voltana on line n.19-2012

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19 2012 Voltana On Line www.voltanaonline.it sono costantemente gestiti da ogni famiglia. Occorre un minimo su cui costruire. Di solito dal lavoro deri- va un reddito; una parte viene ri- sparmiato e, non appena possibile, concretizzato nell’acquisto di un immobile, ad esempio la casa di abitazione. È una spirale virtuosa. Il patrimonio, poi, genera facilmente una rendita … Quando il reddito non è sufficien- te (es. riduzione o perdita del lavo- ro) si ricorre ai risparmi, all’indebitamento e alle dismissioni patrimoniali. La messa in vendita della propria abitazione è, ad e- sempio, l’ultima soluzione. Anche uno Stato può decidere di mettere in vendita la ricchezza di tutti i cittadini, ossia i beni pubblici. Come per un’abitazione, occorre non essere in una situazione dispe- rata, ma poter aver un po’ di tempo per valutare le varie offerte. Perché ci troviamo nella situazio- ne di dover vendere, a pochi privati facoltosi, i beni pubblici, ossia di tutti? Com’è possibile che, ora, ac- canto alle difficoltà dei molti ci sia- no tali e tante disponibilità da parte di pochi? Com’è possibile che, ora, accanto a chi ha risorse fino alla ter- za settimana ci sia chi non sa come investire la ricchezza, magari accu- mulata in brevissimo tempo? Qual- che cosa non opera come dovreb- be, oppure agisce benissimo nell’interesse di pochi e a danno dei molti! Una raccomandazione: come per la vendita della propria abita- zione sarebbe opportuno non esse- re assillati dall’urgenza, anche per i beni dello Stato facciamo molta at- tenzione, verifichiamo che non ci siano alternative e che non si tra- sformino in regalie ai soliti amici! Ultimamente i Nobel per l’economia sono stati assegnati a studiosi propugnatori del liberismo economico. Ed è un dato di fatto che, per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, il be- nessere, negli ultimi anni, è andato diminuendo. Dunque, c’è di che pensare, e pensar male! Perché se il pensiero liberista è premiato, ma i risultati del “libero mercato” non sono positivi, evidentemente l’assegnazione del Nobel pare una ricompensa agli orientamenti politi- ci anziché ai meriti scientifici. La macroeconomia ha regole di- verse dalla microeconomia. Quello che vale per l’economia globale non può essere trasferito tout court all’economia domestica. Ma non è detto che, con un poco di buon sen- so, sia possibile il contrario. Il patrimonio, il reddito e i lavoro L’economia dei professori e l’economia domestica di Mario Paganini Immagine trovata su Internet e segnalata da Monica Dopo tanto clamore, la “montagna ideologica” ha partorito un “topolino di fatto”. A chi serve que- sta battaglia? Soprattutto, in un mo- mento di così grave crisi economi- ca? Il Paese “brucia”. Ben altre sa- rebbero le vere emergenze. L’Italia ha bisogno di pacificazione tra le forze politiche. Non di inutili “guerre di religione”. I registri co- munali non sono una priorità, se non per qualcuno. Non certo per le fami- glie. O per la stragrande maggio- ranza della popolazione, alle prese Emendamenti notturni per false “battaglie di civiltà” l’editoriale del n. 35 di Famiglia Cristiana E così il Comune di Milano ce l’ha fatta. Ma non passerà alla storia per questo. L’ha spuntata sul registro delle unioni civili. Dopo un vivace dibattito fin quasi all’alba. Non c’è, però, record da primato. Ottanta Comuni in Italia l’avevano già, an- che se pochi si sono registrati. Qualche mese fa, si è allineata an- che la Napoli di De Magistris. Senza grandi discussioni. Ma con una spe- cie di “simil-rito” di inizio conviven- za che, per fortuna, Milano s’è ben guardata dal replicare. con la fatica del vivere quotidiano. Ancora una volta, la vecchia politica vuole tingersi di nuovo. Ma segna l’abissale distanza che la separa dai problemi reali del Paese. Cede alle pressioni media- tiche. E privilegia minoranze molto aggressive. Nel nome del progres- sismo e della modernità. Per rispet- tare impegni presi in campagna elettorale. O per adeguarsi ai Paesi dell’Unione europea. Ragioni risibi- li. Per lo meno, parzialissime. Visto il disimpegno su altri temi fonda- mentali. Dal risanamento economi- co alle serie politiche familiari, mai attuate. Si discuterà molto, nei prossimi mesi, di tutela giuridica delle unio- ni di fatto, eterosessuali od omoses- suali. Dei loro diritti e, forse, anche dei loro doveri (sempre evane- scenti!). È lecito chiedersi se ci sarà la stessa premura, a livello locale e nazionale, verso i biso- gni delle famiglie reali, soprat- tutto con figli. Quelle, cioè, che assumono impegni ( Segue a pag. 2 )

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Page 1: Voltana On Line n.19-2012

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2012 Voltana On Line www.voltanaonline.it

sono costantemente gestiti da ogni

famiglia. Occorre un minimo su cui

costruire. Di solito dal lavoro deri-

va un reddito; una parte viene ri-

sparmiato e, non appena possibile,

concretizzato nell’acquisto di un

immobile, ad esempio la casa di

abitazione. È una spirale virtuosa. Il

patrimonio, poi, genera facilmente

una rendita …

Quando il reddito non è sufficien-

te (es. riduzione o perdita del lavo-

ro) si ricorre ai risparmi,

all’indebitamento e alle dismissioni

patrimoniali. La messa in vendita

della propria abitazione è, ad e-

sempio, l’ultima soluzione.

Anche uno Stato può decidere di

mettere in vendita la ricchezza di

tutti i cittadini, ossia i beni pubblici.

Come per un’abitazione, occorre

non essere in una situazione dispe-

rata, ma poter aver un po’ di tempo

per valutare le varie offerte.

Perché ci troviamo nella situazio-

ne di dover vendere, a pochi privati

facoltosi, i beni pubblici, ossia di

tutti? Com’è possibile che, ora, ac-

canto alle difficoltà dei molti ci sia-

no tali e tante disponibilità da parte

di pochi? Com’è possibile che, ora,

accanto a chi ha risorse fino alla ter-

za settimana ci sia chi non sa come

investire la ricchezza, magari accu-

mulata in brevissimo tempo? Qual-

che cosa non opera come dovreb-

be, oppure agisce benissimo

nell’interesse di pochi e a danno dei

molti! Una raccomandazione: come

per la vendita della propria abita-

zione sarebbe opportuno non esse-

re assillati dall’urgenza, anche per i

beni dello Stato facciamo molta at-

tenzione, verifichiamo che non ci

siano alternative e che non si tra-

sformino in regalie ai soliti amici!

Ult imamente i Nobel per

l’economia sono stati assegnati a

studiosi propugnatori del liberismo

economico. Ed è un dato di fatto

che, per la stragrande maggioranza

della popolazione mondiale, il be-

nessere, negli ultimi anni, è andato

diminuendo. Dunque, c’è di che

pensare, e pensar male! Perché se il

pensiero liberista è premiato, ma i

risultati del “libero mercato” non

sono positivi, evidentemente

l’assegnazione del Nobel pare una

ricompensa agli orientamenti politi-

ci anziché ai meriti scientifici.

La macroeconomia ha regole di-

verse dalla microeconomia. Quello

che vale per l’economia globale

non può essere trasferito tout court

all’economia domestica. Ma non è

detto che, con un poco di buon sen-

so, sia possibile il contrario.

Il patrimonio, il reddito e i lavoro

L’economia dei professori e l’economia domestica di Mario Paganini

Immagine trovata su

Internet e segnalata da

Monica

Dopo tanto clamore, la “montagna

ideologica” ha partorito un

“topolino di fatto”. A chi serve que-

sta battaglia? Soprattutto, in un mo-

mento di così grave crisi economi-

ca? Il Paese “brucia”. Ben altre sa-

rebbero le vere emergenze. L’Italia

ha bisogno di pacificazione tra le

forze politiche. Non di inutili

“guerre di religione”. I registri co-

munali non sono una priorità, se non

per qualcuno. Non certo per le fami-

glie. O per la stragrande maggio-

ranza della popolazione, alle prese

Emendamenti notturni per false “battaglie di civiltà” l’editoriale del n. 35 di Famiglia Cristiana

E così il Comune di Milano ce l’ha

fatta. Ma non passerà alla storia per

questo. L’ha spuntata sul registro

delle unioni civili. Dopo un vivace

dibattito fin quasi all’alba. Non c’è,

però, record da primato. Ottanta

Comuni in Italia l’avevano già, an-

che se pochi si sono registrati.

Qualche mese fa, si è allineata an-

che la Napoli di De Magistris. Senza

grandi discussioni. Ma con una spe-

cie di “simil-rito” di inizio conviven-

za che, per fortuna, Milano s’è ben

guardata dal replicare.

con la fatica del vivere quotidiano.

Ancora una volta, la vecchia

politica vuole tingersi di nuovo.

Ma segna l’abissale distanza che

la separa dai problemi reali del

Paese. Cede alle pressioni media-tiche. E privilegia minoranze molto

aggressive. Nel nome del progres-

sismo e della modernità. Per rispet-

tare impegni presi in campagna

elettorale. O per adeguarsi ai Paesi

dell’Unione europea. Ragioni risibi-

li. Per lo meno, parzialissime. Visto

il disimpegno su altri temi fonda-

mentali. Dal risanamento economi-

co alle serie politiche familiari, mai

attuate.

Si discuterà molto, nei prossimi

mesi, di tutela giuridica delle unio-

ni di fatto, eterosessuali od omoses-

suali. Dei loro diritti e, forse, anche

dei loro doveri (sempre evane-

scenti!). È lecito chiedersi se ci

sarà la stessa premura, a livello

locale e nazionale, verso i biso-

gni delle famiglie reali, soprat-

tutto con figli. Quelle, cioè, che

assumono impegni ( Segue a pag. 2 )

Page 2: Voltana On Line n.19-2012

Pagina 2 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012

La citazione è "Cos'è rapinare

una banca al paragone di fondar-

ne una?" Ed è di Bertolt Brecht, drammaturgo (quello dell'Opera da

tre soldi).

Domanda: e che cosa ne sarebbe

di tante aziende, senza le banche

locali?!

Frasi fatte e tanto di moda...

“Se esprimi un desiderio è per-

ché vedi cadere una stella, se vedi

cadere una stella è perché guardi il

cielo e se guardi il cielo è perché

credi ancora in qualche cosa ...”

Bob Marley

Citazione segnalata da

Serena

Segnalata su Facebook.

2012. Ferie e simpatia. Con Giacomo e Carla

Emendamenti notturni per false “battaglie di civiltà”

Altro che famiglie da Mulino Bian-

co! In Italia cresce la loro povertà.

E il fisco gli si accanisce contro, in

modo iniquo. Il sindaco di Milano

Pisapia e l’assessore Maiorino attui-

no, con lo stesso impegno e rapidi-

tà (fissando una data certa), misure

fiscali e tariffarie a favore delle fa-

miglie con figli. Basta ideologie e

“crociate laiche”. La politica segua

il Paese reale. Ripartire dalla fami-

glia si può. Anzi, si deve. Senza fal-

se “battaglie di civiltà”, che pre-

miano solo minoranze rumorose.

L’editoriale del n.32 - 5 agosto 2012 di

Famiglia Cristiana

concreti davanti alla

società e allo Stato.

Oltre dieci milioni di coppie co-

niugate con figli, in Italia, lottano

ogni giorno contro la crisi. Sembra

non interessi a nessuno. Quasi due

milioni di famiglie separate, per lo

più con figli minori, non hanno avu-

to alcun sostegno nei momenti di

crisi. Cioè, prima della separazio-

ne. Così come, dopo, nessun aiuto

è stato dato a padri, ma anche ma-

dri, che vivono lontano dai propri

figli. Per non dire delle tante situa-

zioni familiari, di cui i servizi non si

prendono minima cura.

( Segue da pag. 1 )

Il mausoleo che il comune di Affile

(Roma) ha dedicato a Rodolfo Gra-

ziani scandalizza sia il Daily Tele-

graph sia la Bbc. Entrambi hanno

dedicato ampio spazio alla vicenda.

Entrambe le testate hanno racconta-

to la biografia di Graziani, ricordan-

done il soprannome di "Macellaio di

Fezzan" per i massacri compiuti in

Libia nel 1928. Citano il fatto che

ordinò ai soldati italiani in Etiopia di

usare i gas (nonostante fossero stati

messi al bando), la sua partecipazio-

ne alla Repubblica di Salò, la sua

organizzazione di rappresaglie anti

partigiani e la successiva condanna

a 19 anni (non scontati) per crimini

di guerra.

Molti nostri vecchi ben ricorda-

no, durante la Repubblica di Salò, il

“bando Graziani”, nel quale si ordi-

nava il carcere, per i familiari dei

renitenti alla leva, e la fucilazione di

questi ultimi, una volta catturati.

No, non sono tutti uguali !

Immagine trovata su Internet e

segnalata da Milena

Immagine trovata su Internet

e segnalata da Paolo

Page 3: Voltana On Line n.19-2012

Pagina 3 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012

© Paolo Gagliardi - da "E' VIAZ DL'ANMA" (Faenza, Tempo al Libro, 2011)

Dopo tanti anni

passati a sprecare il tempo

mi piacerebbe vedere una luce.

Adesso lascio scorrere la vita

un solo giorno per volta.

LA LUCE

Dop a tènt èn

pasé a strusiér e’ teimp

areb achéra d’avdér una luṣ.

Adës a lës andé la vita

sól un dè a la vólta.

LA LUS

© Paolo Gagliardi - Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n.633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Vietata qualsiasi riproduzione,

totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell'Autore.

L’accueil rechercher e le voci mute in un lavoro di Paolo Gagliardi

La Storia è la storia dei vincitori.

Perché chi “vince” può far scrivere

la Storia. Giulio Cesare, non fidan-

dosi, pensò bene di scriverla lui

stesso, ma in terza persona, così era

oggettiva! Da allora di tempo ne è

trascorso moltissimo, ma le cose

sono cambiate assai poco.

E “i vinti”? Ma chi sono realmente

“i vinti”? Lo sono, di certo, “gli

sconfitti”, ma lo sono anche “gli ul-

timi”, ossia tutti coloro che hanno

dovuto combattere delle battaglie.

Tutti coloro che non hanno mai po-

tuto “decidere” e “dirigere”. Sono

la fanteria dei campi di battaglia e la fanteria della vita ordinaria. Sono

i normali, gli ordinari, i qualunque.

Insomma: la stragrande maggioran-

za dell’umanità. Ed a costoro non è

consentito di scrivere la Storia? No,

od almeno, non quella dei libri,

quella che è obbligatorio studiare

ed imparare a scuola.

Ma sopravvive una storia minore.

È la storia della gente e della vita

comune. È la storia dei popoli, del

loro emanciparsi o del loro regredi-

re. È la storia che vede liberi citta-dini o tristi servi. Orgogliose perso-

nalità che stanno erette o zombie

che si trascinano traballanti e pie-

gati.

È la storia tramandata da una cul-

tura parallela, spesso sotterranea o

clandestina. È la storia anche dei

semianalfabeti che, con una frase

od un motto, hanno tentato di tra-

smettere il senso di una vita, di dar-

le significato o di tramandarne gli insegnamenti. Con quello che pote-

vano, con poche, sudate e sofferte

parole, alcuni di costoro si facevano

c a r i c o d i u n a m i s s i o n e ,

nell’interesse di un prossimo tante

volte sconosciuto. Sempre uno solo

lo scopo: dare una testimonianza o

condividere un’esperienza. Sono

come tanti messaggi affidati alla corrente della storia dei popoli e

allo scorrere del tempo. Paolo Ga-

gliardi ha cercato tracce di questi

messaggi, di questa storia minore;

di una vita dura, ma vissuta giorno

dopo giorno in piena coscienza e

consapevolezza della propria impo-

tenza sugli eventi e sulla sorte. Il

lavoro di Paolo è stato paziente, me-

ticoloso, accurato e lungo. Ma quel-lo che più colpisce è “dove” Paolo

abbia trovato queste epigrafi, que-

sti estremi appelli, questa miniera

di conoscenza e di emozioni. Se non

avete indovinato e se la cosa vi in-

curiosisce, continuate a seguirci...

A sinistra, Alex Schwazer con la medaglia

d'oro di Pechino e la divisa da Carabiniere.

Dopo la vicenda doping l'Arma ha preso dei

severi provvedimenti.

A destra, dalla gallery del film “Diaz”. Du-

rante la notte del 21 luglio del 2001, a Geno-

va, la Polizia, in assetto antisommossa e coor-

dinata da un gruppo eterogeneo di personag-

gi, assalta la scuola Diaz. Diventa una macel-

leria messicana. Dopo anni gli autori del pe-

staggio continuano a prestare servizio...

Situazioni tristi, che però sono finite in modo assai diverso...

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mons o non coperto da copyright.

Formigoni e l’alibi per non dimettersi di Roberto Saviano

maniera evidente nella dialettica vio-

lenta, costante e sempre sotto trac-

cia, tra Politica e Giustizia. Su questa

tensione ha giustificato la propria

esistenza politica Silvio Berlusconi,

soggetto plurinquisito, pluri -

sospettato, che ha avuto tutto

l’interesse a sovvertire, con la sua

stessa presenza in politica, il concetto

di persecuzione. Concetto traviato e

strumentalizzato nel corso degli anni,

cui prima o poi dovremmo restituire

dignità. La tensione tra Politica e Giu-

stizia si è sostanziata in venti anni di

reciproca delegittimazione, anni in

cui la Politica che volesse riformare

la Giustizia era vista come golpista,

come se in ballo ci fosse la sopravvi-

venza del principio di separazione

dei poteri. Come se la magistratura

potesse davvero riformarsi da sola,

come se fosse anticostituzionale –

cosa che non è – che la Politica si ar-

rogasse il diritto di mettere mano al

sistema giudiziario. Come se ciascun

potere fosse un’isola nella cornice

statuale. Allo stesso tempo – e qui si

torna al caso Formigoni – la politica

(con la minuscola) non ha esitato a

strumentalizzare ciò che poteva, af-

fermando, ad esempio, che ogni a-

zione giudiziaria non fosse giustifica-

bile se non rivolta verso l’avversario

politico. Quindi perché dimettersi?

Altro caso quello di Filippo Penati,

sul quale, con estrema saldezza, la

sua parte politica (il Pd) ha voluto

stendere un velo di silenzio: il corrot-

to è solo una pulce nella criniera del

bellissimo cavallo.

Eppure manca ancora un tassello

a questo mio discorso, alla quadra-

tura del cerchio. Cosa legit-

tima un politico sotto proces-

so a non dimettersi? Cosa

alimenta l’equivoco secondo

cui la giustizia sarebbe in-

giusta, persecutoria, mai le-

gittima e, finanche, a orolo-

geria? Ecco cosa: la mancan-

za di sentenze definitive in

tempi brevi. Il discorso di

Formigoni e di altri politici

trova una sua legittimazione

in un dato oggettivo inoppu-

gnabile: quando si viene

raggiunti da un avviso di ga-

ranzia non c’è speranza che

nell’arco di sette o dieci anni

si possa giungere a una veri-

tà consacrata da un tribunale. Chiun-

que si trovi a compiere un reato con-

tro la pubblica amministrazione sa

che l’ipotesi più verosimile è la pre-

scrizione e quindi sa che le sue re-

sponsabilità – a parte un po’ di cla-

more mediatico – non verranno mai

affermate. Come è possibile spera-

re, quindi, che un soggetto politico,

sapendo che mai la propria respon-

sabilità penale verrà sancita, si di-

metta e rinunci al potere? E allora,

non dobbiamo chiederci come mai

Formigoni non si dimetta, ma piutto-

sto come sia possibile che la riforma

della giustizia non venga avvertita

nel nostro Paese come un’urgenza,

come una priorità. Senza quella, po-

co o nulla potrà mai cambiare.

L’articolo è di Roberto Saviano

Pubblicato dal settimanale L’Espresso

del 2 agosto 2012

Il caso Formigoni fa riflettere. È

l’ennesima volta che un politico di

rilievo, coinvolto in un’indagine, af-

ferma di non volersi dimettere. Non

mi dimetto – dice – perché altri non

l’hanno fatto prima di me. Avrebbe

potuto argomentare un po’ meglio le

sue ragioni e provare che lui e non

altri aveva sostenuto le spese per cui

è indagato, per fugare il sospetto di

corruzione in cambio di delibere.

Inutili i consueti paragoni con politi-

ci stranieri che per molto meno si

dimettono. In Germania il Presidente

della Repubblica lasciò per aver ot-

tenuto un finanziamento agevolato

da un imprenditore amico. Dimissio-

ni, quindi, a prescindere dalla rile-

vanza penale di un comportamento e

dall’attinenza con l’incarico pubbli-

co, con avvenimenti passati o con la

sfera privata. Perché le dimissioni

non sono una resa del soggetto al

giustizialismo della piazza, ma una

questione di rilievo istituzionale, so-

no necessarie per tutelare la carica.

Qui non c’entrano sete di giustizia e

voglia di punire un reo; il politico

indagato non è ancora un politico

colpevole, ma è un uomo la cui sto-

ria personale non deve in alcun mo-

d o l e d e r e l a l e g i t t i m i t à

dell’Istituzione che rappresenta.

Alla Politica italiana non manca

quella “moralità” che invece la

Politica all’estero possiede: trop-

po facile come alibi. La verità è che

questi comportamenti non sono altro

che il segno tangibile della crisi isti-

tuzionale che ha caratterizzato la

Seconda Repubblica sin dagli inizi,

che si è consumata e manifestata in

info: [email protected]

Un calendario, aggiornato, degli

eventi pubblici a Voltana ?

Lo trovi nel sito facendo click in

AGENDA !

Page 5: Voltana On Line n.19-2012

Pagina 5 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012

Daremo un lavoro ai giovani, facendo lavorare di più i vecchi ? re è nudo!”. La produttività è au-

mentata. L’età per andare in pensio-

ne è stata procrastinata nel tempo.

L’orario settimanale di lavoro, per

gli occupati, è andato via via cre-

scendo. Non solo, ma i “tagli” reali, ai salari e agli stipendi, hanno por-

tato ad una ricerca spasmodica di

prestazioni lavorative aggiuntive

(ossia: lavoro straordinario). Ora

anche i giorni di ferie hanno subito

una sforbiciata … Ma in un simile

contesto, come possono sorgere

nuove opportunità di lavoro per le

giovani generazioni?!

La mitica signora Cesira e la casa-

linga di Voghera non capiscono.

Anzi, diciamola tutta e in modo

chiaro: loro non ci credono!

E hanno ragione, perché neanche

noi ci crediamo! Non solo, ma vor-

remmo sapere perché nessuno ci

mette la faccia, si manifesta e ci

dimostra che, se pochi lavorano

moltissimo è un bene per tutti!

Noi, invece, siamo tra coloro che

sostengono che è molto meglio se il

lavoro viene ripartito tra tutti. Lavo-

riamo meno, ma lavoriamo tutti!

Qui, in Romagna, abbiamo - in

tanti - radici contadine e sappiamo che un paio di buoi non possono far

miracoli con un aratro. E soprattutto

non si può chiedere più lavoro

dando meno nutrimento e riposo!

La concorrenza internazionale lo

esige? Ma un paio di buoi non può

far meglio di un potente trattore!

Investiamo su ciò che contraddi-

stingue un essere umano, ossia:

l’intelligenza. Incentiviamo l’uso

della testa e non scommettiamo

solamente sui lavori muscolari.

Una ricetta nel breve periodo?

In attesa di una politica europea

comune, rispolveriamo qualche

dazio doganale reale o comporta-

mentale. Compriamo made in Italy e consumiamo a chilometri zero o

quasi. Proviamoci!

Mario Paganini

Sia la mitica signora Cesira sia la

casalinga di Voghera - ossia le due

persone (immaginarie) assoluta-

mente normali, che sono state as-

sunte al ruolo di emblema naziona-

le, quali persone di puro buon

senso - non sanno darsi pace per-ché non riescono a capire. E loro,

quando non capiscono lo dicono, chiaro e tondo, ad alta voce. È un

po’ come il bambino della favole

che disse ad alta voce quello che

tutti avevano notato - ma che nessu-

no per opportunismo, vigliaccheri-

a, ecc., osava proferire - e cioè: “il

Con qualche carcere in più... Le risorse per opere inutili si

trovano. Sempre. E allora, perché non si trovano mai le risorse per

costruire delle nuove carceri? Se anziché la TAV o il ponte sullo stret-

to di Messina si edificasse qualche

nuovo edificio penitenziario, che

cosa si otterrebbe? Probabilmente,

con qualche carcere in più, avrem-mo maggiori probabilità che le pe-

ne siano scontate! Questo è già un

ottimo deterrente alla tentazione di

commettere un reato. Ora, invece

“anche se ti beccano, esci libero

subito o quasi!”. Inoltre verrebbero

meno sia le tante speculazioni gior-

nalistiche sia le campagne denigra-

torie contro “il Bel Paese, il malaffa-

re e la galera sovraffollata”. Ma, al-

lora, a chi giova la situazione esi-

stente? Perché uno Stato civile e

moderno, si dimostra così debole

(perfino: latitante) su questioni im-

portanti quali: la certezza del dirit-

to, l’ordine interno, il rispetto della

Legge, la sanzione eseguita? Cam-

biano i Governi, ma non le carceri.

Anzi, alcuni Governi creano regimi

carcerari “duri”, mentre altri Go-

verni fanno ritorno alla fiacca routi-

ne. È vergognoso che, in uno Sta-

to civile, ci sia una sovrabbon-

danza di sensibilità, di attenzio-

ni, di premure nei confronti di

chi ha commesso un crimine,

mentre ci sia l’abbandono, il mi-

sconoscimento, l’irrisione della

vittima o dei superstiti !

Immagine trovata su Internet e segnalata da

Simona

Immagine trovata su Internet e segnalata da

Giuseppe

Page 6: Voltana On Line n.19-2012

Pagina 6 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012

legati alla mancanza di lavoro e alle

nuove povertà, che vediamo altro-

ve. Leggi di spesa estemporanee,

adozione di provvedimenti specia-

li, deroghe, accettazione di situa-

zioni tra le meno giustificabili in

ossequio del quieto vivere, sono la

regola.

Difficile quindi immaginare

una Presa del Quirinale o cose si-mili, come già accadde, invece, per

la Bastiglia o il Palazzo d’Inverno.

Chi ha provato a marciare su Roma,

con il proposito di cambiarla, ha

sempre fallito. Una sorta di mura-

glia di impiegati pubblici e benefi-

ciari in grande e piccolo dello sta-

tus quo protegge i centri di potere.

E chi ha creduto di essere arrivato

a conquistare Roma, per il solo mo-

tivo di averne varcato le mura e

occupato fisicamente i palazzi, si è

ritrovato, poco dopo, conquistato e

mutato a sua volta o paralizzato nel-

la sua azione dalla gelatina della

capitale, che anche sui più convinti

ha lo stesso effetto prodotto

dall’ambra su quegli insetti di ere

geologiche primordiali che trovia-

mo nei musei di Scienze Naturali,

immobili all’interno di una goccia

colatagli, senza accorgersene, ad-

dosso! Il secondo motivo che mi

convince dell’improbabilità di uno

scenario di questo tipo è

l’impossibilità di raccogliere attor-

no al progetto una élite, che sem-

pre ci deve essere per dare corso

ad una Rivoluzione, intesa in senso

classico.

Il controllo a cui siamo tutti sotto-

posti attraverso strumenti di identi-

ficazione continua degli spostamen-

In molti sperano che il punto di

rottura si consumi con una Rivolu-

zione. Catalizzatore potrebbe esse-

re un evento traumatico, come il

gesto di qualcuno dei molti decisi a

tutto, il quale realizzi che con un

suicidio si occupano le pagine

dei giornali, mentre con un omi-

cidio politico quelle dei libri di

storia. Ed è effettivamente possibi-le che la serie di gesti estremi, di

cui si legge in questi mesi, conosca

un crescendo di tale fatta, e magari

una teoria di emuli a seguire.

Tuttavia non sono convinto che in

Italia si arriverà mai ad una Rivolu-

zione. Per due motivi.

Il primo è che non esiste una tra-

dizione in questo senso. Mai nei

secoli in Italia è stata fatta una Rivo-

luzione. Gli ultimi moti di cui si ri-

cordi che hanno invest ito

l’establishment capitolino al punto

da metterne in pregiudicato la con-

tinuità risalgono all’epoca di Mene-

nio Agrippa, 2500 anni fa!

Roma quella volta se la cavò

per un pelo e il popolo fu calmato negli umori, non solo dalle chiac-

chiere del console e dal suo famoso

apologo, ma dall’adozione di una

politica sociale che salvaguarderà

la capitale nei secoli, quella del

panem et circenses. Anche nei mo-

menti più bui, come peraltro sono i

nostri giorni, i palazzi romani sono

protetti da una fascia di pasciuti

notabili e di popolino al quale non

viene fatto mancare di che vivere e

divertirsi. E così perfino la Roma

del 2012, quella degli Alemanno e

dei Patroni Griffi, per capirci, non

conosce i cassintegrati e i drammi

ti, degli acquisti, delle frequenta-

zioni (sino agli accessi alle informa-

zioni) impedisce che si creino

gruppi sovversivi, così come ac-

cadde negli anni ’70 del secolo

scorso o, andando indietro nel tem-

po, negli anni ’20 e ’30 o, prima

ancora, all’epoca del cosiddetto

Risorgimento. Il fatto che una Rivo-

luzione di stampo classico sia im-

probabile non sta però a significare

che in Italia non ci saranno dei cam-

biamenti. L’esperienza del déjà vu

fa immaginare numerose ipotesi di

evoluzione della situazione. Assun-

to che il patto che tiene unito terri-

tori e classi sociali è da riscrivere e

che la nuova stesura non potrà che

avvenire attraverso un percorso

naturale, e non necessariamente

semplice e senza traumi (e non cer-

to per la mano di qualche altro Uo-

mo della Provvidenza partorito dal

sistema stesso), gli scenari ai quali

andremo incontro sono molteplici.

Ed il materializzarsi di uno non e-

sclude l’altro.

[…]

Un quarto scenario comprende

la scomposizione del Paese. La storia racconta di una penisola che

nei millenni è stata un

I quattro scenari a cui l’Italia in crisi va incontro di Antonio Costato

( Segue a pag. 7 )

Che cosa sta scritto... 966. Quali sono i peccati che si dico-

no gridare vendetta nel cospetto di

Dio?

I peccati che diconsi gridar vendet-

ta nel cospetto di Dio sono quattro:

- omicidio volontario;

- peccato impuro contro l’ordine

della natura;

- oppressione dei poveri;

- fraudare la mercede agli operai.

967. Perché si dice che questi pec-

cati gridano vendetta al cospetto di

Dio?

Questi peccati diconsi gridare ven-

detta al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la

loro iniquità è così grave e manife-

sta che provoca Dio a punirli con

più severi castighi.

Fonte : http://it.wikisource.org/wiki/Catechismo_

Maggiore/Catechismo/Parte_quinta/Vizi

San Lorenzo night.

Immagine trovata su

Internet e segnalata

da Fabrizio .

Page 7: Voltana On Line n.19-2012

Pagina 7 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012

I quattro scenari a cui l’Italia in crisi va incontro di Antonio Costato coacervo di popoli

retti in forma autonoma o etero go-

vernati, ma sempre per ambiti ter-

ritoriali distinti (pensiamo a quanto

successo prima e dopo la caduta di

Roma, alla lunga stagione del me-

dioevo, al Rinascimento o al siste-

ma di Signorie e Regni sino

all’Unità). Le diversità culturali che

ancora il paese mantiene, la diffe-

rente scala di valutazione delle

priorità e necessità che si coltivano

dalle Alpi alla Sicilia, gli orgogli e

le rivendicazioni mai sopite e il cli-

ma di reciproche accuse, che sem-

pre si crea nei momenti in cui non

ce n’è abbastanza per tutti, potreb-

bero aprire uno scenario che non

chiamerei Jugoslavo, e neppure

Cecoslovacco, ma piuttosto Cavou-

riano. Cavour, come peraltro Catta-

neo, riconosciuta l’opportunità di

creare un ambito il più vasto possi-

bile, considerava come confacente

alla situazione della penisola una

organizzazione statuale di tipo Con-

federale.

All’epoca si ragionava di tre stati, Nord, Stato Pontificio e Mezzogior-

no. Con una (debole) rappresentan-

za nazionale affidata, per compren-

sibili ragioni, al Capo dello Stato

[…]. Oggi potremmo immaginare

un certo numero di macro regioni,

con in comune la politica estera, la

difesa e poco altro, ma con conti

separati e forse anche divisa di rife-

rimento. Difficile immaginare infatti

un Nord Est che si allontani

dall’euro e dall’Europa per condivi-

dere le sorti del Sud. E altrettanto

difficile è immaginare il Mezzogior-

no che si adatti al rigore teutonico,

inutile per gli obiettivi di benessere

L’AMACA di Michele Serra

che i suoi cittadini inseguono e che,

tutto sommato, hanno da sempre

avuto alla portata senza sottostare a

modelli comportamentali imposti

dal Nord e che non solo non hanno

funzionato, ma hanno distrutto quel

tanto di buono che, nei secoli, si era

costruito se è vero (e lo è) che

l’uomo si è inurbato e ha prosperato

prima e molto più a lungo a Siracusa

che nel Magdeburgo.

Dal libro di Antonio Costato

ROUND TRIP - Cronache di un lustro speso a

capire perché a 146 anni dall’annessione per

i veneti Roma è ancora una capitale straniera.

Leggi tutto nel sito www.antoniocostato.it

Fuori i soldi ! di Beppe Grillo late con altri trattamenti pensionisti-

ci, a 10.000. Mario Monti si è ben

guardato da fare un decreto legge.

Il Parlamento è come Fort Knox. Gli

ex parlamentari percepiscono 2.330

pensioni, pari a 219 milioni di euro

all'anno, di cui solo 15 milioni versa-

ti da loro. Gli altri 204 li pagano gli

italiani con le tasse più alte del mon-

do. Conoscere i dettagli dei pensio-

nati d'oro fa venire la bava alla boc-

ca. Giuliano Amato prende 31.000

euro lordi AL MESE, 9.000 di vitali-

zio da ex parlamentare, 22.000

dall'INPDAP da ex professore uni-

versitario. Come potrebbero vivere

senza un vitalizio gli ex parlamenta-

ri? Che mestiere potrebbero fare un

D'Alema o un Gasparri dopo decen-

ni di onorato servizio? Il vitalizio è

una necessità per non lavorare, a

destra come a sinistra. Oliviero Dili-

berto ha diritto a 7.959 euro dall'età

di 51 anni, Franco Giordano a 6.203

euro dall'età di 50 anni, Water Vel-

troni 9.000 euro da quando aveva 49

anni, che incassò prima di ritornare

a prendere lo stipendio da deputa-

to. Come vi sentite adesso? Siete

ancora in grado di pagare la cartella

di Equitalia con il sorriso sulle lab-

bra e di andare in pensione a 67

anni, se ci arriverete vivi? I vitalizi

vanno aboliti e quelli in vigore ab-

bassati a 3.000 euro lordi.

dal sito www.beppegrillo.it

Quando si afferma che in Italia

non ci sono soldi, che non si posso-

no fare tagli, si afferma una colossa-

le balla. Semplicemente, il Sistema

non può segare il ramo dove è se-

duto, un ramo di privilegi, di conni-

venze, di "roba" dello Stato affidata

agli amici, di opere inutili come la

Tav … , di sperperi colossali senza

ritorno occupazionale. Mario Monti

è ridotto alla parte del mendicante,

del viandante europeo con il piatti-

no in mano per chiedere agli Stati

europei di comprare i nostri titoli

per non fallire. Un giorno a Berlino,

il giorno seguente a Helsinki e il

successivo a Parigi. I premier euro-

pei lo scansano come un questuan-

te. Ma i soldi ci sono, bisogna solo

andarli a prendere.

Iniziamo ... con i risparmi dalle

pensioni d'oro che gridano vendet-

ta al cospetto di Dio, degli impren-

ditori suicidi, degli operai in mezzo

a una strada, delle devastazione del

tessuto produttivo delle PMI, degli

esodati presi per i fondelli. Le pen-

sioni d'oro sono 100.000 con un co-

sto annuo di 13 miliardi, se venisse-

ro abbassate a 5.000 euro netti al

mese, il risparmio ANNUALE sareb-

be superiore ai 7 miliardi di euro.

In luglio i parlamentari hanno boc-

ciato un emendamento per portare

le pensioni d'oro a un minimo di

6.000 euro netti al mese e, se cumu-

Parafrasando un vecchio e beffar-

do slogan del femminismo: il cen-

trosinistra senza Di Pietro è come

un pesce senza la bicicletta. Non

c’è neanche bisogno di rivangare la

sciagurata elezione in Parlamento di

Scilipoti, De Gregorio e Razzi, tutti in

quota all’Idv prima di animare, cia-

scuno a modo suo, sgangherate av-

venture di sottopotere. Anche se la

sua conduzione del partito fosse sta-

ta impeccabile, Tonino Di Pietro ri-

marrebbe un populista di destra, e

se il suo distacco dal centrosinistra

diventasse definitivo ci troveremmo

semplicemente di fronte alla fine di

un lungo equivoco. Meno semplice è

capire che fine faranno i suoi non

pochi elettori, molti dei quali pro-

fondamente convinti di essere di

sinistra, anzi: molto più di sinistra di

Bersani e di Vendola. Difficile che si

accontentino della sinistra così

com’è, piena di limiti e incertezze e

soprattutto storicamente legata a un

lealismo repubblicano che diffida

molto dei facili bollori anti-sistema.

Seguiranno Tonino nei territori in-

certi di un’opposizione “né di destra

né di sinistra”, già ben presidiato

dalle Cinque Stelle? Preferiranno,

già che ci sono, Grillo? Si asterran-

no? Cercheranno nella destra radi-

cale nuovi appigli contro le detestata

Casta? Non è facile, per i duri e puri,

trovare un partito alla loro altezza.

L’articolo è di Michele Serra

È stato pubblicato il 3 agosto 2012

sul quotidiano la Repubblica

( Segue da pag. 6 )

Page 8: Voltana On Line n.19-2012

Pagina 8 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012

La “sindrome Schettino” che pesa su Eurolandia di Piero Ignazi

utilizzando tutto il suo armamenta-

rio retorico pur di impedire che

l’Eurozona si risollevi e riaffermi il

suo modello socio-economico, inti-

mamente “socialista” agli occhi dei

neocons. La ragione di tanto furore

conduce, anche qui, al fronte inter-

no: il vero obiettivo da colpire è il

presidente Obama che, con le sue riforme, si ispira all’Europa welfari-

sta e spendacciona. Per questo le

teste d’uovo d’oltre Atlantico vanno

all’attacco. Con pessime figure,

peraltro. In una recentissima inter-

vista Arthur Brooks, direttore del

think tank conservatore American

Enterprise Institute e influente intel-

lettuale del partito repubblicano,

arriva a raccontare che i Paesi con

il welfare più sviluppato sono “i più

insoddisfatti e i meno prolifici”;

peccato che i Paesi scandinavi, culla della socialdemocrazia, siano

in vetta al tasso di natalità e di sod-

disfazione per il funzionamento del

loro sistema. (Dati Eurostat ed Eu-

robarometro)

Ora, allo stato attuale, né François

Hollande, per formazione e perso-

nalità, né Angela Merkel, condizio-

nata dal fronte interno, malgrado

tutti i passi e gli sforzi compiuti,

sembrano in grado di mettersi sulle

spalle il continente e guidarlo fuori

dalla crisi grazie al loro carisma.

(Altra storia se fosse arrivato

all’Eliseo l’ex presidente dell’Fmi

Dominique Strauss–Kahn, l’unico capace di dettare una linea dall’alto

delle sue virtù politiche ed intellet-

tuali: ma i vizi privati, altrove, si

La leadership si manifesta con la

capacità di prendere decisioni nei

momenti di crisi. Quando vi è un

diffuso stato di incertezza e di ansia

cresce l’aspettativa di una voce de-

cisa e di una indicazione sicura.

L’Europa vive frastornata dalla ca-

cofonia assordante sui rimedi da

adottare di fronte alla crisi, ed è

alla ricerca di “qualcuno” che indi-

chi una via d’uscita e se ne faccia

pienamente carico. Laddove

“nessuno è in comando”, come amano dire gli americani, o, come

diremmo noi mediterranei,

“nessuno è al timone”, si rischia il panico. È questa la sensazione pro-

dotta dal balletto delle dichiarazio-

ni di chi detiene funzioni direttive

nei governi e nelle istituzioni euro-

pee e internazionali. È come fossi-

mo preda di una sorta di

“sindrome Schettino”: la barca di Eurolandia va alla deriva e rischia

di affondare perché manca un co-

mandante all’altezza della situazio-

ne.

All’inizio della crisi, nell’autunno

del 2008, ci fu un momento in cui

Gordon Brown, il Cancelliere dello Scacchiere britannico, forte della

sua esperienza e dei suoi successi

nella gestione dell’economia, sem-

brò in grado di indirizzare le scelte

della comunità politica ed economi-

ca internazionale. Fu una illusione

di breve periodo e quel momento

di gloria servì più che altro a scopi

interni, a rintuzzare l’offensiva di un

“novizio” come David Cameron: “it

is no time for a novice” sentenziò in

quei giorni Gordon Brown. Da allo-

ra nessuno, nemmeno Barack O-

bama, è riuscito a indicare una

strada. Di meeting in meeting la

politica ha mostrato la propria

i m p o t e n z a d i f r o n t e

all’economia. O, in termini più

maliziosi, alcuni politici hanno la-

stricato la strada al dominio degli

attori economici. La destra ameri-

cana si è schierata in prima fila a difesa della sacralità del mercato

"Lo Stato totalitario fa di tutto per

controllare i pensieri e le emozioni

dei propri sudditi in modo persino

più completo di come ne controlla

le azioni".

George Orwell

Immagine trovata su Internet

e segnalata da Alberto

pagano … ). In questa situazione di

paralisi e di veti incrociati si è final-

mente distinta una voce chiara e

netta, quella del presidente della

Bce, Mario Draghi. In poche, taci-

tiane, parole egli ha espresso il suo

fermo convincimento a salvare

l’Eurozona. Quando, alla fine di un

discorso imperniato sulla volontà di

mettere in campo tutti gli strumenti

e tutte le risorse necessari per con-

trastare la recessione ha aggiunto

“e, credetemi, sarà sufficiente”,

ha segnato un punto di non ritorno.

Con quelle parole, offrendosi come

il prestatore di fiducia di ultima i-

stanza degli europei, Draghi si è

caricato sulle proprie spalle una

responsabilità enorme. Mentre i

politici nazionali latitavano, il presi-

dente della Bce ha raccolto la do-

manda di governo che veniva dalle

opinioni pubbliche. Ha sopperito

alla carenza di “decisione politi-

ca” degli attori politici nazionali, di coloro che sarebbero maggiormen-

te intitolati ad intervenire. Ed ha

obbligato tutti gli altri a misurarsi

con le sue intenzioni. In una paro-

la, ha esercitato una funzione di

leadership. Ora il gioco tornerà nelle mani dei governi ma “il movi-

mento” è stato creato. L’impasse in

cui l’Europa si era impantanata per

anni sembra aver trovato un filo, e

un tessitore, a cui affidarsi. Ancora

una volta, sono i tecnici ad essere,

e a fare, i politici. Del resto, la

leadership non si misura con i voti.

L’articolo è di Piero Ignazi pubblicato dal

quotidiano la Repubblica del 2 ago 2012

Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione di sapere.