occhio all'arte (novembre 2014)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 78 novembre 2014 Mensile d’informazione d’arte n dall’associazione: “Libera espressione” n archeologia: Anzio: tra natura, arte e storia n teatro: “Regina madre” al Teatro dell’Angelo www.artemediterranea.org n dedicato a: CORCOS I sogni della Belle Epoque Vittorio Corcos, “ Sogni”, 1896

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Page 1: Occhio all'arte (novembre 2014)

A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 78 novembre 2014

Mensile d’informazione d’arte

ndall’associazione: “Libera espressione”

narcheologia: Anzio: tra natura, arte e storia

nteatro: “Regina madre” al Teatro dell’Angelo

www.artemediterranea.org

ndedicato a:CORCOS I sogni della Belle Epoque Vittorio Corcos, “Sogni”, 1896

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Mensile culturale edito dallaAssociazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 ApriliaTel.347/1748542

[email protected]. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007

FondatoriAntonio De Waure, Maria Chiara

LorentiCristina Simoncini

AmministratoreAntonio De Waure

Direttore responsabileRossana Gabrieli

Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

RedazioneMaria Chiara Lorenti, Cristina

Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro

CollaboratoriLuigia Piacentini, Stefania Servillo, Patrizia Vaccaro, Daniele Falcioni,

Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Greta Marchese, Giulia Gabiati

Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi,Marilena Parrino, Nicola Fasciano,

Simona Cagnazzo, Stefano Cagnazzo

Responsabile MarketingCristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing

Giuseppe Di Pasquale

Stampa Associazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 Aprilia

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche

parziale senza il consenso dell’editore

Sommario

Libera EspressioneAnzio: tra natura, arte e storia

American CroniclesUn’amicizia ai sali d’argento

Galleria nazionale di arte antica, 3° parteTutankhamon Caravaggio Van GoghCORCOS. I sogni della Belle Epoque

“Solo gli amanti sopravvivono”Antropologia dell’arte

Victor Hugo disegnatoreLe legge di Ueki

“Regina madre” al Teatro dell’AngeloLa mobilitazione mondiale contro il cambiamento climatico più

grande della storia

n

•••

Per sponsorizzare “Occhio all’Arte” Telefona al 349.7790097

Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla

pittura ad olio

Sartoria Danila338.9557843

RiparazioniOrli gonne,pantalonie vestitiModifiche della tagliaTendaggi

Sconti per gli allievi della Associazione

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di Stefania Servillo

Libera EspressioneLa fusione di arte e letteratura

In passato si celebrava la distinzione delle arti e la supremazia dell’una sull’altra; fortunatamente questo sistema di pensiero chiuso ha lasciato il passo a una visione democratica e ben

più realistica della cultura. Oggigiorno non è inusuale che forme d’arte diverse si accostino per creare un’opera (o un prodotto) che trasmetta più agevolmente un messaggio culturale: è ciò che è accaduto con il libro “Libera Espressione”. Il testo vede la collaborazione degli artisti dell’Associazione Arte Mediterranea (associazione apriliana con un’esperienza nelle arti ventennale) e lo scrittore Daniele Falcioni, che anche in questa occasione ha scelto di utilizzare come mezzo espressivo la poesia.Il titolo scelto è un diretto riferimento alla filosofia che muove tutti gli artisti coinvolti: l’opera non è altro che il risultato tangibile dell’incontro di persone molto diverse tra loro e con ideali affini.La gestazione è stata lunga, ma fruttuosa. Il primo incontro tra l’associazione e l’autore è avvenuto circa due anni fa, ma la prima collaborazione concreta risale al 2013 in occasione della presentazione del secondo libro di Falcioni, “Figure Umane”. La partecipazione dell’Arte Mediterranea in quell’occasione è

stata vincolata a un concorso interno per la rappresentazione grafica delle poesie, l’autore ha scelto le opere che riteneva si avvicinassero maggiormente all’idea fondante degli scritti.Il percorso di “Libera Espressione” si è snodato partendo dalle opere pittoriche di ventinove artisti dell’associazione. L’autore, partendo dai sentimenti che le opere gli ispiravano ha creato le poesie.La copertina è stata curata dal Presidente dell’Associazione Antonio De Waure, la sua opera potente nei colori e nel tratto materico avvolge lo spettatore e gli permette di inoltrarsi tra le pagine con la giusta disposizione d’animo.Il libro edito da Rapsodia Edizioni sarà presentato per la prima volta ad Aprilia nella Sala Manzù il 29 novembre alle ore 18.00, in quella sede sarà possibile ammirare dal vivo parte delle opere presenti nel libro e conoscere sia gli autori delle opere sia lo scrittore Daniele Falcioni.“Libera Espressione” rappresenta un momento culturale e di aggregazione non solo per i cittadini di Aprilia, città dove ha avuto luogo gran parte della genesi, ma per tutti coloro che credono nell’arte e nella cultura.

di Luigia Piacentini

dall’associazionen

Antonio De Waure, “Serata”, olio su tela

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archeologian

di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

Tra le morbide rotondità di un piccolo giardino che si protende verso il mare, con garbo, quel tanto che basta non a nascondere, ma ad esaltare l’incanto e

l’importanza del luogo che lo accoglie, si erge, imponente, una statua “antica” o che comunque rimanda ad un‘altra epoca, ad un’imponenza pensosa “nuova”, cui non siamo più avvezzi. La scultura, in bronzo, rappresenta Nerone, il giovane imperatore romano; il delizioso e pacato “balcone” non privo di qualche anfratto amoroso, tra i verdi arbusti che profumano di mare, si trova ad Anzio, città natale dell’augusto personaggio, sulla riviera Mallozzi. In tempi recenti, infatti, precisamente nel 2010, una statua posta su di un piedistallo tipo capitello, alta, complessivamente circa tre metri, realizzata dall’artista Claudio Valenti, è stata collocata nelle vicinanze di antiche vestigia, di cui gli abitanti della deliziosa località balneare vanno fieri e che, nel nome ricordano l’imperatore, l’antico porto, la villa, le grotte, appunto, di Nerone. La duplice motivazione di una scelta forse unica, in netta contrapposizione a ricostruzioni, storiche o cinematografiche, ormai superate dalla maggior parte dei critici, è scritta ai piedi della statua: <<Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, nato ad Anzio il 25/12/37 d.C. con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, figlio di Gneo Domizio Enobarbo e di Agrippina Minore, sorella dell’imperatore Caligola. Nel 54 d.C. divenne imperatore per acclamazione dei pretoriani. Durante il suo principato, l’Impero conobbe un periodo di pace, di grande splendore e di importanti riforme. Morì il9/06/68 d.C.>>. Ebbene sì, la crudele leggenda secondo la quale Nerone fosse un perverso piromane è stata sfatata! Di vero, potrebbe esserci che abbia decretato la morte della propria madre, di Seneca, saggio precettore e sagace consigliere, nel momento in cui dai suoi servigi non traeva più alcun giovamento, di aver perseguitato i cristiani! Ma come avrebbe potuto un uomo,

anche se di nobili origini, conquistare il potere e, soprattutto, mantenere i propri privilegi, senza possedere una notevole dose di cinismo, oltre che di smodata ambizione?! Nerone come tanti, nella sua epoca e … oggi? Ciò che gli fa onore, sicuramente e comunque, è l’aver donato ai suoi sudditi “un periodo di pace, di grande splendore e di riforme importanti”. Di tali meriti e non solo, ci parla la statua posta tra il cielo e la terra, in un perenne anelito verso il mare: privo della riccioluta ed ambigua barbetta, il giovane volto, ingentilito anche da un naso stilizzato, ha fattezze morbide, accattivanti, accentuate da una chioma folta e composta. Una tale sensazione di rassicurante pacatezza, però, svanisce quando i suoi magnetici occhi “chiari” catturano lo sguardo degli astanti: fierezza, dignità, consapevolezza del proprio ruolo ma, anche, nostalgia e rimpianto sono racchiusi nello sguardo pensoso e “vivo” del controverso regnante. Osserva e, con il braccio destro teso, indica il mare, l’orizzonte … cosa cerca … cosa vorrebbe che apparisse: navi vocianti, cariche di mercanzie, che fendono, con alterigia, le onde del mare? Soavi e silenti velieri, che sfiorano la superficie del mare, con il loro più prezioso carico di musici, di arpe, di cetre, di poeti, di attori, di sogni? Chissà?! Alla terra, invece, è rivolto il braccio sinistro, in un atteggiamento più concreto, più volitivo che simboleggia, forse, il desiderio di riappropriarsi del luogo da cui tutto ha avuto origine. L’opera, nel suo insieme, richiama la statuaria romana, con precisione quella celebrativa, per il realismo delle forme e l’equilibrio compositivo, ma non per l’andamento e per la regolarità delle pieghe della toga.

Anzio: tra natura, arte e storiaL’omaggio ad un imperatore

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in mostranAmerican CroniclesL’arte di Norman Rockwell per la prima volta a Roma

C ento opere, dal Norman Rockwell Museum di Stockbridge alla Fondazione Roma Museo, raccontano la pittura dell’ “artista

della gente”, considerato uno tra i più acuti osservatori e narratori della società statunitense. Reso noto per le illustrazioni pubblicate sul The Saturday Evening Post tra il 1916 e il 1963 il suo lavoro delinea la storia di un mito, quello americano, che va oltre il confine degli Stati Uniti. Al centro delle opere di Rockwell c’è quindi l’America del quotidiano quella dei personaggi comuni, della vita familiare: le sue illustrazioni, minuziose e lievi, dirette al cuore più che alla mente, hanno descritto per più di cinquant’anni (dagli anni Dieci agli anni Settanta), sogni, speranze ed ideali, riflettendo e allo stesso tempo influenzando comportamenti e pensieri degli americani del XX secolo. Superata l’ immagine edulcorata delle illustrazioni per la rivista si dedica a temi più caldi come la politica, le guerre diritti civili, discriminazione raziale, lotta alla povertà, la guerra del Vietnam. Tra i materiali in mostra, oltre a fotografie e documenti, dall’11 novembre 2014 all’8 febbraio 2015, ci sarà la raccolta completa delle 323 copertine del The Saturday Evening Post.

Un’amicizia ai sali d’argentoGianni Berengo Gardin ed Elliott Erwitt all’AuditoriumExpo

D al 18 novembre 2014 al 1 febbraio 2015 l’Auditorium Parco della Musica ospiterà un duetto fotografico d’eccezione.

Nell’ambito del progetto Auditorium Fotografia, in collaborazione con Contrasto e Fondazione Forma per la

Fotografia, la mostra “Gianni Berengo Gardin – Elliott Erwitt. Un’amicizia ai sali di argento” propone al pubblico il lavoro dei due grandi fotografi, per la prima volta a confronto. L’esposizione evidenzia il dialogo mai interrotto tra i due fotografi sia sul piano umano sia su quello professionale. “Non sono un artista, sono un fotografo che documenta la sua epoca. A Elliott mi accomuna questo, abbiamo la stessa concezione della fotografia”, dichiara all’ANSA Gianni Berengo Gardin, “l’ho sempre ammirato e siamo amici da anni, e poi è a lui che devo la mia evoluzione come fotografo”. Ciò che li avvicina è la passione per la cifra umana, che resta inalterata negli anni per entrambi, nonostante le naturali differenze tra il fotografo americano più concentrato sulla realtà internazionale e l’autore italiano focalizzato sulla realtà italiana. Sono centoventi le fotografie in mostra che ripercorrono le carriere dei due, fino agli ultimi reportage realizzati in questi mesi sulle grandi navi a Venezia per Berengo Gardin e sulla Scozia per Elliott Erwit. Tra i materiali in mostra i provini delle più importanti immagini dei grandi fotografi e una ricostruzione del loro studio “il luogo magico dove tutto avviene o meglio, tutto si rivela.”

di Eleonora Spataro

fotografianNorman Rockwell

Elliott Erwitt, “Contrasto”, Finlandia, 2001

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Galleria nazionale di arte antica, 3° parteMusei Romani, 13° articolo di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

musein

Eccoci di nuovo qui, nella principesca dimora dei Barberini, fatta edificare da Maffeo Barberini, futuro papa Urbano VIII, tra il 1623 e il 1644, per sé e per la propria famiglia,

oggi Galleria Nazionale d’Arte Antica, per commentare le due sale, che costituiscono il cardine dell’edificio, e alcune iniziative molto interessanti, che animano e rendono più piacevole e moderno un luogo longevo. Il museo, come già precisato, occupa tre piani di quella che era la zona nobile o di rappresentanza della famiglia senese; un imponente scalone quadrato permette l’accesso al secondo piano e, quindi, a due ambienti molto diversi tra di loro, ma ugualmente magnifici, progettati dal Bernini, spirito libero e versatile. Il primo, il Salone di Pietro da Cortona, è immenso, imponente, maestoso; i visitatori vi si aggirano “nelle loro minuscole dimensioni”, silenziosi, meditabondi, insicuri; qualcuno volge lo sguardo verso gli affreschi della volta, perché sa che rappresentano l’apoteosi della gloria della famiglia Barberini, ma, senza l’ausilio di un potente binocolo, potrà scorgere, in una luminescenza lontana, solo frammenti di una rappresentazione … reale? Fantastica? Astratta? E’ impossibile capire ciò che Pietro da Cortona abbia dipinto. E’ possibile, però, continuando a osservare la volta, cogliere un’armonia cromatica festosa e gioiosa, che stempera l’austerità del luogo, suggerendo volteggi di dame e cavalieri, dalle movenze aggraziate e civettuole, immerse nella magnificenza di feste principesche. Le emozioni, dunque, sono contrastanti, ma rimandano alla nobile famiglia Barberini, che ambiva lasciarsi rappresentare potente e sfarzosa. Di fronte al Salone di rappresentanza, privo di qualsiasi forma di teatralità, di esuberanza decorativa o di monumentalità, tipiche del barocco, vi è un altro ambiente, a pianta ellittica, che ci ricorda un mondo lontano nel tempo, una civiltà madre di tante altre, in cui l’arte era armonia ed equilibrio. E’ la famosa Sala Ovale, candida nelle pareti monocrome, nelle lesene dai capitelli ionici, nelle antiche statue di marmo, che la adornano con grande eleganza e si alternano alle porte e alle nicchie, in un delicato gioco di chiari e di scuri. Angolo avulso da ogni mondanità, l’armoniosa razionalità dello spazio, che la distingue, era la giusta cornice alle meditazioni filosofiche del cardinale Francesco Barberini; a volte, anche salotto letterario, perché il dotto porporato vi ospitava personaggi d’indiscussa cultura, con i quali si confrontava sui grandi temi dell’umanità. Veramente bella! Per fortuna restituita al percorso museale … perché per molti anni ha ospitato il Circolo Ufficiali di Roma! Mensilmente, di venerdì o di sabato, (gli interessati possono consultare il sito ufficiale), nell’ambito dell’iniziativa “Fai a pezzi l’arte”, alcune storiche dell’arte approfondiscono una sola opera tra quelle presenti nel museo, svelandone anche curiosità e fonti d’ispirazione. L’iniziativa è interessante ma non coinvolgente e stimolante quanto la “Slow art day”, altra manifestazione che coinvolge la galleria e molti musei europei e statunitensi, sperimentata per la prima volta, nel 2009, al Moma di New York. La filosofia che ha ispirato tale esperienza è la stessa dello slow food, l’arte come il cibo non è un prodotto che va “consumato” velocemente. Il museo, dal 12 aprile 2015, propone un modello alternativo di visita: osservare e dialogare per dieci minuti con una sola opera e condividere riflessioni ed emozioni, in un secondo momento, con l’aiuto di un mediatore (www.galleriabarberini.beniculturali.it).

Pietro da Cortona, “Angelo Custode” (particolare), 1656

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Dopo il successo delle mostre precedenti “Raffaello verso Picasso. Storie di sguardi, volti e figure” e “Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento

al Novecento”, Marco Goldin sarà chiamato, anche quest’ anno, per sovraintendere un nuovo progetto espositivo che si terrà a partire dal 24 dicembre 2014 al 2 giugno 2015 nella Basilica Palladiana di Vicenza. La mostra organizzata in collaborazione con il Comune di Vicenza e Linea d’ombra, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, vedrà un complesso di 120 opere distribuite in 6 sezioni tematiche differenti. Dagli egizi al Novecento, tutto ruoterà intorno al tema della notte. Sculture, dipinti e incisioni, ci racconteranno emozioni, sensazioni che nulla hanno a che vedere con la paura, l’angoscia e la negatività che il buio suscita nel nostro immaginario collettivo.Con i tesori egiziani, provenienti dal Museum of fine arts di Boston, esposti nella prima sezione del museo, sotto un suggestivo cielo stellato, si racconterà l’immagine che della notte avevano gli antichi egizi, un percorso nell’ oscurità del dopo morte che ritrova la sua luminosità negli oggetti della vita quotidiana, in segni e simboli, custoditi da sempre nelle piramidi. Il fruscio del vento di sottofondo accompagnerà i visitatori nel percorso che, nella seconda sezione, farà qualche salto in avanti nel tempo. Con il tema ”Figure sul limitare della vita. Da una finestra viene la notte”, la sera e la notte si distaccheranno dalla loro dimensione spaziale e, intese in senso fortemente psicologico, rappresenteranno un momento di raccoglimento individuale, dove trovano

posto la memoria e il sogno. Gran parte delle opere saranno dedicate alla vita di Cristo, ritratta al calar del sole. Qui tele di pittori del ‘500, come Tiziano e Giorgione, si confronteranno con quelle dello spagnolo Lopez Garcia del XX secolo. Si arriverà poi alla terza sezione che, lasciando spazio alla paesaggistica notturna dell’800, vedrà, da Turner a Friedrich, l’aspetto più romantico della notte. Uno sguardo poi agli artisti oltreoceano da Allston a Cole, da Church a Lane, fino a Winslow Homer, posto a fianco del suo maggior prosecutore novecentesco, Andrew Wyeth. Ed ancora con Monet, per giungere a fine ‘800, con un tramonto veneziano su Canal Grande, che lascerà posto a Van Gogh, al quale sarà riservato un omaggio speciale: saranno esposte infatti 10 opere provenienti dal Van Gogh Museum di Amsterdam e il Kröller-Müller Museum di Otterlo, una delle quali è stata scelta come logo della mostra. Terminando con Mondrian, si passerà alla quarta sezione dedicata all’ incisione con le opere di Reembrand, artista del ‘600, nel quale ritroviamo ancora la figura di Cristo, e Piranesi, del ‘700, con il tema delle carceri. La quinta sezione porrà l’attenzione sul sentimento notturno, abbandonando definitivamente la dimensione fisica e spostando il focus sull’astrattismo del secondo ‘900. Da Rothko a Noland, a Morris Louis, in America, fino a De Staël in Europa, saranno esposte anche le opere di Andrew Wyeth e dell’italiano Piero Guccione. Infine nella sesta sezione si succederanno le opere di Sebastiano del Piombo e Luca Giordano, Klee e Nolde, Gauguin e Cézanne, Van Gogh e Hopper. Per un finale che riassumerà l’intera esposizione.

di Giulia Gabiati

in mostranTutankhamon Caravaggio Van Gogh“La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento” a Vicenza

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CORCOS I sogni della Belle Epoque di Maria Chiara Lorenti

Vittorio Corcos, “Nerone ferito”, 1899

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n dedicato a

CORCOS I sogni della Belle Epoque

Dopo le mostre di Livorno e Palazzo Pitti, a distanza di quasi due decenni, la città di Padova dedica una sostanziosa retrospettiva a Vittorio Corcos, il “peintre des jolies femmes”. Cornice di

questa rassegna antologica il palazzo Zabarella, che ospita le oltre cento tele dell’artista, più alcune altre di pittori a lui vicini, per amicizia e per lavoro, come Giuseppe De Nittis, Léon Bonnat, Ettore Tito, solo per citarne alcuni. Il percorso museale si snoda attraverso le sontuose sale, dove le differenti cromie delle pareti scandiscono, differenziandoli, i diversi temi affrontati.Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze, ed essersi trasferito a Napoli, ove incontra Domenico Morelli che lo spinge ad andare a Parigi, Corcos legatosi al gallerista Goupil, si trova catapultato nel bel mondo della capitale francese, in un momento storico, quello della Belle Epoque. Qui conobbe Boldini e De Nittis, frequentando i salotti culturali di quest’ultimo imparò a trattare con l’aristocrazia e l’alta borghesia divenendo, ben presto, un ritrattista alla moda. Passò sei anni a Parigi, poi, forse anche perché Giovanni Boldini era un avversario troppo ingombrante, preferì tornare in Italia, dove, memore dell’esperienza fatta in Francia, divenne il pittore delle donne, belle, ricche e famose, ma anche misteriose e conturbanti. Tra le grandi committenze i ritratti dei personaggi più in vista di quel periodo d’oro. Principesse, regine, i sommi poeti, i compositori musicali più acclamati, tutti volevano essere immortalati dal suo pennello indagatore, che sapeva così ben scavare nell’animo del soggetto, per poi effigiarlo molto meglio di quanto sapesse fare l’obiettivo fotografico, sapendo sapientemente riflettere il carattere e la sensibilità di colui che si apprestava a posare dinanzi a cotal pittore. La mostra “Corcos e i sogni della Belle Epoque” è un inno, un omaggio a questo magico momento storico, che l’artista ha colto così magistralmente. Forse un po’ lezioso e maniacale nella ricercatezza dei particolari, egli era un maestro di “una pittura chiara, dolce, liscia, ben finita: la seta, seta, la paglia, paglia, il legno, legno, e le scarpine lucide di copale, lucide come le so fare soltanto io, diceva Corcos”, così come

scriveva Cipriano Efisio Oppo, nel 1948. Perno su cui ruota l’intera rassegna, l’opera “Sogni”, il ritratto di una fanciulla indomita, bellissima, che guarda l’osservatore direttamente negli occhi, con un’aria di sfida, accentuata dal mento ben piazzato sul pugno chiuso, le gambe accavallate che fanno intravedere la scarpa, i capelli spettinati, seduta su una panchina di legno, l’altro braccio ben saldo sulla spalliera, il cappello adagiato sull’ombrellino da sole, accanto a loro tre libri, e allora che c’è di strano? Nulla, se vista oggi, ma allora, alla fine dell’ottocento, fece gridare allo scandalo. E non dimentichiamo i ritratti ufficiali, “Maria Josè, S.A.R. Principessa di Piemonte”, la futura regina d’Italia è meravigliosa, compenetrata nel suo ruolo istituzionale, appare altera, algida, seduta di profilo, volge il volto verso chi guarda, quasi diafana nel suo vestito di seta turchese, sembra non pesare sulla dormeuse, stile impero, rivestita di ermellino, solo il rossore leggermente accennato delle gote le conferisce un’aria di leggera timidezza, che tradisce la sua giovane età. Ma, se le sue donne sembrano un po’ ambigue e tenebrose, e, a volte, tremendamente sensuali, con degli sguardi ora penetranti e diretti, o pensosi e sfuggenti, anche i ritratti maschili denotano una forte personalità. Raffinati, come il pittore Adolfo Belimbau, affascinante in frac, o anticonformisti, vedi Pietro Mascagni, effigiato subito dopo il suo trionfo a Roma con la “Cavalleria rusticana”, come l’autore stesso spiegò in una lettera: “...dato il modo di fare spigliato e libero di lui, non potevo raffigurarlo in una posa rigida né tampoco severa, ecco perché l’ho posto a cavalcione di una fumeuse. E per far sì che su tutto l’individuo e intorno al medesimo spirasse una certa tal quale aria di misteriosa poesia, ho scelto l’ambiente della penombra assoluta, lasciando solo le mani delicate ma virili, in pienissima luce”. Pittore colto, dalla mano felice, seppe far riflettere nei personaggi dipinti ciò che loro volevano essere, più di quello che realmente erano, e questa sua perizia contribuì a dargli una fama imperitura che lo accompagnò sino alla morte. La mostra si concluderà il 14 dicembre, il costo del biglietto intero è di 12 euro, mentre il ridotto è di 10.

Vittorio Corcos, “La Coccolì”, 1915 Vittorio Corcos, “Maria Josè di Savoia”, 1931

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di Greta Marchese

cineman

Titolo originale: “Only Lovers Left Alive”, è questo il nome dell’ultima fatica del celebre regista di: “The limits of control”, “Broken flowers” e “Coffee and cigarettes”. Distribuito nelle

sale italiane a partire da maggio 2014, Jim Jarmush riporta i vampiri sul grande schermo, ma questa volta le cose andranno diversamente. Esatto: “Vampiri”, anche se questa parola non comparirà mai in tutto il film; vampiri che al sole non brillano come Trilly la fatina, non se ne vanno in giro a bordo di Volvo lucidate e scintillanti e non hanno affatto dei poteri straordinari presi in prestito da Superman. No, no, no e ancora no. Adam ed Eve non sono qui per stupirci, non con una melensa e rocambolesca storia d’amore, almeno. Il loro amore è sopravvissuto intatto al passare dei secoli e questo è un dono del quale fanno tesoro quotidianamente. Contrariamente a quanto si possa immaginare, dati gli inenarrabili momenti di cattiva educazione cinematografica appena trascorsi, Adam ed Eve sono estremamente gentili e colti, amano l’arte e non attaccano gli esseri umani. Al contrario, il loro stile di vita estremamente pacato e silenzioso cozza vistosamente con il vivere mostruoso degli umani, da loro definiti “zombie”, che distruggono tutto ciò che toccano e non apprezzano l’immenso dono della vita. Prima di proseguire, però, sarà il caso di rispondere a quell’implicita domanda che ci segue timidamente in disparte ormai da qualche riga: sì, anche i nostri protagonisti bevono il sangue, ma se lo procurano in laboratorio. C’è di più, il momento in cui questi vampiri si nutrono è legato ad un tacito rituale estremamente affascinante in cui il sangue scarlatto sembra avere gli stessi effetti di una droga.

E’ una notte senza fine quella in cui si trovano a vivere, a vagare, a parlare sottovoce Eve e Adam. Parlano di cose molto vicine, ma anche di cose molto lontane, cose che gli zombie non riescono neppure più a percepire. Vivono in armonia, sapendo che il segreto di quell’equilibrio perfetto risiede nel “Contemplare la natura, coltivare la gentilezza, le amicizie e danzare”, nonostante le continue difficoltà incontrate a causa del progresso della società moderna.Le inquadrature poetiche e un indubbio gusto musicale danno vita ad una narrazione in cui l’immagine vive in funzione del brano che l’accompagna e viceversa. Inafferrabili liuti, dischi in vinile dal gusto immancabilmente retrò, slanci e stacchi improvvisi di musica rock, compongono un quadro musicale tutto sperimentale, ma quanto mai adatto ad evocare le atmosferiche scene, girate in notturna, di Tangeri, la città in cui vive la bella Eve e le ambientazioni urbane di Detroit, in cui si trova il nostalgico rocker Adam. Indispensabili per la riuscita, Jarmush si avvale del gruppo rock Squrl, del quale lui stesso è il chitarrista e del liutista olandese Jozef Van Wissem.Colmo di rimandi e citazioni e dallo stile estremamente elegante e romantico, il film è stato presentato nel 2013 al Festival di Cannes, ricevendo una nomination alla Palma d’Oro. Con Tom Hiddleston, Tilda Swinton, Mia Wasikowska, John Hurt e Anton Yelchin, “Only lovers left alive” porta in scena l’amore di Jarmush per le cose indubbiamente belle e lascia che il sottile messaggio si disveli da solo, pian piano. Solo chi ama rimane vivo. Soltanto chi assapora ogni istante dilatando al massimo ogni momento e apprezzando la vita, riesce a crescere con essa.

“Solo gli amanti sopravvivono”Jim Jarmush torna al cinema

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Antropologia dell’arte

L ’arte, così come la concepiamo noi in occidente, è frutto del le concezioni e dei paradigmi f issat i in Europa dopo i l Rinascimento e l ’Umanesimo.

E’ attorno al 1700, con l ’avvento del l ’ I l luminismo e del l ’epoca moderna, con l ’affermarsi def in i t ivo del capital ismo manifattur iero ed industr ia le, che s i def in irono i canoni estet ic i e art ist ic i tutt ’oggi -con molte profonde revis ioni- in v igore. “Da al lora ha in iz io quel la div is ione fra cose ut i l i e cose espressive, che porterà al l ’ idea che vi s iano opere special i prodotte da persone eccezional i la cui ispirazione di ordine superiore porrebbe le loro opere al di fuor i degl i usual i canoni tradiz ional i . Ciò porterà a una sempre più marcata separazione fra ideatore e real izzatore del l ’opera d’arte…introducendo così …una dicotomia fra sfera del l ’arte ( ispirata) e del l ’art ig ianato ( legata invece al l ’abi l i tà

prat ica)”(p.9).Pr ima questa netta dicotomia non aveva ragione di essere: nel le botteghe medioeval i e del pr imo Rinascimento arte ed art ig ianato convivevano serenamente; nel la Grecia c lassica la dimensione del l ’ut i l i tà prat ica e la dimensione del ’aura elett iva non erano affatto in ant i tes i . P latone e Ar istotele consideravano la matematica e la geometr ia appl icata (che non era affatto div isa dal la geometr ia teoret ica) dei prodott i art ist ic i , mentre la pittura, i l teatro e molte art i cosiddette ‘mimetiche’ erano considerate da Platone solo espressioni immoral i , i l lus ioni brutte e dannose; infatt i i l bel lo cost i tuiva i l r isvolto sensibi le del vero, buono e virtuoso. I l termine ‘Arte ‘ neanche esisteva: la Technè ( i l fare prat ico-mater ia le) e la Poiesis (produrre immaginat ivo) non avevano, fra loro, molte di fferenze speci f iche. F. Ronzon, docente di Antropologia culturale al Pol i tecnico di Mi lano, esamina le pr incipal i nozioni legate al modo di fare arte nel le culture che non hanno avuto, nei secol i , i l nostro stesso percorso. Lo fa attraverso i l r iesame e la reinterpretazione di documenti etnograf ic i , foto, f i lmat i , repert i , resocont i ecc. raccolt i nei decenni passat i da esplorator i , etnoantropologi, miss ionar i , addett i d ’ambasciata, v iaggiator i occasional i , che, per una ragione o per l ’a l tra (spesso per motiv i legat i a l processo di colonizzazione), selezionarono, nel tempo, questo notevole patr imonio di test imonianze, st imolando l ’ interesse dei mercant i , col lez ionist i , espert i amator i occidental i ; un interesse che però non impediva loro di derubricare, spesso, questa mole di prodott i con i l termine generico di ‘arte esot ica’, lasciando sottointeso un certo spir i to di supponenza ed etnocentr ismo. Esperienze, manufatt i , oggett i sacral i e prodott i art ist ic i , tutto un l inguaggio espressivo che poi ha ispirato tanta nostra arte, s ia nel le produzioni plast ico-vis ive (s i pensi a Modigl iani , Gaugein, Giacomett i…) s ia in ambito musicale-coreut ico, nel c inema, nel la narrat iva, f ino al design e, più di recente, nel le var ie decl inazioni del post-moderno….I l volume ha lo scopo (e i l meri to) di introdurre i l lettore in quel lo che è uno speci f ico ambito disc ipl inare del l ’Antropologia culturale: quel lo del l ’arte e del le forme espressive diverse, di ‘zone’ dove l ’umanità ha seguito percors i ed esper ienze ‘a l tre ’; divers i tà che, con i l processo di global izzazione, vanno sempre più stemperandosi, attraverso una plural i tà di re interpretazioni, contaminazioni, miscelazioni ed omologazioni.Francesco Ronzon “Antropologia del l ’arte”Ediz ione Meltemi, Roma 2007, pp 154 (Euro 16,00)

di Giuseppe Chitarrini

nocchio al libro

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curiosARTn

di Cristina Simoncini

Un aspetto poco noto di Victor Hugo è quello del disegnatore: egli era un autodidatta che non esitava a sperimentare nuove tecniche e nuovi ingredienti,

dall’inchiostro al caffè, al carbone, usando anche fiammiferi e piume al posto dei pennelli. Generalmente le sue opere sono di piccola taglia e servivano, nella maggior parte dei casi, a illustrare i suoi scritti, oppure come regali da inviare agli amici in ricorrenze speciali. Quest’arte era per lui principalmente

un passatempo. Inizialmente i suoi lavori erano nettamente realistici, salvo poi acquisire una dimensione più fantastica con l’esilio e il suo confronto “mistico” con il mare; vi compaiono fantastici castelli in balia degli elementi (lui stesso raffigura il suo destino come un’onda immensa), vedute fantastiche e romantiche dai contorni evanescenti, inquietanti notturni, maschere grottesche e figure fantastiche. In seguito le sue impressioni perdono i contorni realistici per raffigurare istanti, pensieri che si caricano di un sentito ricorso all’astrattismo o a quell’evanescenza delle forme tanto cara all’arte francese. Questa sua tendenza gli varrà molte lodi: Charles Baudelaire ebbe a dire: « Non ho trovato presso gli espositori del Salone la magnifica immaginazione che cola dai disegni di Victor Hugo come il mistero dal cielo. Parlo dei suoi disegni a china, perché è fin troppo evidente che, in poesia, il nostro poeta è il re dei paesaggisti. ». (Charles Baudelaire, Curiosità estetiche, 1868 — IX Salone del 1859, Lettere al signor Direttore della rivista francese VIII).Fonti: http://engrammi.blogspot.ithttp://bittleston.com/artists/victor_hugo/

Victor Hugo, “Ponte”

Victor Hugo, “Aquila araldica”

Victro Hugo, “Castello”

Victro Hugo, “L’0nda del mio destino”

Victor Hugo disegnatoreUn aspetto poco noto dell’autore de “I miserabili”

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architetturamangaarchitettura

di Valerio Lucantonio

mangan

L a legge di Ueki è davvero un manga strano ed ambiguo: a tratti sembra così scontato da non lasciare alcuno spazio all’immaginazione,

a volte stupisce con decine di idee, spiegate bene e rese pienamente plausibili, racchiuse in poche pagine, in un paio di punti sfocia nella pura semplicità e “ignoranza” che offrono i classicissimi battle-shonen e allo stesso tempo spesso è in grado di sorprendere con situazioni, personaggi e tensione paragonabili a titoli di prima classe, come Hunter X Hunter o One Piece. Infatti probabilmente è questa serie di ambivalenze e contraddizioni imprevedibili a costituire il pezzo forte e l’elemento distintivo di questa opera abbastanza di nicchia, scritta e disegnata da Tsubasa Fukuchi per Shogakukan, completa in sedici volumi (che in quanto a corposità rendono il doppio) pubblicati da Star Comics.La storia parte da delle semplici premesse: Kosuke Ueki, sbadato e perennemente con la testa tra le nuvole, è uno dei cento studenti che partecipano al lunghissimo torneo istituito per eleggere il nuovo Dio. Questa gara prevede

che i “candidati”, ovvero cento abitanti del Mondo Celeste, scelgano altrettanti combattenti, a cui viene donato un potere, i quali li rappresenteranno nella competizione per fargli ottenere la carica (mentre il ragazzo vincitore otterrà il cosiddetto “dono a carta bianca”, che consiste nello scegliere di acquisire un talento qualsiasi, senza alcun tipo di restrizione).Nonostante alcuni passaggi poco convincenti, quella di Ueki e dei suoi amici è un’avventura resa affascinante da una combinazione azzeccata di clichè e trovate cervellotiche, con un ampio numero di personaggi e prove da superare, che si riveleranno di volta in volta ben congeniati e studiati in previsione degli sbocchi futuri.Se si conta poi il miglioramento progressivo dello stile di disegno, che mantiene comunque la sua natura a metà tra lo sketch e un’essenzialità quasi infantile, l’unico difetto sul quale difficilmente si riesce a passare sopra è la disinvoltura con cui Fukuchi abbandona tralascia certi aspetti o personaggi originariamente di importanza non trascurabile.

Le legge di UekiUno shonen atipico

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occhio al palcoscenicondi Rossana Gabrieli

“Regina madre” al Teatro dell’Angelo

Una prima gremitissima, quella che ha visto recitare lo scorso giovedì 2 ottobre una straordinaria Milena Vukotic ed un bravissimo Antonello Avallone, con la regia di Manlio Santanelli.

Due atti che raccontano la complessa relazione tra una madre anziana e malata (la Vukotic) ed un figlio (Avallone), che decide di trasferirsi da lei, armi e bagagli, per assisterla. Un gesto apparentemente generoso, ma che nasconde una realtà amara: quella del licenziamento dal giornale presso cui lavorava e di un matrimonio terminato da anni. Alfredo, figlio tormentato, tenta allora di ritrovare fama e fortuna raccontando (e vendendosi in anticipo) la storia dell’ultimo periodo di vita della madre, Regina. Il gioco di parole “Regina/madre”, viene letta in modo diametralmente opposto dai due personaggi: come semplice accostamento di nomi dall’uno, come concetto altisonante dall’altra. Già in questa antitesi di interpretazioni di quello che sarà il titolo del libro in cantiere si mostra il profondo conflitto tra i due. La madre, eccessiva, soffocante, egocentrica, visionaria nel ripercorrere gli anni della sua vita (felice?) col padre di Alfredo; il figlio, psicologicamente fragile, dipendente dai farmaci per dormire, che approfitta di ogni passo falso per colpire la donna nel suo amor proprio, per il piacere di far vacillare le sue certezze.Verità nascondono bugie che nascondono altre verità in questa storia, fino ad un sorprendente finale.Spettacolo da non mancare.

occhio all’ambientenLa mobilitazione mondiale contro il cambiamento climatico più grande della storia

Si è svolta il 21 settembre 2014, ed ha avuto come palcoscenico New York, con più di 80 isolati del centro,

ma ha anche riguardato Londra, Berlino, Bogota, Parigi, Delhi e Melbourne. Oltre 675mila persone in tutto il mondo sono scese in piazza contemporaneamente per esprimere il proprio amore per tutto ciò che è in pericolo a causa del cambiamento climatico, e manifestare la propria speranza di salvare il pianeta costruendo una società alimentata da energie pulite e rinnovabili al 100%. E’ stato il risultato di un obiettivo folle e quanto mai ambizioso che senza internet probabilmente non si sarebbe mai potuta organizzare. E gli artefici di quella che è stata, oltre ogni più rosea aspettativa, la Marcia Globale a favore del Clima 6 volte più grande di qualunque iniziativa simile creata in passato, sono stati i “visionari” di Avaaz.org, una comunità online organizzata intorno ad un sito internazionale in cui chiunque può lanciare una petizione e creare una mobilitazione su qualsiasi argomento, raccogliendo adesioni in tutto il mondo. Ed è quello che è successo questa volta creando un evento storico non certo fine a se stesso, ma funzionale a far sentire quanto sia importante per la popolazione mondiale la sorte del clima, a cui dovrà pensarci nuovamente la conferenza ONU che si terrà a Parigi nel dicembre del 2015 e dove si dovrà trovare un accordo contro il cambiamento

climatico. Quella che è appena stata organizzata, non sarà certo l’ultima delle iniziative organizzate da questo movimento ecologista globale, che vuole far sentire sempre più la propria presenza e sempre più incidere sulle decisioni dei governi in tema di lotta ai cambiamenti climatici. Infatti, fino a tale scadenza di Parigi, l’intento è quello di ritrovarsi insieme, a intervalli regolari, sempre più numerosi, per far sentire sempre più forte l’appello per un cambiamento pulito e rinnovabile al 100%, che i potenti del mondo potranno solo seguire e assecondare. Ovviamente risultati così importanti si possono raggiungere solo

con il contributo di migliaia di organizzazioni, che già sono attive nella lotta ai cambiamenti climatici e alla cura dell’ambiente in particolare e una, tra le tante che hanno consentito questo grande risultato, è stata sicuramente 350.org che è una rete globale attiva in oltre 188 paesi. Il Guardian ha definito l’evento un “trionfo organizzativo” e la BBC ha detto che “le marce hanno portato più gente che mai per le strade, grazie alla forza organizzativa della comunità online di Avaaz.”. Le sfide di questi tempi sono sempre più impegnative e quindi a grandi obiettivi devono corrispondere grandi sforzi organizzativi, che stanno facendo crescere e facendo diventare sempre più efficace il movimento ambientalista nel mondo.

di Nicola Fasciano

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nApriliaIncontro con Dacia MarainiIl Pidocchietto, 12 novembre, ore 16.00“Libera espressione” Presentazione del libro d’arte e poesia (articolo a pag. 3)Sala Manzù, 29 novembre, ore 18.00Incontro con Costantino D’Orazio e presentazione del suo libro “Leonardo segreto”Bibioteca comunale, 4 dicembre, ore 16.00

nOstia“Pasolini: mostra di Davide Toffolo”Teatro Lido di Ostia, fino al 30 novembre

nRomaUna notte al museo - Aperture starordinarie serali l’ultimo sabato del mese dalle ore 20 alle 24Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano, Crypta Balbi, Palazzo Massimo, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, fino al 27 dicembre I Papi della speranzaMuseo di Castel Sant’Angelo, fino al 16 novembreTabula RasaLaszlo Biro, via Braccio da Montone 56, fino al 20 dicembreEnel Contemporanea. Big BambúMACRO Testaccio, fino al 29 dicembreGerhard Richter Palazzo delle Esposizioni, dal 15 ottobre al 10 gennaio 2015Fotografia Festival Internazionale di Roma MACRO, fino al 11 gennaio 2015Memling. Rinascimento fiammingo Scuderie del Quirinale, fino al 18 gennaio 2015I Bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, fino al 18 gennaioTiepolo: i colori del disegno Musei Capitolini, fino al 18 gennaio 2015Henry Cartier-Bresson Ara Pacis, fino al 25 gennaio 2015“Da Guercino a Caravaggio” Palazzo Barberini, fino al 8 febbraio 2015Gianni Berengo Gardin – Elliott Erwitt “Un’amicizia ai sali d’argento. Fotografie 1950 – 2014” (articolo a pag. 5)Palazzo Barberini, fino al 1 febbraio 2015American Chronicles: The Art Of Norman Rockwell (articolo a pag. 5)Fondazione Roma Museo, fino al 8 febbraio 2015EscherChiostro del Bramante, fino al 22 febbraio 2015Sironi 1885 - 1961Complesso del Vittoriano, fino al 8 marzo 2015

nCodroipo (Udine)Man RayVilla Manin, fino al 11 gennaio 2015

nDomodossola“Alessandro Poscio: collezionista appassionato”Casa de Rodis, fino al 18 gennaio 2015

nFabriano (An)“Da Giotto a Gentile”Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli” e altre sedi, fino al 30 novembre

nFirenzePicasso e la modernità spagnolaPalazzo Strozzi, fino al 25 gennaio 2015La fortuna dei primitiviGalleria dell’Accademia, fino al 31 gennaio 2015

nMilano“Segantini, il ritorno a Milano”Palazzo Reale, fino al 18 gennaio 2015“La leggenda di Tex”WOW Spazio Fumetto, fino al 18 gennaio 2015Marc Chagal, una retrospettiva 1908-1985Palazzo Reale, fino al 1 febbraio 2015

nPadova“Corcos. I sogni della Bella Epoue” ( articolo a pagg. 8-9) Palazzo Zabardella, fino al 14 dicembre

nPisa“Angeli” di Igor MitorajPiazza del Duomo, fino al 15 gennaio 2015

nVicenza“Tutankhamon Caravaggio Van Gogh” (articolo a pag. 7)Basilica Palladiana, dal 24 dicembre 2014 al 2 giugno 2015

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Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte” presso i seguenti distributori:Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), Bar Vintage (via Di Vittorio)Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio)Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre)