voltana on line n.19-2011

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www.voltanaonline.it Voltana On Line 19 2011 permanentemente in apprensione. Attraverso il monopolio sui mass- media la “massa” o la “gente” può facilmente essere orientata, condi- zionata e controllata. Ad es. può es- sere terrorizzata sia dalle azione di nemici tanto misteriosi quanto inde- terminati sia per le conseguenze derivanti da modifiche nella società, ecc. L’uso strumentale dei mass- media consente di far ascoltare sem- pre una sola voce, di imporre un solo pensiero: quello del leader, del duce. Ben presto tutto ciò che non è conforme non è ammesso. Il dissen- so è segno di sedizione, di asociali- tà. Tutte le manifestazioni di popolo non omologate sono assembramenti improduttivi, bivacchi di parassiti oziosi. Gli uomini liberi vanno ag- grediti, sopraffatti, demonizzati, an- nientati. Quello che è dato oggi os- servare, soprattutto in Italia, deve far riflettere e può preoccupare. sarie per produrre la - da tutti di- sprezzata - “massa” o “gente”. Così i molti vengono ridotti allo stato di singoli. Il gruppo è frantumato in tanti individui. Manipolando la co- municazione, l’informazione, l’ edu- cazione e l’istruzione si riesce ad andare, talvolta, perfino contro la natura o la Storia. Dall’attualità due esempi: “l’unione fa la forza!” e “la divisione è opera diabolica”. Inve- ce, oggi, abbiamo che: “la forza è nella specializzazione e nelle indivi- dualità” e “l’unione, i diritti, la giu- stizia sono un retaggio di malvagie ideologie”. In questo modo gli slo- gan, ripetuti in modo ossessivo, fini- scono con l’essere creduti (da parte di molti) veri, certi o la realtà. Ma la realtà vera finisce sempre con il ma- nifestarsi. Chi domina e governa lo sa bene e, pertanto, deve trovare il modo di tenere la “massa” o la “gente” mentalmente impegnata, La realtà esiste; esiste veramente! Ma se c’è chi afferma, con coerenza e costanza, che la realtà esiste ed è oggettiva, è possibile trovare an- che chi è predisposto a credere vera e reale qualsiasi cosa, prescin- dendo da qualsiasi fatto o esperien- za tattile, razionale, cognitiva. Se io inciampo e cado, posso fare tutti i … viaggi mentali che voglio, ma le escoriazioni ci sono! Eppure, da sempre, qualcuno conosce molto bene i propri interessi e privilegi, sa lottare per essi e, spesso, si im- pegna ad accrescerne in varietà e in quantità. Invece, da sempre, qualcun altro non riesce a capire e difendere ciò che ha e, anzi, perde del suo senza reagire. Come è pos- sibile tutto ciò ? Dividere, confonde- re e dominare sono le azioni neces- REAGIRE E VIGILARE ELEZIONI PROVINCIALI DEL 15 E 16 MAGGIO: ECCO LA SCHEDA ELETTORALE di Mario Paganini

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Voltana On Line 19

2011

permanentemente in apprensione.

Attraverso il monopolio sui mass-

media la “massa” o la “gente” può

facilmente essere orientata, condi-

zionata e controllata. Ad es. può es-

sere terrorizzata sia dalle azione di

nemici tanto misteriosi quanto inde-

terminati sia per le conseguenze

derivanti da modifiche nella società,

ecc. L’uso strumentale dei mass-

media consente di far ascoltare sem-

pre una sola voce, di imporre un

solo pensiero: quello del leader, del

duce. Ben presto tutto ciò che non è

conforme non è ammesso. Il dissen-

so è segno di sedizione, di asociali-

tà. Tutte le manifestazioni di popolo

non omologate sono assembramenti

improduttivi, bivacchi di parassiti

oziosi. Gli uomini liberi vanno ag-

grediti, sopraffatti, demonizzati, an-

nientati. Quello che è dato oggi os-

servare, soprattutto in Italia, deve

far riflettere e può preoccupare.

sarie per produrre la - da tutti di-

sprezzata - “massa” o “gente”. Così

i molti vengono ridotti allo stato di

singoli. Il gruppo è frantumato in

tanti individui. Manipolando la co-

municazione, l’informazione, l’ edu-

cazione e l’istruzione si riesce ad

andare, talvolta, perfino contro la

natura o la Storia. Dall’attualità due

esempi: “l’unione fa la forza!” e “la

divisione è opera diabolica”. Inve-

ce, oggi, abbiamo che: “la forza è

nella specializzazione e nelle indivi-

dualità” e “l’unione, i diritti, la giu-

stizia sono un retaggio di malvagie

ideologie”. In questo modo gli slo-

gan, ripetuti in modo ossessivo, fini-

scono con l’essere creduti (da parte

di molti) veri, certi o la realtà. Ma la

realtà vera finisce sempre con il ma-

nifestarsi. Chi domina e governa lo

sa bene e, pertanto, deve trovare il

modo di tenere la “massa” o la

“gente” mentalmente impegnata,

La realtà esiste; esiste veramente!

Ma se c’è chi afferma, con coerenza

e costanza, che la realtà esiste ed è

oggettiva, è possibile trovare an-

che chi è predisposto a credere

vera e reale qualsiasi cosa, prescin-

dendo da qualsiasi fatto o esperien-

za tattile, razionale, cognitiva. Se io

inciampo e cado, posso fare tutti i

… viaggi mentali che voglio, ma le

escoriazioni ci sono! Eppure, da

sempre, qualcuno conosce molto

bene i propri interessi e privilegi,

sa lottare per essi e, spesso, si im-

pegna ad accrescerne in varietà e

in quantità. Invece, da sempre,

qualcun altro non riesce a capire e

difendere ciò che ha e, anzi, perde

del suo senza reagire. Come è pos-

sibile tutto ciò ? Dividere, confonde-

re e dominare sono le azioni neces-

REAGIRE E VIGILARE

ELEZIONI PROVINCIALI DEL 15 E 16 MAGGIO: ECCO LA SCHEDA ELETTORALE

di Mario Paganini

COMMENTO di Mario Paganini

Una volta esistevano i sindacati di como-

do, interni a ciascuna azienda e obbe-

dienti al datore di lavoro o padrone.

Etichettati come “gialli” erano gestiti da

persone spesso tenute sotto ricatto dal

datore di lavoro oppure semplicemente

vendute al padrone.

«Lo sciopero è un’arma di fondamenta-

le importanza e non deve mai essere

utilizzato per dividere i lavoratori per

mere finalità politiche o peggio di par-

te. Come, invece, accade con quello

generale del 6 maggio. Da alcuni anni,

la Cgil ne ha proclamati tanti. Anzi trop-

pi: molti slogan e una ridda di richie-

ste in cui si mixa tutto e il contrario di

tutto. Unico chiaro obiettivo: essere i

supplenti di un’ala politica ora assente

dal Parlamento e di un’opposizione un

po’ inadeguata. Ma risultati sindacali

portati a casa sono a pari a zero. Come

attesta, ultimo in ordine di tempo, il

caso dell’ex Bertone: pur essendo a

maggioranza Fiom, i lavoratori hanno

scelto di difendere il loro impiego.

Come UIL esprimiamo profondo rispet-

to nei confronti di quei lavoratori e di

quei pensionati che – anche se in nume-

ro sempre minore – continuano a segui-

re queste indicazioni estremamente

sbagliate e dannose in un contesto di

crisi come quello attuale. È mistificante

continuare ad illudere lavoratori e gio-

vani che la crisi, tra l’altro ben lontana

dell’essere risolta, lasci tutto inalterato

e che si possa continuare a riproporre

schemi ideologici superati. È auspica-

bile che la Cgil, dopo questo sciopero

rituale, smetta di abbaiare alla luna e

ritorni alle cose realizzabili. La vera

priorità è reperire risorse per finanzia-

re ripresa economica e sviluppo. Su

questo, si possono individuare soluzioni

fattibili: dalla riforma del fisco alla lotta

all’evasione contributiva fino ai costi

del cosiddetto potere politico che go-

verna le istituzioni».

Così Gianfranco Martelli, segretario

generale U.R. UIL dell’Emilia Romagna

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COMMENTO di Guido Viale

In nessun paese la piaga del servili-

smo è prospera come da noi. Grazie

anche ai comportamenti di questo

Governo e alla cultura che passa at-

traverso dei media sempre più asser-

viti.

La piaga che affligge il paese è il

servilismo. Non è una piaga esclusi-

vamente nostrana; è diffusa in tutto

il mondo, e per ragioni strutturali

che poco hanno a che fare con i

"valori" propugnati da chi lo prati-

ca. Ma in nessun Paese è così per-

vasiva, consolidata e ostentata come da noi. Non è un fenomeno esclusi-

vo del nostro tempo; è vecchio co-

me il mondo. Gli antichi Greci di-

sprezzavano gli schiavi - prigionieri

catturati in guerra o comprati e ven-

duti - perché avevano preferito ser-

vire invece di morire. Il feudalesi-

mo - un regime da non rimpiange-

re, per molti versi riproposto da

alcuni tratti della nostra epoca - era fondato su un patto personale che

implicava l'asservimento a tutti i

livelli gerarchici. Ma quella fedeltà

era regolata da un codice che impe-

gnava tanto il signore che il vassal-

lo. Oggi invece il servilismo è

"nomade": si offre di volta in volta a

seconda delle convenienze: la com-

pravendita di Deputati con cui l'Ita-

lia si governa e fa mostra di sé al resto del mondo ne è una delle ma-

nifestazioni più esplicite.

Ciò che caratterizza il servilismo

del nostro tempo e del nostro Paese

è l'essere il meccanismo operativo

della competitività: cioè di quella

guerra di tutti contro tutti, per affer-marsi a spese degli altri, che è la

riproposizione - nei rapporti inter-

personali, nei meccanismi di pro-

mozione sociale, negli avanzamenti

in carriera, nella selezione delle

classi dirigenti - della concorrenza

tra imprese. Un meccanismo che costituisce il fondamento

(indiscusso quanto sistematicamen-

te disatteso) di quel "pensiero uni-

co" che ha improntato di sé la nostra

epoca fin nei più reconditi e ine-

splorati recessi del nostro pensiero;

anche quando siamo convinti di es-

serne immuni.

Il servilismo è la ricerca di un'af-

fermazione personale - anche mini-

ma, anche irrisoria; solo a volte ben

remunerata - a spese della propria

autonomia. Cioè, non in base a

quello che siamo, o ci sforziamo di

essere, o abbiamo acquisito col

tempo e a fatica; bensì rinunciando

a tutte queste cose; mettendoci "a

disposizione" del padrone di turno.

Pronti non a sviluppare un nuovo

modo di pensare - benvenga!- ma

solo a passare a un diverso padro-

ne, che ci dirà lui che cosa possia-

mo e dobbiamo "pensare". Il servili-

smo è la rinuncia sistematica e vo-

lontaria alla propria dignità.

Al servilismo è strettamente legato

il razzismo, anch'esso dispiegato,

feroce e ostentato in tutte le sue

sfaccettature oggi più mai. Il razzi-

smo è la rivendicazione di un rango,

anche infimo, legato alla nascita, al

proprio territorio, alla propria lin-

gua, alle proprie abitudini, alla pro-

pria appartenenza a un "corpo so-ciale": un simulacro di una "dignità"

affidata a una dimensione fantastica

proprio da chi si sente schiacciato e

perdente in un contesto dominato

Il desiderio italiano di essere

E' SFRAT (la mórt)

L’è dj èn ormai

ch’a so prount pr e’ sfrat.

Al valis agli è fati

e i count j è péra.

E pu se quicadoun u n’i créd,

e u n’à paura d’perdas,

quand ch’l’arivarà l’óra

u m’pö truvér in cl’étra ca.

LO SFRATTO (la morte)

Sono anni ormai

che sono pronto per lo sfratto.

Le valigie sono pronte

e i debiti sono saldati.

Se poi qualcuno non ci crede,

e non ha paura di perdersi,

quando arriverà l’ora

mi può trovare nell’altra casa. di Paolo Gagliardi

GIALLO CHE PIÙ GIALLO NON SI PUÒ

Pagina 3 www.voltanaonline.it

nostrani come le rivolte di altri po-

poli - si tratta di un fenomeno che

va salutato con rispetto e accolto

con gioia.

Si discute molto in questi mesi,

soprattutto a proposito delle nuove

generazioni, di una "scomparsa del

desiderio" legata alla dissoluzione

della figura del padre e del senso

del limite che essa impone. Chi ha

avuto occasione per motivi profes-

sionali di osservare da vicino que-

sto fenomeno è certo attrezzato a

parlarne con cognizione di causa.

Ma visto dall'esterno, e con diversi-

tà lessicali in cui si rispecchiano

approcci tra loro distanti, l'impres-

sione che si ricava da questo dibat-

tito è quella di una distorsione otti-

ca. Più che prodotto dalla ricerca di

un godimento illimitato indotta dal

consumismo, la "scomparsa del

desiderio" sembra manifestarsi, per lo più, come uno stato di de-

pressione provocato da un mondo

senza sbocchi diversi dal servili-

smo. È difficile, infatti, desidera-

re di farsi servi; anche se molti lo

fanno: soprattutto per mettersi in

grado di poter a loro volta asser-

vire altri. Ma nella rivendicazione della dignità che torna a fare capo-

lino come evento dirompente nei movimenti di questo periodo c'è la

potenzialità di una reazione e di

una "cura" della depressione, pro-

pria di un mondo senza sbocchi.

e nel sito www.ilmanifesto.it

di una propria autonomia personale

all'interno di un processo condiviso,

azzerando le disparità e le gerar-

chie che ne ostacolano la realizza-

zione, è il grande contenuto che a-

veva accomunato le rivolte studen-tesche del '68 contro l'autoritarismo

nelle scuole, nell'università, nelle

Istituzioni e nella società, con l'insu-

bordinazione e la presa di parola

degli operai nelle fabbriche, contro

le discriminazioni, le gerarchie e i

meccanismi di imposizione del ser-

vilismo propri dell'organizzazione -

allora "fordista" - del lavoro. Un con-

tenuto che si era andato via via dif-fondendo in tutti i gangli della so-

cietà: carceri, Magistratura, eserci-

to, polizia, quartieri, redazioni; per

spianare poi la strada al femmini-

smo degli anni '70, che in qualche

modo aveva coronato, e anche con-

cluso, quel processo.

Ed à proprio quel contenuto di

fondo - premessa di ogni altra riven-

dicazione sostanziale, o di ogni pro-

getto condiviso di trasformazione

dei rapporti personali e sociali -

quello che, a quarant'anni di distan-

za, i vari detrattori del "sessantotto"

(ultimo in ordine di tempo, dopo

Tremonti, Brunetta, Gelmini, Giova-

nardi & Co, si è ora aggiunto il mini-stro Sacconi) non riescono ancora e

non riusciranno mai a capire; per-

ché è del tutto estraneo al loro mo-

do di vivere e pensare; e, per dirla

tutta, al modo in cui hanno fatto car-

riera. Ma è anche un contenuto che

molti di noi, se sufficientemente an-

ziani, hanno dimenticato, o fatto o

lasciato dimenticare; e, se più gio-

vani, non hanno mai o quasi mai a-vuto l'occasione di sperimentare

all'interno di un processo condiviso.

Oggi la voglia di affermare la

propria dignità, la legittimità dei

propri desideri, delle proprie a-

spirazioni, dei propri sforzi, ritor-

na con forza a farsi strada all'in-

terno di molti dei processi di lotta

o di resistenza che animano la

scena sociale: e non solo da noi, ma anche, e molto di più, in Paesi

vicini da cui da troppo tempo ave-

vamo colpevolmente distolto lo

sguardo. In tutti i casi - i movimenti

dalla competizione; costretto a "farsi

servo" per cercare di conservare il

proprio status. Il razzismo alligna

sempre, in qualche forma sopita,

dentro ciascuno di noi, ma si svilup-

pa - ce lo ha mostrato Zigmund Bau-man fin dai tempi di Modernità e

Olocausto - solo quando è fomentato

e coltivato dall'alto, come compen-

sazione delle frustrazioni di un'esi-

stenza precaria.

Ma che cosa ha reso il servilismo

così prospero e diffuso nel nostro

Paese? Che cosa ci ha portato a ca-

dere così in basso? Certamente, qui

più che altrove, c'è stata una caren-

za di difese immunitarie; un deficit

di presidi culturali (in senso antro-

pologico e non elitario) che ha tra-

volto tutta la società come una va-

langa che si ingrossa rotolando. Si

tratta di un processo sicuramente

promosso dall'alto: dai comporta-menti di questo Governo, dalla cul-

tura che esprime attraverso mass

media sempre più asserviti; da mec-

canismi di selezione di Ministri, De-

putati, Governatori, consiglieri, diri-

genti politici, manager, banchieri,

giornalisti e direttori di media e Isti-

tuzioni, ai quali non sono stati e non

sono certo estranei partiti, forze e

culture della vera o presunta oppo-sizione.

Ma quei presidi sono affondati, o -

auspicabilmente - hanno imboccato

un percorso carsico, anche per un

processo che nasce "dal basso"; per

responsabilità di molti di noi. Per-

ché la rivendicazione della propria dignità, che quarant'anni fa aveva

caratterizzato un intero decennio di

lotte, di maturazione, di orgoglio di

sentirsi protagonisti, di "presa di

parola" da parte di persone che non

l'avevano mai avuta, è stata per anni

associata agli esiti fallimentari di

quella stagione di cui molti di noi

portano la responsabilità: un fardel-

lo che nessuno, o quasi, dei prota-gonisti di allora si è sentito di cari-

care sulle proprie spalle; o lo ha

fatto in sordina, lasciando a pochi, e

non certo ai più attrezzati, l'onere di

rivendicare il carattere

"formidabile" di quegli anni.

La dignità, la ricerca e la conquista

servi pubblicato nel quotidiano IL MANIFESTO del 29/04/2011

“Un Governo di incapaci che blaterano

... che non hanno fatto nulla per la sicu-

rezza … che ci hanno resi più insicuri

e che, nello stesso tempo, proteggono

chi commette reati veri. Tant’è che la

pena da 1 a 4 anni prevista per

l’immigrato che sbarca e che non ha

commesso alcun reato è la stessa pena

prevista per la gran parte dei falsi in

bilancio (quelli che sono rimasti anco-

ra reato). Rendiamoci conto del danno

provocato da chi falsifica un bilancio al

danno prodotto da chi mette piede sul

suolo italiano.”

Marco Travaglio

Pagina 4 www.voltanaonline.it

Ringrazio vivamente anch'io il Presi-

dente Giuliano Amato per la sua

disponibilità e per il contributo che

ci ha offerto ripercorrendo da par

suo il lungo tracciato dell'evoluzione

sociale che da un primo maggio

all'altro l'Italia ha conosciuto. In sin-

tesi, egli ci ha detto - avete ascoltato

le sue parole - che cosa sia, "nel passato che la precede, nella sua

stessa storia e nel suo presente, la

Repubblica fondata sul lavoro", e ha

concluso : "Il suo problema di oggi

non è esserlo di meno, è, caso mai,

esserlo di più". E' così, lo sentiamo

tutti : lo sviluppo economico e la sua

qualità sociale, la stessa tenuta civi-

le e democratica del nostro paese,

passano attraverso un deciso eleva-mento dei tassi di attività e di occu-

pazione, un accresciuto impegno

per la formazione e la salvaguardia

del capitale umano, un'ulteriore va-

lorizzazione del lavoro, in tutti i sen-

si. Questo discorso riguarda in

special modo i giovani, fa tutt'uno

con le risposte da noi tutti dovute

alle aspettative per il futuro delle

giovani generazioni.

Il quadro generale dell'andamento della disoccupazione in Italia nel

biennio della crisi economica, an-

che per effetto delle politiche di

sostegno condotte attraverso la leva

degli ammortizzatori sociali, merita

valutazioni obbiettive e attente e

non si presta, anche in un'ottica di

comparazioni europee, a facili giu-

dizi stroncatori. Ma indubbiamente

allarmano i dati relativi ai giovani tra i 15 e i 29 anni. E se spesso l'ac-

cento è stato posto sulla precarietà

dell'occupazione dei giovani - cal-

colati in 800 mila - con contratti di

lavoro a tempo determinato, quel

che deve allarmare e richiede il

massimo sforzo di riflessione, è il

dato dei quasi 2 milioni di giovani

fuori di ogni tipo di occupazione,

ormai fuori dal ciclo educativo e non coinvolti nemmeno in attività di for-

mazione o addestramento. Quest'a-

rea, definita con l'acronimo NEET,

Not in Employment Education or

Training, è composta di circa 700

mila disoccupati e in misura quasi

doppia di inattivi. In questa condi-

zione di forte disagio e incertezza

per larghi strati di giovani si riflet-

tono evidentemente debolezze non

recenti del nostro complessivo pro-

cesso di crescita : se è vero che

prima dell'insorgere della recente

crisi globale, il PIL è aumentato in Italia, tra il 2000 e il 2007, di circa il

7 per cento, meno della metà del

decennio precedente. Nello stesso

periodo nell'area dell'euro il PIL è

cresciuto circa del doppio Per po-

ter aprire nuove prospettive di oc-

cupazione in tutto il paese, è dun-

que imperativo riuscire a interveni-

re su cause strutturali di ritardo

della nostra economia. Ed è impe-rativo farlo in uno col persegui-

mento di obbiettivi tanto obbligati

quanto ardui - concordati in sede

europea - di rientro dell'Italia dalla

situazione di disavanzo eccessivo e

di riduzione del peso del debito

pubblico. Se si assume il traguardo

di un sostanziale pareggio del bi-

lancio nel 2014, che comporterà

un'ulteriore manovra, per il 2013-14, di riduzione della spesa pubbli-

ca di oltre quattro punti di PIL, è

facile intuire come sarà essenziale

la caratterizzazione secondo ben

ponderate priorità di tale manovra,

e quindi la combinazione tra questa

e le azioni volte a rafforzare il po-

tenziale di crescita dell'economia e

dell'occupazione. E' di ciò che si è

discusso e ancora si discuterà in Parlamento sulla base del Docu-

mento di Economia e Finanza 2011

presentato dal governo e compren-

dente sia il Programma di stabilità

sia il Programma Nazionale di Ri-

forma nel quadro della procedura

del semestre europeo definita dal

Consiglio Europeo dello scorso 24-

25 marzo. Le audizioni svoltesi

presso le Commissioni Bilancio riu-

nite di Senato e Camera nelle ulti-me settimane hanno fornito al Par-

lamento apporti esterni di grande

ricchezza e serietà, mettendo co-

munque in evidenza l'estrema ten-

sione dello sforzo che si richiede al

paese. E io mi chiedo se l'insieme

delle parti sociali e delle forze poli-

tiche ne abbia piena consapevolez-

za e concentri come dovrebbe la

propria attenzione sulle più ambi-ziose proposte di riforma - come

Intervento del Presidente Napolitano in occasione quella fiscale - delineate dal gover-

no e sulle indicazioni da esso pro-

spettate con impegno per quel che

riguarda le politiche e azioni più

rilevanti ai fini dell'occupazione,

della formazione del capitale uma-no, dell'evoluzione dei rapporti tra

mondo dell'impresa e mondo del

lavoro. E' davvero aperto e da e-

splorare con spirito propositivo il

campo delle reali possibilità o con-

dizioni di successo tanto degli ob-

biettivi ineludibili di consolidamen-

to dei conti pubblici quanto degli

obbiettivi di crescita più sostenuta,

guardando alle situazioni più preoc-cupanti - soprattutto, si deve riba-

dirlo, il Mezzogiorno dove è stata

drammatica la perdita di posti di

lavoro - e alle esigenze e domande

delle giovani generazioni. Tra le

condizioni di successo di un pro-

gramma necessariamente ambizio-

so e innovativo, c'è certamente

quella dell'avvio di un nuovo clima

di coesione sia politica sia sociale. E a quest'ultimo proposito, mi riferi-

sco sia alle relazioni tra le diverse

parti sociali sia alle relazioni tra i

sindacati dei lavoratori. Sarebbe,

sia chiaro, fuorviante e irrealistico

immaginare il superamento di natu-

rali contrasti tra mondo delle impre-

se e mondo del lavoro, o di motivi di

attrito e competizione tra le diverse

organizzazioni dei lavoratori. Ma mi domando - ed è una domanda che

può riferirsi anche alle relazioni tra

le forze politiche : è inevitabile l'at-

tuale grado di conflittualità, è im-

possibile l'individuazione di interes-

si e di impegni comuni? Si teme

davvero che possa prodursi un ec-

cesso di consensualità, o un rischio

di cancellazione dei rispettivi tratti

identitari e ruoli essenziali? E' suffi-

cientemente chiaro il bisogno che io avverto già da tempo di un richiamo

alla durezza delle sfide che ci atten-

dono e già ci incalzano, mettendo

alla prova, ed esponendo a incogni-

te gravi, tutti gli attori sociali e poli-

tici e in definitiva il profilo storico, il

peso, il futuro della nazione. Sembra

quasi, talvolta, che l'accogliere op-

pure no, il far propri sinceramente

oppure no quei miei richiami, o co-munque si vogliano definirli, sia una

SELEZIONE AFORISMI DI

della celebrazione della Festa del Lavoro

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Il lavoro allontana da noi tre grandi

mali: la noia, il vizio e il bisogno.

(Voltaire, Candido o l'ottimismo, 1759)

Ci sono due categorie di persone

fortunate:

quelle che hanno trovato il proprio

lavoro

e quelle che non hanno bisogno di

trovarne uno.

(Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è

speranza, 2010)

Una società fondata sul lavoro non

sogna che il riposo.

(Leo Longanesi, La sua signora, 1957)

Uno dei sintomi dell'arrivo di un

esaurimento nervoso è la convin-

zione che il proprio lavoro sia tre-

mendamente importante. Se fossi

un medico, prescriverei una vacan-

za a tutti i pazienti che considerano

importante il loro lavoro.

(Bertrand Russell, La conquista della

felicità, 1930)

Se si escludono istanti prodigiosi e

singoli che il destino ci può donare,

l'amare il proprio lavoro (che pur-

troppo è privilegio di pochi) costi-

tuisce la migliore approssimazione

concreta della felicità sulla terra.

(Primo Levi, La chiave a stella, 1978)

Il lavoro è un'ottima cosa per l'uo-

mo: lo distrae dalla sua vita, gli im-

pedisce di vedere quell'altro essere

che è sé stesso e che gli rende spa-

ventosa la solitudine.

(Anatole France, L’Anneau d'améthyste,

1899)

Non c'è lavoro tanto semplice che

non possa essere fatto male.

(Arthur Bloch, Legge di Perrussel in Il

terzo libro di Murphy, 1982)

Quando qualcuno mette troppo en-

tusiasmo nel suo lavoro, ho sempre

l'impressione che sprechi più tem-

po ad entusiasmarsi che a lavorare.

(Antonio Amurri, Qui lo dico e qui lo ne-

go, 1990)

È impossibile godere a fondo l'ozio

se non si ha una quantità di lavoro

da fare.

(Jerome Klapka Jerome, Pensieri oziosi di

un ozioso, 1886)

Un uomo non è un pigro, se è assor-

to nei propri pensieri; esistono un

lavoro visibile ed uno invisibile.

(Victor Hugo, I miserabili, 1862)

Paolo Gagliardi

Si disprezzi la gente che non ha

tempo.

Si compiangano le persone che non

hanno lavoro.

Ma gli uomini che non hanno tempo

per lavorare, quelli sono da invidia-

re. (Karl Kraus, Detti e contraddetti, 1909)

L'italiano non lavora, fatica.

(Leo Longanesi, La sua signora, 1957)

questione di galateo istituzionale o

un esercizio di ipocrisia istituziona-

le. Ma è ai fatti, e alle conseguenti

responsabilità, che sempre meno si

potrà sfuggire senza mettere a re-

pentaglio quel qualcosa di più gran-de che ci unisce, quel comune inte-

resse nazionale che non è un ingan-

nevole simulacro, e senza finire per

pagare prezzi pesanti in termini di

consenso. E allora permettetemi,

amici delle organizzazioni sindacali,

di esprimere preoccupazione cre-

scente dinanzi al tradursi di contra-

sti che tra voi possono sempre sor-

gere e di motivi di competizione che non debbono stupire, in con-

trapposizioni di principio, in reci-

proche animosità e diffidenze, in

irriducibili ostilità. La nostra storia -

a partire dal 1944 e nonostante pe-

riodi di rottura e divisione - ci dice

quel che l'unità sindacale ha dato ai

lavoratori, alla democrazia, al pae-

se. La rinuncia a sforzi pazienti di

ritessitura quando si producano la-cerazioni e diventino indispensabili

dei ripensamenti, può portare solo

al peggio, dal punto di vista del pe-

so e del ruolo del lavoro e delle sue

rappresentanze. E in positivo desi-

dero citare - trattandosi di tema che

mi è stato e mi è particolarmente

caro, nella sua persistente dramma-

ticità - l'influenza che i sindacati

hanno esercitato essendo uniti, per garantire più sicurezza sul lavoro.

Registriamo così anche quest'anno

risultati positivi, per effetto di prov-

vedimenti legislativi e di comporta-

menti più responsabili che i sinda-

cati hanno sollecitato, promuovendo

un clima innovativo anche sul piano

giurisprudenziale. Ma vorrei con-

cludere allargando lo sguardo al di

là degli interlocutori istituzionali e

delle organizzazioni sociali. Nel ce-lebrare il 150° anniversario dell'Uni-

tà d'Italia, ho richiamato le grandi

prove di impegno collettivo che

hanno segnato la nostra storia e che

ci indicano la via di una rinnovata

fiducia in noi stessi. Impegno collet-

tivo significa "mobilitazione e re-

sponsabilità" - come ha detto il Mi-

nistro Sacconi - "dei singoli come

dei corpi sociali". Debbono fare la loro parte - perché il paese possa

fronteggiare con successo le sfide

di oggi e di domani - quanti hanno

ruoli di rappresentanza e di guida

nella politica e nelle istituzioni,

nell'economia e nella società, ma in

pari tempo - come volli sottolineare nel mio messaggio di fine anno -

ogni comunità, ogni cittadino. E

dunque, ogni lavoratore, ogni gio-

vane. E' l'esempio che avete dato

voi, cari Maestri del Lavoro. Alle

riforme tocca - ha chiarito il Ministro

del Lavoro - "offrire a uomini e don-

ne contesti e ambienti idonei a mas-

simizzare il potenziale che è in o-

gnuno di loro". Ma occorre poi il

massimo concorso di volontà ed

apporti individuali fino a comporre,

innanzitutto sul piano morale, quel

nuovo grande impegno collettivo di

cui ha bisogno l'Italia. Rivolgo anco-

ra, in questo spirito, il mio saluto ed augurio ai Rappresentanti dei Lavo-

ratori Anziani di Azienda ed egual-

mente ai Rappresentanti della Fede-

razione Cavalieri del Lavoro,

anch'essi testimoni di una straordi-

naria somma di sforzi e di contributi

personali e sociali nell'interesse

comune. Buon 1° maggio!

dal sito www.quirinale.it/

L’America in festa per il morto

“Di fronte alla morte di un uomo,

un cristiano non si rallegra mai,

ma riflette sulle gravi responsabi-

lità di ognuno davanti a Dio e agli

uomini” Lo ha detto padre Federi-

co Lombardi, direttore della Sala

Stampa Vaticana, a proposito della

morte di Bin Laden. “Un cristiano

si impegna - ha proseguito - per-

ché ogni evento non sia occasione

di una crescita ulteriore dell'odio,

ma della pace. Osama Bin Laden,

come tutti sappiamo, ha avuto la

gravissima responsabilità di dif-

fondere odio fra i popoli”.

Così Padre Federico Lombardi

S.I., Direttore della Sala Stampa

della Santa Sede.

info: [email protected]

Persino i nazisti, prima di essere impiccati, furono processati a No-

rimberga. Bin Laden non è stato as-

sassinato, ucciso, fucilato, ammazza-

to, sparato. No. Bin Laden è stato "terminato", citando le parole di O-

bama. Un'elegante metafora che

riduce un uomo a un insetto. I fami-

liari di Goring non furono condan-

nati a morte, un figlio di Bin Laden è

stato invece "terminato". Era lì, sul

luogo del delitto, la colpa è sua. Bin

Laden, l'ex amico della Cia e degli Stati Uniti, educato nelle migliori

università, è innocente o colpevole

dell' 11 settembre? Avrebbe dovuto

stabilirlo un tribunale in base alle

prove, al dibattimento. Il mondo

avrebbe assistito e, forse, capito.

Gli americani sono intervenuti a ca-

sa degli altri, come di consuetudine,

cow boy della Terra. Il Pakistan è

uno Stato indipendente. Per le leggi

internazionali, gli Stati Uniti avreb-

bero dovuto chiedere al governo

pachistano di catturare Osama. Per-

ché non lo hanno fatto? Il cadavere

di Bin Laden è stato, secondo le fonti

statunitensi gettato in mare dopo un funerale islamico (?) su di una

portaerei. Lo hanno trasportato da

Islamabad, per centinaia di chilo-

metri, per darlo in pasto ai pesci.

Chi potrà dimostrarne il decesso?

Bin Laden serve a Obama per vin-

cere le elezioni. Forse però perde-rà la guerra. Questa morte è, infatti,

una vendetta e sangue chiama sem-

pre sangue. Il fanatismo islamico

può riesplodere e dilagare. Le sce-

ne di giubilo nelle strade delle città

americane ,dopo la notizia della

scomparsa di Osama, hanno ricor-

dato le stesse scene nei Paesi arabi

dopo il crollo delle Torri Gemelle.

C'è qualcosa di malato nel festeg-

giare la morte di una persona, an-che di un criminale, come allora

era rivoltante celebrare un massa-

cro.

Bin Laden viveva in una palazzina

di tre piani a Abbottabad, una loca-lità turistica montana non distante

da Islamabad. Abbottabad è sede

di un'accademia militare e ha nu-

merose caserme. Il governo pachi-

stano non poteva non sapere, così

come a suo tempo il governo italia-

no non poteva non sapere che Totò

Riina viveva, con la sua famiglia, al centro di Palermo. Bin Laden è sta-

to sacrificato, ammesso che non

fosse già morto da tempo.

"Terminato" come si usa dire in A-

merica per coloro che osano sfidar-

la. La disumanità è tra noi.

"Restiamo umani", come voleva Vit-

torio Arrigoni

dal sito www.beppegrillo.it

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ACH VOJA

Ach voja d’ ciapé so

sti quàtar strëz

seinza dì gnit a incioun.

Ach voja d’aviém

da tot ste pur-che-seia

e d’an turnér indrì.

CHE VOGLIA

Che voglia di prender su

questi quattro stracci

senza dire niente a nessuno.

Che voglia di andarmene

da questo purchessia

e non tornare indietro. di Paolo Gagliardi

LA MANIPOLAZIONE L’ “uccisione” di bin Laden mi ha

fatto venire in mente un bell’articolo

di qualche giorno fa di Lucio Carac-

ciolo (“Il collasso dell’ informazio-

ne”) e, in particolare, la citazione da

lui fatta delle tremende parole rivol-

te, all’epoca della guerra contro

l’Iraq del 2003, da un consigliere di

Bush al giornalista Ron Suskind del

New York Times.

“La gente come lei vive in quella

che noi chiamiamo la comunità basa-

ta sulla realtà”. Dove ci si illude “che

le soluzioni emergano dal giudizioso

studio di una realtà comprensibile.

Oggi il mondo non funziona più così.

Noi siamo un impero. E mentre agia-

mo, creiamo la nostra realtà. E men-

tre voi giudiziosamente studiate quel-

la realtà, noi agiamo di nuovo, pro-

ducendo nuove realtà, che voi potre-

te studiare. Noi siamo gli attori della

storia. E a voi, a tutti voi, resta di stu-

diarla”.

di ANDREA CARANCINI

in andreacarancini.blogspot.com

“La coerenza è una virtù anche

per i cattolici in politica. Il loro

compito non è quello di privilegia-

re le caste o gli interessi privati,

ma avere a cuore le sorti delle fa-

miglie, delle nuove generazioni e

delle categorie più emarginate. In

coerenza con i principi evangelici.

Non esiste una politica cristia-

na, ma cristiani che si impegna-

no in politica, testimoniando con

coerenza i valori in cui credono.”

“Qui, non c’è niente e nessu-

no !” Aspetta a dirlo. Prima

accendi una luce !

Fino al settecento si credeva che

il mettere una camicia sporca e

delle sementi in una scatola, calda

e umida, avrebbe generato (dopo

alcune settimane e per germina-

zione spontanea) la comparsa di qualche topolino.

Alla fine del secondo millennio

c’era chi andava raccontando che

la luce della Luna poteva trasfor-

mare un uomo in un licantropo ( o

“uomo-lupo”). Inoltre, sempre in

quegli anni, era raccomandato di prestare attenzione agli uomini

Vampiro. Infatti il morso di un

Vampiro, al collo di un essere u-

mano, avrebbe trasformato la vit-

tima in un … altro Vampiro !

Agli inizi del terzo millennio una

forma, improvvisa e diffusa, di

Il principe si è sposato, il cattivo è morto, ...

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Che cosa possono produrre i Palestinesi ?

Che cosa potresti comperare dai Palestinesi ?

Che cosa valgono le risoluzioni dell’O.N.U. ?

convivere, allora: due popoli in due Stati !

Se gli israeliani e i palestinesi non sanno

Ma quanto è dato osservare è molto diverso...

PARI OPPORTUNITÀ

IO NON COMPRO

LAVAZZA TEVA JAFFA L’OREAL

Negli ultimi tre anni gli interventi

delle CARITAS, in Provincia di

Ravenna, sono cresciuti del

Eppure, fino ad un anno fa, al Go-

verno del Paese c’era chi negava

la crisi. Poi costoro hanno ammes-

so che la crisi esisteva, ma era un

problema mondiale. Ora, in alcu-

ni Paesi, è iniziata la ripresa eco-

nomica mentre in Italia la crisi

perdura. Questa volta, che cosa ci

verranno a raccontare ?

28 %

Sì, riscriviamo la Costituzione !

Ecco il nuovo art. 1° :

“La sovranità appartiene al

Popolo delle Libertà !”

150 Il mondo che abbiamo creato

è il prodotto del nostro pensie-

ro e dunque non può cambiare

se prima non modifichiamo il

nostro modo di pensare. Albert Einstein

Quale politica energetica per il

futuro del Paese ?

Il Governo rompe gli indugi:

stop al nucleare e stop al fotovol-

taico.

Avanti tutta, a lume di candela !

Ma questa è la settimana Walt Disney ?! pazzia colpì numerosi individui, tra-

sformando persone normali e con

famiglia in terroristi sanguinari.

Attorno all’anno duemila, alcuni

cosiddetti leader vennero aiutati,

dai Paesi Occidentali, a conquistare

la guida di intere Nazioni o Stati (del

Nord Africa e della Mezza Luna Ara-

ba). Ma, dopo soli trent’anni, tutti quei leader politici erano diventati

degli “spietati e pericolosi dittato-

ri”. Allora quegli stessi Paesi Occi-

dentali si adoperarono (con le buo-

ne o con le … cattive) per la destitu-

zione di leader ora ex-amici. Pochi

leader sopravvissero agli eventi e,

comunque, nessuno di loro ebbe

l’opportunità di raccontare la sua

versione su quanto fosse accaduto.

dal sito http://zarja01.blogspot.com

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L’ITALIA NON È UN PAESE PER I GIOVANI 2° Governo Berlusconi (dal 11-06-2001 al 23-04-2005) Durata (giorni) 1412

3° Governo Berlusconi (dal 23-04-2005 al 16-05-2006) Durata (giorni) 388

2° Governo Prodi (dal 16-05-2006 al 08-05-2008)) Durata (giorni) 723

4° Governo Berlusconi (dal 08-05-2008 al …-…-… ) Otto anni, degli ultimi dieci...

Sono stati tagliati i fondi per la scuola pubblica. Chi non ha testa, usa i muscoli. Chi ha solamente i muscoli è in … concorrenza con il 3° Mondo.

È stato incentivato il lavoro straordinario. Se otto occupati fanno un’ora di straordinario, quel giorno una persona non ha il lavoro.

È stata alzata l’età per poter andare in pensione. Se i posti non si liberano, gli occupati sono sempre gli stessi.

Vuoi eliminare il

ricorso all'energia

nucleare? Sì.

Vuoi cancellare

la privatizzazione

dell'acqua? Sì.

Vuoi sbarazzarti del

legittimo impedimento?

Sì.

Referendum del

12 e 13 giugno