tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

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TRE GIORNI DI INCONTRI Dal 17 al 19 settembre tra Modena, Carpi e Sassuolo, saranno oltre 200 (tutti gratuiti) gli appuntamenti del Festival della filosofia (il programma nel sito: www.festivalfilosofia.it). Intorno al tema della «fortuna» in tutte le sue possibili accezioni (sorte, previsione, possibilità, fato, precarietà, speranza, possibilità, occasione, contingenza, chance, avventura, felicità, ecc.) si svolgeranno le lezioni: da Augé a Zagrebelsky, da Bauman, Furedi, Jullien, Moltmann, Sloterdijk, Eldredge, Nancy a Cacciari, Severino, Esposito La Cecla, Reale, Enzo Bianchi, Natoli, Niola, Marzano, Ferraris, Givone, Portinaro, Panebianco, Carlo Galli, Massarenti, Gnoli, Quondam, Vozza. E poi mostre, spettacoli (tra gli altri, Stefano Benni, Paolo Rossi e Paolo Hendel), film (una rassegna di Fantozzi, emblema di sfortuna), giochi per i bambini e gli ormai tradizionali “menù” filosofici preparati da Tullio Gregory nei ristoranti delle tre città. Per la filosofia è tempo di fortuna Al Festival di Modena A colloquio con Remo Bodei: «C’è fame di senso, non è solo turismo culturale, si cerca un pensiero che sia antidoto al fast food dei mass media e alla crisi delle ideologie» FEDERICO VERCELLONE L’interesse pubblico perlafilosofiaèindubbiamente in crescita. Lo manifesta il suc- cessochehariscossoilFestival di Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, giunto alla sua deci- ma edizione, con un Comitato scientifico presieduto da Remo Bodei, con Tullio Gregory e Marc Augé. Nel Festival, che non è un convegno, non ci sono solo le lezioni magistrali ma molti altri eventi. Come sem- pre, non ci saranno solo filosofi come Massimo Cacciari, Ser- gio Givone, Tullio Gregory, Jean-Luc Nancy, Emanuele Se- verino. Ci saranno anche teolo- gi come Enzo Bianchi, Piero Co- da, Jürgen Moltmann, giuristi come Gustavo Zagrebelsky, e uomini di spettacolo come Pao- lo Villaggio e Alessandro Ber- gonzoni. E poi antropologi co- me Marc Augé, sociologi come Frank Furedi e Zygmunt Bau- man, scienziati come il paleon- tologoNilesEldredge. Bodei, come spiega il cre- scente interesse? «Certo l’interesse per la filoso- fia è aumentato. La filosofia è un antidoto contro il fast food dei mezzi di comunicazione di massa e fornisce qualche argo- mento dinanzi alla crisi delle ideologie, fa maturare interro- gativi e forse propone anche qualche risposta intorno al de- stino di ciascuno di noi, che si profila alquanto incerto». Il tema di quest’anno è la «Fortuna» «Ne va di questioni di grande significato per la vita: del caso, della necessità, del destino an- che nei suoi risvolti biologici co- me la salute e la malattia. E’ in gioco la possibilità o l’impossi- bilità di prevedere il futuro, la fortuna e i suoi rovesci. Si assi- ste a questo proposito a rivolu- zioni profonde nelle aspettati- ve personali e nella configura- zione dei mondi simbolici. Si tratta di ricerche preoccupate nelle quali si riversano talora aspettative che un tempo era- norivolteallaprovvidenza». Anche il Festival testimonia così l’esigenza diffusa di non avere a che fare solo con saperi specialistici ma anche con un sapere «com- plessivo», universale. «E’ vero. Non a caso si è diffu- so il turismo culturale. Che non va giudicato in modo sno- bistico. Rivela che tra le perso- nec’èfamedisenso.EalFesti- val di Filosofia per altro non si danno pillole di sapere in pasto al volgo. Parafrasando la para- bolaevangelicadelseminatore potremmo dire che qui vengo- no gettati dei semi, e alcuni ca- donosullepietre,altrivengono soffocati dai rovi, mentre altri ancora vanno su di un terreno fertile. Si può intrattenere un pubblico senza cadere nella ba- nalità. Si cercano delle rispo- ste serie a domande fondamen- tali come: che cosa devo fare? Che cosa è giusto? Che cosa è bello? E’ del resto un’esperien- za che si radica nel profondo della nostra infanzia. Da bam- bini proponiamo ai genitori molti perché. Non ottenendo ri- sposta da qui nasce una filoso- fia fatta in casa, che noi aiutia- mo a collocare in un quadro più rigoroso e forse anche più produttivo». Facciamo un lungo passo in- dietro e andiamo all’epoca dei suoi studi presso la Scuo- la Normale Superiore di Pi- sa. Qual è stata la sua forma- zione, il suo modo di acco- starsi alla filosofia? «Ho studiato alla Normale e ho avuto a Pisa professori di gran- de rilievo. Ma veramente im- portanti per me sono stati altri maestri, quelli di una genera- zione prima: sul piano filosofi- co Eric Weil, Norberto Bobbio e, fra gli storici, Arnaldo Momi- gliano. Ho avvertito in questi maestri la capacità di fornirmi i riferimenti per una cultura più solida. La storia poi ha da sempre costituito per me una sorta di antidoto nei confronti delle filosofie altisonanti. Natu- A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Loguardinegliocchi,e capisci.Capiscicheèlì, perchéèlìchevuole essere.Puòavere13,14, oforse15anni…Perle statisticheèsoloun adolescente,tutto brufolieI-Pod,conuna varietàdisogniche vannodaldiventare calciatoreadessereun nuovoFabrizioCorona. Loguardinegliocchie capisci.Capiscichele statistichediluinon hannocapitonulla, perchéinluitrovi traccedinormalità.Lui, eitanticomelui,che vediinprimafilain questeoreal Festivaletteraturadi Mantova,comeneivari FestivaldellaMente, dellaFilosofia,della Spiritualità.Capisciche nonèunsecchione.Lui, etuttiglialtricomelui, sonounpezzovero, vivo,realedeigiovani d'oggi.Cheperònon hannoperso,ohanno ritrovato,ildesideriodi farsidelledomande. Abituata«altuttoe subito»,questa «GenerazioneGoogle» senteoggiilbisognodi mettereindiscussione lecertezze preconfezionate.Vuole mettereallaprovail mondodegliadulti:si chiedesedilorosipuò ancorafidare.Cisono adolescentioggichesi sonostancatidicercare miti.Cercanotestimoni. Esempi.Modelli.Ma nonascatolachiusa.Ei Festivaldiventanouna grandeoccasionedi incontroeconfronto conquestinuovipunti diriferimento.Lo guardinegliocchi quell'adolescente,e capiscichesì,forsenon ètuttoperduto. Continuaapag.VII TUTTOLIBRI LA STAMPA NUMERO 1731 ANNO XXXIV SABATO 11 SETTEMBRE 2010 FEDERICO TADDIA I RAGAZZI A MANTOVA: NON TUTTO È PERDUTO tutto LIBRI HOLLYWOOD Il cinema che manifesto Le star di carta da Gilda a Brando VENTAVOLI P.VI -VII DIARIO DI LETTURA Nella Sicilia di Battiato Sulle tracce di Bufalino SERRI P. XII RemoBodei p Il gioco delle sorti Questa«AllegoriadellaFortuna»diDossoDossi,oliosutela,ca.1530,èunadelletrecentoillustrazionipropostedalla mostra«Ilgiocodellesorti.Miti,astri,figurine»curatadaSoniaCavicchioliperilFestivaldellafilosofia,conilMuseodellaFigurinadi Modena:dal17settembreal20febbraio2011,aPalazzoSantaMargherita.IlcatalogoèeditoFrancoCosimoPanini(pp.178, e 20). «Il destino di ciascuno di noi non può essere lasciato al gioco del caso e della necessità oallaProvvidenza» ROMANZO Tra Africa e America L’ avventurosa coppia di Le Bris SAPIENZA P. II SOCIETÀ Gli economisti alla sbarra Errori e stregoni del capitalismo DEMICHELIS P.IX I

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Page 1: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.14

TRE GIORNI DI INCONTRIDal17al19settembre traModena,CarpieSassuolo,sarannooltre200 (tuttigratuiti)gliappuntamenti del Festivaldellafilosofia (ilprogramma nel sito:www.festivalfilosofia.it).Intornoal temadella«fortuna» intutte lesuepossibili accezioni(sorte,previsione, possibilità, fato,precarietà, speranza,possibilità,occasione, contingenza, chance,avventura, felicità,ecc.) sisvolgeranno le lezioni:daAugéaZagrebelsky, daBauman,Furedi, Jullien,Moltmann,Sloterdijk, Eldredge,NancyaCacciari, Severino,EspositoLaCecla, Reale,EnzoBianchi,Natoli,Niola, Marzano,Ferraris,Givone, Portinaro,Panebianco, CarloGalli,Massarenti, Gnoli,Quondam,Vozza.Epoimostre, spettacoli

(tragli altri, StefanoBenni, PaoloRossiePaoloHendel), film(unarassegnadiFantozzi, emblema disfortuna),giochiper ibambini egliormai tradizionali “menù”filosoficipreparati daTullioGregorynei ristorantidelle trecittà.

Per la filosofia ètempo di fortuna

Al Festival di Modena A colloquio con Remo Bodei: «C’èfame di senso, non è solo turismo culturale, si cerca un pensiero chesia antidoto al fast food dei mass media e alla crisi delle ideologie»

FEDERICOVERCELLONE

L’interesse pubblicoper la filosofia è indubbiamentein crescita. Lo manifesta il suc-cesso che ha riscosso il Festivaldi Filosofia di Modena, Carpi eSassuolo, giunto alla sua deci-ma edizione, con un Comitatoscientifico presieduto da RemoBodei, con Tullio Gregory eMarc Augé. Nel Festival, chenon è un convegno, non ci sonosolo le lezioni magistrali mamolti altri eventi. Come sem-pre, non ci saranno solo filosoficome Massimo Cacciari, Ser-gio Givone, Tullio Gregory,Jean-Luc Nancy, Emanuele Se-verino. Ci saranno anche teolo-gi come Enzo Bianchi, Piero Co-da, Jürgen Moltmann, giuristicome Gustavo Zagrebelsky, euomini di spettacolo come Pao-lo Villaggio e Alessandro Ber-gonzoni. E poi antropologi co-me Marc Augé, sociologi comeFrank Furedi e Zygmunt Bau-

man, scienziati come il paleon-tologo Niles Eldredge.

Bodei, come spiega il cre-scente interesse?

«Certo l’interesse per la filoso-fia è aumentato. La filosofia èun antidoto contro il fast fooddei mezzi di comunicazione dimassa e fornisce qualche argo-mento dinanzi alla crisi delleideologie, fa maturare interro-gativi e forse propone anchequalche risposta intorno al de-stino di ciascuno di noi, che siprofila alquanto incerto».

Il tema di quest’anno è la«Fortuna»

«Ne va di questioni di grandesignificato per la vita: del caso,della necessità, del destino an-che nei suoi risvolti biologici co-me la salute e la malattia. E’ ingioco la possibilità o l’impossi-bilità di prevedere il futuro, lafortuna e i suoi rovesci. Si assi-ste a questo proposito a rivolu-zioni profonde nelle aspettati-ve personali e nella configura-zione dei mondi simbolici. Sitratta di ricerche preoccupatenelle quali si riversano taloraaspettative che un tempo era-no rivolte alla provvidenza».

Anche il Festival testimoniacosì l’esigenza diffusa dinon avere a che fare solocon saperi specialistici maanche con un sapere «com-plessivo», universale.

«E’ vero. Non a caso si è diffu-so il turismo culturale. Chenon va giudicato in modo sno-bistico. Rivela che tra le perso-ne c’è fame di senso. E al Festi-val di Filosofia per altro non sidanno pillole di sapere in pasto

al volgo. Parafrasando la para-bola evangelica del seminatorepotremmo dire che qui vengo-no gettati dei semi, e alcuni ca-dono sulle pietre, altri vengonosoffocati dai rovi, mentre altriancora vanno su di un terrenofertile. Si può intrattenere unpubblico senza cadere nella ba-nalità. Si cercano delle rispo-ste serie a domande fondamen-tali come: che cosa devo fare?Che cosa è giusto? Che cosa èbello? E’ del resto un’esperien-za che si radica nel profondodella nostra infanzia. Da bam-bini proponiamo ai genitorimolti perché. Non ottenendo ri-sposta da qui nasce una filoso-fia fatta in casa, che noi aiutia-mo a collocare in un quadropiù rigoroso e forse anche piùproduttivo».

Facciamo un lungo passo in-

dietro e andiamo all’epocadei suoi studi presso la Scuo-la Normale Superiore di Pi-sa. Qual è stata la sua forma-zione, il suo modo di acco-starsi alla filosofia?

«Ho studiato alla Normale e hoavuto a Pisa professori di gran-de rilievo. Ma veramente im-portanti per me sono stati altrimaestri, quelli di una genera-zione prima: sul piano filosofi-co Eric Weil, Norberto Bobbioe, fra gli storici, Arnaldo Momi-gliano. Ho avvertito in questimaestri la capacità di fornirmii riferimenti per una culturapiù solida. La storia poi ha dasempre costituito per me unasorta di antidoto nei confrontidelle filosofie altisonanti. Natu-

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Lo guardi negli occhi, ecapisci. Capisci che è lì,

perché è lì che vuoleessere. Può avere 13, 14,

o forse 15 anni… Per lestatistiche è solo un

adolescente, tuttobrufoli e I-Pod, con una

varietà di sogni chevanno dal diventare

calciatore ad essere unnuovo Fabrizio Corona.

Lo guardi negli occhi ecapisci. Capisci che le

statistiche di lui nonhanno capito nulla,

perché in lui trovitracce di normalità. Lui,

e i tanti come lui, chevedi in prima fila in

queste ore alFestivaletteratura di

Mantova, come nei variFestival della Mente,

della Filosofia, dellaSpiritualità. Capisci chenon è un secchione. Lui,e tutti gli altri come lui,

sono un pezzo vero,vivo, reale dei giovani

d'oggi. Che però nonhanno perso, o hanno

ritrovato, il desiderio difarsi delle domande.Abituata «al tutto e

subito», questa«Generazione Google»sente oggi il bisogno dimettere in discussione

le certezzepreconfezionate. Vuole

mettere alla prova ilmondo degli adulti: si

chiede se di loro si puòancora fidare. Ci sonoadolescenti oggi che si

sono stancati di cercaremiti. Cercano testimoni.

Esempi. Modelli. Manon a scatola chiusa. E iFestival diventano una

grande occasione diincontro e confronto

con questi nuovi puntidi riferimento. Loguardi negli occhi

quell'adolescente, ecapisci che sì, forse non

è tutto perduto.

Continua a pag. VII

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

NUMERO 1731ANNO XXXIVSABATO 11 SETTEMBRE 2010

FEDERICO TADDIA

I RAGAZZIA MANTOVA:

NON TUTTOÈ PERDUTO

tuttoLIBRI

HOLLYWOOD

Il cinemache manifestoLe star di cartada Gilda a BrandoVENTAVOLI P.VI -VII

DIARIO DI LETTURA

Nella Siciliadi BattiatoSulle traccedi BufalinoSERRI P. XII

Remo Bodei

p

Il gioco delle sorti Questa «Allegoria della Fortuna» di Dosso Dossi, olio su tela, ca.1530, è una delle trecento illustrazioni proposte dallamostra «Il gioco delle sorti. Miti, astri, figurine» curata da Sonia Cavicchioli per il Festival della filosofia, con il Museo della Figurina diModena: dal 17 settembre al 20 febbraio 2011, a Palazzo Santa Margherita. Il catalogo è edito Franco Cosimo Panini (pp. 178, € 20).

«Il destino di ciascunodi noi non può esserelasciato al gioco del casoe della necessitào alla Provvidenza»

ROMANZO

Tra Africae AmericaL’ avventurosacoppia di Le BrisSAPIENZA P. II

SOCIETÀ

Gli economistialla sbarraErrori e stregonidel capitalismoDEMICHELIS P.IX

I

Page 2: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.15

GLAUCOFELICI

Con Favola e segno so-no ormai quattro i volumi di Pe-dro Salinas che appaiono per lacura di Valerio Nardoni pressol'editore Passigli (dopo Sicuro az-zardo, Ragioni d'amore e Presa-gi). Quattro volumi che sembra-no preludere a un'integrale -possiamo augurarcelo di tuttocuore - del grande lirico madrile-no (1891-1951), che si è inveroconquistato un posto particola-re tra chi coltiva la «poesiad'amore». Questa definizione èsin troppo vasta, e impropria, èuna scorciatoia per imporre eti-chette ai poeti che etichette nonaccettano. Ma il mondo va così,e Lorca - ad esempio - sembranoto più che altro come espertodi corride per aver scritto il La-mento in morte dell'amico toreroIgnacio Sánchez Mejías (che, perinciso, non era un matador tru-culento, ma un intellettuale fa-scinoso e inquieto con la passio-ne della letteratura, scrittore asua volta). Anche per Lorca, tut-tavia, si è fatto ricorso all'eti-chetta «poesia d'amore» (amoroscuro o no che fosse…), con pre-vedibili semplificazioni e sminui-menti a danno del suo genio poe-tico. Per Salinas, è accaduto al-trettanto.

Austero studioso di lettera-tura, professore ineccepibile ingiro per il mondo, intellettuale atutto campo (critico, narratore,drammaturgo, traduttore dellaRecherche, soprattutto poeta),appartenne a quella Generazio-ne del '27 che - in epoca di nazi-smi, fascismi e franchismi più omeno incipienti - diede al mon-do un incomparabile florilegiodi autori, i «nipoti di Góngora»(Salinas appunto, Jorge Guil-lén, Dámaso Alonso, Lorca, Al-berti) e molti altri (Bergamín,

Aleixandre, Larrea, Altolaguir-re, Cernuda, Prados…). «La piùbella poesia d'Europa», la definìLorca.

Favola e segno apparve nel1931, terza prova di Salinas, econclusione di un ideale primoperiodo tra quelli in cui si usasuddividere la sua attività lirica:una fase di ricerca, preludio allacompleta dischiusura delle ric-chezze poetiche che culminanonella «grande trilogia amoro-sa», tra il 1932 e il 1939, compo-sta da La voz a ti debida, Razónde amor e Largo lamento. (Poi, al-tri versi nel terzo periodo - quel-lo dell'esilio - e una diversa im-magine formale, che trova la vo-ce più compiuta in El contempla-do, lungo poema in cui Salinasdialoga con il mare di San Juande Puerto Rico, città dove vennesepolto nel 1951 dietro sua com-mossa richiesta).

Nella raccolta si confronta-no due entità, «favola» e «se-gno», contrastanti e comple-mentari: in Escorial II, ad esem-pio, si legge «Non sognare, ma

contare», dove appare l'equivalen-za tra favola e sogno, tra segno edenumerazione.Sempre con l'amo-re che domina: «Io è te che amo, ete | e te. | Tre di voi amavo io». Al-trove, sintomi di modernità inva-dente (quasi accenni a temi del fu-turismo), come in Underwood Gir-ls dove le teclas (i tasti della mac-china da scrivere) «sono assopite,tranquille, | loro trenta, tonde,bianche. | Tutte unite | a sostene-

re il mondo» e si trasfigurano inragazze, anzi «eterne ninfe | con-tro il grande mondovuoto».

Nell'ininterrotta declinazionedel suo personalissimo concettodi amore (non facile, non conven-zionale), la realtà pose sul cammi-no di Salinas un impetuoso inci-dente: l'incontro, nella primavera

del 1932 a Madrid, con KatherinePrue Reding, leggiadra studiosadel Kansas, all'epoca trentacin-quenne. Un innamoramento tra-volgente, una storia d'amore du-rata due estati e un corso accade-mico, «un incontro emotivo, alle-gro, devastante e triste per en-trambi» (scriverà la stessa Kathe-rine), alla quale la donna pose finea causa del tentato suicidio diMargarita Bonmatí, moglie di Sa-linas. Di quell'amore, che innescòil meccanismo compositivo di al-meno un capolavoro come La voza ti debida, si seppe ufficialmentetardi, dopo la morte di Salinas, egrazie alla regia dell'inseparabileamico Jorge Guillén. Oggi, il letto-re può immergersi in quel mondoappassionato anche consultandole lettere che Salinas inviò a Ka-therine (circa metà delle 354 scrit-te dal poeta è pubblicata in Cartasa Katherine Whitmore, Tusquets2002: un libro imprescindibile nelsuo genere).

Non è semplice comprendereperché un poeta di complessa ispi-razione e di rarefatta scrittura co-me Salinas abbia poi trovato unaschiera di appassionati «consu-matori» dei suoi versi. Si rimanesbalorditi, ad esempio, nello sco-prire che un'icona pop dei nostrigiorni - Pietro Taricone - avessetatuato sul polpaccio sinistro i ver-si della poesia 39 (Salinas può per-mettersi anche questo, niente tito-li e invece numeri, «segni») di Lavoz a ti debida, che recita: «E io stoabbracciato a te | senza fare do-mande, per paura | che non sia ve-rità | che tu vivi e mi ami. | E stoabbracciato a te | senza guardartio toccarti. | Perché non debba sco-prire | con domande o carezze |l'immensa solitudine | d'essere ilsolo ad amarti».

La bella psichiatratra sogni e delitti

ANGELOZ. GATTI

Natsuo Kirino è lascrittrice giapponese notaper i racconti e i romanziestremi dai temi duri e scabro-si, che è riduttivo definire gial-li. Gli intrecci del genere sonopretesti per raccontare altro,in particolare la questionefemminile. Le protagoniste so-no liceali, trentenni in carrie-ra, casalinghe frustrate, che siraccontano svelando le violen-ze fisiche e morali dei compa-gni e dei mariti, le angheriedelle figlie insopportabili e del-le suocere intrattabili, e, nel la-voro, le molestie sessuali deicolleghi e dei superiori. Le rea-zioni sono brutali e anche orri-pilanti. Le loro storie mettonoin luce i lati oscuri della fami-glia e della società in un paesemaschilista come il Giappone.

In Italia, negli anni scorsi,erano usciti quattro romanzi

pubblicati dalla Neri Pozza.La Giano presenta ora L’isoladei naufraghi, un romanzo del2008 tradotto da Gianluca Co-ci, che non mancherà di sor-prendere.

Il libro è una sfida che ricor-da Il Signore delle Mosche delPremio Nobel William Gol-ding. Si apre su un’isola ignotalungo le rotte che, dal Giappo-ne, vanno a Sud. L'isola, dallaflora rigogliosa e dalla faunaabbondante (un paradiso), cin-que anni prima era disabitata.Oraci vivono trentaquattro uo-minie una donna, giunti in tem-pi diversi e ridotti allo stato dinatura da primordi. I primi,Takashi e Kiyoko, marito e mo-glie, in crociera intorno al mon-do, erano dovuti approdare in

seguito a un naufragio. Poi era-no arrivati ventitré giovani giap-ponesi rifugiatisi lì dopo un tifo-ne e, ultimi, undici cinesi eranostati costretti, con le armi, asbarcare da un enorme motosca-fonero. Criminali? Clandestini?

Fin dalle prime pagine c'è in-quietudine. Takashi è morto ca-dendo (?) da un dirupo della sco-

gliera. Su una spiaggia apparta-ta sono stati trovati dei bidonimetallici abbandonati. Scorieradioattive? Rifiuti tossici? La-sciati da chi? Ci sono altre mor-ti misteriose.

Kiyoko, unica donna, qua-rantasei anni, prosperosa e ab-bondante ma non sfiorita, susci-ta le smanie e gli appetiti di gio-vani e meno giovani. Si conce-de, ma non a tutti, perché alcunisono gay, altri si sono talmenteabbrutiti da risultare repellenti.Una ferina sensualità pervadela narrazione: sesso sfrenato, at-ti violenti di sodomia, rapportisadomaso. D'altro lato un mini-mo di organizzazione sociale ènecessario e gli uomini si scate-nano in un'accanita competizio-ne per imporsi come leader.

Emergono le pulsioni più ata-viche (un inferno). Dominano so-praffazione, menzogna, opportu-nismo, ma anche comicità, gio-co, umorismo. Quando Kiyoko ri-mane incinta, assurge al ruolo diGrande Madre che vive in sim-biosi con l'isola (altra protagoni-sta). L'Ape Regina circondatadai fuchi che le assicurano pre-mure e riguardi interessati. In-fatti la gravidanza assicura lacontinuità della specie e l'amplia-mentodella comunità. Il futuro.

Il romanzo compie un ulterio-re balzo in quota. A voi il piaceredegli sviluppi fino all'inaspettatae originale chiusura. Per l'autri-ce una sfida vinta. Per chi leggeun romanzo che affascina e che,soprattutto, fa riflettere.

PIEROSORIA

La Psichiatra di WulfDorn è uno di quegli affasci-nanti polpettoni giallo-psico-logici con venature oniricheche tanto piacciono alle don-ne, popolazione sana che inassoluto frequenta di più le li-brerie e in grado di decreta-re o meno il successo di un ro-manzo. Dunque si prevedeun boom di vendite. D’altraparte è quello che è capitato,tanto per fare un esempio,con la vagamente macabraPatricia Cornwell finchè la

sua Kay Scarpetta s’è dedica-ta esclusivamente alla disse-zione di ossa e cadaveri. Poi...Ma torniamo a Dorn, logopedi-sta di Ulm (Germania) che, pri-ma di mettere a frutto lettera-rio le sue esperienze di lavoro,per anni s’è dedicato alla riabi-litazione del linguaggio in pa-zienti particolarmente distur-bati e perciò profondo conosci-tore di sindromi e stati emoti-vi devianti.

La storia ha, ovviamente,inizio in una clinica, la Waldkli-nik nei pressi di Stoccarda,specializzata in psichiatria,

psicoterapia e psicosomatica.Protagonista è la ventinoven-ne dottoressa Ellen Roth, cari-na ma sottilmente depressa acausa di una inattesa ed im-provvisa vacanza in Australiadi Chris, il suo primario-aman-te, che nel contempo le ha affi-dato un delicatissimo «sospe-so» che non poteva attendereil suo ritorno: il caso della ca-mera numero 7 dove l’odoredella paura domina l’eternaoscurità di tende perennemen-te sigillate e dove la figura rat-trapita di una donna accovac-ciata in un angolo contro il ter-

mosifone tenta inutilmente,posseduta com’è dal più insop-portabile terrore, di mantener-si celata a qualsiasi presenza.

La difficoltà di costruire ilminimo punto di contatto contanta disperazione, il peso del-la responsabilità affidatale eun’incombente aura di inade-guatezza che incomincia a per-vaderla, rendono Ellen sem-pre più nervosa e irascibile: diqui i primi passi falsi con alcu-ni colleghi e con alcuni pazien-ti. E la strana comparsa di so-gni e di visioni popolate da po-chi volti (l’Uomo Nero, soprat-

tutto) e parole («Devi difender-mi da lui») che a fatica è riusci-ta ad estrarre dalla mente allu-cinata di quel povero esseredevastato non solo nello spiri-to ma anche nel corpo viste leecchimosi, i tagli e i gonfioriche la deturpano ovunque.

Inizia da qui un viaggio allu-cinante: Ellen stessa, alla ri-cerca di quel marito che po-trebbe essere il colpevole ditanta perversione, viene inse-guita, aggredita, messa in con-dizione di subire senza possibi-lità che alcuno possa crederle.Una mosca impigliata nei filidi un ragno tanto malignoquanto lucido, che non si peri-ta di uccidere e di far ricaderela colpa su di lei. L’atmosferasi fa sempre più opprimente,le sabbie mobili in cui sprofon-dare nascoste ovunque, il pas-sato a far capolino con incer-tezze inquietanti.

Poi, il colpo di scena finale.Del tutto imprevedibile. Oprevedibilissimo a secondadei gusti.

RUGGEROBIANCHI

Soltanto nella pura ma-terialità dell'intreccio Tokyo è laprotagonista di Tokyo città occu-pata, seconda parte (dopo Tokyoanno zero) di una trilogia dedica-ta alla capitale nipponica da Da-vid Peace, estroso e caleidoscopi-co scrittore britannico poco piùche quarantenne. Il romanzo, vo-lendo, è leggibile come un vorti-coso e frastornante thriller ag-grumato attorno a un misteriosoepisodio di cronaca nera, il mici-diale ma apparentementegratui-to avvelenamento di una dozzinadi impiegati della Banca Teiko-ku, una delle più importanti delGiappone, nel gennaio del 1948,ai tempi dell'occupazione ameri-cana; ma nella struttura e nellascrittura, nelle prospettive e neisignificati, travalica impetuosa-mente tutte le coordinate spazio-temporali, il luogo e il tempo diun inquietante caso criminale egiudiziario ancor oggi sostanzial-mente irrisolto.

Il vero epicentro narrativo è

infatti l'idea e l'immagine, reale emetaforica, della Città in sé, dellaMetropoli come ipertesto infinito:una «città maledetta di rapina e distupro, di omicidi e di pestilenze,di malattia e di fame», una «città/bara» che è «città occupata e cittàmorta», «città perplessa e città po-stuma», «città sepolta e città futu-ra», «città occulta e città cult», se-dimentata e agglutinata, indefinibi-le, inenarrabile e irraccontabile.Una città che scrive il suo futuronel passato, una città/taccuino euna città/libro di cui ognuno, a co-minciaredal narratore,può essereed è di fatto l'autore. Una città dun-

que che esistee non esiste, giacchédi essa resta solo quanto su di essaviene scritto: tracce di volta in vol-ta soppresse, ceneri di significatochesono ceneri di luoghi e di tempima anche ceneri di parole che vor-rebberodire del passato e in realtàvagolano nel futuro, se è vero chele parole sono «sommedi assenze»che descrivono il fuori e il sopra equindi il dopo, mai il dentro e il sot-to e quindi il prima.

In ultima analisi, la città è una«seduta spiritica» cui lo scrittorepresenzia come medium, nel ruolodi puro e neutro «trasmettitore»di verità indimostrabili e quindivirtualmente false. Più che un ro-manzo, Tokyo città occupata è in-somma,anche formalmentee addi-rittura graficamente,un vertigino-so poema visionario ermetico e af-fascinante, fisiologicamente co-stretto a cancellarsie riscriversi dimomento in momento. Proprio co-me Tokyo e come ogni Metropoli:«città irreali» simili a quelle evoca-te da T. S. Eliot nella Terra desola-ta, ma precipitatenel baratro dellapostmodernità.

L’ESORDIO DI VICTOR LODATO

Mathilda, cuore di sorella= Sceneggiatore, poeta e, ora, romanziere. VictorLodato esordisce nella narrativa con Mathilda(Bompiani, pp. 288, € 17,50, traduzione di SergioClaudio Perroni). La sorella di Mathilda, Helene, è stataspinta sotto il treno da uno sconosciuto. Chi? L’indagineè appassionata, ostinata, meticolosissima, cercandotracce un po’ ovunque nel mondo di Helene. Obiettivonumero uno, probabile chiave del mistero, la suapassword. Victor Lodato sarà a Pordenoneleggedomenica 19, Palazzo della Camera di Commercio, h.19,30, presenta Alessandro Mezzena Lona.

LA NEW YORK DI EDMUND WHITE

Ragazzo di città= La New York degli Anni Sessanta e Settanta, sul filosoprattutto della memoria. Edmund White ritrae quellaGrande Mela in Ragazzo di città (Playground, pp. 301,€ 18, traduzione di Alessandro Bocchi). Lo presenteràdomani a Mantova, con Luca Scarlini, Teatro Ariston, h.15. Biografo di Proust, Genet, Rimbaud, Edmund Whiterievoca una città «così pericolosa ed economica dapoter accogliere gli artisti senza un soldo». E così colta,dove incontrare Susan Sontag e William Burroughs,Elizabeth Bishop e Robert Mapplethorpe. Lo scrittore diCincinnati non dimentica nulla, di ritratto in ritratto.

UNAFOTOGRAFAPER MANTOVA

Facce da leggere= In posadi fronte a una PolarodiGiant Camera. MarinaAlessi è stata nell’arco di sei anni (2004 - 2009) l’occhio delFestivaletteraturadi Mantova,modellandouna galleriad’autoriper Vanity Fair: 282 ritratti di scrittori, ovvero Facceda leggere (Rizzoli, pp. 277, € 50, pref. di Sandro Veronesi,intr. di Roberto Mutti).Da Ken Follett e Grishama DorisLessinge Azar Nafisi, da Yehoshuae e Grossmana Soyinkae Ben Jelloun, da Erri De Luca e Maggiani a Mazzantini eParrella,da Arbasino e Magris a Giordano e Moccia. Un girodel mondo tra parole e immagini,nelle immagini scrutandole parole. L’autrice presenta il libro a Mantova,oggi, h.16.

DAVIDESAPIENZA

Lo scrittore bre-tone Michel Le Bris (ospitedi Pordenonelegge), il vaga-bondo culturale, il co-fonda-tore di Libération, ci conse-gna un'opera avventurosae monumentale. La bellezzadel mondo è il romanzo cheriporta al centro della pagi-na il gusto di raccontare, elo fa utilizzando la biogra-fia di una celebre coppia diavventurieri americani -Osa e Martin Johnson - lacui gloriosa ora scoccò inquel di New York al sorge-re dei leggendari Anni Ven-ti, l'età del jazz di FrancisScott e Zelda Fitzgerald.

Le Bris si incammina apasso sicuro in un viaggiointricato e intrigante, popo-lando di personaggi reali larappresentazione dellaquintessenza di un'Ameri-ca che cambiava - come ènel suo Dna - velocementee lo faceva raccontandosiattraverso personaggi asce-si a leggenda bruciando il

carburante grezzo del so-gno americano: la tenacia.Il primo quarto d'ora di glo-ria di Martin Johnson arri-vò quando a 23 anni si eraimbarcato sullo Snark diJack London, era l'aprile1907 (si legga La crocieradello Snark) e non è un casoche Jack London - quintes-senza dello scrittore largerthan life forgiato da una te-nacia ciclopica - appaiaspesso a mo’ di pietra ango-lare. Le Bris (che non di-mentichiamo come grandestudioso del maestro di tut-ti loro, Robert Louis Ste-venson) lo utilizza comespecchio riflettente e moto-re propulsore dell'ambizio-ne di Johnson.

L'abbrivio del romanzo èl'incidente che origina il pun-to di vista della voce narran-te, e si chiama Winnie. Win-nie è di Chanute, Kansas, cit-tadina della profonda Ameri-ca rurale da dove la futuramoglie di Johnson, Osa, era

fuggita diciassettenne per se-guire Martin sulle tracce delloro sogno americano. Sia-mo già nel 1939 quando la ve-dova Johnson chiede a Win-nie di scrivere la sua biogra-fia. Winnie osserva e ascolta,l'empatia e la doppiezza inte-

riore la fanno aderire sem-pre più ad Osa, sospesa traradici rurali e glamour delleavventure nel mondo. Chis-sà, forse Winnie è proprioOsa, ci chiediamo una voltariposto il libro di Le Bris.

La premessa di Winnie in-

serisce nell'impianto narrati-vo tutti gli elementi che an-drà a sviluppare, edificandola storia della coppia utiliz-zando un intreccio solido einattaccabile alla storia delmondo. Perché quandol'America cambiava, il mon-

do faceva lo stesso. Al sorge-re dei ruggenti Anni Venti, iJohnson divennero celebriper aver sfidato l'Africa sel-vaggia ed esserne tornaticon una pellicola che divennela fonte dei loro documentarie l'occasione per tornare nelContinente Nero: il primoviaggio era durato tre anni efu quello che li introdusse ne-gli ambienti che contavano.Poi, fu gloria. Osa ispirò l’ero-ina del film King Kong.

Le Bris sa viaggiare neltempo per farsi testimone afianco di Winnie, soprattut-to nelle straordinarie paginededicate alla New York Citydel proibizionismo, capaci difarci vivere con gli occhi diOsa e Martin Johnson che situffano nella Grande Mela,una specie di Pequod o di Ar-ca di Noè dell'Umanità - di-pende da dove la si vuole ve-dere. A loro spetta il compi-to di reinventarsi dopo gliesordi in provincia, per tra-sformare il materiale grezzodella propria vicenda umana(il matrimonio che cambia) e

professionale (i film, il gla-mour, e poi la fama).

A volte La bellezza delmondo lascia l'impressionedi essere anche troppo riccodi vicende, e accade dove lostudioso Le Bris indulge co-me travolto dall'immensamole di un sapere ampio. Maè pur vero che La bellezza delmondo riveste un'importan-za tutta sua in questo parti-colare momento storico del-la letteratura europea - o sidovrebbe dire di un'editoriaincapace di avere fede nell'Avventura come tema inclu-sivo e alto. Le Bris ci forni-sce un assist importante, echissà che di questo non sene accorga anche il grandepubblico.

Wulf Dorn Esordio del “mentalist”tedesco: giallo onirico a tinte fosche

David Peace Un vertiginoso poemavisionario, ermetico e affascinante

ERIC-EMMANUELSCHMITT

In memoria di un angelo= Filosofo, drammaturgo, scrittore. Eric-EmmanuelSchmitt, autore fedelissimo alle edizioni E/O, pubblica orai racconti Concerto in memoria di un angelo (pp. 174,€ 17, traduzione di Alberto Bracci Testasecca). Quattrostorie, protagonisti: un’anziana signora, l’avvelenatrice;un padre marinaio (così lontano geograficamente epsicologicamente dalle figlie); due amici dai caratteriopposti; lui e lei, il Presidente e Madame Carla, ossia «unamore all’Eliseo». Eric-Emmanuel Schmitt sarà aPordenonelegge domenica 19, Palazzo MonterealeMantica, h. 17.30. Con Fabio Gambaro.

Uno fra i maggiori«nipoti di Góngora»diventato anche,come García Lorca,autore di consumo

La travolgente storiacon una americanaispirò i versi cheTaricone si fecetatuare sul polpaccio

L’ape reginanell’isoladei naufraghi

A tempo di jazzper scoprirela bellezzadel mondo

Una sola donnae trentaquattro uomini,un inferno di pulsioniataviche che ricorda«Il Signore delle Mosche»

Molto di piùdi un poeta checanta l’amore

pp Wulf Dornp La Psichiatrap traduzione Alessandra Petrellip Corbaccio, pp. 395, € 18.60p E’ l’esordio di un quarantenne te-

desco, che per anni ha lavorato co-me logopedista con pazienti psi-chiatrici: dopo il grande successoin Germania (100.000 copie), hagià consegnato il manoscritto diun secondo titolo: « Kalte Stille».

pp David Peacep TOKYO CITTÀ OCCUPATAp trad. di Marco Pensantep Il Saggiatore, pp. 320, € 18p Lo scrittore oggi a Mantova

AZNAVOUR

A voce bassa= Sessant’anni di carriera, settecento canzoni (da Tut’laisses aller a Que c’est triste Venise), una varietà difilm (esordì nel 1960 in Tirate sul pianista di FrançoisTruffaut). Charles Aznavour ripercorre oggi a Mantova(Palazzo Ducale, h. 14,30, con Valerio Pellizzari) la suaparabola artistica. La si può anche leggere in A vocebassa, l’autoritratto che Aznavour ha affidatoall’editore Angelo Colla (pp. 158, € 14,90, traduzione diSara Puggioni). Di origini armene, attualmenteambasciatore dell’Armenia in Svizzera, Aznavour fuscoperto da Edith Piaf nel dopoguerra.

Lui era stato con Londonsullo Snark, lei ispiròl’eroina di «King Kong»:dal loro viaggio nacqueun celebre documentario

pp Michel Le Brisp LA BELLEZZA DEL MONDOp trad. di Maurizio Ferrarap Fazi, pp. 700, € 19,50p Michel Le Bris è tra gli ospiti

degli incontri di «Pordenone-legge» (in programma dal 15 al19 settembre). Lo scrittore bre-tone (1944) presenterà il suoromanzo, vincitore nel 2008del premio Renaudot, sabato18, h, 16. Al Palaprovincia con-verserà con lui Fabio Gambaro.

IL NIGERIANO CHRIS ABANI

Canzone per la notte= Narratore e poeta nigeriano, Chris Abani pubblica ilterzo libro da Fanucci:dopo L’ambigua follia di Mr Blacke Abigail, ecco Canzone per la notte (pp. 157, € 16,traduzione dall’inglese di Sara Marinelli). E’ la storia diMy Luck, soldato quindicenne nell’Africa orientale,espertissimo sminatore. Un’esplosione lo stordisce. Alrisveglio si ritrova, solo, nella foresta. Uscirne (se mai viriuscirà) significa anche lasciarsi alle spalle la follia dellaguerra. Chris Abani, fuggito dalla Nigeria perchécondannato a morte, sarà a Mantova domani, con ItalaVivan (Chiostro del Museo Diocesano, h. 14,15).

pp Natsuo Kirinop L'ISOLA DEI NAUFRAGHIp trad. di Gianluca Cocip Giano, pp. 384, € 17p La scrittrice giapponese (1951) sa-

rà a Mantova domenica 12, h.11,30

pp Pedro Salinasp FAVOLA E SEGNOp a cura di Valerio Nardonip Passigli, pp. 144, € 14,50p Omaggio a Salinas, domani

a Mantova, h. 15,30

Natsuo Kirino La scrittrice affrontai lati oscuri del Giappone maschilista

Salinas Il grande lirico madrileno,un maestro tra favole, sogni e segni

Qui sopra una foto di MichelLe Bris (copy Pelletier-Corbis).

A sin. e sotto Osa e MartinJohnsondurante il loro viaggio in Africa

Charles Aznavour

Le Bris Un’ avventurosa coppiadi americani nei ruggenti Anni Venti

Studioso di Stevenson,cofondatore del giornale«Liberation», rievocaOsa e Martin Johnsontra New York e l’Africa

La locandina di «Borneo»uno tra i diversi film

e documentari natidal viaggio in Africa

di Osa e Martin Johnson

Marina Alessi

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA III

Pedro Salinas (1891-1951) in un ritratto di Marisol Cales

Morire di velenonella banca di Tokyo

Page 3: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.15

GLAUCOFELICI

Con Favola e segno so-no ormai quattro i volumi di Pe-dro Salinas che appaiono per lacura di Valerio Nardoni pressol'editore Passigli (dopo Sicuro az-zardo, Ragioni d'amore e Presa-gi). Quattro volumi che sembra-no preludere a un'integrale -possiamo augurarcelo di tuttocuore - del grande lirico madrile-no (1891-1951), che si è inveroconquistato un posto particola-re tra chi coltiva la «poesiad'amore». Questa definizione èsin troppo vasta, e impropria, èuna scorciatoia per imporre eti-chette ai poeti che etichette nonaccettano. Ma il mondo va così,e Lorca - ad esempio - sembranoto più che altro come espertodi corride per aver scritto il La-mento in morte dell'amico toreroIgnacio Sánchez Mejías (che, perinciso, non era un matador tru-culento, ma un intellettuale fa-scinoso e inquieto con la passio-ne della letteratura, scrittore asua volta). Anche per Lorca, tut-tavia, si è fatto ricorso all'eti-chetta «poesia d'amore» (amoroscuro o no che fosse…), con pre-vedibili semplificazioni e sminui-menti a danno del suo genio poe-tico. Per Salinas, è accaduto al-trettanto.

Austero studioso di lettera-tura, professore ineccepibile ingiro per il mondo, intellettuale atutto campo (critico, narratore,drammaturgo, traduttore dellaRecherche, soprattutto poeta),appartenne a quella Generazio-ne del '27 che - in epoca di nazi-smi, fascismi e franchismi più omeno incipienti - diede al mon-do un incomparabile florilegiodi autori, i «nipoti di Góngora»(Salinas appunto, Jorge Guil-lén, Dámaso Alonso, Lorca, Al-berti) e molti altri (Bergamín,

Aleixandre, Larrea, Altolaguir-re, Cernuda, Prados…). «La piùbella poesia d'Europa», la definìLorca.

Favola e segno apparve nel1931, terza prova di Salinas, econclusione di un ideale primoperiodo tra quelli in cui si usasuddividere la sua attività lirica:una fase di ricerca, preludio allacompleta dischiusura delle ric-chezze poetiche che culminanonella «grande trilogia amoro-sa», tra il 1932 e il 1939, compo-sta da La voz a ti debida, Razónde amor e Largo lamento. (Poi, al-tri versi nel terzo periodo - quel-lo dell'esilio - e una diversa im-magine formale, che trova la vo-ce più compiuta in El contempla-do, lungo poema in cui Salinasdialoga con il mare di San Juande Puerto Rico, città dove vennesepolto nel 1951 dietro sua com-mossa richiesta).

Nella raccolta si confronta-no due entità, «favola» e «se-gno», contrastanti e comple-mentari: in Escorial II, ad esem-pio, si legge «Non sognare, ma

contare», dove appare l'equivalen-za tra favola e sogno, tra segno edenumerazione.Sempre con l'amo-re che domina: «Io è te che amo, ete | e te. | Tre di voi amavo io». Al-trove, sintomi di modernità inva-dente (quasi accenni a temi del fu-turismo), come in Underwood Gir-ls dove le teclas (i tasti della mac-china da scrivere) «sono assopite,tranquille, | loro trenta, tonde,bianche. | Tutte unite | a sostene-

re il mondo» e si trasfigurano inragazze, anzi «eterne ninfe | con-tro il grande mondovuoto».

Nell'ininterrotta declinazionedel suo personalissimo concettodi amore (non facile, non conven-zionale), la realtà pose sul cammi-no di Salinas un impetuoso inci-dente: l'incontro, nella primavera

del 1932 a Madrid, con KatherinePrue Reding, leggiadra studiosadel Kansas, all'epoca trentacin-quenne. Un innamoramento tra-volgente, una storia d'amore du-rata due estati e un corso accade-mico, «un incontro emotivo, alle-gro, devastante e triste per en-trambi» (scriverà la stessa Kathe-rine), alla quale la donna pose finea causa del tentato suicidio diMargarita Bonmatí, moglie di Sa-linas. Di quell'amore, che innescòil meccanismo compositivo di al-meno un capolavoro come La voza ti debida, si seppe ufficialmentetardi, dopo la morte di Salinas, egrazie alla regia dell'inseparabileamico Jorge Guillén. Oggi, il letto-re può immergersi in quel mondoappassionato anche consultandole lettere che Salinas inviò a Ka-therine (circa metà delle 354 scrit-te dal poeta è pubblicata in Cartasa Katherine Whitmore, Tusquets2002: un libro imprescindibile nelsuo genere).

Non è semplice comprendereperché un poeta di complessa ispi-razione e di rarefatta scrittura co-me Salinas abbia poi trovato unaschiera di appassionati «consu-matori» dei suoi versi. Si rimanesbalorditi, ad esempio, nello sco-prire che un'icona pop dei nostrigiorni - Pietro Taricone - avessetatuato sul polpaccio sinistro i ver-si della poesia 39 (Salinas può per-mettersi anche questo, niente tito-li e invece numeri, «segni») di Lavoz a ti debida, che recita: «E io stoabbracciato a te | senza fare do-mande, per paura | che non sia ve-rità | che tu vivi e mi ami. | E stoabbracciato a te | senza guardartio toccarti. | Perché non debba sco-prire | con domande o carezze |l'immensa solitudine | d'essere ilsolo ad amarti».

La bella psichiatratra sogni e delitti

ANGELOZ. GATTI

Natsuo Kirino è lascrittrice giapponese notaper i racconti e i romanziestremi dai temi duri e scabro-si, che è riduttivo definire gial-li. Gli intrecci del genere sonopretesti per raccontare altro,in particolare la questionefemminile. Le protagoniste so-no liceali, trentenni in carrie-ra, casalinghe frustrate, che siraccontano svelando le violen-ze fisiche e morali dei compa-gni e dei mariti, le angheriedelle figlie insopportabili e del-le suocere intrattabili, e, nel la-voro, le molestie sessuali deicolleghi e dei superiori. Le rea-zioni sono brutali e anche orri-pilanti. Le loro storie mettonoin luce i lati oscuri della fami-glia e della società in un paesemaschilista come il Giappone.

In Italia, negli anni scorsi,erano usciti quattro romanzi

pubblicati dalla Neri Pozza.La Giano presenta ora L’isoladei naufraghi, un romanzo del2008 tradotto da Gianluca Co-ci, che non mancherà di sor-prendere.

Il libro è una sfida che ricor-da Il Signore delle Mosche delPremio Nobel William Gol-ding. Si apre su un’isola ignotalungo le rotte che, dal Giappo-ne, vanno a Sud. L'isola, dallaflora rigogliosa e dalla faunaabbondante (un paradiso), cin-que anni prima era disabitata.Oraci vivono trentaquattro uo-minie una donna, giunti in tem-pi diversi e ridotti allo stato dinatura da primordi. I primi,Takashi e Kiyoko, marito e mo-glie, in crociera intorno al mon-do, erano dovuti approdare in

seguito a un naufragio. Poi era-no arrivati ventitré giovani giap-ponesi rifugiatisi lì dopo un tifo-ne e, ultimi, undici cinesi eranostati costretti, con le armi, asbarcare da un enorme motosca-fonero. Criminali? Clandestini?

Fin dalle prime pagine c'è in-quietudine. Takashi è morto ca-dendo (?) da un dirupo della sco-

gliera. Su una spiaggia apparta-ta sono stati trovati dei bidonimetallici abbandonati. Scorieradioattive? Rifiuti tossici? La-sciati da chi? Ci sono altre mor-ti misteriose.

Kiyoko, unica donna, qua-rantasei anni, prosperosa e ab-bondante ma non sfiorita, susci-ta le smanie e gli appetiti di gio-vani e meno giovani. Si conce-de, ma non a tutti, perché alcunisono gay, altri si sono talmenteabbrutiti da risultare repellenti.Una ferina sensualità pervadela narrazione: sesso sfrenato, at-ti violenti di sodomia, rapportisadomaso. D'altro lato un mini-mo di organizzazione sociale ènecessario e gli uomini si scate-nano in un'accanita competizio-ne per imporsi come leader.

Emergono le pulsioni più ata-viche (un inferno). Dominano so-praffazione, menzogna, opportu-nismo, ma anche comicità, gio-co, umorismo. Quando Kiyoko ri-mane incinta, assurge al ruolo diGrande Madre che vive in sim-biosi con l'isola (altra protagoni-sta). L'Ape Regina circondatadai fuchi che le assicurano pre-mure e riguardi interessati. In-fatti la gravidanza assicura lacontinuità della specie e l'amplia-mentodella comunità. Il futuro.

Il romanzo compie un ulterio-re balzo in quota. A voi il piaceredegli sviluppi fino all'inaspettatae originale chiusura. Per l'autri-ce una sfida vinta. Per chi leggeun romanzo che affascina e che,soprattutto, fa riflettere.

PIEROSORIA

La Psichiatra di WulfDorn è uno di quegli affasci-nanti polpettoni giallo-psico-logici con venature oniricheche tanto piacciono alle don-ne, popolazione sana che inassoluto frequenta di più le li-brerie e in grado di decreta-re o meno il successo di un ro-manzo. Dunque si prevedeun boom di vendite. D’altraparte è quello che è capitato,tanto per fare un esempio,con la vagamente macabraPatricia Cornwell finchè la

sua Kay Scarpetta s’è dedica-ta esclusivamente alla disse-zione di ossa e cadaveri. Poi...Ma torniamo a Dorn, logopedi-sta di Ulm (Germania) che, pri-ma di mettere a frutto lettera-rio le sue esperienze di lavoro,per anni s’è dedicato alla riabi-litazione del linguaggio in pa-zienti particolarmente distur-bati e perciò profondo conosci-tore di sindromi e stati emoti-vi devianti.

La storia ha, ovviamente,inizio in una clinica, la Waldkli-nik nei pressi di Stoccarda,specializzata in psichiatria,

psicoterapia e psicosomatica.Protagonista è la ventinoven-ne dottoressa Ellen Roth, cari-na ma sottilmente depressa acausa di una inattesa ed im-provvisa vacanza in Australiadi Chris, il suo primario-aman-te, che nel contempo le ha affi-dato un delicatissimo «sospe-so» che non poteva attendereil suo ritorno: il caso della ca-mera numero 7 dove l’odoredella paura domina l’eternaoscurità di tende perennemen-te sigillate e dove la figura rat-trapita di una donna accovac-ciata in un angolo contro il ter-

mosifone tenta inutilmente,posseduta com’è dal più insop-portabile terrore, di mantener-si celata a qualsiasi presenza.

La difficoltà di costruire ilminimo punto di contatto contanta disperazione, il peso del-la responsabilità affidatale eun’incombente aura di inade-guatezza che incomincia a per-vaderla, rendono Ellen sem-pre più nervosa e irascibile: diqui i primi passi falsi con alcu-ni colleghi e con alcuni pazien-ti. E la strana comparsa di so-gni e di visioni popolate da po-chi volti (l’Uomo Nero, soprat-

tutto) e parole («Devi difender-mi da lui») che a fatica è riusci-ta ad estrarre dalla mente allu-cinata di quel povero esseredevastato non solo nello spiri-to ma anche nel corpo viste leecchimosi, i tagli e i gonfioriche la deturpano ovunque.

Inizia da qui un viaggio allu-cinante: Ellen stessa, alla ri-cerca di quel marito che po-trebbe essere il colpevole ditanta perversione, viene inse-guita, aggredita, messa in con-dizione di subire senza possibi-lità che alcuno possa crederle.Una mosca impigliata nei filidi un ragno tanto malignoquanto lucido, che non si peri-ta di uccidere e di far ricaderela colpa su di lei. L’atmosferasi fa sempre più opprimente,le sabbie mobili in cui sprofon-dare nascoste ovunque, il pas-sato a far capolino con incer-tezze inquietanti.

Poi, il colpo di scena finale.Del tutto imprevedibile. Oprevedibilissimo a secondadei gusti.

RUGGEROBIANCHI

Soltanto nella pura ma-terialità dell'intreccio Tokyo è laprotagonista di Tokyo città occu-pata, seconda parte (dopo Tokyoanno zero) di una trilogia dedica-ta alla capitale nipponica da Da-vid Peace, estroso e caleidoscopi-co scrittore britannico poco piùche quarantenne. Il romanzo, vo-lendo, è leggibile come un vorti-coso e frastornante thriller ag-grumato attorno a un misteriosoepisodio di cronaca nera, il mici-diale ma apparentementegratui-to avvelenamento di una dozzinadi impiegati della Banca Teiko-ku, una delle più importanti delGiappone, nel gennaio del 1948,ai tempi dell'occupazione ameri-cana; ma nella struttura e nellascrittura, nelle prospettive e neisignificati, travalica impetuosa-mente tutte le coordinate spazio-temporali, il luogo e il tempo diun inquietante caso criminale egiudiziario ancor oggi sostanzial-mente irrisolto.

Il vero epicentro narrativo è

infatti l'idea e l'immagine, reale emetaforica, della Città in sé, dellaMetropoli come ipertesto infinito:una «città maledetta di rapina e distupro, di omicidi e di pestilenze,di malattia e di fame», una «città/bara» che è «città occupata e cittàmorta», «città perplessa e città po-stuma», «città sepolta e città futu-ra», «città occulta e città cult», se-dimentata e agglutinata, indefinibi-le, inenarrabile e irraccontabile.Una città che scrive il suo futuronel passato, una città/taccuino euna città/libro di cui ognuno, a co-minciaredal narratore,può essereed è di fatto l'autore. Una città dun-

que che esistee non esiste, giacchédi essa resta solo quanto su di essaviene scritto: tracce di volta in vol-ta soppresse, ceneri di significatochesono ceneri di luoghi e di tempima anche ceneri di parole che vor-rebberodire del passato e in realtàvagolano nel futuro, se è vero chele parole sono «sommedi assenze»che descrivono il fuori e il sopra equindi il dopo, mai il dentro e il sot-to e quindi il prima.

In ultima analisi, la città è una«seduta spiritica» cui lo scrittorepresenzia come medium, nel ruolodi puro e neutro «trasmettitore»di verità indimostrabili e quindivirtualmente false. Più che un ro-manzo, Tokyo città occupata è in-somma,anche formalmentee addi-rittura graficamente,un vertigino-so poema visionario ermetico e af-fascinante, fisiologicamente co-stretto a cancellarsie riscriversi dimomento in momento. Proprio co-me Tokyo e come ogni Metropoli:«città irreali» simili a quelle evoca-te da T. S. Eliot nella Terra desola-ta, ma precipitatenel baratro dellapostmodernità.

L’ESORDIO DI VICTOR LODATO

Mathilda, cuore di sorella= Sceneggiatore, poeta e, ora, romanziere. VictorLodato esordisce nella narrativa con Mathilda(Bompiani, pp. 288, € 17,50, traduzione di SergioClaudio Perroni). La sorella di Mathilda, Helene, è stataspinta sotto il treno da uno sconosciuto. Chi? L’indagineè appassionata, ostinata, meticolosissima, cercandotracce un po’ ovunque nel mondo di Helene. Obiettivonumero uno, probabile chiave del mistero, la suapassword. Victor Lodato sarà a Pordenoneleggedomenica 19, Palazzo della Camera di Commercio, h.19,30, presenta Alessandro Mezzena Lona.

LA NEW YORK DI EDMUND WHITE

Ragazzo di città= La New York degli Anni Sessanta e Settanta, sul filosoprattutto della memoria. Edmund White ritrae quellaGrande Mela in Ragazzo di città (Playground, pp. 301,€ 18, traduzione di Alessandro Bocchi). Lo presenteràdomani a Mantova, con Luca Scarlini, Teatro Ariston, h.15. Biografo di Proust, Genet, Rimbaud, Edmund Whiterievoca una città «così pericolosa ed economica dapoter accogliere gli artisti senza un soldo». E così colta,dove incontrare Susan Sontag e William Burroughs,Elizabeth Bishop e Robert Mapplethorpe. Lo scrittore diCincinnati non dimentica nulla, di ritratto in ritratto.

UNAFOTOGRAFAPER MANTOVA

Facce da leggere= In posadi fronte a una PolarodiGiant Camera. MarinaAlessi è stata nell’arco di sei anni (2004 - 2009) l’occhio delFestivaletteraturadi Mantova,modellandouna galleriad’autoriper Vanity Fair: 282 ritratti di scrittori, ovvero Facceda leggere (Rizzoli, pp. 277, € 50, pref. di Sandro Veronesi,intr. di Roberto Mutti).Da Ken Follett e Grishama DorisLessinge Azar Nafisi, da Yehoshuae e Grossmana Soyinkae Ben Jelloun, da Erri De Luca e Maggiani a Mazzantini eParrella,da Arbasino e Magris a Giordano e Moccia. Un girodel mondo tra parole e immagini,nelle immagini scrutandole parole. L’autrice presenta il libro a Mantova,oggi, h.16.

DAVIDESAPIENZA

Lo scrittore bre-tone Michel Le Bris (ospitedi Pordenonelegge), il vaga-bondo culturale, il co-fonda-tore di Libération, ci conse-gna un'opera avventurosae monumentale. La bellezzadel mondo è il romanzo cheriporta al centro della pagi-na il gusto di raccontare, elo fa utilizzando la biogra-fia di una celebre coppia diavventurieri americani -Osa e Martin Johnson - lacui gloriosa ora scoccò inquel di New York al sorge-re dei leggendari Anni Ven-ti, l'età del jazz di FrancisScott e Zelda Fitzgerald.

Le Bris si incammina apasso sicuro in un viaggiointricato e intrigante, popo-lando di personaggi reali larappresentazione dellaquintessenza di un'Ameri-ca che cambiava - come ènel suo Dna - velocementee lo faceva raccontandosiattraverso personaggi asce-si a leggenda bruciando il

carburante grezzo del so-gno americano: la tenacia.Il primo quarto d'ora di glo-ria di Martin Johnson arri-vò quando a 23 anni si eraimbarcato sullo Snark diJack London, era l'aprile1907 (si legga La crocieradello Snark) e non è un casoche Jack London - quintes-senza dello scrittore largerthan life forgiato da una te-nacia ciclopica - appaiaspesso a mo’ di pietra ango-lare. Le Bris (che non di-mentichiamo come grandestudioso del maestro di tut-ti loro, Robert Louis Ste-venson) lo utilizza comespecchio riflettente e moto-re propulsore dell'ambizio-ne di Johnson.

L'abbrivio del romanzo èl'incidente che origina il pun-to di vista della voce narran-te, e si chiama Winnie. Win-nie è di Chanute, Kansas, cit-tadina della profonda Ameri-ca rurale da dove la futuramoglie di Johnson, Osa, era

fuggita diciassettenne per se-guire Martin sulle tracce delloro sogno americano. Sia-mo già nel 1939 quando la ve-dova Johnson chiede a Win-nie di scrivere la sua biogra-fia. Winnie osserva e ascolta,l'empatia e la doppiezza inte-

riore la fanno aderire sem-pre più ad Osa, sospesa traradici rurali e glamour delleavventure nel mondo. Chis-sà, forse Winnie è proprioOsa, ci chiediamo una voltariposto il libro di Le Bris.

La premessa di Winnie in-

serisce nell'impianto narrati-vo tutti gli elementi che an-drà a sviluppare, edificandola storia della coppia utiliz-zando un intreccio solido einattaccabile alla storia delmondo. Perché quandol'America cambiava, il mon-

do faceva lo stesso. Al sorge-re dei ruggenti Anni Venti, iJohnson divennero celebriper aver sfidato l'Africa sel-vaggia ed esserne tornaticon una pellicola che divennela fonte dei loro documentarie l'occasione per tornare nelContinente Nero: il primoviaggio era durato tre anni efu quello che li introdusse ne-gli ambienti che contavano.Poi, fu gloria. Osa ispirò l’ero-ina del film King Kong.

Le Bris sa viaggiare neltempo per farsi testimone afianco di Winnie, soprattut-to nelle straordinarie paginededicate alla New York Citydel proibizionismo, capaci difarci vivere con gli occhi diOsa e Martin Johnson che situffano nella Grande Mela,una specie di Pequod o di Ar-ca di Noè dell'Umanità - di-pende da dove la si vuole ve-dere. A loro spetta il compi-to di reinventarsi dopo gliesordi in provincia, per tra-sformare il materiale grezzodella propria vicenda umana(il matrimonio che cambia) e

professionale (i film, il gla-mour, e poi la fama).

A volte La bellezza delmondo lascia l'impressionedi essere anche troppo riccodi vicende, e accade dove lostudioso Le Bris indulge co-me travolto dall'immensamole di un sapere ampio. Maè pur vero che La bellezza delmondo riveste un'importan-za tutta sua in questo parti-colare momento storico del-la letteratura europea - o sidovrebbe dire di un'editoriaincapace di avere fede nell'Avventura come tema inclu-sivo e alto. Le Bris ci forni-sce un assist importante, echissà che di questo non sene accorga anche il grandepubblico.

Wulf Dorn Esordio del “mentalist”tedesco: giallo onirico a tinte fosche

David Peace Un vertiginoso poemavisionario, ermetico e affascinante

ERIC-EMMANUELSCHMITT

In memoria di un angelo= Filosofo, drammaturgo, scrittore. Eric-EmmanuelSchmitt, autore fedelissimo alle edizioni E/O, pubblica orai racconti Concerto in memoria di un angelo (pp. 174,€ 17, traduzione di Alberto Bracci Testasecca). Quattrostorie, protagonisti: un’anziana signora, l’avvelenatrice;un padre marinaio (così lontano geograficamente epsicologicamente dalle figlie); due amici dai caratteriopposti; lui e lei, il Presidente e Madame Carla, ossia «unamore all’Eliseo». Eric-Emmanuel Schmitt sarà aPordenonelegge domenica 19, Palazzo MonterealeMantica, h. 17.30. Con Fabio Gambaro.

Uno fra i maggiori«nipoti di Góngora»diventato anche,come García Lorca,autore di consumo

La travolgente storiacon una americanaispirò i versi cheTaricone si fecetatuare sul polpaccio

L’ape reginanell’isoladei naufraghi

A tempo di jazzper scoprirela bellezzadel mondo

Una sola donnae trentaquattro uomini,un inferno di pulsioniataviche che ricorda«Il Signore delle Mosche»

Molto di piùdi un poeta checanta l’amore

pp Wulf Dornp La Psichiatrap traduzione Alessandra Petrellip Corbaccio, pp. 395, € 18.60p E’ l’esordio di un quarantenne te-

desco, che per anni ha lavorato co-me logopedista con pazienti psi-chiatrici: dopo il grande successoin Germania (100.000 copie), hagià consegnato il manoscritto diun secondo titolo: « Kalte Stille».

pp David Peacep TOKYO CITTÀ OCCUPATAp trad. di Marco Pensantep Il Saggiatore, pp. 320, € 18p Lo scrittore oggi a Mantova

AZNAVOUR

A voce bassa= Sessant’anni di carriera, settecento canzoni (da Tut’laisses aller a Que c’est triste Venise), una varietà difilm (esordì nel 1960 in Tirate sul pianista di FrançoisTruffaut). Charles Aznavour ripercorre oggi a Mantova(Palazzo Ducale, h. 14,30, con Valerio Pellizzari) la suaparabola artistica. La si può anche leggere in A vocebassa, l’autoritratto che Aznavour ha affidatoall’editore Angelo Colla (pp. 158, € 14,90, traduzione diSara Puggioni). Di origini armene, attualmenteambasciatore dell’Armenia in Svizzera, Aznavour fuscoperto da Edith Piaf nel dopoguerra.

Lui era stato con Londonsullo Snark, lei ispiròl’eroina di «King Kong»:dal loro viaggio nacqueun celebre documentario

pp Michel Le Brisp LA BELLEZZA DEL MONDOp trad. di Maurizio Ferrarap Fazi, pp. 700, € 19,50p Michel Le Bris è tra gli ospiti

degli incontri di «Pordenone-legge» (in programma dal 15 al19 settembre). Lo scrittore bre-tone (1944) presenterà il suoromanzo, vincitore nel 2008del premio Renaudot, sabato18, h, 16. Al Palaprovincia con-verserà con lui Fabio Gambaro.

IL NIGERIANO CHRIS ABANI

Canzone per la notte= Narratore e poeta nigeriano, Chris Abani pubblica ilterzo libro da Fanucci:dopo L’ambigua follia di Mr Blacke Abigail, ecco Canzone per la notte (pp. 157, € 16,traduzione dall’inglese di Sara Marinelli). E’ la storia diMy Luck, soldato quindicenne nell’Africa orientale,espertissimo sminatore. Un’esplosione lo stordisce. Alrisveglio si ritrova, solo, nella foresta. Uscirne (se mai viriuscirà) significa anche lasciarsi alle spalle la follia dellaguerra. Chris Abani, fuggito dalla Nigeria perchécondannato a morte, sarà a Mantova domani, con ItalaVivan (Chiostro del Museo Diocesano, h. 14,15).

pp Natsuo Kirinop L'ISOLA DEI NAUFRAGHIp trad. di Gianluca Cocip Giano, pp. 384, € 17p La scrittrice giapponese (1951) sa-

rà a Mantova domenica 12, h.11,30

pp Pedro Salinasp FAVOLA E SEGNOp a cura di Valerio Nardonip Passigli, pp. 144, € 14,50p Omaggio a Salinas, domani

a Mantova, h. 15,30

Natsuo Kirino La scrittrice affrontai lati oscuri del Giappone maschilista

Salinas Il grande lirico madrileno,un maestro tra favole, sogni e segni

Qui sopra una foto di MichelLe Bris (copy Pelletier-Corbis).

A sin. e sotto Osa e MartinJohnsondurante il loro viaggio in Africa

Charles Aznavour

Le Bris Un’ avventurosa coppiadi americani nei ruggenti Anni Venti

Studioso di Stevenson,cofondatore del giornale«Liberation», rievocaOsa e Martin Johnsontra New York e l’Africa

La locandina di «Borneo»uno tra i diversi film

e documentari natidal viaggio in Africa

di Osa e Martin Johnson

Marina Alessi

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA III

Pedro Salinas (1891-1951) in un ritratto di Marisol Cales

Morire di velenonella banca di Tokyo

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.15

Tra le diverse le edizionidei «Viceré», segnaliamo:da Einaudi (pp. XXVII-740,€ 15,50, con testi diLeonardo Sciascia e LuigiBaldacci) ; nella Bur-Rizzoli(pp. XXXV-654, € 10); perla Utet (pp. 805, € 12,90), acura di G. Giudice.Nella Bur anche il romanzo«L’Imperio» (pp. 322,€ 6,10). La novella «Lapaura» è disponibile nelcatalogo E/O (pp. 80, € 8).Donzelli ha poco proposto«Spasimo» (pp.180, € 22),romanzo di una indaginegiudiziaria. Federico DeRoberto nacque a Napolinel 1961 e morì a Catanianel 1927. Diresse la rivista«Il Don Chisciotte» ecollaborò con il «Fanfulladella domenica».

Guido Conti Tra la Bassa Parmigianae Tellaro, l’Argentina e Roma,una passione difesa fino all’ultimo bacio

LORENZOMONDO

Non si può dire che Le-tizia Muratori non sappia tro-vare ogni volta un innesco origi-nale per i suoi romanzi: le mo-struose bambole «viventi» (Lacasa madre), un pregiato alleva-mento di maiali (Il giorno dell’in-dipendenza) e ora i finti matri-moni cattolici che piacciono aigiapponesi. Molti di loro, anchesenza essere sposati, appaionosedotti dal rituale sontuoso ed«esotico» nelle chiese baroc-che di Roma, da una «benedi-zione» che tenga luogo del sa-cramento e della messa.

In Sole senza nessuno, Emi-lia, che è stata una apprezzatamodella, viene richiesta dal si-gnor Murita, conosciuto nelmondo della moda, perché or-ganizzi appunto, dagli abiti al-la coreografia, le stravagantinozze per una coppia di turi-sti. Non sa resistere all’invitoper un senso di amicizia, peruna inconfessata nostalgia, leiche ha conosciuto ai suoi beigiorni, tramite la sartoria ma-terna, dive famose come AvaGardner e Audrey Hepburn.

Eppure dovrebbe stare lon-tana da queste messinscene,perché si trova impegnata per-sonalmente in una frustrantecausa di divorzio. In effetti,tutto il romanzo ruota intornoal tema del matrimonio che,negato e ambito, infranto e re-cuperato, sollecita i vari perso-naggi, al di là della funzioneeseguita in chiesa per i giappo-nesi al netto d’una adeguataraccolta di fondi.

Gli sponsali non sono affa-re della figlia Sofia, dichiarata-mente lesbica. Ma interessa-no Paolo, il marito di Emilia,che si trova invischiato in unaserie di adescamenti e pro-messe, concluse da una clamo-rosa, cinematografica fuga da-vanti all’altare (non è la solareminiscenza offerta al librodal grande schermo).

Mentre Aiko, la determina-ta segretaria di Murita, giun-gerà al traguardo delle nozze,per quanto spurie a causa del-la fede diversa, con un conna-zionale. Ed Emilia si prodighe-rà per lei, nel consigliarla e ab-bigliarla, come se fosse una fi-glia ritrovata. Il suo rientro

nell’ambito dell’antica profes-sione giova a ricreare il climafebbrile e artefatto, elegante evaporoso di un certo mondo cheLetizia Muratori padroneggiacon femminile sensibilità.

Procedendo nella lettura, siscopre tuttavia che tanta agita-zione non riesce a sciogliere unnodo irrisolto, ad alleviare uncupo dolore che ha avvelenato irapporti tra Emilia e Paolo por-tando alla rottura del loro sta-gionato matrimonio. Sarà il co-raggio di una reciproca confes-sione, il ritrovamento di parolea lungo taciute a portare unaschiarita nella verità dei senti-menti. E’ dunque un dramma fa-miliare, a irrompere in quelloche sembrava di primo acchito,anche attraverso le numerose fi-gure di contorno, un romanzodi evasiva conversazione, di fri-

volo chiacchiericcio.Letizia Muratori racconta

con disinvoltura, attraverso lanaturalezza di un dialogo che saessere serrato ed esitante, losvolgersi degli avvenimenti,l’ambiguità dei moventi, colti-vando fino all’esito finale un filodi suspense. Registriamo, nelsuo discorrere, l’incisività dellosguardo, l’indugio pungente sucerti particolari: «La sua faccia,già a trent’anni, era piena di ru-ghe. Dignitosissima, per carità,un monumento di cuoio al-l’amor proprio». E ancora:«Aveva denti molto grandi,grandi occhi azzurri. Quel tipodi gigantismo nei dettagli chehanno le persone piccole di sta-tura». Oppure: «Li seguii conquel fare da uccello che becca lebriciole tipico dei sarti in certeoccasioni. Non c’era strascico,nemmeno un velo da sistemare,però è difficile staccarsi dalleproprie opere».

Ma resta impresso, a tuttotondo, il ritratto di Emilia, unadonna non arresa anche quan-do la sorte sembra inchiodarlaai suoi fallimenti esistenziali. E’il senso racchiuso in quel cripti-co titolo, che allude alla luce digiugno nella quale si incide ilsuo profilo finalmente disteso:«Eravamo io e il sole, senza nes-suno». Un romanzo svelto e gar-bato, soffuso e assolto, anchenei momenti più ironici e crude-li, da un velo di malinconia.

MASSIMOONOFRI

Chi volesse farsi un'idea veloce ma sicura, non di-co della grandezza di FedericoDe Roberto ancora incredibil-mente misconosciuta, ma del-la qualità implicitamente poli-tica - d'una politica non ingag-giata, «trascendentale» comesuggerirebbe Luigi Russo -della sua narrativa migliore,dovrebbe leggersi subito Lapaura, una delle novelle piùbelle del Novecento non soloitaliano, pubblicata nel 1921,che, sull'insensatezza da mat-tatoio della guerra, sulla suaumanità sconciata in trincea,e terrorizzata sotto il cieco fuo-co d'un nemico sconosciuto,scrive pagine di tensione asso-luta e di soffocata, energica,protesta.

Nel 1921, il galantuomo con-servatore e patriota De Rober-to è, nell'opera (quasi a conte-stazione, si direbbe, della suabiografia), istintivamente esarcasticamente pacifista, irri-ducibilmente disfattista, cosìcome, nel 1894, quando pubbli-ca per l'editore milanese GalliI Viceré, era stato antirisorgi-mentale e antiitaliano. Avreb-be voluto scrivere, come con-fessava nel 1891 a FerdinandoDi Giorgi, un romanzo sul «de-cadimento fisico e morale diuna stirpe esausta»: ha scrittoinvece, sugli italiani di ieri, dioggi, e purtroppo anche di do-mani, il libro decisivo e irri-nunciabile. Quegli italiani vo-raci e euforici - tanti, troppi -che hanno voluto fare unostemma araldico del motto ir-ridente e irresponsabile d'unrampollo della nobilissima erapace famiglia degli Uzeda,protagonista del romanzo, ri-tratta nel passaggio crucialedai Borboni ai Savoia, il qualedichiarava baldanzoso: «L'Ita-lia è fatta, ora facciamo gli af-fari nostri».

Molti decenni prima che laformula fosse storiografica-mente pronunciata, De Rober-to diagnosticava, come nes-sun altro mai, il familismoamorale e se ne serviva comela chiave privilegiata per acce-dere alla storia della nuova Ita-lia, la nazione in cui la fami-glia, quale cellula cancerosa,avrebbe portato in metastasil'intero corpo sociale. Un Pae-se in cui negli anni a venire,proprio le razze esauste e de-generate - per continuare ausare il lessico derobertiano -sarebbero state le protagoni-ste, con strana e mortifera vi-talità, della sua messa al sac-

co. Il Gattopardo, seppure note-vole romanzo, al suo confronto,con quei tardivi riscontri di tra-sformismo, fa quasi sorridere.

Basterebbe questo - la suaqualità implicitamente politicaappunto, la sua disperata lucidi-tà antropologica - a fare dei Vice-ré un capolavoro assoluto. Mac'è di più: molto di più. Il roman-zo - lo ripeto -, con la sua mole didocumenti a lungo compulsati,e per quel suo «ingegno prosai-co, curioso di psicologia e di so-ciologia, ma incapace di poeticiabbandoni», che tanto infastidi-va il Croce, vive incontestabil-mente un rapporto polemico colsuo tempo e con la società cheesso esprime.

Epperò: è difficile non co-gliere, in quella con un mondostoricamente determinato, unapiù articolata e risoluta polemi-ca antimondana, il rifiuto delmondo in quanto tale, perennevalle di lacrime. In tale prospet-tiva, il sontuoso e inquietantefunerale che apre il romanzo,quello della vecchia e autorita-ria principessa Teresa, madredi Giacomo e nonna di Consal-vo, unica proprietaria del patri-monio degli Uzeda, può valeredavvero come il correlativo og-gettivo d'un destino incomben-te e atroce.

Pensateci bene: tutti i figli ecognati di Teresa, che poi s'avvi-cenderanno sul campo dellanarrazione - e sottolineo tutti -

sembrano perfidamente strut-turati per l'infelicità. La mag-gior parte dei personaggi - se-condo leggi genetiche che sem-brano volute da un Dio perfido evendicativo - conoscerà un futu-ro irreversibile di devastazionepsichica e biologica: quand'an-che la famiglia storicamente vin-ce e trionfa, i singoli perdonotutti la partita con la vita, e irri-mediabilmente.

De Roberto, ovviamente, haalle spalle Verga: la barca cari-ca di lupini che affonda all'ini-zio dei Malavoglia, provocandola rovina della famiglia, si chia-ma significativamente «Provvi-denza». Questo per dire che laliquidazione del (presunto)

provvidenzialismo manzonianoresta di sicuro per De Robertoall'ordine del giorno, ma ancheche il romanzo storico gli diven-ta, per impiegare la suggestivadefinizione di Vittorio Spinaz-zola, «antistorico»: di modo chela Storia, celebrata da Manzo-ni, possa finire, appunto, sottoprocesso e condannata senzascampo.

Non è per niente un caso se,nel 1898, De Roberto pubblicaun importante saggio su Leo-pardi. Come dire: dalla polemi-ca politica e sociale alla condan-na metafisica. Credo lo si possaaffermare: nei Viceré, la vita è,leopardianamente, tutto ciò cheabbiamo, ma anche tutto quelloche dobbiamo patire. Né c'è bi-sogno di spalancarli, I Viceré, suL'Imperio (pubblicato incompiu-to e postumo nel 1929), per sen-tirvi pulsare un cuore di scon-fortato nichilismo. Torna anco-ra utile il confronto col Gattopar-do di Tomasi di Lampedusa: seè vero che, a paragone dell'eufo-rica e concitata resa al nulla de-gli Uzeda, l'elegante disincantodel principe di Salina risulta, al-la fine, davvero consolatorio.

BRUNOQUARANTA

Gli under 40 e i loro cri-tici ne celebrano l’assenza, nonlesinando falò nell’estate che vasfumando. Il personaggio inve-ce non sciopera nell’over 40Guido Conti (tenendo talvoltain scacco l’autore), trasmigratodalla scuderia Brioschi allaMondadori. Portando in dotedue - lui sangue parmigiano -califfe sui generis, due fierezzefemminili, il loro diverso (e bor-ghese) amore, così difficile nel-la Bassa del secondo dopoguer-ra, tra rovine materiali e spiri-tuali.

Il guareschiano Guido Conti- sempre vividi l’esordio Un coc-codrillo sull’altare e Il tramontosulla pianura, là dove l’anarchi-co Oltretorrente straccia le ca-mice nere di Balbo - attinge inuna lirica dannunziana il titolodel suo felicemente demodé ro-manzo, la letteratura come me-dium: Le mille bocche della no-stra sete - forse memore del-l’omaggio che il Vate rese aVerdi.

D’Annunzio rischiara la vi-cenda, la sua architettura, lapulsione da cui sgorga. Quan-do, in margine a un’epistola diGuittone d’Arezzo («Credeteche mi trovava in uno stranotrasognamento»), chiosa: «So-gnare è una cosa, trasognare èun’altra. La realtà mi si scoprea un tratto e mi si approssimacon una violenza imperiosa. (...)A un tratto ella si dissolve, si dif-forma, si trasforma, assumel’aspetto del mio più segretofantasma».

La violenza (la violenza del-l’arsura, anime che ardono, ani-

me che anelano alla fonte) per-mea il viaggio sentimentale del-lo scrittore-narratore GuidoConti, il narratore a cassetta,generoso con le redini, lo scrit-tore nella diligenza, prodigo diaccortezze che, se non frenanola storia (la velocità ne è la stim-mata, il piacere vorticoso dellalettura), la orientano.

Per Marzia e Emma i di-ciott’anni sono l’età in cui sco-prire (come sapeva GertrudeStein, il caso vuole venga nuo-vamente in soccorso nell’arcodi breve tempo) che fra «le don-ne è diverso. Non fanno nientedi disgustoso né di ripugnantee dopo sono felici e possono con-durre insieme una vita felice».

Non sarà felice la vita diMarzia e Emma. O forse sì, senel loro breve, vorace, e così ca-

sto amplesso, è possibile scorge-re il respiro di una promessa indi-struttibile, quotidianamente rin-novata, nonostante la lontanan-za, nonostante un forzato, nonvoluto silenzio, sino al sorrisoche si modella «stringendo labocca come un bacio», un re-make di Lost in translation, del-l’estrema scena.

Marzia che in casa di Emma(eco - la scuola parmigiana - diuna fanciulla di Mario ColombiGuidotti, «prepotente e assiemeimplorante») è sospinta dai lo-schi appetiti paterni. Un’occasio-ne mercantile che si volterà inuna passione ora ruvida ora tre-pida. Conoscendo l’apice, la tra-sfigurazione, la sicura rivelazio-ne, e confessione (come non ri-cordare Soldati?) nelle giornatedi Tellaro, il calore della pelle ab-

bronzata, il profumo della nudi-tà...Una felicità su cui incombeun morselliano dramma borghe-se, se è vero che non si può nonsentire come propria figlia la fi-glia di un amico.

Tra tuffi, e vaste letture (co-me La Certosa di Parma, quel bar-caiolo Ludovico a cui dovrebberoprestare ascolto non poche odier-ne firme: «Ormai sanno parlaredi tutto con molta eleganza, ma ilcuore non ha niente da dire») eimprovvise rigidità e ribellioniverso la ferita, il grido lacerantedella separazione, il sacrificioche si compie sull’altare della fe-rocia suprema che è la ferocia fa-miliare. Marzia «comprata», vio-lata e tradotta dal «creso» Pierrenei latifondi argentini. Emmache brillerà (e si stordirà) comemecenate dell’arte a Roma. Gior-

no dopo giorno mai dimentican-do, mai dimenticandosi, monta-lianamente sapendo che l’attesaè lunga, ma non vana.

Con Le mille bocche della no-stra sete Guido Conti ulteriormen-te si conferma «voce della pianu-ra», la «pianura proibita» cara aGarboli, la conquista che è: «queiterritori della scrittura dove lostile pianeggiante della semplici-tà nasce dopo un lungo sforzo, etestimonia di laboriose e difficiliprove».

Il mare cullail diverso amoredi due califfe

«Sole senza nessuno»:una storia sveltae garbata, dialoghiserrati e esitanti,con un filo di suspense

«L’Italia è fatta,ora facciamo gli affarinostri»: il mottocontagioso della rapacefamiglia degli Uzeda

Noi tutti, Vicerédel nichilismo

Queste nozzecosì ambitee così logore

PIEVE, CITTÀ DEI DIARI

Con Dondero= Il fotografo MarioDondero riceverà domani ilpremio «Città del diario2010». Glielo consegnerà, aPieve, Saverio Tutino, l’arteficee il custode dell’Archivio deidiari, una cassaforte dellamemoria italiana. Laventiseiesima edizione delPremio Pieve è dedicataquest’anno ai nuovi linguaggidella memoria (da «La bancadella memoria» di Torino alneonato progetto di SlowFood «I granai dellamemoria»). I diari vincitoridiventano libri, accolti nellacollana «Storie italiane» dellacasa editrice Il Mulino. Ultimotitolo ad essere pubblicato,l’opera di Sabrina Perla DieKatastrophe (Terre di mezzo)che si è aggiudicata la scorsaedizione. Sarà anchepresentata la rivistacompletamente rinnovata«Primapersona». A SabinaRossa è infine andato ilriconoscimento «Benvenuta inToscana 2010».Per ulteriori informazioniwww.archiviodiari.it

A RAVENNA

Dante 09= Si conclude oggi, aRavenna, dove il poeta èsepolto, il festival «Dante 09»,giunto alla quinta edizione (acura di Davide Rondoni). Alle18, Antichi ChiostriFrancescani, lezione di PieroBoitani su «L’altro Maestro.Incontro con il mistero diWilliam Shakespeare». Negliscorsi giorni sono intervenuti,fra gli altri, Enzo Bettiza, LucaDoninelli, Monica Guerritore.www.dante09.it

PREMI: ALASSIO, PEN, COCITO

Murgia bis= En plein di MichelaMurgia. Dopo il Campielloriceve oggi il premio Alassio unautore per l’Europa con ilromanzo Accabadora(Einaudi). A Emilia Lodigiani,direttore editoriale diIperborea, il premio Alassio«un editore per l’Europa».A Manlio Cancogni, 94 enne,già direttore de La FieraLetteraria, è andato il premioP.E.N. Club per il libro Lasorpresa, edito da Elliot.Federigo De Benedetti, con iracconti Il nome del padre(Instar LIbri) si è aggiudicato ilpremio Montà d’Alba - CarloCocito.

pp Guido Contip LE MILLE BOCCHE

DELLA NOSTRA SETEp Mondadori, pp. 264, € 19

pp Letizia Muratorip SOLE SENZA NESSUNOp Adelphi, pp. 136, € 16

Muratori Un dramma familiarein una Roma per turisti giapponesi

Dai «Viceré» ha tratto un film Roberto Faenza (qui, particolare di una scena)

De Roberto Il capolavoro in cui si diagnosticail familismo amorale che ha squassato il Bel Paese

«Le mille bocchedella nostra sete»narrate da una voceche sarebbepiaciuta a Garboli

Bloc notes

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA V

Un’opera della pittrice polacca Tamara di Lempicka

LetiziaMuratori

è nata a RomaLe sue

precedentiprove sono

«La casamadre»

e «Il giornodell’

indipendenza»

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

Page 5: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.15

Tra le diverse le edizionidei «Viceré», segnaliamo:da Einaudi (pp. XXVII-740,€ 15,50, con testi diLeonardo Sciascia e LuigiBaldacci) ; nella Bur-Rizzoli(pp. XXXV-654, € 10); perla Utet (pp. 805, € 12,90), acura di G. Giudice.Nella Bur anche il romanzo«L’Imperio» (pp. 322,€ 6,10). La novella «Lapaura» è disponibile nelcatalogo E/O (pp. 80, € 8).Donzelli ha poco proposto«Spasimo» (pp.180, € 22),romanzo di una indaginegiudiziaria. Federico DeRoberto nacque a Napolinel 1961 e morì a Catanianel 1927. Diresse la rivista«Il Don Chisciotte» ecollaborò con il «Fanfulladella domenica».

Guido Conti Tra la Bassa Parmigianae Tellaro, l’Argentina e Roma,una passione difesa fino all’ultimo bacio

LORENZOMONDO

Non si può dire che Le-tizia Muratori non sappia tro-vare ogni volta un innesco origi-nale per i suoi romanzi: le mo-struose bambole «viventi» (Lacasa madre), un pregiato alleva-mento di maiali (Il giorno dell’in-dipendenza) e ora i finti matri-moni cattolici che piacciono aigiapponesi. Molti di loro, anchesenza essere sposati, appaionosedotti dal rituale sontuoso ed«esotico» nelle chiese baroc-che di Roma, da una «benedi-zione» che tenga luogo del sa-cramento e della messa.

In Sole senza nessuno, Emi-lia, che è stata una apprezzatamodella, viene richiesta dal si-gnor Murita, conosciuto nelmondo della moda, perché or-ganizzi appunto, dagli abiti al-la coreografia, le stravagantinozze per una coppia di turi-sti. Non sa resistere all’invitoper un senso di amicizia, peruna inconfessata nostalgia, leiche ha conosciuto ai suoi beigiorni, tramite la sartoria ma-terna, dive famose come AvaGardner e Audrey Hepburn.

Eppure dovrebbe stare lon-tana da queste messinscene,perché si trova impegnata per-sonalmente in una frustrantecausa di divorzio. In effetti,tutto il romanzo ruota intornoal tema del matrimonio che,negato e ambito, infranto e re-cuperato, sollecita i vari perso-naggi, al di là della funzioneeseguita in chiesa per i giappo-nesi al netto d’una adeguataraccolta di fondi.

Gli sponsali non sono affa-re della figlia Sofia, dichiarata-mente lesbica. Ma interessa-no Paolo, il marito di Emilia,che si trova invischiato in unaserie di adescamenti e pro-messe, concluse da una clamo-rosa, cinematografica fuga da-vanti all’altare (non è la solareminiscenza offerta al librodal grande schermo).

Mentre Aiko, la determina-ta segretaria di Murita, giun-gerà al traguardo delle nozze,per quanto spurie a causa del-la fede diversa, con un conna-zionale. Ed Emilia si prodighe-rà per lei, nel consigliarla e ab-bigliarla, come se fosse una fi-glia ritrovata. Il suo rientro

nell’ambito dell’antica profes-sione giova a ricreare il climafebbrile e artefatto, elegante evaporoso di un certo mondo cheLetizia Muratori padroneggiacon femminile sensibilità.

Procedendo nella lettura, siscopre tuttavia che tanta agita-zione non riesce a sciogliere unnodo irrisolto, ad alleviare uncupo dolore che ha avvelenato irapporti tra Emilia e Paolo por-tando alla rottura del loro sta-gionato matrimonio. Sarà il co-raggio di una reciproca confes-sione, il ritrovamento di parolea lungo taciute a portare unaschiarita nella verità dei senti-menti. E’ dunque un dramma fa-miliare, a irrompere in quelloche sembrava di primo acchito,anche attraverso le numerose fi-gure di contorno, un romanzodi evasiva conversazione, di fri-

volo chiacchiericcio.Letizia Muratori racconta

con disinvoltura, attraverso lanaturalezza di un dialogo che saessere serrato ed esitante, losvolgersi degli avvenimenti,l’ambiguità dei moventi, colti-vando fino all’esito finale un filodi suspense. Registriamo, nelsuo discorrere, l’incisività dellosguardo, l’indugio pungente sucerti particolari: «La sua faccia,già a trent’anni, era piena di ru-ghe. Dignitosissima, per carità,un monumento di cuoio al-l’amor proprio». E ancora:«Aveva denti molto grandi,grandi occhi azzurri. Quel tipodi gigantismo nei dettagli chehanno le persone piccole di sta-tura». Oppure: «Li seguii conquel fare da uccello che becca lebriciole tipico dei sarti in certeoccasioni. Non c’era strascico,nemmeno un velo da sistemare,però è difficile staccarsi dalleproprie opere».

Ma resta impresso, a tuttotondo, il ritratto di Emilia, unadonna non arresa anche quan-do la sorte sembra inchiodarlaai suoi fallimenti esistenziali. E’il senso racchiuso in quel cripti-co titolo, che allude alla luce digiugno nella quale si incide ilsuo profilo finalmente disteso:«Eravamo io e il sole, senza nes-suno». Un romanzo svelto e gar-bato, soffuso e assolto, anchenei momenti più ironici e crude-li, da un velo di malinconia.

MASSIMOONOFRI

Chi volesse farsi un'idea veloce ma sicura, non di-co della grandezza di FedericoDe Roberto ancora incredibil-mente misconosciuta, ma del-la qualità implicitamente poli-tica - d'una politica non ingag-giata, «trascendentale» comesuggerirebbe Luigi Russo -della sua narrativa migliore,dovrebbe leggersi subito Lapaura, una delle novelle piùbelle del Novecento non soloitaliano, pubblicata nel 1921,che, sull'insensatezza da mat-tatoio della guerra, sulla suaumanità sconciata in trincea,e terrorizzata sotto il cieco fuo-co d'un nemico sconosciuto,scrive pagine di tensione asso-luta e di soffocata, energica,protesta.

Nel 1921, il galantuomo con-servatore e patriota De Rober-to è, nell'opera (quasi a conte-stazione, si direbbe, della suabiografia), istintivamente esarcasticamente pacifista, irri-ducibilmente disfattista, cosìcome, nel 1894, quando pubbli-ca per l'editore milanese GalliI Viceré, era stato antirisorgi-mentale e antiitaliano. Avreb-be voluto scrivere, come con-fessava nel 1891 a FerdinandoDi Giorgi, un romanzo sul «de-cadimento fisico e morale diuna stirpe esausta»: ha scrittoinvece, sugli italiani di ieri, dioggi, e purtroppo anche di do-mani, il libro decisivo e irri-nunciabile. Quegli italiani vo-raci e euforici - tanti, troppi -che hanno voluto fare unostemma araldico del motto ir-ridente e irresponsabile d'unrampollo della nobilissima erapace famiglia degli Uzeda,protagonista del romanzo, ri-tratta nel passaggio crucialedai Borboni ai Savoia, il qualedichiarava baldanzoso: «L'Ita-lia è fatta, ora facciamo gli af-fari nostri».

Molti decenni prima che laformula fosse storiografica-mente pronunciata, De Rober-to diagnosticava, come nes-sun altro mai, il familismoamorale e se ne serviva comela chiave privilegiata per acce-dere alla storia della nuova Ita-lia, la nazione in cui la fami-glia, quale cellula cancerosa,avrebbe portato in metastasil'intero corpo sociale. Un Pae-se in cui negli anni a venire,proprio le razze esauste e de-generate - per continuare ausare il lessico derobertiano -sarebbero state le protagoni-ste, con strana e mortifera vi-talità, della sua messa al sac-

co. Il Gattopardo, seppure note-vole romanzo, al suo confronto,con quei tardivi riscontri di tra-sformismo, fa quasi sorridere.

Basterebbe questo - la suaqualità implicitamente politicaappunto, la sua disperata lucidi-tà antropologica - a fare dei Vice-ré un capolavoro assoluto. Mac'è di più: molto di più. Il roman-zo - lo ripeto -, con la sua mole didocumenti a lungo compulsati,e per quel suo «ingegno prosai-co, curioso di psicologia e di so-ciologia, ma incapace di poeticiabbandoni», che tanto infastidi-va il Croce, vive incontestabil-mente un rapporto polemico colsuo tempo e con la società cheesso esprime.

Epperò: è difficile non co-gliere, in quella con un mondostoricamente determinato, unapiù articolata e risoluta polemi-ca antimondana, il rifiuto delmondo in quanto tale, perennevalle di lacrime. In tale prospet-tiva, il sontuoso e inquietantefunerale che apre il romanzo,quello della vecchia e autorita-ria principessa Teresa, madredi Giacomo e nonna di Consal-vo, unica proprietaria del patri-monio degli Uzeda, può valeredavvero come il correlativo og-gettivo d'un destino incomben-te e atroce.

Pensateci bene: tutti i figli ecognati di Teresa, che poi s'avvi-cenderanno sul campo dellanarrazione - e sottolineo tutti -

sembrano perfidamente strut-turati per l'infelicità. La mag-gior parte dei personaggi - se-condo leggi genetiche che sem-brano volute da un Dio perfido evendicativo - conoscerà un futu-ro irreversibile di devastazionepsichica e biologica: quand'an-che la famiglia storicamente vin-ce e trionfa, i singoli perdonotutti la partita con la vita, e irri-mediabilmente.

De Roberto, ovviamente, haalle spalle Verga: la barca cari-ca di lupini che affonda all'ini-zio dei Malavoglia, provocandola rovina della famiglia, si chia-ma significativamente «Provvi-denza». Questo per dire che laliquidazione del (presunto)

provvidenzialismo manzonianoresta di sicuro per De Robertoall'ordine del giorno, ma ancheche il romanzo storico gli diven-ta, per impiegare la suggestivadefinizione di Vittorio Spinaz-zola, «antistorico»: di modo chela Storia, celebrata da Manzo-ni, possa finire, appunto, sottoprocesso e condannata senzascampo.

Non è per niente un caso se,nel 1898, De Roberto pubblicaun importante saggio su Leo-pardi. Come dire: dalla polemi-ca politica e sociale alla condan-na metafisica. Credo lo si possaaffermare: nei Viceré, la vita è,leopardianamente, tutto ciò cheabbiamo, ma anche tutto quelloche dobbiamo patire. Né c'è bi-sogno di spalancarli, I Viceré, suL'Imperio (pubblicato incompiu-to e postumo nel 1929), per sen-tirvi pulsare un cuore di scon-fortato nichilismo. Torna anco-ra utile il confronto col Gattopar-do di Tomasi di Lampedusa: seè vero che, a paragone dell'eufo-rica e concitata resa al nulla de-gli Uzeda, l'elegante disincantodel principe di Salina risulta, al-la fine, davvero consolatorio.

BRUNOQUARANTA

Gli under 40 e i loro cri-tici ne celebrano l’assenza, nonlesinando falò nell’estate che vasfumando. Il personaggio inve-ce non sciopera nell’over 40Guido Conti (tenendo talvoltain scacco l’autore), trasmigratodalla scuderia Brioschi allaMondadori. Portando in dotedue - lui sangue parmigiano -califfe sui generis, due fierezzefemminili, il loro diverso (e bor-ghese) amore, così difficile nel-la Bassa del secondo dopoguer-ra, tra rovine materiali e spiri-tuali.

Il guareschiano Guido Conti- sempre vividi l’esordio Un coc-codrillo sull’altare e Il tramontosulla pianura, là dove l’anarchi-co Oltretorrente straccia le ca-mice nere di Balbo - attinge inuna lirica dannunziana il titolodel suo felicemente demodé ro-manzo, la letteratura come me-dium: Le mille bocche della no-stra sete - forse memore del-l’omaggio che il Vate rese aVerdi.

D’Annunzio rischiara la vi-cenda, la sua architettura, lapulsione da cui sgorga. Quan-do, in margine a un’epistola diGuittone d’Arezzo («Credeteche mi trovava in uno stranotrasognamento»), chiosa: «So-gnare è una cosa, trasognare èun’altra. La realtà mi si scoprea un tratto e mi si approssimacon una violenza imperiosa. (...)A un tratto ella si dissolve, si dif-forma, si trasforma, assumel’aspetto del mio più segretofantasma».

La violenza (la violenza del-l’arsura, anime che ardono, ani-

me che anelano alla fonte) per-mea il viaggio sentimentale del-lo scrittore-narratore GuidoConti, il narratore a cassetta,generoso con le redini, lo scrit-tore nella diligenza, prodigo diaccortezze che, se non frenanola storia (la velocità ne è la stim-mata, il piacere vorticoso dellalettura), la orientano.

Per Marzia e Emma i di-ciott’anni sono l’età in cui sco-prire (come sapeva GertrudeStein, il caso vuole venga nuo-vamente in soccorso nell’arcodi breve tempo) che fra «le don-ne è diverso. Non fanno nientedi disgustoso né di ripugnantee dopo sono felici e possono con-durre insieme una vita felice».

Non sarà felice la vita diMarzia e Emma. O forse sì, senel loro breve, vorace, e così ca-

sto amplesso, è possibile scorge-re il respiro di una promessa indi-struttibile, quotidianamente rin-novata, nonostante la lontanan-za, nonostante un forzato, nonvoluto silenzio, sino al sorrisoche si modella «stringendo labocca come un bacio», un re-make di Lost in translation, del-l’estrema scena.

Marzia che in casa di Emma(eco - la scuola parmigiana - diuna fanciulla di Mario ColombiGuidotti, «prepotente e assiemeimplorante») è sospinta dai lo-schi appetiti paterni. Un’occasio-ne mercantile che si volterà inuna passione ora ruvida ora tre-pida. Conoscendo l’apice, la tra-sfigurazione, la sicura rivelazio-ne, e confessione (come non ri-cordare Soldati?) nelle giornatedi Tellaro, il calore della pelle ab-

bronzata, il profumo della nudi-tà...Una felicità su cui incombeun morselliano dramma borghe-se, se è vero che non si può nonsentire come propria figlia la fi-glia di un amico.

Tra tuffi, e vaste letture (co-me La Certosa di Parma, quel bar-caiolo Ludovico a cui dovrebberoprestare ascolto non poche odier-ne firme: «Ormai sanno parlaredi tutto con molta eleganza, ma ilcuore non ha niente da dire») eimprovvise rigidità e ribellioniverso la ferita, il grido lacerantedella separazione, il sacrificioche si compie sull’altare della fe-rocia suprema che è la ferocia fa-miliare. Marzia «comprata», vio-lata e tradotta dal «creso» Pierrenei latifondi argentini. Emmache brillerà (e si stordirà) comemecenate dell’arte a Roma. Gior-

no dopo giorno mai dimentican-do, mai dimenticandosi, monta-lianamente sapendo che l’attesaè lunga, ma non vana.

Con Le mille bocche della no-stra sete Guido Conti ulteriormen-te si conferma «voce della pianu-ra», la «pianura proibita» cara aGarboli, la conquista che è: «queiterritori della scrittura dove lostile pianeggiante della semplici-tà nasce dopo un lungo sforzo, etestimonia di laboriose e difficiliprove».

Il mare cullail diverso amoredi due califfe

«Sole senza nessuno»:una storia sveltae garbata, dialoghiserrati e esitanti,con un filo di suspense

«L’Italia è fatta,ora facciamo gli affarinostri»: il mottocontagioso della rapacefamiglia degli Uzeda

Noi tutti, Vicerédel nichilismo

Queste nozzecosì ambitee così logore

PIEVE, CITTÀ DEI DIARI

Con Dondero= Il fotografo MarioDondero riceverà domani ilpremio «Città del diario2010». Glielo consegnerà, aPieve, Saverio Tutino, l’arteficee il custode dell’Archivio deidiari, una cassaforte dellamemoria italiana. Laventiseiesima edizione delPremio Pieve è dedicataquest’anno ai nuovi linguaggidella memoria (da «La bancadella memoria» di Torino alneonato progetto di SlowFood «I granai dellamemoria»). I diari vincitoridiventano libri, accolti nellacollana «Storie italiane» dellacasa editrice Il Mulino. Ultimotitolo ad essere pubblicato,l’opera di Sabrina Perla DieKatastrophe (Terre di mezzo)che si è aggiudicata la scorsaedizione. Sarà anchepresentata la rivistacompletamente rinnovata«Primapersona». A SabinaRossa è infine andato ilriconoscimento «Benvenuta inToscana 2010».Per ulteriori informazioniwww.archiviodiari.it

A RAVENNA

Dante 09= Si conclude oggi, aRavenna, dove il poeta èsepolto, il festival «Dante 09»,giunto alla quinta edizione (acura di Davide Rondoni). Alle18, Antichi ChiostriFrancescani, lezione di PieroBoitani su «L’altro Maestro.Incontro con il mistero diWilliam Shakespeare». Negliscorsi giorni sono intervenuti,fra gli altri, Enzo Bettiza, LucaDoninelli, Monica Guerritore.www.dante09.it

PREMI: ALASSIO, PEN, COCITO

Murgia bis= En plein di MichelaMurgia. Dopo il Campielloriceve oggi il premio Alassio unautore per l’Europa con ilromanzo Accabadora(Einaudi). A Emilia Lodigiani,direttore editoriale diIperborea, il premio Alassio«un editore per l’Europa».A Manlio Cancogni, 94 enne,già direttore de La FieraLetteraria, è andato il premioP.E.N. Club per il libro Lasorpresa, edito da Elliot.Federigo De Benedetti, con iracconti Il nome del padre(Instar LIbri) si è aggiudicato ilpremio Montà d’Alba - CarloCocito.

pp Guido Contip LE MILLE BOCCHE

DELLA NOSTRA SETEp Mondadori, pp. 264, € 19

pp Letizia Muratorip SOLE SENZA NESSUNOp Adelphi, pp. 136, € 16

Muratori Un dramma familiarein una Roma per turisti giapponesi

Dai «Viceré» ha tratto un film Roberto Faenza (qui, particolare di una scena)

De Roberto Il capolavoro in cui si diagnosticail familismo amorale che ha squassato il Bel Paese

«Le mille bocchedella nostra sete»narrate da una voceche sarebbepiaciuta a Garboli

Bloc notes

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA V

Un’opera della pittrice polacca Tamara di Lempicka

LetiziaMuratori

è nata a RomaLe sue

precedentiprove sono

«La casamadre»

e «Il giornodell’

indipendenza»

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

Page 6: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.15

ralmente io non ritengo affat-to che la filosofia costituiscaun riflesso della realtà stori-ca. Al contrario sono profon-damente convinto dell’auto-nomia del pensiero filosofico.Non conta solo quello che unpensatore ha detto e in checontesto lo ha detto ma an-che se quello che dice è vero.Le piccole filosofie rendonointellegibile il loro tempo; so-no filosofie per così dire sinto-matiche. Quella grandi sonoindubbiamente anch’esse im-merse nel loro tempo ma losovrastano. Platone, Aristo-tele, Spinoza, Hegel sono piùattuali di molti pensatori at-tuali. La filosofia non è solo fi-lia temporis, ma mette in gio-co una logica particolare incui non c’è una corrisponden-za biunivoca tra il pensiero el’epoca. Questo, fra l’altro, cievita di cadere nella tentazio-ne di formulare una storia cri-minale della filosofia per laquale le colpe personali di unpensatore ricadono anchesul suo pensiero. Con le op-portune distinzioni, possia-mo continuare a leggere e astudiare Heidegger per quan-to sia stato nazista.

Poi ha trascorso molti anniall'estero...

«Dopo la Scuola Normale hotrascorso dieci anni all’estero,sei di questi in Germania. Hoavvertito la necessità di trova-re un legame con tradizioni di-verse da quella italiana. La filo-sofia italiana con il Rinasci-mento ha attraversato mo-menti altissimi, ma alla lungaha perduto il rigore dell’argo-mentazione. Al contrario i Pae-si anglosassoni e la Spagnahanno mantenuto uno strettolegame con la logica argomen-tativa di stampo scolastico. Lafilosofia italiana non è stata ingrado dal Seicento in poi dicompetere a livello internazio-nale sul piano della filosofiadella scienza. Siamo stati inve-ce innovativi nella filosofia del-la storia, nella filosofia della po-litica. La nostra è, in questosenso, una filosofia della ragio-ne impura. Quantomeno a que-

sto proposito mi sento figlio del-la filosofia italiana: laddove essaosa l’incontro con la vie sauvage,quando in altri termini vuolespiegare cose che secondo la lo-gica rigorosa non hanno senso.Di tutto questo naturalmentec’è riscontro anche nei miei li-bri. Geometria delle passioni, Lelogiche del delirio argomentanoche tra ragione e passione, traragione e delirio non c’è un con-fine definitivo. Le passioni peraltro non sono semplice caos. Sitratta di logiche anomale chenon coincidono con quella di ti-po aristotelico. A questo propo-sito mi sento di affermare: nec si-ne te, nec tecum. Né solo con la ra-gione né senza di essa. A me in-teressa l’idea di salvare i feno-meni apparentemente privi diinteresse, abbandonati ai rovidell’ignoranza, della trascura-tezza o anche semplicemente la-sciati alla considerazione esclu-siva delle scienze sociali o dellamedicina. Ho voluto prenderein considerazione quei fenome-ni in cui è deposto un senso im-plicito o in cui questo senso nonè stato ancora sufficientemente

sceverato. E’ in questo quadroche mi sono dedicato anche aiparadossi della temporalità. Peresempio a fenomeni come il déjàvu al quale ho dedicato un librouscito da Il Mulino, Piramidi ditempo. Storie e teoria del déjà vu».

Quali sono i suoi progetti at-tuali?

«Ho appena terminato un li-bro sull’ira, la passione più stu-diata nell’antichità. Ho poi inmente un libro su come imma-giniamo la vita altrui e su qua-le feedback questo possa averesulle nostre vite. Ho poi inten-zione, nel tempo medio-lungo,di scrivere anche un libro sugliautomatismi del pensiero e delcalcolo privo di immagini euno sul rapporto servo/padro-ne, a partire da Hegel, imper-niato sul perché gli uomini in-teriorizzano l’ubbidienza, os-sia su uno dei temi centrali del-la filosofia politica».

GIORGIOPESTELLI

Dei tre periodi, o stili,in cui per antica convenzioneviene suddivisa l’opera di Be-ethoven, è l’ultimo, quello più«problematico», che di granlunga continua ad attirare lamaggiore attenzione della criti-ca; in verità, i problemi nonmancano, anzi, anche negli al-tri due periodi, quello della for-mazione e, ancora di più, quello«eroico» del Beethoven di mez-zo: parete liscia senza appiglidove tutto sembra già formatoe rivelato; invece l’ultimo Be-ethoven è pieno di discontinui-tà e di fessure, di ombre e re-cessi in cui l’analisi s’addentracon suo comodo; il riutilizzo diforme storiche, fughe, variazio-ni, gratifica la cultura e l'acu-me dei commentatori; sopratutto, e questo oggi attira spe-cialmente, c’è nell’ultimo Be-ethoven una componente di re-ligiosità ecumenica, un’aura se-greta che vela un panorama

umano e culturale vastissimo eindefinito.

Non fa eccezione il libro, inuna scorrevole traduzione diNicola Bizzaro, di Maynard So-lomon, L’ultimo Beethoven, checon la sua competenza di stori-co della cultura, della psicanali-si e della musica conferisce aivari saggi che lo compongonol’unità di una ricerca su «musi-ca, pensiero, immaginazione»del genio beethoveniano inun’emozionante stagione crea-tiva: quella, per intenderci, do-ve emergono le ultime Sonateper pianoforte, gli ultimi Quar-tetti, la Nona Sinfonia, la Messasolenne, le Variazioni sul Valzerdi Diabelli, le Bagatelle per pia-noforte.

L'interesse preminente, an-che se non esclusivo, dell’auto-re va però alle «idee estetiche»di Beethoven, ai suoi pensieri,aforismi, annotazioni sulla vita,sull’arte e sulla musica; con pa-zienza ammirevole Solomon re-gistra e commenta ogni passoutile lasciato dal compositorein lettere, quaderni, sopra tut-to nel Diario tenuto fra il 1812 eil '18, e alla voce di Beethovenunisce quelle di un coro di poe-ti, letterati e filosofi contempo-ranei, antichi e moderni: percui alla fine vediamo un Beetho-ven collocato al centro di una

cultura universale dove s'incon-trano romanticismo, classicitàgreco-latina, massoneria, retori-ca, cristianesimo e influenzebrahmaniche.

Come sempre quando s’incro-ciano filoni diversi si scopronoprospettive stimolanti, ma an-che qualche genericità, qui dovu-ta alla fiducia dell'autore nellacorrispondenza fra romantici-smo letterario e musicale, che so-no invece cose assai diverse;quando si legge ad esempio checaratteristica dell'ultima fase diBeethoven sarebbe lo sposta-mento del primato della «ragio-ne» a quello dell'«immaginazio-ne», non si può non pensare allaSinfonia Eroica o ai Quartetti Ra-sumovsky del periodo centrale co-me testimonianze di un’immagi-nazione dispiegata e clamorosa.

Molto di più sul cambiamen-to operato nella mente dell'ulti-mo Beethoven ci dicono le pagi-ne sui testi musicali che sono for-se le più nuove e importanti delvolume: basta leggere l'interpre-tazione delle Diabelli-Variatio-nen intese come «la forma di unviaggio» o le osservazioni occa-sionali su singoli lavori: «Spessonelle ultime sonate e negli ultimiquartetti, Beethoven vuole che ciuniamo a lui nell’accostare l’orec-chio al suono di eventi che sonogià in corso; (...) queste operepossono iniziare impercettibil-mente, come se strisciassero fuo-ri dal nulla, emergendo dall’im-mobilità, come nell’apertura delQuartetto op. 132». Salutari disce-se al particolare concreto dalladominante prospettiva dell’altacultura.

Cinema I manifesti dei film nell’età dell’oro di Hollywood (e non solo)collezionati dal fotografo Resnick, girando i mercatini delle pulci

BRUNOVENTAVOLI

Quando non esistevaancora Internet che rende i so-gni più rapidi, e più piccoli, ilbanner non era una striscia pul-sante sui siti on line, ma unlembo di tela o di cartoncinoserigrafato, lungo oltre tre me-tri, con le immagini accattivan-ti delle star.

Manifesti giganti, locandi-ne, cartoline, e svariati altri au-siliari colorati, contribuivanotutti alla fortuna di un film. Pri-ma dell’era tv, erano i muri del-le strade, le facciate dei cine-ma, le vetrine dei negozi a farela pubblicità. E lo Studio Sy-stem americano investiva de-nari, talenti e idee nella crea-zione di questi prodotti. Dove-vano invogliare la gente aspendere i centesimi per com-prare il biglietto e ci riusciva-no, perché suscitavano meravi-glie da sindrome di Stendhal.Ma erano opere d’arte di car-ta: terminata la loro funzione,valevano solo per la cellulosache se ne poteva ricavare perriciclarli.

Gli esercenti dei cinema liaffittavano e li dovevano resti-tuire alla produzione, il loro de-stino era il macero. Così ne so-no svaniti nel nulla a migliaiadi tonnellate. Solo pochi folli,malati di collezionismo, comin-ciarono a stiparli in case e ma-gazzini: oggi valgono molti de-nari.

Uno di questi cinefili, IraM. Resnick, grande fotografo,figlio di immigrati est-europeiche parlavano yiddish, per an-ni ha girato il mondo e i merca-tini delle pulci. E ha allestitouna delle più belle collezioni, ri-prodotta ora in un bellissimo li-bro in uscita da Jaca Book, Hol-lywood. Manifesti del cinemanell’età dell’oro. La prefazioneè di Martin Scorsese, altro tar-lato dal vizio del collezionismo.

Come racconta Scorsese ilmanifesto era l’anima del film,ne incarnava spirito e fascino,ma era anche qualcosa di fon-

damentalmente diverso. Vive-va di una vita sua propria. Ren-deva la star ancora più star,nella sua studiata fissità. Il ma-nifesto di Gilda, uno dei più ri-cercati dai collezionisti, lo rap-presenta bene.

In sala, gli spettatori avreb-bero visto Rita Hayworth par-lare, ancheggiare, baciare,struggersi, come una creaturaumana, seppur divina. Là sullacarta, immobile e muta, era in-vece un’opera d’arte, un monu-mento alla celebrità di se stes-sa. E’ in piedi, con un aderentevestito di raso tra il blu e il ver-de, sguardo sdegnato verso ilresto del mondo, e sigaretta ac-cesa (oggi questo indispensabi-le strumento del divismo ver-rebbe cancellato dalla corret-tezza salutistica). Sulla testa si

inarca la scritta «Non c’è maistata una donna come Gilda!».

Sui muri si fondava gran par-te del fascino femminile. Pittorie disegnatori che avrebbero am-bito le vie dell’arte, e mai riusci-rono a imboccarle, studiavanole dive dal vero o in fotografiaper riprodurle come in seduted’accademia. Louise Brooks, nelDiario di una donna perduta - è il1929, anno di Depressione - mo-stra un’ardita mezzaluna di ca-pezzoli dalla scollatura del vesti-to; Gloria Swanson offre granparte della schiena nuda in Herhusband’s trademark (1922); inQuarantaduesima strada (1933)c’è solo una prospettiva di gam-be femminili, che si ammiranoimpudicamente dal basso; Caro-le Lombard, nella Bisbetica inna-morata (1936), affascina per quel

misterioso occhio nero, frutto dichissà quale violenza amorosa.Le ragazze di Ziegfeld Follies(1945), dipinte come pin up, sonol’omaggio alle nuove ragazzeamericane del dopoguerra. La-na Turner nel Postino suona sem-

pre due volte (1946) s’abbandonatra le braccia di John Garfieldcon la bocca schiusa, e la pubbli-cità dice: «Per queste labbra...un uomo può commettere qual-siasi cosa... anche un omicidio!».Barbara Stanwick nell’Amaro tè

del generale Yen (1933) è riversacon la testa all’indietro versol’osservatore, come se anche luipotesse averla.

Stesso discorso vale per il fa-scino maschile. Rodolfo Valenti-no fissa il nulla col suo sguardomiope. Chaplin sembra tremareimpassibile nel freddo della Feb-bre dell’oro. Humphrey Bogartsfoggia una faccia da duro anco-ra più impietrita sui cartelloni,Erroll Flynn baffetti guasconi eavventurosi. James Dean con ilcappello da cowboy nel Giganteè l’icona d’un modo di vivere evestirsi, come Marlon Brandocon il giubbotto di pelle nel Sel-vaggio.

I manifesti non stuzzicavanosolo l’amore. Le manone di KingKong o l’artiglio verdastro cheesce da un sipario per ghermire

Louise Brooks in The CanaryMurder Case (1929), incutevanopaure primordiali, al pari dell’oc-chio rapace di Bela Lugosi-Dra-cula, fisso malintenzionatamen-te sul collo di una fanciulla. I vol-ti dei fratelli Marx erano un inno

alla stralunata follia. La diligen-za che scivola dall’alto verso ilbasso sulle grandi lettere del ti-tolo di Ombre rosse istigaval’idea della velocità, della corsa,della fuga dagli indiani cattivi.Altre pubblicità insufflavano

nella cultura popolare suggestio-ni artistiche più profonde, comeAurora di Murnau che ricordaMunch, e Metropolis di Lang, unfosco futurismo.

Nell’età dell’oro di Hollywo-od i manifesti raccontavano conla libertà della fantasia la vita co-me avrebbe potuto essere nei so-gni. Erano il colore delle metro-poli. Nel Segreto di Nora Moran(1933), Zita Johann se ne sta ac-coccolata in sottoveste traspa-rente per una delle immaginipiù osé dell’anteguerra. Poi arri-varono i codici di censura. E di-segnare corpi giganti così nonfu più possibile. Né parlar benedei comunisti. Eppure la graficacostruttivista per l’Ottobre di Ei-senstein rendeva affascinantenelle bacheche dei cinema persi-no la rivoluzione sovietica.

La filosofia che vain cerca di fortuna

L’infinitaimmaginazionedi Beethoven

Segue da pagina I

FEDERICO VERCELLONE

Musica Creatività, idee estetichee vita di un genio visto da Solomon

Personaggi e storieVITuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA VII

IL «MANUALE» DI GIANNI RONDOLINO

Tutto cominciò con i Lumière= Evocare il percorso professionale di GianniRondolino - già docente di Storia e Critica del Cinemaall’Ateneo di Torino, autore di svariati saggi oltre che diuna Storia del cinema d’animazione (1974) e di unaStoria del cinema (1977), tra i fondatori del Torino FilmFestival - è esercizio non pleonastico per introdurre lasua più recente fatica, Manuale di storia del cinema(Utet, pp.626, € 35). Nato quale strumento per lapreparazione studentesca, il libro non risente affattodella sua destinazione d’uso: se l’agilità della formula ela maniera semplice, godibile di comunicare lo rendono

adeguato alle esigenze della nuova impostazioneuniversitaria, le stesse caratteristiche valgono perl’appassionato della settima arte, che qui troveràun’utile, completissima guida. Con l’abituale passione,Rondolino si addentra nell’universo della celluloidecoinvolgendoci in un periplo affascinante tra i cineasti,gli autori, gli interpreti, le correnti estetiche e storicheche hanno contraddistinto il più significativo fenomenoculturale dello scorso secolo: dagli inizi dei Lumière e diMéliès sino ai capi d’opera odierni, transitando per lamagica epoca del muto, la stagione classica sovietica, icupi umori dell’espressionismo tedesco, la Hollywooddegli anni ruggenti ed il rinnovamento del neorealismo.Se il ricorso ad obiettivi d’inizio capitolo, l’inserimento

di trame dei film maggiormente importanti e lapossibilità d’integrare, d’approfondire con l’uso dimateriale on line sono preziose risorse per chi s'apprestaa sostenere un esame, esse si rivelano pure validistrumenti per guidare il lettore in una «navigazione»quanto mai ricca di suggestioni, stimoli, risonanze.La necessità di uno sguardo che abbracci quanto piùpossibile in un numero contenuto di pagine induce atalune semplificazioni (per esempio, la gloriosa paginadell’orrore indigeno ridotta al solo Dario Argento, senzaneppure citare Mario Bava); ma il risultato, dicevamo,lascia soddisfatti, e può dirsi il punto d’arrivo d’unacarriera didattica esemplare. Francesco Troiano

GIALLOE THRILLING ALL’ITALIANA

Dagli Anni Trenta a Argento= «Sangue a profusione, qualche amplesso, un pizzico ditribadismo ed abbondanza di seni nudi, il tutto condito daannotazioni assurde, confuse, sovente ingenue e servite dauna interpretazione a dir poco dilettantesca»: osservazioni dicodesto tenore erano dirette dalla critica, nei primi Anni 70, atutti quei film che sfruttavano il cosiddetto «filoneargentiano» (proprio ieri Dario Argento ha compiutosettant’anni), stabilendo in tale modo una sorta di «viaindigena» al thrilling. Oggi che i generi non esistono più, èfacile vedere come tali pellicole (fatti i debiti distinguo)fossero sovente di dignitosa fattura, tanto da venir

apprezzate anche all’estero - vedi il caso di Quentin Tarantino- per la loro abilità nel costruire suspense, con un dispendioemoglobinico che oggi appare contenuto.E’, quindi, interessante ripercorrere la storia di questa tranchedel cinema nostrano commerciale: ce lo consentono AntonioBruschini e Stefano Piselli col loro Giallo & thrillingall’italiana (Glittering Images, pp.112, € 32), dizionarioillustrato che mette in fila tutti i prodotti della categoria apartire dal 1931, vale a dire da quel L’uomo dall’artiglio diNunzio Malasomma remoto progenitore di tutto.A parte la filologia, il «giallo» autarchico prende le mosseda due titoli di Mario Bava, La ragazza che sapeva troppo(1963) e Sei donne per l’assassino (1964): in particolare ilsecondo - citato da Almodóvar a fini masturbatori in

Matador (1986) - è il manifesto modello di Argento perL’uccello dalle piume di cristallo (1970), suo fortunatoesordio nel lungometraggio.Di qui innanzi si diparte una teoria di omicidi all’arma bianca,assassini nerovestiti, deliri sadomasochisti alla Krafft-Ebing,belle fanciulle svestite, brividi a profusione che oggi appaionoinoltre un piacevole repertorio di modernariato, dalleimprobabili giacche indossate da taluni interpreti (Ugo Pagliaine La dama rossa uccide 7 volte) fino al décor quasi camp dicerti interni. E la paura? Beh, a volte latita un poco, ma diversiregisti - Fulci, Martino, Dallamano, Valerii, Cavara - han fattocose pregevoli, che reggono l’usura del tempo e con brio ciricordano com’era dolce la vita prima della rivoluzione. [F. T.]

pp Ira M. Resnickp HOLLYWOOD

MANIFESTI DEL CINEMANELL’ETÀ DELL’OROp pref. di Martin Scorsesep trad. di Valentina Brandazzap Jaca Book, pp. 304, € 75p in libreria dal 22 settembre

pp Maynard Solomonp L'ULTIMO BEETHOVENp trad. di Nicola Bizzarop Carocci, pp. 365, € 29,80

p

Quanti sogni di cartaprima del buio in sala

Raccontavano amorie passioni, pauree speranze, eranoi colori delle metropoli,la fantasia della vita

Louis-Jean Lumière (a destra),con il fratello Auguste

Due sex symbol di Hollywood:qui sopra Louise Brooks

nel film di Pabst del 1929«Das Tagebuch einer Verlorenen»(«Diario di una donna perduta»);

a sinistra Rita Hayworthinterprete di «Gilda»

nel film con Glenn Forddiretto da Charles Vidor nel 1946

L’immaginescelta per

il manifestoe la copertinadel catalogo,

edito daF. C. Panini,

per la mostra«Il gioco

delle sorti»,che si aprea Modena,

in occasionedel Festival

della filosofia

Prima della tv, eranoi muri e le vetrinea fare la pubblicità:locandine diventateopere d’arte di carta

La title card di «Hollywood Party» («La grande festa») musical della MGM, 1934, ora titolo anche della trasmissione cult di RadioTre sul cinema

Incarnavano il fascinodella star: dalla Gildadi Rita Hayworthal Selvaggio di Brando,dalla Brooks a Bogart

Sopra: l’abbraccio fra Lana Turner e John Garfield nelmanifesto per «Il postino suona sempre due volte» di Tay

Garnett, 1946; a destra, un particolare per il manifestodi «Aurora» di Murnau, 1927, che evoca la pittura di Munch

L’ultima, emozionantestagione creativacon la Nona Sinfonia,le Sonate per pianofortee la Messa solenne

Soprail manifesto

per ladistribuzione

sovieticadi «Ottobre»

diretto daEjzenstein,

1928, esempiodi grafica

costruttivista;a sinistra un

particolare delmanifesto

americano per«Il gabinetto

del dottorCaligari»di Robert

Wiene,1920

Dice Remo Bodei:«Ho cercato di spiegarecose che secondo logicanon hanno senso,ad esempio le passioni»

Dario Argentoha compiuto ieri 70 anni

Page 7: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.16

ralmente io non ritengo affat-to che la filosofia costituiscaun riflesso della realtà stori-ca. Al contrario sono profon-damente convinto dell’auto-nomia del pensiero filosofico.Non conta solo quello che unpensatore ha detto e in checontesto lo ha detto ma an-che se quello che dice è vero.Le piccole filosofie rendonointellegibile il loro tempo; so-no filosofie per così dire sinto-matiche. Quella grandi sonoindubbiamente anch’esse im-merse nel loro tempo ma losovrastano. Platone, Aristo-tele, Spinoza, Hegel sono piùattuali di molti pensatori at-tuali. La filosofia non è solo fi-lia temporis, ma mette in gio-co una logica particolare incui non c’è una corrisponden-za biunivoca tra il pensiero el’epoca. Questo, fra l’altro, cievita di cadere nella tentazio-ne di formulare una storia cri-minale della filosofia per laquale le colpe personali di unpensatore ricadono anchesul suo pensiero. Con le op-portune distinzioni, possia-mo continuare a leggere e astudiare Heidegger per quan-to sia stato nazista.

Poi ha trascorso molti anniall'estero...

«Dopo la Scuola Normale hotrascorso dieci anni all’estero,sei di questi in Germania. Hoavvertito la necessità di trova-re un legame con tradizioni di-verse da quella italiana. La filo-sofia italiana con il Rinasci-mento ha attraversato mo-menti altissimi, ma alla lungaha perduto il rigore dell’argo-mentazione. Al contrario i Pae-si anglosassoni e la Spagnahanno mantenuto uno strettolegame con la logica argomen-tativa di stampo scolastico. Lafilosofia italiana non è stata ingrado dal Seicento in poi dicompetere a livello internazio-nale sul piano della filosofiadella scienza. Siamo stati inve-ce innovativi nella filosofia del-la storia, nella filosofia della po-litica. La nostra è, in questosenso, una filosofia della ragio-ne impura. Quantomeno a que-

sto proposito mi sento figlio del-la filosofia italiana: laddove essaosa l’incontro con la vie sauvage,quando in altri termini vuolespiegare cose che secondo la lo-gica rigorosa non hanno senso.Di tutto questo naturalmentec’è riscontro anche nei miei li-bri. Geometria delle passioni, Lelogiche del delirio argomentanoche tra ragione e passione, traragione e delirio non c’è un con-fine definitivo. Le passioni peraltro non sono semplice caos. Sitratta di logiche anomale chenon coincidono con quella di ti-po aristotelico. A questo propo-sito mi sento di affermare: nec si-ne te, nec tecum. Né solo con la ra-gione né senza di essa. A me in-teressa l’idea di salvare i feno-meni apparentemente privi diinteresse, abbandonati ai rovidell’ignoranza, della trascura-tezza o anche semplicemente la-sciati alla considerazione esclu-siva delle scienze sociali o dellamedicina. Ho voluto prenderein considerazione quei fenome-ni in cui è deposto un senso im-plicito o in cui questo senso nonè stato ancora sufficientemente

sceverato. E’ in questo quadroche mi sono dedicato anche aiparadossi della temporalità. Peresempio a fenomeni come il déjàvu al quale ho dedicato un librouscito da Il Mulino, Piramidi ditempo. Storie e teoria del déjà vu».

Quali sono i suoi progetti at-tuali?

«Ho appena terminato un li-bro sull’ira, la passione più stu-diata nell’antichità. Ho poi inmente un libro su come imma-giniamo la vita altrui e su qua-le feedback questo possa averesulle nostre vite. Ho poi inten-zione, nel tempo medio-lungo,di scrivere anche un libro sugliautomatismi del pensiero e delcalcolo privo di immagini euno sul rapporto servo/padro-ne, a partire da Hegel, imper-niato sul perché gli uomini in-teriorizzano l’ubbidienza, os-sia su uno dei temi centrali del-la filosofia politica».

GIORGIOPESTELLI

Dei tre periodi, o stili,in cui per antica convenzioneviene suddivisa l’opera di Be-ethoven, è l’ultimo, quello più«problematico», che di granlunga continua ad attirare lamaggiore attenzione della criti-ca; in verità, i problemi nonmancano, anzi, anche negli al-tri due periodi, quello della for-mazione e, ancora di più, quello«eroico» del Beethoven di mez-zo: parete liscia senza appiglidove tutto sembra già formatoe rivelato; invece l’ultimo Be-ethoven è pieno di discontinui-tà e di fessure, di ombre e re-cessi in cui l’analisi s’addentracon suo comodo; il riutilizzo diforme storiche, fughe, variazio-ni, gratifica la cultura e l'acu-me dei commentatori; sopratutto, e questo oggi attira spe-cialmente, c’è nell’ultimo Be-ethoven una componente di re-ligiosità ecumenica, un’aura se-greta che vela un panorama

umano e culturale vastissimo eindefinito.

Non fa eccezione il libro, inuna scorrevole traduzione diNicola Bizzaro, di Maynard So-lomon, L’ultimo Beethoven, checon la sua competenza di stori-co della cultura, della psicanali-si e della musica conferisce aivari saggi che lo compongonol’unità di una ricerca su «musi-ca, pensiero, immaginazione»del genio beethoveniano inun’emozionante stagione crea-tiva: quella, per intenderci, do-ve emergono le ultime Sonateper pianoforte, gli ultimi Quar-tetti, la Nona Sinfonia, la Messasolenne, le Variazioni sul Valzerdi Diabelli, le Bagatelle per pia-noforte.

L'interesse preminente, an-che se non esclusivo, dell’auto-re va però alle «idee estetiche»di Beethoven, ai suoi pensieri,aforismi, annotazioni sulla vita,sull’arte e sulla musica; con pa-zienza ammirevole Solomon re-gistra e commenta ogni passoutile lasciato dal compositorein lettere, quaderni, sopra tut-to nel Diario tenuto fra il 1812 eil '18, e alla voce di Beethovenunisce quelle di un coro di poe-ti, letterati e filosofi contempo-ranei, antichi e moderni: percui alla fine vediamo un Beetho-ven collocato al centro di una

cultura universale dove s'incon-trano romanticismo, classicitàgreco-latina, massoneria, retori-ca, cristianesimo e influenzebrahmaniche.

Come sempre quando s’incro-ciano filoni diversi si scopronoprospettive stimolanti, ma an-che qualche genericità, qui dovu-ta alla fiducia dell'autore nellacorrispondenza fra romantici-smo letterario e musicale, che so-no invece cose assai diverse;quando si legge ad esempio checaratteristica dell'ultima fase diBeethoven sarebbe lo sposta-mento del primato della «ragio-ne» a quello dell'«immaginazio-ne», non si può non pensare allaSinfonia Eroica o ai Quartetti Ra-sumovsky del periodo centrale co-me testimonianze di un’immagi-nazione dispiegata e clamorosa.

Molto di più sul cambiamen-to operato nella mente dell'ulti-mo Beethoven ci dicono le pagi-ne sui testi musicali che sono for-se le più nuove e importanti delvolume: basta leggere l'interpre-tazione delle Diabelli-Variatio-nen intese come «la forma di unviaggio» o le osservazioni occa-sionali su singoli lavori: «Spessonelle ultime sonate e negli ultimiquartetti, Beethoven vuole che ciuniamo a lui nell’accostare l’orec-chio al suono di eventi che sonogià in corso; (...) queste operepossono iniziare impercettibil-mente, come se strisciassero fuo-ri dal nulla, emergendo dall’im-mobilità, come nell’apertura delQuartetto op. 132». Salutari disce-se al particolare concreto dalladominante prospettiva dell’altacultura.

Cinema I manifesti dei film nell’età dell’oro di Hollywood (e non solo)collezionati dal fotografo Resnick, girando i mercatini delle pulci

BRUNOVENTAVOLI

Quando non esistevaancora Internet che rende i so-gni più rapidi, e più piccoli, ilbanner non era una striscia pul-sante sui siti on line, ma unlembo di tela o di cartoncinoserigrafato, lungo oltre tre me-tri, con le immagini accattivan-ti delle star.

Manifesti giganti, locandi-ne, cartoline, e svariati altri au-siliari colorati, contribuivanotutti alla fortuna di un film. Pri-ma dell’era tv, erano i muri del-le strade, le facciate dei cine-ma, le vetrine dei negozi a farela pubblicità. E lo Studio Sy-stem americano investiva de-nari, talenti e idee nella crea-zione di questi prodotti. Dove-vano invogliare la gente aspendere i centesimi per com-prare il biglietto e ci riusciva-no, perché suscitavano meravi-glie da sindrome di Stendhal.Ma erano opere d’arte di car-ta: terminata la loro funzione,valevano solo per la cellulosache se ne poteva ricavare perriciclarli.

Gli esercenti dei cinema liaffittavano e li dovevano resti-tuire alla produzione, il loro de-stino era il macero. Così ne so-no svaniti nel nulla a migliaiadi tonnellate. Solo pochi folli,malati di collezionismo, comin-ciarono a stiparli in case e ma-gazzini: oggi valgono molti de-nari.

Uno di questi cinefili, IraM. Resnick, grande fotografo,figlio di immigrati est-europeiche parlavano yiddish, per an-ni ha girato il mondo e i merca-tini delle pulci. E ha allestitouna delle più belle collezioni, ri-prodotta ora in un bellissimo li-bro in uscita da Jaca Book, Hol-lywood. Manifesti del cinemanell’età dell’oro. La prefazioneè di Martin Scorsese, altro tar-lato dal vizio del collezionismo.

Come racconta Scorsese ilmanifesto era l’anima del film,ne incarnava spirito e fascino,ma era anche qualcosa di fon-

damentalmente diverso. Vive-va di una vita sua propria. Ren-deva la star ancora più star,nella sua studiata fissità. Il ma-nifesto di Gilda, uno dei più ri-cercati dai collezionisti, lo rap-presenta bene.

In sala, gli spettatori avreb-bero visto Rita Hayworth par-lare, ancheggiare, baciare,struggersi, come una creaturaumana, seppur divina. Là sullacarta, immobile e muta, era in-vece un’opera d’arte, un monu-mento alla celebrità di se stes-sa. E’ in piedi, con un aderentevestito di raso tra il blu e il ver-de, sguardo sdegnato verso ilresto del mondo, e sigaretta ac-cesa (oggi questo indispensabi-le strumento del divismo ver-rebbe cancellato dalla corret-tezza salutistica). Sulla testa si

inarca la scritta «Non c’è maistata una donna come Gilda!».

Sui muri si fondava gran par-te del fascino femminile. Pittorie disegnatori che avrebbero am-bito le vie dell’arte, e mai riusci-rono a imboccarle, studiavanole dive dal vero o in fotografiaper riprodurle come in seduted’accademia. Louise Brooks, nelDiario di una donna perduta - è il1929, anno di Depressione - mo-stra un’ardita mezzaluna di ca-pezzoli dalla scollatura del vesti-to; Gloria Swanson offre granparte della schiena nuda in Herhusband’s trademark (1922); inQuarantaduesima strada (1933)c’è solo una prospettiva di gam-be femminili, che si ammiranoimpudicamente dal basso; Caro-le Lombard, nella Bisbetica inna-morata (1936), affascina per quel

misterioso occhio nero, frutto dichissà quale violenza amorosa.Le ragazze di Ziegfeld Follies(1945), dipinte come pin up, sonol’omaggio alle nuove ragazzeamericane del dopoguerra. La-na Turner nel Postino suona sem-

pre due volte (1946) s’abbandonatra le braccia di John Garfieldcon la bocca schiusa, e la pubbli-cità dice: «Per queste labbra...un uomo può commettere qual-siasi cosa... anche un omicidio!».Barbara Stanwick nell’Amaro tè

del generale Yen (1933) è riversacon la testa all’indietro versol’osservatore, come se anche luipotesse averla.

Stesso discorso vale per il fa-scino maschile. Rodolfo Valenti-no fissa il nulla col suo sguardomiope. Chaplin sembra tremareimpassibile nel freddo della Feb-bre dell’oro. Humphrey Bogartsfoggia una faccia da duro anco-ra più impietrita sui cartelloni,Erroll Flynn baffetti guasconi eavventurosi. James Dean con ilcappello da cowboy nel Giganteè l’icona d’un modo di vivere evestirsi, come Marlon Brandocon il giubbotto di pelle nel Sel-vaggio.

I manifesti non stuzzicavanosolo l’amore. Le manone di KingKong o l’artiglio verdastro cheesce da un sipario per ghermire

Louise Brooks in The CanaryMurder Case (1929), incutevanopaure primordiali, al pari dell’oc-chio rapace di Bela Lugosi-Dra-cula, fisso malintenzionatamen-te sul collo di una fanciulla. I vol-ti dei fratelli Marx erano un inno

alla stralunata follia. La diligen-za che scivola dall’alto verso ilbasso sulle grandi lettere del ti-tolo di Ombre rosse istigaval’idea della velocità, della corsa,della fuga dagli indiani cattivi.Altre pubblicità insufflavano

nella cultura popolare suggestio-ni artistiche più profonde, comeAurora di Murnau che ricordaMunch, e Metropolis di Lang, unfosco futurismo.

Nell’età dell’oro di Hollywo-od i manifesti raccontavano conla libertà della fantasia la vita co-me avrebbe potuto essere nei so-gni. Erano il colore delle metro-poli. Nel Segreto di Nora Moran(1933), Zita Johann se ne sta ac-coccolata in sottoveste traspa-rente per una delle immaginipiù osé dell’anteguerra. Poi arri-varono i codici di censura. E di-segnare corpi giganti così nonfu più possibile. Né parlar benedei comunisti. Eppure la graficacostruttivista per l’Ottobre di Ei-senstein rendeva affascinantenelle bacheche dei cinema persi-no la rivoluzione sovietica.

La filosofia che vain cerca di fortuna

L’infinitaimmaginazionedi Beethoven

Segue da pagina I

FEDERICO VERCELLONE

Musica Creatività, idee estetichee vita di un genio visto da Solomon

Personaggi e storieVITuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA VII

IL «MANUALE» DI GIANNI RONDOLINO

Tutto cominciò con i Lumière= Evocare il percorso professionale di GianniRondolino - già docente di Storia e Critica del Cinemaall’Ateneo di Torino, autore di svariati saggi oltre che diuna Storia del cinema d’animazione (1974) e di unaStoria del cinema (1977), tra i fondatori del Torino FilmFestival - è esercizio non pleonastico per introdurre lasua più recente fatica, Manuale di storia del cinema(Utet, pp.626, € 35). Nato quale strumento per lapreparazione studentesca, il libro non risente affattodella sua destinazione d’uso: se l’agilità della formula ela maniera semplice, godibile di comunicare lo rendono

adeguato alle esigenze della nuova impostazioneuniversitaria, le stesse caratteristiche valgono perl’appassionato della settima arte, che qui troveràun’utile, completissima guida. Con l’abituale passione,Rondolino si addentra nell’universo della celluloidecoinvolgendoci in un periplo affascinante tra i cineasti,gli autori, gli interpreti, le correnti estetiche e storicheche hanno contraddistinto il più significativo fenomenoculturale dello scorso secolo: dagli inizi dei Lumière e diMéliès sino ai capi d’opera odierni, transitando per lamagica epoca del muto, la stagione classica sovietica, icupi umori dell’espressionismo tedesco, la Hollywooddegli anni ruggenti ed il rinnovamento del neorealismo.Se il ricorso ad obiettivi d’inizio capitolo, l’inserimento

di trame dei film maggiormente importanti e lapossibilità d’integrare, d’approfondire con l’uso dimateriale on line sono preziose risorse per chi s'apprestaa sostenere un esame, esse si rivelano pure validistrumenti per guidare il lettore in una «navigazione»quanto mai ricca di suggestioni, stimoli, risonanze.La necessità di uno sguardo che abbracci quanto piùpossibile in un numero contenuto di pagine induce atalune semplificazioni (per esempio, la gloriosa paginadell’orrore indigeno ridotta al solo Dario Argento, senzaneppure citare Mario Bava); ma il risultato, dicevamo,lascia soddisfatti, e può dirsi il punto d’arrivo d’unacarriera didattica esemplare. Francesco Troiano

GIALLOE THRILLING ALL’ITALIANA

Dagli Anni Trenta a Argento= «Sangue a profusione, qualche amplesso, un pizzico ditribadismo ed abbondanza di seni nudi, il tutto condito daannotazioni assurde, confuse, sovente ingenue e servite dauna interpretazione a dir poco dilettantesca»: osservazioni dicodesto tenore erano dirette dalla critica, nei primi Anni 70, atutti quei film che sfruttavano il cosiddetto «filoneargentiano» (proprio ieri Dario Argento ha compiutosettant’anni), stabilendo in tale modo una sorta di «viaindigena» al thrilling. Oggi che i generi non esistono più, èfacile vedere come tali pellicole (fatti i debiti distinguo)fossero sovente di dignitosa fattura, tanto da venir

apprezzate anche all’estero - vedi il caso di Quentin Tarantino- per la loro abilità nel costruire suspense, con un dispendioemoglobinico che oggi appare contenuto.E’, quindi, interessante ripercorrere la storia di questa tranchedel cinema nostrano commerciale: ce lo consentono AntonioBruschini e Stefano Piselli col loro Giallo & thrillingall’italiana (Glittering Images, pp.112, € 32), dizionarioillustrato che mette in fila tutti i prodotti della categoria apartire dal 1931, vale a dire da quel L’uomo dall’artiglio diNunzio Malasomma remoto progenitore di tutto.A parte la filologia, il «giallo» autarchico prende le mosseda due titoli di Mario Bava, La ragazza che sapeva troppo(1963) e Sei donne per l’assassino (1964): in particolare ilsecondo - citato da Almodóvar a fini masturbatori in

Matador (1986) - è il manifesto modello di Argento perL’uccello dalle piume di cristallo (1970), suo fortunatoesordio nel lungometraggio.Di qui innanzi si diparte una teoria di omicidi all’arma bianca,assassini nerovestiti, deliri sadomasochisti alla Krafft-Ebing,belle fanciulle svestite, brividi a profusione che oggi appaionoinoltre un piacevole repertorio di modernariato, dalleimprobabili giacche indossate da taluni interpreti (Ugo Pagliaine La dama rossa uccide 7 volte) fino al décor quasi camp dicerti interni. E la paura? Beh, a volte latita un poco, ma diversiregisti - Fulci, Martino, Dallamano, Valerii, Cavara - han fattocose pregevoli, che reggono l’usura del tempo e con brio ciricordano com’era dolce la vita prima della rivoluzione. [F. T.]

pp Ira M. Resnickp HOLLYWOOD

MANIFESTI DEL CINEMANELL’ETÀ DELL’OROp pref. di Martin Scorsesep trad. di Valentina Brandazzap Jaca Book, pp. 304, € 75p in libreria dal 22 settembre

pp Maynard Solomonp L'ULTIMO BEETHOVENp trad. di Nicola Bizzarop Carocci, pp. 365, € 29,80

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Quanti sogni di cartaprima del buio in sala

Raccontavano amorie passioni, pauree speranze, eranoi colori delle metropoli,la fantasia della vita

Louis-Jean Lumière (a destra),con il fratello Auguste

Due sex symbol di Hollywood:qui sopra Louise Brooks

nel film di Pabst del 1929«Das Tagebuch einer Verlorenen»(«Diario di una donna perduta»);

a sinistra Rita Hayworthinterprete di «Gilda»

nel film con Glenn Forddiretto da Charles Vidor nel 1946

L’immaginescelta per

il manifestoe la copertinadel catalogo,

edito daF. C. Panini,

per la mostra«Il gioco

delle sorti»,che si aprea Modena,

in occasionedel Festival

della filosofia

Prima della tv, eranoi muri e le vetrinea fare la pubblicità:locandine diventateopere d’arte di carta

La title card di «Hollywood Party» («La grande festa») musical della MGM, 1934, ora titolo anche della trasmissione cult di RadioTre sul cinema

Incarnavano il fascinodella star: dalla Gildadi Rita Hayworthal Selvaggio di Brando,dalla Brooks a Bogart

Sopra: l’abbraccio fra Lana Turner e John Garfield nelmanifesto per «Il postino suona sempre due volte» di Tay

Garnett, 1946; a destra, un particolare per il manifestodi «Aurora» di Murnau, 1927, che evoca la pittura di Munch

L’ultima, emozionantestagione creativacon la Nona Sinfonia,le Sonate per pianofortee la Messa solenne

Soprail manifesto

per ladistribuzione

sovieticadi «Ottobre»

diretto daEjzenstein,

1928, esempiodi grafica

costruttivista;a sinistra un

particolare delmanifesto

americano per«Il gabinetto

del dottorCaligari»di Robert

Wiene,1920

Dice Remo Bodei:«Ho cercato di spiegarecose che secondo logicanon hanno senso,ad esempio le passioni»

Dario Argentoha compiuto ieri 70 anni

Page 8: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.16

MARIA RITAMASCI

Ricorre quest'annoil quarto centenario dellamorte di Matteo Ricci, il pa-dre gesuita che per primoconsentì una vero contattodi idee fra la Cina e l'Occi-dente. Il suo ruolo di straor-dinario mediatore viene oggicelebrato come non era maiaccaduto in passato attra-verso mostre, convegni e ini-ziative sia in Italia sia in Ci-na. Il recupero della figura diMatteo Ricci, in quanto sim-bolo della comprensione edell'adattamento, fa pensareche in futuro il dialogo fra Ci-na e Vaticano potrebbe svol-gersi su binari più proficui diquelli seguiti fino ad oggi.

La riproposta del libro di

Jonathan D. Spence, Il Palaz-zo della memoria di MatteoRicci, si inserisce in questocontesto. L’insegnamentodella scienza fu una dellestrategie apostoliche di Ric-ci, convinto che la superiori-tà del sapere occidentale dalui diffuso avrebbe attratto imandarini verso la religioneche propagandava. Oltreagli orologi meccanici, aimappamondi che rivelavanol'esistenza di cinque conti-nenti e la forma sferica dellaterra, alla traduzione di Eu-clide, alla matematica e all'astrologia, introdusse un si-stema di memorizzazione ba-

sato sulla costruzione di «pa-lazzi della memoria».

Ricci era dotato di una me-moria fuori dal comune, ma sa-peva anche ricorrere alle tec-niche di memorizzazione, fat-te risalire al poeta greco Simo-nide e in seguito affinate daPlinio e Quintiliano, che si era-no diffuse nel Medioevo diven-tando molto popolari nel Quat-trocento e nel Cinquecento. Ilsistema consisteva nell’elabo-razione di spazi mentali in for-ma di luoghi fisici, stanze damoltiplicare a piacimento finoa costruire strutture più com-plesse, palazzi appunto, dovecollocare immagini fortemen-

te evocative associate alle no-zioni che si volevano ricorda-re. Entrando con la mente nell'edificio, la vista dell'immagineavrebbe richiamato il contenu-to ad essa associato.

Ricci adattò questo siste-ma alla memorizzazione deicaratteri cinesi compilando ilXiguo jifa, «La mnemotecnicadei paesi occidentali», che do-nò al governatore della provin-cia del Jiangxi perché potesseessere di aiuto ai suoi figli nelcorso degli impegnativi esamiimperiali per accedere allacarriera di funzionario. Gran-de impressione, infatti, avevasuscitato una prova a cui il ge-suita si era sottoposto per di-mostrare la superiorità delsuo metodo: aveva chiesto aun giovane di scrivere una li-sta di caratteri a caso e di mo-strargliela; dopo una sola let-tura era stato in grado di ripe-terli esattamente e poi avevaripetuto la lista al contrario,dall'ultimo al primo. La suatecnica sembrava dunque vin-cente.

Nel suo testo, Ricci costruìuna sola stanza, l'ingresso,con la porta rivolta a sud perriguardo alla tradizione cine-se, e vi collocò quattro immagi-ni, una in ciascun angolo: dueguerrieri che si affrontano,una donna che proviene dalle

tribù occidentali, un contadi-no che miete il grano, una ser-va che tiene un bambino fra lebraccia. A ciascuna di questeimmagini corrisponde un ca-rattere. La prima ad esempiosta per il carattere wu che si-gnifica «guerra» e si componedi due parti grafiche e seman-tiche che indicano rispettiva-mente una «lancia» e l'azionedi «fermare». La rappresenta-zione visiva dei due combat-tenti, uno che attacca con unalancia e l'altro che cerca dibloccarlo, rimanda immediata-mente alla grafia del caratte-re. E questo vale per gli altritre esempi che riguardano yao«volere», li «profitto» e hao«bene».

Utilizzando queste quattroimmagini mnemoniche, a cuiaggiunge quattro disegni reli-giosi che illustrano altrettantiepisodi della vita di Cristo edella Bibbia che Ricci donò adun amico cinese tipografo,Spence costruisce la strutturae l'asse portante del libro.

Esso diventa dunque il «pa-lazzo» del noto sinologo ingle-se, erudito e accattivante nar-ratore, per ricostruire, nonsoltanto la grande avventuradi Matteo Ricci, ma il mondodal quale proveniva, l'Europadella Controriforma. E, comeRicci desiderava, suggerire lasuperiorità del pensiero asso-ciativo sul semplice mandarea memoria di tradizione cine-se. Così Spence, di associazio-ne in associazione, fa riviverecon ricchezza di dettagli ilquadro complessivo di quell'epoca.

Ricci Il gesuita, primo ponte con l’Oriente,celebrato a quattrocento anni dalla morte

Economia La crisi infinita: perché il capitalismoha una potente coazione a ripetere gli errori

LELIODEMICHELIS

Non basteranno le ri-forme di Obama e della Me-rkel, non basterà Basilea 3 néla nuova Authority europea.Non basteranno nuovi corsiuniversitari di «etica degli affa-ri» o di «imprenditorialità so-ciale» (ovvero: cambiare tuttoperché nulla cambi). Non ba-steranno, perché il capitalismoha davvero in sé una potentissi-ma coazione a ripetere gli erro-ri e un'irrefrenabile pulsione dimorte (uccidere ricchezza è im-portante quanto produrla). Maforse anche perché ha una

grande capacità di creare ege-monia (con consumismo e di-vertimento). O perché «è fattocosì». O perché tutti studiano«questa» economia, ma nessu-no se ne pente.

Come invece ha fatto Flo-rence Noiville, raccontandolonel suo delizioso Ho studiatoeconomia e me ne pento. Diplo-matasi nel 1984 in una delle piùprestigiose business school fran-cesi, dopo il «pentimento» lavo-ra come critica letteraria a LeMonde, è saggista e scrittrice (esarà a Torino spiritualità il 24settembre). Un atto d’accusa, ilsuo, contro le scuole di econo-mia (tutte uguali, tutte copia eincolla). Scuole dove da tempomarketing e finanza sono le di-scipline regine e il modello vin-cente è riassunto nell’acroni-mo MMPRDC, «Make MoreProfit, the Rest we Don’t Careabout».

Dopo l’ultima crisi è cambia-to qualcosa? Guardando i pro-grammi delle scuole «come te-mevo, nulla o quasi è cambia-

to», dice l’autrice, e si interroga:ma perché nessuno reagisce?Perché, dopo la crisi, tutto sem-bra tornare “come prima”? Per-ché insistere con il concetto di“crescita”, «che mi sembra, sem-pre più un’oscenità»?

Molti manager - e Noivilleracconta diversi suoi incontricon i non-pentiti - capiscono chequalcosa non va, ma poi «soppor-tano in silenzio turpitudini e bas-sezze (“se non lo fa la mia azien-da, lo farà un'altra”)»; e danno lacolpa al «sistema», facendo fintadi non vedere che il sistema sonoloro stessi; al più cercano vie difuga individuali, senza provare acambiare le cose insieme (tanto,

«non posso farci nulla»). E’ co-me se le business schools del mon-do avessero prodotto «pecoronipluridiplomati che, al seguito dianonimi pastori non hanno diffi-coltà a lanciarsi tutti quanti in-sieme nel baratro delle crisi piùprofonde».

Cambiare l’economia (model-li, equazioni scopi) e i modi di in-segnarla. Sembra facile, ma nonlo è. Perché, prima delle businessschools c'è una sorta di ideologiadel libero mercato (che è tutto,meno che libero); una bioecono-mia come scrive Laura Bazzica-lupo (filosofa della politica) che,con Antonio Tucci (sociologo deldiritto), entrambi docenti all’Unidi Salerno, è curatrice de Il gran-de crollo. E’ possibile un governodella crisi economica?

Un libro prezioso come pochialtri per capire, sotto il velo delleapparenze e dei conformismi de-gli economisti, le ragioni di que-sta crisi. Partendo non dall’eco-nomia - che «è divenuta il refe-rente della propria stessa logica,lanciando il sistema globale ver-so una crescita illimitata e unaproduttività fine a se stessa» eche dunque è incapace di giudi-carsi e correggersi - ma da politi-ca e diritto, dal loro dovere di in-terpretare la realtà e di governa-re l’economia e le sue crisi.

Crisi che il capitalismo cerca

invece in ogni modo di riportarea una propria intrinseca normali-tà, come se fossero un banale in-cidente nel continuum della nor-ma(lità) capitalistica. E questo,grazie al prevalere, sempre e co-munque dell’immaginario neoli-berista «che struttura e legitti-ma i comportamenti, i ruoli, lescelte»; perché, prima della fi-

nanza (Bazzicalupo) vi è un po-tente «investimento fantasmati-co che sostiene il desiderio e lasoggettività»; una «narrazioneeconomica», affascinante per-ché illude di autonomia e libertà,ma che insegna invece come e co-sa desiderare. Un immaginariotanto attraente che - sua ulterio-re funzione - «occlude l’antagoni-smo», la critica, la riforma di sestesso. Grazie anche all’idea delmercato quale «organismo auto-normativo». E così vince l'ap-proccio, «tipicamente economi-co, della gestione dei rischi»: lacrisi «come sintomo non da gua-rire, ma da accettare».

Crisi anche come «cigno ne-

ro», come evento inaspettato eche spinge a elaborare solo a po-steriori le giustificazioni dellasua comparsa - secondo NassimN. Taleb. Personaggio eccentri-co, filosofo controverso (ha ini-ziato come trader, oggi è legato adue hedge fund; la sua specialità ègiocare sui ribassi dei titoli), au-tore appunto del best seller Il ci-gno nero. Di cui ora esce il po-scritto, Robustezza e fragilità.Perché i cigni neri - metafora diciò che non doveva esistere - esi-stono e possono spiegare granparte dei fatti che accadono,comprese le crisi finanziarie;mentre dovremmo renderci con-to che molte cose non riuscire-mo mai a capirle.

Taleb propone, ancora conmetafore, alcune soluzioni: nulladovrebbe diventare troppo gran-de da non poter fallire; mai darea qualcuno un autobus scolasti-co da guidare, se ha distrutto ilprecedente; mai dare a un tossi-codipendente altre droghe. Epoi: marginalizzare le scuole dibusiness, chiudere i Nobel di eco-nomia, avere un’ecologia più ric-ca. E’ sufficiente? Forse no.

Anche fare previsioni, poi,non è impossibile; e Weber e Jo-nas potrebbero dirci qualcosa.Bisognerebbe invece cambiarel'immaginario dominante. E quiviene il difficile.

BARTHES

Carnet d’Oriente= Un viaggio del 1974.Roland Barthes, in delegazionecon Sollers e la Kristeva, allascoperta della Cina, dei suoisegni, di fabbrica in scuola, diospedale in quartiere, attentoalla vita quotidiana, senzacedere alla propaganda delRegime. Finora inediti, ecco Icarnetdel viaggio in Cina(Obarrao edizioni, pp. 228,€ 16,50, a cura di AnneHerschberg Pierrot, trad. diGuido Lagomarsino). «Piccolobilancio - è un appunto del 17aprile -: apparato d’indiscutibileefficacia (sul piano dei bisogni);resta ancora tutto interol’enigmasul piano dei valori (deidesideri): qui sono ancorasoltantomezzi».

GEMELLAGGIO

Rosa e peonia= Petali d’Italia, petali diCina. In La rosa e le peonia(L’asino d’oro, € 14), ValentinaPedone (docentedi Letteraturacinese) racconta in linguaitaliana le principali tappe dioltre 4000 anni di civiltà cinese.Wei Yi, dottore di ricerca inItalianisticaalla Sapienza diRoma, in lingua cineseripercorre le linee essenzialidella nostra letteratura.

IERI E OGGI

Mao e dopo= Ieri e oggi. MauriceMeisner ritrae Maoe laRivoluzionecinese (trad. diSandraBergamaschi, pp. 305,€ 21, ). Guido Samarani,racconta la Cina, ventunesimosecolo (pp. 149, € 10):entrambi i titoli da Einaudi.

LE «PREDICHE» DI MODIGLIANI

Italia-America= Premio Nobel 1985 perl’economia, Franco Modigliani,scomparso nel 2003,dall’osservatorio statunitensenon ha mai mancato diindugiare sul Paese chedovette lasciare in seguito alleleggi razziali. Dispensandoanalisi e consigli tantoossequiati quanto,generalmente, inascoltati. Le«battaglie e riflessioni di unesule» sono raccolte nelvolume Bollati BoringhieriL’Italia vista dall’America(pp. 258, € 16, a cura di RenatoCamurri, autore di un densosaggio introduttivo, «Unintellettuale cosmopolita»).«La pecca più grande degliitaliani, il loro vizio peggiore, ildifetto più imperdonabile -osservava Modigliani - è lafurbizia. (...) La sola cosa chemi consola è che hannoimparato a non fare i furbicome produttori. Perché nelresto del mondo non te loperdonano».

ECONOMISTICHE SBAGLIANO

Il dio mercato= Nell’abisso della crisi:anche per le responsabilità deiguru di settore. AlessandroRoncaglia, professore a LaSapienza, analizza le radiciculturali della crisi inEconomisti che sbagliano(Laterza, pp. 112, € 12). Tra glierrori gravi, «il mito di unaonnipotente mano invisibiledel mercato, la fiducia cieca inmeccanismi riequilibratoriautomatici e l’ostilità verso lafissazione di regole del giocovincolanti per tutti».

UN ANONIMO PAMPHLET

W la recessione= Una ricetta anonima persopravvivere al tempo dellacrisi. La firma, appunto,Anonimo Lombardo, chenavigando on line di fatto sirivela come Luigi Lunari,drammaturgo, criticoletterario, traduttore, pervent’anni al Piccolo di Milanocon Paolo Grassi e GiorgioStrehler. Il suo Elogio dellarecessione (Book Time, pp.89, € 10) è un adattamentodell’adagio di Vico: sembranoavversità e invece sonoopportunità. Opportunità larecessione, stagioneprovvidenziale, perché imponedi fare un passo indietro e nellaproduzione e nei consumi.Meglio non «crescere» troppo.

pp Jonathan D. Spencep IL PALAZZO

DELLA MEMORIADI MATTEO RICCIp trad. di Flavia Pesettip Adelphi, pp. 384, € 28

pp Nassim N. Talebp ROBUSTEZZA E FRAGILITÀ

Il Cigno nero tre anni dopop trad. di Libero Sosiop il Saggiatore, pp. 128, € 13

Dare la colpaal sistema è l’alibidei manager

pp IL GRANDE CROLLOE' possibile un governodella crisi economica?p a cura di L. Bazzicalupo e A. Tuccip Mimesis, pp. 221, € 15

Cina più vicinacon padre Matteo

pp Florence Noivillep HO STUDIATO ECONOMIA

E ME NE PENTOp trad. di Maddalena Toglianip Bollati Boringhieri, pp. 96, € 10

Uno straordinariomediatore di cultureritratto nel classicodi Spence: «Il palazzodella memoria»

Era convinto chela superiorità del sapereoccidentale da luidiffuso avrebbeconvertito i mandarini

Un atto d’accusadella francese Noivillecontro le scuoledi marketing e finanzae i loro allievi «pecoroni»

Le ricette di Taleb,il filosofo - traderdel «Cigno nero»:mai dare altre droghea un tossicodipendente

Passato e presenteVIIITuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA IX

Nassim Nicholas TalebFlorence Noiville

Un francobollo emesso nel 2002, quando si celebrarono i 450 anni dalla nascita

In breveIn breve

Page 9: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.16

MARIA RITAMASCI

Ricorre quest'annoil quarto centenario dellamorte di Matteo Ricci, il pa-dre gesuita che per primoconsentì una vero contattodi idee fra la Cina e l'Occi-dente. Il suo ruolo di straor-dinario mediatore viene oggicelebrato come non era maiaccaduto in passato attra-verso mostre, convegni e ini-ziative sia in Italia sia in Ci-na. Il recupero della figura diMatteo Ricci, in quanto sim-bolo della comprensione edell'adattamento, fa pensareche in futuro il dialogo fra Ci-na e Vaticano potrebbe svol-gersi su binari più proficui diquelli seguiti fino ad oggi.

La riproposta del libro di

Jonathan D. Spence, Il Palaz-zo della memoria di MatteoRicci, si inserisce in questocontesto. L’insegnamentodella scienza fu una dellestrategie apostoliche di Ric-ci, convinto che la superiori-tà del sapere occidentale dalui diffuso avrebbe attratto imandarini verso la religioneche propagandava. Oltreagli orologi meccanici, aimappamondi che rivelavanol'esistenza di cinque conti-nenti e la forma sferica dellaterra, alla traduzione di Eu-clide, alla matematica e all'astrologia, introdusse un si-stema di memorizzazione ba-

sato sulla costruzione di «pa-lazzi della memoria».

Ricci era dotato di una me-moria fuori dal comune, ma sa-peva anche ricorrere alle tec-niche di memorizzazione, fat-te risalire al poeta greco Simo-nide e in seguito affinate daPlinio e Quintiliano, che si era-no diffuse nel Medioevo diven-tando molto popolari nel Quat-trocento e nel Cinquecento. Ilsistema consisteva nell’elabo-razione di spazi mentali in for-ma di luoghi fisici, stanze damoltiplicare a piacimento finoa costruire strutture più com-plesse, palazzi appunto, dovecollocare immagini fortemen-

te evocative associate alle no-zioni che si volevano ricorda-re. Entrando con la mente nell'edificio, la vista dell'immagineavrebbe richiamato il contenu-to ad essa associato.

Ricci adattò questo siste-ma alla memorizzazione deicaratteri cinesi compilando ilXiguo jifa, «La mnemotecnicadei paesi occidentali», che do-nò al governatore della provin-cia del Jiangxi perché potesseessere di aiuto ai suoi figli nelcorso degli impegnativi esamiimperiali per accedere allacarriera di funzionario. Gran-de impressione, infatti, avevasuscitato una prova a cui il ge-suita si era sottoposto per di-mostrare la superiorità delsuo metodo: aveva chiesto aun giovane di scrivere una li-sta di caratteri a caso e di mo-strargliela; dopo una sola let-tura era stato in grado di ripe-terli esattamente e poi avevaripetuto la lista al contrario,dall'ultimo al primo. La suatecnica sembrava dunque vin-cente.

Nel suo testo, Ricci costruìuna sola stanza, l'ingresso,con la porta rivolta a sud perriguardo alla tradizione cine-se, e vi collocò quattro immagi-ni, una in ciascun angolo: dueguerrieri che si affrontano,una donna che proviene dalle

tribù occidentali, un contadi-no che miete il grano, una ser-va che tiene un bambino fra lebraccia. A ciascuna di questeimmagini corrisponde un ca-rattere. La prima ad esempiosta per il carattere wu che si-gnifica «guerra» e si componedi due parti grafiche e seman-tiche che indicano rispettiva-mente una «lancia» e l'azionedi «fermare». La rappresenta-zione visiva dei due combat-tenti, uno che attacca con unalancia e l'altro che cerca dibloccarlo, rimanda immediata-mente alla grafia del caratte-re. E questo vale per gli altritre esempi che riguardano yao«volere», li «profitto» e hao«bene».

Utilizzando queste quattroimmagini mnemoniche, a cuiaggiunge quattro disegni reli-giosi che illustrano altrettantiepisodi della vita di Cristo edella Bibbia che Ricci donò adun amico cinese tipografo,Spence costruisce la strutturae l'asse portante del libro.

Esso diventa dunque il «pa-lazzo» del noto sinologo ingle-se, erudito e accattivante nar-ratore, per ricostruire, nonsoltanto la grande avventuradi Matteo Ricci, ma il mondodal quale proveniva, l'Europadella Controriforma. E, comeRicci desiderava, suggerire lasuperiorità del pensiero asso-ciativo sul semplice mandarea memoria di tradizione cine-se. Così Spence, di associazio-ne in associazione, fa riviverecon ricchezza di dettagli ilquadro complessivo di quell'epoca.

Ricci Il gesuita, primo ponte con l’Oriente,celebrato a quattrocento anni dalla morte

Economia La crisi infinita: perché il capitalismoha una potente coazione a ripetere gli errori

LELIODEMICHELIS

Non basteranno le ri-forme di Obama e della Me-rkel, non basterà Basilea 3 néla nuova Authority europea.Non basteranno nuovi corsiuniversitari di «etica degli affa-ri» o di «imprenditorialità so-ciale» (ovvero: cambiare tuttoperché nulla cambi). Non ba-steranno, perché il capitalismoha davvero in sé una potentissi-ma coazione a ripetere gli erro-ri e un'irrefrenabile pulsione dimorte (uccidere ricchezza è im-portante quanto produrla). Maforse anche perché ha una

grande capacità di creare ege-monia (con consumismo e di-vertimento). O perché «è fattocosì». O perché tutti studiano«questa» economia, ma nessu-no se ne pente.

Come invece ha fatto Flo-rence Noiville, raccontandolonel suo delizioso Ho studiatoeconomia e me ne pento. Diplo-matasi nel 1984 in una delle piùprestigiose business school fran-cesi, dopo il «pentimento» lavo-ra come critica letteraria a LeMonde, è saggista e scrittrice (esarà a Torino spiritualità il 24settembre). Un atto d’accusa, ilsuo, contro le scuole di econo-mia (tutte uguali, tutte copia eincolla). Scuole dove da tempomarketing e finanza sono le di-scipline regine e il modello vin-cente è riassunto nell’acroni-mo MMPRDC, «Make MoreProfit, the Rest we Don’t Careabout».

Dopo l’ultima crisi è cambia-to qualcosa? Guardando i pro-grammi delle scuole «come te-mevo, nulla o quasi è cambia-

to», dice l’autrice, e si interroga:ma perché nessuno reagisce?Perché, dopo la crisi, tutto sem-bra tornare “come prima”? Per-ché insistere con il concetto di“crescita”, «che mi sembra, sem-pre più un’oscenità»?

Molti manager - e Noivilleracconta diversi suoi incontricon i non-pentiti - capiscono chequalcosa non va, ma poi «soppor-tano in silenzio turpitudini e bas-sezze (“se non lo fa la mia azien-da, lo farà un'altra”)»; e danno lacolpa al «sistema», facendo fintadi non vedere che il sistema sonoloro stessi; al più cercano vie difuga individuali, senza provare acambiare le cose insieme (tanto,

«non posso farci nulla»). E’ co-me se le business schools del mon-do avessero prodotto «pecoronipluridiplomati che, al seguito dianonimi pastori non hanno diffi-coltà a lanciarsi tutti quanti in-sieme nel baratro delle crisi piùprofonde».

Cambiare l’economia (model-li, equazioni scopi) e i modi di in-segnarla. Sembra facile, ma nonlo è. Perché, prima delle businessschools c'è una sorta di ideologiadel libero mercato (che è tutto,meno che libero); una bioecono-mia come scrive Laura Bazzica-lupo (filosofa della politica) che,con Antonio Tucci (sociologo deldiritto), entrambi docenti all’Unidi Salerno, è curatrice de Il gran-de crollo. E’ possibile un governodella crisi economica?

Un libro prezioso come pochialtri per capire, sotto il velo delleapparenze e dei conformismi de-gli economisti, le ragioni di que-sta crisi. Partendo non dall’eco-nomia - che «è divenuta il refe-rente della propria stessa logica,lanciando il sistema globale ver-so una crescita illimitata e unaproduttività fine a se stessa» eche dunque è incapace di giudi-carsi e correggersi - ma da politi-ca e diritto, dal loro dovere di in-terpretare la realtà e di governa-re l’economia e le sue crisi.

Crisi che il capitalismo cerca

invece in ogni modo di riportarea una propria intrinseca normali-tà, come se fossero un banale in-cidente nel continuum della nor-ma(lità) capitalistica. E questo,grazie al prevalere, sempre e co-munque dell’immaginario neoli-berista «che struttura e legitti-ma i comportamenti, i ruoli, lescelte»; perché, prima della fi-

nanza (Bazzicalupo) vi è un po-tente «investimento fantasmati-co che sostiene il desiderio e lasoggettività»; una «narrazioneeconomica», affascinante per-ché illude di autonomia e libertà,ma che insegna invece come e co-sa desiderare. Un immaginariotanto attraente che - sua ulterio-re funzione - «occlude l’antagoni-smo», la critica, la riforma di sestesso. Grazie anche all’idea delmercato quale «organismo auto-normativo». E così vince l'ap-proccio, «tipicamente economi-co, della gestione dei rischi»: lacrisi «come sintomo non da gua-rire, ma da accettare».

Crisi anche come «cigno ne-

ro», come evento inaspettato eche spinge a elaborare solo a po-steriori le giustificazioni dellasua comparsa - secondo NassimN. Taleb. Personaggio eccentri-co, filosofo controverso (ha ini-ziato come trader, oggi è legato adue hedge fund; la sua specialità ègiocare sui ribassi dei titoli), au-tore appunto del best seller Il ci-gno nero. Di cui ora esce il po-scritto, Robustezza e fragilità.Perché i cigni neri - metafora diciò che non doveva esistere - esi-stono e possono spiegare granparte dei fatti che accadono,comprese le crisi finanziarie;mentre dovremmo renderci con-to che molte cose non riuscire-mo mai a capirle.

Taleb propone, ancora conmetafore, alcune soluzioni: nulladovrebbe diventare troppo gran-de da non poter fallire; mai darea qualcuno un autobus scolasti-co da guidare, se ha distrutto ilprecedente; mai dare a un tossi-codipendente altre droghe. Epoi: marginalizzare le scuole dibusiness, chiudere i Nobel di eco-nomia, avere un’ecologia più ric-ca. E’ sufficiente? Forse no.

Anche fare previsioni, poi,non è impossibile; e Weber e Jo-nas potrebbero dirci qualcosa.Bisognerebbe invece cambiarel'immaginario dominante. E quiviene il difficile.

BARTHES

Carnet d’Oriente= Un viaggio del 1974.Roland Barthes, in delegazionecon Sollers e la Kristeva, allascoperta della Cina, dei suoisegni, di fabbrica in scuola, diospedale in quartiere, attentoalla vita quotidiana, senzacedere alla propaganda delRegime. Finora inediti, ecco Icarnetdel viaggio in Cina(Obarrao edizioni, pp. 228,€ 16,50, a cura di AnneHerschberg Pierrot, trad. diGuido Lagomarsino). «Piccolobilancio - è un appunto del 17aprile -: apparato d’indiscutibileefficacia (sul piano dei bisogni);resta ancora tutto interol’enigmasul piano dei valori (deidesideri): qui sono ancorasoltantomezzi».

GEMELLAGGIO

Rosa e peonia= Petali d’Italia, petali diCina. In La rosa e le peonia(L’asino d’oro, € 14), ValentinaPedone (docentedi Letteraturacinese) racconta in linguaitaliana le principali tappe dioltre 4000 anni di civiltà cinese.Wei Yi, dottore di ricerca inItalianisticaalla Sapienza diRoma, in lingua cineseripercorre le linee essenzialidella nostra letteratura.

IERI E OGGI

Mao e dopo= Ieri e oggi. MauriceMeisner ritrae Maoe laRivoluzionecinese (trad. diSandraBergamaschi, pp. 305,€ 21, ). Guido Samarani,racconta la Cina, ventunesimosecolo (pp. 149, € 10):entrambi i titoli da Einaudi.

LE «PREDICHE» DI MODIGLIANI

Italia-America= Premio Nobel 1985 perl’economia, Franco Modigliani,scomparso nel 2003,dall’osservatorio statunitensenon ha mai mancato diindugiare sul Paese chedovette lasciare in seguito alleleggi razziali. Dispensandoanalisi e consigli tantoossequiati quanto,generalmente, inascoltati. Le«battaglie e riflessioni di unesule» sono raccolte nelvolume Bollati BoringhieriL’Italia vista dall’America(pp. 258, € 16, a cura di RenatoCamurri, autore di un densosaggio introduttivo, «Unintellettuale cosmopolita»).«La pecca più grande degliitaliani, il loro vizio peggiore, ildifetto più imperdonabile -osservava Modigliani - è lafurbizia. (...) La sola cosa chemi consola è che hannoimparato a non fare i furbicome produttori. Perché nelresto del mondo non te loperdonano».

ECONOMISTICHE SBAGLIANO

Il dio mercato= Nell’abisso della crisi:anche per le responsabilità deiguru di settore. AlessandroRoncaglia, professore a LaSapienza, analizza le radiciculturali della crisi inEconomisti che sbagliano(Laterza, pp. 112, € 12). Tra glierrori gravi, «il mito di unaonnipotente mano invisibiledel mercato, la fiducia cieca inmeccanismi riequilibratoriautomatici e l’ostilità verso lafissazione di regole del giocovincolanti per tutti».

UN ANONIMO PAMPHLET

W la recessione= Una ricetta anonima persopravvivere al tempo dellacrisi. La firma, appunto,Anonimo Lombardo, chenavigando on line di fatto sirivela come Luigi Lunari,drammaturgo, criticoletterario, traduttore, pervent’anni al Piccolo di Milanocon Paolo Grassi e GiorgioStrehler. Il suo Elogio dellarecessione (Book Time, pp.89, € 10) è un adattamentodell’adagio di Vico: sembranoavversità e invece sonoopportunità. Opportunità larecessione, stagioneprovvidenziale, perché imponedi fare un passo indietro e nellaproduzione e nei consumi.Meglio non «crescere» troppo.

pp Jonathan D. Spencep IL PALAZZO

DELLA MEMORIADI MATTEO RICCIp trad. di Flavia Pesettip Adelphi, pp. 384, € 28

pp Nassim N. Talebp ROBUSTEZZA E FRAGILITÀ

Il Cigno nero tre anni dopop trad. di Libero Sosiop il Saggiatore, pp. 128, € 13

Dare la colpaal sistema è l’alibidei manager

pp IL GRANDE CROLLOE' possibile un governodella crisi economica?p a cura di L. Bazzicalupo e A. Tuccip Mimesis, pp. 221, € 15

Cina più vicinacon padre Matteo

pp Florence Noivillep HO STUDIATO ECONOMIA

E ME NE PENTOp trad. di Maddalena Toglianip Bollati Boringhieri, pp. 96, € 10

Uno straordinariomediatore di cultureritratto nel classicodi Spence: «Il palazzodella memoria»

Era convinto chela superiorità del sapereoccidentale da luidiffuso avrebbeconvertito i mandarini

Un atto d’accusadella francese Noivillecontro le scuoledi marketing e finanzae i loro allievi «pecoroni»

Le ricette di Taleb,il filosofo - traderdel «Cigno nero»:mai dare altre droghea un tossicodipendente

Passato e presenteVIIITuttolibri

SABATO 11 SETTEMBRE 2010LA STAMPA IX

Nassim Nicholas TalebFlorence Noiville

Un francobollo emesso nel 2002, quando si celebrarono i 450 anni dalla nascita

In breveIn breve

Page 10: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.17

31

100

9

1

10 29

Acquain bocca

CAMILLERI; LUCARELLIMINIMUMFAX

2I segretidel Vaticano

AUGIASMONDADORI

Terroni

APRILEPIEMME

8

Acciaio

AVALLONERIZZOLI

41

59

43

La bibliotecadei libriproibitiHARDINGGARZANTI LIBRI

I love minishopping

KINSELLAMONDADORI

60 4

L’ultima rigadelle favole

GRAMELLINILONGANESI

44

Un giorno

NICHOLLSNERI POZZA

MangiapregaamaGILBERTRIZZOLI

CanaleMussolini

PENNACCHIMONDADORI

6

54

Saggistica TascabiliNarrativaitaliana

Narrativastraniera Varia Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 29 AGOSTO AL 4 SETTEMBRE.

3

41

1. I love mini shopping 100KINSELLA 19,50 MONDADORI

2. Mangia prega ama 44GILBERT 18,50 RIZZOLI

3. Un giorno 41NICHOLLS 18,00 NERI POZZA

4. La biblioteca dei libri proibiti 31HARDING 17,60 GARZANTI

5. La psichiatra 23DORN 18,60 CORBACCIO

6. Twilight. La graphic novel 18MEYER; YOUNG 14,50 FAZI

7. Irresistibile 17STEEL 19,90 SPERLING & KUPFER

8. Il libro delle anime 16COOPER 19,60 NORD

9. L’eleganza del riccio 16BARBERY 18,00 E/O

10. Il palazzo della mezzanotte 16RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

AI PUNTILUCIANO GENTA

Il detectiveAugias

in Vaticano

1. La solitudinedei numeriprimi 67GIORDANO 13,00 MONDADORI

2. È una vita che ti aspetto 30VOLO 9,00 MONDADORI

3. Il giorno in più 26VOLO 12,00 MONDADORI

4. L’ombra del vento 25RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

5. Un posto nel mondo 24VOLO 12,00 MONDADORI

6. La regina dei castelli di carta 22LARSSON 13,80 MARSILIO

7. Esco a fare due passi 21VOLO 9,00 MONDADORI

8. Venuto al mondo 21MAZZANTINI 14,00 MONDADORI

9. Marina 20RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

10. Laragazzachegiocavaconil fuoco 19LARSSON 13,80 MARSILIO

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Cominciamo dai nuovi ingressi della settimana,fra i primi 10. Al terzo posto c’è Augias, che prose-gue il suo ciclo di indagini per dipanare storie e

personaggi e sciogliere segreti in luoghi emblematici, fracultura, arte e costume - questa volta in Vaticano, dopoParigi e New York, Londra e Roma -, andando a zig zagnel tempo e nello spazio, con elegante understatementmai disgiunto dalla passionaccia del cronista di nera, dalgusto del lettore di gialli per cui è diventato così popolare,sui giornali e in tv. E proprio quel genere e quel linguag-gio tv, lanciati da Angelo Guglielmi, oggi proseguono emietono frutti in editoria, trovando il mix tra feuilletton e

divulgazione, racconto e documento, informazione e dilet-to. Per le altre due novità, in quinta e in nona posizione,qui, a gusto, dovrebbe bastare il virgiliano «guarda e pas-sa»: in Mangia prega ama c’è la trentenne in crisi che de-ve riordinare la propria vita e sta per arrivare al cinemacon il volto di Julia Roberts; la Biblioteca dei libri proibitiè l’ennesima variazione del mistery goticheggiante, que-sta volta nel New England fine ‘800. Ci sono poi, a centroclassifica, i «maratoneti» dell’estate: il romanzo Un gior-no di Nichols, la vera sorpresa della stagione grazie alpassaparola, la Favola alle Terme dell’anima di Gramel-lini e il polemico saggio da Lega Sud di Aprile, mentre nei

tascabili i Numeri primi di Giordano già si preparanoad un ulteriore rilancio con la prossima uscita del film diSaverio Costanzo presentato giovedì a Venezia. Risalen-do infine al vertice primeggia ancora la Kynsella, mante-nendo 100 punti che valgono sempre 10 mila copie, e laAvallone si gode il sorpasso su Pennacchi, senza curarsidi chi ai libri antepone il suo «strepitoso décolleté». Tipiche lei ben conosce, come la protagonista del suo Acciaiocon quel padre che fin da piccola le spiava il culo e le «tet-te irriverenti». Tipi «bavosi», ha commentato la Murgia.Esagerato: forse semplicemente tipi da spiaggia, anniCinquanta/Ottanta, come i loro editori di riferimento.

Nel cuore di una guerratragica per l’Italia, Da ElAlamein al Sangro,

1942-43, la voce di chi fu un nemi-co, Bernard Law Montgomery,comandante della celebre VIII Ar-mata britannica. Il suo libro, usci-to nel ’50 da Garzanti, viene oraristampato dalla Libreria Editri-ce Goriziana e sarà presentato aPordenonelegge il 19 prossimo,presente il figlio David. Una scel-ta tutt’altro che casuale per la pic-cola editrice friulana che, graziead un lungo lavoro di nicchia, si èimposta in ambito nazionale co-me specialista di storia militare«puntando l’attenzione non sol-tanto sui grandi temi mondiali,ma anche alla ricostruzione delnostro passato». Come dimostrail catalogo ormai di 200 titoli, haidee precise Adriano Ossola checonduce, insieme al fratello Fede-rico (cui è affidata la libreria anti-quaria), l’azienda fondata dal pa-dre nell’83. E «le pagine di Mont-gomery - sottolinea - entrano apieno titolo in questo percorso».

Pur restando molto attenti agliargomenti legati al territorio, laforza degli Ossola è comunque nel-l’aver saputo da sempre guardarelontano, esempio a suo modo clamo-roso la Guerra senza limiti dei ci-nesi Qiao Liang-Wang Xiangsviuscita per la Leg a due mesi dall’11settembre e dove si preconizzaval’attacco alle Torri. Accanto alla

collana «Novecento» che sta arric-chendosi con il ritorno dopo 60 an-ni del saggio più famoso di Luigi Al-bertini Le origini della grandeguerra, tre volumi con introduzio-ne di Sergio Romano, sono proprio«Le guerre» il nucleo della «casa».In arrivo Le guerre di confine diIsraele di Benny Morris, uno deinuovi e più accreditati storici post-sionisti, mentre La caduta dei tita-ni-Come l’Armata Rossa bloccòHitler, testo notissimo all’estero diDavid Glantz e Jonathan House ètradotto per la prima volta in Ita-lia. Tornando a casa nostra, per ot-tobre, il pci nel contesto internazio-nale, 1941-’44 in Frontiera rossa diPatrick Karlsen.

Accoglienza, il 18, a Art Spie-gelman vincitore con il suo Mausdel FriulAdria, promosso da Por-denonelegge con il festival «èSto-ria» inventato dalla Leg, dopodi-ché «ci dedicheremo - annuncia Os-sola - ai nostri primi ebook, esordiocon le Conversazioni a tavola diHitler». Anche questa sarà unaguerra.

5

Una macchina da scrivererovinò il mio destino».Con 70 mila copie in due

mesi, il libro dell’estate in Spagnaè Sé lo que estás pensando, tito-lo originale Think of a Number.Sì, è un thriller. Sì, è americano.L’autore, John Verdon, copy pub-blicitario a Manhattan, quando èandato in pensione si è ritirato inmontagna, a scrivere a tempo per-so. Ora, con la sua meravigliosafaccia da vecchio alla Clint Ea-stwood, è una piccola star interna-zionale, Spagna appunto inclusa.

Ma il libro dell’estate, e dellaprimavera, e dell’inverno e autun-no scorsi, è ancora e sempre Eltiempo entre costuras di MaríaDueñas, che sta uscendo da Mon-dadori tradotto come La notte hacambiato rumore. «Una macchi-na da scrivere rovinò il mio desti-no», comincia così. Dopo 38 setti-mane, è ancora primo in classifi-ca, 600 pagine per mezzo milionedi copie vendute, e una trionfaletournée sudamericana in corso.

Il destino frantumato e ricom-

posto è quello di Sira Quiroga, modi-sta a Madrid alla metà degli AnniTrenta, in fuga per amore a Tangerie poi per debiti a Tetuán, nel Maroc-co spagnolo. Amore, spionaggio,guerra, esotismo, segreti, avventu-ra, tradimenti, intrighi: c’è tutto.

Il classico romanzone? Ma poi-ché quantità e qualità a volte vannoancora insieme, il più entusiasta

promotore dell’esordio di MaríaDueñas è uno scrittore raffinato co-me Fernando Sánchez Dragó. Ilquale, sia detto struggendoci di no-stalgia per qualcosa che in questoPaese non è dato avere, conduce suTelemadrid un programma di libriformidabile, intitolato Las NochesBlancas.

Editori, librai eccetera procla-mano che la riscossa sarà spagnola.Il 2009 è stato un anno disastroso,con riduzioni di tirature e titoli finoal 15%, salvato da Stieg Larsson e al-tri stranieri. Alla ripresa autunna-le, non mancano ovviamente KenFollett, Bret Easton Ellis, Paul Au-ster, Henning Mankell, John Le Car-ré. Ma la speranza di una ripresa èaffidata piuttosto alla tenuta diMaría Dueñas, come pure a JuliaNavarro con Dime quién soy e aPérez-Reverte con El asedio, uscitida poco e ben piazzati in classifica. Ibestseller di Pérez-Reverte sono pu-re diventati una telenovela, trasmes-sa anche negli Stati Uniti, e magariè un segnale in più della vitalità e po-polarità della narrativa spagnola.

1. Cotto e mangiato 19PARODI 14,90 VALLARDI

2. È facile smettere di fumare... 19CARR 10,00 EWI

3. The secret 13BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

4. Instant English 11SLOAN 16,90 GRIBAUDO

5. Fate i bravi (0-3 anni) 8RIZZI 17,00 RIZZOLI

6. GliuominivengonodaMarte... 7GRAY 15,00 RIZZOLI

7. Altan. Terapia 6ALTAN 11,00 SALANI

8. Fate la nanna 5ESTIVILL; DE BÉJAR 8,00 MANDRAGORA

9. Quando i Giganti abitavano... 5SITCHIN 19,50 MACRO EDIZIONI

10. Il piccolo libro per smettere.. 4CARR 3,50 EWI

1. Attacco alla difesa 13GARLANDO 11,00 PIEMME

2. Torneranno le quattro stagioni 9CORONA 16,00 MONDADORI

3. Shrek e vissero felici... 8– 3,50 MONDADORI

4. La strada del successo 5STILTON 8,50 PIEMME

5. Shrek e vissero felici... 5– 12,00 MONDADORI

6. Il ladro di fulmini 4RIORDAN 17,00 MONDADORI

7. Sei in trappolaGeronimo Stilton! 4STILTON 8,50PIEMME

8. Diariodi unaschiappafai-da-te 4KINNEY 9,90 IL CASTORO

9. Diariodiuna schiappa.La legge... 4KINNEY 12,00 IL CASTORO

10. Terzo viaggio nel regno... 4STILTON 23,50 PIEMME

7

1. Acciaio 60AVALLONE 18,00 RIZZOLI

2. Canale Mussolini 54PENNACCHI 20,00 MONDADORI

3. L’ultima riga delle favole 43GRAMELLINI 16,60 LONGANESI

4. Acqua in bocca 41CAMILLERI; LUCARELLI 10,00 MINIMUM FAX

5. Non esiste saggezza 22CAROFIGLIO 14,00 RIZZOLI

6. La caccia al tesoro 21CAMILLERI 14,00 SELLERIO

7. Il tempo che vorrei 20VOLO 18,00 MONDADORI

8. Bianca come il latte... 17D’AVENIA 19,00 MONDADORI

9. Le perfezioni provvisorie 14CAROFIGLIO 14,00 SELLERIO

10. Mister Gregory 14CASATI MODIGNANI 20,90 SPERLING & KUPFER

CHE LIBRO FA...IN SPAGNA

GIOVANNA ZUCCONI

Le nottibianche

fan rumore

1. I segreti del Vaticano 59AUGIAS 19,50 MONDADORI

2. Terroni 29APRILE 17,50 PIEMME

3. Caterina. Diario di un padre... 25SOCCI 16,50 RIZZOLI

4. Fotti il potere 10COSSIGA; CANGINI 17,00 ALIBERTI

5. Un viaggio 8BLAIR 24,00 RIZZOLI

6. Per l’alto mare aperto 7SCALFARI 19,50 EINAUDI

7. Ad personam 6TRAVAGLIO 16,90 CHIARELETTERE

8. Z. La città perduta 6GRANN 19,90 CORBACCIO

9. Sognando Jane Austen a Baghdad 5ROWLATT; WITWIT 18,00 PIEMME

10. Vaticano Spa 5NUZZI 15,00 CHIARELETTERE

Classifiche TuttolibriSABATO 11 SETTEMBRE 2010

LA STAMPAX

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Le guerresulla LineaGoriziana

Page 11: Tuttolibri n. 1731 (11-09-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 11/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 10/09/10 19.17

f

WILLIGIS JÄGER

L'essenza della vitaLa Parola editore, pp. 458, € 25

«Un libro affascinante sullamistica cristiana, la preghieracontemplativa, e i percorsiesoterici dell'oriente»

f

TULKU URGYEN

Dipinti d'arcobalenoUbaldini, pp. 176, € 13,50

«Iniziò a meditare all'età di 4anni. Sotto la guida del suosublime padre, riconobbe lanatura della mente. Consiglie indicazioni essenziali»

f

MEISTER ECKHART

Sermoni tedeschiAdelphi, pp. 278, € 17,78

«Leradicidellafilosofiatedescadell'800.Fichte,Schelling,Hegel,Schopenhauersonoglieredidellasuaspiritualità»

DON GESUALDOAL FESTIVAL

Franco Battiato sarà tra gliospiti di Pordenoneleggesabato 18 settembre. Alle21, Teatro Verdi, lointervisterà MarioAndreose. Seguirà laproiezione del filmdedicato a GesualdoBufalino, ora in uscita in uncofanetto Bompiani («DonGesualdo», dvd e libro dipp. 124, € 20). Battiatointreccia le sue riflessionisullo scrittore di Comiso(nasceva novant’anni fa,vinse il Premio Campiellocon il romanzo «Diceriadell’untore») con letestimonianze di LeonardoSciascia, ManlioSgalambro, Matteo Collura,Piero Guccione e altripersonaggi della cultura.Ad Alba, un altro volto diFranco Battiato, il pittore.Nella Chiesa di SanDomenico si inaugurerà il 2ottobre la mostra (fino al 2novembre) «Proved’autore», con 25 opere.

I PREFERITI Il compositore di «L’era del cinghiale bianco»presenta a «Pordenonelegge» il cofanetto che accoglieil suo film sullo scrittore di «Diceria dell’untore»

MIRELLASERRI

«Vedo, rilancio, pas-so»: il gran maestro della can-zone italiana, Franco Battiato,punta pesante a poker. In sen-so letterale: scommette corpo-si tomi dell’Adelphi al postodelle fiches. Intorno al tavolo,impegnato a vincere un Tho-mas Bernhard o un HermannHesse, a giocarsi Robert Wal-ser o Joseph Roth, c’è il patrondella casa editrice che all’epo-ca - siamo a metà Anni Settan-ta - sta scoprendo la letteratu-ra mitteleuropea: Roberto Ca-lasso. Carte in mano, con lui, cisono la scrittrice Fleur Jaeg-gy, Ombretta Colli (che nel1965 aveva sposato Giorgio Ga-ber, pigmalione nel mondo del-lo spettacolo del giovane Bat-tiato) e lo stesso musicista.

I libri che intascavate dove-vate poi dimostrare di averlipure letti? «Mica eravamo ascuola», obietta divertito il gu-ru della canzone italiana, non-ché regista, pittore e scrittore.

L’autore dell’Era del cin-ghiale bianco per soddisfare isuoi appetiti e la sua biblioma-nia oggi ha trasformato la villadi Milo - dalle cui vetrate si in-travede un albero di fico chesbuca da un pozzo e un meravi-glioso angolo di mare - in unafantastica casa-biblioteca (cir-ca diecimila volumi). Qui, nel

parco dell’Etna, tra nespole eprugne, alloggiano testi e auto-ri tra i più curiosi, i più partico-lari e i più rari: Battiato, musi-cista veramente libridinoso,colleziona opere in cui si spe-cula di sufismo, buddhismo,dervisci, filosofia orientale, ci-bernetica e positivismo. Ope-re che non ha rintracciato pas-seggiando sulla Senna o fru-gando nelle bancarelle deibouquinistes o in rare librerieantiquarie, bensì standosenenel suo buen retiro nei pressidi Catania.

«Oggi con Internet navighie trovi tutto quello che deside-ri», osserva il compositore as-sai legato anche agli scrittorisiciliani. Da anni calca le scenein compagnia del filosofo diLentini Manlio Sgalambro,mentre a giorni uscirà Don Ge-sualdo, un cofanetto dedicatoa Gesualdo Bufalino con libroe dvd (da Bompiani), compo-sto da spezzoni di interviste etestimonianze di Piero Guccio-ne, Leonardo Sciascia e Sga-lambro.

Cosa l’attrae nei conterra-nei? Quella corda pazza dicui parlava Leonardo Scia-scia, che contraddistinguenon solo Pirandello?

«Ci sono narratori dell’isola,come Bufalino, Sgalambro,Tomasi di Lampedusa, chehanno esordito tardi. E’ co-me se, per anni, avesseropuntato un grande telesco-pio sul mondo circostante.Dando poi fondo alle proprieriserve e restituendoci, co-me fa Bufalino, romanzi diuna sensualità straripante,una Sicilia dionisiaca, pienadi sapori e di colori».

La libridine, come virus, sela riconosce? L’ha conta-giata da ragazzino?

«Il vocabolo non mi piace perniente. Nessuna “malattia”infantile, di questo tipo. Daragazzino passavo moltotempo nel laboratorio di sar-toria di mia zia. Con lei c’era-no una quindicina di ragazzeche imparavano l’arte del cu-

cito. Chiacchieravano in conti-nuazione per interrompere lamonotonia del lavoro e non fa-cevano altro che parlare esparlare di uomini, spesso giu-dicandoli dall’aspetto. Ho im-parato così una specie di fisio-gnomica popolare (Nel 1988Battiato pubblicò l’album daltitolo Fisiognomica che fu unodei grandi successi dell’anno,ndr). Leggevo poco: L’interpre-

tazione dei sogni di Freud,L’amante di Lady Chatterley diDavid Herbert Lawrence, cheha alimentato, solo per il tem-po della lettura, i miei sognierotici, e i testi del padre dellacibernetica moderna, che èstato il più giovane studenteuniversitario, dodicenne, dellastoria americana, NorbertWiener. A 23 anni mi resi con-to di essere ignorantissimo».

Così si impegna nel recupe-

ro del tempo perduto, foca-lizzandosi su Joyce (a cui tral'altro nel 1999 dedica «Fin-negans Wake»), Dostoe-vskij, Stendhal, Proust,Tolstoj e altri ancora. Tra gliitaliani?

«Tommaso Landolfi, giocato-re d’azzardo, scrittore con la“maschera”, come diceva dilui Montale, dalla lingua com-plessa e ricercata. Rien va è illibro che più mi ha coinvolto,all’arsenico».

Il filone mistico quando loscopre?

«Dopo una crisi esistenzialedella fine degli Anni Sessanta.Raccontiamola così: mi trova-vo a New York e avevo più diun dubbio sulla vita, sullo sta-re al mondo e sugli umani. Eronella metropolitana e aspetta-vo il treno che vedevo arriva-re. Ho provato l’irresistibiletentazione di buttarmi. Era co-me il canto di una sirena, un’at-trazione fatale come quellache percepisci quando, a unacerta altitudine, il vuoto ti ap-pare come una malia, un ri-chiamo. Ho dovuto afferrarmia una colonna per non farlo.Ero agli inizi della mia ricerca

mistica. Avevo già letto Sri Au-robindo e Paramahansa Yoga-nanda».

Nel mondo della cultura lei,da sempre, si è mosso an-dando controcorrente, conuna spiccata identità anchenegli anni delle più accesepassioni politiche, dei con-flitti a fuoco, delle stragi.

«La nostra storia sembra unmagma in cui tutto viene a gal-la, ma non è così. Molte coseresteranno per sempre nasco-ste. Esiste un mondo subuma-no che fa paura».

Per non sprofondarci den-tro?

«Reagii facendo musica e leg-gendo. Gialal al-Din Rumi, ilpoeta persiano, fondatore del-la confraternita sufi dei

“dervisci rotanti”. Poi concen-trandomi sulle pagine di Geor-ges Ivanovic Gurdjieff in cuimi sono riconosciuto ancheperché in Clic avevo giàespresso idee molto simili. Eancora, nella lista degli autoridi quegli anni, ci sono SantaTeresa d’Avila, San France-sco d’Assisi e San Giovannidella Croce».

Quando ha incontrato «Gil-gamesh», il mitico re dei Su-meri che regnò su Uruk, acui ha dedicato la sua operalirica?

«Ho cominciato a occuparme-ne venendo a conoscenza dinuovi ritrovamenti testuali.Ora sto lavorando a un filmsulla vita di Georg FriedrichHändel. Scelgo sempre perso-naggi che posseggono, oltre altalento, la trascendenza. Hän-del detestava l’idea di diverti-re il pubblico. Penso che il do-vere di un artista sia cercaredi creare opere che aiutinol’essere a crescere moralmen-te e spiritualmente. Tornandoal film, anche se ancora nonabbiamo firmato i contratti,mi hanno dato la loro disponi-bilità Johannes Brandrup nel-la parte di Händel, Willem Da-foe e Susan Sarandon».

Sveglia alle 5-5 e 30, musicaper un’oretta, poi cominciail lavoro. E alla sera? Cosac’è sul suo comodino?

«In questi giorni l’opera diDzogchen Ponlop, uno dei piùeruditi maestri di meditazione

che, lucido e acutissimo, riflet-te sulla cultura occidentale esulla moderna tecnologia. Ciinsegna a non giocare d’azzar-do con la signora con la falce».

E dunque?«A prepararci per tempo al-l’appuntamento che ci atten-de. Il flusso continuo di nasci-ta e morte è una benedizioneche dà senso alla vita e le impe-disce di essere statica e sta-gnante. Credo nel passaggioda un’esistenza all’altra».

Lei è molto pessimista?«Per nulla. Ogni tanto unaqualche sana malinconia... infondo come Bufalino e Piran-dello. In Stage door si canta“sapessi che dolore l’esistenzache vede nero dove nero nonce n’è...”».

La sua massima preferita?«Quella di uno sconosciutocompositore del Seicento:“detrattori, alla larga da me”».

Una casa-bibliotecanel parco dell’Etna,dove nespole e prugnesi intreccianocon sufismo e buddhismo

Diario di lettura TuttolibriSABATO 11 SETTEMBRE 2010

LA STAMPA XI

“La mia Siciliadionisiacacome Bufalino”

«Ho sul comodinol’opera di DzogchenPonlop, ci insegnaa non giocare d’azzardocon la morte»

«Tra gli italianiho amato ancheLandolfi, “Rien va” èil libro che più mi hacoinvolto, all’arsenico»

«Uscii da una crisiesistenziale meditandoGialal al-Din Rumi,il poeta persiano chefondò i dervisci rotanti»

La vita. Franco Battiato è nato a Jonia, in provincia di Catania, nel 1945. Ha frequentato il liceo scientifico«Archimede» di Acireale, trasferendosi in seguito a Roma e a Milano. Cantautore, regista, pittore.

Le opere. Tra i suoi lavori musicali, «L’era del cinghiale bianco», «La voce del Padrone», «L’imboscata» (tra lecanzoni «La cura»), «Dieci stratagemmi». Ha esordito nel cinema come regista nel 2003 con «PERDUToAMOR»,Nastro d’argento. Ha scritto l’opera «Il Cavaliere dell’intelletto» su libretto di Manlio Sgalambro.

Franco Battiato

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