voltana on line n.8-2012
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Voltana On Line 8
2012
Rimarrai nel ricordo di quanti ti vollero bene In questo giorno, a nome del Cir-
colo di Voltana del Partito Democra-
tico, porgo un saluto alla compagna
di una vita. Di quel gruppo di giova-
ni che quarant’anni fa decise di far
qualcosa per il proprio paese e che
non ha mai smesso.
In questi anni, il ruolo di Nara, se-
gretaria del partito, consigliera co-
munale, vice presidente della con-
sulta, ma soprattutto volontaria infati-
cabile, dinamica, preparata, attenta,
disponibile nel suo impegno politico
e civile dimostrando equilibrio, de-
terminazione, saggezza e altruismo.
Quel tipo di persona, di donna che
resterà patrimonio di una comunità.
Nara,
Voltana intera ti è riconoscente, tu
sempre disponibile per gli antri,
sempre in prima fila. Esempio per
tutti noi, ci hai insegnato a non ar-
rendersi mai...
Il tuo esempio di vita non sarà
stato vano, ciò che hai seminato
produrrà i frutti che hai sempre
desiderato: solidarietà e amicizia.
I compagni di una vita che oggi ti
salutano, tutti i tuoi concittadini e
gli amici presenti in questo mo-
mento, sapranno continuare la tua
opera.
Gianni, Lorella, Silvia,
siate sempre orgogliose della
nostra, vostra Nara.
Ciao Nara.
Carlo Monti 26-03-2012
Era ora! E, parere personale, biso-
gnerebbe anche intraprendere la
via referendaria per liberarci delle
tre mele avvelenate di questo gover-
no (tre mele avvelenate che erano
anche nel programma di quello che
lo precedeva) e cioè:
1) aumento dell'età pensionabile e
abolizione di fatto delle pensioni di
anzianità;
2) scomparsa di buona parte degli
ammortizzatori sociali, sostituiti da una finta indennità di disoccupazio-
ne, da cui sarebbero comunque e-
sclusi molti lavoratori e in particola-
re proprio i giovani;
3) manomissione dell'art. 18 che
vuol dire: libertà di licenziare.
La CGIL prenda la testa di questo
movimento per la difesa dei lavora-
tori!
Tiziano Bordoni
di sciopero generale. La CGIL ha proclamato 16 ore
Scuola di ballo “SalsArriba”
Info:
Mascia 338 - 4098409 Mila 338 - 9643747
Collaboratori: Milena e Rinaldo
Lunedì 2 aprile ore 20,45
Teatro Goldoni di Bagnacavallo
Tango con gli allievi
Damiana e Stefano
“È un ben strano sistema sociale il
nostro. Mancano i soldi per ospeda-
li, pensioni, ricerca, ecc. ma ci sono
per le spese militari !”
“La vita non è … aspettare che
passi la tempesta, ma è … imparare
a ballare sotto la pioggia !”
“Sii sempre come il mare che
infrangendosi contro le rocce trova
sempre la forza di riprovarci .”
Nara
Grazie !
25/03/1950 24/03/2012
info: [email protected]
Regala un libro alla Biblioteca.
Regala al Centro Sociale “Ca’ Vec-chia” di Voltana l’abbonamento, ad
un giornale o ad un periodico. Sono
...beni strumentali per un punto di
incontro di persone (e di idee) capa-
ci di dialogare e di lavorare insieme.
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della personalità
(CNN) - È notte fonda in Iran. È una notte buia, senza luna e con nuvole pesanti. Improvvisamente
il silenzio viene rotto dal boato provocato dai jet
quando superano il muro del suono; un istante
dopo il rombo dei jet è già sopra le teste.
Volano in formazione serrata, sono aerei da com-
battimento israeliani che sganciano delle bombe
anti-bunker su un impianto di arricchimento nu-
cleare costruito sul fianco di una montagna.
I piloti iraniani con i loro jet tentano di reagire, ma
quando riescono a decollare è ormai troppo tardi.
I jet israeliani sono già andati via.
Questo, almeno, è quello che Israele vorrebbe
accadesse se decidesse di attaccare l'Iran nel ten-
tativo di impedire che acquisti la capacità di pro-
durre armi nucleari.
Ma sarebbe altrettanto facile per Israele distrug-
gere i siti nucleari iraniani come lo fu per lo stato
ebraico colpire un reattore iracheno nel 1981 o un
sito sospetto in Siria cinque anni fa ?
Gli esperti, dentro e fuori Israele, dicono di no.
Traduzione di Mario Paganini dal sito
http://edition.cnn.com/2012/03/13
STORY HIGHLIGHTS
· An Israeli attack on Iran would involve more
than 100 planes, experts say.
· They would need to hit as many as eight well-
protected Iranian targets.
· Experts: Israel's air force is superior on paper,
but the Iranians train hard.
· Israel has vowed not to let Iran get nuclear
wea pons.
Un attacco israeliano “preventivo” risolverebbe il problema ?
La possibile rotta dei caccia israelianiLa possibile rotta dei caccia israelianiLa possibile rotta dei caccia israeliani
I possibili bersagli dell’attacco preventivo israelianoI possibili bersagli dell’attacco preventivo israelianoI possibili bersagli dell’attacco preventivo israeliano
Militari israeliani assistono al lancio di un missileMilitari israeliani assistono al lancio di un missileMilitari israeliani assistono al lancio di un missile
Nara con i volontari al gastronomi-
co della Festa dell’Unità 2010.
Nara e Gianni, tra i volontari della
Motosalsicciata edizione 2011.
Com'è possibile che tanti uomini
sopportino un tiranno che non ha
forza se non quella che essi gli dan-
no. Da dove prenderebbe i tanti
occhi con cui vi spia se voi non
glieli forniste?
Siate risoluti a non servire più, ed
eccovi liberi.
di Etienne de La Boëtie
Instant Book Chiarelettere
Edizione cartacea euro 7,00
Formato Kindle euro 4,99
Discorso sulla servitù volontaria Nara e gli altri, un esempio e una testimonianza...
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Un attacco iraniano “preventivo” risolverebbe il problema ? Dopo anni vissuti nel timore di un
attacco militare israeliano, Teheran
sta adesso contemplando l’idea di
un attacco preventivo, considerati i
preparativi israeliani per un raid
aereo contro le istallazioni nucleari
iraniane. Citando il diritto a una au-
todifesa preventiva […] l’Iran do-
vrebbe muoversi prima e mutilare
la capacità di Israele di dare vita al
minacciato attacco. [Questi] gli ar-
gomenti legali di Teheran: […]
Primo: [per] l’articolo 51 della
Carta delle Nazioni Unite, l’Iran ha il
diritto di attaccare Israele in quanto
quest’ultimo si è già prodigato in
una serie di atti ostili che includono
gli assassinii di scienziati nucleari
iraniani, vari sabotaggi e cyber-
guerra con conseguenze letali, per
non menzionare le dichiarazioni di
intenti di un attacco all’Iran
nell’immediato futuro da parte di
suoi capi politici e militari.
Secondo, questi atti illegali, unita-
mente alle dichiarazioni di intenti,
costituiscono un’imminente minac-
cia alla sicurezza nazionale iraniana,
definita in base al diritto consuetu-
dinario internazionale nei termini di
atti ostili di offesa da parte di uno
stato contro un altro.
Terzo, l’Iran ha già esaurito tutti i
suoi mezzi diplomatici per evitare
un attacco israeliano, e protestare a
più riprese presso il Consiglio di
Sicurezza dell’ONU è stato inutile in
quanto non è mai stato ascoltato.
Quarto, la dichiarata intenzione da
parte di Israele di attaccare l’Iran
viola la legge internazionale per
una serie di altre ragioni:
- l’Iran non ha mai minacciato di u-
sare la sua capacità nucleare per
attaccare Israele;
- esiste un impedimento legale con-
tro qualsivoglia attacco ai siti nucle-
ari iraniani, alla luce della risoluzio-
ne 533 della Agenzia Internazionale
per l’Energia Atomica che proibi-
sce attacchi simili e li considera
violazioni della legge internaziona-
le;
- l’Iran è uno dei firmatari del Trat-
tato di Non-Proliferazione, la sua
dirigenza ha rinunciato formalmen-
te agli armamenti nucleari, c’è as-
senza di qualsivoglia trattato che
impedisca all’Iran di dotarsi di un
suo ciclo del combustibile nucleare
e ancora oggi, dopo approfondite
ispezioni alle sue istallazioni, l’AIEA
non ha mai rilevato deviazioni di
materiale nucleare verso fini milita-
ri […]
Dall’articolo di KAVEH L. AFRASIABI
Asia Times Online
Fonte: Iran's legal right to attack Israel
Scelto e tradotto per
www.comedonchisciotte.org
da Mauro Morellini
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lare (art. 1 comma 3, legge 7 Marzo 2001
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Ogni italiano "spende" mille
"Il debito greco, i ritardi
dell’azione europea, la specula-
zione pesano in maniera diretta sulle spalle dei contribuenti e dei
consumatori italiani rendendo im-
pervia la ripresa dell’economia rea-
le" scrive Alessandro Volpi, autore
di "Sommersi dal debito" per Altreconomia edizioni .
euro per salvare la Grecia.
Pagina 4 www.voltanaonline.it
Indirizzo - Località - Comune:
via della stazione - Voltana - Comu-
ne di LUGO
Gestore: RFI (ferrovie) Data di attivazione: 31/10/2011
Tecnologie autorizzate:
GSM 900
Le ANTENNE telefoniche poste a Voltana e dintorni La ricostruzione planimetrica e le immagini sono di Carlo Monti
? Perché la Ericsson Teleco-
municazioni Spa vuole in-
stallare una nuova antenna
nel centro del paese ?
Planimetria rilevata dalla carta tecnica regionale aggiornata 1989.
Indirizzo - Località - Comune:
via Pastorelli (area RFI) - Voltana -
Comune di LUGO
Gestore: TIM
Data di attivazione: 12/02/2008
Tecnologie autorizzate:
GSM 900 - UMTS 2100
Indirizzo - Località - Comune:
via Pastorelli (area RFI) - Voltana -
Comune di LUGO
Gestore: VODAFONE
Data di attivazione: 14/12/2007
Tecnologie autorizzate:
GSM 900 - UMTS 2100
Indirizzo - Località - Comune:
via Boschetto c/o depuratore
S.E.D.A.R.C.O. - Voltana - Comune
di LUGO
Gestore: VODAFONE
Data di attivazione: 06/09/2004
Tecnologie autorizzate:
GSM 900 - UMTS 2100
Indirizzo - Località - Comune:
via S.S. Reale - Voltana - Comune di
LUGO
Gestore: WIND
Data di attivazione: 30/12/2000
Tecnologie autorizzate:
GSM 900 - UMTS 2100
Fonte: AGENZIA REGIONALE PREVENZIONE
E AMBIENTE DELL’EMILIA-ROMAGNA Arpa Emilia-Romagna. Nel sito vai alla pagina:
http://www.arpa.emr.it/cem/webcem/ra
venna/#
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VODAFONE Voltana loc. Depuratore Particolare dell’antenna VODAFONE
WIND Voltana Via Reale Particolare dell’antenna WIND
Antenna
FERROVIE
Voltana
Stazione.
Sotto
Particolare
N.B. antenna
monodirezionale
a servizio FF.SS.
Antenna
TIM e
antenna
VODAFONE
Voltana
loc. Casello FFSS.
Sotto
Particolare
Pagina 6 www.voltanaonline.it
non sarebbe stato possibile se la
“stampa gialla” di Hearts non aves-
se fatto bene il suo compito. L’ indi-
gnazione popolare per l’accaduto,
fomentata oltre misura dagli
“yellow papers”, fu necessaria per far approvare dal Congresso la
guerra. Il 20 aprile 1898 il presiden-
te McKinley approvò così una riso-
luzione che imponeva l’immediato
ritiro dell’esercito spagnolo da Cu-
ba. In 4 giorni, subito dopo lo scon-
tato rifiuto di Madrid alla firma della
resa incondizionata, l’intera flotta
spagnola colò a picco sotto i colpi
della più forte e numerosa compagi-ne dei Marines.
La Spagna dovette arrendersi e
firmare il trattato di Parigi, che san-
civa la completa perdita della pro-
pria sovranità sui territori cubani.
Fu la stessa stampa della propagan-
da bellica a dipingere poi come eroe di guerra il cospiratore Theo-
dore Roosevelt, il Ministro della Ma-
rina che mise in piedi la grande bu-
gia dell’ U.S.S. Maine, favorendolo
così nelle successive elezioni presi-
denziali. Solo nel 1987, ben cento
anni più tardi, fu messa in piedi una
vera ed imparziale commissione
d’inchiesta (dopo l’inconcludente
commissione del 1911 e seguita da quella del 2000 che ne confermò la
validità) che stabilì che gli spagnoli
non ebbero alcuna responsabilità
nell’attentato. I commissari dichia-
rarono che l’esplosione sarebbe
avvenuta “a causa di esplosivi fatti
collocare troppo vicino alle caldaie
dal capitano della nave” e che “tutti
i fori nello scafo erano orientati
dall’interno all’esterno, compatibil-mente con una esplosione interna”.
Solo 17 anni dopo il Maine un altro
naufragio riportò l’America in guer-
ra. Anche nel caso della Prima
Guerra Mondiale la false flag per
l’entrata in guerra fu l’affondamento
di una nave, in questo caso un tran-satlantico britannico con a bordo
migliaia di civili americani.
1915 - Prima Guerra Mondiale, il
Naufragio del Lusitania.
Sono le 14:10 del 7 maggio 1915.
La grande nave da crociera Lusita-
nia con a bordo un migliaio di citta-
dini americani, salpata da New York
La costituzione americana vieta di
attaccare uno stato estero per primi.
Un bel problema per l’aggressiva
politica a stelle e strisce... Ma nel
corso della storia i governi degli
Stati Uniti hanno risolto il problema
creando ad arte dei falsi attacchi e
facendo così passare ogni operazio-
ne di guerra come una contromossa dovuta. Il falso “casus belli” poi, con
l’aiuto dei compiacenti strilli della
stampa filo-governativa, veniva uti-
lizzato per convincere l’opinione
pubblica planetaria a sostenere
l’intervento.
La pratica di creare finti attacchi
nemici, per raggirare la costituzione
e poter liberamente dichiarare
guerra ai fantomatici aggressori, ha
un nome ben preciso: false flag.
Lo stile sensazionalistico, con il
quale i media americani trattarono i
casus belli creati ad hoc, convincen-do ogni singolo americano che
l’America fosse stata attaccata per
prima, ha invece assunto il nome di
Yellow Journalism, ovvero “Stampa
Gialla”. Il primo grande convinci-
mento mediatico di una ipotetica
aggressione agli Stati Uniti fu archi-
tettato da William Randolph Hearts,
il grande magnate della stampa a-
mericana, che sul suo “New York Journal” convinse l’intera nazione
ad entrare in guerra contro gli spa-
gnoli. Era il 1898.
1898 - Conflitto ispanico - america-
no, il naufragio del Maine.
Con questa guerra gli Stati Uniti
tolsero alla Spagna il controllo su
Cuba e Portorico, nell’Atlantico e su
Guam e le Filippine, nel Pacifico. Il
naufragio dell’incrociatore della
Marina Americana U.S.S. Maine fu la
causa scatenante del conflitto. Anni
dopo si scoprì che non furono gli
spagnoli a far colar a picco il Maine, ma fu un incendio, avvenuto nei lo-
cali delle caldaie a carbone, a cau-
sare l’affondamento che uccise 266
Marines.
Nonostante la Spagna smentisse
fin da subito ogni coinvolgimento, fino a chiedere l’istituzione di una
commissione internazionale per in-
dagare sulle vere cause del naufra-
gio, gli USA dichiararono sbrigati-
vamente guerra alla Spagna. Ciò
Solo un popolo attivo, che indaga su ciò che gli
il primo maggio, si trovava a circa
30 miglia al largo delle coste irlan-
desi. Il comandante Turner decise
di ridurre la velocità a 18 nodi a
causa della forte nebbia. 18 minuti
dopo la nave era già sul fondo ma-re, silurata da un sommergibile te-
desco U-20.
L’America intera si indignò. Qua-
lunque americano ignaro d’essere
manipolato, gridò alla vendetta
contro la Germania. Ennesimo nau-fragio, ennesima messinscena, en-
nesima guerra.
Il transatlantico affondato, fatto
passare dalla stampa americana
come una nave da crociera carica
di soli civili, in realtà trasportava
1248 casse di granate Shrapnel da 3 pollici e 4927 cassette di cartucce
dal peso complessivo di 173 tonnel-
late; altre 2000 casse di munizioni
furono trasbordate dalla nave Que-
en Margaret al Lusitania, all’ultimo
momento, poco prima della parten-
za.
La nave era inoltre dotata, per
ogni ponte, di 12 cannoni girevoli
da 6 pollici a tiro rapido, equipag-
giati con proiettili ad alto esplosivo.
(La Cunard, società di trasporti pro-
prietaria del Lusitania, aveva infatti
accettato di mettere le sue navi a
disposizione della Marina Militare
inglese dell’ammiraglio Winston
Churchill).
La Germania non avrebbe mai
voluto che l’America entrasse in
guerra. Sapeva, però, che diverse
navi passeggeri americane riforni-
vano costantemente di materie pri-
me l’Inghilterra. Per impedire ciò
impose il divieto di navigazione intorno alle coste del Regno Unito
e, tramite la propria ambasciata in
America, il capo dei servizi segreti
tedeschi Franz Von Papen fece
pubblicare, su tutte le principali
testate giornalistiche, il seguente
avviso: "Ai viaggiatori che intendo-
no intraprendere la traversata atlan-
tica si ricorda che tra la Germania e
la Gran Bretagna esiste uno Stato di
guerra. Si ricorda che la zona di
guerra comprende le acque adia-
centi alla Gran Bretagna e che, in
conformità di un preavviso formale
da parte del Governo (Segue a pag. 7 )
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con la posizione identificata delle
portaerei giapponesi, che quindi era
conosciuta dagli statunitensi prima di
Pearl Harbor;
- le navi della forza d’attacco
dell’ammiraglio Nagumo non man-
tennero il silenzio radio, ma rilascia-
rono una serie di messaggi che furo-
no intercettati dalle stazioni di ascol-
to alleate, per tutto il tempo della
preparazione dell’attacco.
Stinnet venne immediatamente
criticato da diversi storici contem-
poranei. La versione “ufficiale”,
quella che leggiamo oggi sui libri di
storia, parla ancora dell’attacco di
Pearl Harbour come un’incursione
totalmente inaspettata dall’esercito
americano. Alla luce di tutti questi indizi, del clamore con cui la stampa
americana ha aizzato l’intero popo-
lazione contro gli odiati giapponesi
e, soprattutto, consci delle macchi-
nazioni passate, sembra davvero
improbabile che Roosvelt fosse
all’oscuro di tutto. Lui sapeva, ma
non poté rifiutare un così perfetto
pretesto per entrare in guerra. Una
guerra con un’altissima posta in pa-
lio: lo status di più grande potenza
del Mondo.
Il giorno dopo l’attacco, l’intero
Congresso, con un solo voto contra-
rio, decretò l’entrata in guerra
dell’America. Fu lo stesso presiden-
te Roosvelt a dare il via alla grande propaganda bellica della stampa
statunitense, rivolgendo alla nazio-
ne le famose parole: “Ieri, 7 dicem-
bre 1941, una data che entrerà nella
storia come il giorno dell’infamia, gli
Stati Uniti sono stati improvvisamente
e deliberatamente attaccati dalle for-
ze aeree e navali dell’ impero del
Giappone”.
Ovviamente anche la guerra del
Vietnam ebbe la sua false flag, il suo
pretesto creato ad hoc per convin-
cere gli americani ad appoggiare il
conflitto. Siamo nel 1964.
1964 - Guerra del Vietnam, inci-
dente nel Golfo del Tonchino.
Il Congresso votò la risoluzione
per l’ufficiale entrata in guerra il 7
agosto 1964. La causa che scatenò
l’ingresso dell’America in guerra fu
l’attacco di quattro motosiluranti nord-vietnamiti al cac- (Segue a pag. 8 )
viene detto, é un popolo veramente libero. hawaiano quel giorno. Il giornale
locale“Honolulu Advertiser” aveva
previsto l’attacco diversi giorni pri-
ma; da mesi tutti i codici segreti
giapponesi erano stati decifrati; Ro-
osvelt venne informato, dell’ immi-nente attacco nelle Hawaii, il 4 di-
cembre, ma non fece nulla per evi-
tarlo.
Il Segretario di Guerra Henry
Stimson, scrisse nel suo diario in
data 1 dicembre 1941: “Abbiamo
trovato (con Roosvelt) la maniera di
manovrare i giapponesi in maniera
che sparino per primi, contenendo le
perdite (alla sola flotta d’ormeggio a
Pearl Harbour)”.
Nel 2000 lo storico Robert Stinnett,
dopo un approfondito studio sui te-sti delle intercettazioni della marina
nipponica, grazie all’autorizzazione
che gli concesse il Presidente Car-
ter nel 1979, giunse alla conclusione
che:
- il 7 ottobre 1940 il capitano di cor-
vetta Arthur McCallum, capo
dell’ONI (Office of Naval
Intelligence) per l’Estremo Oriente,
presentò a Roosevelt un piano in otto
punti per provocare l’attacco giap-
ponese, contro gli Stati Uniti, che sa-
rebbe stato fedelmente applicato dal
presidente nei mesi seguenti;
- i servizi statunitensi avevano deci-
frato fin dall’autunno 1940, oltre al
codice Purple (diplomatico), anche
quattro varianti del codice della ma-
rina giapponese (Kaigun Ango) che
avrebbe dovuto permettere, oltre
ogni ragionevole dubbio, l’ identifi-
cazione dei movimenti delle navi da
guerra e di tutti i segnali di chiamata
radio nipponici;
- il 27 gennaio 1941 l’ambasciatore
Grew comunicò a Washington che un
suo funzionario aveva saputo, da un
diplomatico peruviano in Giappone,
che i nipponici preparavano un at-
tacco alle Hawaii;
- l’ammiraglio Kimmel non venne
informato dei successi dei decifratori
statunitensi e venne escluso dalle
comunicazioni segrete basate sulla
decrittazione;
- il 2 e il 6 dicembre 1941 l’addetto
navale dell’ ambasciata olandese,
Johan Ranneft, testimoniò di aver vi-
sto all’ONI, a Washington, le carte
Tedesco, le imbarca-
zioni battenti la bandiera della Gran
Bretagna o di uno qualsiasi dei suoi
alleati sono passibili di distruzione
una volta entrati in quelle stesse ac-
que".
Era il 22 Aprile 1915. Dopo poco
più di una settimana, mille america-
ni ignorarono l’avviso e s’ imbarca-
rono per l’Inghilterra sulla Lusita-
nia.
La Cunard aveva inoltre informato
il Comandante William T. Turner
che il transatlantico, giunto a circa
40 miglia dalle coste irlandesi, sa-
rebbe stato scortato da alcuni ele-
menti della squadra incrociatori
“E” (si trattava in realtà di un solo
incrociatore, il Juno). A Mezzogior-no però il Juno ricevette da Chur-
chill l’ordine di rientrare in porto,
consegnando la Lusitania al suo
inesorabile destino.
Il comandante Kenworthy, mem-
bro della sezione politica del servi-
zio informazioni dell’esercito ingle-se, scrisse in seguito che il transa-
tlantico fu “deliberatamente indi-
rizzato verso un’area in cui era noto
che si celasse un U-boot tedesco in
agguato”.
Il 24 Aprile, Winston Churchill
scrisse al Presidente della Camera di Commercio: “É molto importante
attirare le navi neutrali verso le no-
stre coste, al fine di spingere gli USA
ad entrare in guerra contro la Ger-
mania”.
I giornali americani parlarono di
un inspiegabile attacco, ad opera di un nemico psicopatico, che si
divertiva nel tiro al bersaglio di
inermi civili americani. L’opinione
pubblica venne nuovamente ingan-
nata e convinta ad accettare
un’altra guerra. D’altronde senza
internet e i blog di informazione
indipendente, chi poteva confutare
ciò che dicevano i giornali?
Anche il 7 dicembre 1941 la disin-
formazione propagandistica
dell’America vinse incontrastata.
1941 - Seconda Guerra Mondiale,
attacco a Pearl Harbour.
Nuova guerra, nuova false flag.
Gli americani sapevano benissimo
che i kamikaze si sarebbero abbat-
tuti sulle flotte americane nel porto
(Segue da pag. 6 )
Pagina 8 www.voltanaonline.it
ciatorpediniere ame-
ricano USS Maddox. Era il 2 Agosto.
In realtà dai P4 del Vietnam del
Nord partì soltanto una silurata a
salve, a scopo d’intimidazione. Gli
americani risposero all’attacco: il motosilurante che sparò a salve
venne affondato, gli altri tre venne-
ro seriamente danneggiati, mentre
scappavano nel senso opposto, cer-
cando rifugio in acque internazio-
nali.
Per di più, qualora i nord-
vietnamiti avessero attaccato vera-
mente, non l’avrebbero fatto per
primi: l’esercito americano infatti
aveva già aperto il fuoco contro i
Viet Cong. Ciò che venne riportato
all’opinione pubblica come un me-
schino attacco ingiustificato in real-
tà era la risposta dell’esercito nord-
vietnamita alle diverse operazioni
militari che il Maddox aveva già compiuto in Vietnam. Il cacciator-
pediniere americano, infatti, era
già stato impiegato in due opera-
zioni militari, fornendo supporto
agli attacchi sud-vietnamiti a Hon
Me e Hon Ngu.
La grande menzogna s’ingigantì il
4 agosto alle 22:36, quando venne
inscenato il secondo attacco al
Maddox. Il cacciatorpediniere ame-
ricano lanciò immediatamente
l’allarme, affermando di aver rice-
vuto dei chiari segnali radar che
fecero presagire un nuovo attacco
nord-vietnamita proveniente da
altre 4 motosiluranti Viet Cong a 36
miglia di distanza dal Maddox. Il comandante dello stormo dei cac-
cia bombardieri che si alzò in volo,
il capitano J.B. Stockdale, riferì in
seguito, in una nota ufficiale, di non
essere riuscito ad ottenere le coor-
dinate d’attacco al Maddox e che
nemmeno i due caccia-
bombardieri Douglas A-4 Skyhawk
decollati dalla portaerei U.S.S. Con-
stellation, che rimasero in zona di operazioni fino a mezzanotte inol-
trata, trovarono un bersaglio da
attaccare. Che il secondo attacco
fosse bellamente inventato é deci-
samente più che un sospetto: nel
2005 una relazione ufficiale della
NASA lo confermò.
Il Presidente Johnson, quando si
trovò a dover parlare alla nazione,
per convincere tutti che la Risoluzio-
ne del Congresso fosse cosa giusta,
parlò di due attacchi immotivati del
nemico e negò subdolamente l’ in-
costituzionale supporto militare del
Maddox a Hon Me e Hon Ngu.
Altro che “meschino attacco co-
munista” come titolarono i principa-
li giornali d’America. Anche questa
volta l’intero popolo degli States fu
abbindolato da una false flag.
Le macchinazioni americane, per
creare nuove guerre, con l’avvento
della modernità e dei nuovi media,
non poterono più rifarsi ad uno
scontato attacco navale. Sarebbe
stato troppo facile da confutare e
davvero difficile da architettare nel-
la nuova era dell’informazione, or-mai troppo rapida ed efficiente. Ser-
vivano nuovi pretesti, false flag più
raffinate. Degna di nota fu la propa-
ganda anti-irachena del 1991.
1991 - Prima Guerra del Golfo, le
lacrime di Naiyrah.
La commovente testimonianza di
Naiyrah, una giovane kuwaitiana
testimone delle atrocità irachene in
Kuwait, toccò non solo l’America,
ma l’intero mondo. Disse tra le lacri-
me, con le telecamere di tutto il pia-
neta puntate in faccia: “Ho visto i
soldati iracheni entrare nell’ ospeda-
le armati, hanno preso i bimbi dalle
incubatrici e li hanno lasciati morire
per terra”. L’ aggressione, immedia-
tamente catalogata come crimine
contro l’umanità, in realtà non av-
venne mai. Si scoprì in seguito che
la messinscena fu architettata dal
rinomato studio di relazioni pubbli-
che americano Hill and Knowitown e
che Naiyrah era, in realtà, la figlia dell’ambasciatore del Kuwait.
Saddam Hussein, dopo quel gran-
de attacco mediatico, divenne il dia-
volo agli occhi di qualsiasi cittadino
occidentale. Non per le atrocità che
commetteva quotidianamente con-
tro i kuwaitiani e il suo stesso popo-lo, tra l’altro con le armi che gli stes-
si Stati Uniti gli avevano fornito, ma
per una storiella allegramente in-
ventata: tutta l’America, da quel
giorno, lo voleva morto. L’ operazio-
ne Desert Storm poteva iniziare.
2003 - Seconda Guerra del Golfo,
le armi di distruzione di massa.
Solo un popolo attivo, che indaga su ciò che gli viene detto, é un popolo veramente libero.
12 anni dopo, nel 2003, La Casa
Bianca decise che Saddam Hussein,
che si salvò dalle bombe americane
del 91, andava definitivamente de-
posto. Bush convinse l’intero mondo
che l’Iraq aveva armi di distruzione di massa e che stesse segretamente
aiutando il terrorismo islamico. In
pochi mesi Saddam venne sconfitto,
ma delle presunte armi chimiche
non fu rinvenuta traccia alcuna.
Il reportage di Judith Miller, sulle
pagine del New York Times, fece da
apripista alla propaganda interven-
tista americana in Iraq. L’America si
fece convincere che Saddam avesse
davvero le armi chimiche dalle fonti
dubbie e fantasiose di quell’ inchie-
sta e, per l’ennesima volta, appog-
giò un’ingiusta guerra.
In nome della “correttezza politi-
ca” evito di fare riferimenti all’11
settembre o alla guerra in Libia, da-
to che ad oggi, non si hanno prove
concrete di nessuna cospirazione e
conseguente propaganda mediatica
di copertura. Forse negli ultimi anni
gli americani hanno imparato ad
essere più “sgamati”… Anche se,
nel caso dei disordini siriani di que-
sti giorni, una nuova false flag é stata
ormai definitivamente smascherata.
[…]
Insomma, la storia é piena di mac-
chinazioni e manipolazioni del go-
verno americano sui media e, quin-
di, indirettamente anche sulla libera
formazione del pensiero nell’ opi-
nione pubblica. Da sempre ci fan-
no credere ciò che vogliono. Ci convincono della giustezza di guer-
re, crimini e massacri. Oggi, però,
con l’avvento dell’informazione in-dipendente nel web, abbiamo final-
mente un’arma per combattere la
disinformazione propagandistica.
Nostra sintesi. Leggi tutto nel sito
http://ilcorsivoquotidiano.net/2012/02/23/
( Segue da pag. 7 )
Il paziente al dottore “Non ne posso
più ! Voglio andare in pensione !”
E lui: “Mi dispiace, ma non può
perché lei respira ancora ! ”
La disinformazione è
l’oppio dei popoli !