduale processo di riduzione della disponibilità dei sedimenti con conseguente

abbassamento del fondo, in seguito al quale si può essere verificata una maggiore incisione

del canale principale, con conseguente progressivo abbandono dei canali secondari.

Il secondo tratto di alveo è ormai da tempo parzialmente fissato in senso planimetrico dalla

presenza di argini; tuttavia si nota in documenti storici l’esistenza di accentuati fenomeni di

erosione di sponda e di canali di taglio, che confermano come l’alveo in questo tratto fosse

dotato di una elevata mobilità e, probabilmente, tendesse ad una tipologia meandriforme.

4.1.2 - Caratteristiche del trasporto del Fiume Cornia

L’entità del trasporto solido dipende dai caratteri morfologici e idraulici di un corso d’acqua,

per gli studi fatti quindi si può affermare che il primo tratto della Cornia, essendo

moderatamente braided, è caratterizzato da un alto rapporto tra trasporto al fondo ed in

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sospensione. Tale rapporto probabilmente decresce progressivamente verso valle in

connessione con la riduzione dei fenomeni di intrecciamento ed il passaggio ad una tipologia

d’alveo a bassa sinuosità.

Per analizzare il trasporto solido si deve anche considerare il tipo di sedimenti presenti in

alveo. Lungo l’alveo del Fiume Cornia è stata frequentemente osservata l’esistenza di

fenomeni di armouring, tale fenomeno sembra avere una notevole importanza durante gli

eventi di piena, in quanto l’armour protegge lo strato sottostante fino a che la portata liquida

non raggiunge un valore critico tale da mobilizzare quest’ultimo.

Il parametro che fornisce maggiori informazioni riguardo le dimensione del materiale

trasportato è il diametro medio dei sedimenti in alveo: i valori da esso assunti indicano un

trasporto grossolano nel primo tratto di monte, con un aumento, sia pure molto discontinuo,

della frazione fine procedendo verso valle. In particolare, si osserva nel tratto terminale di

valle una netta riduzione delle dimensioni medie del materiale d’alveo, accompagnata da una

pressochè totale scomparsa di corpi sedimentari. Lo studio di Tacconi (1991) conclude che il

tratto terminale del Fiume Cornia è interessato da un trasporto relativamente fine e che sono

quasi del tutto assenti le frazioni più grossolane, nonostante esse siano prevalenti nel

materiale d’alveo dei tratti più a monte.

Nel lavoro suddetto il trasporto solido del Fiume Cornia viene valutato attraverso la

ricostruzione dei volumi dei sedimenti di colmata, attraverso questa analisi il trasporto solido

è risultato essere compreso, per gli anni 1860 – 1942, tra 373810 mc/anno e 388680 mc/anno,

che in termini di peso corrisponde a 549500 tonn/anno e 571360 tonn/anno. Le relazioni

precedenti non permettono di distinguere fra trasporto in sospensione di materiali fini e

trasporto al fondo di sabbia.

4.1.3 – Stima dell’apporto solido del Fiume Cornia

Per il calcolo del trasporto solido è stata utilizzata la formula di Meyer – Peter – Muller

(1946) la quale si limita a stimare il solo trasporto solido al fondo.

D’altra parte, quello che interessa conoscere è l’effettivo contributo che il fiume dà alla

dinamica litoranea; quello che è definito come trasporto in sospensione e che è costituito da

materiali fini, di fatto, una volta giunto alla foce portato al largo, per cui appunto non risulta

utile per il mantenimento degli equilibri dei litorali adiacenti la foce.

Le sezioni in cui è stata fatta la stima del trasporto solido sono evidenziate in Figura 4.2.

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I dati idrologici e le caratteristiche geometriche dell’alveo per la stima del trasporto solido

sono stati ricavati dallo “Studio sulla dinamica fluviale del Fiume Cornia” commissionato dal

C.I.G.R.I. (Consorzio Interprovinciale Gestione Risorse Idriche – Val di Cornia), 1991.

Figura 4.2 – Ubicazione delle sezioni lungo il corso del Fiume Cornia.

In Tabella 4.1 sono riportati, per ciascuna sezione, i dati geometrici ed in Figura 4.3 è

riportato il profilo altimetrico del tratto di pianura della Cornia .

Figura 4.3 – Profilo altimetrico del Fiume Cornia. Sono evidenziate le sezioni esaminate.

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Tabella 4.1 – Caratteristiche delle sezioni.

Caratteristiche planimetriche

Caratteristiche geometriche

Parametri granulometrici Sez.

Kma* [m]

fmax **[m]

pendenza

L*** [m] e [m] D50[m] D90[m]

1 40.288 0.53 0.0009 34.87 0.043 0.011 0.022 2 37.511 3.13 0.0012 48.02 0.01 0.002 0.005 3 35.547 6.14 0.0014 39.07 0.0757 0.020 0.038 4 31.254 10.6 0.0025 32.83 0.0805 0.036 0.040

5 30.515 13.88 0.0021 51.32 0.0797 0.032 0.040

6 29.71 14.52 0.0013 41.8 0.0767 0.016 0.038 7 28.243 17.04 0.0009 44.55 0.0629 0.004 0.031

8 27.802 17.65 0.0025 46.44 0.0634 0.017 0.032 9 26.344 21.87 0.0021 35.54 0.0454 0.009 0.023

10 25.612 22.26 0.0024 126.06 0.0769 0.027 0.038

*=distanza lungo l’asse dell’alveo

**=quota di massimo fondo

***=larghezza dell’alveo pieno

La formula di Meyer-Peter-Muller, in forma adimensionale, è la seguente:

( ) 2/3'8 crθθ −=Φ (4.1)

con 2/1

350ss

B

Dg1q

⋅−

⋅=γγ

γγ

Φ (4.2)

dove qB è la portata di trasporto solido per unità di larghezza.

Il valore di θ cr viene assunto pari a 0.047.

Il parametro di Shields 'θ è espresso in termini di tensioni effettive, essendo:

θθnn' s= (4.3)

dove 26/Dn 6/190s = è il coefficiente di Manning calcolato in riferimento alla sola scabrezza

superficiale; mentre U/sRn 2/13/2 ⋅= è il coefficiente di Manning totale, che tiene conto

anche delle eventuali forme di fondo.

Per il calcolo della velocità media U si è fatto ricorso alla formula del moto uniforme:

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*VCU ⋅= (4.4)

in cui

=

εRf3.13log75.5C 10 (moto assolutamente turbolento);

gRsV * = con R raggio idraulico e s la pendenza dell’alveo.

Per il calcolo di R si è fatta l’ipotesi di sezione trapezia molto larga, ipotesi peraltro da

considerarsi plausibile nel caso delle ultime tre sezioni in prossimità della foce, in quanto

questo tratto è completamente rimodellato ed ha quindi una sezione molto simile ad un

trapezio.

Sempre dagli Annali Idrologici, per la stazione di Venturina, è stata tratta la curva di deflusso

(Figura 4 4) in base alla quale sono stati ricavati i battenti idraulici alla stazione idrometrica.

scala di deflusso

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

0 1 2 3 4 5 6

h [m]

Q [m

c/s]

Figura 4.4 - Scala di deflusso

Per le sezioni in cui Φ >-3.50 (dalle ghiaie medio fini fino alle classi più piccole) il parametro

di Shields, 'θ , è stato calcolato con la formula di Engelund che tiene conto della formazione

delle forme di fondo (dune) che si formano in corrispondenza di fondali costituiti da materiali

meno grossolani: 2/33.006.0' θθ += (4.5)

Una volta calcolate le qB, il volume di materiale ( in mc/anno) che passa attraverso le varie

sezioni è stato calcolato per integrazione della formula:

( )∫ ⋅=t

tB

0

LdttqV (4.6)

dove t0=12h e t=355gg; L è la larghezza dell’alveo attivo.

I valori calcolati, per le sezioni del tratto terminale, sono riportati in Tabella 4.2.

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Tabella 4.2 – Potate solide [mc/anno] per due diverse ‘chiusure’.

Sezioni Portate solide t0=12h

1 11955 2* 30776 3� 17032 4 38063 5 38827 6 25956 7* 36053

* =coefficiente θ’ di Shields calcolato tramite la formula di Engelund � =sezione in corrispondenza della stazione idrometrica sul ponte della S.S. Aurelia

Tenendo conto delle incertezze del metodo e della mancanza di misure di trasporto solido da

utilizzare per la verifica del metodo, è possibile solo trarre indicazioni di larga massima sul

trasporto. Si può ritenere che, ai fini della stima del valore dell’apporto solido fluviale, le

sezioni da prendere in considerazione siano le più prossime alla foce (le sezioni 1 e 3),

individuate nel tratto del fiume che scorre in una zona di colmata e quindi pianeggiante.

Dalla Tabella 4.2 si può osservare la brusca diminuzione di portata solida che si ha nel

passaggio dalla sezione 4 alla sezione 3, e che continua nella sezione 1. La sezione 2, invece,

mostra dei valori nuovamente più alti a causa della presenza di materiali più fini.

Si può quindi ritenere che l’entità della portata solida del Fiume Cornia possa variare entro

una range compreso fra i 12000 ed i 20000 m3 annui.

4.1.4 - Determinazione delle portate di calcolo

La portata di progetto è una delle caratteristiche fondamentali nello studio di un corso

d’acqua, molti Autori hanno lavorato su tale tema e di seguito sono riportate le loro

conclusioni.

Lo Studio Lotti di Roma ha effettuato l’analisi statistica sui dati di pioggia, metodo

cinematico, e stocastica sui dati di portata, metodo di Gumbel; inoltre, ha utilizzato i metodi

empirici basati sulle seguenti formule:

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• Tonini

• Gherardelli – Marchetti

• Giandotti – Visentini

• Metodo della curva inviluppo dei massimi contributi di piena elaborato dal Servizio

Idrografico Italiano.

Considerando un tempo di ritorno di 100 anni, escluso per il metodo della curva inviluppo che

non lo prevede, i risultati ottenuti con le formule presentate sono riportati in Tabella 4.3.

Tabella 4.3 – Portate massime.

Modello Qmax (mc/s)

M. cinematico 1650 M. di Gumbel 1916

F. Tonini 550 F. Gherardelli – Marchetti 1465 F. Giandotti – Visentini 755

Curva inviluppo Servizio Idrografico Italiano 566

Lo studio di Paris mette in conto l’effetto della laminazione della piena prodotto

dall’espansione nelle golene e stima una portata ridotta di massima piena nel tratto finale di

1100 mc/s, con tempo di ritorno di cento anni, e di 1200 – 1300 mc/s per un tempo di ritorno

di 200 anni.

La relazione idraulica delle Ferrovie dello Stato, redatta a proposito del progetto di

allargamento del ponte sulla linea FF. SS., riportava come portata di progetto 1900 mc/s.

Muccetti ha condotto un’analisi propria e ha concluso che la portata di progetto da

considerare è di 1200 mc/s, che corrisponde anche alla massima portata verificatasi

storicamente (8 Ottobre 1958). Il valore di 1700 mc/s viene ritenuto idoneo per il

dimensionamento di opere e dei franchi di sicurezza, mentre il valore di 1970 mc/s è

considerato ad ulteriore favore di sicurezza, corrispondente a tempo di ritorno maggiore di

200 anni. Muccetti ha inoltre condotto uno studio con il programma dell’HEC – California

U.S.A. e ha concluso che nel tratto finale le arginature risultano insufficienti, evidenziando

pertanto la presenza del rischio di esondazione.

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Valori della portata per tempi di ritorno di 100 e 200 anni sono forniti anche dallo studio

‘Regionalizzazione delle portate di piena in Toscana’, R 19, redatto dalla Regione Toscana e

dal Centro Studi di Ingegneria di Prato, che sono riportati in Tabella 4.4.

Tabella 4.4 – Portate per il Fiume Cornia

Fiume Cornia Tr Q Studio

(anni) (mc/s) 566 Studio Lotti (Curva di inviluppo)

100 1916 Studio Lotti (Gumbel) 100 550 Studio Lotti (Tonini) 100 1465 Studio Lotti (Gherardelli e Marchetti) 100 755 Studio Lotti (Giandotti e Visentini) 100 1650 Studio Lotti Roma 100 1100 Paris 100 1700 Muccetti 100 685 Regione Toscana - R19 200 1200 - 1300 Paris 200 816 Regione Toscana - R19

>200 1970 Muccetti

4.1.5- Aree esondabili

L’analisi che si conduce sui corsi d’acqua che sfociano all’interno del Golfo di Follonica è

mirata principalmente allo studio dei territori alla foce di questi. Dati utili all’inquadramento

di queste aree sono l’indice di pericolosità e l’indice di rischio, ai sensi della L 267/98. Gli

indici di cui sopra risultano fondamentali per la tutela e la salvaguardia del territorio, ad ogni

livello di rischio e pericolo corrispondono specifiche disposizioni da rispettare.

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Figura 4.5 – Aree esondabili per il Fiume Cornia e il Fosso Cosimo, ai sensi della L 267/98

(Regione Toscana).

I territori intorno al Fiume Cornia, come si po’ vedere in Figura 4.5 sono caratterizzati da

pericolo idraulico molto elevato.

4.2 - Fosso Cosimo

Il Fosso Cosimo drena essenzialmente i terreni della piana, il suo bacino è 23.4 kmq. In

località Affitti riceve le acque del Fosso Diavolo, entrambi raccolgono i contributi di una serie

di colatori che solcano la pianura tra l’argine sinistro della Cornia ed il bacino del Fosso

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Acquaviva, infine, prima della foce si congiunge ad un canale delle acque basse a valle

dell’Oasi del WWF.

Il bacino imbrifero del Fosso Cosimo interessa un’area pianeggiante con estensione di circa

20 km2, l’altezza massima del bacino è circa 30 m s.l.m., l’asta principale è lunga circa 13 km

e la pendenza media risulta compresa tra 0.4% e 0.2%.

Di seguito si riporta la rappresentazione schematica del bacino del Fosso Cosimo, diviso in

aree e con indicati i valori del Curve Number.

Figura 4.6 – Definizione del bacino imbrifero del Fosso Cosimo,

con la definizine del CN e delle aree (Archingegno).

Lo Studio Associato Archingegno (1998) ha condotto un’analisi sul regime pluviometrico

della zona in esame, prendendo in considerazione i dati riguardanti la stazione di Suvereto,

che è risultata essere la più idonea per la posizione rispetto al bacino idrografico e per la

lunghezza della serie storica che la caratterizza. I dati di pioggia sono stati ricavati dall’esame

degli Annali Idrologici, parte prima, pubblicati al Servizio Idrografico Sezione di Pisa; essi

riguardano gli anni dal 1948 al 1993, seppur con qualche interruzione.

I dati di pioggia sono stati analizzati con Gumbel, quindi sono state ricavate le curve di

possibilità pluviometrica per diversi tempi di ritorno: 10, 20, 100 e 200 anni. La

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trasformazione afflussi – deflussi è stata condotta determinando lo ietogramma di progetto,

mediante taratura su un modello basato su una pioggia reale, 10 Ottobre 1992. Lo ietogramma

di progetto utilizzato è del tipo Chicago, che risulta idoneo a rappresentare le condizioni di

pioggia critica indipendentemente dalla durata complessiva della pioggia adottata.

Tramite il modello matematico di trasformazione afflussi – deflussi basato sull’idrogramma

unitario del Soil Conservation Service, applicato tramite l’impiego del codice di calcolo HEC-

1, è stato determinato l’idrogramma di piena in corrispondenza dei sottobacini indicati in

Figura 4.6. Il programma utilizzato prevede l’utilizzo del Curve Number, che indica il tipo di

suolo, il suo uso e il grado di imbibizione dello stesso, al fine di individuare la quota parte di

pioggia che viene perduta per detenzione nelle depressioni superficiali, per infiltrazione e

perché trattenuta dalla vegetazione. Con il programma HEC-1 sono state ottenute le portate di

picco per i vari tempi di ritorno nei nodi dei sottobacini e alla foce.

Una volta calcolati gli idrogrammi di piena sono stati costruiti, grazie al modello di calcolo

automatico HEC-RAS, che utilizza il programma HEC-2, i profili di rigurgito, per le portate

individuate per i vari tempi di ritorno. Il procedimento di calcolo si basa sulla risoluzione

dell’equazione del moto permanente gradualmente variato con un metodo alle differenze

finite.

Dall’analisi dei risultati si evince che la portata duecentennale esonda in sponda sinistra.

Lo studio ‘Regionalizzazione delle portate di piena’, redatto dalla Regione e dal Centro Studi

di Ingegneria di Prato, fornisce valori di portata per il Fosso Cosimo per tempi di ritorno di

100 e 200 anni di 133 mc/s e 154 mc/s, rispettivamente.

Tabella 4.5 – Portate per il Fosso Cosimo

Per quanto riguarda lo studio dei territori limitrofi dal punto di vista della sicurezza idraulica,

essi ricadono in territori di pericolosità 3 e 4, come si può notare in Figura 4.5.

Fosso Cosimo Tr Q Studio

(anni) (mc/s) 100 30 Archingegno 100 133 R19 200 35 Archingegno 200 154 R19

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4.3 - Fosso Acquaviva

Come per il Fosso Cosimo, lo studio del Fosso Acquaviva è stato eseguito da Archingegno,

(1998), tramite il metodo degli afflussi – deflussi e lo ietogramma di tipo Chicago,

considerando i dati pluviometrici della stazione di Suvereto e analizzando le situazioni

corrispondenti a tempi di ritorno di 5, 10, 20, 50, 75, 100 e 200 anni.

Dallo studio è risultato che le portate con tempi di ritorno di 100 e 200 anni sono quasi

completamente contenute in alveo, tuttavia nel tratto compreso tra lo sbocco al mare e il

primo ponte verso monte si verifica esondazione sia in sponda destra che sinistra; si verifica

una tracimazione anche a monte del ponte della ferrovia.

Valori per la portata per tempi di ritorno di 100 e 200 anni sono forniti anche dallo studio

‘Regionalizzazione delle portate di piena’, che stima il bacino del fiume ampio 15.7 kmq; tali

valori sono riportati in Tabella 4.6.

Tabella 4.6 - Portate per il Fosso Acquaviva

I territori che circondano il Fosso Acquaviva, dal punto di vista della pericolosità idraulica

ricadono nella classe P. I. 3 e P. I. 4, ovvero sono terreni a pericolosità idraulica elevata e

molto elevata, come si può vedere in Figura 4.7.

Fosso Acquaviva Tr Q Studio

(anni) (mc/s) 100 100 R19 200 115 R19

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Figura 4.7 – Aree esondabili per il Fosso Acquaviva, ai sensi della L267/98 (Regione Toscana).

4.4 - Allacciante Cervia

4.4.1 - Tronco in destra dell’Acquaviva

Lo studio dell’Allacciante Cervia è stato condotto da Archingegno (1998) che ha fissato la

quota liquida iniziale, considerando come condizione al contorno il livello di mare allo sbocco

nel caso di precipitazione in concomitanza con una mareggiata di semialtezza di 0,8 m s. l. m.,

in questa situazione al contorno l’Allacciante, posto in comunicazione con il Fosso

Acquaviva, esonda certamente, avendo sponde alte 0,6 m s. l. m., per cui esso risulta

interessato da uno esondazione diffusa.

Una ventola sulla sezione di imbocco dell’Allacciante sull’Acquaviva isola idraulicamente i

due tronchi, evitando il fenomeno del rigurgito, me in condizioni di pioggia, essendo impedito

lo sbocco a mare, i collettori dell’Allacciante e del Guinzane I e II dovrebbero essere in grado

di invasare tutto il piovuto, per evitare allagamenti e ristagni nelle aree limitrofe. Tuttavia il

volume invasabile risulta poco più della metà del volume dell’onda di piena relativa al bacino

imbrifero del Cervia calcolata attraverso la portata centennale.

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4.4.2 - Tronco in sinistra del Fosso Acquaviva

L’Allacciante Cervia in sinistra è attualmente connesso direttamente con il Fosso Acquaviva.

Allo stato attuale, secondo lo studio condotto da Archingegno (1998), soltanto le portate con

tempo di ritorno inferiore a 20 anni sono contenute in alveo; la portata centennale non è

contenuta tra l’imbocco e il secondo ponte Perelli a causa dei rigurgiti provocati dai ponti.

4.4.3 - Tronco compreso tra il Fosso Acquaviva e il Fosso di Valmaggiore

Il tronco dell’Allacciante Cervia in questione sottopassa il Fosso Valnera, quindi esso si trova

in sinistra ed in destra di questo. Allo stato attuale, secondo lo studio condotto da

Archingegno (1998), non è in grado di far defluire la portata duecentennale, in quanto è

presente un sistema di sollevamento meccanico dimensionato per una portata di soli 1.2 m3/s,

contro gli 8.8 m3/s che renderebbero sicuro da allagamento il tratto.

4.4.4 - Tronco a destra del Fosso di Valmaggiore

Il tronco dell’Allacciante a destra del Valmaggiore, presenta un’esondazione diffusa per tutta

l’asta, soprattutto in sinistra, tra il ponte in prossimità della confluenza con il Valmaggiore e il

ponte, a monte di questo l’esondazione è su entrambe i lati.

Secondo lo studio condotto da Archingegno (1998), le portate corrispondenti a tempi di

ritorno di 20 anni sono contenute completamente.

4.5 - Fosso Valnera

Il Fosso Valnera si trova quasi al limite con la provincia di Grosseto, il suo bacino è di circa

14 kmq. Lo studio condotto da Archingegno (1998) sul Fosso Valnera, condotto come per i

fossi analizzati in precedenza, mette in evidenzia le sezioni più interessate da problemi di

tracimazione. Nella sezione che corrisponde al ponte sull’Aurelia, all’altezza della COOP, il

fiume tracima, invadendo la carreggiata del ponte, sia per la portata con tempo di ritorno di

200 anni, che di 100 anni. Un’esondazione, sia in sinistra che in destra, si verifica nella

sezione più a monte, mentre nella sezione più a valle, all’altezza del ponte, la portata

duecentennale sormonta quest’ultimo ed esonda in destra. Infine dal ponte sulla foce per un

tratto verso monte, si verifica l’esondazione della portata duecentennale in destra.

Il Consorzio di Bonifica della Val di Cornia ha predisposto un progetto di ricalibrazione

dell’alveo, che è stato verificato da Colombi (2000) sulla base delle portate di piena previste

dallo studio “Regionalizzazione delle portate di piena della Regione Toscana”. Il progetto

risulta adeguato a contenere in alveo anche la portata duecentennale (173mc/s).

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Le aree in prossimità del Fosso Valnera sono classificate come a ‘pericolosità elevata’ (P. I.

3), (Figura 4.8). Tabella4.7 – Portate per il Fosso Valnera

Fosso Valnera Tr Q Studio

(anni) (mc/s) 100 148 R19 200 173 R19

Figura 4.8 – Aree esondabili Fosso Valnera, ai sensi della L 267/98 (Regione Toscana).