voltana on line n.18-2012

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18 2012 Voltana On Line www.voltanaonline.it re impedire il default del Paese. Ma… Ma questo non deve diven- tare un alibi o un ricatto per rinun- ciare ad altre considerazioni. Non siamo dei fanatici! È venuto il momento dei sacrifici, ma verifi- chiamo come questi sono ripartiti. Poi occorre individuare un “qualcuno” a cui affidare la scelta della cura da seguire, così ché l’economia torni a diventare sana e prospera. Ma dobbiamo essere accorti nella scelta. Chi, poi, ci ha condotti nel baratro dovrà essere giudicato e, soprattutto, non potrà ricevere una ulteriore investitura, tentando - astutamente - ora di ve- stire i panni del salvatore. Qualche considerazione. Se esiste un debito, esiste anche un credito. O, con altre parole: l’esistenza di tanti debitori e relativi de- biti è strettamente correlata alle scelte dei creditori. La “responsabilità del debito” è certa- mente del debitore, ma - nella società dei consumi - il debito è agevolato, incentiva- to. Anche i creditori sono responsabili di questo ... favoreggia- mento e quindi accet- tarne rischi e conse- guenze. Una moneta ha sempre due facce! Similmente lo stesso tratto di strada può essere visto sia come il principio di una salita oppure come la fine di una discesa; dipende dalle circo- stanze. Il debito è una stra- da. Chi lo ha contratto è giusto che faccia dei sacrifici per resti- tuire il dovuto. Ma il creditore non può pensare di ricavarne una rendi- ta perpetua, rendendo l’onere della restituzione eccessivo e la salita impervia! Il Mercato: “chi” o “che cosa” è? Lo Stato: “chi” o “che cosa” è? Semplicemente: è o sono “una” o “un insieme di più persone”! Sba- glia chi non si cura di come è speso il pubblico denaro, perché prima o poi dovrà pagare anche lui e ri- spondere di quei debiti. Lo Stato siamo tutti. Sbaglia chi non si accor- ge che “il Mercato” altro non è che delle “persone” le quali pensano, analizzano, scelgono, “speculano”. Persone che sperano di indovinare gli eventi e le tendenze future, di lucrare dalle azioni compiute oggi, forti dei loro studi e delle loro con- vinzioni su quello che accadrà do- mani. Il mercato e la speculazione non sono entità astratte e non sono neppure intrinsecamente perfide. È possibile osservare tanti atteg- giamenti superficiali e scomposti. Così come è necessario in diverso atteggiamento verso lo Stato e, si- milmente, verso i Mercati. Se permane la scelta della non responsabilità per il bene comune e per la cosa pubblica, alla fine avre- mo Stati indebitati che vesseranno i cittadini, come fossero sudditi. Se continueremo a considerare gli speculatori come avvoltoi o sciacalli perderemo il nostro tempo, poiché comunque l’economia ha delle re- gole. Gli speculatori hanno una fun- zione che si palesa meglio quando l’economia non è sana ed hanno perfino un ruolo quando la politica non svolge le sue funzioni Accettiamo di fare dei sacrifici, ma non rinunciamo a domandarci: “per che cosa?” e “ne vale realmente la pena?”. Solo così potremo sperare che qualche cosa possa cambiare. Diversamente avrà fondamento il dubbio che, tra qualche tempo, la crisi torni e la situazione si ripeta. Muoversi? Camminare? Azioni che non hanno bisogno di alcuna spie- gazione. È tutto noto. È tutto ovvio. Ma… Ma se camminassimo guar- dando sempre indietro, prima o poi incontreremmo il classico palo. E se camminassimo guardando sempre il cielo, prima o poi calpe- steremmo una … buccia di banana. Se, poi, camminassimo guardando sempre la punta dei piedi, prima o poi ci accorgeremmo di trovarci sulle strisce pedonali, senza aver prima guardato il semaforo. Dunque anche le cose ovvie, che non hanno bisogno di parole o spie- gazioni, vanno gestite e dosate. Ora siamo tutti d’accordo che c’è una crisi economica e che sia molto grave. E siamo tutti d’accordo che occor- “Ce lo chiede l’Imperatore, anzi l’Europa. Banzai!” di Mario Paganini

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Page 1: Voltana On Line n.18-2012

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2012 Voltana On Line www.voltanaonline.it

re impedire il default del Paese.

Ma… Ma questo non deve diven-

tare un alibi o un ricatto per rinun-

ciare ad altre considerazioni.

Non siamo dei fanatici! È venuto il

momento dei sacrifici, ma verifi-

chiamo come questi sono ripartiti.

Poi occorre individuare un

“qualcuno” a cui affidare la scelta

della cura da seguire, così ché

l’economia torni a diventare sana e

prospera. Ma dobbiamo essere

accorti nella scelta. Chi, poi, ci ha

condotti nel baratro dovrà essere

giudicato e, soprattutto, non potrà

ricevere una ulteriore investitura,

tentando - astutamente - ora di ve-

stire i panni del salvatore.

Qualche considerazione.

Se esiste un debito, esiste anche

un credito. O, con altre parole:

l’esistenza di tanti

debitori e relativi de-

biti è strettamente

correlata alle scelte

dei creditori.

La “responsabilità

del debito” è certa-

mente del debitore,

ma - nella società dei

consumi - il debito è

agevolato, incentiva-

to. Anche i creditori

sono responsabili di

questo ... favoreggia-

mento e quindi accet-

tarne rischi e conse-

guenze. Una moneta

ha sempre due facce!

Similmente lo stesso

tratto di strada può

essere visto sia come

il principio di una

salita oppure come la

fine di una discesa;

dipende dalle circo-

stanze.

Il debito è una stra-

da. Chi lo ha contratto

è giusto che faccia

dei sacrifici per resti-

tuire il dovuto. Ma il creditore non

può pensare di ricavarne una rendi-

ta perpetua, rendendo l’onere della

restituzione eccessivo e la salita

impervia!

Il Mercato: “chi” o “che cosa” è?

Lo Stato: “chi” o “che cosa” è?

Semplicemente: è o sono “una” o

“un insieme di più persone”! Sba-

glia chi non si cura di come è speso

il pubblico denaro, perché prima o

poi dovrà pagare anche lui e ri-

spondere di quei debiti. Lo Stato

siamo tutti. Sbaglia chi non si accor-

ge che “il Mercato” altro non è che

delle “persone” le quali pensano,

analizzano, scelgono, “speculano”.

Persone che sperano di indovinare

gli eventi e le tendenze future, di

lucrare dalle azioni compiute oggi,

forti dei loro studi e delle loro con-

vinzioni su quello che accadrà do-

mani. Il mercato e la speculazione

non sono entità astratte e non sono

neppure intrinsecamente perfide.

È possibile osservare tanti atteg-

giamenti superficiali e scomposti.

Così come è necessario in diverso

atteggiamento verso lo Stato e, si-

milmente, verso i Mercati.

Se permane la scelta della non

responsabilità per il bene comune e

per la cosa pubblica, alla fine avre-

mo Stati indebitati che vesseranno i

cittadini, come fossero sudditi.

Se continueremo a considerare gli

speculatori come avvoltoi o sciacalli

perderemo il nostro tempo, poiché

comunque l’economia ha delle re-

gole. Gli speculatori hanno una fun-

zione che si palesa meglio quando

l’economia non è sana ed hanno

perfino un ruolo quando la politica

non svolge le sue funzioni

Accettiamo di fare dei sacrifici, ma

non rinunciamo a domandarci: “per

che cosa?” e “ne vale realmente la

pena?”. Solo così potremo sperare

che qualche cosa possa cambiare.

Diversamente avrà fondamento il

dubbio che, tra qualche tempo, la

crisi torni e la situazione si ripeta.

Muoversi? Camminare? Azioni che

non hanno bisogno di alcuna spie-

gazione. È tutto noto. È tutto ovvio.

Ma… Ma se camminassimo guar-

dando sempre indietro, prima o poi

incontreremmo il classico palo.

E se camminassimo guardando

sempre il cielo, prima o poi calpe-

steremmo una … buccia di banana.

Se, poi, camminassimo guardando

sempre la punta dei piedi, prima o

poi ci accorgeremmo di trovarci

sulle strisce pedonali, senza aver

prima guardato il semaforo.

Dunque anche le cose ovvie, che

non hanno bisogno di parole o spie-

gazioni, vanno gestite e dosate.

Ora siamo tutti d’accordo che c’è

una crisi economica e che sia molto

grave.

E siamo tutti d’accordo che occor-

“Ce lo chiede l’Imperatore, anzi l’Europa. Banzai!” di Mario Paganini

Page 2: Voltana On Line n.18-2012

prendendo coscienza e si rimbocca-

no le maniche. Persone che non a-

spettano che qualcuno, di animo

generoso e nobile “per e

nell’interesse del popolo” decida di

scendere in campo. Scendono in

campo di loro iniziativa, sono sem-

plici cittadini con altri cittadini.

Non tutto il vecchio è da buttare.

Daremo, quindi, conto e spazio

anche di quanto sta evolvendo.

Non resta che guardarsi intorno e

segnalare le iniziative (locali e non)

che sembrano destinate ad avere

una prospettiva.

Partiti esistenti, si pone neanche

lontanamente questi obiettivi. Noi

vogliamo che si realizzino.

Per questo motivo auspichiamo

la creazione di una nuova forza

politica – completamente diversa dalle esistenti – che induca un rin-

novamento nei contenuti, nelle per-

sone e nel modo di fare politica.

Cittadini, associazioni, corpi inter-

medi, rappresentanze del lavoro e

dell’impresa esprimono disagio e

chiedono cambiamento, ma non tro-

vano interlocutori. Ci rivolgiamo a

loro per avviare un processo di ag-

gregazione politica libero da perso-

nalismi e senza pregiudiziali ideolo-

giche, mirato a fare dell’Italia un

Paese che prospera e cresce. Invi-

tiamo a un confronto aperto le per-

sone e le organizzazioni interessate,

per costruire quel soggetto politico

che 151 anni di storia unitaria ci

hanno sinora negato e di cui abbia-

mo urgente bisogno.

dal sito http://fermareildeclino.it/

Pagina 2 www.voltanaonline.it n. 18 - 2012

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plicato l'art. 5 della legge 8 Febbraio

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odicità regolare (art. 1 comma 3, legge

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tamente rimosso.

www.voltanaonline.it verificherà, per quanto possibile, che tutto il materiale

inviato e riprodotto nel sito e nel PDF sia conforme alle licenze Creative Com-

mons o non coperto da copyright.

La classe politica emersa dalla

crisi del 1992-94 - tranne poche

eccezioni individuali - ha fallito:

deve essere sostituita perché è

parte e causa di quel declino so-

ciale che vogliamo fermare.

L’Italia può e vuole crescere nuo-

vamente.

Per farlo deve generare mobilità

sociale e competizione, rimettendo

al centro lavoro, professionalità,

libera iniziativa e merito individua-

le. Affinché l’interesse di chi lavora

– o cerca di farlo, come i giovani e

tante donne – diventi priorità biso-

gna smantellare la rete di monopoli

e privilegi che paralizzano il Paese.

I problemi odierni sono gli stessi di

vent'anni fa, solo incancreniti:

l’inefficienza dell’apparato pubbli-

co e il peso delle tasse che lo finan-

ziano stanno stremando l’Italia. Per-

dendo lavoro e aziende, migliaia di

persone non sono più in grado di

produrre e milioni di giovani non lo

saranno mai.

Tagliare e rendere più efficiente

la spesa, ridurre le tasse su chi pro-

duce, abbattere il debito anche

attraverso la vendita di proprietà

pubbliche, premiare il merito tra i

dipendenti pubblici, promuovere

liberalizzazioni e concorrenza an-

che nei servizi e nel sistema forma-

tivo, eliminare i conflitti di interes-

se, liberare e liberalizzare

l’informazione, dare prospettive e

fiducia agli esclusi attraverso un

mercato del lavoro più flessibile ed

equo. Sono queste le discriminanti

che separano chi vuole conservare

l’esistente da chi vuole cambiarlo

per far sì che il Paese goda i bene-

fici dell’integrazione economica

europea e mondiale. Nessuno, fra i

Dobbiamo fermare il declino italiano, di cui

Monti, quello che doveva fare l’ha fatto...

info: [email protected]

A Mieres, piccolo paese

delle Asturie (Spagna), c'è

stata una protesta un po' sin-

golare.

Sotto uno striscione con la

scritta «a forza di tanto ta-

gliare, ci hanno lasciato nu-

di», otto pompieri hanno po-

sato davanti alle telecamere

dei media, con i fondoschie-

na rivolti verso gli obiettivi.

Dal sito www.ilmessaggero.it

Si fa presto a dire che lo sciopero

è uno strumento di lotta superato, o che deve essere consentito solo ad

alcuni settori. Oppure che la società

moderna, evoluta e civile dei nostri

giorni non può consentire ad alcuno

di scioperare, pertanto debbono es-

sere adottate forme di lotta alternati-

ve. Se tra quei glutei ci fossero quelli di tuo padre, tuo marito o tuo

figlio, di sicuro troveresti che lo scio-

pero tradizionale è molto meglio!

la crisi finanziaria è solo un’aggravante.

“Monti ha fatto quello che pote-

va” “Nella zona Euro le economie di alcuni Paesi sono più disastrate,

quindi: tanto meglio! Perché così

noi vedrai che non ci potranno far

fallire!” Siamo troppo grandi per

fallire”. Queste le considerazioni.

Non saranno ragionamenti da sta-

tista o da fine politico. Ma l’aria che

tira è quella di elezioni anticipate.

Accanto ai soliti, a vita guardiani e

custodi dell’italica democrazia bloc-

cata, nella società civile qualche

cosa si muove. Verrebbe da dire

che sono molte le persone stanno

Page 3: Voltana On Line n.18-2012

Pagina 3 www.voltanaonline.it n. 18 - 2012

Caffè letterario di Lugo

Hotel Ala d’Oro - Corso Matteotti, 56

Info: 0545 - 22388 e su Facebook

ro anziché tutelare il posto di lavoro

esistente o le imprese inefficienti.

Tutti i lavoratori, indipendentemen-

te dalla dimensione dell'impresa in

cui lavoravano, devono godere di

un sussidio di disoccupazione e di

strumenti di formazione che per-

mettano e incentivino la ricerca di

un nuovo posto di lavoro quando

necessario, scoraggiando altresì la

cultura della dipendenza dallo Sta-

to. Il pubblico impiego deve essere

governato dalle stesse norme che

sovrintendono al lavoro privato in-

troducendo maggiore flessibilità sia

del rapporto di lavoro che in co-

stanza del rapporto di lavoro.

6) Adottare immediatamente una

legislazione organica sui conflitti

d'interesse. Imporre effettiva traspa-

renza e pubblica verificabilità dei

redditi, patrimoni e interessi econo-

mici di tutti i funzionari pubblici e di

tutte le cariche elettive. Instaurare

meccanismi premianti per chi de-

nuncia reati di corruzione. Vanno

allontanati dalla gestione di Enti

Pubblici e di imprese quotate gli

amministratori che hanno subito

condanne penali per reati economi-

ci o corruttivi.

7) Far funzionare la giustizia. Rifor-

mare il codice di procedura e la

carriera dei magistrati, con netta

distinzione dei percorsi e avanza-

mento basato sulla performance; no

agli avanzamenti di carriera dovuti

alla sola anzianità. Introdurre e svi-

luppare forme di specializzazione

che siano in grado di far crescere

l'efficienza e la prevedibilità delle

decisioni. Difendere l'indipendenza

di tutta la magistratura, sia inquiren-

te che giudicante. Assicurare la ter-

zietà dei procedimenti disciplinari a

carico dei magistrati. Gestione pro-

fessionale dei tribunali generaliz-

zando i modelli adottati in alcuni di

essi. Assicurare la certezza della

pena da scontare in un sistema car-

cerario umanizzato.

8) Liberare le potenzialità di cresci-

ta, lavoro e creatività dei giovani e

delle donne, oggi in gran parte e-

sclusi dal mercato del lavoro e dagli

10 interventi per la crescita di Michele Boldrin 1) Ridurre l'ammontare del debito

pubblico. è possibile scendere ra-

pidamente sotto la soglia simbolica

del 100% del PIL anche attraverso

alienazioni del patrimonio pubbli-

co, composto sia da immobili non

vincolati sia da imprese o quote di

esse.

2) Ridurre la spesa pubblica di

almeno 6 punti percentuali del PIL

nell'arco di 5 anni. La spending re-

view deve costituire il primo passo

di un ripensamento complessivo

della spesa, a partire dai costi della

casta politico-burocratica e dai sus-

sidi alle imprese (inclusi gli organi

di informazione). Ripensare in mo-

do organico le grandi voci di spesa,

quali Sanità e Istruzione, introdu-

cendo meccanismi competitivi

all’interno di quei settori. Riformare

il sistema pensionistico per garanti-

re vera equità inter - e intra -

generazionale.

3) Ridurre la pressione fiscale

complessiva di almeno 5 punti in 5

anni, dando la priorità alla riduzio-

ne delle imposte sul reddito da la-

voro e d'impresa. Semplificare il

sistema tributario e combattere l'e-

vasione fiscale destinando il gettito

alla riduzione delle imposte.

4) Liberalizzare rapidamente i set-

tori ancora non pienamente concor-

renziali quali, a titolo di esempio:

trasporti, energia, poste, telecomu-

nicazioni, servizi professionali e

banche (inclusi gli assetti proprie-

tari). Privatizzare le imprese pub-

bliche con modalità e obiettivi pro-

concorrenziali nei rispettivi settori.

Inserire nella Costituzione il princi-

pio della concorrenza come meto-

do di funzionamento del sistema

economico, contro privilegi e mo-

nopoli d'ogni sorta. Privatizzare la

RAI, abolire canone e tetto pubbli-

citario, eliminare il duopolio imper-

fetto su cui il settore si regge favo-

rendo la concorrenza. Affidare i

servizi pubblici, incluso quello ra-

diotelevisivo, tramite gara fra im-

prese concorrenti.

5) Sostenere i livelli di reddito di

chi momentaneamente perde il lavo-

Un calendario, aggiornato, degli

eventi pubblici a Voltana ?

Lo trovi nel sito facendo click in

AGENDA !

ambiti più rilevanti del potere eco-

nomico e politico. Non esiste una

singola misura in grado di farci rag-

giungere questo obiettivo; occorre

agire per eliminare il dualismo oc-

cupazionale, scoraggiare la discri-

minazione di età e sesso nel mondo

del lavoro, offrire strumenti di assi-

curazione contro la disoccupazione,

facilitare la creazione di nuove im-

prese, permettere effettiva mobilità

meritocratica in ogni settore

dell’economia e della società e,

finalmente, rifondare il sistema e-

ducativo.

9) Ridare alla Scuola e all'Universi-

tà il ruolo, perso da tempo, di volani

d e l l ' e m a n c i p a z i o n e s o c i o -

economica delle nuove generazioni.

Non si tratta di spendere di meno,

occorre anzi trovare le risorse per

spendere di più in educazione e

ricerca. Però, prima di aggiungere

benzina nel motore di una macchi-

na che non funziona, occorre farla

funzionare bene. Questo significa

spendere meglio e più efficace-

mente le risorse già disponibili.

Vanno pertanto introdotti cambia-

menti sistemici: la concorrenza fra

istituzioni scolastiche e la selezione

meritocratica di docenti e studenti

devono trasformarsi nelle linee gui-

da di un rinnovato sistema educati-

vo. Va abolito il valore legale del

titolo di studio.

10) Introdurre il vero federalismo

con l'attribuzione di ruoli chiari e

coerenti ai diversi livelli di governo.

Un federalismo che assicuri ampia

autonomia sia di spesa che di entra-

ta agli Enti Locali rilevanti, ma che,

al tempo stesso, punisca in modo

severo gli amministratori di quegli

enti che non mantengono il pareg-

gio di bilancio rendendoli respon-

sabili, di fronte ai propri elettori,

delle scelte compiute. Totale tra-

sparenza dei bilanci delle Pubbli-

che Amministrazioni e delle società

partecipate da Enti Pubblici con

l'obbligo della loro pubblicazione

sui rispettivi siti Internet. La stessa

"questione meridionale" va affron-

tata in questo contesto, abbando-

nando la dannosa e fallimentare

politica di sussidi seguita nell'ulti-

mo mezzo secolo.

dal sito

http://fermareildeclino.it/10proposte

Page 4: Voltana On Line n.18-2012

Pagina 4 www.voltanaonline.it n. 18 - 2012

Sono le armi. Ma tutti sappiamo che non sono proprio le armi.

film e dei videogiochi violenti. Ulti-

mamente ho controllato: i film e i

videogiochi in Giappone sono mol-

to più violenti dei nostri – eppure di solito meno di venti persone l’anno

vengono uccise con armi da fuoco –

nel 2006 addirittura solo due!

Altri diranno che la colpa è delle

separazioni e dei divorzi nelle fami-

glie. Mi spiace dover sfatare

quest’argomento ma nel Regno Uni-

to c’è lo stesso numero di famiglie

separate o divorziate – eppure nel

Regno Unito ci sono meno di 40 uc-

cisioni con arma da fuoco l’anno.

[…] in Germania, una nazione di

80 milioni di persone, ci sono solo

circa 200 omicidi con arma da fuoco

l’anno.

[…] Ma c’è anche un altro proble-

ma. Ci sono tantissime armi da fuo-

co in Canada (soprattutto fucili da

caccia) – eppure in Canada muoio-

no per armi da fuoco non più di 200

persone l’anno. Per vicinanza geo-

grafica, la cultura canadese è molto

simile a quella nostra - i bambini

giocano con gli stessi videogiochi e

guardano gli stessi programmi in

televisione, eppure non crescono

con la voglia di spararsi addosso. La

Svizzera è al terzo posto nella classi-

fica mondiale di numero di armi pro

-capite, ma ha un bassissimo tasso

di uccisioni con armi da fuoco. Allo-

ra: perché noi?

[…] 1.Noi Americani siamo dei

killer incredibilmente abili. Noi crediamo che l’uccidere fa parte dei

nostri compiti. Tre quarti dei nostri

stati applica la pena di morte, anche

se gli stati con il minor numero di

omicidi sono quelli in cui non si ap-

plicano pene capitali.

Le nostre uccisioni non sono solo

storiche (il massacro degli indiani e

degli schiavi e i massacri generali

durante la guerra “civile”). Sono il

modo attuale in cui risolviamo i pro-

blemi quando abbiamo paura.

[…] 2. Siamo un popolo che si

spaventa facilmente ed è facile

manipolarci con la paura. Di cosa abbiamo così paura da farci tenere

300 milioni di armi nelle nostre ca-

se?

Cosa può farci del male?

Perché la maggior parte di queste

armi sono nelle case delle periferie

urbane e delle zone agricole?

Forse dovremmo sistemare i no-

stri problemi razziali e di povertà

(noi, primo paese industrializzato)

e poi forse riusciremo a sentirci

meno frustrati, spaventati, arrab-

biati al punto da aprire il cassetto

ed estrarre la pistola. Forse riusci-

remmo a prenderci cura l’uno

dell’altro.

Sintesi dell’articolo di Michael Moore.

Ai giorni nostri, quasi ogni nazio-

ne ha il suo psicopatico o due che

commettono uccisioni di massa, a

prescindere dalla severità o meno

delle diverse leggi sulla detenzione

d’armi: l’anno scorso in Norvegia il

maniaco sulla supremazia dei bian-

chi, la scorsa domenica, lo stermi-

natore di scolari a Dunblane, Sco-

zia, il killer al Politecnico di Mon-

treal, l’eccidio a Erfurt, in Germa-

nia...l’elenco appare infinito.

[…] Ci sono sempre stati i folli e

sempre ci saranno.

Ma ecco qual è la differenza tra il

resto del mondo e noi: noi abbia-

mo due Aurora che avvengono

ogni singolo giorno di ogni singo-

lo anno! Almeno 24 americani al giorno (8-9,000 l’anno) sono uccisi

da persone armate – senza contare

quelli uccisi accidentalmente da

armi da fuoco o quelli che si tolgo-

no la vita con un’arma da fuoco. Se

consideriamo anche questi rag-

giungiamo la cifra di oltre 25,000

persone.

Questo significa che gli Stati Uniti

sono responsabili di oltre l’80% di

tutte le morti con arma da fuoco

nei 23 paesi più ricchi messi in-

sieme. Considerando che gli abi-tanti di questi paesi, in quanto esse-

ri umani, non sono né migliori e né

peggiori d noi, allora. . . perché

noi?

[…] La destra crede che i Padri

Fondatori, per un qualche mandato

divino, gli abbiano garantito l’ as-

soluto diritto di possedere tutte le

armi da fuoco che vogliono. Sono lì

a ricordarci incessantemente che

non è la pistola che spara da sola:

“Le pistole non uccidono la gente,

è la gente che uccide la gente”.

Ovviamente, sanno di essere in-

tellettualmente disonesti (se mi è

concesso il termine) quando parla-

no così riguardo al Secondo emen-

damento, poiché sanno che chi ha

scritto la Costituzione voleva solo

fare in modo che si potesse orga-

nizzarsi velocemente un “esercito”

raccogliendo agricoltori e commer-

cianti, in caso i Britannici avessero

deciso di tornare indietro e fare

danni.

[…] Diranno che la colpa è dei

L’informazione manipolata serve

a garantire il controllo sociale.

Una volta chi non sapeva, taceva.

Ora, invece, l’informazioni addome-

sticate dà l’illusione di sapere. Così

anche chi è totalmente estraneo ad un

fenomeno o ad un evento si sente di

dover partecipare, di dover dire la

sua, magari con passione o foga.

Il recente raddoppio delle tasse

Universitarie, per gli studenti fuori

corso, è un provvedimento classista.

L’informazione addomesticata non

ha spiegato che i corsi Universitari

sono attivati calcolando gli iscritti

di quell’anno e non i fuori corso.

Ad esempio: se gli iscritti per la pri-

ma volta al secondo anno sono 489

saranno attivati tre corsi di Analisi

Matematica. Poco importa se esistono

altri 46 studenti, ora fuori corso, che

non hanno ancora superato quell’esame. Dunque lo studente

universitario fuori corso non costa

di più. Anzi, ha già pagato un servi-

zio, senza trarne profitto.

Lo studente fuori corso chi è? Per-

ché alcuni studenti vanno fuori corso?

Ci sono studenti … predisposti o che

più facilmente di altri vanno fuori cor-

so? Sì, chi studia e lavora! Chi fre-

quenta da “pendolare”. Tutti studenti

che, per intuibili ragioni economiche,

non possono dedicarsi a tempo pieno

allo studio. Studenti che non possono

concentrarsi, ma che hanno testa e

muscoli per molte ore ad altre fac-

cende destinati. È difficile ottenere

una borsa di studio. E non tutti posso-

no confidare su una “paghetta” ade-

guate alla società dei consumi (senza

rischiare di apparire dei miserabili).

Non resta che lavorare e studiare. “E

se il costo degli studi aumenta?”

“Ragazzi, lavorate di più, oppure alla

carriola!” No, meglio protestare !

di MICHAEL MOORE dal sito www. commondreams.org. Traduzione nel sito www.comedonchisciotte.org.

Page 5: Voltana On Line n.18-2012

Pagina 5 www.voltanaonline.it n. 18 - 2012

La scuola di

ballo latino

americano

SALSARRIBA

and

friends

in … Tournée.

Estate 2012

Il piacere di

ballare,

stare insieme

e

divertirsi !

Più risorse agli ospedali, meno soldi alle armi costi unitari per aereo siano rad-

doppiati dall'inizio della fase di svi-

luppo», ha affermato Francesco Vi-

gnarca, della Rete italiana per il di-

sarmo, uno dei tre grandi soggetti

che hanno promosso questa campa-

gna.

Giulio Marcon di Sbilanciamoci! ha

aggiunto: «Abbiamo un welfare che

sta scomparendo. Con una minima

parte dei soldi risparmiati si po-

trebbero salvare posti letto negli

ospedali, risolvere la questione

degli esodati, mettere in sicurez-

za oltre diecimila scuole, creare

migliaia di posti di lavoro». Men-tre Flavio Lotti della Tavola per la

pace ci tiene a chiarire che «opporsi

a queste armi non è un affare da pa-

cifisti, ma da gente responsabile.

Dobbiamo ridurre il debito pubbli-

co e anche la Difesa deve, finalmen-

te, dare un contributo significativo».

D'altronde, la spesa per questi

cacciabombardieri è inutile e indi-

fendibile. Molti Paesi si sono già

sfilati. Nei giorni scorsi, il Parlamen-

to olandese ha votato una risoluzio-

ne per uscire dal programma. L'Au-

stralia ha rimandato di due anni la

decisione di acquisto. In Canada e

Norvegia sono in corso roventi pole-

miche al riguardo. E anche in Italia

si comincia a reagire, come ricorda

ancora Flavio Lotti: «Dai problemi

tecnici evidenziati addirittura dal

Pentagono alle forti perplessità di

tutti gli altri Paesi partner e alle ine-

sistenti “penali” sulla cancellazione

dell'acquisto, anche l'opinione pub-

blica italiana ha avuto modo di ca-

pire meglio tutti i risvolti del pro-

getto F-35».

La politica, in cerca di consensi,

ha battuto un colpo. Con l'inedita

alleanza tra sinistra pacifista e parti

della destra. «Non capiamo per-

ché sotto la scure non siano cadu-

ti anche i miliardi da spendere

per gli aerei F-35», ha dichiarato

Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl.

E Antonio Socci su Libero si chie-

de: «Siamo certi che questi infernali

aviogetti sputabombe siano più

importanti delle medicine e degli

ospedali?».

Attendiamo, con urgenza, una

risposta. Soprattutto dai cattolici in

politica.

Primo Piano, sul n. 30 di

Famiglia cristiana del 23 luglio 2012

Coraggiosi, inflessibili. Quasi

spietati con pensionati, lavoratori,

famiglie con figli e malati. Remissi-

vi, invece, e anche pusillanimi con

ammiragli, generali e vertici

dell'industria bellica. Così non va.

In tempi di crisi non ci sono zone

franche. O terreni minati dove evi-

tare di mettere piede. Se si guarda

fino al centesimo per le spese cor-

renti, si aprano gli occhi sui miliar-

di di euro per riempire gli arsenali.

Se siamo sull'orlo del baratro, per-

ché sperperare i soldi per compra-

re armi? «Svuotiamo gli arsenali e

riempiamo i granai», si sarebbe

detto un tempo. Oggi potremmo

dire: «Più lavoro e meno bombe».

È una questione di buonsenso. Di saggia amministrazione.

C'è un'Italia che non ne può più e

dice basta. Mentre sulla vita delle

persone cala pesantemente la scu-

re, sugli armamenti si dà una leg-

gera sforbiciata. Un po' di fumo per

l'opinione pubblica. Così, 75 mila

cittadini, più di 600 associazioni, 85

enti locali hanno firmato un appello

per cancellare l'acquisto dei cac-

ciabombardieri F-35: 90 velivoli al

costo complessivo di 12 miliardi di

euro. «Tutti i dati dimostrano come i

Francesca FerriFrancesca FerriFrancesca Ferri

al centroal centroal centro: Gilberto, Mila, Tiberio e Mascia: Gilberto, Mila, Tiberio e Mascia: Gilberto, Mila, Tiberio e Mascia

Page 6: Voltana On Line n.18-2012

Pagina 6 www.voltanaonline.it n. 18 - 2012

“Ci pisciano in testa e ci dicono

che piove !”

Marco Travaglio

speculazione, costretti a tirare la

cinghia a colpi di tasse sui cittadini

e tagli sui conti pubblici, si va fa-

cendo sempre più conflittuale e

critico, con la gente per le strade

che inveisce e urla contro i propri

governati e contro quelli europei.

La cosa strana – o curiosa – è che

nulla del genere sta invece acca-

dendo in Italia, dove esiste molta rabbia diffusa, dove c’è un malcon-

tento latente, ma dove non si sono

ancora verificati episodi violenti o

scoppi d’ira collettivi. L’Italia sta

affrontando – ormai è chiaro – diffi-

coltà non minori rispetto alla Gre-

cia e alla Spagna, sta anch’essa sof-

frendo per scelte di politica econo-

mica che hanno impoverito i cittadi-

ni e messo in ginocchio il sistema

delle imprese, ma nonostante ciò

nella Penisola esiste come una stra-

na calma. La rassegnazione – o ma-

gari, si potrebbe dire, il senso di

responsabilità – sembra prevalere

sul senso di malessere e

sull’indignazione. Se così fosse, gli

italiani andrebbero considerati più

maturi degli spagnoli e dei greci,

che non vogliono arrendersi

all’evidenza di una crisi che deve

essere accettata con atteggiamento

stoico in attesa che i problemi ven-

gano risolti.

Si potrebbe anche dire che la pax

italiana, la relativa tranquillità che

ancora si respira nel Bel Paese, di-

pendono dall’esistenza di strutture

sociali intermedie (a partire dai

sindacati) che, per quanto

anch’esse in difficoltà o meno in-

fluenti rispetto al passato, sono an-

cora in grado di canalizzare la pro-

testa sociale verso forme non di-

struttive dell’ordine civile. Così

come si potrebbe buttarla

sull’antropologia e sulla storia per

La Spagna è sempre più sull’orlo

del baratro: lo hanno candidamente

ammesso i suoi governanti. Senza

l’aiuto immediato dell’Unione euro-

pea, si rischia il fallimento, prima

della banche, poi dell’intero siste-

ma economico. In previsione del

peggio, per evitare il collasso re-

pentino dei conti pubblici, sono

state adottate misure draconiane (a

partire dalla riduzione delle tredi-

cesime).

La risposta degli spagnoli al piano

“lacrime e sangue” predisposto dal

governo non si è fatta attendere:

sono immediatamente scesi in

piazza a protestare, in alcuni casi con virulenza, in altre in forme per-

sino bizzarre (come i pompieri che

si sono messi a nudo dinnanzi ai

fotografi). Nelle settimane scorse

c’era stato, come si ricorderà, lo

sciopero dei minatori, che avevano

attraversato in corteo il Paese sino

a Madrid, dove al loro arrivo din-

nanzi ai palazzi del governo sono

scoppiati tafferugli e scontri con la

polizia. E prima ancora era scop-

piato il movimento, pacifico ma non

troppo, degli “indignados”.

Il copione, purtroppo, è quello

che già abbiamo visto in Grecia, dove per mesi – dinnanzi all’acuirsi

d e l l a c r i s i e c o n o m i c a e

all’intensificarsi dei sacrifici impo-

sti dall’Europa in cambio degli aiuti

– è stato un susseguirsi di mani-

festazioni (spesso pacifiche, ma non di rado violente), di scioperi

selvaggi, di proteste solitarie e col-

lettive spesso nel segno della di-

sperazione (alcuni greci si sono

suicidati per strada, in preda allo

sconforto).

Insomma, prima in Grecia, adesso

in Spagna, il quadro sociale dei Pa-

esi sopraffatti dalla crisi e dalla

Per saperne di più visita il sito:

http://www.giampa.it/GCLugo/G

CLugo.asp

sostenere che gli italiani, rispetto

ad altri popoli, sono più conformisti

e inclini all’obbedienza, più abitua-

ti alle angherie e ai soprusi che

possano venire loro dallo Stato.

La mia chiave di spiegazione del

modo quasi eroico con cui gli italia-

ni stanno sopportando di tutto (a

partire da un livello di tassazione

che non ha pari al mondo) è invece

un’altra. È il senso di colpa che ci

rende così stranamente quieti, che

non ci porta a protestare contro un

governo che ci ha imposto – peral-

tro senza alcun risultato apparente

– una micidiale cura da cavallo che

non accenna a finire. Hanno tagliato

le pensioni e non abbiamo detto

nulla. Abbiamo disciplinatamente

pagato l’Imu. Abbiamo accettato

misure di controllo fiscale degne di

uno Stato di polizia. Viviamo nel

terrore di Equitalia, ma cerchiamo

di non darlo a vedere. Altrove in-

sultano banche e banchieri e non

diciamo una parola in pubblico, al

massimo ci lamentiamo in privato.

Ci taglieranno le festività e di sicu-

ro non diremo una parola. Poi forse

sarà la volta delle tredicesime e

accetteremo – c’è da giurarlo – an-

che quest’estremo sacrificio.

Perché? Appunto, per senso di

colpa, perché siamo intimamente

consapevoli del fatto che il disastro

al quale si sta cercando ora di ripa-

rare (senza frutti) l’abbiamo creato

noi stessi, ognuno di noi, gli italiani

presi singolarmente, spesso senza

nemmeno rendercene conto, anno

dopo anno, giorno dopo giorno.

Tutti abbiamo avuto e abbiamo una

quota di responsabilità per la situa-

zione di dissesto nelle finanze pub-

bliche. Abbiamo spolpato lo Stato,

ne abbiamo tratto tutti un qualche

indebito vantaggio, e adesso con

chi dovremmo prendercela se non

con noi stessi?

Siamo tutti colpevoli, quo quota

ovviamente. Quello che non ha mai

pagato le tasse e quello che se le è

ridotte, diciamo così, di sua iniziati-

va, tanto prima o poi ci sarebbe

stato un condono per qualunque

tipo di abuso. Quello che ha avuto

una consulenza pubblica che forse

non gli spettava o che forse non

meritava. Quello che al genitore

anziano ha fatto otte-

Perché gli italiani non scendono in piazza contro la crisi ? di Alessandro Campi

Coloro che chiudono gli occhi sulla

realtà non fanno che sollecitare la

propria distruzione. Chiunque insista

a rimanere in uno stato di innocenza,

quando l'innocenza è morta da tem-

po, si trasforma in un mostro.

James Baldwin

scrittore, saggista, critico sociale. ( Segue a pag. 7 )

Page 7: Voltana On Line n.18-2012

Pagina 7 www.voltanaonline.it n. 18 - 2012

Perché gli italiani non scendono in piazza contro la crisi ? di Alessandro Campi

nere l’invalidità gra-

zie ad un amico medico compiacen-

te. Quello che – commerciante, ba-

rista, panettiere, calzolaio, cornicia-

io, idraulico – non ha mai emesso

uno scontrino o una fattura, o ne ha

emessi talmente pochi durante

l’anno da risultare al fisco quasi un

indigente. Quello che lavora alla

Asl, o che ha il cugino usciere al

Ministero, o la sorella impiegata

alla Comunità Montana, o il fratello

autista alla municipalizzata, o la co-

gnata cassiera in banca – e tutti so-

no stati assunti, non per merito o

titoli, ma perché un politico o un

sindacalista ha dato loro la classica

spintarella.

E poi c’è il professore d’università

che ha fatto vincere il concorso da

ricercatore al figlio o alla nipote,

quello che è andato in pensione

con 15 anni sei mesi e un giorno di

contributi e adesso fa il rappresen-

tante di commercio, come un altro

lavoro, rigorosamente in nero, fa

anche l’operaio finito da anni in

cassa integrazione. E poi ci sono il

medico e l’avvocato che pretendo-

no in nero metà del compenso dai

loro clienti, il commercialista che

vive di perizie grazie alle giuste

amicizie in tribunale, il geometra

che sa chi ungere all’ufficio edilizia

del Comune, ecc. ecc.

L’Italia è stata, per decenni, il cir-

co che abbiamo appena abbozzato.

Un paese nel quale tutti si sono fatti

gli affari proprio alle spalle del

prossimo, nella convinzione sog-

gettiva di essere furbi, di non star

facendo in fondo nulla di male, di

( Segue da pag. 6 ) fare quello che in fondo fanno tutti,

e via giustificando se stessi. Sino a

che il conto di tanto scialo con i sol-

di dello Stato (cioè nostri) ci è stato

presentato e lo abbiamo scoperto

non salato, ma salatissimo.

Ecco perché gli italiani non scen-

dono in piazza in massa a spaccare

le vetrine o a insultare il prossimo, a

darsi fuoco o ad assaltare gli edifici

pubblici. Se lo facessero, da un lato

si vergognerebbero come cani,

dall’altro gli verrebbe anche un po’

da ridere. Non è il senso di respon-

sabilità a trattenere la nostra rabbia,

ma quel che ci resta di senso della

decenza.

Articolo di Alessandro Campi

Pubblicato nel sito

http://www.istitutodipolitica.it/

Dove inizia la società nuova di Roberto Mancini Infine abbiamo gli attivisti, quelli che alla critica del capitalismo uni-

scono un impegno quotidiano per

umanizzare l’economia.

Pur con tutta la simpatia per questi

ultimi, bisogna dire che una vera

visione alternativa e una spiritualità

radicalmente purificata dai deliri

dell’homo oeconomicus sono rarissi-

mi, o devono ancora nascere. Dob-

biamo ammettere che quando ci è

chiesto quale sia un modo del tutto

differente di vivere economia e so-

cietà, balbettiamo.

A me sembra però che un luogo

dove andare, per cominciare a ve-

dere, ci sia. Il luogo, la soglia

d’accesso a un’autentica saggezza,

è lo sguardo delle bambine e dei

bambini, è la prospettiva delle nuo-

ve generazioni.

[…] Fraintendendo la vulnerabilità

dell’infanzia, che viene disprezzata

e rimossa, gli adulti non vedono la

forza del rinnovamento e l’impulso

alla vita vera che le nuove genera-

zioni ci comunicano. E non vedono

perché hanno spezzato, nella loro

storia interiore, il legame con il

bambino o la bambina che sono sta-

ti. Dopo di che è ovvio che non sap-

piano neppure immaginare le con-

dizioni concrete per passare dalla

società sotto il mercato alla società di

tutti.

Per capire che cosa potremmo

[…] il Mercato sta uccidendo la

società e la natura, le persone e

l’umanità intera. Gli atteggiamenti

prevalenti, in questo contesto, sono

diversi.

Anzitutto ci sono gli ignari, cioè tutti coloro che, semplicemente, o

non capiscono o non si pongono il

problema: prendono gli eventi eco-

nomici come se fossero un dato di

natura, come il temporale, la neve,

il terremoto.

Quindi ci sono i fanatici, i fonda-mentalisti del Mercato, che contro

ogni dato di realtà si aspettano pro-

gresso e salvezza da questo mecca-

nismo impazzito.

Più concreti di loto ci sono i pro-

fittatori, quelli che si arricchiscono sfruttando le iniquità della situazio-

ne esistente.

Poi ci sono i riformisti. Hanno l’aria di saperla lunga, raccoman-

dano di far funzionare bene il mer-

cato, di fidarsi della sua etica intrin-

seca, perché così tutto si risolverà.

Abbiamo, inoltre, i rassegnati. Essi si sono accorti del male indotto

dal capitalismo assoluto. Per narra-

re il loro sgomento ci vorrebbe

un’opera analoga a ‘La peste’ di

Albert Camus. E tuttavia, questo

sano sgomento sfocia poi nella ras-

segnazione, nella persuasione

dell’impossibilità di trovare una via

nuova per l’economia e la società.

imparare dallo sguardo di chi è pic-

colo, dobbiamo meditare sul fatto

che lo sguardo dei bambini trova

normale il bene, mentre quello

dell’adulto trova normale il male.

Restare in questo delirio di sog-

getti formalmente adulti, ma inte-

riormente spenti e disintegrati, si-

gnifica non saper tutelare più nessu-

no, né gli altri, né se stessi, né il fu-

turo.

Per vedere la via verso un’altra

economia dobbiamo ascoltare le

bambine e i bambini, re-imparare

dal loro cuore e dalla loro voce i

passaggi di quel realismo del bene

comune che ci è diventato estraneo,

poiché ogni logica deriva per noi

dalla follia del Mercato assoluto.

Allora, se avremo il coraggio di

specchiarci nel volto di chi è più

piccolo - non importa se fino a quel

momento eravamo ignari o fanatici,

profittatori o riformisti, rassegnati o

attivisti—, potremmo mandare al

diavolo le Borse, il Prodotto Interno

Lordo, lo spread, le agenzie di

rating, la flessibilità, la competitività

e tutte le trappole del Mercato omi-

cida. E credo che per prima cosa

scopriremo che abbiamo mani, ma-

ni per costruire tutta un’altra socie-

tà. E nel cuore un grande desiderio

di felicità da vivere insieme.

Sintesi dell’articolo di Roberto Mancini

pubblicato sul n. 140 di Altreconomia

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