tuttolibri 12-11-2011 p9

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FRANCA D’AGOSTINI La selvaggia chiarez- za, raccolta degli scritti su Heidegger di Franco Volpi, curata da Antonio Gnoli, è un libro importante per più ra- gioni, ma anzitutto perché mette in luce una questione cruciale, a cui dovrebbero es- sere interessati non soltanto gli heideggeriani, ma anche i filosofi analitici, e chiunque lavori in filosofia con la co- scienza critica di quel che sta facendo, può fare e vuole fa- re. La questione è ben espres- sa nel titolo doppio dell'ulti- ma importante opera di Hei- degger, a cui è dedicato l'ulti- mo scritto della raccolta: Dall'evento. Contributi alla fi- losofia. Perché mai Heideg- ger adottò il doppio titolo? Perché non limitarsi al sugge- stivo Vom Ereignis o al mini- malista Beiträge zur Philo- sophie? La diagnosi di Volpi, espressa con la pacatezza ele- gante e profonda che gli era caratteristica, è che Heideg- ger intendeva «tenere distin- ta la superficie, la facciata pubblica, da ciò che vi si na- sconde». In altri termini: la fi- losofia è la domanda, la fac- ciata pubblica, l'evidenza che ciinterroga,e«dall'evento»è la risposta. La questione cruciale è dunque chiara, e accompa- gna tutta l'opera di Heideg- ger, direi di più: accompagna quasi tutta la filosofia del No- vecento. Si tratta del senso e del destino della filosofia, di- sciplina accademica, sapere istituitoinsiemeaglialtri,mail cui stesso nome è improprio, implicando con il fileo una pas- sione imbarazzante, e con la so- fia una pratica di pensiero ed esercizio di vita tipicamente pre-scientifico e pre-accademi- co. Per di più, essendo la filoso- fia tecnicamente legata all' esplorazione di concetti vasti e linguisticamente complessi, co- me essere, verità, giustizia, bel- lezza, ecc., diventa difficile pen- sarla in un'epoca in cui concet- ti di questo genere nella cultu- ra comune, nella scienza, e nel- la vita pubblica, sembrano es- sere ormai «gli ultimi fumi del- la svaporante realtà», come scriveva Nietzsche. In questa prospettiva si apre un modo di leggere Hei- degger, ma più in generale la fi- losofia contemporanea, che ha orientato il lavoro di Volpi, un filosofo sottile e uno storico del- la filosofia, oltre che traduttore e interprete di Heidegger, pur- troppo prematuramente scom- parso. Chi è infatti Heidegger, per noi? L'ambiguo pensatore quasi-nazista; l'oscuro rimesco- latore di carte concettuali, cre- atore di etimologie lambiccate e sbrigative analogie, interpre- te confuso e confondente dei grandi filosofi, maestro di tutti gli impasticciatori di professio- ne che in suo nome e lanciando a casaccio le sue parole d'ordi- ne hanno gettato nel fango e nella disperazione la grande tradizione della filosofia tede- sca. Ma Heidegger, come Vol- pi ci insegna, è stato anche un pensatore «onesto», profonda- mente onesto nei confronti del- la filosofia. Anzi proprio tutte le sue bizzarrie espressive e i suoi argomenti imperfetti so- no la testimonianza di un pro- blema avvertito autentica- mente. Non per nulla un peri- odo di crisi sopraggiunge per Heidegger negli anni 1936-46, quando medita il suicidio. Al centro della crisi, ricorda Gnoli nell'introduzione, non è tanto l'esperienza del nazi- smo ma il confronto con Nietzsche, che culmina con il Nietzsche, l'opera del 1961. Trascurare il nazismo per preoccuparsi della filosofia fu la speciale insensatezza del la- voro heideggeriano. La prima grande opera di Heidegger, Essere e tempo (1927), si era in- terrotta «per il venir meno del linguaggio». L'operazione di «dire l'essere dal punto di vista dell'essere» risultava fal- limentare, visto che comun- que nel dire usiamo il linguag- gio della tradizione filosofica, ed è quel linguaggio che se- condo l'autore consegna l'es- sere all'oblio. Di qui in avanti, Heidegger tenta nuove vie: «oltrepassare la metafisica»; abbandonare «il soggetto»; abbandonare «la filosofia» stessa; cercare una nuova lin- guaperilpensiero,unalingua «poetante», o «meditante». O anche: cogliere l'essere come evento della «provenienza», di cui il von è espressione. Ma a mano a mano la radicalità fi- losofica di Heidegger diventa vaniloquio, rifiuto della razio- nalità, visione catastrofica mal argomentata. E in ultimo, spiega Volpi, il «grande basti- mento» del pensiero heidegge- riano s'inclina, irreparabil- mente, e va incontro a un cla- moroso naufragio. Sociologia e psichiatria In un saggio Anni 60 si afferma la specificità sociale della malattia La follia di Elias annuncia l’uomo rinnovato di Basaglia p Norbert Elias p OLTRE IL MURO DELL'IO. p SOCIOLOGIA E PSICHIATRIA p Medusa, pp.70, e 9,50 Volpi «La selvaggia chiarezza»: gli scritti che delucidano il percorso del filosofo tedesco FEDERICO VERCELLONE Mai come oggi si è sentito il bisogno di interdisci- plinarità. E’ sempre più evi- dente che il divario tra le scien- ze umane e quelle naturali non può perdurare nella forma di unarigidabarrierachesepara i due ambiti condannandoci a un umanesimo sterile, costret- to ad ammettere che ogni ri- flessione sul senso del mondo è sostanzialmente inefficace e che, per contro, ogni vera pra- tica scientifica non deve ri- spondere altro che a criteri di utilità ed efficienza. La scien- za-tecnica diviene così null’al- trocheilrisvoltonecessariodi un umanesimo fumoso. Se l’idea di superare questa con- trapposizione si sta oggi facen- do strada con notevole fatica, ma con sempre più forza, pen- sarla così negli anni sessanta eradeltuttocontrocorrente. Ma non impossibile. E’ quanto testimonia un prezioso saggiodiNorbertEliarisalente al 1965 e pubblicato per la pri- ma volta nel 1969, Oltre il muro dell’io, comparso ora da Medu- sa con un’introduzione di Mar- tinoDoni.Inunclimachestaper divenirequanto mai effervescen- te e conflittuale, Elias introduce iltemadellanecessitàdellaconsi- derazione interdisciplinare della follia.Siamoinannicheprecedo- no di poco l’avventura di Basa- glia il quale svilupperà l’idea di una specificità sociale della ma- lattia psichiatrica. E’ un punto di vistacheprodurrà,com’èbenno- to,unaprofondainnovazionenel- lapraticaterapeutica,conducen- doallafamosa«leggeBasaglia»e al superamento dell’istituzione manicomiale. Elias sembra, per certi aspet- ti, genialmente anticipare il pun- to di vista di Basaglia. Egli consi- dera la questione dal punto di vi- sta della relazione tra sociologia e psichiatria. Elias mostra che la tipologia del malato di mente, quello che egli definisce l’homo psychiatricus,sorgenellamenta- lità moderna sulla base di una di- varicazione tra ciò avviene «den- tro» e «fuori» l’individuo. Abbia- mocosìachefareconunsogget- to che viene considerato a pre- scindere dalle caratteristiche che gli provengono dall’ambien- te, dalle sue attitudini professio- nali, dalla cerchia dei suoi affetti. L’individuo è, in quest’ottica, un «sistema chiuso», privo di rela- zioniconl’esterno. Questa visione dell’Io ha radi- ci culturali profonde. L’interiori- tà infatti viene modernamente immaginata e configurata come un Sé che si caratterizza nella sua differenza dal mondo e non nella sua relazione con questo. Tutto questo ha radici lontane, ci rinvia al tramonto della visio- ne tolemaica e geocentrica del mondo che era invece orientata aunarmonicoscambiotrainter- no ed esterno, tra microcosmo e macrocosmo. Paradossalmente la psichiatria, che nasce affidan- dosi a questa idea di un io chiu- so, schermato, viene così a con- traddire l’essenza della pratica terapeutica la quale è invece vol- ta a reintrodurre i canali di co- municazione sociale ed emotiva delmalatoconilmondo.Compi- to della psicoterapia è infatti, co- me ci ricorda Elias, quello di «riorganizzare, ricanalizzare e riattivare, se inibite, le valenze libidiche, affettive e intellettuali dirette da una persona alle al- tre». L’idea di un individuo isola- to, separato, fondamentalmen- te solo nel mondo, proprio della società occidentale moderna, è assente, ci ricorda Elias, in mol- te altre società nelle quali il sen- so del pudore rispetto ai senti- menti e alle funzioni corporee non è richiesto come avviene in- vece nella nostra. Ma l’indivi- dualità moderna, così concepi- ta, risulta in fondo, in quanto ta- le, un evento patologico. L’indi- viduo vive, ci rammenta Elias, inuncostanteprocessodisocia- lizzazione, per cui le motivazio- ni affettive e gli investimenti libi- dici costituiscono il motivo fon- damentale dell’essere dell’uo- mo quale animale sociale. L’es- sere umano vive sin dall’inizio in una condizione di interrela- zione che nasce su basi affettive e preintenzionali per solidificar- sipoinellegamesociale. La considerazione scientifica non può prescindere da tutto questo,devealcontrariorender- siconsapevolediquestolinkinfi- nito che costituisce il principio dell’esseredell’uomonelmondo. p Franco Volpi p LA SELVAGGIA CHIAREZZA. SCRITTI SU HEIDEGGER p Adelphi, pp. 336, e 16 Laradicalità filosofica diventavaniloquio, rifiuto della razionalità, visionecatastrofica malargomentata «Oltre ilmurodell’io»: per una pratica terapeuticache ristabilisca i canali tra paziente e mondo Così naufragò il grande bastimento di Heidegger Filosofia Tuttolibri SABATO 12 NOVEMBRE 2011 LA STAMPA IX DeChirico,«Iltrovatore» Franco Volpi Ilfilosofoèscomparsonel2009

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 12/11/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SAMPOZ - Ora di stampa: 11/11/11 20.43

FRANCAD’AGOSTINI

La selvaggia chiarez-za, raccolta degli scritti suHeidegger di Franco Volpi,curata da Antonio Gnoli, è unlibro importante per più ra-gioni, ma anzitutto perchémette in luce una questionecruciale, a cui dovrebbero es-sere interessati non soltantogli heideggeriani, ma anche ifilosofi analitici, e chiunquelavori in filosofia con la co-scienza critica di quel che stafacendo, può fare e vuole fa-re. La questione è ben espres-sa nel titolo doppio dell'ulti-ma importante opera di Hei-degger, a cui è dedicato l'ulti-mo scritto della raccolta:Dall'evento. Contributi alla fi-losofia. Perché mai Heideg-ger adottò il doppio titolo?Perché non limitarsi al sugge-stivo Vom Ereignis o al mini-

malista Beiträge zur Philo-sophie? La diagnosi di Volpi,espressa con la pacatezza ele-gante e profonda che gli eracaratteristica, è che Heideg-ger intendeva «tenere distin-ta la superficie, la facciatapubblica, da ciò che vi si na-sconde». In altri termini: la fi-losofia è la domanda, la fac-ciata pubblica, l'evidenza checi interroga, e «dall'evento» èla risposta.

La questione cruciale èdunque chiara, e accompa-gna tutta l'opera di Heideg-ger, direi di più: accompagnaquasi tutta la filosofia del No-vecento. Si tratta del senso edel destino della filosofia, di-sciplina accademica, sapere

istituito insieme agli altri, ma ilcui stesso nome è improprio,implicando con il fileo una pas-sione imbarazzante, e con la so-fia una pratica di pensiero edesercizio di vita tipicamentepre-scientifico e pre-accademi-co. Per di più, essendo la filoso-fia tecnicamente legata all'esplorazione di concetti vasti elinguisticamente complessi, co-me essere, verità, giustizia, bel-

lezza, ecc., diventa difficile pen-sarla in un'epoca in cui concet-ti di questo genere nella cultu-ra comune, nella scienza, e nel-la vita pubblica, sembrano es-sere ormai «gli ultimi fumi del-la svaporante realtà», comescriveva Nietzsche.

In questa prospettiva siapre un modo di leggere Hei-degger, ma più in generale la fi-losofia contemporanea, che ha

orientato il lavoro di Volpi, unfilosofo sottile e uno storico del-la filosofia, oltre che traduttoree interprete di Heidegger, pur-troppo prematuramente scom-parso. Chi è infatti Heidegger,per noi? L'ambiguo pensatorequasi-nazista; l'oscuro rimesco-latore di carte concettuali, cre-atore di etimologie lambiccatee sbrigative analogie, interpre-te confuso e confondente deigrandi filosofi, maestro di tuttigli impasticciatori di professio-ne che in suo nome e lanciandoa casaccio le sue parole d'ordi-ne hanno gettato nel fango enella disperazione la grandetradizione della filosofia tede-sca. Ma Heidegger, come Vol-pi ci insegna, è stato anche unpensatore «onesto», profonda-mente onesto nei confronti del-

la filosofia. Anzi proprio tuttele sue bizzarrie espressive e isuoi argomenti imperfetti so-no la testimonianza di un pro-blema avvertito autentica-mente. Non per nulla un peri-odo di crisi sopraggiunge perHeidegger negli anni 1936-46,quando medita il suicidio. Alcentro della crisi, ricordaGnoli nell'introduzione, non ètanto l'esperienza del nazi-smo ma il confronto conNietzsche, che culmina con ilNietzsche, l'opera del 1961.

Trascurare il nazismo perpreoccuparsi della filosofia fula speciale insensatezza del la-voro heideggeriano. La primagrande opera di Heidegger,Essere e tempo (1927), si era in-terrotta «per il venir menodel linguaggio». L'operazionedi «dire l'essere dal punto divista dell'essere» risultava fal-limentare, visto che comun-que nel dire usiamo il linguag-gio della tradizione filosofica,ed è quel linguaggio che se-condo l'autore consegna l'es-sere all'oblio. Di qui in avanti,Heidegger tenta nuove vie:«oltrepassare la metafisica»;abbandonare «il soggetto»;abbandonare «la filosofia»stessa; cercare una nuova lin-gua per il pensiero, una lingua«poetante», o «meditante». Oanche: cogliere l'essere comeevento della «provenienza»,di cui il von è espressione. Maa mano a mano la radicalità fi-losofica di Heidegger diventavaniloquio, rifiuto della razio-nalità, visione catastroficamal argomentata. E in ultimo,spiega Volpi, il «grande basti-mento» del pensiero heidegge-riano s'inclina, irreparabil-mente, e va incontro a un cla-moroso naufragio.

Castronovo Un viaggio tra i nuovi attoridegli scenari economici e politici mondiali

Sarà l’elefanteindiano a metterele ali alla crescita

Sociologia e psichiatria In un saggio Anni 60si afferma la specificità sociale della malattia

La follia di Eliasannuncia l’uomorinnovato di Basaglia

MARIODEAGLIO

Per circa vent'anni, laglobalizzazione ha acceso lenostre speranze, ora turba inostri sonni, modifica gli oriz-zonti, rimescola la vita di tutti igiorni. Il binomio globalizzazio-ne-crisi finanziaria svuota lenostre certezze e in questovuoto gli scienziati sociali sibuttano volentieri e soventene restano inghiottiti. Gli eco-nomisti, soprattutto, vedono iloro modelli perdere valoreesplicativo giorno dopo gior-no. Di tutti coloro che si occu-pano di problemi umani, glistorici sono i più attrezzati peresplorare il groviglio in cui cisiamo cacciati, metterne a nu-do le possibili cause, valutarnele eventuali conseguenze. Tragli storici italiani, Valerio Ca-stronovo, è particolarmenteattrezzato per confrontarsicon la globalizzazione. Neglianni novanta ha coordinatoun'ampia Storia dell'economiamondiale, Laterza, che, in seivolumi, dall'antichità ci portaalle soglie del nuovo millennio.In questa e in altre opere si èspesso confrontato con le tra-sformazioni del capitalismo, ein tale confronto si giova di uninsolito angolo visuale - dall'in-terno e dal basso, per dir così -in quanto uno dei suoi filoni diricerca riguarda la storia delleimprese e delle organizzazioniimprenditoriali.

Nel suo recentissimo sag-gio Il capitalismo ibrido, il letto-re non specialista troverà, inuna ventina di capitoli agili,brevi, aggiornati e di facile let-tura, un filo d'Arianna per at-traversare e avviare un'inter-pretazione degli spazi semprepiù labirintici del nostro tem-po. Potrà quindi agevolmenteprendere le misure del nostroprovincialismo, alimentato dall'ossessivo interesse per le vicen-de di casa nostra, come se l'Ita-

lia e l'Europa fossero ancora ilcentro del mondo e gli Stati Unitiuna sorta parente un po' rozzoma molto ricco.

Uscito dall'orticello nostranoil lettore si scoprirà catapultatoin un mondo popolato di strani«animali» quali l'elefante india-no che mette le ali della crescitao il drago cinese - al quale Ca-stronovo dedica ben quattro ca-pitoli - che scopre una lontanaparentela con Adam Smith, cer-ca di costruire una società armo-niosa e felice ma intanto ha gravipecche nel rispetto dei dirittiumani. Trova un Brasile allegroed euforico che non smette di

crescere e un Giappone stancodopo una lunga corsa; una Co-rea che ha imparato fin troppobene le lezioni dei suoi maestrigiapponesi e un'Africa alla ricer-ca di maestri dai quali impararementre rotte oceaniche primadesuete, come quelle tra India eAmerica Meridionale, stanno di-ventando vie essenziali per loscambio di merci e di idee.

Tutti questi nuovi protagoni-sti dell'economia e della politicamondiale hanno forse una cosasola in comune: una percezionedell'Europa meno netta e menolusinghiera di quanto gli europeivorrebbero. L'Europa, infatti,continua a illudersi di possedereprincipi, saggezza e tecnologia in

abbondanza da dispensare aglialtri mentre anche l'America delNord appare soggetto a un rapi-do processo di indebolimento de-rivante da una sacralizzazionedel mercato e nell'incapacità dei

poteri pubblici di controllarlo.E' questo lo scenario di una di-

sgregazione mondiale? Forse no.Castronovo parla di «capitali-smo ibrido» che, come tutti gliibridi presenta capacità di svilup-po e sopravvivenza superiori aquello delle specie «pure» e chesarebbe in grado di superare leproprie contraddizioni interne oalmeno convivere con esse. Ilmondo diventerebbe privo di unpunto centrale, caratterizzato davari «poli» tenuti in equilibrio dauna comunanza mondiale di inte-ressi. Speriamo che Castronovoabbia ragione, che tecnologiaamericana, principi europei, otti-mismo brasiliano, laboriosità ci-nese si fondano in un tutto armo-nico. Sarebbe invece una iatturase il capitalismo ibrido mescolas-se arroganza americana, egoismieuropei, disordine brasiliano efreddo senso cinese di superiori-tà. Anziché un ibrido buono, il ca-pitalismo diverrebbe simile nondiventi simile agli animali mo-struosi della mitologia classica,come la Chimera che vomitavafuoco; e che dovette essere ucci-sa da Bellerofonte. Speriamo pro-prio che il mondo non abbia biso-gno di alcun Bellerofonte. [email protected]

pp Norbert Eliasp OLTRE IL MURO DELL'IO.p SOCIOLOGIA E PSICHIATRIAp Medusa, pp.70, € 9,50

Volpi «La selvaggia chiarezza»: gli scrittiche delucidano il percorso del filosofo tedesco

FEDERICOVERCELLONE

Mai come oggi si èsentito il bisogno di interdisci-plinarità. E’ sempre più evi-dente che il divario tra le scien-ze umane e quelle naturali nonpuò perdurare nella forma diuna rigida barriera che separai due ambiti condannandoci aun umanesimo sterile, costret-to ad ammettere che ogni ri-flessione sul senso del mondoè sostanzialmente inefficace eche, per contro, ogni vera pra-tica scientifica non deve ri-spondere altro che a criteri diutilità ed efficienza. La scien-za-tecnica diviene così null’al-tro che il risvolto necessario diun umanesimo fumoso. Sel’idea di superare questa con-trapposizione si sta oggi facen-do strada con notevole fatica,ma con sempre più forza, pen-sarla così negli anni sessantaera del tutto contro corrente.

Ma non impossibile. E’quanto testimonia un preziososaggio di Norbert Elia risalenteal 1965 e pubblicato per la pri-ma volta nel 1969, Oltre il murodell’io, comparso ora da Medu-sa con un’introduzione di Mar-

tino Doni. In un clima che sta perdivenire quanto mai effervescen-te e conflittuale, Elias introduceil tema della necessità della consi-derazione interdisciplinare dellafollia. Siamo in anni che precedo-no di poco l’avventura di Basa-glia il quale svilupperà l’idea diuna specificità sociale della ma-lattia psichiatrica. E’ un punto divista che produrrà, com’è ben no-to, una profonda innovazione nel-la pratica terapeutica, conducen-do alla famosa «legge Basaglia» eal superamento dell’istituzionemanicomiale.

Elias sembra, per certi aspet-ti, genialmente anticipare il pun-to di vista di Basaglia. Egli consi-dera la questione dal punto di vi-sta della relazione tra sociologiae psichiatria. Elias mostra che latipologia del malato di mente,quello che egli definisce l’homopsychiatricus, sorge nella menta-lità moderna sulla base di una di-varicazione tra ciò avviene «den-tro» e «fuori» l’individuo. Abbia-mo così a che fare con un sogget-to che viene considerato a pre-scindere dalle caratteristicheche gli provengono dall’ambien-te, dalle sue attitudini professio-nali, dalla cerchia dei suoi affetti.

L’individuo è, in quest’ottica, un«sistema chiuso», privo di rela-zioni con l’esterno.

Questa visione dell’Io ha radi-ci culturali profonde. L’interiori-tà infatti viene modernamenteimmaginata e configurata comeun Sé che si caratterizza nellasua differenza dal mondo e nonnella sua relazione con questo.Tutto questo ha radici lontane,ci rinvia al tramonto della visio-ne tolemaica e geocentrica delmondo che era invece orientataa un armonico scambio tra inter-no ed esterno, tra microcosmo emacrocosmo. Paradossalmente

la psichiatria, che nasce affidan-dosi a questa idea di un io chiu-so, schermato, viene così a con-traddire l’essenza della praticaterapeutica la quale è invece vol-ta a reintrodurre i canali di co-municazione sociale ed emotivadel malato con il mondo. Compi-to della psicoterapia è infatti, co-me ci ricorda Elias, quello di«riorganizzare, ricanalizzare eriattivare, se inibite, le valenzelibidiche, affettive e intellettualidirette da una persona alle al-tre». L’idea di un individuo isola-to, separato, fondamentalmen-te solo nel mondo, proprio dellasocietà occidentale moderna, èassente, ci ricorda Elias, in mol-te altre società nelle quali il sen-so del pudore rispetto ai senti-

menti e alle funzioni corporeenon è richiesto come avviene in-vece nella nostra. Ma l’indivi-dualità moderna, così concepi-ta, risulta in fondo, in quanto ta-le, un evento patologico. L’indi-viduo vive, ci rammenta Elias,in un costante processo di socia-lizzazione, per cui le motivazio-ni affettive e gli investimenti libi-dici costituiscono il motivo fon-damentale dell’essere dell’uo-mo quale animale sociale. L’es-sere umano vive sin dall’inizioin una condizione di interrela-zione che nasce su basi affettivee preintenzionali per solidificar-si poi nel legame sociale.

La considerazione scientificanon può prescindere da tuttoquesto, deve al contrario render-si consapevole di questo link infi-nito che costituisce il principiodell’essere dell’uomo nel mondo.

pp Valerio Castronovop IL CAPITALISMO IBRIDOp Laterza, pp. 144, € 12

«Il capitalismo ibrido»:guardando all’Indiae al Brasile e al dragocinese che si scopreparente di Adam Smith

pp Franco Volpip LA SELVAGGIA CHIAREZZA.

SCRITTI SU HEIDEGGERp Adelphi, pp. 336, € 16

La radicalità filosoficadiventa vaniloquio,rifiuto della razionalità,visione catastroficamal argomentata

«Oltre il muro dell’io»:per una praticaterapeutica cheristabilisca i canalitra paziente e mondo

Così naufragò il grandebastimento di Heidegger

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Franco VolpiIl filosofo è scomparso nel 2009

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