occhio all'arte (aprile 2014)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VII N° 73 aprile 2014 Mensile d’informazione d’arte n musica: Pink floyd exhibition - their mortal remains n curiosArt: Le apparenze ingannano n cinema:La notte degli Oscar www.artemediterranea.org Lawrence Alma - Tadema, “Le rose di Eliogabalo”, 1888 n dedicato a: Alma-Tadema e i pittori dell’800 inglese

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Occhio all'Arte è il mensile culturale dell'Associazione Arte Mediterranea. www.artemediterranea.org

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Page 1: Occhio all'Arte (aprile 2014)

A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VII N° 73 aprile 2014

Mensile d’informazione d’arte

nmusica: Pink floyd exhibition - their mortal remains

ncuriosArt: Le apparenze ingannano

ncinema:La notte degli Oscar

www.artemediterranea.org

Lawrence Alma - Tadema, “Le rose di Eliogabalo”, 1888

ndedicato a:Alma-Tadema e i pittori dell’800 inglese

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Mensile culturale edito dallaAssociazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 ApriliaTel.347/1748542

[email protected]. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007

FondatoriAntonio De Waure, Maria Chiara

LorentiCristina Simoncini

AmministratoreAntonio De Waure

Direttore responsabileRossana Gabrieli

Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

RedazioneMaria Chiara Lorenti, Cristina

Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro

CollaboratoriLuigia Piacentini, Stefania Servillo, Patrizia Vaccaro, Teresa Buono, Daniele Falcioni, Laura Siconolfi,

Maurizio Montuschi, Greta Marchese, Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi,

Marilena Parrino, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini, Giulia Gabiati

Responsabile MarketingCristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing

Giuseppe Di Pasquale

Stampa Associazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 Aprilia

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche

parziale senza il consenso dell’editore

Sommario

Macro: situazione criticaRodin: scultura e movimentoGalleria Borghese, 4° parte

Pink floyd exhibition - their mortal remainsMUSICA!

Perdita di qualità, perdita di identitàCave of tales

La Biblioteca InfinitaScritto nelle ossa

Alma-Tadema e i pittori dell’800 ingleseLe apparenze ingannano

La notte degli OscarUnastoria

Erri De Luca, “I pesci non chiudono gli occhi”“IL CINEMA”

Efficienza energetica: una miniera di energia tutta da sfruttareIl fotografo delle dive

n

•••

Per sponsorizzare “Occhio all’Arte” Telefona al 349.7790097

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pittura ad olio

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Macro: situazione criticaFuturo incerto per il museo di arte contemporanea

R oma ha da pochi anni accolto tra le proprie file due nuovi musei: il MAXXI e il MACRO. La vita di quest’ultimo, aperto nuovamente al pubblico

dal 2010, è già in pericolo: i fondi scarseggiano, non

c’è un direttore e molti sono stati i licenziamenti. Il Macro vantava del personale altamente qualificato che è stato “tagliato” vista la crisi; eppure proprio grazie a personaggi come Carolina Pozzi, Benedetta Crepi de Resmini o Maria Licata (per citarne alcuni), dalla scorsa estate a gennaio ha registrato 15 mila visitatori per la sede in via Reggio e altri 9 mila in quella al Testaccio. L’indignazione per la situazione del museo (mai divenuto Fondazione) persiste non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra gli artisti. Iginio de Luca sottolinea la condizione “orfana” del luogo di cultura; nella notte tra il 13 ed il 14 marzo ha messo a punto un vero e proprio blitz, proiettando un video con neonati che urlano e piangono sulla facciata di entrambe le sedi. L’artista mostra una metafora della condizione in cui versa, non solo il MACRO, ma la cultura in Italia. Intanto a Roma curatori, artisti, galleristi, critici e cittadini (in quanto visitatori del museo) si stanno organizzando per creare un organismo autonomo (Consulta) che supervisioni l’operato dell’assessorato competente…

di Stefania Servillo

musein

Rodin: scultura e movimentoUna completa retrospettiva dello scultore francese

di Giuseppe Chitarrini

Le ampie volte di muro romano delle Terme di Diocleziano non fungono da semplice sfondo, ma da suggestivo contesto e magico scenario per le opere di Auguste

Rodin (1840-1917), che rimarranno esposte fino a maggio. Sessanta opere di immacolato e intatto latteo marmo, poste, egregiamente con sapiente illuminazione, in palanche di legno, sostenute da tubi Innocenti.Una mostra che ben riesce ad illustrare l’affascinante percorso artistico-cronologico di questo scultore che ha rappresentato la rottura e il superamento della tradizione classica e neoclassica,

pur partendo e, per certi aspetti, riproponendo alcuni dei canoni fondamentali di tale tradizione di segno rinascimentale. La grande lezione di Michelangelo, che lo scultore studiò ed interrogò per tutta la vita, è inscritta nei marmi di Rodin, però la premessa che nello scultore italiano è presenza ineffabile e solennemente armonica nella sua compiuta, monumentale definizione, nello scultore d’oltralpe, invece è il movimento, la drammatica incompiutezza e il divenire. Il levarsi della figura dalla pietra, che in Rodin ne avvolge ancora alcune parti, è la resa immediata di una dialettica incessante tra compiuto ed incompiuto, finito e indefinito, fra staticità e dinamica corporea, nella quale trascorre incessantemente il principio del divenire che si propaga dall’opera all’osservatore; uno stimolo per quest’ultimo che, così, non è più fruitore passivo: il rifiuto della forma definitiva e compiuta richiede la partecipazione attiva e riflessiva-creativa del “ricettore”.Il tema mitologico e l’autoritratto sono gli argomenti più battuti della sua produzione per tutto l’arco della vita, che i sessanta pezzi in mostra rappresentano illustrandone le tre tappe cronologiche dell’esistenza stessa di Rodin. La prima è quella delle opere giovanili di carattere marcatamente classico; la seconda è la definizione e conferma dei temi portanti della sua produzione artistica e della sua poetica; la terza, infine, è la tappa della piena maturità della conferma di quel divenire quasi eracliteo-dionisiaco (per usare termini forse impropri ma che bene rendono l’idea) che rappresenta la cifra essenziale della sua poetica plastico-scultorea.

in mostran

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musei

Galleria Borghese, 4° parteMusei Romani, 8° articolo

O ggi, otto marzo 2014, abbiamo deciso di dare inizio alla stesura di un quarto articolo sulle meraviglie della Collezione Borghese e, seguendo il consueto

ordine logistico, soffermarci su un altro capolavoro di G. L. Bernini, posto al centro della quarta sala: ”Il ratto di Proserpina”. La data d’inizio del nostro lavoro è stata casuale o forse no, non ne abbiamo coscienza; la scelta della scultura è stata consequenziale, ma il valore simbolico della scena rappresentata, a nostro avviso, deve essere oggetto di riflessione oggi più che mai. Il mito, cui l’artista si è ispirato, denuncia un ennesimo episodio, di sopruso e sopraffazione, nei riguardi di una giovinetta, da parte di un maturo “signore” che crede di amarla, ma che, ovviamente, ha confuso l’amore con una passionalità compulsiva. Plutone non chiede, pretende, non si commuove di fronte al pianto disperato della fanciulla, la afferra con vigore per trascinarla via come se fosse un oggetto di sua proprietà, potrebbe anche ucciderla … per amore! No, non è uno dei tanti fatti di cronaca che quotidianamente irrompono nelle nostre case, è avvenuto “tanto tempo fa”, ma, purtroppo, potrebbe ancora accadere anzi, a dire il vero, accade anche di peggio. Forse alcuni maschietti, profondi conoscitori della mitologia classica, vogliono emulare le gesta “ingloriose” degli dei? Tutto è possibile. E’ sicuro, invece, che nel XXI secolo, ancora molte donne, a tutte le latitudini, subiscono violenze, a volte, fisiche che profanano il corpo e dilaniano la mente, spazzando via tutte le certezze, i punti di riferimento ben saldi fino a qualche minuto prima … se perpetrate tra le mura domestiche. Psicologiche, forse peggiori, perché, subdole o palesi, minano le fondamenta della personalità della vittima, ingenerando letali sensi di colpa. Questi ed altri pensieri hanno catturato la nostra mente a lungo e giustamente, per poter rendere omaggio, nella maniera più consona, alla festa delle donne. Al gentil sesso apparteneva anche la nostra dolcissima Proserpina, figlia di Cerere e di Giove, ninfa dei boschi e delle selve, perennemente inebriata dai profumi e dai colori

delle verdi radure, ammaliata dalle melodiose sinfonie che in esse prendono vita. Era felice e spensierata anche quel giorno … presso il lago di Pergusa … circondata da un’avvolgente luminosità primaverile … raccoglieva teneri fiorellini da donare alla madre, all’imbrunire. Ad un tratto, proprio sotto i piedi dell’ignara fanciulla, la terra si squarciò, uno sconosciuto possente e irriverente, posto su di un carro tetro trainato da cavalli imbizzarriti, s’impose allo sguardo atterrito dell’ingenua Proserpina: era Plutone, il dio degli inferi, delle tenebre, del buio, della notte infinita cui farà ritorno, di lì a poco, trascinando con sé l’infelice figlia della Madre Terra. Fu un attimo … e l’adorato mondo della luce, dell’aria, dei fiori, dei prati

…. della vita, scomparve dissolvendosi nel nero fuligginoso del Regno dei morti. Le vicissitudini della figlia di Gea continuano, con dei risvolti anche positivi, prestando fede alla versione che del mito ci ha tramandato Ovidio e non solo, ma, per il nostro duplice intento, è sufficiente riportarne solo la prima parte. Tra il 1621 e il 1622 lo scultore G. L. Bernini, su commissione del cardinale Scipione Borghese, realizzò una delle sue sculture più famose “Il ratto di Proserpina” appunto, traendo ispirazione dal momento culminante dell’azione, quando il dio fiero ed insensibile sta trascinando Proserpina nell’Ade. I

muscoli del dio sono tesi nello sforzo di sostenere il giovane corpo che si sta divincolando, tanto che le sue mani affondano nella “carne” della disperata creatura; ancora una volta due corpi vivi e palpitanti ci comunicano il carattere ed il dramma dei due personaggi. Ancora una volta “il movimento” degli arti, delle teste, delle chiome della ninfa e del drappo che scopre il corpo giovanile e sensuale, rende la scena dinamica … reale tanto da dare l’impressione di poter partecipare all’evento. Lo spettatore osserva la scena con stupore e timore, come se da un momento all’altro nel pavimento dovesse aprirsi una voragine che inghiottisse il re del regno delle ombre e la sua disperata sposa.

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di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi Adottato da: F.lli Cavalieri s.r.l., Nettuno

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di Giulia Gabiati

musican

Sono stati soltanto due i concerti a Roma nel mese di marzo, ma gli ottimi riscontri ottenuti lasciano presupporre che ce ne saranno altri: il violinista

Giuseppe Occhioni, accompagnato dall’arpista Claudia Dominici, è riuscito a coinvolgere tutti gli ascoltatori presenti proponendo celebri musiche della tradizione irlandese e di altrettanto noti capolavori della settima arte. Il pubblico è stato infatti prima deliziato dalle atmosfere celtiche di brani quali, fra gli altri, “Star of the County Down” e “Greensleeves”, e poi dalle suggestive musiche del nostro Ennio Morricone, come “Gabriel’s Oboe”, tratta dal film “Mission”, e “C’era una volta il West”, in riferimento all’omonimo film di Sergio Leone. Il connubio inconsueto fra le magiche atmosfere celtiche, sempre al limite fra storia e leggenda, e le note estratte dalle colonne sonore dei film che hanno fatto la storia del cinema, ha rapito sia il giovane pubblico dell’Hop’n Art che quello del 28 Divino Jazz Club: i musicisti, abilissimi nell’aver saputo produrre arrangiamenti originali davvero ben riusciti, sono stati infatti costretti, in entrambe le date, a concedere il bis. Non sono inoltre mancati, in forma di raccordo, brani di autori classici come Schumann e Bach. Meritano una segnalazione le brevi ma incisive introduzioni a ciascun brano, che ne hanno sicuramente permesso un maggiore apprezzamento da parte dei presenti.

MUSICA!Giuseppe Occhioni in concerto

Pink floyd exhibition - their mortal remainsIn anteprima mondiale in Italia

A quanto pare Milano sarà la prima città ad ospitare la mostra multisensoriale dal nome “Pink floyd exhibition - their mortal remains” , ideata per celebrare i 40 anni della band

britannica. A cura di Aubery Powell, che con Storm Thorgerson ha disegnato molte delle cover dei Pink, vede una retrospettiva realizzata grazie alla diretta partecipazione dei membri della band: il chitarrista David Gilmour, il batterista Nick Mason e il bassista Roger Waters, che, ricordiamo, solo due mesi fa è venuto nella nostra città per onorare la morte di suo padre, scopertosi deceduto in battaglia nei pressi di Aprilia, alla fine della seconda guerra mondiale. Egli è da sempre presente nelle sue canzoni, le canzoni di un figlio che mai è riuscito a comprendere il perché di una guerra tanto violenta, che lo ha privato della sua figura paterna. Uno spettro costante nei temi di Roger, che avrà ampissima risonanza soprattutto in “the Wall”, undicesimo album della band,

che vede Pink, un personaggio fittizio, costruire un muro intorno a se, oppresso dal mondo circostante, dal dogmatismo scolastico, da una madre iper protetettiva e, per l’ appunto, dalla sofferenza di un padre scomparso.L’ Esposizione si articolerà in un percorso visivo e sonoro che ci riporterà indietro nel tempo, quando, nella metà degli anni sessanta, le folle si lasciavano trasportare dall’appena emergente rock progressivo; quando era ancora il cantante e chitarrista Syd Barrett, fondatore e leader dei Pink fino al 1968, a guidare il gruppo, prima di essere costretto ad abbandonare la band in seguito ad abuso di sostanze stupefacenti e conseguenti problemi psichiatrici. Arrivando poi fin ai nostri giorni, l’evento, in anteprima mondiale dalla FABBRICA DEL VAPORE, sarà successivamente presentato in tutto il mondo dal 19 settembre al 19 ottobre. Lo spazio espositivo, di 2.500 metri quadrati, porrà in visione più di 300 oggetti presi in prestito dalla band; tra le varie registrazioni, interviste, stampe e set architettonici troviamo sculture, come quella alta 20 metri del film The Wall, i gonfiabili alti 5m e ancora il famoso maialino volante. Il punto di partenza italiano di questo grande evento ricorda come il nostro paese rappresenti una tappa fondamentale nel percorso musicale e artistico della band. Infatti numerosi eventi sono menzionati, come il live a Pompei, concerto in cui i Pink suonarono senza pubblico nel grande anfiteatro romano, girando il celebre film del 1972, ed il concerto in piazza san Marco, a Venezia del 1989. I biglietti per questa mostra, che si propone di celebrare il quarantesimo anniversario di una band che ha influenzato, e continua tutt’ora ad influenzare, notevolmente gli orientamenti musicali delle nuove generazioni, sono in vendita su vivaticket dal 27 febbraio 2014.

di Daniele Falcioni

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gratisnPerdita di qualità, perdita di identitàGianfranco Baruchello alla fondazione Volume!

di Eleonora Spataro

Cave of talesAlice Pasquini alla Casa dell’Architettura

N el solco della ricerca iniziata da Gianfranco Baruchello negli anni Settanta, la mostra “Perdita di qualità, perdita di identità” lega il tema della

scomparsa e perdita della memoria a quello dell’archivio. La fondazione Volume!, che ospiterà l’esposizione a ingresso libero fino al 24 aprile 2014, per l’occasione ha ridisegnato i propri spazi, costruendo intorno ai sedici grandi ritratti fotografici una nuova struttura che li racchiuda e gli restituisca significati altri. Il risultato è quello di collocare frammenti di realtà, le foto segnaletiche scoperte tra i documenti provenienti dall’archivio di Stato di Livorno, deteriorati dal tempo e ingranditi al centro della nostra attenzione. Si sottraggono così, quelli che per la maggior parte erano stati, tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, sorvegliati politici, alla miniaturizzazione e all’archiviazione. La memoria in questo senso viene recuperata e resa protagonista. Davanti alle istallazioni ci si interroga sull’ identità degli uomini, sulla loro collocazione spazio-temporale. Allo stesso tempo però, il tempo, che ha agito intervenendo sulle fotografie, ha trasformato una perdita di qualità fotografica in una perdita di identità e quindi di memoria storica. Alle foto Baruchello ha accostato una traccia sonora. Si tratta di una manipolazione di un testo di Antonio Gramsci che diventa qualcosa di diverso: un trattamento, come scrive l’artista, “tra l’arbitrario e il poetico”; ciò riempie lo spazio dell’esposizione con un dato vocale simile alla memoria che riemerge dalle fotografie. La fondazione Volume! in via S. Francesco di sales 86/88, a Roma, è aperta durante le esposizioni dal martedì al venerdì dalle 17:00 alle 19:30.

e illustratrice Alice Pasquini per gli spazi della -1 Art Gallery. A partire da un fondo nero emerge una città notturna-labirinto; l’artista propone una narrazione, un viaggio nel sottosuolo. Ispirata dagli spazi della galleria Alice Pasquini racconta: “ho immaginato una città sommersa nel dormiveglia. Il racconto scorre lungo le pareti. Il sonno non arriva, i pensieri si affollano nel blu della stanza, diventano ombre e restano ad aleggiare tutte intorno a me. La città prende forma nel buio. Il soffitto è trafitto da piccole stelle rare che ora girano vorticosamente. Vorrei aggrapparmi ad una di esse e lasciarmi trasportare, ma continuano a sgusciar via come pesci. Un’automobile scivola sul bagnato e i riflessi svelano un viso nel silenzio. Sopra ad un tetto guardo al limite della città e al mio futuro. All’ improvviso ho le vertigini.” Sarà possibile visitare gli spazi della -1 Art Gallery, a ingresso libero, fino al 30 agosto 2014, dal lunedì al venerdì, dalle 10:00 alle 18:00 e il sabato dalle 9:30 alle 12:30.L a Casa dell’Architettura, in piazza M.Fanti 47 a

Roma, il 17 aprile inaugurerà “Cave of Tales” la stanza d’artista realizzata dalla street artist

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archeologian

di Luigia Piacentini

A nche se molt i non l ’avrebbero mai detto, studiando una necropol i ant ica s i possono avere numerosiss ime informazioni sul modo di v i ta e sul le abitudini di una

civ i l tà e di conseguenza le diverse cause di morte. La mostra “Scr i tto nel le ossa. Vivere, ammalars i e curars i a Roma in età imperia le” ha preso in esame 1361 indiv idui, studiat i in laborator io da un team di antropologi che ne hanno indiv iduato età, sesso e cause del la morte. I mater ia l i espost i provengono da sei sepolcret i indiv iduat i durante scavi di archeologia prevent iva, s i tuat i nel la per i fer ia del la capitale. I soggett i scelt i per lo studio sono tutt i inumati . Le necropol i presentano indiv idui con un’aspettat iva di v i ta al la nascita tra i 27 e i 49 anni, anche se persiste un ampio numero di decessi pr ima dei 6 anni. Chi sopravvive raggiunge una statura media di 156 cent imetr i , le femmine, e 167 i maschi. Un video accogl ie i v is i tator i e i l lustra le operazioni che s i svolgono sul lo scavo e in laborator io, in seguito al r invenimento di una sepoltura ant ica. Pannel l i e repert i in mostra i l lustrano anche la terapia nel mondo ant ico, come si curavano le patologie, in part icolare quel le a car ico del le ossa e del la cavità orale. Le font i scr i tte tramandano la r icetta del dent i fr ic ium - ossa tr i tate, gusci d ’uova e conchigl ie marine bruciate, mescolate con miele e r idotto in polvere; attestato da autor i ant ichi è anche i l r icorso al le protesi , come quel le in oro.

La Biblioteca InfinitaUn nuovo appuntamento al Colosseo

Scritto nelle ossaUna mostra gratuita al Museo Ostiense di Roma

L ’ultimo appuntamento che abbiamo avuto al Colosseo è stato per la mostra di Costantino, che l’anno scorso da Milano approdò all’anfiteatro romano più famoso al mondo.

Ora abbiamo un altro motivo per visitare questo monumento che sembra fermare il tempo, ed è l’esposizione “La Biblioteca Infinita. I luoghi del sapere nel mondo antico” che sarà aperta fino al 5 ottobre. Curata dalla direttrice del monumento Rossella Rea e da Roberto Meneghini della Sovrintendenza capitolina, è divisa in sette sezioni dove è possibile ammirare statue, affreschi, rilievi e supporti per la scrittura dal periodo ellenistico greco-romano al tardo antico. I corridoi del Colosseo si rivestono con scaffali che in antichità, come tutt’oggi, erano pieni di fascicoli scritti, e con immagini che rappresentano i diversi luoghi dedicati alla cultura. Questa mostra è stata ideata dopo la scoperta del 2007 dell’auditorium di Adriano, a Piazza Venezia, e dopo gli scavi approfonditi del Tempio della Pace, davanti al Colosseo, che hanno portato alla luce diversi reperti qui esposti. L’edificio di Adriano era a due piani, dove autori e retori leggevano pubblicamente recitationes e lezioni di retorica. Nei secoli divenne una zecca, una necropoli e nel rinascimento fu un ospedale. Il biglietto intero ha un costo di € 12,00; ridotto € 7,00 e lo stesso biglietto consente anche l’accesso al Foro Romano e al Palatino. I biglietti sono acquistabili online sul sito www.coopculture.it. L’applicazione iMiBAC Top 40 consente l’acquisto del biglietto tramite smartphone.

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Alma-Tadema e i pittori dell’800 ingleseLe donne, eroine dell’antichità e del medioevo di Maria Chiara Lorenti

Frederic Leighton, “Crenaia, la ninfa del fiume Dargle”, 1880

Nonostante i quaranta minuti di fila ed il costo del biglietto, non certo economico, vale la pena visitare la mostra “Alma-Tadema e i pittori dell’800 inglese. Collezione Pérez Simòn”.

Dopo Parigi e prima di Madrid, l’esposizione è approdata a Roma, al Chiostro del Bramante e vi rimarrà in visione fino al 5 giugno. Propone una cinquantina di quadri risalenti al periodo dell’Aesthetic Movement, facenti parte di una delle più ricche e complete raccolte private al mondo, un insieme di opere d’arte che spaziano dal medioevo al novecento, acquistate dal magnate messicano Jan Antonio Pérez Simòn. In questa rassegna pittori come Edward Coley Burne-Jones, Dante Gabriele Rossetti, John William Godward, Frederic Leighton, John Everett Millais, John Melhuish Strudwick, John William Waterhouse, solo per citarne alcuni, senza dimenticare quello che è il protagonista indiscusso, sia per il numero di opere esposte, sia per il peso che tale artista ha avuto in Inghilterra nel periodo vittoriano, sir Lawrence Alma-Tadema, si pongono, attraverso i loro quadri, alla conoscenza di un pubblico non sempre edotto di questo movimento, che ha rivoluzionato il mondo puritano dell’epoca, raffigurando le donne come eroine classiche, attinte alla mitologia greca e alla Roma imperiale, o come creature leggendarie delle fiabe celtiche e inglesi, senza tralasciare i preraffaelliti, ispirati dalle fanciulle angelicate del medioevo, cantate da poeti come Dante o come Shakespeare.Ammirare questo universo femminile così vario, dove a volte in un unico soggetto si sovrappone la sensualità al pudore, come in “Crenaia, la ninfa del fiume Dargie”, oppure il coraggio alla paura, alla rassegnazione per il proprio destino, incarnati in quel bellissimo nudo dipinto da Poynter “Andromeda”, o all’innocenza, ancora incontaminata prima del brutale rapimento di Plutone, alla consapevolezza dell’ineluttabilità di diventare vittima, come per Proserpina, spensierata ma forse già presaga in “Canto di

Lawrence Alma-Tadema, “Paradiso terrestre”, 1891

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n dedicato a

Alma-Tadema e i pittori dell’800 ingleseLe donne, eroine dell’antichità e del medioevo

Edward Johm Poynter, “Andromeda”, 1869

primavera”.Ultima opera che conclude degnamente l’esposizione, con un colpo di scena teatrale, è la grande tela di Alma-Tadema: “Le rose di Eliogabalo”.L’impatto è scenografico, ambientato in una sala dipinta di nero, al buio, l’unica fonte di luce è proiettata sul quadro. Lo spettatore, seduto su una panchetta, posta a debita distanza, assiste ad uno spettacolo, a dir poco, incredibile, dove stupore e meraviglia si contrappongono a, dopo aver conosciuto la storia rappresentata, raccapriccio e disgusto.Eliogabalo, giovane imperatore romano, di origine siriana, vissuto dal 203 al 222 d.C., è raffigurato assiso sul triclinio insieme ai suoi commensali, davanti ad una tavola imbandita di frutta, posta su un palco di marmo finemente istoriato, al di sotto i cortigiani, bramosi di compiacere il loro signore, si rivolgono a lui mentre vengono inondati da una copiosa pioggia di boccioli e petali di rose. Così, in un mix di crudeltà e bellezza, per soddisfare un proprio desiderio edonistico, l’imperatore perverso si diverte a sommergere gli invitati, godendo del clamore suscitato, ed i fiori dipinti sono così reali mentre volteggiano in aria, con movimento rotatorio, diagonalmente rendono dinamica la scena che è cristallizzata nel momento più drammatico, quello in cui alcune persone rimangono soffocate, perite inutilmente per un capriccio del giovane despota. Se si chiudono gli occhi, par che dalla tela si sprigioni un delicato profumo, un aroma soave, ma con un sottofondo di decomposizione. Principesse o muse, incantatrici o incantate, streghe o semplicemente se stesse, le donne sono il nucleo di questa mostra, il perno su cui ruota tutta l’esposizione che, in un turbinio di colori, trascina inevitabilmente l’osservatore, che si ritrova invischiato in un vortice di emozioni e di sensazioni, suscitate da figure sublimi che sono il centro dell’universo.

Lawrence Alma-Tadema, “Paradiso terrestre”, 1891

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di Cristina Simoncini

Immaginate di essere nella casa d’infanzia di Frida Kahlo e di aprire

un armadio che è rimasto chiuso per decenni. All’interno centinaia di oggetti personali: fotografie, lettere d’amore, medicine, gioielli, scarpe, e vestiti che ancora odorano del suo profumo e dell’ultima sigaretta da lei fumata.Questo è esattamente ciò che accadde quando Hilda Trujillo Soto, la direttrice del Museo Frida Kahlo, aprì il guardaroba che era stato tenuto chiuso fin

dalla morte dell’artista messicana nel 1954. Gli oltre 300 oggetti appartenuti a Frida Kahlo sono stati posti in mostra nella Casa Azul, il Museo Frida Kahlo nel quartiere Coyoacán di Città del Mexico.La mostra “Le apparenze ingannano: i vestiti di Frida Kahlo”, in collaborazione con Vogue Mexico, mette fine alla decisione durata 50 anni di mantenere privati i dettagli più intimi della vita dell’artista, quando Diego Rivera, il famoso muralista messicano suo marito, distrutto dal dolore per la sua scomparsa, chiuse le porte del guardaroba e non volle farvi entrare nessuno per paura che il contenuto fosse maltrattato e rovinato. Quando Diego morì, nel 1957, il compito di proteggere quei ricordi passò ad una sua cara amica e protettrice, Dolores Olmedo, che promise che sarebbe rimasto chiuso almeno 15 anni dopo la sua morte, avvenuta nel 2002 a 93 anni.E’ una mostra costruita intorno a due temi: disabilità ed etnia. I punti salienti comprendono numerosi vestiti, i corsetti, che Kahlo indossava per sostenere la sua spina dorsale danneggiata dal famoso incidente, e scarpe di raso ricamate a fantasia. Gli storici d’arte e di moda già sapevano che Frida era unica ed avanti nel suo tempo, ma gli oggetti ritrovati mostarono che, a dispetto delle invalidità, del “monociglio” e delle violente rappresentazioni dell’anatomia femminile di alcuni suoi dipinti, Frida Kahlo era come una ragazzina che usava il makeup ed il profumo e vestiva la protesi della sua gamba con uno stivale rosso dal tacco alto. Il suo abbigliamento mirava ad uno stile personale ed all’auto protezione, ma era anche una dichiarazione, sia politica che culturale.Ciò era specialmente vero per i vestiti in stile “Tehuana”, che Frida indossava “come una seconda pelle ”, come ha detto Circe Henestrosa, la curatrice della mostra. Colorati e accuratamente realizzati da artigiani locali, erano un tributo alla società matriarcale Tehuantepec, le cui donne erano commercianti considerate uguali agli uomini. Le lunghe gonne Tehuana erano anche perfette per nascondere le sue menomazioni, compresa la gamba deformata dalla polio che dovette alla fine far amputare.“Questo vestito rappresenta una donna potente,” ha detto Henestrosa “che vuole ritrarre il suo essere messicana, o le sue convinzioni politiche, ed è un abito che allo stesso tempo aiuta a distinguere se stessa come artista femminile degli anni ‘40. E’ un abito che aiuta a travestire le sue imperfezioni fisiche”Fonti: fusion.net/culture/story/frida-kahlo-fashion-exhibit-opens-mexico-city www.vogue.mx/articulos/el-estilo-de-un-mito/1667

curiosARTnLe apparenze ingannanoIl guardaroba segreto di Frida Kahlo

Frida Kahlo, “Le apparenze ingannano”

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cineman

di Greta Marchese

La notte degli Oscar“And the winner is…”

Nessun colpo di scena in questa 86° edizione degli Academy Awards, eccezion fatta per la frizzante performance della conduttrice Ellen De Generes che, con la sua incredibile

verve, spazza via un po’ di scomodo formalismo e conquista il pubblico. Dotata di grande senso dell’umorismo, Ellen ha fatto gli onori di casa e anche qualcosa di più, per movimentare una serata che raggiunge il culmine quando la conduttrice si arma di smartphone e scende dal palco per circondarsi di alcuni tra i volti più noti della cerimonia. Sorride Ellen nell’autoscatto (o “Selfie”) che nel giro di sole due ore sarà ritwittato oltre due milioni di volte, battendo un nuovo record “virtuale” nella storia dei social network. E’ l’attesa notte tra il 2 e il 3 Marzo 2014, e al Dolby Theatre di Los Angeles tutto può succedere. Persino che la produzione, a un certo punto, decida di far entrare un fattorino a consegnare pizze per cena alle star in prima fila, strappando una risata al pubblico colto di sorpresa. La cerimonia prosegue, tra momenti emozionanti e situazioni esilaranti, mentre celeberrimi ospiti si susseguono sul palco per consegnare gli attesissimi premi. E’ il film “Gravity” il trionfatore indiscusso di questa edizione degli Awards. La pellicola di Alfonso Cuaròn ottiene infatti non soltanto l’Oscar per la miglior regia, ma ritira sette premi su dieci tra quelli minori. Un’altra felice sorpresa è stata la vittoria dell’esordiente Lupita Nyong’o come miglior attrice non protagonista nel film “12 anni schiavo”; mentre il premio come miglior attore non protagonista va a Jared Leto per “Dallas Buyers Club”. Intanto tutta l’Italia si stringe attorno allo schermo, e al momento di scoprire a chi assegnare il premio più ambito dai registi di tutto il mondo, festeggia esultante quando un pacato Paolo Sorrentino sale sul palco per il miglior film straniero, accompagnato dal fedele Toni Servillo. Con “La grande bellezza” Sorrentino sbaraglia la concorrenza e riporta l’Oscar in Italia dopo quindici anni dal successo di Benigni con “La vita è bella”. Ricca di suggestioni, rimandi artistici e letterari e continue citazioni cinematografiche, “La grande bellezza” è ben lungi dall’essere un semplice spaccato di vita romana. E’ allo stesso tempo un’opera profonda e frivola, dura e poetica;

un potente affresco che parla da sé. “E’ puro cinema nel vero senso della parola”, afferma Cate Blanchett, e prosegue: “Ha dimostrato in pieno quanto talento esista nel cinema italiano e quanto sia giusto che anche l’Academy e l’America siano pronti a riconoscerlo”. Poco dopo, Amy Adams, Cate Blanchett, Sandra Bullock, Meryl Streep e Judi Dench si contendono il titolo di miglior attrice, ma è Cate (“Blue Jasmine”) a uscirne vincitrice, rendendo rispettosamente omaggio alle colleghe sconfitte. L’attrice non fa in tempo a scendere dal palco che è già il momento di proclamare il miglior attore. Inutile sottolineare il motivo di tanta attesa, quasi tutti gli occhi sono inconsapevolmente puntati su Leonardo di Caprio, che mantiene una dignitosa calma mentre una muta domanda pervade le menti di tutti gli spettatori del mondo. A salire sul palco però, è Matthew McConaughey, che in “Dallas Buyers Club” compare dimagrito di ben ventidue chili per interpretare un uomo affetto da Aids. La tensione sale nuovamente quando la serata sta per volgere ormai al termine. Si, è la volta del premio per il miglior film. Will Smith apre la busta dopo le nomination di “Gravity”, “12 anni schiavo”, “American Hustle”, “Captain Philips”, “Dallas Buyers Club”, “Her”, “Nebraska”, “Philomena” e “The wolf of Wall Street”. Probabilmente, se “Gravity” avesse vinto un solo altro premio svariati sedili sarebbero volati in aria, ma la tragedia è stata scongiurata grazie alla vittoria di “12 anni schiavo”; prodotto da Brad Pitt e diretto dal regista Steve Mc Queen. Un grande sconfitto di questa edizione è senza dubbio “American Hustle”, la brillante pellicola di David O’Russel che non ottiene nessun premio nonostante le dieci meritate candidature. Non osa l’Academy, e Scorsese lo sa. Ancorata a un classicismo primordiale e ad un’estrema prudenza, sceglie di premiare un film come “12 anni schiavo”, dai temi più canonici e importanti, sicuramente degni di comparire sul grande schermo, ma privo di qualsiasi soluzione stilistica e visiva innovativa, nella sua rappresentazione. Mentre “The wolf of wall Street”, con cinque nomination, resta inspiegabilmente in un angolino; e il lupo, se ne torna a casa a bocca asciutta. Provaci ancora Leo!

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architetturamangaarchitettura

di Valerio Lucantonio

manga

UnastoriaMetafora di vita, amore e follia

n

G ipi (Gianni Pacinotti) al momento è probabilmente i l maggior esponente del l ’arte sequenziale ital iana. Titolo abbastanza

azzardato, dato che i suoi lavori sono al l imite tra fumetto, pittura e street art, per quanto riguarda lo sti le, la concezione del la tavola e gl i strumenti usati (da una semplice ed essenziale penna agli acquarel l i). Dopo qualche anno di pausa e un f i lm (L’ult imo terrestre) di cui è i l regista, l ’autore toscano torna al la r ibalta con “Unastoria”, forse la sua graphic novel più intima, sentita e profonda nel la quale si fondono in una sola storia, appunto, le vicende del lo scrittore Si lvano e del suo bisnonno Mauro, mil i tante durante la Prima Guerra Mondiale.Sono pochi i fatt i che si possono raccontare in una recensione di questa opera, dato i l non numeroso numero di pagine è faci le dire troppo e rovinare la scoperta di ogni singola pagina trasudante sentimenti

e un’abi l i tà art ist ica geniale.Cosa accomuna i due parenti? Forse le lettere che Mauro inviava al la moglie dal fronte, r itrovate da Silvano? O forse la sofferenza, che coglie i l bisnonno traumatizzandolo a fondo quando in territorio nemico sente la morte a due passi, e che assale Silvano quando la sua mente vaci l la e r imane privo di ragione, come l ’albero privo di fogl ie testimone del terrore del suo avo, lo stesso che troviamo in copertina.Le domande che Gipi può suscitare durante e dopo la lettura sono infinite, ma la più signif icativa ed evidente del l ’albo, del quale sembra quasi i l r iassunto, potrebbe essere: è maggiore i l dolore provato per l ’assenza di qualcosa, o quel lo scaturito per la privazione di essa?

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occhio al libronErri De Luca, “I pesci non chiudono gli occhi”“Chiudi quei benedetti occhi da pesce...” di Martina Tedeschi

I caldi raggi di quel sole estivo gli colpivano la pelle, dolcemente, facendo brillare su di essa tracce di salsedine e granelli finissimi di sabbia. Di tanto in tanto, quando il

calore diventava fastidioso, il ragazzino si girava, trovava una nuova posizione comoda, e tornava ad incaponirsi sui cruciverba: se non riusciva a rispondere lasciava le caselle vuote e andava avanti, senza mai guardare le soluzioni del numero successivo. Gli piaceva aiutare i pescatori, nel pomeriggio, che si affaccendavano tra reti ed ami, giù al molo nei giorni del Libeccio, quando non uscivano in mare per la pesca: darsi da fare in quei lavori, scoprire posti nuovi e vivere la giornata diversamente dagli altri coetanei lo faceva sentire libero, diverso forse.Quell’estate compiva 10 anni, l’età che per la prima volta si scrive con due cifre, e la sua mente viaggiava in avanti non seguita dal corpo, quello rimaneva indietro; a lui non piaceva. In alcuni aspetti già la sapeva più lunga dei grandi, gli adulti che aveva imparato a conoscere dai libri e dei quali notava l’incoerenza dei sentimenti, e si dispiaceva per la distanza tra

le loro parole e le cose che dicevano e non mantenevano. Il suo verbo preferito era “mantenere”, che per lui comportava la promessa di tenere per mano una cosa che gli mancava, come la conoscenza di quel concetto in cui, costantemente, incappava nei racconti che leggeva, “ ingrediente delle storie” , lo chiamava lui, un verbo che gli adulti esageravano e a lui infastidiva: amare. E’ la storia, questa, di un piccolo uomo alle prese con i suoi primi pensieri importanti, le prime paure, le prime scelte e le prime innocenti responsabilità. E’ la storia di una crescita quasi improvvisa ed invisibile all’occhio di chi guarda senza farlo davvero; una crescita che parte dagli istinti, sfoga nei sentimenti e solo alla fine completa la trasformazione in quel corpo che, anche se appena, si mostra più grande. Una metamorfosi dovuta agli impulsi di un amore alle prime armi che “Non c’entrava con il desiderio,quell’amore chiudeva con l’infanzia ma non smuoveva ancora nessun muscolo degli abbracci. Scintillava dentro, visitava il vuoto e lo illuminava. “ . Quanta forza c’è in un’emozione simile? La prima emozione della sua vita per lei, una ragazzina poco più grande di lui che leggeva gialli, amava gli animali, credeva nella giustizia e stava ben attenta a “non sprecar tempo” ; lei che lo ha lasciato imbambolato e confuso per qualcosa che stava crescendo in lui e che per quell’età era decisamente poco ordinario. “Erri De Luca è lo scrittore del decennio” così l’ha definito il Corriere della sera , e qual miglior testimonianza può dimostrarlo se non questa storia di solo un centinaio di pagine? Scrittore napoletano della classe 1950, De Luca ci accompagna gentilmente in una tenera e continua scoperta, raccontata con attenta delicatezza e cura per i dettagli. Un sussurro vero ed emozionante che parla d’intimità e che, con tono affettivo da fratello maggiore, ci svela i ricordi (autobiografici) d’infanzia di un uomo, cinquant’anni dopo, che torna a farsi accarezzare da quel vento estivo e riempire gli occhi di quelle stesse immagini che lo hanno aiutato a crescere e, anche se sfocate ormai, portano dentro l’innocenza di un’età che non ti lascia più, anche se passa. I pesci non chiudono gli occhi, con il suo stile genuino, è il passaggio significativo dall’infanzia ad una maturità calma e ponderata, la crescita di un ragazzino che fa capolino alla scoperta di grandi esperienze; il flash che immortala il momento esatto del tuffo nella vita.

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occhio alla rassegnandi Rossana Gabrieli

“IL CINEMA”

Efficienza energetica: una miniera di energia tutta da sfruttare di Nicola Fasciano

occhio all’ambientenIl 33° Centro Territoriale Permanente di Aprilia organizza

ogni anno, per oramai lunga tradizione, attività didattica di lettura cinematografica, aperta al territorio e completamente

gratuita. Un omaggio al buon cinema ed ai suoi tanti appassionati cultori, che quest’anno si pone un titolo metarappresentativo: il cinema riflette e parla di se stesso, nelle intenzioni dei due referenti del progetto, i professori Raffaeela Caiazza e Daniele Vecchio, entrambi laureati in lettere e con differenti passioni: la professoressa Caiazza, infatti, si dedica anche al teatro, come interprete. Mentre il professor Vecchio, tesi di laurea sul doppio nel cinema di Kubrik, collaboratore di diverse testate cinematografiche, è stato anche vincitore del premio critica: “Giovane e innocente”.Quest’anno, presso l’aula magna della scuola media statale “Menotti Garibaldi”, sono già stati proiettati: “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, “Repulsion” e il 27 marzo “Anni difficili”. Tra le prossime date l’8 maggio “La vita agra”, il 27 maggio “Cosa è successo tra mio padre e tua madre”, fino all’ultima proiezione, il 29 maggio, con “Il passato”. Tutte le proiezioni hanno luogo alle ore 20,00.Non è tra i soli progetti del Centro Territoriale Permanente, che propone annualmente corsi di inglese, anche con certificazione Trinity, corsi di informatica, Esami di Licenza Media, con visite d’istruzione sul territorio e molto altro ancora. Info al numero: 06/9200560

L’efficienza energetica, ovvero la possibilità di ottimizzare i consumi energetici, è da ritenersi come la principale ‘risorsa’ a livello mondiale in termini di contributo

energetico. Infatti quanto realizzato in passato a livello di politiche e interventi, sta dando dei risultati notevoli facendo risparmiare più energia di quanta ne abbia prodotta ogni singola fonte. Ma cosa intendiamo in concreto come efficienza energetica di un sistema (sia esso un fabbricato abitativo o un apparato industriale) e perché è tanto importante? In definitiva possiamo rappresentare l’efficienza energetica come la capacità dello stesso sistema di sfruttare l’energia che gli viene fornita per soddisfare il cosiddetto fabbisogno, cioè per ottenere il

risultato voluto. Minori sono i consumi relativi al soddisfacimento di un determinato fabbisogno, migliore è l’efficienza energetica della struttura. L’importanza della efficienza energetica è stata sottolineata nell’ultimo report presentato dalla IEA (International Energy Agency) ad ottobre dello scorso anno e, solo considerando un gruppo di 11 membri IEA (Australia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Svezia, Regno Unito e USA), è emerso che dal 2005 al 2010 le misure di efficienza energetica adottate hanno fatto risparmiare l’equivalente di 420 miliardi di dollari in petrolio. Ovvero, l’efficienza ha fatto risparmiare tantissimo danaro e di conseguenza tanta energia, più di quanta ne abbia prodotta ogni altra fonte e, cosa ancora più importante, con un potenziale ancora da sfruttare ancora molto ampio. Un capitolo a parte riguarda l’efficienza energetica nella nostrana Pubblica Amministrazione, dove la riduzione dei consumi energetici comporterebbe un risparmio della spesa pubblica di ben 6 miliardi di euro l’anno. Infatti in un altro report presentato dall’Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, si parla che per uno stock complessivo di immobili nell’ordine delle 530.000 unità (di cui in particolare circa 52.000 riferite a scuole e 38.000 ad uffici), gli interventi previsti tra chiusure vetrate, superfici opache, sistemi di illuminazione, caldaie a condensazione, pompe di calore, solare termico e cogenerazione, condurrebbero ad un risparmio in bolletta di circa 6 miliardi di euro l’anno. L’efficienza energetica, quindi, riducendo o limitando la domanda di energia, può produrre benefici multipli. Tra questi consentirebbe di ridurre la pressione sui sistemi di approvvigionamento energetico sia a livello domestico sia a livello internazionale, migliorando così sicurezza e resilienza. Inoltre, può produrre benefici economici, ad esempio permettendo di riallocare su altri settori economici le risorse spese per l’energia e riducendo quindi la spesa pubblica.

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nApriliaCineforum ApriliaAula Magna dell’Istituto Comprensivo Giovanni Pascoli, via delle Palme 13/15, ogni mercoledì dal 16 ottobre al 21 maggioMessaggio. Spettacolo di danza contemporaneaEx Claudia, 28 e 29 aprileRassegna Concertistica 2013 - 2014, Ass.ne Vaso di Pandora,Ass.neLber Cantores Ass.ne Arte Mediterranea“POP a cappella” con I Seidaccordo, 13 aprile“Fiesta mexicana” con i Mariachi, Roma Titlan, 11 maggio“Voci di luna” Quartetto banshee, 25 maggioSpazio 47

nLavinioMostra di pitturadal 4 al 9 maggio

nRomaIl paesaggio italiano. Fotografie 1950-2010Museo di Roma in Trastevere, fino al 20 aprileHerb Ritts, “In piena luce”Auditorium Parco della Musica, fino al 21 aprileGusto romanticoMuseo Mario Praz, via Zanardelli, fino al 21 aprileGianfranco Baruchello, “Perdita di qualità, perdita di identità” (articolo a pag. 6)Fondazione Volume!, fino al 24 aprileLibero De Libero e gli artisti della CometaGalleria d’Arte Moderna di Roma, fino al 27 aprileScritto nelle ossa (articolo a pag. 7)Museo della via Ostiense, fino al aprileNomachi. Le vie del sacroLa Pelanda, fino al 4 maggioSimon Hantai. Francia, astratto ‘900Accademia di Francia, villa Medici, fino al 11 maggioD’apres Rodin. La scultura italiana del primo novecentoGNAM, fino al 18 maggioAlberto Giacometti, la scuturaGalleria Borghese, fino al 25 maggioLo “Spinario”.Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori, fino al 25 maggioRodin, il marmo, la vita (articolo a pag. 3)Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, fino al 25 maggioMario Mafai e Kounellis. Le visioni astratteMuseo Carlo Bilotti, fino al 1 giugno“Generazioni-Pluralità del femminile” Paola BinateMuseo di Roma, fino al 1 giugno

“Bende sacre” Isabella DucrotGNAM, fino al 2 giugno“Filo rosso” Paola Grossi GondiGaleria Nazionale d’Arte Moderna, fino al 2 giugnoInterni d’ArtistaGalleria Nazionale d’Arte Moderna, fino al 2 giugnoAlma-Tadema e i pittori dell’800 inglese. Collezione Perez Simon (articolo a pagg. 8-9)Chiostro del Bramante, fino al 5 giugnoCapolavori del Museo d’OrsayComplesso del Vittoriano, fino al 8 giugnoShannon Ebner “Auto Body Collision”Fondazione Palazzo Ruspoli, ingresso gratuito, fino al 27 giugnoCave of tales - Alice Pasquini (articolo a pag. 6) Casa dell’Architettura, piazza M.Fanti 47, dal 17 aprile al 30 agostoFrida KahloScuderie del Quirinale, fino al 31 agostoEttore SpallettiMAXXI, fino al 14 settembreNon basta ricordareMAXXI, fino al 28 settembreLa Biblioteca Infinita. I luoghi del sapere nel mondo antico (articolo a pag. 7)Colosseo, fino al 5 ottobre

nChietiSironi e la Grande Guerra. L’arte e la prima guerra mondiale, dai futiristi a Grosz e DixPalazzo de Mayo, fino al 25 giugno

nFerraraMatisse, la figura, la forza della linea, l’emozione del colore Palazzo dei Diamanti, fino al 15 giugno

nGenovaEdvard MunchPalazzo Ducale, fino al 27 aprile

nVeneziaLèger. La visione della città contemporanea. 1910-1930Museo Correr, fino al 12 giugno

nMilanoPink floyd exhibition - their mortal remains (articolo a pag. 5)Fabbrica del Vapore, Via Procaccini 4, dal 19 settembre al 19 ottobre

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Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte” presso i seguenti distributori:Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), parrucchiera Rina (via di Crollalanza 31)Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio)- Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre)

Il fotografo delle diveLa Casa del Cinema rende omaggio ad Angelo Frontoni, fino al 27 aprile