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066 Q uando si parla di Performance Center, come lascia sottintendere la traduzione letterale di questi due termini inglesi, si tratta della produzione d’eccellenza di Casa Smith & Wesson. Azienda di antica tradizione e grandi fasti, quella di Springfield - Massachusetts è sta- ta sempre, tra le realtà operative su scala industriale nel mondo delle armi, una di quelle più attente alla qualità, andando a solleticare gli interessi di quel cospicuo settore di appassionati che, in un’arma, oltre alla funzionalità cercano quei valori immateriali che conferiscono prestigio allo strumento e a chi lo usa. Per soddisfare questa clientela, soprattutto ameri- cana, amante delle cose belle e ben fatte, il manage- ment Smith & Wesson decise, nell’ormai lon- tano 1989, di dar vita a un’azienda sussidiaria che potesse occuparsi unicamente della produzione di armi custom e dell’assistenza dello Shooting Team di casa. Nel giro di pochissimo, con la situazione congiunturale che non facilita- va la sopravvivenza di un ramo d’impresa dedicato ad una nic- chia tanto limitata di clientela, si pose il dilemma se abbando- nare il progetto o sostenerlo, rendendolo più redditizio. Con una certa dose d’incoscienza e una lungimiranza non comune nel settore, il direttore del Per- formance Center, Tom Kelly, riuscì a convincere tutti che questa seconda opzione fosse la migliore e si sarebbe rivelata vincente già nel breve periodo. E ottenne carta bianca per allestire un centro d’eccellenza dove rielaborare, dalla base, alcuni disegni stan- dard della produzione industriale corrente con l’impiego delle tecnologie più raffi- nate e a un cospicuo intervento manuale da parte dei migliori armaioli presenti in azienda. In questa seconda fase di vita del Performance Center, la produzione si concentrò su pochi modelli quali la pistola semiautomatica Shorty Forty e i revolver Model 629 e 686, rispettivamente in .44 Magnum e .357 Magnum, pensati e accu- ratizzati per essere impiegati nelle gare di tiro e in battute di caccia ai grandi mam- miferi nord-americani. La fase commer- ciale iniziale del PC fu portata avanti gra- zie a un ristretto numero di distributori che piano piano aumentarono e stimola- rono la domanda per queste realizzazioni tanto particolari. Si aggiunsero così nuovi distributori e nuovi modelli che Tamburo da 8 colpi calibro .357 Magnum, canna compensata, mire micrometriche, impugnatura super confortevole sono solo alcune delle caratteristiche che rendono il modello 627 del Performance Center di Smith & Wesson uno tra i revolver più interessanti della produzione attuale di Matteo Brogi SMITH&WESSON MODEL 627 PERFORMANCE CENTER CAL. .357 MAGNUM L’ottava meraviglia Il telaio tipo N del Model 627 è uno di quelli generalmente impiegati da Smith & Wes- son per i suoi revolver più prestanti Il comando a chiave posto sul lato sinistro del telaio, ruotando di un quarto di giro, consente di bloccare completamente azione di scatto e cane dell’arma

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Quando si parla di Performance Center, come lascia sottintendere la traduzione letterale di questi due

termini inglesi, si tratta della produzione d’eccellenza di Casa Smith & Wesson. Azienda di antica tradizione e grandi fasti, quella di Springfield - Massachusetts è sta-ta sempre, tra le realtà operative su scala

industriale nel mondo delle armi, una di quelle più attente alla qualità, andando a solleticare gli interessi di quel cospicuo settore di appassionati che, in un’arma, oltre alla funzionalità cercano quei valori immateriali che conferiscono prestigio allo strumento e a chi lo usa. Per soddisfare

questa clientela, soprattutto ameri-cana, amante delle cose belle e ben fatte, il manage-ment Smith & Wesson decise, nell’ormai lon-tano 1989, di dar vita a un’azienda sussidiaria che potesse occuparsi unicamente della produzione di armi

custom e dell’assistenza dello Shooting Team di casa. Nel giro di pochissimo, con la situazione congiunturale che non facilita-va la sopravvivenza di un ramo d’impresa dedicato ad una nic-chia tanto limitata di clientela, si pose il dilemma se abbando-nare il progetto o sostenerlo, rendendolo più redditizio. Con una certa dose d’incoscienza e una lungimiranza non comune nel settore, il direttore del Per-formance Center, Tom Kelly, riuscì a convincere tutti che questa seconda opzione fosse la

migliore e si sarebbe rivelata vincente già nel breve periodo. E ottenne carta bianca per allestire un centro d’eccellenza dove rielaborare, dalla base, alcuni disegni stan-dard della produzione industriale corrente con l’impiego delle tecnologie più raffi-nate e a un cospicuo intervento manuale da parte dei migliori armaioli presenti in azienda. In questa seconda fase di vita del Performance Center, la produzione si concentrò su pochi modelli quali la pistola semiautomatica Shorty Forty e i revolver Model 629 e 686, rispettivamente in .44 Magnum e .357 Magnum, pensati e accu-ratizzati per essere impiegati nelle gare di tiro e in battute di caccia ai grandi mam-miferi nord-americani. La fase commer-ciale iniziale del PC fu portata avanti gra-zie a un ristretto numero di distributori che piano piano aumentarono e stimola-rono la domanda per queste realizzazioni tanto particolari. Si aggiunsero così nuovi distributori e nuovi modelli che

Tamburo da 8 colpi calibro .357 Magnum, canna compensata, mire micrometriche, impugnatura super confortevole sono solo alcune delle caratteristiche che rendono il modello 627 del Performance Center di Smith & Wesson uno tra i revolver più interessanti della produzione attuale

di Matteo Brogi

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L’ottava meraviglia

il telaio tipo n del model 627 è uno di quelli generalmente impiegati da Smith & Wes-son per i suoi revolver più prestanti

il comando a chiave posto sul lato sinistro del telaio, ruotando di un quarto di giro, consente di bloccare completamente azione di scatto e cane dell’arma

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sca di cacciare a distanza ridotta). Questa evoluzione del servizio di Casa Smith & Wesson ha portato all’allestimento di armi iper specialistiche che, a ruota, si è portata dietro la nascita di nuove esigenze e l’af-fronto di sfide tecnologiche impensabili fino a pochi anni fa. Più recentemente, e questa può essere definita la quarta fase del progetto Performance Center, il successo dell’iniziativa ha avuto un tale seguito da suggerire al nuovo management, e a quella che nel frattempo è diventata la nuova pro-prietà, di estendere i propri servizi sia per far fronte ad una domanda che ne chiedeva la differenziazione, sia per ovviare all’im-possibilità di produrre armi sufficienti a

aprirono formalmente la terza fase di vita del centro d’eccellenza S&W e questa nuova era produttiva fu inaugurata dal lan-cio del poderoso revolver 627 in versione TSW tattica. Seguirono i cloni del modello 1911 di Browning, alcuni grandi classici tra cui il Model 52, e alcuni revolver realizzati sul poderoso telaio X (segnatamente i mod. 460 e 500), che solo successivamente passe-ranno alla produzione industriale di serie dopo aver trovato la propria collocazione nelle settore venatorio più estremo (orsi e ogni animale che l’incoscienza suggeri-

soddisfare la domanda. Sono quindi stati introdotti servizi alternativi focalizzati su restyling, restauro e customizzazione di ar-mi già in possesso dell’acquirente finale che purtroppo, per l’impossibilità pratica di far pervenire le armi dall’Italia agli Stati Uniti, sono preclusi al collezionista italiano. Tutti questi interventi prevedono l’impiego della manodopera qualificata del Performance Center e conferiscono all’arma un valore aggiunto in grado di nobilitare strumenti avviliti dal prolungato porto in fondina o da un impiego severo.

La storia del Model 627Ma torniamo per un attimo alla terza fase della storia del Performance Center, quella che iniziò ancora negli anni ‘90 con il lancio della versio-ne speciale del Model 627, già a catalogo nella gamma di revolver di produzione industriale. Quell’arma nasceva da uno dei grandi classici Smith & Wesson, il Model 27 – a catalogo con questo nome dal 1957 e, con differenti denominazioni, dal 1935 – ora dotata di un particolarissimo tamburo da 8 colpi che garantiva all’arma camerata in calibro

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alla volata della canna è applicato un deflettore che aiuta a disperdere in ma-niera più efficace l’energia del corposo calibro adottato. la sua finitura inox è in contrasto con quella della canna

il mirino è applicato in un recesso a coda di rondine su una rampa appositamente realizzata alla volata. Sul mirino è ri-portata una striscia in materiale fluore-scente che facilita la sua acquisizione in condizioni di scarsa luminosità

la cresta del cane presenta una serie di rilievi molto profondi che facilitano l’armamento e l’impiego dell’arma in azione singola. il cane non monta un percussore ad esso solidale ma va ad impattare, grazie all’interposizio-ne di un transfer bar che si attiva solo premendo fino in fondo il grilletto, la testa del percussore

la tacca di mira è dotata di due registri micrometrici che consentono di modificare il punto d’impatto del proiettile sia in alzo che in deriva

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in una posizione di congiunzione tra i revolver tradizionali e le semiautomatiche monofilari. In particolare, gli appassionati del .357 magnum si trovavano tra le ma-ni un’arma dotata di una capacità quasi impensabile, aumentata del 33% rispetto al revolver cui il 627 si ispirava. In breve, questo incredibile potenziale di fuoco ali-mentò le fantasie di tiratori e collezionisti che, se mai ce ne fosse stato bisogno, furo-no eccitati anche da alcune performance cinematografiche dell’arma, che in Debito di sangue (Blood Work) di Clint Eastwood avrebbe avuto nel 2002 la sua più efficace consacrazione.

La versione PCSeppure con la 627 di serie quella fotogra-fata in questa occasione abbia molti punti in comune, è importante ricordare che l’arma che esce dal Performance Center è una creatura a sé stante, parente da quella prodotta su più larga scala ma rea-

.357 Magnum un’autonomia eccezionale. Il modello 27 è l’archetipo del revolver moderno: prima arma camerata in .357 Magnum e prima Magnum in assoluto, na-sceva nel 1935 come top della produzione dell’azienda statunitense; si trattava di un revolver totalmente costruito sulle esigenze dell’acquirente che, a parte pochi elementi della meccanica, era in grado di sceglierne tutti i possibili componenti. Dalla canna, disponibile con incrementi di mezzo pol-lice tra gli estremi di 3 pollici e mezzo e 8 pollici e tre ottavi, a mire, impugnatura, scatto, grilletto. L’arma che usciva da questa cura sartoriale era chiamata “Registered Magnum” in quanto era fornita di uno speciale numero di registrazione e di un certificato che ne attestava caratteristiche, autenticità e proprietà. Nonostante questo gioiello fosse lanciato in un’epoca in cui la grande depressione che aveva colpito gli Stati Uniti non era ancora solo un brutto ricordo e costasse il 35% in più dell’arma più pregiata del catalogo Smith&Wesson, la domanda fu robusta fino al 1939 quan-do, dopo averne prodotti 5.500 esemplari, l’azienda decise che i ricavi non erano co-munque sufficienti a coprire la produzione di un modello che stava diventando un best seller del suo genere. Passata la guerra, ne fu ripresa la produzione (con il semplice nome di .357 Magnum) con alcune sem-plificazioni e standardizzazioni che servi-vano a contenerne i costi di produzione; il modello fu successivamente rinominato

Model 27 nel 1957, quando Smith & Wes-son introdusse il nuovo sistema su base de-cimale per la designazione dei modelli del proprio catalogo. Successivamente furono introdotte alcune migliorie (le varianti 1 – 2 – 3 e 4) e altre semplificazioni che, già nel 1954, avevano portato al lancio del Model 28 Highway Patrolman, nel 1979 introdur-ranno la riduzione delle lunghezze di can-na disponibili, nel 1982 la semplificazione del gruppo tamburo, nel 1992 un’ulteriore riduzione di allestimenti disponibili (ora ridotti all’unico in 6 pollici) fino allo stop della produzione, avvenuto nel 1994. Nel 1989, intanto, era stato introdotto nella produzione di serie il Model 627.

tamburo super-capienteIl modello 627 ottenne subito un successo considerevole, in parte perché edizione aggiornata di un grande classico ma, soprattutto, per un inedito tamburo da otto colpi che, in definitiva, lo collocava

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Questa immagine spettacolare evidenzia una delle caratteristiche più interessanti dell’ar-ma, l’impiego di un tamburo a 8 camere

Sul lato destro della canna è indicato il nome del modello ed è visibile un’asola di alleg-gerimento che mette in evi-denzia il gambo del tamburo, che funge da estrattore

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lizzata con un’attenzione al dettaglio e l’impiego di materiali di primissimo ordi-ne. Per descriverla partiamo dal telaio che, come nel datato Model 27, è quel tipo N (large) impiegato sin dal 1908 per forgiare alcune tra le armi più prestanti di Smith & Wesson, di calibro non inferiore al .357 Magnum. A livello di curiosità, bisogna però sottolineare come il .357 sia o sia stato impiegato anche con altri castelli, segnata-mente quelli medi K e L (mod. 19, 66 e 686) e – addirittura – con il piccolo J, per il quale negli anni ‘90 è stato disegnato il Model 640. Meccanicamente, al tamburo da 8 col-pi il Model 627 affianca la classica architet-tura di un revolver con tamburo ruotante in senso antiorario ribaltabile e dotato di asta che funge da estrattore. Il caricamento avviene manualmente inserendo gli 8 colpi nelle rispettive camere oppure utilizzando le tre clip fornite a corredo dell’arma, che però non ci è sembrato velocizzino più di tanto l’operazione. L’arma dispone di un meccanismo di sicura manuale, attivabile mediante l’impiego di una chiave oppor-tunamente sagomata, che blocca in toto il meccanismo di scatto (grilletto e cane) e fa sporgere sul lato sinistro del castello, in prossimità del cane, un’appendice che riporta la scritta “locked”. Il dispositivo, adottato per attenuare l’impatto delle sen-tenze che negli ultimi anni stanno penaliz-zando il settore, è stato introdotto quando Smith & Wesson passò di proprietà, nel 2001. Il nuovo proprietario, Saf-T-Ham-mer, era un’azienda specializzata nella pro-

duzione di dispositivi di sicurezza per armi e adottò subito uno dei propri brevetti sui nuovi modelli, ri-disegnando quelli già in linea in modo tale da poter essere dotati di

un dispositivo di sicurezza efficace a evitare che l’arma cadesse, nella sua piena operati-vità, in mani sbagliate. La manovra è stata sicuramente furba ma ha scontentato mol-

ti puristi, che si sono sentiti traditi nell’intimo. È però onesto dire che la sicura di S&W non è invasiva e non deturpa l’estetica dell’arma e che, negli ultimi tempi, l’azienda sta ripensando questa scelta prudenziale.

Solo canna da 5”Particolare significativo del modello 627 del Performance Center è la canna, disponibile nel solo allesti-mento in 5 pollici (127 mm) nella versione V-Comp dell’arma (quella provata), in 2 pollici e due terzi e 5 pollici quella meno esasperata. L’arma fotografata adotta un pro-filo di canna che ingloba l’asta del tamburo e funge da supporto per un compensatore a tre luci poste in posizione superiore. Questo al-lestimento particolare, che ricorda

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Vista fron-tale del tamburo

Vista della parte interna del castello dalla quale si apprezza l’alto livello della fattura e delle finitu-re dell’arma

Vista della parte inter-na del castello dalla quale si apprezza l’al-to livello della fattura e delle finiture dell’arma

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quello degli strumenti più esasperati per il tiro accademico, ha portato Smith & Wesson a prati-

care una scelta originale per quanto riguarda le finiture.

Assodato che la 627 PC è realizzata in eccellente acciaio lavorato secondo tutti i crismi e i processi industriali degni dell’ec-cellenza che vuol rappresentare, la finitura

di rondine, intercambiabile con altri resi disponibili dallo stesso Performance Center. L’azione dell’arma si avvale di un ottimo

scatto, azionato da un grilletto di conformazione tradizionale (anche

troppo, qualche risalto per “memorizzare” il punto di presa sarebbe stato preferibile), e un cane esterno che agisce su un percus-sore flottante inglobalo nel castello. L’azio-ne è mista, singola e doppia.

La prova a fuocoAlla prova a fuoco, il Model 627 ha mantenuto tutte le promesse. Si è in-fatti dimostrato un revolver solido, affidabile, stabile nonostante il corposo calibro adottato grazie ad una corretta distribuzione delle masse, una canna di lunghezza adeguata e un’impugnatura efficace. Lo scatto è superbo così come le mire, che facilitano l’acquisizione del bersaglio e il ritorno in punteria anche nel tiro a mano singola.

presenta due toni, ovvero un color acciaio naturale, ma satinato, per quanto riguarda tamburo, com-pensatore, cane e grilletto, e una

brunitura opaca per castello e camicia della canna. Finitura bi-tone, duo-tone, dual-tone che dir si voglia, l’effetto è particolare ma gradevole. L’impugnatura, realizzata in gomma morbida da Hogue e marchia-ta con il logo Smith & Wesson, offre una presa salda e confortevole e garantisce il mantenimento della forma nel tempo gra-zie ad un telaio sintetico inglobato al suo interno durante il processo di formatura. A testimoniare la vocazione sportiva del 627 contribuisce il sistema di mire adottato, che include una bella tacca dotata di registri micrometrici e un mirino innestato a coda

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Vista latera-le destra del revolver

Smith & Wesson – Model 627 V-Comp Performance Center

Costruttore: Smith & Wessonimportatore: Bignami, via Lahn 1, Ora (BZ), tel. 0471 803.000, www.bignami.itModello: 627 V-Comp Performance Center

tipo: revolver a tamburo ribaltabileCalibro: .357 MagnumDestinazione d’uso: tiro di precisione, collezionismotamburo: 8 colpiSistema di scatto: azione mista

Percussione: cane esternoorgani di mira: tacca registrabile, mirino sostituibileSicurezze: sistema manuale a chiaveLunghezza canna: 127 mm

Lunghezza totale: 279 mmMateriale del fusto: acciaio inossidabileFinitura: bicolorePeso: 1.335 gNumero di Catalogo Nazionale: 17439 (sportiva)

l’autore durante il test

Serie di prova di 5 colpi a 15 metri ottenuta im-piegando munizionamento commerciale mag-tech fmc flat da 158 grani

¤ PreZZo 1.885 euro

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