multimedialità e comunicazion didattica
DESCRIPTION
Essay for an upgrade course for teacher about the use of multimedia in the foreign language class.NOTE: in ItalianTRANSCRIPT
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CONSORZIO INTERUNIVERSITARIO FOR.COM.
Corso di perfezionamento post-lauream in
Apprendimento e sviluppo della lingua straniera:
metodologie didattiche
Multimedialit e comunicazione didattica
Anno Accademico 2010 2011
Relazione conclusiva di Angela Guglielmetti Matricola: 19862A11
Tutor Francesca Righi
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Sommario
1. Introduzione ................................................................................................................................... 4
2. La comunicazione ......................................................................................................................... 6
2.1 Comunicazione e interazione ............................................................................................. 6
2.2 I modelli comunicativi ....................................................................................................... 8
2.2.1 I modelli tecnici ................................................................................................... 8
2.2.2 I modelli linguistici ........................................................................................... 10
2.2.3 I modelli psicologici .......................................................................................... 13
2.2.4 I modelli interlocutori ........................................................................................ 17
2.3 La comunicazione mediata dal computer ......................................................................... 22
2.4 La comunicazione in classe: didattica e tecnologia ......................................................... 24
3. La multimedialit ......................................................................................................................... 30
3.1 Gli ipertesti ....................................................................................................................... 30
3.2 Multimedialit e ipermedia .............................................................................................. 33
3.3 Tipologie di prodotti ipermediali ..................................................................................... 33
4 La multimedialit nella didattica ................................................................................................. 35
4.1 Vantaggi e rischi delluso delle NT nella didattica .......................................................... 35
4.2 Come valutare ipermedia didattici?.................................................................................. 37
4.2.1 Criteri di qualit metodologici .......................................................................... 38
4.2.2 Criteri relativi allarea contenutistica ................................................................ 38
4.2.3 Criteri relativi allarea tecnologia ...................................................................... 39
5 Esempi di inserimento delle NT nella didattica delle LS ........................................................ 40
5.1 Alcune attivit possibili .................................................................................................... 40
5.2 Le NT e la comunicazione in lingua straniera.................................................................. 42
6. Proposta operativa: costruzione di un ipertesto ..................................................................... 43
6.1 La metodologia CLIL ....................................................................................................... 43
6.2 Lipotesi di lavoro ............................................................................................................ 44
6.3 Teaching Unit ................................................................................................................... 46
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INTRODUCTION .................................................................................................................. 46
TITLE: The Industrial Revolution ......................................................................................... 46
Preliminary information ............................................................................................. 46
Procedure, activities and class management: ............................................................ 47
EVALUATION CRITERIA: ..................................................................................... 56
7. Riepilogo....................................................................................................................................... 57
Bibliografia ........................................................................................................................................ 59
Sitografia ........................................................................................................................................... 60
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1. Introduzione Lapprendimento di una lingua straniera si ultimamente sempre pi staccato da
prospettive strutturaliste concentrate sul sistema linguistico in s per collocarsi
prevalentemente in una prospettiva comunicativa.
doverosa a questo punto una riflessione sul concetto di comunicazione che mette in
gioco vari elementi: gli attori, la scena, gli strumenti del comunicare. Ho appunto usato
il plurale in quanto anche linsegnamento di una lingua straniera deve considerare il fatto
che la lingua insegnata uno strumento di comunicazione, ma non lunico, inoltre non pi
concepito solo come linguaggio verbale.
Se lobiettivo dellinsegnante di lingue straniere oggi innanzitutto mettere in grado gli
studenti di comunicare in contesti di uso concreto utilizzando una lingua diversa dalla loro
lingua madre, il processo di insegnamento dovr abituare i discenti alla gestione dei vari
stimoli provenienti dallesterno nella quotidianit e dei mezzi di comunicazione disponibili.
Questo significa sfruttare nella didattica stimoli uditivi, visivi e sensoriali in genere, cos
come integrare i vari linguaggi e i canali comunicativi per rispecchiare quello che il
processo di apprendimento reale e la quotidiana interazione del singolo con lambiente
che lo circonda.
Peculiarit della comunicazione la multimedialit che deve essere integrata nel processo
di insegnamento, cosa che oggi agevolata dalla diffusione delle nuove tecnologie.
Il presente elaborato si propone di presentare le principali tecniche e modalit della
comunicazione nella sua evoluzione dalla tradizionale comunicazione faccia a faccia (F2F)
alla comunicazione mediata dal computer (CMC), analizzando successivamente nel
dettaglio latto comunicativo tra docente e studenti. Questa riflessione arriver
inevitabilmente a considerare la dimensione sempre pi tecnologica della comunicazione
prendendo in esame i concetti di ipertesto, multimedia e ipermedia. Verr quindi
approfondito il rapporto tra didattica e multimedialit tramite esempi di uso degli strumenti
del comunicare che supportano linsegnamento e lapprendimento in prospettiva
comunicativa. Lelaborato esaminer anche levoluzione del ruolo del docente e tenter un
approccio critico alluso delle nuove tecnologie mettendone in evidenza vantaggi e rischi
per la didattica. Infine verranno suggeriti dei criteri di valutazione di un ipermedia didattico
e verranno presentati alcuni progetti realizzati dalla scrivente nella concreta esperienza
didattica, con lo scopo di introdurre gradualmente le tecnologie nella didattica senza
stravolgere completamente il lavoro del docente. La sperimentazione delle proposte
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didattiche descritte in contesti scolastici differenti permette di mettere in evidenza la
positiva ricaduta degli interventi sui discenti e allo stesso tempo quelli che possono essere
i limiti delluso delle nuove tecnologie, principalmente legate alla comune inadeguatezza
della strumentazione disponibile nella scuola italiana.
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2. La comunicazione
Trattando di didattica ed educazione in rapporto allinsegnamento delle lingue straniere,
pensando comunque anche allattivit dei docenti in genere, inevitabile considerare latto
insegnativo come creazione di un dialogo educativo tra insegnante e alunni, e quindi atto
essenzialmente comunicativo. Lapproccio comunicativo inoltre alla base del metodo di
insegnamento delle lingue straniere, dove le tecniche di comunicazione giocano un doppio
ruolo: sono da un lato parte essenziale del percorso di insegnamento-apprendimento nel
rapporto docente-studenti e dallaltro sono oggetto di studio, seppur spesso implicito, in
quanto labilit comunicativa lobiettivo principe del docente di lingua straniera.
Per poter gestire la comunicazione in classe e poterla trasmettere innanzitutto
necessario fare alcune riflessioni sulla comunicazione in generale e come essa stia
evolvendo negli ultimi anni grazie allapporto delle tecnologie. Ecco quindi che il presente
capitolo si propone di riassumere gli aspetti essenziali dei principali modelli che sono stati
elaborati per analizzare il fenomeno della comunicazione. Tali modelli prendevano in
esame le forme tradizionali di comunicazione, definita dagli specialisti F2F (face to face),
che si svolge in sintopia (i soggetti coinvolti si trovano nello stesso luogo) e sincronia (i
soggetti coinvolti sono presenti nello stesso momento). Le ICT (Information and
Communication Technologies) hanno rivoluzionato gli schemi tradizionali della
comunicazione introducendo la cosiddetta Computer Mediated Communication (CMC) che
si pu svolgere sia in sintopia che in asintopia e pu essere sincrona o asincrona. Per le
sue specificit e le potenziali innovazioni che essa pu portare la CMC sar oggetto di un
apposito paragrafo. In un secondo tempo, dopo aver chiarito i meccanismi di base della
comunicazione F2F e CMC si possono analizzare le specificit della comunicazione in
classe e le possibili ripercussioni e applicazioni in campo didattico delle affermazioni delle
scienze della comunicazione.
2.1 Comunicazione e interazione
Linterazione con lambiente circostante e fra esseri umani porta la persona in continua
comunicazione con laltro. Per quanto sia universalmente accettata, la centralit
dellaspetto comunicativo nella vita quotidiana induce a porsi una domanda di fondo: Cosa
significa comunicazione?
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Come noto, non c univocit nel rispondere a tale quesito. Per alcuni si tratta
essenzialmente di un trasferimento di informazioni o dellassunzione da parte di un
soggetto delle credenze del proprio interlocutore; per altri il linguaggio verbale non solo
trasmissione di informazioni, ma soprattutto elaborazione e condivisione di significati
allinterno di un contesto dotato di senso. Altri ancora sottolineano la natura psicologica del
processo comunicativo: la ricezione di un messaggio non coincide certo con la sua
registrazione passiva; al contrario essa resa possibile dalladozione di un atteggiamento
attivo di ascolto in cui intervengono molteplici fattori - di ordine neuropsicologico, sociale,
ecc. - che ne determinano linterpretazione finale.
Attualmente si tende a considerare la comunicazione sempre meno come un processo
lineare fondato sullalternanza delle attivit di unentit emittente e di unentit ricevente,
rappresentandola invece come un evento interattivo in cui gli interlocutori occupano
prevalentemente ora luna, ora laltra posizione, collaborando alla produzione dei significati
nel rispetto di norme e regole sia di natura generale, sia di carattere situazionale. Dalla
comunicazione come trasferimento di informazioni da una mente allaltra in conseguenza
di un processo di codifica e decodifica realizzato attraverso lalternanza di due o pi
soggetti ora attivi, ora passivi si giunti quindi alla comunicazione come relazione sociale,
risultato di unattivit congiunta di produzione di significati condotta dagli interlocutori in
una prospettiva dialogico-conversazionale.
Questa considerazione ci pare particolarmente rivoluzionaria se applicata allambito
scolastico: aderire a questa prospettiva, infatti, comporta un ribaltamento del modo di
pensare e comportarsi in classe. Lapprendimento non allora acquisizione di informazioni
trasmesse dallinsegnante allalunno, si configura piuttosto come unattivit congiunta di
negoziazione di significati allinterno di una relazione che diventa essa stessa parte
integrante del processo di co-costruzione delle conoscenze.
Queste sono le ragioni di fondo per cui attualmente si pensa alla conversazione come
forma paradigmatica, prototipica1 di uso della lingua in funzione comunicativa. Basata sul
linguaggio verbale orale e su numerosi espedienti extralinguistici e non-verbali, la
conversazione si configura infatti come il risultato di un complesso intreccio di attivit
svolte da due o pi soggetti che, interagendo, costruiscono congiuntamente il senso delle
proprie azioni, sulla base di una disponibilit alla comunicazione e di un bagaglio di
conoscenze comuni o comunque oggetto di negoziazione.
1 Levinson, S., Pragmatics, Cambridge: Cambridge University Press. 1983. (Trad. italiana: Pragmatica. Bologna: Il Mulino. 1985)
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2.2 I modelli comunicativi
Le prime formalizzazioni dei processi comunicativi2 furono costruite prendendo a
fondamento i fattori tecnici in gioco nella trasmissione di segnali nei sistemi di
telecomunicazione. Ben presto, per, si comprese che ogni schema ispirato al
funzionamento di sistemi elettromeccanici o elettronici poteva dar conto solo parzialmente
della comunicazione umana, non essendo in grado di integrare gli aspetti isomorfi alla
comunicazione tra macchine o a quella uomo-macchina con le caratteristiche derivate
dalla presenza e dallazione del linguaggio verbale.
Comparvero cos i primi modelli linguistici. Anchessi, tuttavia, si rivelarono insufficienti: la
comunicazione infatti, pur essendo una relazione sostanzialmente di tipo linguistico,
ugualmente condizionata dal rapporto psicosociale in atto tra i soggetti dello scambio
comunicativo. Alla comprensione organica di questi aspetti sono stati dedicati nel corso
degli ultimi decenni alcuni modelli psicosociali cui si di recente aggiunta una riflessione
approfondita sulla dimensione interlocutoria della comunicazione - sempre pi
caratterizzata come un processo di natura dialogico-interattiva - che ha dato luogo ad una
seconda generazione di modelli di carattere psicosociale.
2.2.1 I modelli tecnici
Tra i modelli messi a punto per dare conto della trasmissione di segnali nei sistemi di
telecomunicazioni, il pi noto ed universalmente diffuso indubbiamente quello dovuto a
Shannon e Weaver3. Sua caratteristica fondamentale la presentazione della
comunicazione come passaggio di informazioni, come trasferimento di un messaggio in
forma di segnale da una sorgente ad un destinatario attraverso un processo di codifica e
decodifica, trasferimento che pu essere influenzato o disturbato da fenomeni intervenienti
connotati come rumori. Ecco lo schema proposto da questi autori:
2 La sintesi dei principali modelli comunicativi liberamente tratta da: Marc, E., Picard, D. L'interaction sociale. Parigi: PUF, 1989. 3 Shannon, C., Weaver, W. La teoria matematica delle comunicazioni. Milano: Etas Libri, 1983.
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Due i punti di interesse di questo modello: Shannon e Weaver hanno ritenuto possibile
trasporlo alla comunicazione umana nella misura in cui essa interessata da fenomeni di
disturbo della trasmissione di informazione. Ulteriore motivo di interesse di questo
modello costituito dalla sottolineatura dei processi di codifica e decodifica e dei problemi
ad essi connessi. Anche nel caso della comunicazione umana, infatti, un segnale
raramente arriva alla ricezione totalmente identico a come stato emesso dalla fonte.
Strettamente connessi ai pregi sono i due limiti che lanalogia su cui si fonda il modello di
Shannon e Weaver porta con s: la duplice riduzione della lingua a codice e delle
distorsioni a disturbi e difetti dei media attraverso cui si comunica.
Come stato ampiamente chiarito dalle ricerche successive, le analogie tra un codice
formale ed il cosiddetto codice linguistico sono assai limitate. Se il primo si regge sulla
corrispondenza biunivoca tra significato e significante, il linguaggio verbale appare invece
profondamente segnato da fenomeni quali la polisemia e lambiguit, fenomeni che ne
fanno un codice assai poco affidabile. Lambiguit, in particolare, non una caratteristica
accidentale, bens una propriet costitutiva delle lingue naturali, probabilmente il criterio
fondamentale per distinguerle dai linguaggi artificiali. La lingua, quindi, per sua stessa
natura non un codice, anche se presenta delle caratteristiche che possono indurci ad
assimilarla a un codice.
Per quanto riguarda le distorsioni che occorrono nel corso dei processi comunicativi, va
osservato che esse non sono solo di natura fisica, n unicamente connesse alle
caratteristiche dei media utilizzati. Tutto ci certamente vero ed ha una sua innegabile
importanza. Ma quale deve essere allora limportanza delle distorsioni di ordine cognitivo,
linguistico e psicosociale - per limitarci alle principali - ben pi pertinenti rispetto alla
comprensione della dimensione pragmatica della comunicazione? Probabilmente il
contributo di Shannon e Weaver deve essere relativizzato, riconoscendone il ruolo di
stimolo esercitato rispetto alla ricerca, ma anche lapprossimazione e la parzialit che
spesso caratterizza lopera dei pionieri.
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Nello stesso periodo Norbert Wiener4 conia il termine cibernetica per indicare un settore
di ricerca in via di sviluppo dedicato allo studio dei messaggi di comando dati alle
macchine. Il concetto di feedback costituisce probabilmente il contributo pi originale di
questa area di ricerca allo studio della comunicazione. Introducendo lidea di retroazione -
intesa come reazione del destinatario al messaggio inviatogli - si apre infatti la possibilit
di pensare alla comunicazione come processo interattivo: fonte e destinatario vengono di
fatto ad essere considerate come emittenti-riceventi che esercitano funzioni diverse in un
processo circolare e non lineare come sostenuto da Shannon e Weaver.
2.2.2 I modelli linguistici
Una delle teorizzazioni pi chiare della non assimilabilit di uno scambio di messaggi
verbali alla trasmissione fisica dellinformazione dovuta a Roman Jakobson5, il cui
ambizioso obiettivo la descrizione della comunicazione umana in tutta la sua
complessit. A tale scopo Jakobson adotta una prospettiva essenzialmente analitica,
elaborando un modello allinterno del quale pone in evidenza la funzione comunicativa
specifica di ogni componente del processo complessivo. Il mittente invia un messaggio al
destinatario. Per essere operante il messaggio richiede prima di tutto un contesto al quale
esso rinvia; poi il messaggio richiede un codice comune a emittente e destinatario; infine,
richiede un contatto, un canale fisico ed una connessione psicologica tra lemittente ed il
destinatario, contatto che permette loro di stabilire e di mantenere la comunicazione.
Ecco schematizzato il modello di Jakobson:
4 Wiener, Norbert, Cybernetics, or control and communication in the animal and the machine. Cambridge, Massachusetts: The Technology Press; New York: John Wiley & Sons, Inc., 1948. 5 Jakobson, R., Saggi di linguistica generale. Milano: Feltrinelli, 1994.
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Emittente, messaggio, destinatario, contesto, codice, contatto: queste le sei componenti
del processo comunicativo legate da Jakobson a sei funzioni linguistiche - espressiva,
conativa, fatica, metalinguistica, denotativo-referenziale, poetica - che permettono di
comprendere le differenti dimensioni della comunicazione. La funzione espressiva o
emotiva, riferita allemittente, riguarda lespressione affettiva dellatteggiamento del
soggetto nei confronti di ci di cui parla. La funzione conativa, orientata verso il
destinatario, rinvia allazione che lemittente vuole compiere su di lui attraverso il
messaggio emesso. La funzione fatica esercitata da tutto quanto serve a mantenere il
contatto tra chi comunica. La funzione metalinguistica viene attivata laddove si parla della
lingua attraverso la lingua, ovvero ci si concentra sul codice. La funzione denotativa
(cognitiva, referenziale) quella da cui dipende il significato del messaggio: essa riguarda
il contesto e governa il riferimento a oggetti o stati di cose presenti in esso. La funzione
poetica relativa alla forma stessa del messaggio nella misura in cui essa stessa
possiede un valore espressivo.
La visione di Jakobson rimane comunque a met del guado per lo meno in rapporto a due
caratteristiche specifiche del modello di Shannon e Weaver, la rigida alternanza tra fonte e
destinatario del messaggio e la mancata integrazione delle condizioni sociali nel processo
di produzione del messaggio. Limportanza attribuita da Jakobson al feedback,
considerabile un po come il settimo elemento del modello, mette indubbiamente in crisi il
criterio dellalternanza tra le attivit di emittente e ricevente. La revisione di questo punto
fermo dei modelli tecnici non viene per portata a fondo, poich dai lavori di Jakobson si
evince laffermazione della complementariet di produzione e fruizione del messaggio
senza per riuscire a mostrare che le due attivit sono facce di ununica medaglia. Il
secondo fattore di superamento dei precedenti modelli la cui carica innovativa rimane per
in gran parte inespressa, riguarda lintegrazione delle condizioni sociali nel processo
comunicativo. Esse risultano infatti incluse dal modello nella nozione di contesto, senza
comunque ricevere un ruolo preciso.
Spetta comunque ad Hymes e Gumperz6 e alle loro ricerche di etnografia della
comunicazione, il merito di aver costruito un modello attorno al concetto di situazione, di
contesto, inteso per la prima volta in modo esplicito non solo come insieme di elementi di
natura linguistica. SPEAKING - il nome del modello deriva dallacrostico costituito dalle
iniziali degli elementi considerati - non appare pi centrato sulle funzioni linguistiche dello
6 Gumperz, J.J., Hymes, D. (ed.) Directions in Sociolinguistics, New York: Holt Rinehart & Wiston, 1972.
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scambio comunicativo, ma propone un approccio pragmatico ai principali aspetti
dellinterazione linguistica ricontestualizzati nella situazione sociale in cui si inscrivono.
La situazione - setting - costituisce appunto il primo aspetto considerato nellanalisi del
processo di comunicazione. Esso include sia il contesto generale, costituito dagli elementi
materiali che determinano latto di parola sul piano spazio-temporale, sia la scena, vale a
dire il contesto psicologico in cui esso ha luogo. Vengono poi considerati partecipanti -
participants - non solo emittente e ricevente, bens tutti coloro che hanno un influsso
effettivo sulla scena e che ne determinano lo svolgimento. Le finalit - ends -
comprendono gli obiettivi intenzionati che si desidera perseguire e gli obiettivi-risultati
effettivamente raggiunti dai partecipanti. Gli atti - acts sequences - costituiscono una
componente che esprime contemporaneamente contenuto (i temi) e forma (lo stile di
espressione) del messaggio. Il tono - keys - si riferisce alle modulazioni possibili del
contenuto del messaggio: pu essere ludico o serioso, ricercato o trascurato, ironico,
sarcastico, ecc. Gli strumenti - instrumentalities - costituiscono una componente bipolare
che riunisce sia i canali, sia le forme della parola. Per comunicare non basta scegliere, ad
esempio, il canale orale, ma bisogna anche determinare la modalit della sua utilizzazione
(cantare, salmodiare, parlare, ecc.). Per la determinazione delle forme della parola
vengono indicati tre criteri: la provenienza storica della lingua, la presenza o assenza di
una comprensione reciproca, il grado di specializzazione delluso, vale a dire il registro in
base al quale essa viene utilizzata. Le norme - norms - costituiscono anchesse una
componente bipolare che comprende norme di interazione (diritto di interrompere, ecc.) e
norme di interpretazione (sistema di credenze di una comunit) cui i parlanti fanno
riferimento. Per concludere, il genere - genre - scelto per comunicare: poema, mito,
racconto, proverbio, conferenza, ordine di servizio, ecc.
Va riconosciuto ai modelli linguistici, ed in particolare a quelli proposti da Jakobson e da
Hymes, il merito di aver ampliato il bagaglio concettuale a disposizione degli analisti della
comunicazione, migliorando il grado di comprensione dei processi in gioco rispetto ai
modelli tecnici. Tuttavia, come hanno osservato Marc e Picard7, la descrizione dei
processi di comunicazione proposta dai modelli linguistici rimane pur sempre la
descrizione di un processo ideale a cui sfugge ancora la maggior parte delle difficolt e
degli incidenti di percorso che caratterizzano nella realt tali processi e che poco hanno a
7 Marc, E., Picard, Cit. P. 29.
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che vedere con ragioni di tipo tecnico o linguistico, essendo dovuti nella gran parte dei
casi a fenomeni dordine interattivo.
2.2.3 I modelli psicologici
I modelli linguistici e matematici fin qui trattati pongono la loro attenzione sulle
caratteristiche di trasmissione delle informazioni trascurando alcuni elementi meno
tecnici che influenzano profondamente latto comunicativo. Questi elementi sono il
comportamento, latteggiamento e la motivazione dellessere umano inteso come persona
calata in un contesto comunicativo, cio facente parte di una comunit di parlanti. Il
comportamento quellinsieme di attivit che un essere umano svolge ed osservabile da
altri esseri umani. Latteggiamento interiore e condiziona il comportamento:
lorientamento positivo o negativo che ciascun individuo ha nei confronti degli altri e delle
cose e che induce ad agire o reagire in certe situazioni. Sia il comportamento che
latteggiamento trovano una ragione di esistere nella motivazione (nella duplice accezione
di intrinseca o estrinseca), cio il desiderio o la necessit di soddisfare un bisogno o di
perseguire uno scopo.
Tenendo in considerazione il significato dei tre concetti chiave espressi, posti al centro di
un approccio psicologico-sociale alla comunicazione, ne risulta che latto comunicativo
un comportamento agito da un individuo che interagisce con altri individui; questo
comportamento dipende sostanzialmente dal suo atteggiamento e dalla sua motivazione.
Ma questo ragionamento pone interrogativi importanti: questo comportamento
intenzionale e quindi ordinato da elementi consci? E quanto di questo comportamento
non intenzionale e originato quindi da cause inconsce? quindi importante riflettere sul
fatto che determinate motivazioni e atteggiamenti possono indurre comportamenti che
manifestano gradi diversi di intenzionalit dove elementi consci si alternano a cause
inconsce e influenzano latto comunicativo.
Per affrontare meglio largomento pu essere utile far ricorso allo schema creato dagli
psicologi americani Luft8 e Ingham per rappresentare graficamente le parti consce ed
inconsce della personalit, noto come finestra di Johari:
8 Luft. J., Introduzione alla dinamica di gruppo. Firenze: La Nuova Italia, 1984.
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Ognuno dei quattro quadranti che costituiscono questa finestra rappresenta una diversa
area della personalit che in qualche modo influisce sullintenzionalit della
comunicazione.
Il quadrante I quella zona della personalit di un individuo nota a se stesso e agli altri: la
comunicazione stimolata da questarea generalmente del tutto intenzionale.
Il quadrante II, anche detto dellarea cieca, quella zona della personalit di un individuo
nota agli altri ma non a se stesso; si tratta di quei sentimenti, motivazioni, atteggiamenti
che appaiono pi facilmente chiari agli altri che non a se stessi e che rendono lindividuo
vulnerabile e indifeso se spinto a rivelazioni involontarie. evidente che la comunicazione
stimolata da questa area generalmente del tutto non intenzionale.
Il quadrante III, detto anche dellarea nascosta, quella zona della personalit di un
individuo nota a s ma non agli altri. larea del privato, di ci che lindividuo sa bene di
se stesso ma che nasconde agli altri, larea dei segreti che se si decide di comunicare lo
si fa per atto di volont. Ovviamente qualsiasi comunicazione inerente a questarea
assolutamente intenzionale.
Il quadrante IV, ovvero larea ignota, quellare delle personalit di un individuo nascosta
a se stesso e agli altri. una zona sommersa che pu rivelare la propria esistenza in
modo del tutto involontario come per esempio attraverso i sogni o le alterazioni della
psiche (alcool, droghe) o in modo del tutto intenzionale come per esempio tramite lipnosi
(sempre che ci si sottoponga ad ipnosi volontariamente).
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Lo schema di Luft e Ingham con le sue quattro aree aiuta molto a chiarire il concetto di
intenzionalit della comunicazione sebbene vadano fatte alcune considerazioni:
Il confine tra le quattro aree non di fatto cos netto come appare nella finestra di
Johari e di conseguenza anche lintenzionalit dellatto comunicativo non deve
necessariamente essere presente o assente ma pu esistere a vari livelli;
La comunicazione non investe unarea alla volta ma generalmente trasversale, il
che implica che anche lintenzionalit compare e scompare, aumenta e diminuisce
in un continuum comunicativo che investe i parlanti in tutti gli aspetti della loro
personalit.
Si pu quindi ricavare dalla riflessione psicologica proposta che la comunicazione pu
manifestarsi a diversi gradi di intenzionalit in base alla tipologia di motivazioni ed
atteggiamenti sui quali si fondano.
I modelli psicologico-sociali, senza qui entrare nei dettagli tecnici dei singoli studiosi,
offrono una chiave di lettura affascinante dellatto comunicativo e costituiscono un ulteriore
tassello nella costruzione di quel mosaico vario e complesso che la rappresentazione del
fenomeno comunicativo.
Uno dei modelli pi interessanti di questarea quello di Anzieu e Martin9, nel quale il
processo comunicativo viene ad essere concepito essenzialmente come lincontro di due o
pi campi di coscienza che appartengono a soggetti caratterizzati da una precisa identit
psicosociale. Ci che interessa ad Anzieu e Martin la descrizione della successione di
filtri che si frappongono tra lintenzione del locutore e la ricezione dellallocutario. Questa
schematizzazione del processo di comunicazione ruota attorno a tre fattori che, pur non
comparendo nella rappresentazione grafica, ne costituiscono la struttura: personalit dei
partecipanti, situazione comune e significati. Che i partecipanti possiedano una storia
personale, motivazioni, rappresentazioni, una cultura e capacit cognitive specifiche, che
siano orientati allazione da quadri di riferimento particolari, che abbiano uno status e ruoli
psicosociali propri, tutto ci non era contemplato nei modelli tecnici, n - se non in misura
minima - in quelli linguistici. Questi fattori vengono ora considerati gli elementi costitutivi
dellidentit, della personalit degli interattanti. Il profilo bio-psico-sociologico dei
partecipanti allo scambio comunicativo considerato una variabile interveniente nella
spiegazione dei vincoli che caratterizzano i loro comportamenti comunicativi, utile alla
comprensione, ad esempio, dei tipi di comunicazione prescritti e di quelli esclusi dal loro
9 Anzieu, D., Martin, J.Y., La dynamique des groupes restreintes. Paris: PUF, 1971.
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repertorio. Per quanto riguarda la situazione comune, Anzieu e Martin osservano che la
comunicazione rende possibile lazione sullaltro allinterno di una situazione definita10.
Ci significa che la comunicazione sia un mezzo per provocare levoluzione della
situazione di partenza, ma anche che essa dipende da scopi e obiettivi degli interattanti e
dalle caratteristiche generali della situazione. La connessione tra comunicazione e
contesto viene cos a precisarsi per la prima volta anche in riferimento ad elementi di
natura non linguistica, forzando quindi i confini del contesto di Jakobson o del setting di
Hymes. La produzione di significati, infine, costituisce un aspetto centrale dellintero
processo comunicativo poich gli uomini non comunicano unicamente una certa quantit
di informazioni, ma scambiano significati che derivano da simboli e inducono ad
associazioni di senso. Detto in altri termini, la comunicazione risulta facilitata se locutore
ed allocutario condividono lo stesso universo simbolico e gli stessi quadri di riferimento
che, con il sistema valoriale, costituiscono veri e propri filtri rispetto al flusso della
comunicazione stessa.
Sulla base di questa seppur sintetica esposizione dei modelli psico-sociologici, possiamo
sintetizzarne il contributo alla comprensione dei processi comunicativi in riferimento a
quattro acquisizioni fondamentali.
Prima di tutto, va riconosciuto lallargamento delloggetto di indagine che deriva dalla
considerazione della comunicazione come un fatto totale. Il riconoscimento
dellimportanza dei registri non verbale, paraverbale, prossemico che vanno ad
aggiungersi a quello verbale apre nuove prospettive di comprensione dei fenomeni
comunicativi.
In secondo luogo, il linguaggio non viene pi considerato come un mezzo di trasferimento
di informazioni da una mente ad unaltra, bens come dimensione essenziale della cultura
in cui si iscrivono la maggior parte dei valori e delle rappresentazioni sociali su cui si
fondano gli scambi e le pratiche collettive11.
Sempre meno ci si interessa ai meccanismi di trasmissione di informazioni, mentre cresce
lattenzione ai processi di elaborazione e condivisione dei significati. La comunicazione
viene ad assumere cos un ruolo di primaria importanza per la comprensione del processo
di fondazione dei legami sociali.
Il quarto contributo dei modelli psico-sociologici consiste nella precisazione del concetto di
contesto. Come sappiamo, gi Hymes aveva introdotto la nozione di setting, includendo in
10 Ivi. P. 135. 11 Marc, Picard, Op. cit. p. 35.
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essa sia il contesto generale, costituito dagli elementi materiali che determinano latto di
parola sul piano spazio-temporale, sia la scena, il contesto psicologico in cui esso ha
luogo. I modelli psico-sociologici consentono di dare ordine a questa nozione chiarendo in
che senso essa possa designare un insieme di fatti sia di ordine linguistico, sia di carattere
sociale. Nel primo senso il contesto deve essere inteso come un ambiente semiotico e
designa lintorno immediato di un segno, di un enunciato, di un messaggio o di un
documento, ci che solitamente si designa come co-testo. Sempre in quanto insieme di
fatti linguistici, il contesto pu essere inteso come luniverso di significati, delle
rappresentazioni e dei discorsi a cui un messaggio si riferisce o pu essere riferito; in
questo caso parliamo di inter-testo. Pi articolato invece il catalogo dei significati che il
contesto pu assumere nella seconda accezione. La situazione infatti comprende la
cornice e le circostanze nelle quali si svolge linterazione. Parlare di quadro, di sfondo, di
ambiente significa fare riferimento al luogo, ma anche alla congiuntura temporale in cui
uninterazione ha luogo, chiamando in causa due dimensioni la cui connotazione culturale
tale da determinare profondamente linterazione stessa. Significa per anche indicare la
scena pi ristretta allinterno della quale si muovono gli interattanti: il copione, la dinamica
dellincontro, gli obiettivi comuni agli attori, ma anche quelli propri a ciascuno di essi, le
loro attese, le strategie comunicative che essi pongono in atto. Non va poi dimenticata la
dimensione istituzionale del contesto, responsabile del sistema di norme, dei ruoli e degli
status degli interattanti e, di conseguenza, dei rapporti che essi instaurano tra di loro. Le
obbligazioni connesse ai rituali, infine, costituiscono un ulteriore elemento del contesto la
cui considerazione permette di prendere in conto il peso che le consuetudini o le regole
della buona educazione hanno di fatto su ogni interazione comunicativa.
2.2.4 I modelli interlocutori
La successione delle prospettive fin qui evocate, dai modelli tecnici a quelli psico-
sociologici, svela la progressiva messa a fuoco della dimensione interattiva della
comunicazione. Questo processo raggiunge il grado maggiore di esplicitazione con quelli
che Marc e Picard definiscono modelli interlocutori a ragione della centralit da essi
attribuita alla nozione di interlocuzione. Questi approcci - che potremmo definire anche
dialogici o conversazionali costituiscono lesito di un incontro tra linguistica pragmatica e
psicologia sociale che ha visto impegnati ricercatori di cultura francese, ma a cui
potremmo accostare anche autori di area anglosassone.
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Si tratta di modelli che - pi o meno dichiaratamente - trovano fondamento nel dialogismo
di Francis Jacques e nella nozione di interazionismo comunicativo che ne costituisce uno
dei concetti cardine. Questo approccio - in cui lattenzione per la dimensione interattiva e
conversazionale dei processi comunicativi espressa in massimo grado - si caratterizza
sostanzialmente per una nuova definizione del concetto di comunicazione, per
lindividuazione della natura contrattuale di alcuni suoi aspetti e per una revisione radicale
della nozione di interlocutore.
La comunicazione, in quanto fatto relazionale irriducibile12, viene ad essere considerata
la forma primaria di riconoscimento tra gli uomini e il luogo di fondazione
dellintersoggettivit in cui si esprime la reciprocit sottesa ad ogni relazione umana. Il
lavoro di cooperazione verbale, che ne costituisce gran parte della fenomenologia, una
vera e propria attivit congiunta, tale per cui gli enunciati di un interlocutore si intrecciano
con gli enunciati dellaltro. A differenza dei modelli esposti in precedenza, in questa
prospettiva si abbandona ogni lettura atomistica del processo comunicativo, comunque
caratterizzata da progressive aggregazioni di elementi discreti.
Secondo tale prospettiva, sostenuta da quelli che Jacques chiama teorici
dellinterazionismo sommario, una interazione unazione (o reazione) che passa da un
essere (S1) allaltro (S2); uninfluenza retroattiva reciproca che ogni soggetto esercita
sulle azioni verbali dellaltro, attraverso la mediazione dellimmagine che esse offrono.
In una prospettiva di interazione comunicativa, invece, il circuito si complica,
arricchendosi di nuovi elementi. Attorno al circuito che lega i due interlocutori viene a
crearsi un sistema - denominato R ed indicato con il tratteggio - dordine superiore
rispetto alla coppia S1 e S2, tendente a mantenere caratteristiche autonome ed una
propria organizzazione. In questa prospettiva, il messaggio per S2 considerato
contemporaneamente anche messaggio per S1: mi dico ci che ti dico. Le parole
pronunciate da ciascuno dei due sono infatti indirizzate sia a s, sia allaltro, dando luogo,
per cos dire, ad un fenomeno di doppio ascolto.
Significare e comprendere non sono pi azioni indipendenti; detto in altri termini non si
significa senza comprendere. S1 ha infatti bisogno di conoscere come S2 ha ricevuto il
suo messaggio per sapere cosa ne stato, attraverso una sorta di retro-comprensione.
Analogamente, ciascuno riceve - almeno in parte, precisa Jacques - ci che avr potuto
12 Jacques, F., Trois strategies interactionnelles: conversation, negotiation, dialogue. In Cosnier, J., Gelas, N., Kerbrat-Orecchioni, C. (eds.) Echanges sur la conversation, Ed. CNRS, Paris, 1988.
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emettere: ci che tu comprendi ci che io sono riuscito a significare. Altrimenti detto, un
messaggio deriva dalliniziativa congiunta di S1 e S2.
La schematizzazione del processo comunicativo evidenzia lesistenza di una spirale
comunicativa. In ogni momento dellevoluzione del sistema R non si ha mai un totale
recupero tra ci che io ho voluto dire e ci che tu hai compreso. S1 emette un messaggio
che una sorta di perturbazione che S2 dovr compensare per ristabilire lequilibrio. Tale
compensazione sar parziale, poich, a sua volta, S1 dovr comportarsi allo stesso modo
nei confronti dellemissione di S2. Il sistema superiore R subisce quindi unevoluzione a
seguito delle interazioni tra S1 e S2, conservando unapertura nei confronti del mondo
esterno, che gli fornisce linformazione di cui si nutre.
Ci troviamo quindi di fronte ad un sistema di interazione comunicativa, caratterizzato dalla
sottomissione di S1 e S2 al funzionamento auto-organizzato della diade che viene a
costituirsi a seguito del loro accoppiamento relazionale13. S1 e S2 si sottomettono quindi al
funzionamento di R, che costituisce lo spazio interlocutorio comune, lo spazio logico
dellinterlocuzione14. Per ridurre lo scarto che li separa, senza uscire dai limiti entro i quali
R mantiene la propria parziale chiusura rispetto allambiente, i due interlocutori
metteranno in atto una strategia discorsiva, vale a dire un insieme di interazioni
comunicative coordinate tese appunto a costruire progressivamente il loro contesto. Ecco
una rappresentazione grafica del modello di Jaques a supporto della spiegazione
discorsiva:
13 Galimberti, C. (1994) Dalla comunicazione alla conversazione in: Ricerche di Psicologia, 1, pp. 113-152. A cura di Caterina De Micheli. 14 Jacques, F., L'espace logique de l'interlocution. Parigi : PUF, 1985.
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Da questa analisi puntuale del processo comunicativo risulta con chiarezza come per
Jacques sia linterlocuzione il concetto primitivo da cui derivano le nozioni di locutore e di
allocutario, le cui identit si precisano progressivamente a misura della costruzione e della
messa in atto del dispositivo enunciativo (interazione faccia a faccia, attraverso una
lettera, via radio ecc.). Detto in altri termini, il soggetto, lio, si rende visibile a se stesso
nellallocuzione al tu ed nello scambio delle parole che i soggetti si riconoscono in un
rapporto di reciprocit. Si realizza in questo modo la lezione di Bachtin, convinto assertore
dellimportanza dellorientamento della parola al destinatario al punto da affermare che la
parola un atto a due facce. E determinata ugualmente dal di chi la parola e per chi
intesa. Come parola, precisamente il prodotto della relazione reciproca tra il parlante e
lascoltatore, tra il mittente e il destinatario. Una parola un ponte gettato tra me e laltro.
Se unestremit del ponte dipende da me, allora laltra dipende dal mio destinatario. Una
parola un territorio in comune fra il mittente e il destinatario, fra il parlante e il suo
interlocutore.
Il riconoscimento della natura contrattuale della comunicazione intesa sempre come
situazione caratterizzata da una posta in gioco - ha permesso di evidenziare alcuni aspetti
di questo gioco di reciprocit, fornendo gli strumenti per una sua descrizione nei termini di
attivit congiunta finalizzata alla costruzione di mondi possibili. Come ha detto in estrema
sintesi lo stesso Ghiglione15, comunicare co-costruire una realt con laiuto di sistemi di
segni accettando un certo numero di principi che permettono lo scambio ed un certo
numero di regole che lo gestiscono. Per quanto riguarda i sistemi di segni - tralasciando il
sistema verbale di cui si ampiamente detto in precedenza - il non verbale viene utilizzato
allinizio di una sequenza comunicativa per riconoscere allaltro lo statuto di interlocutore
potenziale, nel corso dellinterazione per modificare le posizioni occupate dagli interlocutori
e, alla fine dellinterlocuzione, per segnalarne la conclusione. Il riferimento al sistema
paraverbale importante invece perch permette di cogliere le modulazioni delle
intenzioni e delle emozioni manifestate, al di l della propria volont, dagli interlocutori.
Coerentemente con quanto acquisito dopo laffermazione dei modelli psico-sociologici,
anche Ghiglione afferma che i tre sistemi di segni sono in continua interazione tra loro nel
lavoro di co-produzione del senso e di co-costruzione del processo interlocutorio messo in
atto dagli interlocutori. Il rispetto dei principi di pertinenza e di coerenza (che permettono
agli individui di riconoscersi come interlocutori potenziali funzionanti secondo la stessa
15 Ghiglione, R., La comunicazione un contratto. Napoli: Liguori, 1988. P.102.
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logica), di reciprocit (che segna il riconoscimento dellaltro come interlocutore effettivo cui
si permette di esercitare il diritto alla parola), di contrattualizzazione (che segna il
passaggio da una situazione potenzialmente comunicativa ad una comunicazione in atto),
di influenza (in riferimento al quale si pu comprendere il gioco di controllo reciproco
nellimposizione di un mondo possibile che assicuri a ciascun interlocutore il controllo della
posta in gioco) ed infine di cooperazione (che mostra come la conversazione sia gestita da
regole situazionali e discorsive) costituisce la condizione di possibilit dellevento
comunicativo. Analogo discorso vale per le regole ispirate alle massime di Grice (quantit,
qualit, relazione, modo): se infatti spetta ai sistemi di segni fornire il materiale della
comunicazione, invece il rispetto di principi e regole a rendere possibile lo scambio. In
ci sta forse un aspetto problematico del modello di Ghiglione.
E veniamo al terzo elemento distintivo degli approcci dialogici, la ridefinizione della
nozione di interlocutore resa necessaria dalla considerazione della comunicazione come
un processo di definizione di un contratto realizzato congiuntamente dagli interlocutori. In
questa prospettiva, ogni evento comunicativo viene ad essere un incontro dialettico tra
due processi, un processo di espressione in cui un Io-comunicante si rivolge ad un Tu-
destinatario-enunciatario ed un processo di interpretazione dove un Tu-interpretante si
costruisce, a sua volta, unimmagine di Io-enunciatore , incrociandosi in un sottile gioco di
attese e riconoscimenti reciproci. Sulla base di queste premesse, la comunicazione tra
due interlocutori diviene di fatto uno scambio tra quattro personaggi. Per Charaudeau,
dalla parte dellio c un soggetto comunicante che agisce e si esprime ma vi anche un
Io-enunciatore che si mette in scena attraverso le proprie parole e che attraverso di esse
esprime le proprie intenzioni. Tutto questo, dal punto di vista del Tu, rappresenta
limmagine costruita dellintenzionalit dellIo-comunicante, realizzata appunto nellatto di
espressione. Dalla parte del Tu troviamo invece il Tu-destinatario-enunciatario, vale a dire
linterlocutore costruito dallIo come proprio destinatario-ideale, in sintonia con latto di
enunciazione compiuto, ma vi anche il Tu-interpretante, un soggetto che agisce
indipendentemente dallimmagine costruita dallIo, in rapporto alla quale comunque si
definisce confermandola o rifiutandola.
Lermeneutica dellIo-enunciatore e delle sue intenzioni proposta dal Tu-interpretante pu
evidentemente divergere da quanto lIo stesso progetta e sperimenta. Questo
sdoppiamento dellIo e del Tu, pur non essendo di immediata intuizione, di fatto aiuta a
spiegare in termini cooperativi molte delle difficolt che si incontrano di continuo nella
comunicazione in rapporto allo scarto tra lattivit del locutore e quella dellallocutario, tra
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intenzione e interpretazione, tra produzione e ricezione. E ci costituisce un notevole
contributo alla comprensione dellattivit interpretativa - di fatto il motore principale
dellinterlocuzione - compiuta ad ogni turno di parola sui piani cognitivo e psicosociale.
Il modello dellinterazionismo comunicativo pu essere considerato il punto di arrivo di
tutto un percorso che affonda le sue radici nei modelli che lo hanno preceduto: deve infatti
sicuramente molto a Jakobson e al suo modello semiotico-linguistico che ha posto le basi
su cui si sono poggiati tutti i successivi studi sulla comunicazione; ha certamente tratto
enorme vantaggio dal modello matematico-cibernetico di Shannon e Weaver per quel che
riguarda limportanza delle operazioni di codifica e di decodifica del messaggio (e quindi
della condivisione del codice tra i comunicanti), ma soprattutto per il concetto di feedback
che mettendo in discussione lunidirezionalit della comunicazione ha aperto la strada
allidea di interazione; ha infine tratto dai modelli psicologici il concetto che la
comunicazione non solo un procedimento tecnico ma che alla sua base vi sono degli
esseri umani, con la propria personalit, che esprimono se stessi in mezzo agli altri,
sviluppando questo concetto nellattenzione alla dimensione sociale, interpersonale e
costruttivista della comunicazione.
2.3 La comunicazione mediata dal computer
I modelli esposti riescono ad introdurci alla complessit dei meccanismi di base della
comunicazione, anche se erano nati analizzando essenzialmente la comunicazione in
presenza. Levoluzione tecnologica ha per permesso di introdurre nuove forme di
comunicazione, che possono svolgersi anche in asintopia e asincronia.
Confrontiamo le caratteristiche salienti della comunicazione in presenza e della
comunicazione a distanza.
La prima contraddistinta da:
o Radicamento nello spazio-tempo
o Condivisione del luogo come funzione dellaccesso allinformazione
o Simultaneit e non ripetibilit
o I codici: il primato del verbale e i codici metacomunicativi
o Aspetti pragmatici: comunicazione intenzionale e digitale
Elementi distintivi della seconda sono:
o Sganciamento dello spazio-tempo
o Moltiplicazione dei luoghi fisici
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o Possibilit della ripetizione e dellanalisi retrospettiva
o Molteplicit di codici impiegati: dal primato del verbale al primato dei codici grafo-
visivi
o Aspetti pragmatici: dalla comunicazione digitale alla comunicazione analogica
La comunicazione computer-mediata riunisce alcune caratteristiche di entrambe:
o Comunicazione sincrona e asincrona
o Dal luogo fisico al luogo sociale
o Laccesso allinformazione: la formazione distribuita
o Feed-back immediato e analisi retrospettiva
o Contrazione degli indizi simbolici
o Il rischio della comunicazione inefficace e della decodifica aberrante
La comunicazione mediata dal computer pu essere di due tipologie: telematica e
ipertestuale. La comunicazione telematica una comunicazione a distanza in cui il
passaggio delle informazioni avviene automaticamente tramite delle macchine; essa si
svolge sempre in asintopia e pu essere sia sincrona che asincrona. Esempi di
comunicazione telematica sincrona sono il telefono, la televisione via etere, la chat, la
videoconferenza, ecc. ossia tutte quelle situazioni nelle quali coloro che partecipano
allatto comunicativo si trovano in luoghi diversi nello stesso momento. Alcuni esempi di
comunicazione telematica asincrona sono il fax, le-mail, lsms, la pagina web, il forum, la
televisione via cavo, ecc. ossia tutte quelle situazioni in cui coloro che partecipano allatto
comunicativo si trovano in luoghi diversi in momenti diversi.
La comunicazione telematica asincrona si sta gradualmente facendo strada, vincendo
lostacolo della minor immediatezza rispetto alle forme sincrone e mettendo in evidenza la
sua connotazione democratica: essa mostra maggiori garanzie di interattivit, avviene tra
molti mittenti e molti destinatari che possono a loro volta trasformarsi in mittenti e
assumere un ruolo attivo nel processo comunicativo.
La comunicazione ipertestuale verr trattata dettagliatamente nel prossimo capitolo, ma la
sua rilevanza nello scardinare gli schemi comunicativi tradizionali soprattutto nella sua
opposizione alle leggi della linearit e della sequenzialit dellatto comunicativo.
Lipertestualit apre quindi nuove soluzioni allinefficacia comunicativa del linguaggio che
vincolato dalla sua sequenzialit non rispecchia la natura associativa del pensiero umano,
rendendo possibile che la realt risultante dalla decodifica dellatto comunicativo operata
dal destinatario non coincida con la realt percepita da chi la comunica.
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2.4 La comunicazione in classe: didattica e tecnologia
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte esaminiamo adesso latto comunicativo che si
realizza tra insegnante e alunni. Esso sostanzialmente di due tipi: orale
(prevalentemente in classe, quindi in sincronia e sintopia) e scritto (prevalentemente a
casa, in asincronia e asintopia). La comunicazione orale una classica comunicazione
face to face e quindi interattiva perch lo studente (il destinatario) un agente attivo che
interagisce con il suo interlocutore nel processo comunicativo (e didattico) instaurando un
dialogo con un continuo scambio di ruoli. Questo tipo di comunicazione anche
multimediale perch il codice linguistico solo uno dei tanti utilizzati nella comunicazione.
La comunicazione scritta avviene essenzialmente quando il docente assegna un testo da
leggere o studiare. Gli studenti non sono in sincronia e sintopia con lautore, non possono
interagire con lui, utilizzano solo il senso della vista per percepire un unico codice (il testo
scritto). Questo tipo di comunicazione quindi unidirezionale e monomediale,
caratterizzata da una netta sequenzialit. Come gi accennato questa porta a possibile
inefficacia dellatto comunicativo, e pensando al contesto educativo-scolastico, inefficacia
dellintervento formativo. Occorre quindi superare la linearit in favore di un approccio
nuovo alla gestione del sapere che elimini le operazioni di codifica e di decodifica
invertendo i ruoli di mittente e destinatario: si tratta di far s che sia non il mittente a
scegliere cosa comunicare e in che modo organizzare il suo messaggio bens il
destinatario a scegliere cosa gli interessa apprendere e in quale ordine acquisire le
informazioni.
Questo significa presentare agli studenti non un testo ma un ipertesto che permetta loro
un accesso diretto al sapere tramite lesplorazione personale e consapevole della mappa
dei concetti e la possibilit di costruire una propria mappa cognitiva quanto pi possibile
rappresentativa della realt comunicata.
A questo punto della nostra analisi risulta chiaro che la rivoluzione del modo di
organizzare la conoscenza prodotta dallavvento della multimedialit in cui le
conoscenze non sono date in maniera sequenziale, ma ricavate attraverso un
apprendistato cognitivo che consiste nello sviluppare abilit di orientamento e navigazione
tra i contenuti ipertestuali si allinea al cambiamento di paradigma nella didattica con il
passaggio dallistruzionismo al costruzionismo. Prima di valutarne reciprocit di influssi e
conseguenze, proviamo a vedere in cosa la si possa far consistere a livello del problema
della organizzazione del sapere. Credo di poter ricondurre queste convergenze a quattro
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caratteristiche fondamentali che disegnano il profilo di una conoscenza collaborativa e
flessibile (per quanto riguarda lattivit della sua costruzione), costruita sui significati e per
zone di conoscenza (per quanto riguarda la sua organizzazione interna) .
a) Fare significato insieme
Making music together (fare musica insieme) definisce il sociologo Alfred Schultz un
modo di stare insieme caratterizzato da solidariet leggera, disimpegno, forte tonalit
emotiva, che proprio di tanto associazionismo giovanile spontaneo. Nel caso della
organizzazione delle conoscenze che si realizza nellambito di una didattica ipertestuale
(ma anche in un contesto didattico non tecnologico che per rifiuti una impostazione
puramente istruzionale) si pu a ragione sostenere che si tratti di un Making sense
together, di un fare significato insieme. Viene cio portato in gioco qui quello che Bruner
chiama il principio dellinterazione, cio la convinzione che uno dei compiti delleducazione
consista nel fornire ai soggetti gli strumenti culturali che consentano loro di costruire
insieme la realt.
Si tratta evidentemente di intendersi sul tipo di esperienza cui stiamo pensando. Non
sufficiente di per s il ricorso a ipertesti multimediali nella didattica perch
automaticamente essa si strutturi in base al principio dellinterazione. Infatti, io formatore,
io insegnante, posso servirmi di un ipertesto come di una riserva di materiali disponibile on
line mentre sto conducendo la mia lezione secondo un tradizionalissimo schema frontale.
Allo stesso modo un mio studente pu utilizzare lo stesso ipertesto sul suo PC per
riprendere, chiarirsi, approfondire nel suo lavoro domestico gli argomenti da me affrontati a
lezione. Nel primo caso ci troviamo dentro un paradigma che possiamo definire
strumentale, in cui la presenza della tecnologia non influisce sulla didattica se non nei
termini di fornirle un supporto; nel secondo, invece, il paradigma quello letterario
delleducational, in cui la tecnologia surroga lassenza del formatore offrendosi quale
sostegno per lautoapprendimento. In nessuno dei due casi c spazio per la costruzione
condivisa del significato.
Il modello cui, invece, pensiamo, quello ambientale di una tecnologia (in questo caso
lipertesto multimediale) che diviene essa stessa luogo di apprendimento. il caso, cio,
in cui si proponga, ad esempio, alla classe di lavorare alla strutturazione di un ipertesto
multimediale risolvendo in questo percorso di lavoro tutta o buona parte della didattica.
qui che si verificano le condizioni perch lapprendimento sia realmente collaborativo e
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26
lorganizzazione del sapere dipenda dalle negoziazioni simboliche che intervengono tra i
diversi componenti del gruppo-classe. Si realizza in questo modo lidea di una scuola in
cui ciascuno ha risorse per gli altri ( il modello della community of learners, del learning
circle): alcuni sono la memoria del gruppo, altri tengono il verbale aggiornato del
progresso del lavoro, oppure hanno un ruolo di stimolo o di garanti16.
b) Il principio della flessibilit cognitiva
Quando si parla di flessibilit cognitiva nellambito della teoria dellapprendimento si fa
riferimento a una logica di accesso e trattamento del sapere che si colloca agli antipodi del
modello tradizionale. Questultimo procede, infatti, per enunciazioni teoriche astratte
(tendenzialmente decontestualizzate) cui fa seguire esemplificazioni che hanno la sola
funzione di consentire allalunno di verificare la rispondenza di questi esempi al concetto
teorico precedentemente acquisito. Il limite di questo modello sta sostanzialmente nel
basarsi solo su una memoria di tipo riproduttivo e nellesporsi a facili generalizzazioni che
spesso si traducono in vere e proprie interpretazioni errate.
Quando si parla di flessibilit cognitiva, invece, si intende tuttaltro. In questo caso il punto
di partenza non lenunciazione astratta del concetto, quanto piuttosto lo studio della
complessit di un problema sul campo cercando di valutare tutti i punti di vista possibili e
di favorire una multidisciplinarit di approccio. solo da questo approccio rispettoso della
complessit che pu nascere la consapevolezza di poter ricollocare ci che gi si conosce
secondo angolature differenti: La codifica multipla della conoscenza, perseguita
attraverso il ricorso ai casi e allapproccio multitematico ad essi, dovrebbe favorire non
solo una sua comprensione profonda ma anche il suo uso in nuovi contesti. Il transfer
verrebbe favorito: a) dalla disponibilit di un largo numero di schemi interpretativi e dalla
capacit di un loro uso flessibile; b) dalla competenza acquisita nellinterpretazione di casi
differenti; c) dallaver tracciato, attraverso la codifica multipla dei casi, un gran numero di
strade di accesso alla conoscenza, che permettono un suo successivo recupero per
lanalisi e la comprensione di nuovi casi17.
16 J.Bruner, La cultura delleducazione. Nuovi orizzonti per la scuola, tr.it., Feltrinelli, Milano 1997, p. 35. 17 B.M.Varisco, Alle radici dellipertestualit, in A.Calvani, B.M.Varisco, a cura di, Costruire e decostruire significati. Ipertesti, micromondi e orizzonti formativi, Cleup, Padova 1995, p.69.
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c) Dagli obiettivi ai significati
La flessibilit cognitiva, cos come abbiamo appena cercato di definirla, comporta come
conseguenza di passare da una didattica per obiettivi (come quella tradizionale) a una
didattica per significati. Lo si pu verificare se si pensa che, tanto nel caso di una didattica
che voglia implementare le possibilit ricettive degli studenti, che in quello di una didattica
che si serva di tecnologie ipertestuali, lorganizzazione del sapere segue lipotesi delle
mappe concettuali18 o delle reti semantiche19 (Deese). Si tratta in entrambi i casi di un
modo di strutturare la conoscenza che si fonda sulla individuazione di n concetti-chiave
(significati) e sulla individuazione dei rapporti (legami) che li relazionano con concetti
generali e specifici: nellipotesi delle mappe, queste relazioni sono gerarchiche, nel caso
delle reti semantiche assolutamente libere.
Dal punto di vista della didattica questo significa realizzare un massiccio spostamento
rispetto al paradigma tradizionale: Lapproccio didattico alle strutture formali del pensiero
ha attraversato due momenti ben identificabili, distinti e contrapposti tra di loro a seconda
che la formalit logico-procedurale come tale venisse considerata come punto di
partenza oppure come punto di arrivo del processo di insegnamento-apprendimento. La
rivoluzione psicopedagogica della didattica moderna, infatti, si sostanzialmente
identificata nellopposizione al formalismo dei metodi classico-tradizionali a favore di una
concezione attivisticamente realistica, basata sulle categorie dellesplorazione e della
ricerca. Potremmo anche dire che ad una prospettiva interioristico-esercitativa (in qualche
modo riportabile al paradigma ginnastico: le facolt sono dentro e vanno esercitate in
quanto tali, a prescindere dal significato euristico o produttivo che consegue allesercizio)
ne subentrata una esterioristico-applicativa (riconducibile ad un paradigma sperimentale-
operativo: le abilit mentali derivano da un confronto continuo con le problematiche
proposte dallambiente e non vanno svolte al di fuori del confronto diretto e concreto con la
realt empiricamente data). Sillogismo e grammatica terministica per dire da una
parte; problem solving e ricerca dallaltra20.
18 Novak J.D., Gowin D.B., Imparando a imparare, Torino: SEI, 1989; titolo originale: Novak J.D., Gowin D.B., 1984, Learning how to learn, Cambridge University Press, New York. 19 Deese J., The Structure of Associations in Language and Thought, Johns Hopkins Press, Baltimore, 1965. 20 C. Scurati, Multimedia, conoscenza, apprendimento, Rivista dellistruzione, XII, 6, 1996, p.916 ss.
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28
d) Isole di conoscenza, rotte del sapere
Fondare la costruzione del sapere sui significati vuol dire, infine, assumere la prospettiva
della programmazione a isole, che significa individuare alcune zone di conoscenza ben
precise (troppa libert significherebbe dispersione) e fornire poi delle rotte di navigazione
per muoversi attraverso di esse o descrivere itinerari di approfondimento in e fuori
contesto.
In una realt socio-culturale che sfugge ormai ad ogni possibilit di essere letta attraverso
sintesi unificanti occorre sviluppare una cartografia cognitiva il cui compito sia quello di
rendere possibile al soggetto individuale una rappresentazione situazionale di quella pi
vasta totalit, propriamente irrapresentabile, che linsieme della struttura della citt nel
suo complesso21. Dal sapere percorribile, assimilabile, al sapere disponibile, cio da una
gestione della conoscenza concepita come appropriazione di contenuti a una nuova
gestione del sapere giocata, invece, sullindividuazione di alcune zone di conoscenza forti
e la elaborazione delle competenze metodologiche necessarie a descrivere a partire da
esse degli itinerari euristici: nodi e links.
Avendo illustrato linserimento della tecnologia nella didattica come processo naturale
viene spontaneo porsi una domanda: la teoria dellapprendimento a precedere e, in un
certo senso, preparare lapplicazione tecnologica o, viceversa, la comparsa delle
tecnologie a costringere la teoria didattica a una vera e propria rivoluzione di metodo?
Come chiaro si ripropone, qui, la dialettica tra tecnologia e comportamenti socio-culturali.
Si pu allora riproporre qui la soluzione avanzata da Flichy: lontani sia dal riduzionismo
tecnologico che dal sociologismo occorre pensare questa dialettica entro un quadro
complesso di scambi reciproci, di dipendenza, ma anche di sviluppo autonomo. In questa
prospettiva, allora, diviene possibile intendere il costruzionismo didattico e la didattica
ipermediale come emergenze di una stessa atmosfera culturale: la nuova realt di una
conoscenza complessa inevitabilmente richiede nuovi strumenti di accesso, sia dal punto
di vista teorico, che tecnologico. Questo non esclude la possibilit che i due spazi si
influenzino a vicenda, ma li riconduce entrambi dentro una prospettiva ecologica che si
sforza di leggerli nel contesto di un pi vasto orizzonte culturale.
21 F.Jameson, Postmodernism, or The Cultural Logic of Late Capitalism, New Left Review, 1984; tr.it., Il post-moderno, o la logica culturale del tardo capitalismo, Garzanti, Milano 1989, p.97.
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Questo orizzonte definito da Levy cosmopedia, un nuovo tipo di organizzazione dei
saperi, largamente basato sulle possibilit, da poco aperte dallinformatica, di
rappresentazione e gestione dinamica delle conoscenze22. Si tratta di una cultura e di un
sapere multidimensionale (fatto di immagini fisse e in movimento, suoni, testi scritti e
verbali, mappe interattive, ecc.), mutevole (questo sapere si ridefinisce sempre, si
aggiorna, sposta continuamente i suoi confini), continuo (perch in esso risultano dissolte
le separazioni disciplinari, le frontiere rigide tra i contenuti), negoziale (linterazione, la
collettivit del lavoro cognitivo strutturale alla definizione di questo tipo di cultura),
relativo (ogni lettura una riscrittura e quindi comporta la possibilit di riarticolare
continuamente il tutto secondo prospettive differenti).
Riorganizzare le proprie conoscenze, il proprio stile di accesso al sapere, significa allora
non soltanto abbracciare linnovazione per linnovazione, ma attrezzarsi per vivere in
questa nuova cultura ambientale: Ognuno contribuisce a costruire e ordinare uno spazio
di significati condivisi immergendovisi, navigandoci, o pi semplicemente vivendoci23.
22 P.Levy, Lintelligenza collettiva. Per unantropologia del cyberspazio, tr.it., Feltrinelli, Milano 1996, p.210. 23 Cit., p.213.
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3. La multimedialit
Nel capitolo precedente si pi volte fatto riferimento allutilizzo della multimedialit nella
comunicazione e nella didattica, menzionando lipertesto come possibile parte integrante
del dialogo educativo. Le nuove tecnologie sono ormai parte della nostra quotidianit e
anche della vita scolastica, ma sulla terminologia spesso c poca chiarezza, pertanto
questa la giusta sede per definire meglio i concetti chiave di ipertesto, multimedia e
ipermedia.
3.1 Gli ipertesti
Ipertesto: definizione
Tra le tante definizioni possibili di ipertesto ne isoliamo tre che crediamo consentano di
evidenziarne le caratteristiche strutturali e di funzione:
un insieme di connessioni supportate dal computer che forniscono al testo una
organizzazione non lineare24;
un testo composto di blocchi di parole connesse elettronicamente in una testualit
aperta a percorsi molteplici e perpetuamente incompiuta25;
una forma di scrittura non sequenziale, un insieme di brani di testo tra cui sono definiti
collegamenti che consentono al lettore percorsi differenti26.
Da queste tre definizioni possibile ricavare altrettante propriet costitutive di un ipertesto.
Anzitutto lassenza di centro. Un ipertesto, proprio in virt del fatto di essere costituito da
una rete di micro-unit, non ha un centro, non ha inizio n fine, ma si propone come un
sistema infinitamente decentrabile e ricentrabile27. Esso costituisce il modello di testualit
esattamente antitetico rispetto al testo cartaceo tradizionale: di esso supera la linearit,
lorganizzazione sequenziale, il principio di chiusura. Proprio per queste ragioni qualche
entusiasta fautore della rivoluzione informatica rifiuta addirittura di usare la parola testo
per definirlo.
Leffetto di questa non-sequenzialit il costituirsi dellipertesto come un sistema di
relazioni. Linformazione, infatti, oltre e pi che nelle singole unit di contenuto, sta nei
collegamenti che le pongono in relazione reciproca. Proprio il fatto che viva pi nei nessi
24 Conklin, J.Hypertext: An Introduction and Survey", IEEE Computer 20, 9, September 1987. (ristampato in Greif (ed.) 1988) 25 Roland Barthes, S/Z, Parigi: dition du Seuil, 1970. 26 T.H. Nelson, Literary Machines , trad. it. Muzzio, Padova 1992. 27 M. Ricciardi, a cura di, Oltre il testo. Gli ipertesti, Angeli, Milano 1994, p.27.
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che nelle unit di senso fa dellimmaterialit, della presenza virtuale di tipo elettronico, la
condizione e insieme la conseguenza di questo tipo di testualit: un ipertesto cartaceo
solo unastrazione o una metafora.
Infine, dal momento che lo stato di queste relazioni necessita di essere attualizzato, un
ipertesto si distingue anche per l'elevato grado di cooperazione che esso garantisce, anzi
richiede al suo lettore. Lipertesto di per s non possiede nessuna organizzazione ma ne
prevede molte: perch vengano strutturate occorre il contributo del lettore che diviene
fruitore attivo, autore lui stesso del senso che di collegamento in collegamento va
costruendo sullo schermo del suo computer.
Struttura e tipologia
Dal punto di vista strutturale un ipertesto costituito da un certo numero di nodi, connessi
in rete tra di loro attraverso dei links, e da una serie di dispositivi di interfaccia grafica.
Per nodo si intende ogni unit di informazione autonoma, autosufficiente, efficace dal
punto di vista comunicativo ma anche aperta a possibili legami con altre unit informative
attraverso i quali poter navigare in una rete ipertestuale. I nodi non devono
necessariamente essere solo testi, ma possono essere suoni, immagini, grafici,
animazioni, filmati, ecc. In questo caso si pu parlare di elementi inseriti in un ambiente
multimediale.28
I nodi sono collegati fra loro in rete da dei links, cio da collegamenti introdotti da chi
produce il software per consentire al lettore di muoversi tra di essi. La rete (o percorso),
oltre a costituire limpalcatura generale in cui lipertesto si articola, designa una famiglia di
nodi omogenei, cio un determinato aspetto della base di conoscenza fornita
dallipertesto. Si tratta cio di una sequenza di connessioni lunga a piacere che ha lo
scopo di favorire allutente una migliore comprensione e facilit di attraversamento
dellipertesto.
I links possono essere di diversi tipi. Anzitutto essi possono riguardare nodi appartenenti
alla stessa rete (internal links) o a reti differenti (external links), possono unire due punti
del testo in maniera assolutamente casuale (referential links) o gerarchizzata
(organizational links). Oltre a questo, sul piano operativo, essi consentono o il rinvio
esplicativo da una parola a un testo (funzione di lessico), o laccesso a note, tabelle o altro
che consentano lapprofondimento di un determinato argomento (funzione di commento),
28 Nigliazzo, R, La comunicazione didattica ipermediale. Milano: I.S.U. Universit Cattolica, 2006. p.55.
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o, ancora, il passaggio ad altri argomenti che abbiano rapporti con quello che si sta
esaminando (funzione di ampliamento).
Lapertura di un nodo, lo spostamento da un nodo allaltro, la consultazione di una mappa
di navigazione o di un indice, sono le operazioni di base in cui consiste la navigazione
ipertestuale. Esse sono rese possibili dai dispositivi di interfaccia grafica che sono parte
integrante del sistema. I quattro principali sono: le finestre (che si possono considerare
come lo spazio di visualizzazione di una unit di informazione), le icone (simboli grafici
che, di solito, consentono lattivazione rapida di una applicazione), i bottoni (che, a
differenza delle icone, non richiamano un programma ma consentono di eseguire
determinate operazioni) e le ancore (spesso in forma di bottoni, sono la parola, la frase o
limmagine che costituisce il punto di partenza di una connessione e su cui, di
conseguenza, occorre cliccare con il mouse per proseguire la navigazione). Lapertura
delle diverse finestre, lattivazione di icone e bottoni, lo spostamento dei diversi elementi
sullo schermo del computer, sono tutte operazioni rese possibili, infine, dal mouse che
della navigazione ipertestuale rimane il vero grande protagonista.
Quanto alle possibili tipologie dei sistemi ipertestuali, tra le tante proposte possibile
isolare quella fornita da Jonassen nel 198629, organizzata sulla distinzione di tre modelli:
1. il modello puro (o a struttura libera). Costruito per lasciare allutente il massimo di
libert esplorativa, esso consiste in una rete capillare di links capaci di collegare
tendenzialmente ogni nodo a tutti gli altri. Nel caso in cui questo tipo di ipertesto sia
accompagnato da un indice di accesso costituito da una mappa di navigazione si parla
di modello a matrice;
2. il modello semi-gerarchico (o sequenziale), in cui le informazioni sono organizzate in
sequenze cui possibile accedere da un indice dei contenuti; possibile inoltre
passare da un dato allaltro, dentro e fuori una determinata sequenza (lhelp in linea di
Windows un esempio di questo tipo di ipertesto);
3. il modello gerarchico (o ad albero), strutturalmente non dissimile dal precedente,
presenta, a differenza di quello, dati organizzati su pi livelli; il caso in cui la
navigazione ipertestuale assume la classica forma di una esplorazione ad albero.
29 Cfr. B.M.Varisco, Alle radici dellipertestualit, in A.Calvani, B.M.Varisco, a cura di, Costruire e decostruire
significati. Ipertesti, micromondi e orizzonti formativi, Cleup, Padova 1995, p.45 ss.
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3.2 Multimedialit e ipermedia
Abbiamo definito lipertesto un prodotto nel quale la rigorosa sequenza lineare della
trasmissione dei contenuti sostituita dalla molteplicit dei legami possibili tra i vari
elementi rappresentati in forma di mappa concettuale.
Si definisce come multimedia un prodotto nel quale accanto al testo verbale (scritto o
orale) compaiono altri tipi di testi non verbali normalmente utilizzati in ambiti diversi e
trasmessi tramite altri canali (media).
Un prodotto che rispetta sia le caratteristiche dellipertestualit che della multimedialit pu
essere definito come un ipermedia.
Un ipertesto diventa quindi un ipermedia quando i nodi che lo costituiscono hanno una
natura informativa diversificata. Dal momento che ogni medium rappresenta una parte
della realt, e in ogni caso da un solo punto di vista, risulta chiaro che pi sono i media
coinvolti nellatto informativo, maggiore sar la possibilit di riuscire a rappresentare la
realt in tutta la sua complessit. Con un ipermedia possibile leggere un testo e allo
stesso tempo ascoltare della musica legata ad esso, guardare delle foto che ne
evidenziano meglio il significato, ascoltare un brano leggendone la partitura, ammirare un
quadro anche nei suoi dettagli, magari se utile vedere anche un filmato, e alla fine la
conoscenza sar sicuramente pi completa che non dopo aver letto solo il testo.
3.3 Tipologie di prodotti ipermediali
Tentiamo qui una classificazione delle varie tipologie di prodotti ipermediali utilizzabili
cercando di valutare linfluenza che la scelta di una tipologia piuttosto che unaltra pu
avere sul ruolo assunto dal docente, sul modello didattico che si realizza in classe e sulle
abilit che si sviluppano negli apprendenti.
Esistono sostanzialmente tre possibili tipologie di ipermedia da utilizzare in classe:
prodotto commerciale gi pronto per luso;
prodotto realizzato dallinsegnante per i propri studenti;
prodotto realizzato dagli studenti sotto la supervisione dellinsegnante.
La differenza principale tra il primo e il secondo tipo consiste nel fatto che il prodotto
commerciale gi pronto non richiede allinsegnante particolari competenze tecniche, ma
allo stesso tempo presenta lo svantaggio di rivolgersi ad una utenza standard
predeterminata. Il prodotto realizzato dallinsegnante per i propri studenti al contrario
richiede al docente la capacit tecnica per la sua realizzazione pratica, ma presenta il
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vantaggio di essere costruito appositamente per un determinato target che linsegnante
conosce molto bene.
In tutte e tre le tipologie in oggetto linsegnante perde il ruolo centrale di istruttore tipico
del modello didattico instructor-centered della lezione frontale. Nella prima e nella
seconda tipologia linsegnante assume il ruolo di facilitatore dellapprendimento (in linea
con un modello didattico learner-centered), mentre nella terza tipologia il docente diventa
un vero e proprio animatore del lavoro dei discenti. (si pu definire modello didattico
learning-team-centered30)
Le prime due tipologie pongono il docente su un piano di intervento prevalentemente
organizzativo in una lezione di tipo interattivo. Il peso dellinsegnante nel processo di
insegnamento-apprendimento medio, cos come lo il grado di collaborazione tra gli
studenti che compongono la classe. La terza tipologia si basa sulla produttivit in ambito
costruttivista perch prevede per linsegnante il ruolo di animatore fra i diversi gruppi di
lavoro su un piano di intervento prevalentemente sociale in una lezione basata
sullapprendimento cooperativo. Il peso dellinsegnante nel processo molto basso mentre
molto alto il grado di collaborazione tra gli studenti che costituiscono la classe. Gli
apprendenti sviluppano conoscenze, competenze e capacit per via di un intervento
didattico che si sviluppa sostanzialmente sul piano formativo riducendo al minimo laspetto
informativo.
La scelta di un tipo di prodotto ipermediale piuttosto che un altro assume unimportanza
strategica nella definizione del tipo di processo di insegnamento-apprendimento che si
vuole instaurare con i propri alunni dimostrando ancora una volta che un ipermedia non
un puro e semplice sussidio didattico ma un orientamento verso modelli didattici che
spostano lago della bilancia dallinsegnamento verso lapprendimento ponendo lo
studente in un ruolo centrale e attivo, dove deve prendere coscienza della propria
responsabilit nella costruzione del proprio sapere.
30 Nigliazzo, R. , Op. cit. p. 70.
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4 La multimedialit nella didattica
I chiarimenti tecnici del precedente capitolo ci permettono di fare alcune considerazioni
molto importanti:
o il nostro rapporto con il reale ipermediale
o lipermedialit favorisce linterdisciplinariet
La prima frase sottolinea che noi apprendiamo la realt intorno a noi grazie ai nostri sensi
che mandano simultaneamente al nostro cervello informazioni di natura diversa andando
al di l della logica della sequenzialit e utilizzando diversi mezzi di comunicazione.
La seconda affermazione una conseguenza dellapplicazione in campo didattico della
frase precedente. Se il nostro rapporto con la realt ipermediale, lo sar anche il nostro
rapporto con la conoscenza. La multimedialit pu quindi aiutare lacquisizione della
consapevolezza che il sapere non pu essere frammentato in diverse discipline
rigidamente separate le une dalle altre, ma che tutto collegato. Riuscire ad operare
associazioni tra le diverse discipline o i diversi punti di vista significa non limitarsi ad
accettare una conoscenza settorializzata ma cogliere lunitariet del sapere.
Un approccio ipermediale alla gestione del sapere pone lo studente nelle condizioni di
poter assumere un ruolo attivo nella costruzione della sua conoscenza, di poter scegliere il
proprio percorso di apprendimento navigando fra i concetti rappresentati sotto forma di
mappa concettuale.
Lapprendimento come detto trova in un ambiente multimediale il suo sviluppo pi naturale
e questo significa anche che linsegnamento pu trovare attraverso lipermedialit forme
espressive valide ed efficaci. Le specifiche tecniche implementate non sono un fattore
determinante; invece determinante che lipermedialit venga assunta come una
concezione della didattica, come un vero e proprio approccio metodologico.
4.1 Vantaggi e rischi delluso delle NT nella didattica
I numerosi aspetti positivi delluso della multimedialit e delle nuove tecnologie pi volti
ribaditi nella trattazione precedente, dove esso stato presentato come sviluppo naturale
della didattica, non vogliono certo creare lillusione che il loro impiego sia di per s
garanzia di efficacia dellintervento didattico. Ci si propone ora di analizzare pi
approfonditamente vantaggi e rischi dellipermedialit come metodologa didattica.
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Da un punto di vista sia scientifico che formativo, la scelte di usare un ipermedia per
gestire la complessit del sapere pu presentare i seguenti punti di forza:
permettere di essere facilmente aggiornato e sviluppato. Se infatti la modifica anche
solo di qualche pagina di un testo pubblicato richiede la ristampa dellintero libro, con un
ipermedia sufficiente pubblicare tramite CD-ROM o rendere scaricabile da Internet il
nodo aggiornato o aggiunto predisposto con i collegamenti agli altri nodi dellipertesto
precedentemente prodotto, abbattendo notevolmente costi e tempi necessari per
laggiornamento;
favorisce a ciascuno la costruzione del proprio sapere perch da la possibilit allo
studente di creare un proprio percorso;
utilizza elementi multimediali, il che significa offrire stimoli tramite pi canali e
raggiungere una conoscenza pi completa;
permette allutente un accesso diretto al sapere, non mediato dallinsegnante;
favorisce linterazione tra lutente e la realt in esame;
favorisce unanalisi della realt da diversi punti di vista, dando la possibilit di
esaminarla sotto tutti i suoi aspetti e in tutte le sue sfaccettature;
permette una notevole immediatezza dal punto di vista comunicativo;
permette allutente il ritorno ad argomenti gi noti per ulteriori approfondimenti