spagine della domenica 27

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spagi ne Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°27- 4 maggio 2014 - anno 2 n.0

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Ecco le Spagine della domenica con in copertina la Frida di Montelli per la sua mostra a Cavallino e per un laboratorio sull'illustrazione

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Page 1: Spagine della domenica 27

spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo VerriUn omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°27- 4 maggio 2014 - anno 2 n.0

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All'alba del 25 settembre 2005, a Ferrara, in via dell’Ippodromo, muorea seguito di un controllo di polizia Federico Aldrovandi aveva 18 anni

Diario

Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

MalL’assemblea sinda-cale di polizia cheriserva una stan-ding ovation di cin-que minuti all’in-gresso di alcuni

colleghi poliziotti processati e con-dannati per aver ucciso di botte unragazzo a Ferrara qualche anno fa(caso Aldovrandi) è stata una dimo-strazione di rivolta, un ammutina-mento diversamente ambientato.Nella nave dello Stato una consi-stente parte dell’equipaggio si è ri-bellata contro i comandanti. Unacosa allarmante. Vergognosa, inde-gna non direi, perché nella circo-stanza queste parole non voglionodire nulla. Ma le hanno dette in co-ro! E, allora? Nel coro si gracida co-me le rane nello stagno; fuori dalcoro si ragiona. E qui occorre ragio-nare.

Vogliamo intanto chiederci perquale ragione un’assemblea di poli-ziotti si è comportata in questo mo-do. Ci rifiutiamo di pensare che inItalia la Polizia di Stato recluti de-linquenti, irresponsabili, gentagliache si diverte a menare le mani e al-l’occasione a uccidere ed altra cheapplaude.

Lo spettacolo offerto da quell’as-semblea è sicuramente la spia di unmalessere assai grave che va oltrel’episodio del giovane ucciso e deipoliziotti processati e condannati.Già qualche anno fa altri poliziottiavevano manifestato in difesa deiloro colleghi per lo stesso episodioproprio davanti alla casa dove abi-tava la famiglia di quel giovane.Qui siamo in presenza di una con-trapposizione tra una parte della Po-lizia, che non si sente adeguatamen-te tutelata, e un’altra parte della so-cietà colpita dalle reazioni spessospropositate e sproporzionate dellaPolizia. Una contrapposizione peri-colosa che denota la situazione dicrisi diffusa delle nostre istituzionie della società nel suo complesso.Se il poliziotto è visto come un ne-mico da dileggiare e da colpire e seil poliziotto ritiene il cittadino chelo dileggia e lo colpisce un delin-quente da eliminare sul campo vuoldire che lo Stato non è più in gradodi imporre a nessuno il rispetto del-la legge e a garantire il manteni-mento dell’ordine.

Non è una novità che in Italia neiconfronti di quanti operano nellestrutture dello Stato, dai poliziottiagli insegnanti, c’è una sorta di av-versione; spesso i rappresentantidello Stato sono considerati targetsociali da colpire impunemente,nella convinzione diffusa che nonpossono e non devono difendersi.Un poliziotto nel migliore dei casi èconsiderato uno che ha il posto si-curo e che vive coi soldi della col-lettività senza nulla dare di produt-tivo; nel peggiore, uno che è servodel sistema, posto a difesa dei privi-legi dei ricchi e degli sfruttatori.Una simile opinione non trovaeguali in nessun paese moderno edemocratico, dove il rappresentante

dello Stato gode di un ben diversorispetto ed è ben diversamente tute-lato nell’esercizio delle sue delicatefunzioni.

E’ questa la ragione del ripetersidi casi in cui dei poliziotti eccedonocontro dei cittadini colti in flagran-za di reato; e per questo sono giu-stamente processati e condannati. Ifatti del G8 di Genova con l’assaltoalla Caserma Diaz e il pestaggio diquanti erano dentro costituiscono ilpunto più grave perché fu una sortadi spedizione punitiva pianificata,che è cosa inconcepibile per chiopera nei ranghi dello Stato e indos-sa una divisa che obbliga a compor-tamenti canonici.

Le regole d’ingaggio sono preci-

di Gigi Montonato

Lo Stato deve recuperare il senso di sé e difendere senzacomplessi di torto o di colpa le istituzioni e la gente

se: i poliziotti sono mandati sullepiazze per proteggere certe zone ocerti edifici, ma lo devono fare se-condo regole che impediscono dibattersi con gli assalitori alla pari;devono limitarsi a disperdere coimezzi che sono loro in dotazione:lacrimogeni da lontano e manganel-li da vicino. Dall’altra parte, invece,squadre di manifestanti con caschi epassamontagna, armati di tutto, nonpongono limiti all’uso di armi, chevanno dalle bottiglie incendiarie,alle pietre, alle spranghe di ferro ead ogni altro mezzo contundente.Lo scontro è sempre diseguale easimmetrico. Chi ne paga le conse-guenze maggiori sono i poliziotti e icittadini che capitano in mezzo, i

quali si vedono bruciare l’auto, di-struggere il negozio, e spesso subireaggressioni personali.

Cosa fanno le istituzioni per tute-lare sia i poliziotti, operativamentelimitati nello scontro, sia i cittadiniche subiscono danni? Nulla, nonfanno nulla. Le manifestazioni dipiazza sono contenitori di violenzeimpunibili. Se qualche manifestan-te viene preso, pur con prove inop-pugnabili di aver compiuto reaticontro persone e cose, viene imme-diatamente rilasciato e condannatoa pene di nessuna entità persuaden-te a non commettere più quei reati oa convincere altri di astenersi dalcommetterne.

E qui è il punto più importante.Si condanni pure il poliziotto che èpassato materialmente sopra il cor-po di una ragazza già stesa per terra,si condanni il poliziotto che ha datoqualche manganellata non proprionecessaria; ma condannate anche idelinquenti che si infiltrano in ma-nifestazioni pacifiche per saccheg-giare, distruggere e uccidere. Se loStato non vuole punire i delinquentiche attaccano i suoi rappresentanti ei cittadini inermi per non passareper Stato di polizia, allora non puòuscirsene con un «vergognoso» o«indegno» se il sindacato di polizialancia un messaggio di legittimaprotesta, sicuramente sbagliata nel-la forma ma efficace.

Il problema delle manifestazionidi piazza incomincia a diventare unproblema serio non solo in Italia.Lasciar fare a degli scalmanati si-gnifica fare la fine dei regimi politi-ci come quelli di Tunisia, Egitto, Li-bia. La Siria, per difendere lo Stato,ha scatenato una guerra civile. LaTurchia ha usato le maniere fortiper evitare il peggio. L’Ucraina sitrova sull’orlo di un’altra assai piùgrave e coinvolgente guerra civilein seguito ai movimenti di piazzache qualche mese fa misero a ferroe a fuoco piazze ed edifici di Kievcostringendo il legittimo presidentea fuggire. Sulle piazze vanno delleminoranze, che, sebbene motivateda buoni e nobili propositi, possonosolo rappresentare una parte dellapopolazione. Il che non significache l’altra parte, la maggioranzamoderata, sia d’accordo. Può essere– e il caso dell’Ucraina lo dimostra– che non lo sia affatto e che quandoritiene di non poterne più passi alcontrattacco.

Lo Stato deve recuperare il sensodi sé e difendere senza complessi ditorto o di colpa le istituzioni e lagente. Se non lo fa, è il disordinegeneralizzato; è, come sta accaden-do in Italia, la rivolta di chi è stancodi andare a difendere la legge e l’or-dine da chi la legge e l’ordine li at-tacca impunemente. Se non si sanaquesta disparità è ridicolo, non ver-gognoso, strillare ogni qualvoltache la parte più colpita trovi il mo-do, sia come sia, di protestare.

pagina n°2

di polizia

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Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27 pagina n°3

Èstato il Governo diMario Monti quel-lo che ha impostoobbligatorio ilconto corrente inbanca per poter

avere dall’Inps il pagamento dellapensione a partire da mille euro. Cisembrò un servizio utile per il cit-tadino pensionato perché evitava ilrischio di essere derubato allosportello e dal rischio di averetroppo contante in casa.

Leggevamo il provvedimentoMonti con la chiave della sicurezzasociale e chiedemmo già alloral’esenzione del conto corrente deipensionati dalle tasse e non fummoascoltati. Ora il Governo Renzi conla lodevole iniziativa di far trovareottanta euro in busta paga ai citta-dini dipendenti con reddito ottomi-la-ventiquattromila euro per la co-pertura del provvedimento Irpeftassa i conti correnti.

Questa meravigliosa politica, disaggezza sociale del giovane Presi-dente del Consiglio, ha bisogno disoldi. Come li trova? Come hannofatto sempre tutti: con le tasse.

Il giovane Renzi non ha dubbi econ la forza di cui è capace nellesue decisioni tassa i conti correntibancari. Sembra una politica socia-le illuminata, finalmente si tassa ilconto corrente in banca, ma non ècosì, i conti correnti in banca nonsono tutti uguali: ci sono quelli conla curva piatta con i movimenti es-senziali, nella curva una sola entra-ta mensile e poche uscite. Conticorrenti con la curva a campanacon molte entrate ed altrettanteuscite. Conti correnti con molti ze-ri e conti correnti con pochi zeri.Conti ricchi e conti poveri, o pove-rissimi

Ora il Governo del Matteo fio-rentino porta le tasse del conto cor-rente al 26% senza tenere contodella grande differenza tra conticorrenti ricchi e poveri o poverissi-mi. Così la vecchia favola non per-de la continuità nell’ingiustizia so-

Il decreto Irpef e la tassazione dei Conti Bancari

Mattero Renzi

Pensionatidi Luigi Mangia

Società

poveri, vecchi

ciale della nostra storia: sono sem-pre i poveri a pagare e i ricchi a sal-varsi.

Se la ratio della manovra Renziè quella di sostenere la domandainterna dei consumi, mi chiedo dalmomento che l’Italia è un Paesesempre più gerontocratico, fatto dipensionati poveri, gli ottanta euroai cittadini dipendenti poverianch’essi che effetto daranno? E,spostare denaro da classi socialipovere a classi speciali più poverepuò far partire la domanda dei con-sumi interni ferma per povertà dalmomento che queste fasce socialihanno rapporti asciutti con le vetri-ne e i supermercati per mancanzadi reddito e perché non riescono adarrivare alla fine del mese?

Il miglior Renzi ce lo raccontatutti i martedì Maurizio Crozza.Ma è possibile invece accettarequesta manovra con al Ministerodell’Economia Pier Carlo Padoanl’economista più esperto che il no-stro Paese oggi ha al suo servizio.

Non si tratta semplicemente diun provvedimento alla Renzi mapiuttosto di un grave errore di ma-novra perché oltre a non raggiun-gere gli obiettivi cioè lo stimolodella domanda interna è anche so-cialmente deprimente perché col-pisce al buio e penalizza i redditimolto bassi dei pensionati seria-mente in difficoltà con i problemidella vita come quella della vec-chiaia. Il decreto Irpef va cambiatoperché è stato pensato con i piedi.Non rischiano solo i pensionati po-veri vecchi e bastonati, ma anche ilavoratori dipendenti con redditoottomila-ventiquattromila europerché bastano per esempio pocheore di straordinario a far perdere ilbeneficio così tanto esaltato dalgiovane Presidente del Consiglio.Il provvedimento non è strutturalee vale solo per il 2014. Non si puòcontinuare a stimolare la fiduciacon false promesse come egregia-mente sapeva fare Silvio Berlusco-ni, ci vuole più serietà.

spagine

e bastonati

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pagina n° 4

Le trappole per il consumatore sono infinite, le studia-no psicologi, architetti esperti di marketing

Siamo in periodo dicrisi, ogni spesa,per moltissime fa-miglie, deve esse-re calibrata, valu-tata attentamente.

Troppo spesso accade di passaredavanti a vetrine con bizzarri e pe-renni cartelli “Vetrina in allesti-mento”. Questo, nella quasi totali-tà dei casi, è una vera presa in giro.Non esporre i prezzi al pubblico,come richiede la legge, è un espe-diente subdolo per costringere ilcliente ad entrare e chiedere, unavolta dentro qualcosa succederà.

Leggo su Altroconsumo che letrappole per il consumatore sonoinfinite, le studiano psicologi, ar-chitetti esperti di marketing. Vannodall’esposizione della merce negliscaffali dei centri commerciali aitrabocchetti di offerte speciali epagamenti dilazionati e ancora inmolte altri escamotages.

Uno studio ha stabilito, peresempio, che i prodotti da “spinge-re” debbano essere ad altezza dellosguardo. Trovare lo zucchero in unsupermercato è impresa titanica,prima passi da migliaia di prodottiinutili che attraggono. Lo sguardo,molto spesso, porta a sinistra, perquesto i prodotti dello stesso setto-re meno casi stanno a destra.

Poi ci sono le strabilianti offerterateali. Solo 3 euro al giorno!!!

3 euro moltiplicato per 365 gior-ni fa 1095 euro totali. Magari perun prodotto venduto 800 in con-tanti. L’offerta tuttavia alletta perla “modica “ cifra giornaliera.

C’è poi il capitolo “bambini”. Gli esperti li definiscono “in-

fluenzatori d’acquisto”. Molti gad-gets sono infatti accanto alle cassedei supermercati. E molti prodottiper la famiglia sono alla loro altez-za di sguardo perchè speso accadeche ci li accompagna si faccia se-durre dalla loro richiesta.

Per ulteriore chiarezza riguardoai prezzi esposti nelle vetrine eccoun piccolo vademecum.

PUBBLICITA’ DEI PREZZI (Rif.: Decreto Legislativo 31

marzo 1998, n. 14 - Art. 14)

1. I prodotti esposti per la vendi-ta al dettaglio, ovunque essi sianocollocati (sia all’esterno dell’eser-

cizio sia al suo interno, nelle vetri-ne o sui banchi di vendita) devonoriportare in modo chiaro e ben leg-gibile il prezzo di vendita al pub-blico, mediante l’uso di un cartelloo con altre modalità idonee alloscopo;

2. nel caso siano esposti insiemeprodotti identici dello stesso valo-re, è sufficiente l’uso di un unicocartello. Tuttavia, negli esercizi or-ganizzati con il sistema di venditadel libero servizio (in cui, cioè, ilcliente può servirsi da solo) l’ob-bligo dell’indicazione del prezzodeve essere osservato in ogni casoper tutte le merci esposte al pubbli-co, anche se di identico valore;

3. sono esclusi dall’obbligo del-l’indicazione del prezzo tutti i pro-

dotti sui quali il prezzo di venditaal dettaglio si trovi già impresso inmaniera chiara e con caratteri benleggibili, in modo che risulti facil-mente visibile al pubblico;

4. è obbligatoria l’indicazionedel prezzo di vendita al dettaglioper unità di misura.

CARTELLI OBBLIGATORI

Ricordiamo a tutti gli esercentiche vige l’obbligo di esporre alpubblico in modo chiaro e ben visi-bile una serie di cartelli riguardan-ti:

- le licenze possedute, - il giorno di riposo settimanale, - gli orari di esercizio dell’attivi-

tà, - il listino dei prezzi (per i pub-

blici esercizi), - il cartello degli ingredienti (per

i pubblici esercizi), - la tabella dei giochi proibiti

(per i pubblici esercizi), - l’autorizzazione e la riprodu-

zione a stampa degli art. 101 TULPS e 181-186 del regola-

mento TULPS (per i pubblici esercizi).

La mancata esposizione dei car-telli obbligatori prevede la commi-nazione, da parte degli organi de-putati al controllo, di onerose san-zioni pecuniarie che vanno da unminimo di euro 516,00 ad un mas-simo di euro 3.098,00.

Vetrinestrategie e regole

Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

Società

di Gianni Ferraris

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Da Gallipoli a Lecce,lungo la litoranea in un giorno di novembreil racconto della nostra terra per la Guida

del Touring Club dedicata alle strade del Sud

di Marcello Buttazzo

Contemporanea

tutti gli individui con un “valoreinerente” hanno i loro diritti (cioè tutti gli esseri che hanno de-sideri, preferenze, consapevolez-za, scopi, emozioni, sono “unpunto di vista sul mondo”). Noi egli animali.

Quotidianamente viviamo acontatto epidermico con cani egatti. Vorremmo avere la passio-ne e la devozione d’un KonradLorenz, padre dell’etologia, chenon esitò a buttarsi nel Danubioghiacciato per salvare il suo ca-gnolino, che era caduto e stavaper annegare. Che diletto viverein casa circondati da gatti, amicie compagni della nostra ventura.Gatti curiosi, dispettosi, imperti-nenti, indipendenti, spiriti liberi.Tigrotti desiderati. Esploratoridegli ambienti, avvezzi ai giochi,abituati a sonnecchiare in qual-siasi posto.

La scrittrice Marina Corradidescrive con dovizia di partico-lari la bellezza e soavità del suogatto rosso, fulvo come una vol-pe, occhi d’oro, la punta dellacoda bianca. Un comune gatto digrondaia, trovato, piccolo, da-vanti a una stalla, in montagna.Pagato niente, adottato con amo-re, trattato con ogni accortezza.Numerosi comuni cittadini rac-colgono nelle compagne, perstrada, in scatoli di cartone, inbuste di plastica, gattini indifesie miagolanti, minuscoli batuffo-li, di cui qualcuno decide rozza-mente di sbarazzarsi. E questebestiole diventano sodali discretie cortesi, poiché sanno dare calo-re e luce al giorno.

Un grande poeta, Dario Bel-lezza, era innamorato dei felini:li prendeva, malconci e abbando-nati, per strada, al Colosseo, alcimitero, al Testaccio. Li portavaa casa, li nutriva e li teneva consé. Ai suoi meravigliosi compa-gni, Bellezza dedicò un’interasilloge, intitolata “Gatti”. “Usci-ta da una tomba al cimitero degliInglesi non so quanto durerai, seun mese, se un anno: resti solo tuàncora di salvezza ad una vita in-certa di domani”, scrive il poetaper una piccolissima gattina.

Gli italiani sono sostanzial-mente un popolo di animalisti.Da sempre disposti ad adottarecani e gatti. Anche senza le re-centi e interessaste sollecitazionidell’ex Cavaliere Silvio Berlu-sconi.

Il cane irrequieto,il gatto teso scap-pato sotto il letto.Le rondini scom-parse, il biancocolombo volato

via. La remota dolcezza d’unamucca. Eppoi, d’intorno, rossipapaveri, tanti, fitti; un fioregiallo, un cespuglio sgargiante diluce: così la fantasia vesuviana,immacolata come neve, d’ungrande maestro della letteraturacontemporanea, Raffaele La Ca-pria.

L’uomo manipolatore, modifi-catore di scenari, con robusta edecrepita mano antropica, in va-ste zone del pianeta, ha purtrop-po alterato gli habitat naturali ele varie nicchie trofiche. Bocco-ni avvelenati a sterminare anima-li selvatici (topi, talpe, musteli-di, corvi e rapaci). Echeggianostorie di delfini stressati, sporca-ti da inquinanti elettromagnetici.A perder l’orientamento.

Tanti gli animali violati, ol-traggiati, calpestati. L’homo sa-piens sapiens arricchisce e defi-nisce con altre specie il grandelibro della Natura. È legittimodare agli animali non umani lapatente di esseri senzienti, chesoffrono, sentono le gioie, pati-scono soprattutto il dolore?

Nel nostro Paese, associazionie singoli cittadini s’impegnanocon abnegazione per dare sollie-vo e cura agli animali. È certoche l’animalismo non è un ca-priccio o un lusso per anime bel-le, ma è necessità vitale e fonda-mentale per una civiltà moderna.Essere rispettosi degli animalinon umani non significa affattosposare una sorta di Utopia ani-malista.

L’animalismo, nonostante ladesinenza, è solo l’invito al sen-so critico, alla conoscenza, allaresponsabilità individuale. Farsoffrire gli animali è un delittocontro la persona, una personanon umana. L’uomo dovrebbecostruire sempre ponti, affran-carsi come edificatore di portipacifici, e mai come molestatoredi specie. Desidereremmo nonvedere mai più uccelli e uccelliniimpallinati da cancerogenopiombo tetraetile.

Una volta Dacia Marainiscrisse che “la caccia è un sim-bolo di arroganza smisurata”.Aggiungiamo che la caccia è or-mai desueta, inutile. In una so-

cietà di persone civili, non si do-vrebbe mai sparare vigliacca-mente agli animali per “sport”.Una società emancipata dovreb-be, altresì, condannare anchequelle pratiche ammantate di tra-dizioni culturali, popolari e reli-giose ( sagre, palii vari), che pro-vocano torture a cavalli, anatre,oche, tori, mucche, buoi.

E le pellicce di bestiole fatte apezzi a colpi di ferrate solo peradornare i corpi di selvatiche si-gnore? Pellicce, caccia e altroancora, a dar volgare “nutrimen-to” a discutibili lobby dell’in-gente profitto. Considerazioni dicarattere scientifico, etico, do-vrebbero indurci a disegnare unateoria allargata dei diritti, al fine

di abbattere un desueto paradig-ma culturale, secondo cui i mem-bri di specie inferiori all’homosapiens sapiens non avrebberodiritti da rivendicare.

Il filosofo e bioeticista austra-liano Peter Singer considera glianimali secondo un vasto criterioinclusivo, in netta dissonanzacon venti secoli di tradizione fi-losofica, tendente a vedere nellespecie inferiori alla nostra pocopiù che “oggetti in movimento”.

Tom Regan, filosofo america-no, esamina le principali conce-zioni etiche, che di solito riguar-dano solo gli esseri umani. Egliarriva a dire che non esistonomotivi razionali per lasciare fuo-ri gli animali. Secondo Regan,

pagina n° 5 spagine

Io animaleL’animalismo non è un capriccio o un lusso per anime bellema necessità vitale e fondamentale per una civiltà moderna

Jack Kerouac e il suo gatto

Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

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Paesologia

Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

Ogni posto ha unasua aria. E poi c’èun’aria che arrivain certi giorni spe-ciali. Non sonotanti i giorni spe-

ciali dei luoghi. Non sono tanti igiorni speciali della nostra vita. Ingenere pensiamo agli avvenimenti.Abbiamo un calendario impostatosui fatti: il compleanno, l’anniver-sario di un lutto, la nascita di un fi-glio. Sono fatti che si aggiungonoallo scorrere delle giornate, fannoda ornamento, incorniciano il gior-no, lo rendono solenne, prezioso, oanche delicato, dolente.

Le mie giornate speciali sonosegnate spesso dall’arrivo di unacerta luce. Mi ricordo una sera almio paese, una sera qualunque.Non mi ricordo che mese fosse. Ri-cordo che c’era la luna piena. Nonsempre le sere di luna piena sonospeciali. Quella volta ci deve esse-re stato un grado particolare diumidità. Deve esserci stato qualco-sa che ha aspirato via l’aria. Nonso, fatto sta che il paese nuovo, chemi è sempre parso un luogo sgra-ziato, blob dell’urbanistica, quellasera diventava un luogo oltre ilbello e il brutto, un luogo in cuiogni sguardo diventava intenso:pensai a un paesaggio metafisico.Vedevo il profilo delle case, e nonvedevo la legna fuori alla rinfusa,le baracche di zinco, i copertoni.La gente pensa molto a quello chec’è dentro le case, non si preoccu-pa molto di quello che c’è intorno.Il nostro umore dipende anche dacosa si può guardare dalle nostrefinestre.

***Mi è venuta questa lunga pre-

messa pensando al mio ultimoviaggio nel Salento. Un viaggiod’inverno. Normalmente si associail Salento alle vacanze estive, alsole, al mare, al cibo. Il mio giornospeciale era stato partorito da unagiornata nera, la giornata dell’ura-gano che aveva colpito anche l’Il-va di Taranto. Ero a Gallipoli apresentare un mio libro. Sono statomolte ore in albergo per non af-frontare la pioggia furente. Uscen-do a ora di pranzo ho visto nuvole

nere che sembravano bestie con lapancia piena d’acqua.

Arriva il giorno dopo e il giornodopo le cose cambiano. Sono parti-to da Gallipoli con l’idea di andareverso Leuca e poi risalire lungo lacosta fino all’altezza di Lecce. Unagiornata di sole. Una giornata conuna luce specialissima. Me ne sonoaccorto appena fuori dal paese odalla città. Gallipoli è allo stessotempo un paese e una città. Guar-dando un pezzo del lungomare cer-ti palazzi sgraziati sembravanosmarriti in mezzo a tanta bellezza.

Più che sdegno provavo un sensodi compassione, come se potesserorendersi conto che non meritano laluce che gli batte contro.

Un paio di chilometri e finiscetutto. Appena fuori Gallipoli è su-bito un’altra storia. La strada è pie-na di sabbia ai bordi. Un resortbianco pieno di bandiere. Mi piacetutto quello che vedo, a un certopunto avverto un sapore africano equesto è il bello, avvertirlo qui do-ve non te lo aspetti. Lido Pizzo,natura bellissima. Torre Suda,mare verde muschio, un colore che

non ho mai visto. Dal verde simuovono onde bianchissime. Fan-no pensare al latte. In certi momen-ti mi pare di stare sulle mie alture amaggio quando il grano verdissi-mo è mosso dal vento. In più qui cisono questi grandi riccioli bianchi.Non hanno nulla di minaccioso. Ècome se il moto ondoso fosse ungioco. C’è una grazia infantile egioiosa in quest’acqua che si muo-ve verso la terra. È la prima voltache il mare sbarca nella mia terra-carne. Il mare diventa nave, arcagonfia di immagini e di creaturefantastiche, elfi, folletti, ianare, èun mare nordico e meridiano allostesso tempo. E si prende tutta lamia attenzione. Solo ogni tantogetto uno sguardo al lato terrestredella strada. In certi punti pare cheil guardrail sia da una parte la sab-bia e dall’altra le case.

Torre Mozza, un africano in bi-cicletta. Acquarica del Capo, po-co traffico. Oltre al mare, ecco lacosa che mi sta piacendo di questoviaggio: non c’è nessuno in giro.Ho incrociato non più di dieci mac-chine. Ci sono i segni di quello chequesti posti diventano ad agosto.Ecco un’insegna che annuncia “leMaldive del Salento”, ma tutto ècome dismesso, avviato a un lungoletargo.

Mi piacciono i posti dove si sen-te il silenzio di chi se n’è andato edi chi non è venuto. Fino a un mesefa questo luogo era gremito, ora ilmare regna incontrastato, l’inver-no è ancora al largo, ma queste on-de altissime sono il sipario dellastagione. C’è una dolcezza in que-sti luoghi perché dietro la costanon ci sono grandi città, c’è unatrama fitta di orti e paesi. Terra dicontadini più che di marinai, peni-sola di luce, penisola limata dalvento.

Sull’orlodi Franco Arminio

del Salento

Giovedì 8 maggio, dalle 21.30Franco Arminio

candidato alle prossime elezioniper il Consiglio Europeosarà ospite del Fondo Verri

Da Gallipoli a Lecce,lungo la litoranea in un giorno di novembreil racconto della nostra terra per la Guida

del Touring Club dedicata alle strade del Sud

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pagine n° 6 e 7

Torre Pali, Marina di Pescolu-se, Torre Vado, San Gregorio epoi Santa Maria di Leuca.

I nomi delle località spesso sonolegati a una torre, a un punto di av-vistamento. Oggi lo sguardo versoil mare è fiducioso. Non scrutol’arrivo di possibili nemici. Sentoche è un giorno lieto e Leuca è co-me una tavola imbandita per fe-steggiare le nozze del finito conl’infinito. Guardo il mare non piùdalla strada ma da un grande balco-ne, il balcone del santuario vicinoal faro. Oggi il luogo è veramentemistico. Rispondo a una telefona-ta. Vorrei che rispondesse il mareal posto mio. Vorrei che fosse la lu-ce a parlare. Vorrei portare a casatanti pezzi della grande fortuna diquesta giornata. Una torta di luceda dividere con i miei cari.

***Leuca è un gomito. E appena ri-

prendo la marcia ho subito la sen-sazione che è cambiato il braccio.Adesso la strada non è più un pez-zo di spiaggia asfaltato, ma ungraffio nella roccia. Sono cambiatianche i colori. E la costa imperviaqui ha impedito di pasticciare. Ec-co un posto che si chiama “il Cio-lo”. Mi aveva portato un amico.Sembra un piccolo fiordo norvege-se. Scendo a fare qualche fotogra-fia. Guardo alcune persone chepranzano in un ristorante che sem-bra una zattera legata alla roccia.Mi viene in mente che dovrei man-giare anch’io, ma non ho fame. Homangiato la luce e bevuto il mare.Vado avanti.

Gagliano del Capo, Marina diNovaglie, e poi sosta a MarinaSerra. Qui ho fatto il bagno nellembo finale dell’estate. Un postoche avevo sempre sognato di in-contrare, una piscina in mezzo almare, con enormi sassi che impedi-

scono la deriva verso il mare in cuisi affonda. Oggi non ci sono ba-gnanti. La piscina è agitata, sembraun piccolo parco giochi, l’acquaentra ed esce dalla buche, sembravoglia salutarmi, ma sono io che lasaluto, sento una profonda gratitu-dine dello stare al mondo quandovedo luoghi come questi. E oraposso anche trovarmi un posto do-ve mangiare. So di un ristorantebuonissimo nella zona. In verità inPuglia si mangia bene ovunque,trovare un ristorante pessimo è co-me trovare un ago in un pagliaio.Mangio davanti al mare. Un piattodi spaghetti che è un congegno per-fetto di sapori mediterranei.

***Riprendo la marcia con un senso

di smisurata letizia che per me èdavvero inedita. Anche il mio cor-po, giacimento inesauribile diamarezze e recriminazioni e paure,oggi è come se si concedesse purelui una vacanza. Ho solo un picco-lo turbamento, non posso fermarmiin ogni posto. La giornata di finenovembre è breve e voglio arrivarea Lecce prima che sia buio.

Ecco la costa delle grotte: Ro-tondella, Zinzulusa, Romanelli.Roccia e mare, movimento e fissi-tà, divergenza e fusione. La fusio-ne è data dall’antico. Quello chevedo è qui da molto tempo, quelloche è qui da poco tempo oggi èchiuso. E così passo per Santa Ce-sarea Terme per accorgermi che lacosta salentina d’inverno tornaquella che era nel tempo in cui lepersone temevano il mare e vive-vano all’interno. Un tempo in cuinon c’era il turismo, ma solo lapaura, un tempo in cui si viaggiavaper andare a uccidere o a pregare.

All’altezza di Porto Badisconon posso non fermare il mio viag-gio. E cammino dieci minuti a pie-

di sugli scogli per trovare un puntoe distendermi. Questo posto hadavvero un’energia straordinaria.Ci sono stato in un giorno d’otto-bre e non ho mai sentito sulla terraun posto tanto vicino al paradiso.Quella mattina ho sentito la perfe-zione che hanno certe giornate:una mattina di ottobre col sole aPorto Badisco è come la sala dellaGioconda al museo del Louvre,con la differenza che non devi con-tendere con nessuno la visione. Seisolo, tutta la bellezza sembra siastata apparecchiata solo per te.

Arrivato a Otranto non mi fer-mo. Oggi il famoso mosaico che fada pavimento alla cattedrale misembra il mare, vedo scene, colorimutevoli. E in lontananza le mon-tagne dell’Albania. Non ho tempoper andare a rivedere il lago rossoche ho visto a ottobre. Si trova inuna zona chiamata Orte ed è unacava dismessa di bauxite, la partecentrale ora si è riempita d’acqua erane, ma l’attrazione è il rosso delbordo, l’attrazione è quella di unluogo che d’estate ti allontana daiclamori vacanzieri e ti mette nelcratere della tua vita dove il tempopassa e non capisci se sei la mate-ria raffreddata di una lontana eru-zione o una terra sul punto diesplodere.

Sono le quattro del pomeriggio.Mi sono svegliato presto, ma non èbastato, un solo giorno è poco perquesta luna di miele con la costadel Salento. Adesso devo prenderedi corsa il paesaggio che resta.Punto verso San Cataldo, la luce èun po’ invecchiata, non ha più ilbrio del mattino. Ho abbandonatonel cruscotto il mio taccuino. Laprossima volta devo fare il gironell’altro senso, partire da Lecce earrivare a Gallipoli seguendo la co-sta. Vedere i laghi Alimini non alla

fine ma all’inizio del percorso. Or-mai avanzo solo per capire dovesono, quanto manca alla meta. Quila strada non costeggia il mare, mabasta un minuto e si aprono mera-vigliose baie come quella diSant’Andrea o di Torre dell’Or-so. Faccio appena un salto allegrotte basiliane di Roca Li Posti,filo dritto senza fermarmi a SanFoca e all’oasi Naturale delle Ce-sine.

A San Cataldo lascio il mare ela luce mi lascia. Ormai è notte. Eil barocco leccese arriva come unfuoco d’artificio dopo una bella fe-sta. Gli angeli del seicento ti ac-compagnano tra case di calce, pa-lazzi di tufo. Mi abbandono allapietra dolce delle chiese, ai campa-nili di sughero, allo zucchero filatodei balconi. Terra senza industrie esenza tegole, senza montagne esenza colline. Qui non esiste verti-calità. Le case dei paesi sono quasisempre di un solo piano e dannospazio alla corte comune più che aivani privati. Si cammina agli in-croci tra fiori di campo e fichi d’In-dia, tra i polipi e gli scogli, i pomo-dori secchi, il cuore delle cicorie,le olive, il vino. Si cammina con lataranta su una spalla, con il sole intesta, il mare in gola.

***Il Salento è lontano, bisogna an-

darci di proposito. Da lì non ci so-no approdi ulteriori, è il vero fondodell’Italia diceva Guido Piovene.

C’è solo da tornare indietro, c’èsolo da smaltire il disagio di ritro-varsi nuovamente lontani da unaterra in cui un vento luminoso, unsole mai sommesso e un mare liri-co hanno rimosso per un poco den-tro di noi i mesti enigmi della vitaquotidiana.

spagine

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«Riempi loro i crani didati non combustibili,imbottiscili di “fatti”al punto che non sipossano più muoveretanto son pieni, ma si-

curi d’essere “veramente bene in-formati”. Dopo di che avranno lacertezza di pensare, la sensazionedel movimento, quando in realtàsono fermi come un macigno. E sa-ranno felici, perché fatti di questogenere sono sempre gli stessi. Nondar loro niente di scivoloso e ambi-guo come la filosofia o la sociolo-gia affinché possano pescare conquesti ami fatti ch’è meglio restinodove si trovano. Con ami simili, pe-scheranno la malinconia e la tri-stezza» è Ray Bradbury in “Fa-hrenheit 451”.

Dopo la Giornata Mondiale delLibro celebrata lo scorso 24 apri-le,una nuova iniziativa promuovela lettura, è il Maggio dei Libri.

Bene! Per l’occasione propongouna lettura molto interessante. «E’un libro che merita di essere letto eraccomandato, tanto acuto è losguardo dell’autore, Antonio Piz-zuto, ricca la sua esperienza discrittore, penetrante il suo umori-smo». Scriveva così Eugenio Mon-tale sul retro di copertina di Si ri-parano bambole di Pizzuto. E Gior-gio Caproni aggiungeva: «Una verae propria rivelazione».

***Antonio Pizzuto, nato a Paler-

mo nel 1893 acomparso a Roma nel1976, questore di Bolzano e diArezzo, si congeda in anticipo(1949) per dedicarsi completamen-te alla letteratura.

Eugenio Montale, Carlo Bo, Lui-gi Baldacci, Giorgio Caproni, Rug-gero Jacobbi vengono rapiti dallascrittura di Pizzuto fino ad arrivarea Gianfranco Contini, che lo definì«il prosatore più importante com-parso dopo Gadda, perfetto, roton-do, catafratto in una maturità cheè magistero».

Carmelo Bene in occasioned’un viaggio a Palermo nel 1994 siesibì in una lettura, tra le altre,d’una pagina tratta da SignorinaRosina di Antonio Pizzuto. Inoltre,conobbe in quel frangente Ciprì eMaresco, autori di Lo zio di Broo-klin, distribuito nelle sale un annodopo e per il quale Carmelo Benefece i complimenti, indirettamente,ai registi. Non molto tempo dopoBene fu intervistato da questi ulti-mi a Roma, e alla domanda sullamancanza di polarità dello scrittorePizzuto, Carmelo rispose che «laplebaglia non aveva il diritto di co-noscere Antonio Pizzuto!». In se-guito Ciprì e Maresco insieme aCarmelo Bene fecero un piccolo‘corto’ tratto da Signorina Rosinadi Pizzuto, con la voce di Carmeloe con un margine di lapidi intitolatoAi rotoli, mandato in onda a “Fuoriorario” su Rai3.

https://www.youtube.com/watch?v=jsPWWyer0_8

***

Antonio Pizzuto dunque, questoscrittore semisconosciuto, è al cen-tro di questa proposta di lettura – eper esemplarità il suo Si riparanobambole. Un libro di ricordi cheparte dall’infanzia per finire allasenilità. Dall’agiatezza dei primianni alla miseria degli ultimi, dallavoglia di sapere dell’infanzia allaresa dell’ultimo stadio della vita. Inun racconto puro e sciolto, l’operaè autorevole. E’ un singolare e av-viluppato ricordo, fitto e solido, esfuggente, implacabilmente.

«Con Antonio Pizzuto è scom-parso il primo dei nostri grandi“giovani scrittori”» dirà Gianfran-co Contini in una prefazione a Siriparano bambole. Pizzuto, coeta-

neo a Gadda, e finito anch’egli aRoma da Palermo, come Gadda daMilano, seguitò comunque una viadiversa da Carlo Emilio, per contoproprio fino a quando la malattianon gli impedì di continuare nellasua grande passione. Fu spinto dauna profonda voglia di scrivere,guidato e sollevato verso alte cime.Modesto in vita nella sua solitudi-ne, fuori d’ogni società letteraria,Pizzuto fu grande amante della vi-ta. Eccedeva in tutto: nel riso, nelpianto, nell’amore, nell’amicizia. Equesto basta!

Le bambole hanno un’anima,sollevano sempre ricordi o altro.Penso al racconto La Bambola diKafka tratto da Follie di Brooklin di

Dopo la Giornata Mondiale del Libro celebrata lo scorso 24 aprile,una nuova iniziativa promuove la lettura: il Maggio dei Libri

Antonio Pizzuto

Leggeredi Antonio Zoretti

Letture

Paul Auster; penso ai negozi diVienna dove riparavano bambolequand’io ci passavo accanto nel se-colo scorso; penso alle bamboletrovate nelle montagne delle disca-riche: quali e quanti ricordi esseraccolgono; le camerette dellebambine ricoperte di bambole e la-sciate così dalle madri amorevolianche quando le loro figlie cambia-no casa; i ripostigli delle abitazionicolmi di bambole…

Si parla sovente delle Cime tem-pestose di Bronteana memoria, ec-cellenti cime le sorelle Bronte. Main cima era arrivato anche il ‘no-stro’ Antonio Pizzuto. Aveva tocca-to l’apice nella semi-oscurità delleplebi – di Beniana memoria, ma erastimato tra i grandi, anzi loro fati-cavano a seguirlo nella sua scalata.Di umorismo asciutto, sobrio, sotti-le egli era, quasi inglese ma da in-telligente e arguto siciliano.

Non m’addentro nei suoi testi,ma risalto la sua figura, la sua al-tezza per tanto tempo impiegatanell’esercizio di Polizia. Nonostan-te la sua portata di cultura classica efilosofica, la sua modesta abitazio-ne, tranne alcuni testi importanti,era priva di documentazione libre-sca. Ricordiamo di lui Ravenna ePaginette (raccolta di narrazioni).

Qui, io che l’ho conosciuto attra-verso i suoi scritti vorrei eccitarnela memoria e rinfrescarla a coloroche vorrebbero leggere le sue ope-re, che per un’anomalia sono anco-ra male accessibili in comune com-mercio. E «per un autore di cui nonsi smetterebbe mai di parlare, comeGoethe diceva di Shakespeare, an-che chi avesse riserve su Finnegansnon si sognerebbe di non stamparetutto Joyce. Qui invece pare chetocchi passare per maniaci ad au-spicare che sia sanata quest’anor-malità» conclude Gianfranco Con-tini nella prefazione a Si riparanobambole (dall’autore contratto inSiribambole).

In occasione quindi del mese de-dicato alla lettura e il libro, qualeoccasione migliore per augurarsiun rilancio di questo nostro gran

de autore. Grazie. Com’egli stes-so dirà nel finale di Siribambole:«Dammi ancor, cantava dolcemen-te; la melodia nella sua eleganzafrancese attirando Pofi lo induceva,in punta di piedi. Dammi ancor.Sotto il tocco dell’anulare spingan-te, il secondo la dei cantini affon-dava sordo senza ritorno a galla ».

***E ancora, proseguendo nei con-

sigli di lettura, suggerisco la poe-sia.

Andate a cercare una delle poe-sie dedicate a Praga da IngeborgBachmann, poetessa austriaca nataa Klagenfurt nel 1926, scomparsaa Roma nel 1973. C’è un preziosoframmento televisivo intitolato:“Bachmann, Shakespeare aveva ra-gione”, dove la grande poetessalegge un’ambigua poesia sulla cittàintitolata: “La Boemia giace nel

Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

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mare” (Boehmenliegtam Meer) do-ve spiega chi sono per lei i boemi:degli erranti.

L’inizio della poesia: «Verdi so-no gli edifici in questo luogo, inuna casa mi muovo ancora. Intatti iponti, vado in un suolo buono. E’fatica sprecata in tutto il tempo per-duto, vorrei perderlo qui. (…)», iversi ci rimandano al nostro Vitto-rio Bodini: «Tu non conosci il Sud,le case di calce da cui uscivamo alsole come numeri dalla faccia d’undado. (…)».

Due interpreti vicini nel sentiree toccare la vita e il senso dei luo-ghi – se pur diversi e lontani. Usan-do metafore raccontano il luogo daloro vissuto in quel momento, rac-chiudendo tempo e spazio in versisfuggenti, vari e complessi.

pagine n° 8 e 9

Ingeborg Bachmann

spagine

Troviamo allora luogo e tempo inquesto mese di celebrazione del li-bro e della lettura di rendere tribu-to, a due grandi personalità che han-no attraversato il Novecento. Co-muni nel comunicare gli affetti e atutti i poeti...

E’ proprio vero: i poeti restanopoeti in tutto. E solo tra di loro sipossono giudicare. A noi resta au-scultarne l’amplesso. Ah, la poe-sia! Mi rende felice. E’ una stella.Come dice il nostro buon Aldo Pa-lazzeschi in Rio Bo:

Tre casettinedai tetti aguzzi,un verde praticello,un esiguo ruscello: Rio Bo,un vigile cipresso.Microscopico paese, è vero,paese da nulla, ma però…c’è sempre di sopra una stella,una grande, magnifica stella,che a un dipresso…occhieggia con la punta del ci-

pressodi Rio Bo.Una stella innamorata?Chi sase nemmeno ce l’hauna grande città.

Ah! Buona lettura!

Aldo Palazzeschi

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Pensiero nidoLecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

la proposta, scattanti all’idea delnuovo gioco.

Ci sarebbe anche un terzo Mo-retti, ma lui è grande, non si abbas-sa più a star con noi, ci chiamamocciosi.

Sono circondata da maschi e dadivise, in questi miei anni d’infan-zia al Villaggio Azzurro. Un po’maschio mi sento anch’io, a furiadi star con loro. Le bambole?, ble-ah. Mia madre le ha riposte sul-l’armadio, in bella mostra, mastanno lì solo a catturar polvere.

***Il Villaggio Azzurro è il luogo

rifugio nella mia mente, quandoho bisogno di un cantuccio nelquale scomparire. È il ricordo diun’età senza peso. Di spazi verdi eprotetti. Dove potevi scorrazzarefino a sera senza paura dell’uomonero. Non c’erano bande rivali,

eravamo un unico grande gruppodi bambini variegati, curiosi e in-gordi di divertimento.

I grandi erano papà militari, im-pettiti e severi, poco inclini al sor-riso, urlanti bestemmie come fos-sero chicchi di grano. Non ci pas-savano nessuna marachella e sequalcuno veniva beccato ci chiu-devamo tutti in religioso mutismoper qualche giorno, tanto ce la fa-cevamo sotto per la paura.

Le mamme: figure meno impo-nenti, dedite alla casa, al cucito,miti, riverenti verso i mariti padro-ni. Di loro ricordo il ritrovarsi ladomenica mattina presto, nelle al-be d’autunno, per andare a cacciadi cozze municeddhe, nel campodi fronte. Io piangevo perché vole-vo esserci e di nascosto, a distan-za, le seguivo. I maschi non mi ac-compagnavano, non riuscivano a

svegliarsi. Se la mamma mi sco-priva non si arrabbiava, si limitavaa guardarmi con riprovazione, mapoi mi accoglieva nel gruppo dellefemmine grandi.

Oppure andavano anche a rac-cogliere gli zanguni, e cantavanonei campi. Mi sembravano cosìbelle, tutte. Ma io da grande nonvolevo diventare come loro, daqualche parte doveva esserci unmondo dove i maschi non coman-dano e le donne non li subiscono.L’avrei cercato.

Di mio padre amavo solo queimomenti in cui mi caricava inspalla e mi portava a spasso perl’aeroporto, era bellissimo in divi-sa, con quel cappello che a miofratello faceva indossare - c’ha an-che le foto lui, a quattro anni, conquesto grande copricapo da mare-sciallo - e a me no, che rabbia!

Un leggero colpettosulla sella. Non,non lasciatemi,grido. Lancio ur-letti di paura, ilvento davanti mi

scompiglia i capelli, me li sbatac-chia sugli occhi, li strizzo e a trattivado incontro al buio. Mi giro lie-vemente di sbieco, giusto per ac-corgermi che quei cattivissimi mihanno lasciato davvero andare dasola.

Urlo ancora e freno di colpo,poggio i piedi per terra, rido inpreda ad una tremarella. Il mio pri-mo giro in bici senza rotelle, suuna Graziella bianca troppo altaper me. Ce l’ho fatta, mio malgra-do. Sono lontani, loro. Inverto ilsenso di marcia e ci riprovo. Dasola stavolta.

La bici ha uno slancio in avanti,storta, ma non mi butta dalla sella.Li raggiungo, salto dalla due ruotee li prendo a pietre. Mica glielaposso dare vinta. Mi avevano pro-messo che non mi avrebbero mol-lato. Quelli scappano maridono.Tanto le pietre son brusco-lini. È la brecciolina del viale,grossa quanto mentine.

Li inseguo e quelli mi vengonoincontro, tutti e tre, mi si lancianoaddosso, ci buttiamo a terra, lottia-mo. Ma è tutto per finta, la guerradura solo pochi minuti, poi in pre-da alle risate che non riusciamopiù a frenare ci stendiamo sul dor-so, le braccia aperte ad abbraccia-re il cielo pervinca, smerlato dibianco qua e là. Loro sono i fratelliDe Donno, il più piccolo è miocoetaneo, settenne, gli altri duehanno dieci e tredici anni.

“D’ora in poi non mi fiderò piùdi voi, ecco!”, farfuglio finta im-bronciata.

“Zitta zitta che se fosse stato perte neanche a dieci anni avresti im-parato ad usare una bici vera.”, ri-sponde il maggiore dei tre.

“Schiappetta!”, mi prende in gi-ro il medio, ridendo.

Mi lancio su di lui e la lotta ri-prende.

“Ehi che fate?”, da sotto il gro-viglio riconosco la voce di Piero,il mio celeste biondo amico delcuor.

Riemergo, scarmigliata e rossain viso, me lo sento, ho le guancein fiamme. Sono arrivati i due fra-telli Moretti.

“Giochiamo a campana?”, dicel’altro, il maggiore dei due.

Siam pronti tutti ad accogliere

Scritture

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pagine n° 10 e 11

L’hangar, che fascino misteriosoaveva per me. Mi sembrava di en-trare in una qualche rimessa spa-ziale e che da un momento all’al-tro spuntassero fuori strani omettiverdognoli e gelatinosi consottiliantennine alla cui sommità c’era-no gli occhi, tondi e rossi comepomodori, che mi guardavano in-curiositi - ero io l’extraterrestre inquel posto - e mi venivano incon-tro con mani appiccicose e dita do-tate di piccole ventole che roteava-no con un cigolio fastidioso ed iomi striminzivo, m’incuneavo tra legambe di mio padre e lui non capi-va cosa vedessi di strano, mi strat-tonava per togliermi da lì.

Gli aerei, visti da vicino, eranogiganteschi, mostri marini emersidagli abissi e pronti a solcare lospazio, guidati da migliaia di que-gli omignoli,percombattere guerre

interplanetari. Di notte brillavanocome stelle ed io mi affacciavo al-la finestra prima di addormentar-mi, immaginando le battaglie chesi svolgevano lassù. A volte sogna-vo che le gelatine verdi venisseroa prendermi mentre dormivo e midepositassero su qualche pianetasperduto. Allora urlavo, ma miguardavo bene dal raccontare diquesti incubi, papà non mi avrebbeportato più in aeroporto.

Il parchetto del Villaggio Az-zurro aveva due altalene e quattropanchine, qualche dondolo e nien-te più, ma era il nostro regno. Ciincontravamo lì, il pomeriggio,dopo i compiti o nelle mattine as-solate d’estate. Oltre ai De Donnoe ai Moretti, gli altri compagni discorribande erano i fratelli Barraz-zo. Cinque figli, due femmine e tremaschi. La maggiore era già spo-

spagine

Pensiero nidosata e viveva altrove, la piccola eraquanto me, ipotetica rivale dun-que, ma era bruttarella e grassa,perciò rimanevo la reginetta dellascena. Nel mezzo i ragazzi,

Giacomo era il più interessanteper me, a quattordici anni suonavala chitarra ed io pendevo dalle suelabbra. Aveva provato a insegnar-mi a strimpellare. Ma già il solofatto che fossi mancina era unacomplicazione, in più si aggiunge-va la mia totale incapacità a senti-re le differenze di suono e a rico-noscere le note: si arrese ben pre-sto. A me bastava star seduta difronte a lui ad ascoltare la sua voceche scimmiottava Le bionde treccee Sei chiara come un’albaaa perviaggiare ed atterrare in romanti-che isole deserte del genere cheadesso definirei Laguna Blu, mache all’epoca era un mix immagi-nario di isola del tesoro e giungladi Tarzan e Jane.

C’era una casa dove si riuniva-no gli avieri a intagliare oggetti dilegno e giocare a carte. Era pro-prio accanto alla mia ed io il po-meriggio spesso riuscivo ad intru-folarmici, con la scusa di chiederequalche Topolino in prestito. Mipiacevano gli avieri. Ragazzottialti, muscolosi, pelle e capelli ra-satissimi, mi prendevano in brac-cio e mi facevano volare a mo’ diaereo.

***Sì, il Villaggio Azzurro è il mio

pensiero nido.“Broken bicycles/ Old busted

chains/ With busted handlebars...”, tuona la voce nera e pos-sente di Tom Waits. Le note si dif-fondono dal piccolo Sony che hoacceso appena mi sono alzata. Misono svegliata struggente stamatti-na, come questa canzone che in-credibilmente fa da specchio almio stato d’animo. Biciclette rotte,dice l’artista, vecchie catene spez-zate...

Non mi basta accoccolarmi trale maglie dei ricordi oggi. Mi ve-sto in fretta. La giornata è splendi-da, non fa freddo. La bici gracchiaun po’, acciaccata e arrugginitadall’inverno, ma dopo qualchecolpetto di tosse scivola sulla stra-da sterrata senza opporre resisten-za alle mie pedalate decise. Devozigzagare tutto il paese per arriva-re alla meta. Dalle campagne oltrel’ospedale, in contrada Specchia,a quelle prospicienti i “piani”, zo-na di villeggiatura molto amataprima della presa di coscienza del

di Antonella Caputo

Ci vorrebbe un orfanotrofio per le cose

che nessuno desidera più

Immagine tratta da http://galatina.blogolandia.it

Grande Disastro provocato dallavicina fabbrica di cemento.

Galatina dorme ancora, adagia-ta su una coperta azzurra di cielo.Un cane mi si affianca rabbioso,gli faccio un fischio, s’azzittisce emi guarda con occhi lessi, pochiattimi di sguardi muti e me lo tro-vo dietro, a seguirmi. Corriamoper le strade quasi deserte. Attra-versiamo la piazza, saluto con unbuongiorno signora la statua dellaPupa, che nel suo nudo, immutatosplendore mi appare vessillo dieterea, eterna bellezza. Il caneguaisce dietro di me.

Aumento il ritmo, anche i pen-sieri pedalano veloci, li lascio an-dare come trecce al vento: la miapiccola bici e le rotelle, chissà do-ve sono andate a finire, la chitarradi Giacomo le cicale che mi sve-gliavano la mattina le parolaccedel Moretti-pater l’erba alta di pri-mavera il prato giallo di trifogliol’eucalipto gigante che sovrastavatutti come un re la buonanotte del-la mamma sono un aereo volo inalto, su, più su, non mi fate paurabrutti mostriciattoli verdi c’è papàcon me, papà dove sei?

Eccoci. La rete sbilenca e ca-scante mi avvisa che siamo arriva-ti. Uno scenario spettrale rimbalzadavanti ai miei occhi, rotola viadalla mente, come una palla chenon riesci a fermare. Sollevo la re-te in un punto in cui è più lenta chealtrove, il cane entra prima di me.Lo seguo, portandomi appresso labici che abbandono per terra, nelposto in cui dovrebbe esser mortoquell’eucalipto. Case e finestremurate. Morte anch’esse. Avvintedall’incuria. Silenzio. Vi abitano ifantasmi adesso in questa desola-zione? Quando è stato che il vil-laggio dei dipendenti dell’Aero-nautica ha cessato di vivere? Sca-vo nella memoria alla ricerca diindizi, ma ho rimosso tutto. Noi cene siamo andati quando la casa nelpaese è stata ultimata ed’alloranella mia mente il luogo viveun’immortale giovinezza. Evito dipassarci, di fermarmi a guardare.Ma oggi sono qui, davanti a questoscempio e provo un moto di ribel-lione. Ridatemi il mio regno in-cantato. E restituite a lui le vocidei bambini.

Riprendo la bici e lenta, greve,inverto il cammino.

“Have an orphanage for all the-se things that nobody wants any-more.”, sussurro a bassa voce conTom Waits.

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Poesia Da Organismi Cedevoli, Manni editori

Far esplodereun ossarioper organizzareun partysu i suoi restiscricchiolanti.Tagliarel’erba altaper scoprirese il fruscio notturnonascondelo spettacolodi esseri bizzarripersonaggi delle fiabegradite mimesidi fantasie innocenti.Inventare distrazioniimmersioni illogicheper sfuggirealla banalità opprimenteper decorarei vostri volti di ceraper svuotareuna clessidrainterrompendoper un attimo

Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

la sua atavica condanna.Come quandoci si nascondeper giocoe non si vuole più

uscire allo scoperto.

Lasciando perdere tutto

ci rannicchiamo

cercando di dimenticare

che siamo costretti a respirare

e che il nostro cuore

in qualunque posizione

continuerà

ostinatamente

a battere.

Marco Vetrugno

La copertina del libro rende omaggio ad Egon Schiele

pagina n° 12

Page 13: Spagine della domenica 27

pagina n° 12

MMSarteE’ in atto dal 24 marzo Art-icoliamo senza barrierenuovo percorso di poesia visuale rivolto ai bambini

di quattro classi della Scuola Primaria Leonardo Da Vinci di Cavallino e Castromediano a cura di Monica Marzano

Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

Per il piccolo Teodorol'amicizia è come unpozzo di cui è possi-bile vedere il princi-pio ma giammai lafine. Un pozzo la cui

acqua fresca e pulita è fonte indi-spensabile di vita che sgorga nelleprofondità delle viscere della terracosì come il sentimento dell'amici-zia deve sempre poter sgorgare inte-gro e puro nel profondo dei nostri

cuori. Unica condizione bisogna sa-per amare. Il piccolo Federico ha ap-prezzato molto il paragone di Teodo-ro e con la spontaneità tipica deibambini ha presto disegnato un sere-no paesaggio sulla cui collinetta sor-

ge il pozzo dell'infinita amicizia edal quale un sorridente ragazzino siaccinge a prenderne l'acqua magariper brindare e dissetarsi con tutti isuoi amici del cuore.

Marco sembra avere leidee molto chiare sucosa sia il coraggio:non arrendersi mai,andando sempreavanti e, certamente

insieme è più facile affrontare le"ombre" minacciose della vita o lemostruosità, che purtroppo fannoparte dell'altra faccia della meda-

glia dell'esistenza stessa. E' vero,insieme fa meno paura ed è più enti-siasmante raggiungere le mete desi-derate, che altro non sono che sim-bolo di nostre piccole conquistequotidiane. Come una conquista èper Marco "ignorare" le maestre,magari durante le interrogazioni,che a quell'età sono le loro piccole egrandi paure, affinchè gli sguardi

inquisitori per capire se si è studia-to o meno, non pesino eccessiva-mente sul loro stato d'animo e diconseguenza sul loro rendimento!

Giada è rimasta incantata dallafrase "raggiungere una meta" e seanche ancora tanto piccola, ha in-tuito quanto grande fu il coraggio diquegli astronauti che nel 1969, mi-sero piede per la prima volta sulla

luna! Una conquista che ha segnatouna tappa unica per l'intera umani-tà, una meta frutto di un coraggiocollettivo che ancora resta impressonei cuori e nelle menti non solo dichi ebbe la fortuna di vivere in di-retta quei gloriosi momenti, ma ad-dirittura di chi ha solo visto imma-gini di repertorio subendone intattoil superbo fascino.

Il coraggio dell’amicizia

spagine

Il testo è di Marco Mauro, il disegno di Giada Morello

Il testo è di Teodoro Lenucci il disegno di Federico Mele

La galleria dei lavori della precedente edizione è su www.mmsarte.com

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Lecce, 4 maggio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 27

Copertina

pagina n° 14

Stagespagine

La Città di Cavallino ela Biblioteca

Comunale “Gino

Rizzo”, propongonoCostruire un’illustra-

zione, laboratorio ri-volto a 20 giovani di età

compresa tra 11 e 18 anni ideato e condotto daGiancarlo Montelli, gli appuntamenti giovedì

15, lunedì 19 e mercoledì 21 maggio, dalle

16.00 alle 18.00. Il percorso si svilupperà in tre incontri pome-ridiani incentrati sulle modalità di documen-tazione, progettazione e realizzazione di unaillustrazione a partire da un personaggio realeo di fantasia. La partecipazione gratuita, laprenotazione obbligatoria.Gli elaborati saranno allestiti in mostra il 1giugno, in occasione dell’annullo filatelicorealizzato a conclusione della mostra Donne

oltre i confini di Giancarlo Montelli. In co-pertina il ritratto dedicato a Frida Kahlo. Lacollezione inoltre propone i ritratti di grandiprotagoniste della storia - realizzati dall’artistaper il volume Dalla chioma di Athena

(Edizioni Odradek) con testi di ValeriaPalumbo - interpretate dal segno di Montellitroviamo: Eleonora de Fonseca Pimentel,George Sand, Louise Farrenc, Nellie Bly,Marie Curie, Alexandra David-Néel, GraziaDeledda, Rosa Luxemburg, Colette, MataHari, Isadora Duncan, Virginia Woolf, MaeWest, Tina Modotti, Amelia Mary Earhart,Leni Riefenstahl, Marguerite Yourcenar,Greta Garbo, Indira Gandhi, Dian Fossey.***

Giancarlo Montelli è nato a Roma nel 1937,pittore, incisore, fotografo, illustratore e Artdirector in numerose case editrici, pubblicita-rio (campagna per Micra); per la RAI ha rea-lizzato sigle e storie animate in programmi perragazzi; collabora con importanti testate gior-nalistiche nazionali. Ha diretto i corsi diIllustrazione e insegnato Illustrazione edito-riale presso l’Istituto Europeo di Design,l’Istituto di Comunicazione e Immagine -Multimedia. Docente nei Master in “Newmedia e Comunicazione” dell’Università diRoma Tor Vergata. Direttore e insegnante difigura, costruzione dell’immagine e illustra-zione editoriale presso l’Accademiadell’Illustrazione e Comunicazione Visiva diRoma.

A Cavallinotre giorni sull’illustrazionecon Giancarlo Montelli

La fotografa Tina Modottie la scrittrice Virginia Woolf