l'ora di giurisprudenza numero 1 anno ii

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Numero 1 Anno II - Marzo 2011 Ma quale Erasmus? Critiche e perplessità a pag. 3 Il riassetto dell’Università Tra statuti e fondazioni, l’Università dopo la Riforma a pag. 4 Navi della speranza. Supereroi dell’incoscienza a pag. 10

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Il giornale di facoltà di Rimconcio dagli Studenti - Giurisprudenza

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Page 1: L'Ora di Giurisprudenza numero 1 anno II

Numero 1 Anno II - Marzo 2011

Ma quale Erasmus?Critiche e perplessità

a pag. 3

Il riassetto dell’UniversitàTra statuti e fondazioni, l’Università dopo la Riforma

a pag. 4

Navi della speranza. Supereroi dell’incoscienza

a pag. 10

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L’Ora di Giurisprudenza2

L’editoriale

Coraggio.

Se ci stai leggendo è perchè ti abbiamo appena fermato in corridoio e abbiamo parlato

con te per 10 minuti, abbiamo riempi-to i banchi della tua aula,tappezzato i muri. Tutto questo nella nostra fanta-sia, nella realtà ci hai mandato a quel paese cinque volte, probabilmete hai il giornale perchè ti è stato tirato in uno scatto d’ira e sicuramente le copie non saranno bastate nemmeno per mezza facoltà,figurarsi per tappezzare i muri.Non importa come, adesso hai in mano il nostro giornale, scritto impa-ginato e stampato con la passione di chi fa politica a vent’anni. La stessa che ci ha spinto lo scorso maggio ad intra-prendere questo progetto, con la voglia di informare e rendere più vivibile la facoltà.Il tema di questo numero è il coraggio, quello dei giapponesi che resistono dopo un terremoto che ha devastato il paese e che assistono, sconvolti, ai ten-tativi di quegli eroi che cercano di sal-vare la vita a milioni di persone. Il coraggio di ribellarsi ad un dittatore e il prezzo che la Libia,in cui ora tutti i giorni la democrazia cade dal cielo come le bombe, sta pagando. Coraggi diversi in diverse parti del mondo che si trovano a sfidare, in giappone i disa-stri provocati dal mare e dalla terra, in Libia un potere che ha portato ad af-

famare la popolazione sia di diritti che di pane.La forza della lotta alla mafia, piaga del nostro paese; Roberto Saviano che non si ferma, continua a scrivere e a parla-re con noi e per noi, rischiando la vita ogni giorno pur di urlare che “la mafia è una montagna di merda”(dal film: “I cento passi”). Il coraggio di don Ciot-ti, presidente di Libera, di mettersi in gioco e di coinvolgere i giovani nella lotta alla mafia, convinto che “ se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svani-rà come un incubo”, come diceva Paolo Borsellino.Sono la parte bella dell’Italia, quella per cui abbiamo festeggiato i 150 anni dell’Unità, quella parte che rende fie-ro di essere italiano chi il 17 marzo ha pensato solo al coraggio che ci vuole per amare questo paese alla deriva e a quanto è difficile superare la tentazione di prendere un aereo e scappare via. C’è poi un coraggio più piccolo, il met-tersi in gioco con la continua voglia di migliorare qualcosa nel luogo in cui si passa gran parte della propria giorna-ta. Il coraggio di portare avanti delle battaglie per tutti gli studenti, la forza di scriverle su questo giornale che spe-riamo offra informazioni importanti e spunti di riflessione, che in fondo è il motivo per cui è nato.

Alessia Ragusa

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3Marzo 2011

L’Erasmus è certamente uno dei temi più inflazionati nella vita e carriera universitaria di ogni

studente. Raccogliendo le testimonian-ze di chi l’ha provato in prima persona, si evidenzia un forte entusiasmo relati-vo all’esperienza vissuta e una gran no-stalgia dei luoghi dello scambio.È difficile incontrare studenti che, dopo mesi passati a studiare all’este-ro, non incoraggino a partire. Il fasci-no di un’esperienza di vita, oltre che di studio,non basta a surclassare le difficoltà di natura amministrativa e burocratica che dobbiamo analizzare attentamente. Tutto appare positivo li-mitandoci ad accogliere la fresca noti-zia che la nostra Università ha aumen-tato il contributo per le partenze da 140 a 200 euro (contributo che arriva fino a 500 euro nel caso del consegui-mento di un altro numero di CFU), un incremento voluto fortemente da tutte le rappresentanze in Consiglio d’Am-ministrazione e Senato Accademico. Volgendo lo sguardo altrove, e analiz-zando con scrupolo l’intera situazione del Programma Erasmus nel nostro Ateneo, notiamo che nel passato Anno

Accademico si è registrato un brusco calo delle domande di ammissione al Bando e poi di assegnazioni reali delle Borse di studio. Gli uffici, non riuscen-dosi a spiegare cosa abbia provocato una tale diminuzione delle domande, chiedono a noi rappresentanti degli studenti una plausibile motivazione del forte calo di interesse nei confron-ti di questa importante opportunità di crescita. Noi l’abbiamo trovata e vogliamo risulti comprensibile a tutti, agli studenti, agli uffici ma soprattutto alla classe docente della nostra Uni-versità. L’aumento del contributo per gli studenti in partenza e le migliorie apportate alla qualità delle sedi del Bando a poco servono se non saranno individuati criteri certi e trasparenti per la convalida degli esami e dei cre-diti conseguiti all’estero, e se non sarà avviata una concreta sensibilizzazione dei Consigli di Facoltà sulla promozio-ne del Programma Erasmus. Ricomin-cio dagli Studenti, per questo, ha dato inizio ad una campagna di comunica-zione che possa smuovere le coscienze di tutti per arrivare ad una piena valo-rizzazione di questa esperienza unica.

Pierdanilo Melandro

Ma quale Erasmus?Critiche e perplessità

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L’Ora di Giurisprudenza4

ROMA-23 Dicembre 2010, il senato della Repubblica ap-prova il ddl Gelmini sulla ri-

forma dell’università con 161 si, 98 no e 6 astenuti: è legge. Questo accadeva circa 3 mesi fa tra scontri, manifesta-zioni furiose ed atenei di tutta Italia occupati. Il testo, così approvato, non è stato frutto di un serio confronto politico tra tutte le parti coinvolte, in primis gli studenti, i cui rappresentan-ti, neo-eletti al consiglio nazionale de-gli studenti, non sono stati nemmeno consultati dal ministro della pubblica istruzione.Le festività natalizie e la sessione inver-nale d’esame hanno spento il fuoco di una protesta, talvolta animata da soli slogan, talvolta da lavori organici e complessi come quelli svolti dalla rete della conoscenza che ha dato vita a cose come l’AltraRiforma: “…spazi aperti alla discussione di studenti, ricercatori, lavoratori, precari, in cui costruire pro-poste estremamente concrete, capaci di rendere reale l’alternativa.” Così scrivo-

no i promotori dell’iniziativa.Concretamente gli atenei italiani han-no un anno di tempo per adeguarsi alla riforma, e ancor meno per quan-to contenuto all’interno del Decreto ministeriale 17 del 22 settembre 2010, testo quest’ultimo approvato in sordi-na, lontano dai riflettori e dal clamore delle proteste contro la riforma e che prevede il riassetto dei piani per l’offer-ta formativa e la formulazione dei corsi di studio.L’adeguamento alle nuove regole deve avvenire ex lege mediante l’istituzione di una commissione per la revisione degli statuti vigenti, in ogni ateneo. I membri di quest’ultima sono indivi-duati in 15 componenti, tra i quali il Rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei desi-gnati dal senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione. Fatta ec-cezione per il Rettore e i rappresentanti degli studenti, i componenti di questo organo non possono essere membri del senato accademico e del consiglio di amministrazione.

Per il nostro ateneo, la com-missione sarà composta da otto professori, uno per ogni facoltà, due studenti, tra i quali il nostro senatore ac-cademico Cesare Cagnetta, due membri del personale tab, due ricercatori.Le uni-versità statali devono prov-vedere, entro sei mesi dalla

Il riassetto dell’UniversitàTra statuti e fondazioni, l’Università dopo la Riforma

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data di entrata in vigore della presente legge (29 Luglio 2011), a modificare i propri statuti in materia di organiz-zazione e di organi di governo dell’a-teneo. In caso di mancato rispetto del termine, il Ministero assegna all’u-niversità un termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie (29 Ottobre 2011); decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce una commissione composta da tre membri, compreso il presidente, con il compito di predisporre le necessarie modifiche statutarie. Il nuovo statuto, approvato con le espresse modalità, sarà inviato al M.I.U.R. per la verifica e la ratifica e pubblicato in gazzetta ufficiale; gli organi collegiali delle università deca-dranno al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto.Appare evidente il fatto che il rettore Fabiani e i suoi collaboratori abbia-no cercato di avere una commissione quanto mai aderente e poco in contra-sto con le sue visioni. Lo testimoniano diversi interventi in numerosi consigli di facoltà, contenenti le perplessità dei nostri rappresentanti e di diversi mem-

bri della comunità accademica.Così come accaduto in precedenza per l’istituzione della fondazione e della scuola Astre, il Magnifico, non ha tenu-to conto delle perplessità e delle que-stioni manifestate negli organi di go-verno d’Ateneo, talvolta apostrofando membri del senato come “…aspiranti piccoli D’Alema, Alemanno, o come quell’altro con l’orecchino…(ndr)”.La soglia di guardia per una questio-ne così spigolosa è molto alta, poiché i membri tutti del sindacato, Ricomincio Dagli Studenti, ritengono fondamenta-le la cura e l’attenzione per la modifica e la revisione dello Statuto d’Ateneo e dei singoli regolamenti di facoltà, in quanto cambierà moltissimo la fisiono-mia del nostro ateneo.A tal proposito mediante questo e altri canali il sindacato ritiene opportuno informare e confrontarsi apertamente sulla tematica, al fine di rendere parte-cipe tutta la popolazione universitaria, su di una questione così delicata ed importante.

Marco Salfi

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L’Ora di Giurisprudenza6

Ottantamila persone da tutta Italia si sono radunate il 19 marzo per le strade di Po-

tenza in occasione della XVI Giornata della Memoria e dell’Impegno, in ri-cordo delle vittime delle mafie, indetta da Libera – Associazioni Nomi e Nu-meri contro le mafie. Ricomincio dagli Studenti era presente con una propria delegazione nel capoluogo lucano in rappresentanza del nostro ateneo, ri-conoscendo e difendendo l’impegno di chi lotta per sradicare il fenomeno mafioso che degrada e svilisce il nostro Paese.Quest’anno la sede prescelta è stata la Basilicata, eccezione “virtuosa” in un Mezzogiorno ad alta infiltrazione ma-fiosa, ma non esente da episodi di vio-lenza e tentativi di radicamento delle organizzazioni criminali. La Lucania (la cui etimologia,come dichiarato dal Presidente di Libera don Luigi Ciotti, è: “terra di luce, per alcuni anche terra ‘di lupi’, una terra che conosce la fero-cia di lupi umani”) rappresenta dunque una realtà anomala, un ulteriore punto di vista da cui esaminare il fenomeno delle mafie, per meglio contrastarlo. Gli episodi oscuri di questo territorio non si limitano alla sola attività mafio-sa, investendo i silenzi intorno a nume-rose morti irrisolte. A tal proposito, la data della Giornata incrocia l’anniver-sario del ritrovamento del corpo di Eli-sa Claps, studentessa potentina scom-

parsa il 12 settembre 1993, rin-venuto il 17 marzo 2010 nel sottotet-to di una chiesa.Proprio Filomena Iemma e Gildo Claps, madre e fratello di Elisa, han-no aperto il corteo di Libera partito da Piazza Bologna, al fianco di don Ciotti, di don Marcello Cozzi, leader lucano di Libera, e dei parenti delle vittime delle mafie.Al termine del corteo si è tenuta la lettura consueta dell’elenco delle 900 vittime delle mafie, iniziato quest’an-no dal fondatore di Emergency Gino Strada e a cui hanno partecipato, tra gli altri, i magistrati antimafia Antonino Ingroia e Gian Carlo Caselli; riguardo al lavoro di questi ultimi è intervenuto don Ciotti, attaccando le scelte del Go-verno in merito alla giustizia: “senza le intercettazioni, magistrati come Casel-li e Ingroia non sarebbero qui”.Dagli interventi dal palco, aperti da quello di Don Ciotti, è emerso il profilo che Libera ha voluto dare a questa XVI Giornata. Ne è risultata non una mera e sterile commemorazione, ma un for-te segnale programmatico che entra nel merito delle scelte politiche di que-sti ultimi anni, cosciente che il com-plesso lavoro di lotta alle mafie passa

Roma Tre in terra di luceRDS a Potenza per la XVI Giornata in memoria delle vittime di mafia

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inevitabilmente per altre esigenze cru-ciali dell’Italia. Il leader di Libera ha parlato del bisogno di valorizzare mag-giormente il nostro sistema di istruzio-ne pubblica e di scommettere sul ruolo dei giovani nella società. Nel 150esimo dell’Unità d’Italia non poteva mancare un riferimento all’identità nazionale, ribadendo il ruolo della Costituzione come punto di riferimento per i valo-ri che essa contiene e per gli strumenti che vi sono racchiusi ai fini della stes-sa lotta alla criminalità organizzata: una “Costituzione antimafia”, come ha detto don Ciotti. La difesa della Carta costituzionale è avvenuta anche in re-lazione all’attuale progetto di riforma della giustizia: “non si può parlare di riforma ma bisogna parlare di seque-stro della giustizia. Questo progetto indebolisce l’autonomia della magi-stratura. Non e’ possibile sottomettere l’indipendenza dei pubblici ministeri al potere politico. Dobbiamo dire ‘no’ alla cancellazione dell’articolo 101 del-la Costituzione che deve rimanere uno dei capisaldi del nostro ordinamento. Dobbiamo difendere l’indipendenza della magistratura e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge”.Al centro dell’attenzio-ne anche il lavoro che Libera ha svolto in que-sti mesi, a partire dalla campagna di raccolta firme per una lotta effi-cace alla corruzione, in recepimento della linea dettata dall’UE. “E’ una vergogna - ha dichiara-

to don Ciotti - che l’Italia non abbia in-serito nel codice penale i contenuti del Trattato di Strasburgo del 1999 contro la corruzione. In Italia si perdono 60 miliardi di euro per la corruzione, i soldi ci sono ma bisogna prenderli ai corrotti”.Non è mancato infine un riferimento critico agli altri temi caldi dell’attualità politica, in stretta correlazione con la lotta alle mafie, come una netta posi-zione sui quesiti referendari del 12 giu-gno, per l’acqua pubblica, definito bene non negoziabile in quanto necessario alla vita, e contro il nucleare in Italia.L’adesione di Ricomincio dagli Stu-denti alla Giornata è stata una tappa di un percorso di valorizzazione della legalità che il sindacato sta sviluppan-do in più occasioni: da ultimo la parte-cipazione alla commemorazione delle vittime delle mafie svoltasi lo scorso 21 marzo a Roma, organizzata dal Co-ordinamento capitolino di Libera. In questa occasione RDS, in rappresen-tanza di Roma Tre, ha contribuito in veste simbolica alla lettura dei nomi delle vittime delle mafie.”

David De Concilio

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L’Ora di Giurisprudenza8

È vero. “I principi contenuti nel-la presente legge costituzionale non si applicano ai procedimen-

ti penali in corso alla data della sua en-trata in vigore”. Quindi i principi con-tenuti in questo disegno di legge, anche se esso supererà tutti i passaggi del complesso “iter” previsto per le modifi-che della Costituzione, non incideran-no sui processi nei quali è già coinvolto il Presidente del Consiglio. Questo ci permette di analizzare la riforma della giustizia indipendentemente dalla per-sona di Silvio Berlusconi. Ci permette di decidere se noi, come cittadini italia-ni, la approviamo o la disapproviamo, ma soprattutto ci permette di deciderlo prescindendo dal nostro giudizio nei confronti del Premier. Questa volta, in-fatti, il problema non è capire se il ddl approvato dal Consiglio dei ministri il 10 marzo 2011 sia l’ennesima legge “ad personam”(sembra infatti che non sia così). Piuttosto si tratta di stabilire se le modifiche che questa legge apporte-rebbe alla Carta Costituzionale vada-no o meno a intaccare quelli che sono i principi fondamentali del nostro siste-ma costituzionale e se servano o meno a perfezionare e rendere più efficiente il nostro sistema giuridico. Uno degli articoli di questa riforma che più fanno discutere è l’articolo 14, che a molti è sembrato voler introdur-re in Costituzione il contenuto della cosiddetta “legge Pecorella”, già di-chiarata parzialmente incostituzionale nel 2007. Verrebbe, infatti, sancita l’i-

nappellabilità delle sentenze di primo grado in caso di assoluzione salvo nei casi previsti dalla legge ordinaria; in tal modo verrebbe introdotta disparità di trattamento tra l’innocente condanna-to ingiustamente e il colpevole ingiu-stamente prosciolto. Ugualmente discussi sono i primi ar-ticoli del disegno di legge, i quali pre-vedono la separazione delle carriere di giudice (magistratura giudicante) e pubblico ministero (magistratura re-quirente) con un conseguente sdop-piamento del Consiglio superiore della magistratura. Il problema che si pone non è tanto la separazione delle car-riere, principio che potrebbe essere adottato al fine di garantire ai cittadini maggiore imparzialità e tutela, quanto piuttosto l’attuazione di questo princi-pio così come prevista da questo ddl.

Riforma della Giustizia: è vera innovazione?

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Infatti, mentre l’autonomia e l’indi-pendenza della magistratura giudican-te verrebbero ancora assicurate dalla Costituzione, l’autonomia e l’indipen-denza dei pm sarebbero garantite dalle norme dell’ordinamento giudiziario, ossia da norme di livello primario affi-date alla discrezione della maggioranza parlamentare del momento. Per quanto riguarda i due Consigli Superiori della Magistratura (uno per i giudici e uno per i pm) essi saranno composti solo per metà (e non più per i due terzi) da membri togati. I CSM, inoltre, non avranno più il compito di adottare provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati; avrà, infatti, questa funzione una Corte di discipli-na composta per metà da membri to-gati e per metà da membri laici (eletti dal Parlamento) e la cui autonomia e indipendenza sono garantite dalla leg-ge ordinaria. A ciò si aggiungono la funzione ispetti-va attribuita al Ministro della giustizia e la sostituzione dell’articolo 112 della Costituzione, il quale disporrà per il pm l’obbligo di esercitare l’azione pena-le “secondo i criteri stabiliti dalla legge” e, quindi, (ancora una volta) secondo le decisioni della maggioranza parla-mentare. Ed è questo, è l’ambiguità causata dagli eccessivi rimandi alla legge or-dinaria, che fa sorgere dubbi e criti-che nei confronti di questa riforma. Si lascia, infatti, alla legge il compito di regolamentare aspetti fondamen-tali del nostro sistema giudiziario che dovrebbero essere disciplinati a priori

e in modo vincolante dalla Carta Co-stituzionale e non affidati alla discre-zione delle maggioranze parlamentari che continuamente si avvicendano. Se consideriamo, inoltre, che questo go-verno sta proponendo la riforma della giustizia in un momento in cui non ha numeri certi in Parlamento, siamo na-turalmente portati a pensare che forse questo ddl non sia realmente destinato a riformare il sistema giudiziario, ma piuttosto a dimostrare la scarsa dispo-sizione al dialogo da parte dell’opposi-zione e della magistratura e a ‘far par-lare d’altro’.

Benedetta ScuderiValeria Pescini

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L’Ora di Giurisprudenza10

Su un’ ipotesi di miglioramento, su qualche affermazione fuo-ri dal coro, sull’inseguimento

delle luci della ribalta, sul diverso, sul male e sul bene, l’Occidente si è sempre schierato. Da Bush padre a Bush figlio poche sono le cose mutate. Il delirio di chi decide quale sia il male minore per popoli diversi, per culture diverse dalla nostra ha rappresentato una valida for-ma di politica estera che l’Occidente at-tuava con una superficialità avvilente. All’oblò di questa nave fatta di inganni e bugie rimanevano gli afghani, gli ira-cheni, i libanesi, i somali, che aspetta-vano e chiudevano gli occhi ogni volta che un bomba radeva al suolo due, tre isolati delle loro città. L’Occidente si mostrava come il salvatore, come l’an-gelo sterminatore dei malvagi e degli ingiusti, personificando e rappresen-tando la propria cultura millenaria, fatta di super-eroi che alla velocità del-la luce compongono e proteggono una

società sempre sull’orlo del baratro. Ma la storia ci insegna che dal baratro i po-poli si tirano via da soli. Tanto che le campagne in Iraq e in Afghanistan an-cora oggi si protraggono senza lasciare alcuna sicurezza sul risultato ottenuto, mostrando il gigante occidentale, ar-mato di missili cruise precisi e aerei stealth invisibili ai radar e dalle forme avveniristiche, stanco e affaticato.Poi, l’Occidente apre gli occhi una mat-tina di fine Febbraio e si accorge, ac-cendendo la televisione, che il mondo

Navi della speranza. Supereroi dell’incoscienza

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“arretrato” o “terzo” sta urlando nelle piazze. Sta urlando che non vuole più essere merce di scambio, che non vuo-le più i supereroi con i superpoteri che vengano a liberarlo. Vuole auto-deter-minarsi, vuole valere per ciò che è, con la sua cultura, con la sua religione, con i suoi semplici sogni. E allora invade le piazze rischiando la vita, perchè la dittatutara in quei paesi non è media-tica, non è una dittatura delle caste e degli affaristi come le nostre, nel Me-dio-oriente la dittatura si può vedere, si può odorare. Il popolo imbraccia le armi perchè attaccato, in Egitto e Tu-nisia vince, in Siria, in Barhein rischia di soccombere ma continua a lottare, in Libia viene massacrata. E questa volta, all’oblò della grande nave si af-faccia timoroso il grande Occidente, si chiede perchè non hanno richiesto il suo intervento, viene colpito da tremo-ri isterici vedendo che quella “gente” gioca a fare la rivoluzione troppo vici-no al “suo” petrolio. Cerca di gridare,

cerca di bussare, ma il vetro dell’oblò è troppo spesso e dentro la nave il caos è troppo forte.Sembra che il gigante occidentale non sia più ascoltato da nessuno,è il “Colonnello”, appellati-vo con cui da questa parte del mondo chiamiamo amichevolmente e cono-sciamo Gheddafi,a dargli lo spunto per entrare in scena. I Libici per evitare un genocidio, massacrati dal loro stes-so governo, sono costretti a chiamare il super-eroe che ,come in ogni buon film americano, decide di entrare in scena quando tutto sembra perduto, con la sua musica di esplosioni e urla di dolore. Ora a Bengasi non sventola più la bandiera della Libia libera, ma sventola il tricolore francese. Ora nel mondo, i popoli oppressi che avevano deciso di rischiare, lottare per la liber-tà, sono stati salvati da chi per secoli li ha sfruttati e nel mondo di oggi, lo sappiamo, nessuno regala niente a nes-suno e il lavoro si paga.

Riccardo Bucci

Direttore:Alessia Ragusa

Impaginazione e grafica:David De Concilio, Marco Salfi

Contatti:[email protected]

CONTATTI

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L’Ora di Giurisprudenza12

Piove.Piove sull’inizio delle celebra-zioni dei 150anni dell’Unità d’I-

talia. Piovono gli insulti di chi quest’u-nità non la voleva festeggiare,e ha cercato fino all’ultimo di boicottare,per fortuna inutilmente. Piovono le lacri-me dei patrioti morti per conquistare Roma,gli artefici di quella gloriosa Re-pubblica Romana la cui costituzione viene celebrata su una splendida stele commemorativa al Parco degli Eroi al Gianicolo,insieme ai busti dei patrioti. Piove sul tricolore, la nostra bandiera, di cui molti ignorano storia e signifi-cato; chi minacciava di utilizzarlo per scopi igienici, ora fa il ministro della Repubblica. Piove sulla notte tricolore,sui festeggia-menti notturni di molte città,nelle ca-pitali Torino,Roma e Firenze,nei picco-li borghi e nelle grandi Metropoli,piove sulla gente in strada e in fila per le mostre e per le visite ai luoghi della memoria; Piove sulle frecce ( trico-lori) che sfrecciano sui cieli di Roma all’Alba dell’Italia. Piove anche su chi quest’unità non la sente, su chi non sa che farsene dell’Italia Unita se non ha un lavoro e una casa. Piove su un’ Italia divisa, lacerata dai contrasti sociali e dalle disuguaglian-ze, su un Governo che, quando non è impegnato dalle vicende del presidente del consiglio, è schiavo di un partito che considera negative l’unità e la so-

lidarietà nazionale. Piove su un dibat-tito, mai avvenuto, che aiutasse i citta-dini a considerare l’Unità d’Italia non come un dogma o un “plebiscito gat-topardesco”, ma come una realtà stori-ca da comprendere criticamente,nelle sue problematiche, i suoi errori e punti forti al fine di affrontare con più con-sapevolezza le sfide future,in primis un federalismo volto non a dividere,come nei progetti del Governo,ma a unire tutte le regioni nelle loro diversità.Piove su chi reputa che l’ unità sia stata solo un’ annessione di territori voluta dai tiranni piemontesi, su chi attribu-isce tutti i problemi dell’Italia all’uni-ficazione tra Meridione e Settentrione. Tesi, quest’ultima, sostenuta non da un privato cittadino libero di espri-mere una sua opinione, condivisibile o meno, ma da un professore univer-sitario durante le sue lezioni; un episo-dio segno di cedimenti strutturali del sistema,che andrebbero arginati.Piove su Lampedusa, porta dell’Italia sul mediterraneo, invasa da onde di di-

Viva le camicie rosse, viva il tricolore, viva l’Italia!

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sperati che scappano dalla fame e dalla guerra per poi essere costretti ad ac-camparsi per strada,sull’erba,al freddo. Piove sul Nord che vorrebbe lasciare il problema immigrazione alle regio-ni del Sud, o farsene carico in cambio di aiuti e incentivi,come se i migranti fossero una merce di scambio. Se unità non significa prima di tutto solidarietà, cosa stiamo festeggiamo? Piove, o forse no, su chi non avendo nemmeno il coraggio di dire chiara-mente che dell’Unità del suo paese non frega niente,troppo intenta a correre dietro al dio denaro, usa espressioni più subdole per cercare di maschera-re la sua posizione:che qualcuno mi spieghi come gli italiani avrebbero potuto festeggiare l’unità naziona-le lavorando,magari con un tricolo-re appeso all’ingresso delle fabbriche e qualche inno nazionale durante la giornata,come ad aggiungere al danno la beffa.Piove sul nostro Presidente della Re-pubblica, che gira in lungo e in largo la capitale per onorare, almeno lui,

degnamente la nostra patria, concet-to quanto mai universale e non solo di una parte politica; Piove sui nostri militari,quelli schierati davanti al Par-lamento in seduta comune( leghisti assenti,tranne qualche eccezione mi-nisteriale), su quelli schierati sui campi di battaglia delle nostre missioni all’e-stero e su quelli caduti per la patria,a loro modo,patrioti anche loro.Piove.Ma come si dice, Patria Bagnata, Patria Fortunata.Viva la Repubblica, Viva L’Italia Unita!

Sergio Merlina

Si organizzano: PIADINA PARTY, FESTE DI LAUREA E DI COMPLEANNO

Si accettano prenotazioni telefoniche.Orario di apertura:

Dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.00 alle ore 16

Sabato apertura serale fino alle 2.00Via Giulio Rocco,55 - 00154 Roma

Tel.0631056572

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L’Ora di Giurisprudenza14

Senza la-voro da s e t t e m -

bre per aver votato in con-siglio d’istitu-to a favore di un progetto per l’educa-zione alla ses-sualità. E’ ciò che è accadu-to a Genesio Petrucci, pro-fessore di reli-gione del liceo

scientifico Keplero di Roma. Nel pre-vedere l’installazione a scuola di distri-butori di preservativi, tale prospetto era “inevitabilmente” contrastante con quella che è la morale cattolica; questa è la tesi portata avanti dal vicariato di Roma (della chiesa),organo che, secon-do la nostra legge, possiede un assoluto diritto di veto, con criteri davvero poco chiari, sulla nomina e la conferma dei professori di religione.Tale decisione è stata interpretata come una gravosa ingiustizia da molti studenti del liceo ma anche da altret-tanti colleghi diGenesio. Nel gruppo di facebook “Tutti a sostegno di Genesio Petrucci”, creato dagli stessi studenti, sono molti i commenti che gridano alla scandalo e che lasciano intende-re che il professore sia stato vittima di una terribile discriminazione vista

la sua omosessualità e il suo essere di sinistra. Il professor Petrucci, secon-do sue dichiarazioni, in passato aveva infatti ricevuto dei richiami dopo aver partecipato ad uno sciopero generale della scuola e ad una manifestazione sui diritti delle coppie di fatto.“Sono cristiano, sono cattolico, e non colgo assolutamente nessuna contrad-dizione nell’essere un uomo di sinistra, omossessuale, ed essere nel frattempo anche un insegnante di religione”. Lo ha ribadito Genesio in una conferen-za stampa tenutasi il 7 marzo al Gay Center di Testaccio, nella quale egli ha nuovamente rivendicato la necessità per i giovani di una giusta educazione alla sessualità e di fornire a quest’ulti-mi tutti gli strumenti per evitare ogni sorta di malattia trasmissibile. Ma la difesa più lucida ed incontrovertibile è ancora un’altra: “Ho espresso il mio parere favorevole al progetto- afferma ancora Genesio– da consigliere d’isti-tuto e non da professore di religione”. Petrucci era infatti uno dei rappresen-tanti dei professori al consiglio d’isti-tuto del Keplero (organo che delibera sulla contabilità dell’istituto, ma anche su progetti e iniziative promosse dallo stesso liceo); avrebbe dunque dovuto esprimere il proprio parere seguendo la dottrina cattolica oppure votando secondo propria coscienza in quanto rappresentante del corpo docenti?

Francesco Rebuffat

Il ritardo della Chiesa nei confronti del sessoProfessore di religione perde la cattedra

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15Marzo 2011

“Vieni via con me”, questo il titolo dell’ultimo libro di Roberto Savia-no, raccolta dei suoi monologhi

tratti dall’omonimo programma scritto con Fabio Fazio andato in onda su Rai Tre.Un invito che sembra rivolgersi diret-tamente al singolo lettore, che sfoglia le pagine del libro; un invito alla persona, non al pubblico. Un’esortazione provo-catoria alla fuga, al disimpegno, a chiu-dere gli occhi, al “non mi riguarda” il Qui di questo Paese, ad un Altrove uto-picamente facile. Provocatoria, appun-to, l’esortazione; ché il libro fa tutt’altro che liberarti.

Comunicando in un italiano semplice ed estremamente efficace non il sogno, né il romanzo, ma ciò che si vede dal-la finestra, e che nonostante questo, ha bisogno di essere raccontato; questo libro ti tocca e ti stringe, ti inchioda e ti spinge sotto la pelle storie individua-li che sono il volto di un’Italia di cui a malincuore o con orgoglio, siamo par-te.A partire dalla storia, d’amore prima che di malattia, di Mina e Pier Giorgio Welby, che affrontano insieme e con coraggio la scelta di rendere preziosa una vita spogliata di gran parte di se stessa, ma che con forza e con grazia, mantiene saldo il suo senso e il suo nocciolo; la scelta di vivere davvero, nonostante tutto. E la scelta di morire, laddove vivere davvero, non si può più.Per arrivare, passando per la tragedia mafiosa che travolge il Sud quanto il nord, a raccontarci di quella che l’au-tore chiama “macchina del fango” che investe chi in qualche modo ostacola il sistema perverso del potere. Si tratta di quel crudele meccanismo di diffa-mazione che fa leva sulla sete di noti-zie fast-food da ingurgitare con foga e gusto, e che ci induce a credere che, in fondo, le mani e la coscienza spor-che ce le abbiamo tutti: le mani, allora, faremmo meglio a tenerle chiuse e a nasconderle in tasca. Per la coscienza, quella, chi la vede?Non andiamo via, dunque.

Continua a pag. 16

Resta qui con me.

Listino€ 13,00Editore Feltrinelli

Data uscita02/03/2011Pagine144

EAN9788807491108

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Via Giulio Rocco, 37/39 RomaTel. 06.64420211

Orari: Lunedì - Venerdì 8.30-19.30Sabato 10.00-19.30Domenica chiusoP.I. 10017021006

Prosegue da pag. 15

Rimaniamo qui, a leggere l’italiano ben speso di Saviano da molti non conside-rato nemmeno degno dell’appellativo di scrittore. Ecco, se essere uno scrit-tore significa aggiungere orpelli alla realtà, se significa speculare su conflitti puramente ideologici, in questo caso no, non è uno scrittore.Saviano dimostra, in questo libro una volta di più, di essere innanzitutto un testimone, che presenzia al dolore umano, e poi un narratore sobrio, ma non sterile; attento, ma non morboso.In equilibrio tra la bellezza e l’inferno, come direbbe Camus, Saviano racconta la tragedia, con un occhio alla salvezza; la corruzione con fiducia nell’onestà; storie incredibilmente disperate come

fossero vicende comuni, partendo dal dettaglio.Lo fa in maniera così toccante e vivida che, chiudendo il libro, ti sembra che a scorrerti nelle vene sia il sangue di Angela, o di Marco, sepolti dalle ma-cerie dell’Aquila; ti sembra di sentire nelle narici l’odore acre e malsano dei rifiuti di Napoli; ti sembra di avverti-re intorno al collo il cappio della mafia che strangola la speranza e inibisce la parola, sempre in modo inesorabile.

No. Quasi sempre.Roberto Saviano è quel “quasi”.Roberto Saviano parla e spera, alme-no finchè scrive. Almeno finchè parli e speri anche tu.

Francesca Semeraro

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Non vi nascondo che mi è diffi-cile. Non c’è solo musica, non ci sono solo le parole dei testi,

non c’è solo la singola esibizione live. In fondo, non c’è solo Vasco Brondi di cui parlare. Perché LeLuci Della Centrale Elettrica sono lui, nella misura in cui scrive musiche e testi. Però sono anche tutti quelli che nell’arco di pochi mesi lo hanno conosciuto, ascoltato, amato od odiato. Sono tutti coloro che il calo-re di quelle Luci lo hanno sentito sulla propria pelle, bruciando dentro per la geniale brutalità dei testi, per una volta non preoccupandosi della forma-can-zone, delle rime o delle assonanze, del-la strofa e del ritornello. Perché questo nelle canzoni di Vasco Brondi non c’è. C’è la quotidianità di un’esistenza che nessuno ha chiesto, tantomeno in que-sto modo. C’è la sensazione di paura per un futuro negato e c’è il coraggio di provarla e di volerla comunicare, condividere, urlare. C’è tutta la geniali-

tà dell’Emilia, da Pier Vittorio Tondelli ad Andrea Pazienza, ma soprattutto ci sono le istantanee di ogni giorno, il panorama che si può ammirare dalla finestra di una casa di provincia.È quindi difficile parlarvi di un con-certo (o scrivere un live-report, come si dice per far finta di essere profes-sionali) fatto di emozioni, sensazioni, verità evidenti ma mai rivelate, prima che di musica, luci stroboscopiche, pubblico in visibilio o assoli memora-bili. C’è la musica, certo, ma in fondo “questa canzone è nuova, ma è uguale a quelle vecchie”, come dice lo stesso Vasco Brondi presentando un brano del secondo album. La musica è quindi la semplice compagna con la quale (e non all’interno della quale) affrontare questo viaggio. La presenza di altri tre musicisti contribuisce sicuramente a scacciare il fantasma della noia e del-la monotonia che in questi casi può essere sempre in agguato (devo dire

Avventure musicali postmoderne, post anni zero(Le Luci Della Centrale Elettrica, live @Circolo Degli Artisti 16 Marzo 2011)

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che il violino di Rodrigo D’Erasmo, Afterhours, ha innumerevoli meriti). Ma anche quando la musica prende il sopravvento sono sempre la rabbia e la sofferenza ad emergere. Perché le pa-role di Vasco Brondi non sono messe lì a caso, per fare scena, ma nascondono l’impotenza della prima generazione che starà peggio della precedente, come la vulgata comune ci ricorda spesso in maniera lapidaria quanto reale.Tra un brano e l’altro godiamo dell’a-scolto della voce di Leo Ferrè, poeta e cantautore anarchico franco-italiano già citato nel titolo del secondo album “Per ora noi la chiameremo felicità”. Protagonista assoluto del palco resta lo scotch: scotch sulla cassa della chitar-ra acustica, comprata a rate, per poter scrivere il nome del gruppo-progetto, scotch sulla buca della cassa della stessa chitarra per evitare i feedback, scotch sui lati per fissare il jack colle-

gato a un single-coil, scotch che tiene sulla stessa asta un microfono naturale e un microfono megafonato con i quali Brondi si alterna. Tutti pezzi necessari, ma separati, che lo scotch tiene uniti come uniti artificialmente risultano i destini di quelle monadi cantate nei brani de Le Luci.Rimane il ricordo di un’ora e mezza passata intensamente, con l’amaro in-terrogativo che attanaglia un sempre crescente numero di persone: “Cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero?”Chi ha la risposta è pregato di comuni-carla al più presto. Noi, intanto, conti-nueremo a “chiamarla felicità” e, ovvia-mente, ad andare a “vedere le luci della centrale elettrica”.

Francesco Magni

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