tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

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GIOVANNI TESIO Qual è la parte della montagna nella letteratura ita- liana? Escludendo i resoconti delle imprese alpinistiche, che pure a volte possono avere un’elevata temperatura lette- raria, quali sono i nostri autori «di montagna»? Quali sono i tratti distintivi di uno scrittore che si possa definire «di monta- gna»? Ed è comunque diversa- mente connotabile un autore che abbia fatto della montagna un osservatorio privilegiato? Molte domande per un rappor- to che è più complesso di quan- to solitamente s’immagini. Da Dante a Rigoni Stern - non foss’altro che per la confor- mazione orografica del nostro territorio tra Alpi e Appennini - la montagna compare più di quanto non si sospetti. Ma più che configurare una «totalità», un mondo bastante a se stesso, pare piuttosto spezzarsi in tante direzioni, disporsi per improvvi- si, piegarsi alle circostanze, sgra- narsi in un percorso d’occasioni che prendono dal tempo e dalla cultura che l’attraversa la loro ragion d’essere, la loro spinta, la loro sensibilità. In Dante è l’allegorismo a prevalere. E basterebbe pensa- re alla creazione della monta- gna del Purgatorio, alla sua na- tura di mezzo tra l’abisso infer- nale e il celeste empireo: «Noi divenimmo intanto a piè del monte;/ quivi trovammo la roc- cia sì erta,/ che indarno vi sa- rien le gambe pronte». Monta- gna ostica, montagna impervia. E infatti Dante ricorre a uno dei suoi paragoni iperbolici, realisti- camente attingendo alla dirupa- ta natura ligure: «Tra Lerice e Turbia la più diserta, la più rot- ta ruina è una scala,/ verso di quella, agevole e aperta». Ciò si- gnifica che in tutta la Liguria di levante e di ponente il dirupo più inaccessibile e impraticabi- le rispetto all’ispida conforma- zione del Purgatorio parrebbe una scala comoda e larga. Pur entro un dettato forte- mente morale, già diverso di- scorso meritano le premoderne e psicologiche propensioni di Francesco Petrarca nella famo- sa pagina dell’ascensione al mon- te Ventoso (Ventoux) che è gran parte della lettera al padre Dioni- gi da Borgo di San Sepolcro con- tenuta nelle Familiares. Dietro la flagrante la citazio- ne dalle Confessioni di San- t’Agostino («e vanno gli uomini a contemplare le cime dei mon- ti, i vasti flutti del mare, le am- pie correnti dei fiumi, l’immen- sità dell’oceano, il corso degli astri e trascurano se stessi»), prima la verticalità e poi l’estensione, l’ampiezza panora- mica, la grandezza che culmina nell’avviso agostiniano (rede in te ipsum, torna in te stesso). Come dire che le vere imprese sono quelle dello spirito. Difficile trovare nei secoli successivi pagine così esempla- ri. Nel rivolgimento «controri- formistico» a prevalere è un’idea di montagna che conver- te le più pagane alture del Parna- so nelle più cristiane (o più catto- liche) contemplazioni del Calva- rio, di cui possono fornire esem- pi molti autori di area barocca: da Anello Sartiano (che chiamò Sacro Parnaso una sua raccolta poetica) a Giovanni Botero, che non a caso intitola la seconda edizione delle sue rime spiritua- li, Il monte Calvario. Perché la montagna entri nel- la letteratura con lo slancio più prossimo alla sensibilità moder- na bisogna attendere il Romanti- cismo, le anime tempestose, i prepotenti contrasti, gli affanno- si deliri, le drammatiche rifles- sioni, la vertigine del sublime. Ad esempio nel Foscolo delle Ul- time lettere di Jacopo Ortis, in cui troviamo il primo (notevole) pae- saggio alpestre: nella lettera da Ventimiglia le altissime rupi, i TRA VALDOSSOLA E TRENTO Un’ascensione di libri, film e viaggi Abbiamo chiesto a Giovanni Tesio di sintetizzare per noi la relazione su «Il posto della montagna nella letteratura italiana» che terrà domani mattina a Domodossola, Sacro Monte Calvario, nell’ambito della manifestazione «Il posto dei libri di montagna», apertasi ieri a Briga. Nel pomeriggio tavola rotonda su «Esperienze e prospettive degli editori» (da Versante Sud a Salvioni, da Priuli&Verlucca a Vivalda, a Corbaccio). Per il programma completo consultare www.letteraltura.it. Dal Piemonte a Trento, che dal 28 aprile all’8 maggio tornerà ad essere capitale internazionale della montagna grazie al «ATrentoFilmfestival». Oltre al cinema, la rassegna editoriale «MontagnaLibri», dedicherà un particolare omaggio alla letteratura finlandese. Tra gli ospiti italiani: Erri De Luca, Neri Marcorè, Mauro Corona, Enrico Brizzi, che presenterà il 7 maggio «Italica 150», il film del viaggio a piedi che lo ha condotto dalla Vetta d’Italia a Capo Passero. Per info: www.trentofestival.it Una montagna di voci incantate Con le recensioni e le classifiche dei bestseller Da Dante a Rigoni Stern Come i nostri scrittori hanno raccontato le vette, tra natura e avventura, contemplazione e allegoria: il tema al centro della rassegna «Letteraltura» a Domodossola Oggi tuttoLIBRI iPad Edition A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ DIARIO DI LETTURA I diritti di Rodotà Tra Bobbio e la Dickinson SERRI P. XI LA STAMPA La «roccia sì erta» del Purgatorio, il Resegone di Manzoni, l’Etna diVerga, il Carso di Slataper Continua a pag. IX NUMERO 1761 ANNO XXXV SABATO 16 APRILE 2011 CAMON L’altare della famiglia «La mia stirpe», un’epica nei secoli MONDO P. II LONTANO E VICINO Una Chiesa senza respiro Popolo e gerarchia orfani del Concilio ENZO BIANCHI P. IX TUTTOLIBRI OGGERO La ragazza e la camorra «L’ora di pietra»: in fuga dal Sud PENT P.III VIDEOINTERVISTA Gregotti: le metropoli del futuro MEMORIA Bobbio, le parole della democrazia tutto LIBRI A Dante si deve la creazione della montagna del Purgatorio, alla sua natura di mezzo tra l’abisso infernale e il celeste empireo p Un dipinto dell’artista svizzero Ferdinand Hodler (1853 - 1918) : «Das Lauterbrunner Breithorn», I, 1911 Il Resegone di Alessandro Manzoni convoca gli sguardi degli umili protagonisti nei momenti cruciali del loro spaesamento Mario Rigoni Stern ha narrato il suo Altipiano, tra vicende legate alla Grande Guerra ed escursioni meravigliose tra flora e fauna Originaria di Demonte, in Valle Stura, Lalla Romano sale in montagna in diverse pagine, da «Maria» a «Un sogno del Nord» SUL COMODINO A casa Sandretto si invita la Guggenheim I

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Page 1: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.00

GIOVANNITESIO

Qual è la parte dellamontagna nella letteratura ita-liana? Escludendo i resocontidelle imprese alpinistiche, chepure a volte possono avereun’elevata temperatura lette-raria, quali sono i nostri autori«di montagna»? Quali sono itratti distintivi di uno scrittoreche si possa definire «di monta-gna»? Ed è comunque diversa-mente connotabile un autoreche abbia fatto della montagnaun osservatorio privilegiato?Molte domande per un rappor-to che è più complesso di quan-to solitamente s’immagini.

Da Dante a Rigoni Stern -non foss’altro che per la confor-mazione orografica del nostroterritorio tra Alpi e Appennini -la montagna compare più diquanto non si sospetti. Ma piùche configurare una «totalità»,un mondo bastante a se stesso,pare piuttosto spezzarsi in tantedirezioni, disporsi per improvvi-si, piegarsi alle circostanze, sgra-narsi in un percorso d’occasioni

che prendono dal tempo e dallacultura che l’attraversa la lororagion d’essere, la loro spinta, laloro sensibilità.

In Dante è l’allegorismo aprevalere. E basterebbe pensa-re alla creazione della monta-gna del Purgatorio, alla sua na-tura di mezzo tra l’abisso infer-nale e il celeste empireo: «Noidivenimmo intanto a piè delmonte;/ quivi trovammo la roc-cia sì erta,/ che indarno vi sa-rien le gambe pronte». Monta-gna ostica, montagna impervia.E infatti Dante ricorre a uno deisuoi paragoni iperbolici, realisti-camente attingendo alla dirupa-ta natura ligure: «Tra Lerice eTurbia la più diserta, la più rot-ta ruina è una scala,/ verso diquella, agevole e aperta». Ciò si-gnifica che in tutta la Liguria dilevante e di ponente il dirupopiù inaccessibile e impraticabi-le rispetto all’ispida conforma-zione del Purgatorio parrebbeuna scala comoda e larga.

Pur entro un dettato forte-mente morale, già diverso di-scorso meritano le premodernee psicologiche propensioni diFrancesco Petrarca nella famo-sa pagina dell’ascensione al mon-te Ventoso (Ventoux) che è granparte della lettera al padre Dioni-gi da Borgo di San Sepolcro con-tenuta nelle Familiares.

Dietro la flagrante la citazio-ne dalle Confessioni di San-t’Agostino («e vanno gli uominia contemplare le cime dei mon-ti, i vasti flutti del mare, le am-

pie correnti dei fiumi, l’immen-sità dell’oceano, il corso degliastri e trascurano se stessi»),prima la verticalità e poil’estensione, l’ampiezza panora-mica, la grandezza che culminanell’avviso agostiniano (rede inte ipsum, torna in te stesso).Come dire che le vere impresesono quelle dello spirito.

Difficile trovare nei secolisuccessivi pagine così esempla-ri. Nel rivolgimento «controri-formistico» a prevalere èun’idea di montagna che conver-te le più pagane alture del Parna-so nelle più cristiane (o più catto-liche) contemplazioni del Calva-rio, di cui possono fornire esem-pi molti autori di area barocca:da Anello Sartiano (che chiamò

Sacro Parnaso una sua raccoltapoetica) a Giovanni Botero, chenon a caso intitola la secondaedizione delle sue rime spiritua-li, Il monte Calvario.

Perché la montagna entri nel-la letteratura con lo slancio piùprossimo alla sensibilità moder-na bisogna attendere il Romanti-cismo, le anime tempestose, iprepotenti contrasti, gli affanno-si deliri, le drammatiche rifles-sioni, la vertigine del sublime.Ad esempio nel Foscolo delle Ul-time lettere di Jacopo Ortis, in cuitroviamo il primo (notevole) pae-saggio alpestre: nella lettera daVentimiglia le altissime rupi, i

TRA VALDOSSOLA E TRENTOUn’ascensione di libri, film e viaggiAbbiamo chiesto a Giovanni Tesio di sintetizzare per noi larelazione su «Il posto della montagna nella letteratura italiana»che terrà domani mattina a Domodossola, Sacro Monte Calvario,nell’ambito della manifestazione «Il posto dei libri di montagna»,apertasi ieri a Briga. Nel pomeriggio tavola rotonda su«Esperienze e prospettive degli editori» (da Versante Sud aSalvioni, da Priuli&Verlucca a Vivalda, a Corbaccio). Per ilprogramma completo consultare www.letteraltura.it.Dal Piemonte a Trento, che dal 28 aprile all’8 maggio tornerà adessere capitale internazionale della montagna grazie al«ATrentoFilmfestival». Oltre al cinema, la rassegna editoriale«MontagnaLibri», dedicherà un particolare omaggio allaletteratura finlandese. Tra gli ospiti italiani: Erri De Luca, NeriMarcorè, Mauro Corona, Enrico Brizzi, che presenterà il 7 maggio«Italica 150», il film del viaggio a piedi che lo ha condotto dallaVetta d’Italia a Capo Passero. Per info: www.trentofestival.it

Una montagnadi voci incantate

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

Da Dante a Rigoni Stern Come i nostri scrittori hannoraccontato le vette, tra natura e avventura, contemplazione e allegoria:il tema al centro della rassegna «Letteraltura» a Domodossola

OggituttoLIBRIiPad Edition

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

DIARIO DI LETTURA

I dirittidi RodotàTra Bobbioe la DickinsonSERRI P. XI

LASTAMPA

La «roccia sì erta»del Purgatorio,il Resegone di Manzoni,l’Etna di Verga,il Carso di Slataper

Continua a pag. IX

NUMERO 1761ANNO XXXVSABATO 16 APRILE 2011

CAMON

L’altaredella famiglia«La mia stirpe»,un’epica nei secoliMONDO P. II

LONTANO E VICINO

Una Chiesasenza respiroPopolo e gerarchiaorfani del ConcilioENZO BIANCHI P. IX

TUTTOLIBRI

OGGERO

La ragazzae la camorra«L’ora di pietra»:in fuga dal SudPENT P.III

VIDEOINTERVISTA

Gregotti:le metropolidel futuro

MEMORIA

Bobbio,le parole dellademocrazia

tuttoLIBRI

A Dante si deve la creazione dellamontagna del Purgatorio, alla

sua natura di mezzo tra l’abissoinfernale e il celeste empireo

p

Un dipinto dell’artista svizzero Ferdinand Hodler (1853 - 1918) : «Das Lauterbrunner Breithorn», I, 1911

Il Resegone di AlessandroManzoni convoca gli sguardi degli

umili protagonisti nei momenticruciali del loro spaesamento

Mario Rigoni Stern ha narratoil suo Altipiano, tra vicende legatealla Grande Guerra ed escursioni

meravigliose tra flora e fauna

Originaria di Demonte, in ValleStura, Lalla Romano sale in

montagna in diverse pagine, da«Maria» a «Un sogno del Nord»

SUL COMODINO

A casa Sandrettosi invitala Guggenheim

I

Page 2: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.00

Camon «La mia stirpe»: un figlio dà voceal padre, uomo semplice, cresciutonella vita dei campi, colpito da ictus

ELENALOEWENTHAL

«Fin da ragazzo Micha-el aveva intrecciato diversi rap-porti amorosi, riuscendo a nonperdere mai la fiducia in un in-contro, in un sentimento che locoinvolgesse in maniera definiti-va. Ogni volta aveva credutoche quella fosse la donna giu-sta…». Gabriela, Daisy, Gloria etante altre che fanno parte diquel passato ignoto situato pri-ma che ogni libro cominci.

Michael è un critico d'arte,un uomo di mondo, un alcolistablandamente ancorato al suo vi-zio. E' soprattutto un personag-gio di romanzo, anzi di quel gio-co di scatole cinesi che è l'ultimoromanzo di Alain Elkann, intito-

lato Hotel Locarno. Qui, in una se-rie di incastri che non sono soloun espediente narrativo bensì lasostanza stessa della trama, delracconto, il vero e unico prota-gonista è in fondo lo scrittore,l'io narrante in una vasta acce-zione del participio: narrante loè infatti in quanto portavoce del-la propria esperienza sul lettinodi Vittorio, il suo psicoanalista.Lo scrittore va in cura perchésente di aver perso l'ispirazione,di non riuscire più a raccontare.

E invece, la storia si fa pro-prio in questa ricerca, in questoreciproco interrogarsi di terapi-sta e paziente. Lì, in quello stu-dio, lo scrittore che narra di sé edel proprio stallo ritrova la ve-na. Ritrova soprattutto i perso-naggi, che erano come rimastitutti lì sulla soglia, ad aspettarlopazientemente. E a poco a poco,attraverso il discorso che si di-pana dalla terapia, nasce la sto-ria di cui andavano in cerca en-trambi - i personaggi ed il loro

autore. In questa costruzione nar-rativa c'è spazio anche per un dia-logo fra lo psicoanalista e il suo pa-ziente, cui il lettore attinge scam-polidi vita vissuta.

Ma tutto ha un inequivocabilefilo conduttore, anche se si svolgesu piani e dimensioni diverse - lapagina e la realtà, la terapia e la vi-ta. Il denominatore comune chein fondo tutti accomuna è quellaspasmodica ricerca d'amore dicui Michael incarna la sostanza.

Sulla scena, del resto, ci sono

più le sue donne di lui. Non tutte,ma alcune. Gabriela è una affasci-nante, forse un po' legnosa macerto decisamente sensuale, exmodella errante, nervosa e fragileal tempo stesso. Daisy sembra tut-ta un'altra cosa, dalle forme mor-bide alla sua apparente condiscen-denza quando si tratta di «inter-pretare» ruoli femminili tradizio-nali. Gloria è, fra tutte, decisamen-te la più eccentrica, anche se a pri-ma vista ha un'aria «innocua». E'una dolce signora inglese, che si ri-vela piena di risorse, di spirito diiniziativa e soprattutto di un anti-conformismospiazzante.

In mezzo a questo turbine fem-minile entro il quale fanno appari-zione altri personaggi, brevemen-te tratteggiati o incisi sulla pagi-na, c'è lui. Michael.

Il lettore lo coglie in perennemoto: geografico, sentimentale.Michael vive in un mondo lumino-so, altolocato e colto. E' un criticod'arte affermato e apparentemen-te invidiabile. Ha fascino e lo eser-cita con disinvoltura, malgradonon sia più giovane.

Eppure, c'è qualcosa in lui cheispira una simpatia indulgenteche quasi sconfina nella compas-sione - e non solo quando lo ritro-viamo avvolto nei fumi dell'alcol,più vulnerabileche mai. Michael èsempre inerme, perché di fronteall'amore e alla passione perdeogni sicurezza e si arma di paura.Di una trepidazione che diventaben presto incertezza, come dimo-stra il coup-de-théâtre con cui il ro-manzo si chiude.

SERGIOPENT

Comitato Orfani di Ca-milla Baudino, provate a met-tervi il cuore in pace. La prof. la-tita, forse si è autoesiliata dai di-sastri e dalle bombe amiche po-litiche che piovono sulla scuolapubblica, ma tant'è: consolate-vi pensando - e verificando -che con L'ora di pietra Marghe-rita Oggero ha scritto - finora -il suo più bel romanzo.

Se non conoscessimo l'autri-ce, potremmo pensare a un gio-vane narratore del Sud - ma-schio o femmina - capace di unascelta stilistica che gioca a rim-piattino con il noir e il romanzodi denuncia, le storie adolescen-

ziali e il feuilleton, all'insegna diun'originalità coesa e granitica,senza eccessi e sbavature, con-forme a un'idea di romanzoche, attraverso l'ipotesi del di-vertissement, racconta a pienavoce il nostro tempo. Se Nicco-lò Ammaniti scrivesse un se-quel al suo iperfamoso Io non hopaura - o volesse rinverdirne leintenzioni - il tracciato potreb-be essere assai prossimo a que-sto romanzo che nasce piccolo,cresce a livello familiare e socia-le, si espande in una trama apiù voci, esplode in una cavalca-ta di rivelazioni ipotizzate, maipienamente suggerite, che rian-nodano ogni filo - ogni destino -in un finale a testa alta, ruvido ecommosso, che placa e convin-ce il lettore, ne asseconda - inqualche modo - le velleità di im-belle giustiziere popolare.

In una Torino mai esplicita-ta ma ben presente nell'appa-rente asetticità di metropolinordista indaffarata, la tredi-

cenne Imma trascorre le suegiornate senza storia nel piccoloappartamento - «alloggio», di-remmo noi sabaudi - della zia Ro-saria, la «zia scaduta». Imma è infuga dal Sud, latitante d'eccezio-ne e innocente capro espiatorioin una vicenda che vede al suocentro la malavita organizzata ela violenza autorizzata dei bosslocali. Nascosta a una probabilevendetta che verrà a cercarla dalsole un po' abbrutito della Cam-pania, la ragazzina vive la neces-saria prigionia con l'ingenuità e isogni dei suoi coetanei. Orfana diuna madre uccisa da un'auto edai dispetti del destino, cresciutain una famiglia affettuosa e one-sta - i nonni Assunta e Saverio,gli zii Salvatore e Graziella, la cu-gina Angela - Imma ha raggiuntoil Nord dopo anni di dolore, dopoil mutismo causato dalla morteassurda di sua madre Melina, do-

po - soprattutto - i sanguinosieventi di cui è stata prima spetta-trice e poi attrice involontaria.

Ma la paziente seduzione af-fabulatoria della Oggero condu-ce a ogni rivelazione dopo un ac-curato inventario dei destini, do-po aver raccontato le modeste il-

lusioni di un Sud onesto e labo-rioso, dopo averci calato in unarealtà assai poco letteraria incui prevalgono le «gomorre» ela violenza. Attraverso un lin-guaggio moderno e veloce, infar-cito con estrema naturalezza dicadenze dialettali esplicite emai inverosimili, l'autrice rac-conta le fortune e i disagi di unafamiglia che cresce, spera e poisi trova a confliggere con il mu-so duro della camorra.

Dal suo silenzio subalpino, Im-ma ritrova le tracce del passato,cerca sicurezza in piccole fugheper la città in assenza della ziaRosaria - la cui odissea a passolento e sicuro si ricongiunge conquella della nipote acquisita - co-nosce Paolo, uno studente chevende libri in bancarella, si acco-sta a vicende di adolescenti soli eprigionieri come lei - AnnaFrank, il piccolo eroe di Io non hopaura, Oliver Twist - mentre lecresce dentro la consapevolezzache ognuno di noi deve alzare latesta almeno una volta nella vitaper non soccombere.

Nell'«ora di pietra», quel mo-mento magico in cui - per qual-che indefinibile istante - la cittàdel Nord sembra relegata in unsilenzio assoluto e consolatorio,Imma troverà il coraggio di rac-contare questa storia alle perso-ne giuste: una storia bella e cru-dele, giovane e disperata, che cilascia in bocca il sapore di unalettura fresca, dinamica, ricca disperanze oneste, attraversatada un personaggio vivo e palpi-tante che Ammaniti potrebbedavvero invidiare.

MIAPELUSO

Sprigiona da Tutta lavita di Romana Petri un'incredi-bile malìa che avvolge in un'at-mosfera magica in cui il reale sitrasforma in sogno, in una lumi-nosità azzurrina ove coloro chenon sono più parlano e agisconocome vivi a raccontare le espe-rienze passate, a intervenire econfondersi con le realtà tangi-bili del presente. La capacità divivere il sogno si fa concreta e sitraduce nell'acutezza vibrantedei sensi che rileva, penetrando-vi, la vita dell'erba e delle pian-te, l'odore salmastro del mare edel sole in terre tra loro lontane.Un romanzo che esige di so-spendere il giudizio per poterloesprimere con il dovuto distac-co, a mente pura. Ripercorren-dolo, si ha la certezza di trovarsidi fronte a un grande libro.

I protagonisti, Alcina e Spal-tero, sono avvinti in un amoretotale, nato quando lui ha appe-na abbandonato l'infanzia e lei,maggiore di undici anni, è nel

pieno fulgore della prima giovi-nezza. Un amore che si nutre diun primo lungo bacio tra loro, ap-pena usciti dalla dura lotta parti-giana, e una promessa, quandolui parte a cercar fortuna in Ar-gentina dove sarà ad attenderlaappena se ne creeranno le condi-zioni e lei rimane ad aspettarlo al-le Case Venie, in Umbria. Non esi-stono dubbi in un amore così radi-cato e vero intorno al quale si co-struisce la figura leale e generosa

di Spaltero ed emerge, irresistibi-le, il personaggio indimenticabiledi Alcina che a difendersi dai tan-ti dolori della vita ha eretto unacorazzaper impedirsi il tormentoe perciò si è fatta solitaria e schi-va, seguita solo e sempre dal biz-zarrocane Vinciguerra.

Il mondo della donna, appesasaldamente al filo d'acciaio dell'amore, è tutto nella vecchia casa,negli amici di poche parole e d'in-condizionata fedeltà, nei frequen-

ti colloqui con i morti che emergo-no, più reali che mai, dal ricordobruciante della Resistenza, dalsussurro complice del giardinoselvaggio animato dallo stormiredelle fronde, dai muri scrostati,dalle lenzuola fresche stese sulletto solitario.

Come promesso, giunge la let-tera di Spaltero e Alcina s'imbar-ca sulla nave con poche cose el'unica compagnia del tormenta-to e tormentoso Vinciguerra.

Contemplativa e insieme affac-cendata si svolge la vita della don-na che non amava il mare e ora necerca la quiete e l'eterno discor-so, una vita insolita nel suo svol-gersi nella routine di un matrimo-nio con i crismi della tradizione,che la coppia sa rendere unici e ir-repetibili.Perché di raro amore sitratta, capace di riempire di at-trazione e di invidia affettuosa unaltro personaggio forte, l'amicoscrittore Tino, destinato a provar-

lo a sua volta solo quando fugge eda sempre immerso in un'organi-ca infelicità, avvinto anche da un'intensa tenerezza per la loro fi-glia Buena «dagli occhi cupi», cre-sciuta con il mito di genitori eroi.

Denso di personaggi, Tutta lavita poggia su una scrittura limpi-da e lieve, lirica ma mai cadentenel sentimentalismo, segno distin-tivo che fa di Romana Petri un'au-trice originale e personalissima.E come una sinfonia si svolge, conandamento lento nei colloqui enel sondaggio dei sentimenti, cuisi alternano momenti crudi, alta-mente drammatici nella tragicasanguinosa lotta condotta nelcontesto di un'apparente floridez-za in cui si adagia la maggioranzasilenziosa e sorda della popolazio-ne durante il periodo della dittatu-ra militare in Argentina.

Tra due guerre, quasi nell'ar-co dell'intero Novecento, l'unaevocata con la mano delicata delricordo, l'altra fin troppo cruda eviolenta, ma volta a comporsi, no-nostante le perdite, il rammarico,la disperazione, in finale armonia.

RACCONTIALL’OMBRADI HILLMAN

Nelle mani degli antichi dei= «Guarda, ritornano», scrivevaEzra Pound degli dèigreci, «uno per uno,/ impauriti, solo a metà svegli». Gli dèinonsono morti, scriveva Jung, sono diventatimalattiedell’anima.Ma è stato James Hillmana svelare alNovecento il ritorno degli dèi, o meglio agli dèi comemodelli di psicopatologia, agli dèi come vettori diconsapevolezzadel destinoproprio di ogni anima e di ognisuoaspetto, agli dèi come forme archetipichenellequaliriconoscersi.Ancora pochi sono in grado di farlo. Forse ilprimoè stato Robert Bly, che ha cantato il riaffiorare diSaturnonell’ombra dellapandemiacontemporanea: la

depressione.Altri scrittori si sono ispirati al pensiero diHillman,e alcunidei loro libri sono diventati film disuccesso.Oggi un autore televisivo italiano,CristoforoGorno,nutritodi filosofiahillmanianama anche diconoscenzaapprofonditadelle religioni classiche,è partitoda questo assunto: l’intreccio fra i tormenti dell’animaindividualee i grandi mali collettivi può decrittarsi solosvelandonegli archetipi, riflessi negli antichi dèi.E’ nel cosmodegli antichi che si incastonano le modernestoriedel suo libro, Nellemani diun dio qualunque(Aliberti, pp. 283, € 17), racconti intarsiati gli uni negli altriin un’unica narrazione interconnessacome l’AnimaMundirispetto alle espressionidi quella individuale. Le ossessioni,le premonizioni, anche le speranze si cristallizzanonegli

archetipidelle Furie vendicatrici o di Demetra che dona (esottrae) le messi, di Ares massacratoreo delle divinitàfemminili della guerraonesta e dellapace - Atenama ancheArtemidee il «mandala lunare» -, di Ermesmessaggeroveloce,dio del ’68.Tutte le complessitàe contraddittorietàdella vicendaumana,ma anchedella storia presente, emergono in undisegnoche tuttavia non ha nulladi provvidenziale,mal’imperscrutabilitàdei volti degli dèi olimpici, declinazionidiquel Dio Qualunque che può solo restare indifferente,come Apollo l’obliquo, che nel fregio del Partenone,mentre uomini e centauri si scannano,guardadistrattamentealtrove. SilviaRonchey

LORENZOMONDO

La mia stirpe, il titoloapposto da Ferdinando Ca-mon al suo ultimo libro, appa-re a prima vista enfatico epretenzioso, ci si aspettaquanto meno che venga tem-perato da una intonazionescherzosa. E insomma, senon si prestasse a equivoci, sivorrebbe tradurlo più conve-nientemente con «la mia raz-za», utilizzando il ruvido,semplificatorio linguaggiodella tradizione contadina.Ma, leggendo, comprendia-mo come esso sia dettato dalsenso di una misteriosa rega-lità che prescinde dall’araldi-ca e dal censo, perfino dallesuggestioni della giovinezzae della buona salute.

L’autore racconta infatticome il padre, un uomo sem-plice, cresciuto nella vita deicampi, sia colpito da un ictus.Gli è venuta meno la parola e,quasi regredito all’infanzia,può soltanto esprimersi digi-tando le lettere di una lava-gna alfabetica. Quel lessicosmozzicato consente al figliodi ricostruire, insieme alle fa-si salienti della sua esistenza,il sentimento che il padre pro-va davanti alla morte. Riaffio-ra il casto amore per la ragaz-za che diventerà sua moglie,il legame forte con la terra eil ceppo familiare, l’esperien-za terribile della guerra, allaquale si è sottratto, per il ri-fiuto di uccidere, iniettandosiacqua infetta in un ginocchio.E ci sono i sogni che non hapotuto realizzare.

Il racconto di Camon siadegua a questi sussulti dellamemoria, alle impuntaturedel temperamento, decrittan-doli e svolgendoli pienamen-te. Indugiando su scorci bale-nanti (la guerra e le razziedei tedeschi nel Veneto na-tio, la Resistenza) conceden-dosi partecipi osservazionisul mondo degli esclusi dallaretorica dei grandi eventi:«...ricostruire la storia dairacconti dei contadini è co-me ricostruire una civiltà dairuderi che restano per ter-

ra». E ancora: «Il popolo creamiti, non storia. La vera storiadel popolo è l’epica».

Camon, che ha scritto in an-ni lontani Un altare per la ma-dre, riferendosi a un manufat-to di pietra, compie adesso unaoperazione analoga erigendoalla figura paterna un monu-mento di parole. Anche lui sipresta a comporre, senza pare-re, una inedita epica familiareche travalica le generazioni e isecoli, che affonda nell’indistin-to delle origini. Si persuade in-fatti di accogliere in sé, per

tratti visibili, l’eredità dei geni-tori, non soltanto nei fisici acci-denti ma nei comportamentidavanti ai problemi essenzialidel vivere e del morire.

Egli era già presente nel-l’amore tra il ragazzo e la ragaz-za che diventeranno i suoi geni-tori e sarà presente nei suoi suc-cessori. E non basta a divaricar-li il fatto che la madre temesse,ai suoi tempi, di restare incintaper un bacio, mentre la nipotinasi rivela edotta che si viene almondo attraverso l’introduzio-ne di un «semino» nel ventre diuna donna. Si tratta di mutazio-ni ininfluenti nella continuità diuna atavica credenza, cosìespressa in estrema sintesi: «Ilsenso della nostra razza, salirein faccia all’ultimo, per vederein faccia quelli che esisterannodopo di lui, e tutti quelli che esi-sterono prima di lui più Uno, sicompie hic et nunc».

Teniamo presenti questeconsiderazioni leggendo l’episo-dio che conclude il libro. Camonè stato invitato ad un raduno diartisti per incontrare il Papanella Cappella Sistina. Gli sem-bra di adempiere a un desiderioche il padre non ha potuto rea-lizzare e che ha manifestato an-cora sul letto di morte: trovarsifaccia a faccia con il successoredi Pietro. Ma, oltre a risarcire il

genitore, ha l’impressione di ri-collegarsi, sullo sfondo del Giu-dizio michelangiolesco, all’ulti-mo anello di una catena nellaquale si è riconosciuta la suagente. E’ il Papa a rappresentar-lo pur con tutti i suoi limiti, cheCamon individua scherzosa-mente nella pur affabile figuradi Benedetto XVI.

Piace in questo libro, insie-me alla pensosità sorridente, lascrittura conversevole e confi-denziale che è l’ultimo acquistodi una lunga, fortunata carrie-ra di scrittore.

Petri «Tutta una vita»: tra dueguerre, l’amore è un filo d’acciaio

RISORGIMENTO,TRA STORIAE ROMANZO

Il confessore di Cavour= Perché non beatificare padre Giacomo da Poirino, ilreligiosoche evangelicamentenon asservendo l’uomo alsabato assicurò il conforto dei sacramenti allo scomunicatoConte di Cavour?Tra le figure «minori», in realtà cruciali,del Risorgimento, il francescano - lo stesso ordine di PadreCristoforo, eguale risolutezza, ancorché diversamenteinterpretata - ha ispirato il romanzo storico di LorenzoGreco Il confessoredi Cavour (Manni, pp. 156, €15, inappendice la relazione integrale del frate - «Notizia del mioviaggio per Roma» - che Antonicelli aveva svelato mezzosecolo fa su La Stampa).

Cruciale, padre Giacomo, etimologicamente,avendoaffermato la primazia della coscienza («Non ho tradito lamia coscienza», la vita come un affare di coscienza) rispettoalla ragion di Stato che imbrigliò l’ultimo Papa Re, Pio IX.Una testimonianza, la sua, tra quelle che contribuiranno aminare Porta Pia, breccia infine «santa», se un vescovotoscano «confesserà»a Spadolini che la Chiesa avrebbedovutoelevare a festa religiosa il 20 settembre.Lorenzo Greco compone un ritratto d’anima, dove i filietico, religioso, politico e poetico felicemente simescolano. Oltre l’aridità del documento, maismemorandosi - l’autore - nel personaggio, neipersonaggi, seguiti azionando il manzoniano frendell’arte, consentendo loro di muoversi agilmente di

convento in giardino in Sant’Uffizio in stanza petrina.Il protagonistae l’antagonista. Là dove, a brillare, nellaveste di protagonista, è padreGiacomo da Poirino, che difronte a Pio IX, mondo di qualsivoglia fremito«liberale»,saprà rimanereall’impiedi: lui che tenne fede alla promessafattaal signor Conte,di assisterlonell’ultimaora, nondomandadoglidi ritrattare «il male perpetratocontro laChiesa romana», essendo«cosa che non lo riguardasse».LiberaChiesa in libero Stato, libero il sacerdote,nell’estremaora, di essere prete, non «instrumentumregni». Libero, quel francescano,di testimoniare, alcapezzaledi Cavour, a costo di venire sospesoa divinis, chel’autenticaamiciziaè profezia. Bruno Quaranta

Com’è regalequesto altareper la famiglia

«L’ora di pietra»: unastoria bella e crudele,giovane e disperata,una lettura fresca,ricca di speranze oneste

GENOVA, PERUGIA, LAZIO

Tre Festival= Si conclude domani aPalazzo Ducale di Genova larassegna «La Storia in piazza»coordinata da Donald Sassoone dedicata a «L’invenzionedella guerra». Interverranno,fra gli altri, Sergio Romano,Enzo Bianchi, Adriaio Sofri,Tzvetan Todorov, Angelo DelBoca, Anna Bravo.A Perugia, sempre domani, siconclude la quinta edizionedel festival internazionale delgiornalismo. E a Grottaferratagiungerà all’epilogo il Salonedell’editoria dell’impegno, conuna particolare attenzioneriservata ad Adriano Olivetti ealle Edizioni di Comunità.

A TRINO

Libri d’Italia= Sono in mostra a Trino,nella biblioteca civica«Favorino Brunod», i librid’Italia (i testi che hanno fattogli italiani) via presentati suTuttolibri fra il settembre 2009e il marzo scorso, ciascunoaccompagnato dalla relativarecensione. Il comune delVercellese rende quindiomaggio al suo spirito unitariocon il volume di Franco Crosioe Bruno Ferrarotti Trinorisorgimentale (Studi Trinesi,pp. 187, s.i.p.). In appendice,la riproduzione di un album difigurine (B. E. A.) pubblicatonel 1961 per celebrare ilCentenario.

PREMIO

Per Gozzano= Ricorrendo il centenariode «I colloqui», il canzoniere diGozzano, nasce ad Aglié, doveil Bel Guido riposa, il premio«Il Meleto di Guido Gozzano».Le sezioni: poesia edita,poesia inedita e tesi di laurea.Per informazioni scrivere a:[email protected]

«Hotel Locarno»:in un mondo altolocatoe colto, tra terapiae vita, una ricercaspasmodica d’amore

Imma a testa altacontro la camorra

Sul lettinoc’è il curiosodelle donne

Scrittori italianiIITuttolibri

SABATO 16 APRILE 2011LA STAMPA III

pp Margherita Oggerop L'ORA DI PIETRAp Mondadori, pp. 270, € 18,50

pp Romana Petrip TUTTA LA VITAp Longanesi, pp. 425, € 18,60

Un’inedita epica chetravalica i secolie le generazioni con unascrittura confidenziale,una pensosità sorridente

pp Ferdinando Camonp LA MIA STIRPEp Garzanti, pp. 151, € 14,60

pp Alain Elkannp HOTEL LOCARNOp Bompiani, pp. 109, € 14,90

Elkann Uno scrittore che ha persol’ispirazione ricorre allo psicoanalista

Oggero Una tredicenne in fuga dal Sud, latitanted’eccezione e innocente capro espiatorio a Torino Bloc notes

Cavour disegnato da Gec

FerdinandoCamon

è natonel 1935 a

Montagnana,in provincia

di Padova.Con

«Un altareper la madre»

(Garzanti)ha vinto

il premioStrega

nel 1978

Margherita Oggero, felicemente orfana di Camilla Baudino

Romana Petri

Alle Case Veniearriva una letteradall’Argentina

Il dio Apollo

Page 3: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.00

Camon «La mia stirpe»: un figlio dà voceal padre, uomo semplice, cresciutonella vita dei campi, colpito da ictus

ELENALOEWENTHAL

«Fin da ragazzo Micha-el aveva intrecciato diversi rap-porti amorosi, riuscendo a nonperdere mai la fiducia in un in-contro, in un sentimento che locoinvolgesse in maniera definiti-va. Ogni volta aveva credutoche quella fosse la donna giu-sta…». Gabriela, Daisy, Gloria etante altre che fanno parte diquel passato ignoto situato pri-ma che ogni libro cominci.

Michael è un critico d'arte,un uomo di mondo, un alcolistablandamente ancorato al suo vi-zio. E' soprattutto un personag-gio di romanzo, anzi di quel gio-co di scatole cinesi che è l'ultimoromanzo di Alain Elkann, intito-

lato Hotel Locarno. Qui, in una se-rie di incastri che non sono soloun espediente narrativo bensì lasostanza stessa della trama, delracconto, il vero e unico prota-gonista è in fondo lo scrittore,l'io narrante in una vasta acce-zione del participio: narrante loè infatti in quanto portavoce del-la propria esperienza sul lettinodi Vittorio, il suo psicoanalista.Lo scrittore va in cura perchésente di aver perso l'ispirazione,di non riuscire più a raccontare.

E invece, la storia si fa pro-prio in questa ricerca, in questoreciproco interrogarsi di terapi-sta e paziente. Lì, in quello stu-dio, lo scrittore che narra di sé edel proprio stallo ritrova la ve-na. Ritrova soprattutto i perso-naggi, che erano come rimastitutti lì sulla soglia, ad aspettarlopazientemente. E a poco a poco,attraverso il discorso che si di-pana dalla terapia, nasce la sto-ria di cui andavano in cerca en-trambi - i personaggi ed il loro

autore. In questa costruzione nar-rativa c'è spazio anche per un dia-logo fra lo psicoanalista e il suo pa-ziente, cui il lettore attinge scam-polidi vita vissuta.

Ma tutto ha un inequivocabilefilo conduttore, anche se si svolgesu piani e dimensioni diverse - lapagina e la realtà, la terapia e la vi-ta. Il denominatore comune chein fondo tutti accomuna è quellaspasmodica ricerca d'amore dicui Michael incarna la sostanza.

Sulla scena, del resto, ci sono

più le sue donne di lui. Non tutte,ma alcune. Gabriela è una affasci-nante, forse un po' legnosa macerto decisamente sensuale, exmodella errante, nervosa e fragileal tempo stesso. Daisy sembra tut-ta un'altra cosa, dalle forme mor-bide alla sua apparente condiscen-denza quando si tratta di «inter-pretare» ruoli femminili tradizio-nali. Gloria è, fra tutte, decisamen-te la più eccentrica, anche se a pri-ma vista ha un'aria «innocua». E'una dolce signora inglese, che si ri-vela piena di risorse, di spirito diiniziativa e soprattutto di un anti-conformismospiazzante.

In mezzo a questo turbine fem-minile entro il quale fanno appari-zione altri personaggi, brevemen-te tratteggiati o incisi sulla pagi-na, c'è lui. Michael.

Il lettore lo coglie in perennemoto: geografico, sentimentale.Michael vive in un mondo lumino-so, altolocato e colto. E' un criticod'arte affermato e apparentemen-te invidiabile. Ha fascino e lo eser-cita con disinvoltura, malgradonon sia più giovane.

Eppure, c'è qualcosa in lui cheispira una simpatia indulgenteche quasi sconfina nella compas-sione - e non solo quando lo ritro-viamo avvolto nei fumi dell'alcol,più vulnerabileche mai. Michael èsempre inerme, perché di fronteall'amore e alla passione perdeogni sicurezza e si arma di paura.Di una trepidazione che diventaben presto incertezza, come dimo-stra il coup-de-théâtre con cui il ro-manzo si chiude.

SERGIOPENT

Comitato Orfani di Ca-milla Baudino, provate a met-tervi il cuore in pace. La prof. la-tita, forse si è autoesiliata dai di-sastri e dalle bombe amiche po-litiche che piovono sulla scuolapubblica, ma tant'è: consolate-vi pensando - e verificando -che con L'ora di pietra Marghe-rita Oggero ha scritto - finora -il suo più bel romanzo.

Se non conoscessimo l'autri-ce, potremmo pensare a un gio-vane narratore del Sud - ma-schio o femmina - capace di unascelta stilistica che gioca a rim-piattino con il noir e il romanzodi denuncia, le storie adolescen-

ziali e il feuilleton, all'insegna diun'originalità coesa e granitica,senza eccessi e sbavature, con-forme a un'idea di romanzoche, attraverso l'ipotesi del di-vertissement, racconta a pienavoce il nostro tempo. Se Nicco-lò Ammaniti scrivesse un se-quel al suo iperfamoso Io non hopaura - o volesse rinverdirne leintenzioni - il tracciato potreb-be essere assai prossimo a que-sto romanzo che nasce piccolo,cresce a livello familiare e socia-le, si espande in una trama apiù voci, esplode in una cavalca-ta di rivelazioni ipotizzate, maipienamente suggerite, che rian-nodano ogni filo - ogni destino -in un finale a testa alta, ruvido ecommosso, che placa e convin-ce il lettore, ne asseconda - inqualche modo - le velleità di im-belle giustiziere popolare.

In una Torino mai esplicita-ta ma ben presente nell'appa-rente asetticità di metropolinordista indaffarata, la tredi-

cenne Imma trascorre le suegiornate senza storia nel piccoloappartamento - «alloggio», di-remmo noi sabaudi - della zia Ro-saria, la «zia scaduta». Imma è infuga dal Sud, latitante d'eccezio-ne e innocente capro espiatorioin una vicenda che vede al suocentro la malavita organizzata ela violenza autorizzata dei bosslocali. Nascosta a una probabilevendetta che verrà a cercarla dalsole un po' abbrutito della Cam-pania, la ragazzina vive la neces-saria prigionia con l'ingenuità e isogni dei suoi coetanei. Orfana diuna madre uccisa da un'auto edai dispetti del destino, cresciutain una famiglia affettuosa e one-sta - i nonni Assunta e Saverio,gli zii Salvatore e Graziella, la cu-gina Angela - Imma ha raggiuntoil Nord dopo anni di dolore, dopoil mutismo causato dalla morteassurda di sua madre Melina, do-

po - soprattutto - i sanguinosieventi di cui è stata prima spetta-trice e poi attrice involontaria.

Ma la paziente seduzione af-fabulatoria della Oggero condu-ce a ogni rivelazione dopo un ac-curato inventario dei destini, do-po aver raccontato le modeste il-

lusioni di un Sud onesto e labo-rioso, dopo averci calato in unarealtà assai poco letteraria incui prevalgono le «gomorre» ela violenza. Attraverso un lin-guaggio moderno e veloce, infar-cito con estrema naturalezza dicadenze dialettali esplicite emai inverosimili, l'autrice rac-conta le fortune e i disagi di unafamiglia che cresce, spera e poisi trova a confliggere con il mu-so duro della camorra.

Dal suo silenzio subalpino, Im-ma ritrova le tracce del passato,cerca sicurezza in piccole fugheper la città in assenza della ziaRosaria - la cui odissea a passolento e sicuro si ricongiunge conquella della nipote acquisita - co-nosce Paolo, uno studente chevende libri in bancarella, si acco-sta a vicende di adolescenti soli eprigionieri come lei - AnnaFrank, il piccolo eroe di Io non hopaura, Oliver Twist - mentre lecresce dentro la consapevolezzache ognuno di noi deve alzare latesta almeno una volta nella vitaper non soccombere.

Nell'«ora di pietra», quel mo-mento magico in cui - per qual-che indefinibile istante - la cittàdel Nord sembra relegata in unsilenzio assoluto e consolatorio,Imma troverà il coraggio di rac-contare questa storia alle perso-ne giuste: una storia bella e cru-dele, giovane e disperata, che cilascia in bocca il sapore di unalettura fresca, dinamica, ricca disperanze oneste, attraversatada un personaggio vivo e palpi-tante che Ammaniti potrebbedavvero invidiare.

MIAPELUSO

Sprigiona da Tutta lavita di Romana Petri un'incredi-bile malìa che avvolge in un'at-mosfera magica in cui il reale sitrasforma in sogno, in una lumi-nosità azzurrina ove coloro chenon sono più parlano e agisconocome vivi a raccontare le espe-rienze passate, a intervenire econfondersi con le realtà tangi-bili del presente. La capacità divivere il sogno si fa concreta e sitraduce nell'acutezza vibrantedei sensi che rileva, penetrando-vi, la vita dell'erba e delle pian-te, l'odore salmastro del mare edel sole in terre tra loro lontane.Un romanzo che esige di so-spendere il giudizio per poterloesprimere con il dovuto distac-co, a mente pura. Ripercorren-dolo, si ha la certezza di trovarsidi fronte a un grande libro.

I protagonisti, Alcina e Spal-tero, sono avvinti in un amoretotale, nato quando lui ha appe-na abbandonato l'infanzia e lei,maggiore di undici anni, è nel

pieno fulgore della prima giovi-nezza. Un amore che si nutre diun primo lungo bacio tra loro, ap-pena usciti dalla dura lotta parti-giana, e una promessa, quandolui parte a cercar fortuna in Ar-gentina dove sarà ad attenderlaappena se ne creeranno le condi-zioni e lei rimane ad aspettarlo al-le Case Venie, in Umbria. Non esi-stono dubbi in un amore così radi-cato e vero intorno al quale si co-struisce la figura leale e generosa

di Spaltero ed emerge, irresistibi-le, il personaggio indimenticabiledi Alcina che a difendersi dai tan-ti dolori della vita ha eretto unacorazzaper impedirsi il tormentoe perciò si è fatta solitaria e schi-va, seguita solo e sempre dal biz-zarrocane Vinciguerra.

Il mondo della donna, appesasaldamente al filo d'acciaio dell'amore, è tutto nella vecchia casa,negli amici di poche parole e d'in-condizionata fedeltà, nei frequen-

ti colloqui con i morti che emergo-no, più reali che mai, dal ricordobruciante della Resistenza, dalsussurro complice del giardinoselvaggio animato dallo stormiredelle fronde, dai muri scrostati,dalle lenzuola fresche stese sulletto solitario.

Come promesso, giunge la let-tera di Spaltero e Alcina s'imbar-ca sulla nave con poche cose el'unica compagnia del tormenta-to e tormentoso Vinciguerra.

Contemplativa e insieme affac-cendata si svolge la vita della don-na che non amava il mare e ora necerca la quiete e l'eterno discor-so, una vita insolita nel suo svol-gersi nella routine di un matrimo-nio con i crismi della tradizione,che la coppia sa rendere unici e ir-repetibili.Perché di raro amore sitratta, capace di riempire di at-trazione e di invidia affettuosa unaltro personaggio forte, l'amicoscrittore Tino, destinato a provar-

lo a sua volta solo quando fugge eda sempre immerso in un'organi-ca infelicità, avvinto anche da un'intensa tenerezza per la loro fi-glia Buena «dagli occhi cupi», cre-sciuta con il mito di genitori eroi.

Denso di personaggi, Tutta lavita poggia su una scrittura limpi-da e lieve, lirica ma mai cadentenel sentimentalismo, segno distin-tivo che fa di Romana Petri un'au-trice originale e personalissima.E come una sinfonia si svolge, conandamento lento nei colloqui enel sondaggio dei sentimenti, cuisi alternano momenti crudi, alta-mente drammatici nella tragicasanguinosa lotta condotta nelcontesto di un'apparente floridez-za in cui si adagia la maggioranzasilenziosa e sorda della popolazio-ne durante il periodo della dittatu-ra militare in Argentina.

Tra due guerre, quasi nell'ar-co dell'intero Novecento, l'unaevocata con la mano delicata delricordo, l'altra fin troppo cruda eviolenta, ma volta a comporsi, no-nostante le perdite, il rammarico,la disperazione, in finale armonia.

RACCONTIALL’OMBRADI HILLMAN

Nelle mani degli antichi dei= «Guarda, ritornano», scrivevaEzra Pound degli dèigreci, «uno per uno,/ impauriti, solo a metà svegli». Gli dèinonsono morti, scriveva Jung, sono diventatimalattiedell’anima.Ma è stato James Hillmana svelare alNovecento il ritorno degli dèi, o meglio agli dèi comemodelli di psicopatologia, agli dèi come vettori diconsapevolezzadel destinoproprio di ogni anima e di ognisuoaspetto, agli dèi come forme archetipichenellequaliriconoscersi.Ancora pochi sono in grado di farlo. Forse ilprimoè stato Robert Bly, che ha cantato il riaffiorare diSaturnonell’ombra dellapandemiacontemporanea: la

depressione.Altri scrittori si sono ispirati al pensiero diHillman,e alcunidei loro libri sono diventati film disuccesso.Oggi un autore televisivo italiano,CristoforoGorno,nutritodi filosofiahillmanianama anche diconoscenzaapprofonditadelle religioni classiche,è partitoda questo assunto: l’intreccio fra i tormenti dell’animaindividualee i grandi mali collettivi può decrittarsi solosvelandonegli archetipi, riflessi negli antichi dèi.E’ nel cosmodegli antichi che si incastonano le modernestoriedel suo libro, Nellemani diun dio qualunque(Aliberti, pp. 283, € 17), racconti intarsiati gli uni negli altriin un’unica narrazione interconnessacome l’AnimaMundirispetto alle espressionidi quella individuale. Le ossessioni,le premonizioni, anche le speranze si cristallizzanonegli

archetipidelle Furie vendicatrici o di Demetra che dona (esottrae) le messi, di Ares massacratoreo delle divinitàfemminili della guerraonesta e dellapace - Atenama ancheArtemidee il «mandala lunare» -, di Ermesmessaggeroveloce,dio del ’68.Tutte le complessitàe contraddittorietàdella vicendaumana,ma anchedella storia presente, emergono in undisegnoche tuttavia non ha nulladi provvidenziale,mal’imperscrutabilitàdei volti degli dèi olimpici, declinazionidiquel Dio Qualunque che può solo restare indifferente,come Apollo l’obliquo, che nel fregio del Partenone,mentre uomini e centauri si scannano,guardadistrattamentealtrove. SilviaRonchey

LORENZOMONDO

La mia stirpe, il titoloapposto da Ferdinando Ca-mon al suo ultimo libro, appa-re a prima vista enfatico epretenzioso, ci si aspettaquanto meno che venga tem-perato da una intonazionescherzosa. E insomma, senon si prestasse a equivoci, sivorrebbe tradurlo più conve-nientemente con «la mia raz-za», utilizzando il ruvido,semplificatorio linguaggiodella tradizione contadina.Ma, leggendo, comprendia-mo come esso sia dettato dalsenso di una misteriosa rega-lità che prescinde dall’araldi-ca e dal censo, perfino dallesuggestioni della giovinezzae della buona salute.

L’autore racconta infatticome il padre, un uomo sem-plice, cresciuto nella vita deicampi, sia colpito da un ictus.Gli è venuta meno la parola e,quasi regredito all’infanzia,può soltanto esprimersi digi-tando le lettere di una lava-gna alfabetica. Quel lessicosmozzicato consente al figliodi ricostruire, insieme alle fa-si salienti della sua esistenza,il sentimento che il padre pro-va davanti alla morte. Riaffio-ra il casto amore per la ragaz-za che diventerà sua moglie,il legame forte con la terra eil ceppo familiare, l’esperien-za terribile della guerra, allaquale si è sottratto, per il ri-fiuto di uccidere, iniettandosiacqua infetta in un ginocchio.E ci sono i sogni che non hapotuto realizzare.

Il racconto di Camon siadegua a questi sussulti dellamemoria, alle impuntaturedel temperamento, decrittan-doli e svolgendoli pienamen-te. Indugiando su scorci bale-nanti (la guerra e le razziedei tedeschi nel Veneto na-tio, la Resistenza) conceden-dosi partecipi osservazionisul mondo degli esclusi dallaretorica dei grandi eventi:«...ricostruire la storia dairacconti dei contadini è co-me ricostruire una civiltà dairuderi che restano per ter-

ra». E ancora: «Il popolo creamiti, non storia. La vera storiadel popolo è l’epica».

Camon, che ha scritto in an-ni lontani Un altare per la ma-dre, riferendosi a un manufat-to di pietra, compie adesso unaoperazione analoga erigendoalla figura paterna un monu-mento di parole. Anche lui sipresta a comporre, senza pare-re, una inedita epica familiareche travalica le generazioni e isecoli, che affonda nell’indistin-to delle origini. Si persuade in-fatti di accogliere in sé, per

tratti visibili, l’eredità dei geni-tori, non soltanto nei fisici acci-denti ma nei comportamentidavanti ai problemi essenzialidel vivere e del morire.

Egli era già presente nel-l’amore tra il ragazzo e la ragaz-za che diventeranno i suoi geni-tori e sarà presente nei suoi suc-cessori. E non basta a divaricar-li il fatto che la madre temesse,ai suoi tempi, di restare incintaper un bacio, mentre la nipotinasi rivela edotta che si viene almondo attraverso l’introduzio-ne di un «semino» nel ventre diuna donna. Si tratta di mutazio-ni ininfluenti nella continuità diuna atavica credenza, cosìespressa in estrema sintesi: «Ilsenso della nostra razza, salirein faccia all’ultimo, per vederein faccia quelli che esisterannodopo di lui, e tutti quelli che esi-sterono prima di lui più Uno, sicompie hic et nunc».

Teniamo presenti questeconsiderazioni leggendo l’episo-dio che conclude il libro. Camonè stato invitato ad un raduno diartisti per incontrare il Papanella Cappella Sistina. Gli sem-bra di adempiere a un desiderioche il padre non ha potuto rea-lizzare e che ha manifestato an-cora sul letto di morte: trovarsifaccia a faccia con il successoredi Pietro. Ma, oltre a risarcire il

genitore, ha l’impressione di ri-collegarsi, sullo sfondo del Giu-dizio michelangiolesco, all’ulti-mo anello di una catena nellaquale si è riconosciuta la suagente. E’ il Papa a rappresentar-lo pur con tutti i suoi limiti, cheCamon individua scherzosa-mente nella pur affabile figuradi Benedetto XVI.

Piace in questo libro, insie-me alla pensosità sorridente, lascrittura conversevole e confi-denziale che è l’ultimo acquistodi una lunga, fortunata carrie-ra di scrittore.

Petri «Tutta una vita»: tra dueguerre, l’amore è un filo d’acciaio

RISORGIMENTO,TRA STORIAE ROMANZO

Il confessore di Cavour= Perché non beatificare padre Giacomo da Poirino, ilreligiosoche evangelicamentenon asservendo l’uomo alsabato assicurò il conforto dei sacramenti allo scomunicatoConte di Cavour?Tra le figure «minori», in realtà cruciali,del Risorgimento, il francescano - lo stesso ordine di PadreCristoforo, eguale risolutezza, ancorché diversamenteinterpretata - ha ispirato il romanzo storico di LorenzoGreco Il confessoredi Cavour (Manni, pp. 156, €15, inappendice la relazione integrale del frate - «Notizia del mioviaggio per Roma» - che Antonicelli aveva svelato mezzosecolo fa su La Stampa).

Cruciale, padre Giacomo, etimologicamente,avendoaffermato la primazia della coscienza («Non ho tradito lamia coscienza», la vita come un affare di coscienza) rispettoalla ragion di Stato che imbrigliò l’ultimo Papa Re, Pio IX.Una testimonianza, la sua, tra quelle che contribuiranno aminare Porta Pia, breccia infine «santa», se un vescovotoscano «confesserà»a Spadolini che la Chiesa avrebbedovutoelevare a festa religiosa il 20 settembre.Lorenzo Greco compone un ritratto d’anima, dove i filietico, religioso, politico e poetico felicemente simescolano. Oltre l’aridità del documento, maismemorandosi - l’autore - nel personaggio, neipersonaggi, seguiti azionando il manzoniano frendell’arte, consentendo loro di muoversi agilmente di

convento in giardino in Sant’Uffizio in stanza petrina.Il protagonistae l’antagonista. Là dove, a brillare, nellaveste di protagonista, è padreGiacomo da Poirino, che difronte a Pio IX, mondo di qualsivoglia fremito«liberale»,saprà rimanereall’impiedi: lui che tenne fede alla promessafattaal signor Conte,di assisterlonell’ultimaora, nondomandadoglidi ritrattare «il male perpetratocontro laChiesa romana», essendo«cosa che non lo riguardasse».LiberaChiesa in libero Stato, libero il sacerdote,nell’estremaora, di essere prete, non «instrumentumregni». Libero, quel francescano,di testimoniare, alcapezzaledi Cavour, a costo di venire sospesoa divinis, chel’autenticaamiciziaè profezia. Bruno Quaranta

Com’è regalequesto altareper la famiglia

«L’ora di pietra»: unastoria bella e crudele,giovane e disperata,una lettura fresca,ricca di speranze oneste

GENOVA, PERUGIA, LAZIO

Tre Festival= Si conclude domani aPalazzo Ducale di Genova larassegna «La Storia in piazza»coordinata da Donald Sassoone dedicata a «L’invenzionedella guerra». Interverranno,fra gli altri, Sergio Romano,Enzo Bianchi, Adriaio Sofri,Tzvetan Todorov, Angelo DelBoca, Anna Bravo.A Perugia, sempre domani, siconclude la quinta edizionedel festival internazionale delgiornalismo. E a Grottaferratagiungerà all’epilogo il Salonedell’editoria dell’impegno, conuna particolare attenzioneriservata ad Adriano Olivetti ealle Edizioni di Comunità.

A TRINO

Libri d’Italia= Sono in mostra a Trino,nella biblioteca civica«Favorino Brunod», i librid’Italia (i testi che hanno fattogli italiani) via presentati suTuttolibri fra il settembre 2009e il marzo scorso, ciascunoaccompagnato dalla relativarecensione. Il comune delVercellese rende quindiomaggio al suo spirito unitariocon il volume di Franco Crosioe Bruno Ferrarotti Trinorisorgimentale (Studi Trinesi,pp. 187, s.i.p.). In appendice,la riproduzione di un album difigurine (B. E. A.) pubblicatonel 1961 per celebrare ilCentenario.

PREMIO

Per Gozzano= Ricorrendo il centenariode «I colloqui», il canzoniere diGozzano, nasce ad Aglié, doveil Bel Guido riposa, il premio«Il Meleto di Guido Gozzano».Le sezioni: poesia edita,poesia inedita e tesi di laurea.Per informazioni scrivere a:[email protected]

«Hotel Locarno»:in un mondo altolocatoe colto, tra terapiae vita, una ricercaspasmodica d’amore

Imma a testa altacontro la camorra

Sul lettinoc’è il curiosodelle donne

Scrittori italianiIITuttolibri

SABATO 16 APRILE 2011LA STAMPA III

pp Margherita Oggerop L'ORA DI PIETRAp Mondadori, pp. 270, € 18,50

pp Romana Petrip TUTTA LA VITAp Longanesi, pp. 425, € 18,60

Un’inedita epica chetravalica i secolie le generazioni con unascrittura confidenziale,una pensosità sorridente

pp Ferdinando Camonp LA MIA STIRPEp Garzanti, pp. 151, € 14,60

pp Alain Elkannp HOTEL LOCARNOp Bompiani, pp. 109, € 14,90

Elkann Uno scrittore che ha persol’ispirazione ricorre allo psicoanalista

Oggero Una tredicenne in fuga dal Sud, latitanted’eccezione e innocente capro espiatorio a Torino Bloc notes

Cavour disegnato da Gec

FerdinandoCamon

è natonel 1935 a

Montagnana,in provincia

di Padova.Con

«Un altareper la madre»

(Garzanti)ha vinto

il premioStrega

nel 1978

Margherita Oggero, felicemente orfana di Camilla Baudino

Romana Petri

Alle Case Veniearriva una letteradall’Argentina

Il dio Apollo

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.01

Il classico TuttolibriSABATO 16 APRILE 2011

LA STAMPAIV

PAOLOBERTINETTI

Per quale serie di sfor-tunate circostanze Romeo nonsa della morte apparente diGiulietta e si suicida sulla tom-ba di lei? Perché Amleto si ri-trova al cimitero poco primadella sepoltura di Ofelia, di cuiignorava la morte? Molti ap-passionati di teatro, e molti stu-denti, probabilmente ricorda-no in modo confuso (se non er-rato) le trame delle opere diShakespeare.

L'appendice del saggio diStefano Manferlotti, intitolatoperentoriamente Shakespeare,provvede a colmare le possibi-li lacune fornendo le trame deilavori teatrali che illustra edesamina nelle precedenti 290pagine. Il volume raggruppaper grandi settori i testi dram-matici (dedicando un bel capi-tolo a parte alla produzione po-

etica): le commedie, i drammi«greci e romani», i drammistorici («troni di sangue», si di-ce con reminiscenza cinemato-grafica nel titolo del capitolo)e infine i testi che costituisco-no quello che Manferlotti defi-nisce «il grande canone» - Ro-meo e Giulietta, Sogno di unanotte d'estate, Il mercante di Ve-nezia, La tempesta e le granditragedie (Amleto, Re Lear, Otel-lo, Macbeth) - e che sono anchei lavori di Shakespeare piùspesso rappresentati in ogniparte del mondo.

Ne emerge una guida alleopere del Bardo che si àncorasaldamente alle parole del te-sto, sapientemente utilizzatecome pilastri dell'interpretazio-ne e gustate per la loro bellez-za; che si avvale del richiamo il-luminante ai più diversi testi eforme della produzione cultu-rale di tutti i tempi; che cogliecon rigore appena mascheratodalla piacevolezza della scrittu-

ra i nodi essenziali delle opere divolta in volta esaminate. Un volu-me utile, dotto il necessario emai pedante, puntuale nell'espo-sizione e mai oscuro, sicuro nellavalutazione e mai presuntuoso:un libro da collocare nello scaffa-le a portata di mano.

Alla vita di Shakespeare sonodedicate una quindicina di pagi-ne, più che sufficienti in un sag-gio di questo tipo. Invece PeterAckroyd, profondo conoscitoredella storia di Londra, alla vitadel Bardo ne dedica più di seicen-to. Per la verità, il suo lavoro,Shakespeare. Una biografia, parlaanche ampiamente, in modo gra-devole, non specialistico ma do-cumentato, del contesto in cui sisvolse il lavoro del più grande uo-mo di teatro di tutti i tempi. Cosautilissima, perché molti aspettidella cultura teatrale elisabettia-na, decisivi per lo sviluppo dellaproduzione drammatica shake-speariana, sono tutt'altro che fa-miliari al comune lettore. E, in

ogni caso, il biografo di Shake-speare deve per forza «allargar-si», perché pochissimi sono i do-cumenti relativi alla sua vita. Enessuno di essi, notarili come so-no, particolarmente utile a capi-re «l'uomo» Shakespeare, o ingrado di offrire degli spunti chene illuminino la personalità.

Ackroyd, come gli altri bio-grafi, propone così una serie diipotesi suggestive riguardanticiò che non è documentato mache potrebbe essere vero. Adesempio, a proposito delle con-vinzioni religiose di Shakespea-re, presenta tutti gli elementiche propendono a favore di unasua possibile formazione cattoli-ca (l'unico dato certo è che eracattolica sua madre). Su questopunto, come su altre fantasioseipotesi (le opere di Shakespearesono state scritte da un altro; ne-gli anni della gioventù, su cuiniente si sa, aveva viaggiato in

Italia), Ackroyd illustra assai be-ne le posizioni contrapposte, mapoi si attiene alle conclusioni piùampiamente condivise dagli stu-diosi. In una sola occasione si sbi-lancia a favore di un'ipotesi az-zardata, sostenendo che il mono-logo «Essere o non essere» è un'interpolazione. Strano sbilancia-mento, dato che qualsiasi esper-to di teatro elisabettiano potevaspiegargli senza difficoltà cheinterpolazionenon è.

Il pregio di questa biografiasta soprattutto, oltre che nellascorrevolezza della scrittura,nell'ammirazione contagiosacon cui Ackroyd si porge al letto-re per reclutarlo tra i fans diShakespeare. Impresa merito-ria. Ma per uno sguardo più acu-to e puntuale sulla sua vita (cat-tolicesimo incluso), resta insupe-rato il saggio di Stephen Green-blatt Vita, arte e passioni di Wil-liam Shakespeare, capocomico,pubblicato in Italia da Einaudipochi anni fa.

MASOLINOD’AMICO

Ha circa trent’anni enel frattempo è diventato unpiccolo culto lo scherzoso libret-to dell’americano-canadese Le-on Rooke su di una turbolentagiornata dell’anno di grazia1585 nella cittadina di Stra-tford-upon-Avon, raccontatada Hooker, un battagliero, fero-ce e spregiudicato cane bastar-do. Questo Hooker appartienea un giovane buonannulla, figliodi un povero guantaio ma re-frattario a ogni lavoro manua-le, coltivante impossibili sognidi gloria letteraria, e malgradosia già tre volte padre di mar-mocchi, ancora insaziabile del-le carni di sua moglie, una don-na prosperosa che ha parecchianni più di lui e che era già navi-gata prima di sposarlo.

Il giovane buonannulla sichiama William Shakespearedetto Will, e solo alla fine di que-sta giornata troverà il coraggiodi partire per Londra in cercadi fortuna, intenzione che neglianni precedenti ha annunciatomille volte ma che la consorteha sempre trovato il modo di

frustrare. La fantasiosa ricostru-zione di Rooke segue i fatti accer-tati solo secondo grandi linee(Shakespeare padre, per esem-pio, non era un povero artigianobensì quasi un piccolo industria-le, e occupò cariche civiche di ri-lievo), divertendosi soprattutto aricostruire, in una lingua ammic-cante a quella elisabettiana, dellaquale la traduttrice ManuelaFrancescon riesce a conservarealmeno in parte il sapore, la vitaquotidiana in un piccolo centrodi campagna. Qui regnano una

violenza e una crudeltà praticateindifferentemente da tutti, a par-tire dal cane narratore, il quale siavventa gioiosamente controchiunque della sua razza si trovidavanti, sventrando e mutilandoe accettando sportivamente diessere ricambiato di pari mone-ta, nonché godendo di riferireparticolari raccapriccianti comeil sapore delle proprie viscerefuoriuscite da una ferita e pron-tamente leccate.

Se gli gira, Hooker ne ha an-che per i due-gambe, come lichiama, senza escludere il suopadrone, le cui caviglie non ri-sparmia; del resto i due-gambesono crudelissimi con i cani, chesuppliziano lentamente e raffina-tamente quando vige il solo so-spetto che abbiano attentato aiprotetti cervi del signore locale.Non che tra di loro i due-gambeabbiano più riguardi, un passa-tempo favorito dei ragazzini e de-gli altri sfaccendati è per esem-

pio la baia alle vecchie, spessoper divertimento accusate distregoneria e quindi inseguite,sopraffatte, calate sadicamentenell’acqua gelida dell’Avon.

Da capo a fondo assistiamo auna ridda di brutalità di questogenere, interrotte solo dalla sod-disfazione di altre passioni pri-mordiali come la lussuria (ab-biamo in flashback momenti delmatrimonio e della vita coniuga-le del futuro poeta). E’ un mon-do che il padrone di Hookersembra guardare con qualchedistacco ma al quale senza dub-bio appartiene, come il quadru-pede non manca di notare - nonè per sottrarsene ma per segui-re il proprio destino che si deci-derà al gran passo della parten-za verso una città dove probabil-mente le passioni che nel micro-cosmo agreste si sfogano allostato brado si manifesterannolo stesso, seppure su scala mol-to più grande e sotto una sottilevernice di raffinatezza.

Il finale interrompe dunqueuna ridda di immagini frastor-nante come certi cartoni animatidove i personaggi si sfracellanoin un precipizio o saltano in ariain mille pezzi per poi rialzarsi in-tegri come se nulla fosse, e rico-minciare daccapo. Ma non pren-dete come guida alla vicenda lasua presentazione nel risvolto dicopertina! Questo racconta in re-altà (perplesso, l’ho scoperto suInternet) la trama di una recentecommedia di altro autore, eviden-temente ben diversa dal libro diRooke che pure l’ha ispirata.

Ritratto Lo scrittore e l’uomo attraversouna guida alle opere e una suggestiva biografia

C’è un caneche abbaiaa Shakespeare

Romanzo Una turbolenta giornatadi William nell’anno di grazia 1585

pp Stefano Manferlottip SHAKESPEAREp Salerno, pp. 364, € 18

pp Peter Ackroydp SHAKESPEARE. Una biografiap trad. di Chiara Gabuttip Neri Pozza, pp. 670, € 50

pp Leon Rookep IL CANE DI SHAKESPEAREp trad. di Manuela Francesconp Elliot, pp. 170, € 16

Stefano Manferlottiripercorre commedie,drammi e tragedie:i testi e i personaggidi trama in trama

Uno scherzoso librettodi culto di Leon Rooke:un giovane buonannullaprima della fama, vistoda un quattrozampe

WilliamShakespeare

visto daDavid Levine

CopyrightNew York

Reviewof Books - Ilpa

Peter Ackroyd esaminale diverse, fantasioseipotesi su tutto quantonon è sicuro: ad esempiola formazione cattolica

Non perdereil filo del Bardo

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/05 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.01

GIOVANNIBOGLIOLO

Raccontare le vitedegli altri per scoprire o sve-lare la propria è quanto han-no fatto, più o meno consa-pevolmente, tutti i narrato-ri, anche prima che nellospazio intermedio tra l'auto-biografia e il romanzo si defi-nissero i confini, in verità as-sai vaghi, dell’autofinzione.Ed è anche quello che fa Em-manuel Carrère, ma con de-terminazione programmati-ca e senza mischiare le car-te: le vite che ci raccontacon minuzia da entomologoe rigore da documentaristasono quelle di persone bendefinite, diverse e separateda lui che nel racconto simette in scena con la pro-pria identità anagrafica eprofessionale; anzi, il signifi-cato autobiografico dellasua narrazione sta proprioin questa immedesimazionenell'alterità come antidoto

all'egotismo e terapia con-tro le angosce personali.

Vite che non sono la mia, di-chiara d'altronde inequivoca-bilmente il titolo. Con esse loscrittore è venuto a contattocasualmente e da esse, dopoun primo momento di indiffe-renza o di rifiuto, si è sentitoirresistibilmente attratto.Tutto comincia nello SriLanka il 26 dicembre 2004,quando lo tsunami, di cui nel-l’albergo su una falesia in cuialloggia non ha avuto neppu-re percezione, travolge ognicosa e uccide la figlia di unacoppia di conoscenti france-si. Lo strazio dei genitori e laricerca del corpicino da unacamera mortuaria all'altrarappresentano, per lo scritto-re che a quarantasette anninon aveva mai visto un mor-to, una prima sconvolgentediscesa agli inferi.

Al ritorno in Francia, unasorella trentatreenne dellasua compagna, che si chiamaJuliette come la piccola anne-gata ed è madre di tre bambi-ne, viene nuovamente colpi-ta da un tumore e in brevetempo muore. La donna, co-stretta a muoversi con lestampelle per gli esiti di unaradioterapia, faceva il giudi-

ce in provincia e, insieme conÉtienne Rigal, un collega an-ch’esso duramente segnato daun tumore giovanile, aveva tra-sformato il modesto ufficio digiudice di pace in baluardo didifesa dei derelitti soffocatidai debiti contro la voracitàdelle finanziarie specializzatenel credito al consumo.

Sollecitato da Étienne e in-coraggiato dai parenti che sisottopongono di buon gradoalla sua investigazione, loscrittore ricostruisce le tappedella breve vita di Juliette, isuoi pensieri, i suoi sentimen-ti, la sua disperata battagliacontro il male e, parallelamen-te, traccia anche un dettaglia-to ritratto biografico di Étien-ne, senza trascurare nessunaspetto, da quelli più intimi edi più dolorosa confessione aquelli ostici come le questionidel diritto del consumo.

Il romanzo, perché tale allafine risulta anche se di inven-zione narrativa nulla apparen-temente contiene, si muoveinesorabile attorno a questopuntiglio di far piena luce sututto, senza attenuazioni e sen-

za enfasi, ma con una parteci-pazione emotiva che è tantoquella dell’investigatore ap-passionato quanto quella delnarratore che s'interroga eanalizza le proprie reazioni.Un romanzo che racconta ilsuo farsi, che ci mette a partedelle difficoltà, dei dubbi e dei

progressi di un'inchiesta chesi conclude e si chiarisce deltutto solo alla fine del libro,quando lo scrittore riemerge,consapevole della propria fra-gilità e inaspettatamente feli-ce, dal suo corpo a corpo coldolore degli altri.

«All is true», è tutto vero,diceva Balzac all'inizio delPère Goriot, e sulla sua sciahanno continuato a proclamar-lo - o ad accreditarlo con unaprofusione di effetti di reale -tutti gli scrittori del vecchio edel nuovo realismo.

Carrère si spinge più in là:per lui, che già ne L’avversa-rio si era confrontato col Ca-pote di A sangue freddo, il rea-le non è un oggetto da rappre-sentare ma un mistero da de-cifrare, e la riproduzione fede-le che ce ne fornisce deve me-no alla scrupolosa precisionedei dettagli che allo sguardolucido e appassionato che po-sa su di loro. Il resto - la levi-tazione dell’indagine in ro-manzo - lo fa la sua scrittura,tersa, essenziale, controllata,eppure gonfia di una trasci-nante tensione emotiva.

Carrère Dallo Sri Lanka alla Francia,un corpo a corpo con il dolore degli altri

PIEROSORIA

Arkady Renko eMartin Cruz Smith sono in-vecchiati insieme, piuttostobene, in un mondo tumultuo-so che è cambiato con mareeimprovvise, spesso inattese.Eppure entrambi hanno at-traversato l’oceano degli an-ni con una sorta di pacatasaggezza in grado di assorbi-re i nuovi scenari della Rus-sia moderna e di metaboliz-zarli, da Gorky Park alle TreStazioni, dall’84 (Pensate!Un quinquennio intero pri-ma della caduta del Muro) adoggi. Tanto tempo è infattiscivolato via senza quasi ac-corgercene e tanto l’attualeMosca del judoka Putin è mu-tata da quella ossessionantee illibertaria del Kgb che erastata la loro prima pennella-ta nella storia.

Un Cruz Smith quasi set-tantenne e un Renko ben piùche al di là dell’orlo della pen-sione portano con sé pregi e

difetti dell’età: da una parteun eroismo vagamente stancoe assuefatto; dall’altra improv-vise fiammate di grande scrit-tura e visione. Un romanzo, insostanza, di alti e bassi dove ipicchi però sono notevoli. So-prattutto quelli che descrivo-no la società dei neocapitalistiin conflitto col potere, del gior-nalismo d’inchiesta con le un-ghie tagliate, dei nuovi servi e

dei nuovi poveri. Che hanno lafaccia di puttane-bambine e ditopi-adolescenti, costretti a di-ventare adulti incalliti e quasidisumani, gettati come sononel grande gorgo della soprav-vivenza in una terra dominatadalla corruzione, dalle mafie edalla violenza. Questa volta illuogo d’elezione dove tutto sisvolge e confluisce è l’immen-sa piazza Komsomol’skaja, là

dove le rotaie dell’intera Rus-sia confluiscono da Est, Oveste Sud in tre grandi stazioni af-facciate l’una all’altra.

Su un treno che sta per ar-rivare una quindicenne, fuggi-ta da un triste destino con la fi-glioletta appena nata, vienedrogata e al suo risveglio sco-pre che la piccola è stata rapi-ta. Nello stesso istante, in unaroulotte sistemata in faccia al-

le entrate, viene scoperto il ca-davere di una donna discinta.

Nel primo caso, la giovanetrova un insperato aiuto nellericerche da parte di Zenhya,l’imberbe e selvatico scacchi-sta che Renko ha in praticaadottato ma mai domato: ra-gazzo, in altre parole, di mean-dri e sotterranei, pieno di co-noscenze e frequentazioni perlo meno ambigue.

Nel secondo caso Arkady,sospeso e semi licenziato manascosto dietro lo scudo delsuo amico e collega ubriaconeVictor Orlov, scopre che ladonna della roulotte, in modoobliquo e repentino definitadalla versione uffciale «unaprostituta vittima di un’over-dose», è invece stata uccisa daquello che potrebbe essere unserial killer protetto e conni-vente. Apriti cielo!

La sua assenza di status el’odio che nei suoi confronti nu-trono superiori e trafficanti -spesso il termine coincide -non gli impediscono però dicontinuare l’ indagine e di met-tere in luce il marcio che stasotto il tentativo di metteretutto a tacere. Le due vicendenaturalmente si intersecanopiù volte, i volti e i luoghi si ac-cavallano. E la fotografia cherimane negli occhi è la vividaimmagine della nuova Russia:un losco bazar dove tutto haun prezzo e la vita spesso è unbanale valore secondario.

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

I due ventidei francesi

«Vecchi» legati a un’idea sperimentale,«giovani» più attenti alla comunicazione

Cruz Smith Com’è losca la Russiavista dalla piazza delle tre stazioni

I n fondo, anche gli appassio-nati di poesia sanno ben po-co di quanto accade all'este-

ro. In ogni caso l'informazioneè molto approssimativa, episo-dica, legata all'apparizione involume o in riviste (per di piùpoco circolanti) di qualche au-tore, generalmente valido, mache è anche più difficile capirenon conoscendo il contesto incui opera, o da cui prende lemosse. Questo vale anche perun Paese vicinissimo, e cultu-ralmente per noi importante,come la Francia.

Molto utile, perciò, la bellaantologia curata da FabioScotto dei Nuovi poeti france-si (Einaudi, pp.310, €16), com-prendente venti autori nati trail 1940 e il 1970 e tradotti dallostesso Scotto e da Fabio Puster-la. Il criterio è stato quello dinon includere autori di quell'arco generazionale che già ab-biano pubblicato libri in Italia.Criterio corretto, anche se au-tori rilevanti e già tradotti inItalia (penso a Guy Goffette)sono usciti in collane meritoriema purtroppo poco o per nientedistribuite, restando quindiben poco noti.

In ogni caso il repertoriofornito da Scotto (autore an-che di un saggio introduttivo) èinteressante, tanto da rendereil libro quasi necessario a chisegue la poesia. Il curatore di-spone gli autori in ordine alfa-betico, il che può indurre a undivertente gioco, e cioè quellodi indovinare la generazionedel poeta leggendone i testi.

Un gioco non del tutto va-no, anche perché la traiettoriache va dal poeta settantenne(Emmanuel Hocquard, natonel '40) alla quarantenne Ryo-ko Sekyguchi (nata a Tokyo nel'70, a Parigi dal '96 autrice siain giapponese che in francese) èuna traiettoria con alcuni stac-chi interni abbastanza sensibi-li. I nati negli Anni 40, peresempio, appaiono in generepiù legati a un'idea sperimen-tale della poesia ancora vicinaagli esempi di Tel Quel; a un'idea anche intellettualistica e

chiusa. E in questo si avverte, ri-spetto a ciò che è accaduto in Ita-lia, una differenza forte, vistoche da noi è stata proprio la co-siddetta «Generazione del '68» astaccarsi dalle avanguardie.

Un altro dato forte è nellanecessità di tornare a una fre-quentazione più ravvicinatacol reale e a tentare una stradaattenta alla comunicazione e aun andamento prosastico deinati negli Anni 60.

Si tratta, come è chiaro, di unasemplificazione, che non esclude

notevoli eccezioni, come quella del-la poesia di Martin Rueff (classe'68), il cui carattere specifico è inuna elevata tensione intellettualee in una scansione del procederequasi filosofico. Naturalmente,poi, ognuno (e qui mi rivolgo, be-ninteso, anche a chi manda i pro-pri versi a questa rubrica) potràcompiere le proprie scelte di gusto,facendosi magari attrarre dall'ampia Ode a Caravaggio di Oli-vier Barbarant (nato nel '66) o re-spingere dagli antichi versi sgoc-ciolanti di Antoine Emaz ('55). Po-trà ampliare le proprie conoscenzesulla poesia d'oggi addentrandosinelle compatte prose sul colore bludi Jean-Michel Maulpoix ('52) oannoiandosi alle trovate di Natha-lie Quintaine ('64, ma parrebbe divent'anni prima). Potrà apprezza-re l'italo-francese e traduttore dinostri poeti Jean-Baptiste Para('56) o la concisione efficace diGérard Noiret ('48).

Insomma, Fabio Scotto offre allettore di poesia, ma anche a chi lascrive o tenta di farlo, la possibili-tà di muoversi vitalmente e con cu-riosità in un territorio vasto e, co-munque, di sicura qualità. E ma-gari di confrontarne gli esiti con inostri. Personalmente l'ho fatto,trovando conferma, non lo nego,alla mia ferma convinzione sull'ot-tima salute della nostra poesia.

pp Emmanuel Carrèrep VITE CHE NON SONO LA MIAp trad. di Maurizia Balmellip Einaudi, p. 238, € 20p Carrère, nato a Parigi nel 1957,

fu lanciato in Italia da Theoria (Ibaffi, 1987, da cui il film L’amo-re sospetto). Tra i suoi titoli piùnoti La settimana bianca, L’av-versario, La vita come un nor-manzo russo, da Einaudi

pp Martin Cruz Smithp LE TRE STAZIONIp trad. di Mariagiulia Castagnonep Mondadori, pp. 244, € 19,19

Emmanuel Carrère: per lui il reale non è un oggetto da rappresentare ma un mistero da decifrare

«Vite che non sonola mia»: una piccolaannegata e due giudicipiagati dal tumore,una discesa agli inferi

Un’antologia accoglieventi poeti nati trail 1940 e il 1970:uno spettro di qualità(ma non meglio di noi)

Quando il maleè uno tsunami

Scrittori stranieri TuttolibriSABATO 16 APRILE 2011

LA STAMPA V

Martin Cruz Smith, 69 anni

Arkady Renkotra le spiredel judoka Putin

Page 6: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.01

GIORGIOBOATTI

Ogni epoca ha le sueregole di buon comportamen-to, sancite nei galatei. E ognivolta che una società regi-stra significativi mutamentila pubblicazione dei manualidi bon ton s'impenna. Perchénuovi soggetti vorranno ap-prendere come comportarsisui nuovi palcoscenici verso iquali desiderano ascendere.

Nel periodo successivo all'unificazione italiana usciti piùdi un centinaio di titoli, alcunisono diventati bestsellers dilunga durata, rendendo i loroautori - ma spesso autrici co-me la Marchesa Colombi o An-na Vertua Gentile - dei prota-gonisti significativi della gigan-tesca opera educativa che vuo-le produrre i nuovi cittadinidel Regno, insegnando loro co-me si agisce tra «gente per be-ne». Il primo precetto da ap-prendere è ovviamente saperstare al proprio posto, consa-pevoli della gerarchia socialenella quale si è collocati.

Come racconta con intri-gante procedere GabriellaTurnaturi nel suo documenta-to, stimolante e mai scontatosaggio Signore e signori d'Ita-lia. Una storia delle buone ma-niere, il galateo provvede da

sempre a organizzare l'agirequotidiano secondo quattrofondamentali angolazioni.

La prima è quella dell'espo-sizione pubblica del corpo, mi-nuziosamente «normato» men-tre si nutre, si veste, si muove,desidera o viene desiderato -ma con infinita circospezione ealtrettanta rimozione, visti itempi - da altri corpi. Di queitempi la sovranità degli uominisulle donne, e soprattutto sulleproprie donne, permea ogni ri-tuale di «cortesia»: ad esempioperché bisogna andare adaspettare la propria lei, di ritor-no da un viaggio in treno? Sem-plice, spiega la Marchesa Co-lombi, «perché i suoi compagnidi viaggio non la vedano andarvia da sola facendosi sul suoconto giudizi temerari».

Secondo cavallo di batta-glia dei manuali ottocenteschiè l'arte dell'intrattenere, ovve-ro della civile conversazione,che nei nostri anni verrà cac-ciata in un angolo dal prevale-re del modello urlato e autore-ferenziale dei talk-show. Al-trettanto rilevanti sono le nor-me di comportamento sulle di-namiche relazionali, sul comeinteragire: non tanto con chista al proprio livello ma con«superiori» e «inferiori». E infi-ne, specchio concreto dell'im-magine pubblica che si vuoledare di sé, c'è l'organizzazionedello spazio di casa su cui ognigalateo si sofferma con ampiez-za. Un aspetto che col passaredei decenni si asciugherà sem-

pre più. Sostituito - ad esempionei testi pubblicati durante ilventennio fascista, e non sonopochi, una cinquantina solo nelbiennio 1937/8 - dall'attenzioneverso gli spazi di socialità pubbli-ca, dal luogo di lavoro alle ceri-monie patriottiche, dalle gite aitrasporti collettivi.

I manuali ottocenteschi ma-

nifestano esplicitamente il tar-get sociale al quale si rivolgono:il torinese Giacinto Gallenga, im-piegato del catasto, con il suo Co-dice delle persone oneste e civiliedito da Utet nel 1871 parla allapiccola borghesia. Il conte Alfon-so Bergando scrivendo nel 1882Sulle convenienze sociali e sugli usidell'alta società si rivolge alleaspirazioni dei nuovi ricchi chemirano a frequentare alta bor-ghesia e nobiltà.

I galatei dell'era fascista cer-cano di adeguarsi invece al ven-to egualitaristico che vorrebbespazzar via consuetudini pocoin linea con il dinamismo musso-liniano. Qualcuno tuttavia, purcon garbo, dissente: ad esempiola contessa Elena Morozzo dellaRocca Muzzati, tra le righe diun suo manuale di successo, fanotare come l'abolizione dellastretta di mano, sostituita dalsaluto romano, andrà anche be-nissimo negli uffici «ma stone-rebbe in un salotto».

L'Italia della ricostruzionevede nei galatei pubblicati dopola Liberazione un continuo sof-fermarsi su come si sta a tavo-la: ossessione di un Paese cheha conosciuto le «tessere» dellerazioni alimentari e che ora de-ve conciliare le buone manierecon una gran voglia di riempirsila pancia. Nella cinquantina dimanuali usciti tra gli Anni Cin-quanta e Sessanta un altro se-gno dei tempi nuovi, connotatidall'avvento della DC e dalla vi-sibile clericalizzazione della vi-ta pubblica, è l'attenzione rivol-

ta agli ecclesiastici. Pagine supagine suggeriscono come rice-vere a cena monsignori e vesco-vi, sino a illustrare come ci si ri-volge a eminenze cardinalizieche paiono stare dietro ogni an-golo. Né si perde occasione perspiegare cosa non indossare nelcaso in cui si venga ricevuti inudienza privata dal Papa.

I tempi però stanno cambian-do velocemente: i galatei devo-no far posto alla televisione (te-ma centrale: come organizzareuna serata con amici disponen-do di uno dei primi televisori).Quindi, passo dopo passo, arri-va il vento della contestazioneche impone di arrendersi all'«autenticità» non formale delnuovo che avanza.

Tutto cambia e, apparente-mente, tutto va bene: il tu sosti-tuisce il lei che Willi Farnese,pseudonimo di Giovanni Ansal-

do, aveva definito in un suo gala-teo del 1952 «un'ottima naftalinaper proteggere la stoffa dell'ami-cizia dalle camole». I nuovi gala-tei si adeguano alle fantasiose ge-ometrie delle «coppie aperte»,accettabili purché non si pecchidi eccessivo zelo. Ad esempiotroppo assidue frequentazionitra il marito e l'amante di lei nondovrebbero essere la norma,suggerisce Brunella Gasperini,autrice di gran successo, duttil-mente capace di passare dal ga-lateo al controgalateo impostodalle aperture sessantottine.

Di fatto stanno andando insoffitta le firme storiche - daDonna Letizia (Colette Rosselli)a Donna Clara (Irene Brin)- chehanno accompagnato una gene-razione di italiane e nel 1984 ar-riva il Bon Ton di Lina Sotis. Untesto già presago delle invasionidei barbari del «distinto saràlei!» che si accamperanno pri-ma nella società ipnotizzata dal-la TV e poi sulla rete, che trove-rà anch'essa il suo galateo, laNet-etiquette. Come fa notare laTurnaturi alla My Fair Lady in-terpretata da Audrey Hepburnservono mesi di impegno e unaristocratico pigmalione pertrasformarsi in una «vera signo-ra». Per Julia Roberts di PrettyWoman è sufficiente qualchedritta di un portiere d'albergo, euna carta di credito, per mette-re in scena le buone maniere.Trasformate, appunto, in unarecita. Da declinare secondo lesituazioni e il cachet.

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Regole Un comportamento alquantodiffuso e nei fatti tollerato da molti

Copiareo noncopiare?

GIUSEPPECULICCHIA

Nel momento in cui,dopo il terremoto che ha colpi-to il Giappone insieme con ilsuccessivo tsunami, la cata-strofe nucleare di Fukushimamette radicalmente in discus-sione un certo modello di svi-luppo e mostra (con immaginiche ricordano fin troppo da vi-cino il paesaggio descritto daCormac McCarthy ne La Stra-da) l’intrinseca fragilità dellostile di vita dei Paesi avanzati,la lettura di Guasto è il mondodi Tony Judt offre non pochispunti di riflessione. A comin-ciare dal titolo, tratto da TheDeserted Village, testo di Oli-ver Goldsmith del 1770: «Gua-sto è il mondo, preda di maliche si susseguono, dove la ric-chezza si accumula e gli uomi-ni vanno in rovina».

Non si tratta qui di ab-bracciare visioni più o menoapocalittiche, ma di prende-re atto della realtà. Cosa cheTony Judt, scomparso loscorso anno dopo essersi am-malato di SLA, fa sfidando la

politica, e in particolare la co-siddetta sinistra, che a partiredagli Anni Ottanta e all’indo-mani della caduta del Muro diBerlino ha abdicato al suo ruo-lo e non ha saputo far altro cheabbracciare le presunte regoledel libero mercato accettandopoi passivamente il fenomenodella globalizzazione. Si pensi,in Italia, al fatto che fu il primogoverno Prodi a introdurre ilprecariato, con il generale ar-retramento dei diritti dei lavo-

ratori che ne è conseguito.«Il materialismo e l’egoismo

della vita contemporanea nonsono aspetti intrinseci dellacondizione umana», nota Judt.«Gran parte di ciò che oggi ap-pare “naturale” risale agli AnniOttanta: l’ossessione per la cre-azione di ricchezza, il culto del-la privatizzazione e del settoreprivato, le disparità crescentitra ricchi e poveri. E soprattut-to la retorica che accompagnatutto questo: l’ammirazione

acritica per mercati liberi dalacci e laccioli, il disprezzo per ilsettore pubblico, l’illusione diuna crescita senza fine». Mito,quest’ultimo, che pagherannoa caro prezzo i nostri figli, a cui(se va bene) lasceremo in eredi-tà un mondo prosciugato di ri-sorse e sempre più inabitabile.

Judt ricorda che fu Marga-ret Thatcher a dire che «nonesiste una cosa chiamata socie-tà, esistono solo gli individui ele famiglie». Ronald Reagan di-

venne l’altro campione del libe-rismo. E presto, complici «lechiacchiere al vento» di politicidel baby-boom come Blair eClinton, lo Stato è diventatonon la soluzione ma il proble-ma. Di fatto, quelle che dagliAnni Ottanta in poi sono statepresentate come riforme, nonsolo nel mondo del lavoro, com-portano arretramenti. E se inpassato fu con la nascita degliStati nazionali che sparironopolizie ed eserciti privati, oggi

assistiamo a una crescente pri-vatizzazione di tali organizza-zioni (vedi la security che pro-tegge le gated community in cuisi rifugiano i benestanti, e i con-tractor che affiancano le forzearmate regolari nelle varieguerre «preventive» e «umani-tarie»). Lo smantellamento delWelfare, tuttora in corso, si ac-compagna alla perdita di qualsi-asi senso di fratellanza e di soli-darietà. Con risparmi che si tra-ducono rapidamente in costinon solo economici: in nomedella sicurezza si mettono a ri-schio le libertà di tutti.

Ripercorrendo la paraboladell’Occidente dal 1989 a oggi,Judt sottolinea come il distac-co nei confronti di una politicascreditata, mai così evidente,faccia sì che obiettivi anche lo-devoli, come la lotta ai muta-menti climatici, la battagliaper la sanità pubblica o per pu-nire i banchieri, siano tenuti as-sieme solo dall’espressione diemozioni. Da parte sua, mal-grado tutto, se n’è andato cre-dendo ancora nelle chances del-la socialdemocrazia.

FRANCAD’AGOSTINI

In un articolo apparsosulla rivista Analysis Roy A. So-rensen immagina una classe distudenti il cui professore, un cer-to Deadlock (Puntomorto), an-nuncia che ci sarà una provascritta, e aggiunge: «Avete il per-messo di copiare». Il compito sirivela un disastro. Voti moltobassi. Di fronte alle proteste,Deadlock spiega: «Avete copia-to». «Ma come: - obiettano gli stu-denti - avevamo il permesso difarlo!». «Avere il permesso dicompiere un’azione immorale -sentenzia Deadlock - non giustifi-ca il fattodi compierla».

Il tema della copiatura piùo meno rivelata o permessa èsenza dubbio di stringente at-tualità. Si è spenta da pocol’eco delle dimissioni di Karl zuGuttenberg, il ministro tede-sco la cui tesi di dottorato parefosse costituita di taglia-incol-la da testi altrui all’80 per cen-to. Il ministro è stato smasche-

rato da un programma accessi-bile sul Web.

D’altra parte accanto a un so-lo copiatore pescato e punito, re-sta la grande massa dei copiato-ri impuniti. Se provassimo ad ap-plicare il programma ai molti li-bri che occupano gli scaffalidellelibrerie si confermerebbe forseun fatto di cui abbiamo ragione-vole intuizione: che in molti casivale ciò che disse Bertrand Rus-sell a chi gli sollecitava un giudi-zio: «Nel suo libro c’è del buono edell’originale, ma quel che è ori-ginale non è buono, e quel che èbuono non è originale».

Le risorse tecniche rendono

oggi più facile copiare, ma anchesmascherarela copiatura.Dunquesi direbbe: finiamo ad armi pari,nientedi nuovo.Eppure, non è cosìsemplice, perché come si spieganel bel libro di Marcello Dei, Ragaz-zi, si copia, la questione non è copia-re, ma il modo in cui ci si comportarispetto al copiare. È questo unprincipio fondamentale della filoso-fia morale: il problema non è tantoil male, l’errore, l’inganno, ma chilo lascia passare,chiude un occhio,o addirittura lo incoraggia, per lepiù diverseragioni.

Nel libro vengono presentati irisultati di due indagini sociologi-che, condotte su studenti italiani

negli anni2004-2006e 2008-2009.«Scopriamo subito le carte», av-verte l’autore: «I dati indicano checopiare in classe è un comporta-mento alquanto diffuso, che gli in-segnanti contrastano con modera-zione e cautela». Dunque in qual-che modo il «permesso di copiare»del professor Deadlock è un datoacquisito: e senza le conseguenzepreviste da Sorensen. Ma proprioa partire da qui l’indagine sociolo-gica diventa riflessione storico-cul-turale sul sistema educativo italia-no e più in generale sull’estremafragilità morale dell’ambiente incui ci troviamo a vivere.

Anzitutto, è ben nota la diffe-renza rispetto ad altri contesti cul-turali, per esempio gli Stati Uniti,in cui non soltanto copiare è piùseveramente sanzionato, ma èconsiderato del tutto normale cheuno studente denunci un compa-gno che copia. Da noi un similecomportamento è giudicato inac-cettabile, poiché viola la solidarie-tà di gruppo. Il problema è dun-que ambientale: la stessa doman-da «perché non bisogna copia-re?», nota Dei, nel nostro contestodiventa insensata, visto che non èvero che non bisogna copiare. Peresempio Claudio Magris ha dichia-rato apertamente: copiare è leci-

to, anzi «è un dovere». Il fatto cheun intellettuale illustre come Ma-gris avverta un simile imperativodà molto da pensare.

In secondo luogo, ci si chiede:perché? Abbiamo allora due spie-gazioni prevedibili, che Dei chiamaculturaliste. La prima fa appello aicaratteri nazionali: lo scarso sensodello Stato, la consuetudine allacortigianeria e alla dissimulazioneonesta e disonesta... La seconda sirichiama al «sessantotto», vistonon come un movimento di «mo-dernizzazione intellettuale e mora-le», ma come «decostruzione irre-parabile della scuola e delle istitu-zioni». È abbastanza ragionevole

pensare che i due fattori abbianoagito in modo concomitante: quelche su un altro terreno morale po-tevavalerecomemodernizzazione,è valso come decostruzione.Versa-te l’acqua bollente dei contenuti li-bertari nel fragile vetro di istituzio-ni esili e incerte, governate da indi-vidui di moralità oscillante, e avre-te un risultato prevedibile: né liber-tà,nésicurezza,soltantosfascio.

Ma l’analisi si allarga. Non è uncaso che «copiare» si dica in ingle-se to cheat, che vuol dire anche im-brogliare, ingannare, truffare, ba-rare. L’inganno scolastico è dun-que considerato in continuità conun generale atteggiamentotruffal-

dino, con buona pace di Magris,che forse non considera il cheating«undovere» (almeno speriamo).

L’aspetto davvero divertentedella ricerca però è che - come sivede nelle pagine finali - l’immora-lità diffusa diventa un problemaanche per il sociologo: infatti se ècosì facile e accettabile ingannare,sarà anche facile ingannare sul te-ma dell’inganno. Che senso ha unaricerca sociologica in cui i soggettiintervistati falsificano e mentonoanche sulle proprie opinioni, e sulfalsificaree mentire?

Parafrasando Nietzsche si di-rebbe: con la verità abbiamo persoanchela menzogna.

CONFRONTIERMANNO BENCIVENGA

Far riscoprireAtene ai giovani

Martha Nussbaum indica la meta,ma non «insegna» la strada

Guasti Quella sinistra che insegueil liberismo: l’ultima sfida di Judt

CHI SIAMO: DUE INCHIESTE - INVENTARIO

Identità e valori= In che cosa si riconoscono gli italiani? Che cosa liaccomuna? In che cosa consiste la loro, la nostra, identità?Prova a rispondere Marino Livolsi in Chi siamo (Franco Angeli,pp. 215, € 24). Auspicando che ad imporsi siano «gli italianidi buona volontà», sfarinando disincanti e qualunquismi.Un inventario dei Valori nell’italia contemporanea vienedelineato nell’omonimo volume a cura di Gian VittorioCaprara, Eugenia Scabini, Patrizia Steca e Shalom H.Schwartz, sempre per Franco Angeli (pp. 363, € 22). Oltre ilsempreverde ma anchilosato copione: improvvisazione,furbizia, condiscendenza, sentimentalismo.

UNA GALLERIA DI EROI

Uomini d’arme, uomini liberi= Storie, miti e vite vissute. «Eroi» è una nuovacollana del Mulino, nella consapevolezza che l’Italia habisogno soprattutto oggi di figure esemplari (è remotoil Brecht di «Beato il Paese che non ha bisogno di eroi»).I primi due titoli sono Eroi della guerra di Fabio Mini(pp. 187, € 15) e Eroi della libertà di Laura Bazzicalupo(pp. 186, € 15). Uomini d’arme e di valore, da Achille adAlessandro Magno, al Milite Ignoto. E storie di rivoltacontro il potere, dall’antichità ai nostri giorni, da Bruto aGiovanna d’Arco, da Martin Luther King a Che Guevara,all’eroe borghese Giorgio Ambrosoli.

Ieri My Fair Ladyora Pretty Woman

Un solido excursusdi Gabriella Turnaturi,l’operazione educativadei manuali di bon tondall’Ottocento a oggi

«I NUMERI PER AGIRE» DI ESTHER DUFLO

Per sconfiggere la povertà= Come fronteggiare l’emergenza diseredati, sempreall’ordine del giorno, rinfocolata dalla «primaveraaraba»? Esther Duflo, docente di Economia dellosviluppo negli Stati Uniti, illustra «una nuova strategiaper sconfiggere la povertà» in I numeri per agire(Feltrinelli, pp. 172, €18, traduzione di MassimilianoGuareschi). Non vi sono - questo il convincimento -interventi validi erga omnes, per ogni situazione.Occorre, di volta in volta, modellare progetti ad hoc.Come ha sperimentato, con risultati di rilievo - quiillustrati da Esther Duflo - in India, in Africa, in Messico.

A ogni epoca i suoimodelli: dal corpoalla conversazione,dal governo della casaalle relazioni pubbliche

C ome vogliamo educare inostri figli? Vogliamo far-ne degli spartani: bravi

soldatini, deferenti all’autorità,abili e solerti esecutori di ordini,capaci di farsi massacrare pur dimantenere la posizione? O invecedegli ateniesi: abituati a pensareper conto proprio, sensibili agli sti-moli più diversi, anarchici e insof-ferenti? In entrambi i casi, ci sa-ranno pro e contro. Gli spartani,giudiziose formiche, vinsero laguerra del Peloponneso contro gliodiati rivali e soggiogarono l’inte-ra Grecia, finché non furono a lo-ro volta soggiogati e sparironodalla storia. Gli ateniesi, improv-vide cicale, furono ripetutamenteumiliati mentre inventavano il te-atro e la riflessione concettuale, ildibattito politico e la scienza.

Negli ultimi anni, nazioni diogni area geografica hanno perse-guito, sia pur senza troppa consa-pevolezza o criterio, un modello dieducazione spartana: disciplina-ta, strumentale, efficace nel rag-giungere risultati documentabili(test standardizzati, titoli di stu-dio a raffica, meglio se conseguiticon un percorso «breve»). Si sonoimpegnate a fondo per ridurre gliorpelli, gli svolazzi, gli sprechi, efra le vittime di tale «razionaliz-zazione», oltre a classi di dimen-sioni plausibili e a insegnanti ecorsi di sostegno, ci sono le mate-rie umanistiche, quelle cioè cheformano la specificità dell’anima-le uomo: raccontare la propriastoria, analizzare i propri stru-menti espressivi, interrogarsi sulproprio destino. Poco conta chesia stata la sua specificità a fon-dare il successo planetario dell’uo-mo, che un animale così anarchi-co e insofferente si sia imposto fragli altri in grazia del suo spiritoludico, dell’eccesso che lo defini-sce; quel che conta oggi è fare tan-ti soldi, maledetti e subito. Per ildomani non c’è tempo.

Fortuna volle, verrebbe da di-re, che Martha Nussbaum, unodei più autorevoli e influenti in-tellettuali in attività, sia scesa incampo per difendere queste bi-strattate materie con Non perprofitto. Perché le democraziehanno bisogno della culturaumanistica (trad. di RinaldoFalcioni, Il Mulino, pp. 160, €14).Lei «dimostrerà che le capacitàintellettuali di riflessione e pen-siero critico sono fondamentaliper mantenere vive e ben salde ledemocrazie» e anche «in subordi-ne, che l’interesse economico ri-chiede proprio l’apporto deglistudi umanistici e artistici, alloscopo di promuovere un clima diattenta e responsabile disponibi-lità, nonché una cultura di inno-vazione creativa».

È triste dover criticare i pro-pri compagni di viaggio. Io credo

che la dimostrazione evocata daNussbaum sia non solo possibile madoverosa. Credo anche, ahimè, chedifficilmente la si potrà trovare inNon per profitto, un testo affretta-to e confuso, fra mini-bigini sulla pe-dagogia moderna (Pestalozzi, Fröbel, Dewey...), aneddoti personali diun luminare giramondo che haviaggiato molto in India, proposteedificanti e superficiali di incorag-giare i bambini a comportarsi inmodo attivo e rigurgiti di fierezzanazionalistica (gli Stati Uniti sonopiù prosperi perché gli studenti uni-versitari, non avendo imparatoniente in dodici anni di scuola pri-maria e secondaria, sono finalmen-te invitati a farsi una cultura gene-rale, a differenza dei Paesi in cui im-perversano sciagurate lauree mono-

tematiche) e istituzionale (all’Uni-versità privata di Chicago non si ècostretti, dice Nussbaum che ci inse-gna, ad «andare con il cappello inmano da burocrati che non hannoalcuna simpatia per quello che fac-ciamo»: «ci rivolgiamo piuttosto ainostri laureati più benestanti», che«amano la vita della mente e voglio-no che altri ne possano godere»).

Tullio De Mauro, già ministrodell’Istruzione in uno dei governi«di sinistra» che hanno contribui-to a distruggere la scuola italiana,in questo del tutto sintoni ai loroavversari «di destra», offre unaprefazione in cui spezza una lan-cia a favore di un serio insegna-mento di latino e greco. E a questopunto, fra linguisti che difendonole lingue e professori di atenei pri-vati che difendono i contributi pri-vati, mi viene in mente l’inimitabi-le detto inglese with friends likethese, who needs enemies?. Io vo-glio che i nostri figli siano liberi eleggiadri, giocosi e irriverenti, co-me li vogliono Nussbaum e (penso)De Mauro, ma non so come potran-no mai esserlo se le «dimostrazio-ni» che dovrebbero sostenerli e sal-varli sono condotte in modo cosìabborracciato e autoreferenziale.

L’analisi-inchiestadi Marcello Dei:il problema non ètanto l’errore, l’inganno,ma chi lo lascia passare

Giulio Bollati

NEGLI ARCHIVI DI HALÉVY

Utopia è tirannide?= La tirannide inevitabile corollario dell’utopia? Dal1789 al socialismo reale, una varietà di tragici esempi loconfermerebbero. Non lo sosteneva forse Elie Halévy,studioso dell’utilitarismo, del liberalismo britannico, delsocialismo euroepeo, nonché i suoi più diversi «allievi»,come Mises, Aron, Hayek, Berlin, Furet? Non era propriocosì, dimostra Michele Battini in Utopia e tirannide(Bollati Boringhieri, pp. 301, € 26). Esplorati gli archividi Halévy, sostiene che il maestro, scomparso alla vigiliadella seconda guerra mondiale, riteneva possibileconciliare socialismo e libertà.

pp Tony Judtp GUASTO E’ IL MONDOp trad. di Fabio Galimbertip Laterza, pp. 192, €16

LUCA SOFRI, UN REPORTAGE DAL FUTURO

L’Italia fra vent’anni= Non siamo immersi definitivamente nelle sabbiemobili, assicura Luca Sofri, autore di Un grande Paese(Bur, pp. 188, € 10), una sorta di reportage dal futuro,un viaggio nell’«Italia tra vent’anni e chi la cambierà».Nel segno di una speranza kennedyana: «Non chiedetecosa il vostro Paese possa fare per voi, ma piuttosto cosapotete fare voi per il vostro Paese». Kennedy è tra gliesempi (con Gobetti, Snoopy, Michael Jakson) chedimostrano (che insegnano) come cambiare siapossibile. «Se si salva, l’Italia si salva solo tra vent’anni esolo cominciando a lavorarci come dei matti da subito».

pp Marcello Deip RAGAZZI, SI COPIAp Il Mulinop pp. VI-247, € 16

«L’ITALIANO»DI GIULIO BOLLATI

Il carattere nazionale= Einaudi ripropone L’Italiano, l’«inchiesta» di GiulioBollati sul «carattere nazionale come storia e comeinvenzione» (pp. 215, € 18, introduzione di David Bidussa).L’obiettivo è «pensare finalmente la storia politica, culturalee letteraria» del Paese, un passaggio indispensabile perdiventare «moderni, la condizione stessa dellasopravvivenza». La figura che più di altre avverte questanecessità è, per Bollati, Leopardi. E’ il lume che lo scortanella sua disamina, fino a denunciare, la distanza tra itecnici addetti a «una nuova immane rivoluzionetecnologico-industriale» e i mandarini della politica.

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

pp Gabriella Turnaturip SIGNORE E SIGNORI D'ITALIA

Una storia delle buone manierep Feltrinelli, pp. 293, € 17

Galatei Com’è cambiata l’arte di organizzare l’agirequotidiano per imparare ad essere «signore e signori»

«Drawing hands», opera grafica di M. C. Escher

La cultura umanisticarisorsa essenzialeper le democrazie:una giusta difesa,purtroppo superficiale

Martha Nussbaum

La copertina di «Eroi di guerra»

A JuliaRoberts in

«PrettyWoman»

è sufficientequalche drittadi un portiere

d'albergo,e una carta di

credito,per mettere

in scenale buonemaniere

Tony Judt, morto nel 2010

La ricchezzamanda l’uomo

in rovina

Idee e societàVITuttolibri

SABATO 16 APRILE 2011LA STAMPA VII

A AudreyHepburn

in «My FairLady»

servono mesidi impegno

e unaristocratico

pigmalioneper

trasformarsiin una «vera

signora»

Page 7: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.01

GIORGIOBOATTI

Ogni epoca ha le sueregole di buon comportamen-to, sancite nei galatei. E ognivolta che una società regi-stra significativi mutamentila pubblicazione dei manualidi bon ton s'impenna. Perchénuovi soggetti vorranno ap-prendere come comportarsisui nuovi palcoscenici verso iquali desiderano ascendere.

Nel periodo successivo all'unificazione italiana usciti piùdi un centinaio di titoli, alcunisono diventati bestsellers dilunga durata, rendendo i loroautori - ma spesso autrici co-me la Marchesa Colombi o An-na Vertua Gentile - dei prota-gonisti significativi della gigan-tesca opera educativa che vuo-le produrre i nuovi cittadinidel Regno, insegnando loro co-me si agisce tra «gente per be-ne». Il primo precetto da ap-prendere è ovviamente saperstare al proprio posto, consa-pevoli della gerarchia socialenella quale si è collocati.

Come racconta con intri-gante procedere GabriellaTurnaturi nel suo documenta-to, stimolante e mai scontatosaggio Signore e signori d'Ita-lia. Una storia delle buone ma-niere, il galateo provvede da

sempre a organizzare l'agirequotidiano secondo quattrofondamentali angolazioni.

La prima è quella dell'espo-sizione pubblica del corpo, mi-nuziosamente «normato» men-tre si nutre, si veste, si muove,desidera o viene desiderato -ma con infinita circospezione ealtrettanta rimozione, visti itempi - da altri corpi. Di queitempi la sovranità degli uominisulle donne, e soprattutto sulleproprie donne, permea ogni ri-tuale di «cortesia»: ad esempioperché bisogna andare adaspettare la propria lei, di ritor-no da un viaggio in treno? Sem-plice, spiega la Marchesa Co-lombi, «perché i suoi compagnidi viaggio non la vedano andarvia da sola facendosi sul suoconto giudizi temerari».

Secondo cavallo di batta-glia dei manuali ottocenteschiè l'arte dell'intrattenere, ovve-ro della civile conversazione,che nei nostri anni verrà cac-ciata in un angolo dal prevale-re del modello urlato e autore-ferenziale dei talk-show. Al-trettanto rilevanti sono le nor-me di comportamento sulle di-namiche relazionali, sul comeinteragire: non tanto con chista al proprio livello ma con«superiori» e «inferiori». E infi-ne, specchio concreto dell'im-magine pubblica che si vuoledare di sé, c'è l'organizzazionedello spazio di casa su cui ognigalateo si sofferma con ampiez-za. Un aspetto che col passaredei decenni si asciugherà sem-

pre più. Sostituito - ad esempionei testi pubblicati durante ilventennio fascista, e non sonopochi, una cinquantina solo nelbiennio 1937/8 - dall'attenzioneverso gli spazi di socialità pubbli-ca, dal luogo di lavoro alle ceri-monie patriottiche, dalle gite aitrasporti collettivi.

I manuali ottocenteschi ma-

nifestano esplicitamente il tar-get sociale al quale si rivolgono:il torinese Giacinto Gallenga, im-piegato del catasto, con il suo Co-dice delle persone oneste e civiliedito da Utet nel 1871 parla allapiccola borghesia. Il conte Alfon-so Bergando scrivendo nel 1882Sulle convenienze sociali e sugli usidell'alta società si rivolge alleaspirazioni dei nuovi ricchi chemirano a frequentare alta bor-ghesia e nobiltà.

I galatei dell'era fascista cer-cano di adeguarsi invece al ven-to egualitaristico che vorrebbespazzar via consuetudini pocoin linea con il dinamismo musso-liniano. Qualcuno tuttavia, purcon garbo, dissente: ad esempiola contessa Elena Morozzo dellaRocca Muzzati, tra le righe diun suo manuale di successo, fanotare come l'abolizione dellastretta di mano, sostituita dalsaluto romano, andrà anche be-nissimo negli uffici «ma stone-rebbe in un salotto».

L'Italia della ricostruzionevede nei galatei pubblicati dopola Liberazione un continuo sof-fermarsi su come si sta a tavo-la: ossessione di un Paese cheha conosciuto le «tessere» dellerazioni alimentari e che ora de-ve conciliare le buone manierecon una gran voglia di riempirsila pancia. Nella cinquantina dimanuali usciti tra gli Anni Cin-quanta e Sessanta un altro se-gno dei tempi nuovi, connotatidall'avvento della DC e dalla vi-sibile clericalizzazione della vi-ta pubblica, è l'attenzione rivol-

ta agli ecclesiastici. Pagine supagine suggeriscono come rice-vere a cena monsignori e vesco-vi, sino a illustrare come ci si ri-volge a eminenze cardinalizieche paiono stare dietro ogni an-golo. Né si perde occasione perspiegare cosa non indossare nelcaso in cui si venga ricevuti inudienza privata dal Papa.

I tempi però stanno cambian-do velocemente: i galatei devo-no far posto alla televisione (te-ma centrale: come organizzareuna serata con amici disponen-do di uno dei primi televisori).Quindi, passo dopo passo, arri-va il vento della contestazioneche impone di arrendersi all'«autenticità» non formale delnuovo che avanza.

Tutto cambia e, apparente-mente, tutto va bene: il tu sosti-tuisce il lei che Willi Farnese,pseudonimo di Giovanni Ansal-

do, aveva definito in un suo gala-teo del 1952 «un'ottima naftalinaper proteggere la stoffa dell'ami-cizia dalle camole». I nuovi gala-tei si adeguano alle fantasiose ge-ometrie delle «coppie aperte»,accettabili purché non si pecchidi eccessivo zelo. Ad esempiotroppo assidue frequentazionitra il marito e l'amante di lei nondovrebbero essere la norma,suggerisce Brunella Gasperini,autrice di gran successo, duttil-mente capace di passare dal ga-lateo al controgalateo impostodalle aperture sessantottine.

Di fatto stanno andando insoffitta le firme storiche - daDonna Letizia (Colette Rosselli)a Donna Clara (Irene Brin)- chehanno accompagnato una gene-razione di italiane e nel 1984 ar-riva il Bon Ton di Lina Sotis. Untesto già presago delle invasionidei barbari del «distinto saràlei!» che si accamperanno pri-ma nella società ipnotizzata dal-la TV e poi sulla rete, che trove-rà anch'essa il suo galateo, laNet-etiquette. Come fa notare laTurnaturi alla My Fair Lady in-terpretata da Audrey Hepburnservono mesi di impegno e unaristocratico pigmalione pertrasformarsi in una «vera signo-ra». Per Julia Roberts di PrettyWoman è sufficiente qualchedritta di un portiere d'albergo, euna carta di credito, per mette-re in scena le buone maniere.Trasformate, appunto, in unarecita. Da declinare secondo lesituazioni e il cachet.

[email protected]

Regole Un comportamento alquantodiffuso e nei fatti tollerato da molti

Copiareo noncopiare?

GIUSEPPECULICCHIA

Nel momento in cui,dopo il terremoto che ha colpi-to il Giappone insieme con ilsuccessivo tsunami, la cata-strofe nucleare di Fukushimamette radicalmente in discus-sione un certo modello di svi-luppo e mostra (con immaginiche ricordano fin troppo da vi-cino il paesaggio descritto daCormac McCarthy ne La Stra-da) l’intrinseca fragilità dellostile di vita dei Paesi avanzati,la lettura di Guasto è il mondodi Tony Judt offre non pochispunti di riflessione. A comin-ciare dal titolo, tratto da TheDeserted Village, testo di Oli-ver Goldsmith del 1770: «Gua-sto è il mondo, preda di maliche si susseguono, dove la ric-chezza si accumula e gli uomi-ni vanno in rovina».

Non si tratta qui di ab-bracciare visioni più o menoapocalittiche, ma di prende-re atto della realtà. Cosa cheTony Judt, scomparso loscorso anno dopo essersi am-malato di SLA, fa sfidando la

politica, e in particolare la co-siddetta sinistra, che a partiredagli Anni Ottanta e all’indo-mani della caduta del Muro diBerlino ha abdicato al suo ruo-lo e non ha saputo far altro cheabbracciare le presunte regoledel libero mercato accettandopoi passivamente il fenomenodella globalizzazione. Si pensi,in Italia, al fatto che fu il primogoverno Prodi a introdurre ilprecariato, con il generale ar-retramento dei diritti dei lavo-

ratori che ne è conseguito.«Il materialismo e l’egoismo

della vita contemporanea nonsono aspetti intrinseci dellacondizione umana», nota Judt.«Gran parte di ciò che oggi ap-pare “naturale” risale agli AnniOttanta: l’ossessione per la cre-azione di ricchezza, il culto del-la privatizzazione e del settoreprivato, le disparità crescentitra ricchi e poveri. E soprattut-to la retorica che accompagnatutto questo: l’ammirazione

acritica per mercati liberi dalacci e laccioli, il disprezzo per ilsettore pubblico, l’illusione diuna crescita senza fine». Mito,quest’ultimo, che pagherannoa caro prezzo i nostri figli, a cui(se va bene) lasceremo in eredi-tà un mondo prosciugato di ri-sorse e sempre più inabitabile.

Judt ricorda che fu Marga-ret Thatcher a dire che «nonesiste una cosa chiamata socie-tà, esistono solo gli individui ele famiglie». Ronald Reagan di-

venne l’altro campione del libe-rismo. E presto, complici «lechiacchiere al vento» di politicidel baby-boom come Blair eClinton, lo Stato è diventatonon la soluzione ma il proble-ma. Di fatto, quelle che dagliAnni Ottanta in poi sono statepresentate come riforme, nonsolo nel mondo del lavoro, com-portano arretramenti. E se inpassato fu con la nascita degliStati nazionali che sparironopolizie ed eserciti privati, oggi

assistiamo a una crescente pri-vatizzazione di tali organizza-zioni (vedi la security che pro-tegge le gated community in cuisi rifugiano i benestanti, e i con-tractor che affiancano le forzearmate regolari nelle varieguerre «preventive» e «umani-tarie»). Lo smantellamento delWelfare, tuttora in corso, si ac-compagna alla perdita di qualsi-asi senso di fratellanza e di soli-darietà. Con risparmi che si tra-ducono rapidamente in costinon solo economici: in nomedella sicurezza si mettono a ri-schio le libertà di tutti.

Ripercorrendo la paraboladell’Occidente dal 1989 a oggi,Judt sottolinea come il distac-co nei confronti di una politicascreditata, mai così evidente,faccia sì che obiettivi anche lo-devoli, come la lotta ai muta-menti climatici, la battagliaper la sanità pubblica o per pu-nire i banchieri, siano tenuti as-sieme solo dall’espressione diemozioni. Da parte sua, mal-grado tutto, se n’è andato cre-dendo ancora nelle chances del-la socialdemocrazia.

FRANCAD’AGOSTINI

In un articolo apparsosulla rivista Analysis Roy A. So-rensen immagina una classe distudenti il cui professore, un cer-to Deadlock (Puntomorto), an-nuncia che ci sarà una provascritta, e aggiunge: «Avete il per-messo di copiare». Il compito sirivela un disastro. Voti moltobassi. Di fronte alle proteste,Deadlock spiega: «Avete copia-to». «Ma come: - obiettano gli stu-denti - avevamo il permesso difarlo!». «Avere il permesso dicompiere un’azione immorale -sentenzia Deadlock - non giustifi-ca il fattodi compierla».

Il tema della copiatura piùo meno rivelata o permessa èsenza dubbio di stringente at-tualità. Si è spenta da pocol’eco delle dimissioni di Karl zuGuttenberg, il ministro tede-sco la cui tesi di dottorato parefosse costituita di taglia-incol-la da testi altrui all’80 per cen-to. Il ministro è stato smasche-

rato da un programma accessi-bile sul Web.

D’altra parte accanto a un so-lo copiatore pescato e punito, re-sta la grande massa dei copiato-ri impuniti. Se provassimo ad ap-plicare il programma ai molti li-bri che occupano gli scaffalidellelibrerie si confermerebbe forseun fatto di cui abbiamo ragione-vole intuizione: che in molti casivale ciò che disse Bertrand Rus-sell a chi gli sollecitava un giudi-zio: «Nel suo libro c’è del buono edell’originale, ma quel che è ori-ginale non è buono, e quel che èbuono non è originale».

Le risorse tecniche rendono

oggi più facile copiare, ma anchesmascherarela copiatura.Dunquesi direbbe: finiamo ad armi pari,nientedi nuovo.Eppure, non è cosìsemplice, perché come si spieganel bel libro di Marcello Dei, Ragaz-zi, si copia, la questione non è copia-re, ma il modo in cui ci si comportarispetto al copiare. È questo unprincipio fondamentale della filoso-fia morale: il problema non è tantoil male, l’errore, l’inganno, ma chilo lascia passare,chiude un occhio,o addirittura lo incoraggia, per lepiù diverseragioni.

Nel libro vengono presentati irisultati di due indagini sociologi-che, condotte su studenti italiani

negli anni2004-2006e 2008-2009.«Scopriamo subito le carte», av-verte l’autore: «I dati indicano checopiare in classe è un comporta-mento alquanto diffuso, che gli in-segnanti contrastano con modera-zione e cautela». Dunque in qual-che modo il «permesso di copiare»del professor Deadlock è un datoacquisito: e senza le conseguenzepreviste da Sorensen. Ma proprioa partire da qui l’indagine sociolo-gica diventa riflessione storico-cul-turale sul sistema educativo italia-no e più in generale sull’estremafragilità morale dell’ambiente incui ci troviamo a vivere.

Anzitutto, è ben nota la diffe-renza rispetto ad altri contesti cul-turali, per esempio gli Stati Uniti,in cui non soltanto copiare è piùseveramente sanzionato, ma èconsiderato del tutto normale cheuno studente denunci un compa-gno che copia. Da noi un similecomportamento è giudicato inac-cettabile, poiché viola la solidarie-tà di gruppo. Il problema è dun-que ambientale: la stessa doman-da «perché non bisogna copia-re?», nota Dei, nel nostro contestodiventa insensata, visto che non èvero che non bisogna copiare. Peresempio Claudio Magris ha dichia-rato apertamente: copiare è leci-

to, anzi «è un dovere». Il fatto cheun intellettuale illustre come Ma-gris avverta un simile imperativodà molto da pensare.

In secondo luogo, ci si chiede:perché? Abbiamo allora due spie-gazioni prevedibili, che Dei chiamaculturaliste. La prima fa appello aicaratteri nazionali: lo scarso sensodello Stato, la consuetudine allacortigianeria e alla dissimulazioneonesta e disonesta... La seconda sirichiama al «sessantotto», vistonon come un movimento di «mo-dernizzazione intellettuale e mora-le», ma come «decostruzione irre-parabile della scuola e delle istitu-zioni». È abbastanza ragionevole

pensare che i due fattori abbianoagito in modo concomitante: quelche su un altro terreno morale po-tevavalerecomemodernizzazione,è valso come decostruzione.Versa-te l’acqua bollente dei contenuti li-bertari nel fragile vetro di istituzio-ni esili e incerte, governate da indi-vidui di moralità oscillante, e avre-te un risultato prevedibile: né liber-tà,nésicurezza,soltantosfascio.

Ma l’analisi si allarga. Non è uncaso che «copiare» si dica in ingle-se to cheat, che vuol dire anche im-brogliare, ingannare, truffare, ba-rare. L’inganno scolastico è dun-que considerato in continuità conun generale atteggiamentotruffal-

dino, con buona pace di Magris,che forse non considera il cheating«undovere» (almeno speriamo).

L’aspetto davvero divertentedella ricerca però è che - come sivede nelle pagine finali - l’immora-lità diffusa diventa un problemaanche per il sociologo: infatti se ècosì facile e accettabile ingannare,sarà anche facile ingannare sul te-ma dell’inganno. Che senso ha unaricerca sociologica in cui i soggettiintervistati falsificano e mentonoanche sulle proprie opinioni, e sulfalsificaree mentire?

Parafrasando Nietzsche si di-rebbe: con la verità abbiamo persoanchela menzogna.

CONFRONTIERMANNO BENCIVENGA

Far riscoprireAtene ai giovani

Martha Nussbaum indica la meta,ma non «insegna» la strada

Guasti Quella sinistra che insegueil liberismo: l’ultima sfida di Judt

CHI SIAMO: DUE INCHIESTE - INVENTARIO

Identità e valori= In che cosa si riconoscono gli italiani? Che cosa liaccomuna? In che cosa consiste la loro, la nostra, identità?Prova a rispondere Marino Livolsi in Chi siamo (Franco Angeli,pp. 215, € 24). Auspicando che ad imporsi siano «gli italianidi buona volontà», sfarinando disincanti e qualunquismi.Un inventario dei Valori nell’italia contemporanea vienedelineato nell’omonimo volume a cura di Gian VittorioCaprara, Eugenia Scabini, Patrizia Steca e Shalom H.Schwartz, sempre per Franco Angeli (pp. 363, € 22). Oltre ilsempreverde ma anchilosato copione: improvvisazione,furbizia, condiscendenza, sentimentalismo.

UNA GALLERIA DI EROI

Uomini d’arme, uomini liberi= Storie, miti e vite vissute. «Eroi» è una nuovacollana del Mulino, nella consapevolezza che l’Italia habisogno soprattutto oggi di figure esemplari (è remotoil Brecht di «Beato il Paese che non ha bisogno di eroi»).I primi due titoli sono Eroi della guerra di Fabio Mini(pp. 187, € 15) e Eroi della libertà di Laura Bazzicalupo(pp. 186, € 15). Uomini d’arme e di valore, da Achille adAlessandro Magno, al Milite Ignoto. E storie di rivoltacontro il potere, dall’antichità ai nostri giorni, da Bruto aGiovanna d’Arco, da Martin Luther King a Che Guevara,all’eroe borghese Giorgio Ambrosoli.

Ieri My Fair Ladyora Pretty Woman

Un solido excursusdi Gabriella Turnaturi,l’operazione educativadei manuali di bon tondall’Ottocento a oggi

«I NUMERI PER AGIRE» DI ESTHER DUFLO

Per sconfiggere la povertà= Come fronteggiare l’emergenza diseredati, sempreall’ordine del giorno, rinfocolata dalla «primaveraaraba»? Esther Duflo, docente di Economia dellosviluppo negli Stati Uniti, illustra «una nuova strategiaper sconfiggere la povertà» in I numeri per agire(Feltrinelli, pp. 172, €18, traduzione di MassimilianoGuareschi). Non vi sono - questo il convincimento -interventi validi erga omnes, per ogni situazione.Occorre, di volta in volta, modellare progetti ad hoc.Come ha sperimentato, con risultati di rilievo - quiillustrati da Esther Duflo - in India, in Africa, in Messico.

A ogni epoca i suoimodelli: dal corpoalla conversazione,dal governo della casaalle relazioni pubbliche

C ome vogliamo educare inostri figli? Vogliamo far-ne degli spartani: bravi

soldatini, deferenti all’autorità,abili e solerti esecutori di ordini,capaci di farsi massacrare pur dimantenere la posizione? O invecedegli ateniesi: abituati a pensareper conto proprio, sensibili agli sti-moli più diversi, anarchici e insof-ferenti? In entrambi i casi, ci sa-ranno pro e contro. Gli spartani,giudiziose formiche, vinsero laguerra del Peloponneso contro gliodiati rivali e soggiogarono l’inte-ra Grecia, finché non furono a lo-ro volta soggiogati e sparironodalla storia. Gli ateniesi, improv-vide cicale, furono ripetutamenteumiliati mentre inventavano il te-atro e la riflessione concettuale, ildibattito politico e la scienza.

Negli ultimi anni, nazioni diogni area geografica hanno perse-guito, sia pur senza troppa consa-pevolezza o criterio, un modello dieducazione spartana: disciplina-ta, strumentale, efficace nel rag-giungere risultati documentabili(test standardizzati, titoli di stu-dio a raffica, meglio se conseguiticon un percorso «breve»). Si sonoimpegnate a fondo per ridurre gliorpelli, gli svolazzi, gli sprechi, efra le vittime di tale «razionaliz-zazione», oltre a classi di dimen-sioni plausibili e a insegnanti ecorsi di sostegno, ci sono le mate-rie umanistiche, quelle cioè cheformano la specificità dell’anima-le uomo: raccontare la propriastoria, analizzare i propri stru-menti espressivi, interrogarsi sulproprio destino. Poco conta chesia stata la sua specificità a fon-dare il successo planetario dell’uo-mo, che un animale così anarchi-co e insofferente si sia imposto fragli altri in grazia del suo spiritoludico, dell’eccesso che lo defini-sce; quel che conta oggi è fare tan-ti soldi, maledetti e subito. Per ildomani non c’è tempo.

Fortuna volle, verrebbe da di-re, che Martha Nussbaum, unodei più autorevoli e influenti in-tellettuali in attività, sia scesa incampo per difendere queste bi-strattate materie con Non perprofitto. Perché le democraziehanno bisogno della culturaumanistica (trad. di RinaldoFalcioni, Il Mulino, pp. 160, €14).Lei «dimostrerà che le capacitàintellettuali di riflessione e pen-siero critico sono fondamentaliper mantenere vive e ben salde ledemocrazie» e anche «in subordi-ne, che l’interesse economico ri-chiede proprio l’apporto deglistudi umanistici e artistici, alloscopo di promuovere un clima diattenta e responsabile disponibi-lità, nonché una cultura di inno-vazione creativa».

È triste dover criticare i pro-pri compagni di viaggio. Io credo

che la dimostrazione evocata daNussbaum sia non solo possibile madoverosa. Credo anche, ahimè, chedifficilmente la si potrà trovare inNon per profitto, un testo affretta-to e confuso, fra mini-bigini sulla pe-dagogia moderna (Pestalozzi, Fröbel, Dewey...), aneddoti personali diun luminare giramondo che haviaggiato molto in India, proposteedificanti e superficiali di incorag-giare i bambini a comportarsi inmodo attivo e rigurgiti di fierezzanazionalistica (gli Stati Uniti sonopiù prosperi perché gli studenti uni-versitari, non avendo imparatoniente in dodici anni di scuola pri-maria e secondaria, sono finalmen-te invitati a farsi una cultura gene-rale, a differenza dei Paesi in cui im-perversano sciagurate lauree mono-

tematiche) e istituzionale (all’Uni-versità privata di Chicago non si ècostretti, dice Nussbaum che ci inse-gna, ad «andare con il cappello inmano da burocrati che non hannoalcuna simpatia per quello che fac-ciamo»: «ci rivolgiamo piuttosto ainostri laureati più benestanti», che«amano la vita della mente e voglio-no che altri ne possano godere»).

Tullio De Mauro, già ministrodell’Istruzione in uno dei governi«di sinistra» che hanno contribui-to a distruggere la scuola italiana,in questo del tutto sintoni ai loroavversari «di destra», offre unaprefazione in cui spezza una lan-cia a favore di un serio insegna-mento di latino e greco. E a questopunto, fra linguisti che difendonole lingue e professori di atenei pri-vati che difendono i contributi pri-vati, mi viene in mente l’inimitabi-le detto inglese with friends likethese, who needs enemies?. Io vo-glio che i nostri figli siano liberi eleggiadri, giocosi e irriverenti, co-me li vogliono Nussbaum e (penso)De Mauro, ma non so come potran-no mai esserlo se le «dimostrazio-ni» che dovrebbero sostenerli e sal-varli sono condotte in modo cosìabborracciato e autoreferenziale.

L’analisi-inchiestadi Marcello Dei:il problema non ètanto l’errore, l’inganno,ma chi lo lascia passare

Giulio Bollati

NEGLI ARCHIVI DI HALÉVY

Utopia è tirannide?= La tirannide inevitabile corollario dell’utopia? Dal1789 al socialismo reale, una varietà di tragici esempi loconfermerebbero. Non lo sosteneva forse Elie Halévy,studioso dell’utilitarismo, del liberalismo britannico, delsocialismo euroepeo, nonché i suoi più diversi «allievi»,come Mises, Aron, Hayek, Berlin, Furet? Non era propriocosì, dimostra Michele Battini in Utopia e tirannide(Bollati Boringhieri, pp. 301, € 26). Esplorati gli archividi Halévy, sostiene che il maestro, scomparso alla vigiliadella seconda guerra mondiale, riteneva possibileconciliare socialismo e libertà.

pp Tony Judtp GUASTO E’ IL MONDOp trad. di Fabio Galimbertip Laterza, pp. 192, €16

LUCA SOFRI, UN REPORTAGE DAL FUTURO

L’Italia fra vent’anni= Non siamo immersi definitivamente nelle sabbiemobili, assicura Luca Sofri, autore di Un grande Paese(Bur, pp. 188, € 10), una sorta di reportage dal futuro,un viaggio nell’«Italia tra vent’anni e chi la cambierà».Nel segno di una speranza kennedyana: «Non chiedetecosa il vostro Paese possa fare per voi, ma piuttosto cosapotete fare voi per il vostro Paese». Kennedy è tra gliesempi (con Gobetti, Snoopy, Michael Jakson) chedimostrano (che insegnano) come cambiare siapossibile. «Se si salva, l’Italia si salva solo tra vent’anni esolo cominciando a lavorarci come dei matti da subito».

pp Marcello Deip RAGAZZI, SI COPIAp Il Mulinop pp. VI-247, € 16

«L’ITALIANO»DI GIULIO BOLLATI

Il carattere nazionale= Einaudi ripropone L’Italiano, l’«inchiesta» di GiulioBollati sul «carattere nazionale come storia e comeinvenzione» (pp. 215, € 18, introduzione di David Bidussa).L’obiettivo è «pensare finalmente la storia politica, culturalee letteraria» del Paese, un passaggio indispensabile perdiventare «moderni, la condizione stessa dellasopravvivenza». La figura che più di altre avverte questanecessità è, per Bollati, Leopardi. E’ il lume che lo scortanella sua disamina, fino a denunciare, la distanza tra itecnici addetti a «una nuova immane rivoluzionetecnologico-industriale» e i mandarini della politica.

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

pp Gabriella Turnaturip SIGNORE E SIGNORI D'ITALIA

Una storia delle buone manierep Feltrinelli, pp. 293, € 17

Galatei Com’è cambiata l’arte di organizzare l’agirequotidiano per imparare ad essere «signore e signori»

«Drawing hands», opera grafica di M. C. Escher

La cultura umanisticarisorsa essenzialeper le democrazie:una giusta difesa,purtroppo superficiale

Martha Nussbaum

La copertina di «Eroi di guerra»

A JuliaRoberts in

«PrettyWoman»

è sufficientequalche drittadi un portiere

d'albergo,e una carta di

credito,per mettere

in scenale buonemaniere

Tony Judt, morto nel 2010

La ricchezzamanda l’uomo

in rovina

Idee e societàVITuttolibri

SABATO 16 APRILE 2011LA STAMPA VII

A AudreyHepburn

in «My FairLady»

servono mesidi impegno

e unaristocratico

pigmalioneper

trasformarsiin una «vera

signora»

Page 8: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.01

MASSIMORAFFAELI

E’ stato detto chedurante il fascismo Corra-do Alvaro (1895-1956) erasul fronte interno quelloche Ignazio Silone potevaessere tra i fuoriusciti. Fat-to sta che l’autore di Gented’Aspromonte (‘31), batti-strada del neorealismo,giornalista de La Stampainviato all’estero come sitrattasse di un esilio uffi-cioso, aveva sempre avutocol regime un rapportocomplesso per non direcontroverso: democraticoradicale, convinto anticle-ricale, oppositore in pecto-re ma temuto dal Duce perla sua scontrosa fierezza,aveva accettato alcuneprebende e sparso dei gra-ni d’incenso sulla bonificadell’Agro Pontino. Non siera tuttavia compromes-so, se tra il 25 luglio e l’8settembre tocca a lui diri-gere Il Popolo di Roma,cioè un foglio dichiarata-mente antifascista.

Dopo l’interregno di Ba-doglio, l’occupazione nazi-sta della capitale lo co-stringe a nascondersi inAbruzzo sotto falso nome:di ritorno a Roma liberata,scrive a puntate per Il Po-polo un libello militante,L'Italia rinunzia?, che esceda Bompiani nel febbraiodel ‘45 quando ancora ol-tre la Gotica si combatte laguerra civile. Ristampatoin sordina (e privo di qua-lunque apparato) da Selle-rio nel 1986, viene adessoriproposto da Donzelli conuna nota introduttiva diMario Isnenghi, il quale lo

legge a contrasto del coevoDe Profundis di SalvatoreSatta cui si deve la tesi, dive-nuta celeberrima, dell’8 set-tembre come «morte dellaPatria».

Scritto nello stile severoe incalzante che è tipico delnarratore calabrese, L'Ita-lia rinunzia? propone vice-versa la tesi del fascismo co-me esito del trasformismosecolare e come disastrosocompimento dell’età libera-le. Cioè un regime di piccolo-borghesi ignoranti e spianta-ti, di palloni gonfiati a liceoclassico e retorica imperia-le, un regime di «villan rifat-ti» il cui solo atteggiamentonei riguardi dell’Italia che la-vora, specie in Meridione, è

una forma di odio razziale.Lontano dalla Resistenza

e ignaro del Vento del Nord,Alvaro invoca il protagoni-smo popolare nel momentoin cui, a Roma, chi si è appe-na tolta la camicia nera giàpretende di tornare al suoposto: «L’Italia di domani -scrive - si va rappezzandocoi residui dell’Italia di ie-ri». La forza del pamphlet ènel fissare in poche paginela clausura culturale del fa-scismo, nel cogliere il tanfodi rinchiuso e lo stato di co-ma perenne in cui versa laquestione meridionale, ma ilsuo limite è un ingenuo po-pulismo, a proposito del qua-le Isnenghi si domanda: «Al-varo come azionista nel Mez-zogiorno?».

Qui andrebbe ricordatoche fra i pochi recensori dellibello compaiono in effettidue aderenti al Partitod’Azione, nientemeno CarloDionisotti ed Eugenio Mon-tale.

Il primo (su Risorgimento,poi in Scritti sul fascismo e laResistenza, a cura di G. Pa-

nizza, Einaudi 2008) ricono-sce il merito della «requisito-ria appassionata» ma rim-provera il silenzio sulla lottaarmata in corso al Nord.

Il secondo, nello scrittoconfluito in Auto da fé(1966), gli ricorda che era«popolo» anche quello chesbraitava in Piazza Venezia:può sembrare un rilievo im-pietoso quest’ultimo ma, siadetto ora per allora, contie-ne qualcosa di profetico.

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Oggi alla Chiesamanca il respiroUrge riscoprire il carattere conciliare

del popolo di Dio, che va oltre la Cei

burroni cavernosi, le Alpi bian-cheggianti. Mentre ad Alessan-dro Manzoni tocca prospetta-re nei Promessi sposi una tutt’al-tra versione di natura integra eaffettiva. Insieme con la cosìminuziosa e calibratissima ou-verture, come non ricordare, in-fatti, quel Resegone che convo-ca gli sguardi degli umili prota-gonisti nei momenti crucialidel loro spaesamento? Renzonei tumulti milanesi, ma, quan-tunque non sia esplicito, ancheLucia nell’«Addio ai monti».

Dopodiché non sarebbe cheuna citazione continuata: daCarducci a Pascoli, da D’An-nunzio a De Amicis. Per non di-re - dentro un minor Ottocento- dell’eporediese Giuseppe Gia-cosa e del suo composito libro,Novelle e paesi valdostani. Oppu-re - con ben diverso registro -del vercellese Achille GiovanniCagna, che in Alpinisti ciabatto-ni (si veda la scalata all’alpeGiumello) mette in scena la gu-stosa e macaronica parodia diun turismo maldestro.

A meglio segnalarsi sonotuttavia le montagne rappre-sentative che da sole circoscri-vono un intero universo: l’Etnadi Verga e De Roberto, l’Amia-ta di Pratesi, il Gennargentudella troppo dimenticata Deled-da, il Carso di Slataper, il Rosadell’orfico Campana (il «Maci-gno Bianco», come ci ricordaSebastiano Vassalli, che an-drebbe a sua volta ricordato).Ma anche il Montello di Zanzot-to o l’Altipiano di Rigoni Stern,che sono poi - da Jahier a Lus-su, da Ungaretti a Rebora - imonti dove la guerra è stata«più torva» (e anche quelli incui saranno ambientati i rac-conti e le memorie delle batta-glie partigiane).

Tra tante e così diverse oc-correnze (montagna come luo-go storico, come luogo antropi-co, come luogo simbolico), ilNovecento sembra mettere ilsigillo di un nuovo bisogno disenso, evidente negli esiti meta-fisici della fortezza Bastiani nelDeserto dei tartari di Buzzatima anche in certi passaggi del-la meno consolidata narrativadi Lalla Romano (da Maria aUn sogno del Nord).

Un sigillo ancora più evi-dente è negli esiti a cui è giun-ta la poesia, di cui mi limito adue voci emblematiche: Anto-nia Pozzi e Bianca Dorato, laprima più nota, la secondamolto meno (per l’ angustiosariserva della poesia che siesprime in dialetto).

Per la Pozzi l’amore nutri-to per le montagne di Pasturo,per il profilo verticale dellaGrigna o per le montagne val-dostane e dolomitiche, su cuiarrampicare in cerca di aspe-rità e di energia. Per la Doratosoprattutto le montagne pie-montesi e valdostane, un mon-do di gioia ulteriore, che - co-me dice Bonnefoy - è «parentedel disastro».

Per tutt’e due il senso di unbrivido che s’inarca tra timoree tremore, tra esistenza ed es-sere, tra «vuoto dell’umano» e«pienezza di Dio». Montagnacome avventura in cui vibral’imperdonabile festa del mi-stero. E che da Dante a noi rin-nova l’idea di un paesaggioaperto a quella vertigine diprofondità - «montagna incan-tata» - che sta lì sospesa tra lafinitudine e l’infinito.

MASSIMOONOFRI

In tempi in cui i lette-rati italiani, cioè i discenden-ti di De Sanctis, sono propen-si a celebrare scrittori d'ol-treoceano convertiti con can-dido entusiasmo al personalessay e al saggio autobiografi-co, si deve ricordare che, dal1985 al 1993, Piergiorgio Bel-locchio e Alfonso Berardinel-li stampavano clandestina-mente Diario, una rivista aquattro mani riproposta inte-gralmente in anastatica po-chi mesi fa da Quodlibet, che,del saggio, dimostrava leenormi potenzialità espressi-ve e l'eccellenza. La scelta diantologizzare nel primo nu-mero Kierkegaard - il filosofoirriducibilmente soggettivodell'aut aut - ci appare oggiemblematica e, insieme, pro-grammatica: in quanto presadi distanza da tutti quei pen-satori politici e dialettici, nonsolo hegelo-marxisti, i quali,quand'anche rivoluzionari,mostravano una concezionedella realtà fondata sul supe-ramento delle contraddizionie, per ciò stesso, conciliata econciliante. Le sorti della teo-ria della letteratura erano an-cora magnifiche e progressi-ve: Notizie dalla crisi di Cesa-re Segre - un libro per cui la

critica italiana non sembravaesistere e che della teoria, no-nostante il titolo, forniva anco-ra una visione idolatrica - usci-va proprio nell'anno in cui Dia-rio chiudeva i battenti.

Difficile non ravvisare nelsempre più operoso Berardi-nelli, che ora, dopo Che intellet-tuale sei?, pubblica l'impegnati-vo e sorprendente Non incorag-giate il romanzo. Sulla narrati-va italiana , un'ostinata fedel-tà a quell'epoca solitaria e eroi-ca: ribadita, quella fedeltà, tut-

te le volte che il critico ha sot-tolineato l'importanza della vi-cenda dell'amico Bellocchio,consegnatosi a un silenziovieppiù assordante. Ho dettosorprendente: se è vero cheBerardinelli, divenuto nel frat-tempo il più rigoroso teoricodel saggismo (del 2002 è Laforma del saggio), è spesso sta-to rimproverato d'un certo di-sinteresse per la narrativa ita-liana coeva. Eppure il quadrogenerale, di genesi occasiona-le e involontaria (composto in

larga misura da articoliscritti per Il Foglio), semanca ovviamente dimolti dettagli, resta tra ipiù precipui disegnati,puntando su nomi moltorappresentativi. E nonmi riferisco solo ai classi-ci: Gadda e Tomasi diLampedusa, Vittorini eLandolfi, Soldati e Moravia,Volponi e Parise: cui si aggiun-gerebbero Calvino e Elsa Mo-rante, se non fossero già statiinclusi in Casi critici (2007).

Penso proprio alla lettera-tura in corso: a La Capria e Ar-basino. E a Camilleri: che neisuoi gialli recita «in costumeregionale per il piacere dei tu-risti». A Antonio Debenedetti,Cordelli e Tabucchi, perfettoquando resta lo scrittore «mi-nore» di Requiem, deludente seprova a pensarsi «grande» inTristano muore. A De Carlo,Busi e Elisabetta Rasy. A Albi-nati e Affinati. Ma anche aScarpa e Scurati, a Pascale La-gioia e Simona Vinci. E soprat-tutto a Siti, il solo, tra gli esor-dienti degli Anni 90, «piena-mente consapevole della tradi-zione del romanzo». Scrittorelimpido e elegante, disteso eargomentativo, ma facilissimoa contrarsi nell'aforisma e nell'epigramma, Berardinelli è unodi quei critici dalla definizione

veloce e memorabile, quandonon definitiva: fulminante e dif-ficilmente prevedibile, anchequando non si è d'accordo. Co-me qui su Moravia: «I molti ro-manzi un po' inutili che Mora-via ha pubblicato nell'ultimaparte della sua vita sembrava-no scritti da un grande autoredivenuto col tempo il miglioreagente editoriale di se stesso.In questo Moravia ha fattoscuola. Oggi in Italia il roman-zo è soprattutto un'invenzionedegli uffici commerciali».

Inclino a un giudizio più ge-neroso sull'ultimo Moravia, suquella che Baldacci chiamavala sua «meravigliosa lingua diplastica»: ma il problema c'è,ed è lampante. Queste parole,scritte nel 2000, diventano orala tesi centrale del libro. Ecco:

il romanzo è, oggi, un genere«più editoriale e merceologicoche letterario», monopolizzan-do «un'opinione pubblica piùestesa e meno colta». Col para-dosso che, se la nascita dellademocrazia ha comportato l'af-fermazione del romanzo, lasua vittoria ne ha implicato in-vece la riduzione dei «canali dialimentazione»: sicché, inco-raggiandolo, lo ha ucciso.

Convengo con lui: l'ottimi-smo, fondato anche sulla«quantità soverchiante» di ro-manzi, è «fittizio». Meno miconvince la conclusione: sicco-me nessuno può più leggereciò che si pubblica, «legga chivuole quello che vuole», men-tre «un'altra epoca si chiude:quella dei giudizi». Non so se sitratti d'una provocazione: vi-sta la lucidità con cui il criticoquei giudizi ancora emette.Che sarebbe la critica senzagiudizi e la loro continua mes-sa a sistema?

Non credo che, 50 anni fa,Pampaloni, Baldacci o Grami-gna riuscissero a leggere tutto.La selezione critica, dentro undialogo che dovrebbe esserepermanente, è sempre affarecollettivo, non individuale. Ciòche oggi latita, laddove gli spothanno sostituito gli argomenti,è appunto una comunità. Maquesto è un altro discorso.

Segue da pag. I

O rmai non ci si prestanemmeno più attenzione,ma nei mezzi di informa-

zione si è ritornati alla «anticae preconciliare identificazionefra chiesa italiana e Conferen-za episcopale», anzi sovente ad-dirittura tra cattolici e presi-denza della Cei. E questo nondipende in primo luogo da unasbrigativa semplificazione daparte dei mass media, ma daun progressivo dilatarsi dellaforbice tra la sovraesposizionedei vertici ecclesiastici e l’afa-sia dell’opinione pubblica nellachiesa. È l’immagine che lachiesa dà di se stessa che in uncerto senso autorizza l’osserva-tore esterno a identificarla conle figure più rappresentativedel suo episcopato. Non si trat-ta quindi di un deplorevole mal-costume giornalistico, quantopiuttosto di un serio campanel-lo d’allarme sullo stato di salu-te della chiesa italiana e sul suoimpatto nella società civile.

L’impressione più diffusa al-l’esterno, ma soprattutto all’in-terno della chiesa, è quella sinte-ticamente evidenziata dal titolodi un breve saggio a due voci:Manca il respiro (Ancora, pp.144, € 13,00). Gli autori - Save-rio Xeres, presbitero e docentedi storia della chiesa presso lafacoltà Teologica dell’Italia set-tentrionale, e Giorgio Campani-ni, laico e già professore di Sto-ria delle dottrine politiche, oltreche di teologia del laicato - dan-no voce a un disagio sempre piùdiffuso tra i cattolici italiani, al-la sofferenza di tanti credentiche amano e hanno a cuore lapropria chiesa e la vorrebberoin costante riforma per presen-tarsi al suo Signore «senza mac-chia né ruga» (Ef 5,27).

Xeres analizza in modo sin-tetico ma esauriente «La Chie-sa italiana nel passaggio cultu-rale degli ultimi decenni», esa-

minando in particolare l'artico-lazione tra postconcilio e postmo-derno, mentre Campanini guidail lettore «Alla riscoperta dellacategoria conciliare di “popolodi Dio”». L'immagine che emer-ge da questo doppio, appassiona-to sguardo non è delle più inco-raggianti: sempre più fedeli assi-stono scoraggiati e impotenti aun progressivo depotenziamentodei documenti conciliari, speciedi quelli portatori di un nuovosoffio vitale nella chiesa. Sembraquasi che le decisioni collegiali

assunte dai padri conciliari -che, non si dimentichi, costitui-scono la più alta espressione delmagistero ecclesiale - siano equi-parati ai molteplici pronuncia-menti di singole conferenze epi-scopali e di uffici nazionali che fi-niscono per esprimere una sem-pre più accentuata autoreferen-zialità della chiesa. Così si arri-va ad «assimilare le grandi pro-spettive conciliari alle patetichevelleità postconciliari».

Il criterio di lettura della si-tuazione della «Chiesa nel mondo

contemporaneo», offerta dal Vati-cano II e consistente nel «vedere-giudicare-agire», sembra ormaiaver lasciato il posto a una pre-lettura di eventi e circostanze cheviene poi calata dall’alto nelle sin-gole realtà regionali o diocesane.

Anche il laicato, quando è pre-so in considerazione, viene pensa-to come un sostituto di un clero incostante diminuzione e non comeuna diaconia con un ruolo specifi-co nel mondo. Così assistiamo ainterventi di organismi episcopaliche si sostituiscono ai laici nel leg-gere la situazione sociale propriomentre prestano sempre menoascolto alla voce dei laici stessi:questa è l’analisi dei due autori,che tuttavia non si ferma all’ama-ra costatazione di «un diffuso sen-so di frustrazione all’interno stes-so della chiesa», ma aprono con fi-ducia a una nuova stagione dipresenza cristiana nella società:«Sono questi tempi di marginali-tà per la chiesa i più preziosi: labellezza del Vangelo infatti appa-re limpidamente quando esso nonha altro sostegno se non la pro-pria, intrinseca fecondità». Sì, an-che quando «manca il respiro», loSpirito non cessa di soffiare.

GIOVANNI TESIO

Scriveva Alvaro Un j’accuse del ’45:è il trasformismo la culla del fascismo

RISORGIMENTO IN PIEMONTE

Cattolici e Unità= C’è un episodio chepreannuncia il ruolo deicattolici nel Risorgimento:allorché don Giovanni Boscooffrì un pasto al massoneFrancesco Crispi, futuropresidente del Consiglio, tra gliesuli a Torino, con Settembrini,Spaventa, De Sanctis chefaticavano a sbarcare il lunario.I cattolici che hanno fattol’Italia (Lindau, pp. 249, € 23)è un raccolta di saggi sulcontributo che religiosi ecattolici piemontesi diederoall’Unità d’Italia. Magaririconoscendo nelle avversitàun’opportunità. Comeesemplifica la curatrice LucettaScaraffia, là dove si soffermasulle religiose che, «proprio acausa dell’eversione dei beniecclesiastici, ottengonofinalmente la possibilità di agirein campo sociale».Autori dei saggi sono AndreaPennini («La religione nelloStato»), Franco M. Azzalli(«Luoghi della santità nellaTorino del XIX secolo»),Oddone Camerana («Le mieprigioni, il libro più famososcritto in Torino» perdimostrare come il Pellicoavesse contribuito, facendoluce sui fallimenti della giustiziapenale, alla modernizzazionedel Paese), Simone Trombetta(«Una cooperazione per il bene:la marchesa di Barolo e SilvioPellico»), Grazia Loparco («Lefiglie di Maria Ausiliatrice e lereti di “ben intesa italianità” nelprimo cinquantennio delloStato unitario») e la stessaScaraffia («Il contributo deicattolici all’unificazione»).

pp Corrado Alvarop L'ITALIA RINUNZIA?p introduzione di Mario Isnenghip Donzelli, pp. IX - 84, € 13p Corrado Alvaro (1895 - 1956) è il

narratore ricordato soprattuttoper Gente d’Aspromonte; fu trai primi a firmare il Manifesto de-gli intellettuali antifascisti diBenedetto Croce

GIANNI CELATI

Cinema aperto= Un omaggio a GianniCelati, al narratore dellepianure, in veste di cineasta.Fandango accoglie, in uncofanetto, tre documentari eun libro sotto il titoloCinema all’aperto (€ 25, acura di Nunzia Palmieri).I lungometraggi scritti ediretti da Celati sono «Stradaprovinciale delle Anime» (abordo di una corriere lungo ilDelta del Po), «Il mondo diLuigi Ghirri» (fra i maggiorifotografi italiani), «Casesparse-Visioni di case checrollano» lungo la via Emilia.Introduce il libro uncolloquio con l’autore diFabrizio Grosoli. Celati sisofferma, fra l’altro, sul suopaesaggio, la «provincia»,italiana e mondiale: «Nellepianure delle provinceamericane o nella savanaafricana o nella Val Padanatraversata come un desertod’anime, c’è un’ebbrezzadella dispersione che diventaqualcosa di positivo. Tiaccorgi di poter amare ilmondo con tutto il suo“disponibile quotidiano”...».A seguire un’ulterioreconversazione di Celati (conSarah Hill), scritti dello stessoCelati (che delinea il privatopantheon dei registi:Rossellini, Antonioni, DeSica, Fellini, Wenders) escritti di Marco Belpoliti,Gianni Canova, AntonioCosta. Nunzia Palmierisuggella il viaggioripercorrendo vita e opere diCelati, cruciale il sodaliziointellettuale con ItaloCalvino, tra Parigi e casaEinaudi.

pp Alfonso Berardinellip NON INCORAGGIATE

IL ROMANZOp Marsilio, pp. 288, € 21p CHE INTELLETTUALE SEI?p Nottetempo, pp. 94, € 7p DIARIO 1985 - 1993p a cura di Alfonso Berardinelli

e Piergiorgio Bellocchiop Quodlibet, pp. 855, € 46

Voci criticheVIIITuttolibri

SABATO 16 APRILE 2011LA STAMPA IX

p

Si fabbricano sololingue di plastica

Una rielaborazionegrafica della celebre

«lingua dei RollingStones»

Letture

Sostiene Berardinelli Il romanzo si è ridottoa genere merceologico, meglio “scoraggiarlo”

La letteratura è ormaiquantità senza qualità,è finita anche «l’epocadei giudizi»: ma davveroil critico non serve più?

Alfonso Berardinelli

Visioni

Nel montaggiografico,

una riunionedel ConcilioVaticano II

con i voltidei suoi due

Papi,Giovanni

XXIII, chelo preparò e loaprì nel 1962,

e Paolo VI chelo concluse

nel 1965

Le vocidi montagnada Dantea Rigoni SternI villan rifatti

palle al piededell’Italia

I piccoli borghesi semprepronti a mutar camicia,l’abbandono del Sud,l’invocazione del popolo:una lezione per l’oggi?

CorradoAlvaro:

Isnenghi lodefinisce un«azionista»

del Sud,convinto cheliberazione e

ricostruzionedel Paesepotessero

venire solodal «far da

sé» delpopolo

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Page 9: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.01

MASSIMORAFFAELI

E’ stato detto chedurante il fascismo Corra-do Alvaro (1895-1956) erasul fronte interno quelloche Ignazio Silone potevaessere tra i fuoriusciti. Fat-to sta che l’autore di Gented’Aspromonte (‘31), batti-strada del neorealismo,giornalista de La Stampainviato all’estero come sitrattasse di un esilio uffi-cioso, aveva sempre avutocol regime un rapportocomplesso per non direcontroverso: democraticoradicale, convinto anticle-ricale, oppositore in pecto-re ma temuto dal Duce perla sua scontrosa fierezza,aveva accettato alcuneprebende e sparso dei gra-ni d’incenso sulla bonificadell’Agro Pontino. Non siera tuttavia compromes-so, se tra il 25 luglio e l’8settembre tocca a lui diri-gere Il Popolo di Roma,cioè un foglio dichiarata-mente antifascista.

Dopo l’interregno di Ba-doglio, l’occupazione nazi-sta della capitale lo co-stringe a nascondersi inAbruzzo sotto falso nome:di ritorno a Roma liberata,scrive a puntate per Il Po-polo un libello militante,L'Italia rinunzia?, che esceda Bompiani nel febbraiodel ‘45 quando ancora ol-tre la Gotica si combatte laguerra civile. Ristampatoin sordina (e privo di qua-lunque apparato) da Selle-rio nel 1986, viene adessoriproposto da Donzelli conuna nota introduttiva diMario Isnenghi, il quale lo

legge a contrasto del coevoDe Profundis di SalvatoreSatta cui si deve la tesi, dive-nuta celeberrima, dell’8 set-tembre come «morte dellaPatria».

Scritto nello stile severoe incalzante che è tipico delnarratore calabrese, L'Ita-lia rinunzia? propone vice-versa la tesi del fascismo co-me esito del trasformismosecolare e come disastrosocompimento dell’età libera-le. Cioè un regime di piccolo-borghesi ignoranti e spianta-ti, di palloni gonfiati a liceoclassico e retorica imperia-le, un regime di «villan rifat-ti» il cui solo atteggiamentonei riguardi dell’Italia che la-vora, specie in Meridione, è

una forma di odio razziale.Lontano dalla Resistenza

e ignaro del Vento del Nord,Alvaro invoca il protagoni-smo popolare nel momentoin cui, a Roma, chi si è appe-na tolta la camicia nera giàpretende di tornare al suoposto: «L’Italia di domani -scrive - si va rappezzandocoi residui dell’Italia di ie-ri». La forza del pamphlet ènel fissare in poche paginela clausura culturale del fa-scismo, nel cogliere il tanfodi rinchiuso e lo stato di co-ma perenne in cui versa laquestione meridionale, ma ilsuo limite è un ingenuo po-pulismo, a proposito del qua-le Isnenghi si domanda: «Al-varo come azionista nel Mez-zogiorno?».

Qui andrebbe ricordatoche fra i pochi recensori dellibello compaiono in effettidue aderenti al Partitod’Azione, nientemeno CarloDionisotti ed Eugenio Mon-tale.

Il primo (su Risorgimento,poi in Scritti sul fascismo e laResistenza, a cura di G. Pa-

nizza, Einaudi 2008) ricono-sce il merito della «requisito-ria appassionata» ma rim-provera il silenzio sulla lottaarmata in corso al Nord.

Il secondo, nello scrittoconfluito in Auto da fé(1966), gli ricorda che era«popolo» anche quello chesbraitava in Piazza Venezia:può sembrare un rilievo im-pietoso quest’ultimo ma, siadetto ora per allora, contie-ne qualcosa di profetico.

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Oggi alla Chiesamanca il respiroUrge riscoprire il carattere conciliare

del popolo di Dio, che va oltre la Cei

burroni cavernosi, le Alpi bian-cheggianti. Mentre ad Alessan-dro Manzoni tocca prospetta-re nei Promessi sposi una tutt’al-tra versione di natura integra eaffettiva. Insieme con la cosìminuziosa e calibratissima ou-verture, come non ricordare, in-fatti, quel Resegone che convo-ca gli sguardi degli umili prota-gonisti nei momenti crucialidel loro spaesamento? Renzonei tumulti milanesi, ma, quan-tunque non sia esplicito, ancheLucia nell’«Addio ai monti».

Dopodiché non sarebbe cheuna citazione continuata: daCarducci a Pascoli, da D’An-nunzio a De Amicis. Per non di-re - dentro un minor Ottocento- dell’eporediese Giuseppe Gia-cosa e del suo composito libro,Novelle e paesi valdostani. Oppu-re - con ben diverso registro -del vercellese Achille GiovanniCagna, che in Alpinisti ciabatto-ni (si veda la scalata all’alpeGiumello) mette in scena la gu-stosa e macaronica parodia diun turismo maldestro.

A meglio segnalarsi sonotuttavia le montagne rappre-sentative che da sole circoscri-vono un intero universo: l’Etnadi Verga e De Roberto, l’Amia-ta di Pratesi, il Gennargentudella troppo dimenticata Deled-da, il Carso di Slataper, il Rosadell’orfico Campana (il «Maci-gno Bianco», come ci ricordaSebastiano Vassalli, che an-drebbe a sua volta ricordato).Ma anche il Montello di Zanzot-to o l’Altipiano di Rigoni Stern,che sono poi - da Jahier a Lus-su, da Ungaretti a Rebora - imonti dove la guerra è stata«più torva» (e anche quelli incui saranno ambientati i rac-conti e le memorie delle batta-glie partigiane).

Tra tante e così diverse oc-correnze (montagna come luo-go storico, come luogo antropi-co, come luogo simbolico), ilNovecento sembra mettere ilsigillo di un nuovo bisogno disenso, evidente negli esiti meta-fisici della fortezza Bastiani nelDeserto dei tartari di Buzzatima anche in certi passaggi del-la meno consolidata narrativadi Lalla Romano (da Maria aUn sogno del Nord).

Un sigillo ancora più evi-dente è negli esiti a cui è giun-ta la poesia, di cui mi limito adue voci emblematiche: Anto-nia Pozzi e Bianca Dorato, laprima più nota, la secondamolto meno (per l’ angustiosariserva della poesia che siesprime in dialetto).

Per la Pozzi l’amore nutri-to per le montagne di Pasturo,per il profilo verticale dellaGrigna o per le montagne val-dostane e dolomitiche, su cuiarrampicare in cerca di aspe-rità e di energia. Per la Doratosoprattutto le montagne pie-montesi e valdostane, un mon-do di gioia ulteriore, che - co-me dice Bonnefoy - è «parentedel disastro».

Per tutt’e due il senso di unbrivido che s’inarca tra timoree tremore, tra esistenza ed es-sere, tra «vuoto dell’umano» e«pienezza di Dio». Montagnacome avventura in cui vibral’imperdonabile festa del mi-stero. E che da Dante a noi rin-nova l’idea di un paesaggioaperto a quella vertigine diprofondità - «montagna incan-tata» - che sta lì sospesa tra lafinitudine e l’infinito.

MASSIMOONOFRI

In tempi in cui i lette-rati italiani, cioè i discenden-ti di De Sanctis, sono propen-si a celebrare scrittori d'ol-treoceano convertiti con can-dido entusiasmo al personalessay e al saggio autobiografi-co, si deve ricordare che, dal1985 al 1993, Piergiorgio Bel-locchio e Alfonso Berardinel-li stampavano clandestina-mente Diario, una rivista aquattro mani riproposta inte-gralmente in anastatica po-chi mesi fa da Quodlibet, che,del saggio, dimostrava leenormi potenzialità espressi-ve e l'eccellenza. La scelta diantologizzare nel primo nu-mero Kierkegaard - il filosofoirriducibilmente soggettivodell'aut aut - ci appare oggiemblematica e, insieme, pro-grammatica: in quanto presadi distanza da tutti quei pen-satori politici e dialettici, nonsolo hegelo-marxisti, i quali,quand'anche rivoluzionari,mostravano una concezionedella realtà fondata sul supe-ramento delle contraddizionie, per ciò stesso, conciliata econciliante. Le sorti della teo-ria della letteratura erano an-cora magnifiche e progressi-ve: Notizie dalla crisi di Cesa-re Segre - un libro per cui la

critica italiana non sembravaesistere e che della teoria, no-nostante il titolo, forniva anco-ra una visione idolatrica - usci-va proprio nell'anno in cui Dia-rio chiudeva i battenti.

Difficile non ravvisare nelsempre più operoso Berardi-nelli, che ora, dopo Che intellet-tuale sei?, pubblica l'impegnati-vo e sorprendente Non incorag-giate il romanzo. Sulla narrati-va italiana , un'ostinata fedel-tà a quell'epoca solitaria e eroi-ca: ribadita, quella fedeltà, tut-

te le volte che il critico ha sot-tolineato l'importanza della vi-cenda dell'amico Bellocchio,consegnatosi a un silenziovieppiù assordante. Ho dettosorprendente: se è vero cheBerardinelli, divenuto nel frat-tempo il più rigoroso teoricodel saggismo (del 2002 è Laforma del saggio), è spesso sta-to rimproverato d'un certo di-sinteresse per la narrativa ita-liana coeva. Eppure il quadrogenerale, di genesi occasiona-le e involontaria (composto in

larga misura da articoliscritti per Il Foglio), semanca ovviamente dimolti dettagli, resta tra ipiù precipui disegnati,puntando su nomi moltorappresentativi. E nonmi riferisco solo ai classi-ci: Gadda e Tomasi diLampedusa, Vittorini eLandolfi, Soldati e Moravia,Volponi e Parise: cui si aggiun-gerebbero Calvino e Elsa Mo-rante, se non fossero già statiinclusi in Casi critici (2007).

Penso proprio alla lettera-tura in corso: a La Capria e Ar-basino. E a Camilleri: che neisuoi gialli recita «in costumeregionale per il piacere dei tu-risti». A Antonio Debenedetti,Cordelli e Tabucchi, perfettoquando resta lo scrittore «mi-nore» di Requiem, deludente seprova a pensarsi «grande» inTristano muore. A De Carlo,Busi e Elisabetta Rasy. A Albi-nati e Affinati. Ma anche aScarpa e Scurati, a Pascale La-gioia e Simona Vinci. E soprat-tutto a Siti, il solo, tra gli esor-dienti degli Anni 90, «piena-mente consapevole della tradi-zione del romanzo». Scrittorelimpido e elegante, disteso eargomentativo, ma facilissimoa contrarsi nell'aforisma e nell'epigramma, Berardinelli è unodi quei critici dalla definizione

veloce e memorabile, quandonon definitiva: fulminante e dif-ficilmente prevedibile, anchequando non si è d'accordo. Co-me qui su Moravia: «I molti ro-manzi un po' inutili che Mora-via ha pubblicato nell'ultimaparte della sua vita sembrava-no scritti da un grande autoredivenuto col tempo il miglioreagente editoriale di se stesso.In questo Moravia ha fattoscuola. Oggi in Italia il roman-zo è soprattutto un'invenzionedegli uffici commerciali».

Inclino a un giudizio più ge-neroso sull'ultimo Moravia, suquella che Baldacci chiamavala sua «meravigliosa lingua diplastica»: ma il problema c'è,ed è lampante. Queste parole,scritte nel 2000, diventano orala tesi centrale del libro. Ecco:

il romanzo è, oggi, un genere«più editoriale e merceologicoche letterario», monopolizzan-do «un'opinione pubblica piùestesa e meno colta». Col para-dosso che, se la nascita dellademocrazia ha comportato l'af-fermazione del romanzo, lasua vittoria ne ha implicato in-vece la riduzione dei «canali dialimentazione»: sicché, inco-raggiandolo, lo ha ucciso.

Convengo con lui: l'ottimi-smo, fondato anche sulla«quantità soverchiante» di ro-manzi, è «fittizio». Meno miconvince la conclusione: sicco-me nessuno può più leggereciò che si pubblica, «legga chivuole quello che vuole», men-tre «un'altra epoca si chiude:quella dei giudizi». Non so se sitratti d'una provocazione: vi-sta la lucidità con cui il criticoquei giudizi ancora emette.Che sarebbe la critica senzagiudizi e la loro continua mes-sa a sistema?

Non credo che, 50 anni fa,Pampaloni, Baldacci o Grami-gna riuscissero a leggere tutto.La selezione critica, dentro undialogo che dovrebbe esserepermanente, è sempre affarecollettivo, non individuale. Ciòche oggi latita, laddove gli spothanno sostituito gli argomenti,è appunto una comunità. Maquesto è un altro discorso.

Segue da pag. I

O rmai non ci si prestanemmeno più attenzione,ma nei mezzi di informa-

zione si è ritornati alla «anticae preconciliare identificazionefra chiesa italiana e Conferen-za episcopale», anzi sovente ad-dirittura tra cattolici e presi-denza della Cei. E questo nondipende in primo luogo da unasbrigativa semplificazione daparte dei mass media, ma daun progressivo dilatarsi dellaforbice tra la sovraesposizionedei vertici ecclesiastici e l’afa-sia dell’opinione pubblica nellachiesa. È l’immagine che lachiesa dà di se stessa che in uncerto senso autorizza l’osserva-tore esterno a identificarla conle figure più rappresentativedel suo episcopato. Non si trat-ta quindi di un deplorevole mal-costume giornalistico, quantopiuttosto di un serio campanel-lo d’allarme sullo stato di salu-te della chiesa italiana e sul suoimpatto nella società civile.

L’impressione più diffusa al-l’esterno, ma soprattutto all’in-terno della chiesa, è quella sinte-ticamente evidenziata dal titolodi un breve saggio a due voci:Manca il respiro (Ancora, pp.144, € 13,00). Gli autori - Save-rio Xeres, presbitero e docentedi storia della chiesa presso lafacoltà Teologica dell’Italia set-tentrionale, e Giorgio Campani-ni, laico e già professore di Sto-ria delle dottrine politiche, oltreche di teologia del laicato - dan-no voce a un disagio sempre piùdiffuso tra i cattolici italiani, al-la sofferenza di tanti credentiche amano e hanno a cuore lapropria chiesa e la vorrebberoin costante riforma per presen-tarsi al suo Signore «senza mac-chia né ruga» (Ef 5,27).

Xeres analizza in modo sin-tetico ma esauriente «La Chie-sa italiana nel passaggio cultu-rale degli ultimi decenni», esa-

minando in particolare l'artico-lazione tra postconcilio e postmo-derno, mentre Campanini guidail lettore «Alla riscoperta dellacategoria conciliare di “popolodi Dio”». L'immagine che emer-ge da questo doppio, appassiona-to sguardo non è delle più inco-raggianti: sempre più fedeli assi-stono scoraggiati e impotenti aun progressivo depotenziamentodei documenti conciliari, speciedi quelli portatori di un nuovosoffio vitale nella chiesa. Sembraquasi che le decisioni collegiali

assunte dai padri conciliari -che, non si dimentichi, costitui-scono la più alta espressione delmagistero ecclesiale - siano equi-parati ai molteplici pronuncia-menti di singole conferenze epi-scopali e di uffici nazionali che fi-niscono per esprimere una sem-pre più accentuata autoreferen-zialità della chiesa. Così si arri-va ad «assimilare le grandi pro-spettive conciliari alle patetichevelleità postconciliari».

Il criterio di lettura della si-tuazione della «Chiesa nel mondo

contemporaneo», offerta dal Vati-cano II e consistente nel «vedere-giudicare-agire», sembra ormaiaver lasciato il posto a una pre-lettura di eventi e circostanze cheviene poi calata dall’alto nelle sin-gole realtà regionali o diocesane.

Anche il laicato, quando è pre-so in considerazione, viene pensa-to come un sostituto di un clero incostante diminuzione e non comeuna diaconia con un ruolo specifi-co nel mondo. Così assistiamo ainterventi di organismi episcopaliche si sostituiscono ai laici nel leg-gere la situazione sociale propriomentre prestano sempre menoascolto alla voce dei laici stessi:questa è l’analisi dei due autori,che tuttavia non si ferma all’ama-ra costatazione di «un diffuso sen-so di frustrazione all’interno stes-so della chiesa», ma aprono con fi-ducia a una nuova stagione dipresenza cristiana nella società:«Sono questi tempi di marginali-tà per la chiesa i più preziosi: labellezza del Vangelo infatti appa-re limpidamente quando esso nonha altro sostegno se non la pro-pria, intrinseca fecondità». Sì, an-che quando «manca il respiro», loSpirito non cessa di soffiare.

GIOVANNI TESIO

Scriveva Alvaro Un j’accuse del ’45:è il trasformismo la culla del fascismo

RISORGIMENTO IN PIEMONTE

Cattolici e Unità= C’è un episodio chepreannuncia il ruolo deicattolici nel Risorgimento:allorché don Giovanni Boscooffrì un pasto al massoneFrancesco Crispi, futuropresidente del Consiglio, tra gliesuli a Torino, con Settembrini,Spaventa, De Sanctis chefaticavano a sbarcare il lunario.I cattolici che hanno fattol’Italia (Lindau, pp. 249, € 23)è un raccolta di saggi sulcontributo che religiosi ecattolici piemontesi diederoall’Unità d’Italia. Magaririconoscendo nelle avversitàun’opportunità. Comeesemplifica la curatrice LucettaScaraffia, là dove si soffermasulle religiose che, «proprio acausa dell’eversione dei beniecclesiastici, ottengonofinalmente la possibilità di agirein campo sociale».Autori dei saggi sono AndreaPennini («La religione nelloStato»), Franco M. Azzalli(«Luoghi della santità nellaTorino del XIX secolo»),Oddone Camerana («Le mieprigioni, il libro più famososcritto in Torino» perdimostrare come il Pellicoavesse contribuito, facendoluce sui fallimenti della giustiziapenale, alla modernizzazionedel Paese), Simone Trombetta(«Una cooperazione per il bene:la marchesa di Barolo e SilvioPellico»), Grazia Loparco («Lefiglie di Maria Ausiliatrice e lereti di “ben intesa italianità” nelprimo cinquantennio delloStato unitario») e la stessaScaraffia («Il contributo deicattolici all’unificazione»).

pp Corrado Alvarop L'ITALIA RINUNZIA?p introduzione di Mario Isnenghip Donzelli, pp. IX - 84, € 13p Corrado Alvaro (1895 - 1956) è il

narratore ricordato soprattuttoper Gente d’Aspromonte; fu trai primi a firmare il Manifesto de-gli intellettuali antifascisti diBenedetto Croce

GIANNI CELATI

Cinema aperto= Un omaggio a GianniCelati, al narratore dellepianure, in veste di cineasta.Fandango accoglie, in uncofanetto, tre documentari eun libro sotto il titoloCinema all’aperto (€ 25, acura di Nunzia Palmieri).I lungometraggi scritti ediretti da Celati sono «Stradaprovinciale delle Anime» (abordo di una corriere lungo ilDelta del Po), «Il mondo diLuigi Ghirri» (fra i maggiorifotografi italiani), «Casesparse-Visioni di case checrollano» lungo la via Emilia.Introduce il libro uncolloquio con l’autore diFabrizio Grosoli. Celati sisofferma, fra l’altro, sul suopaesaggio, la «provincia»,italiana e mondiale: «Nellepianure delle provinceamericane o nella savanaafricana o nella Val Padanatraversata come un desertod’anime, c’è un’ebbrezzadella dispersione che diventaqualcosa di positivo. Tiaccorgi di poter amare ilmondo con tutto il suo“disponibile quotidiano”...».A seguire un’ulterioreconversazione di Celati (conSarah Hill), scritti dello stessoCelati (che delinea il privatopantheon dei registi:Rossellini, Antonioni, DeSica, Fellini, Wenders) escritti di Marco Belpoliti,Gianni Canova, AntonioCosta. Nunzia Palmierisuggella il viaggioripercorrendo vita e opere diCelati, cruciale il sodaliziointellettuale con ItaloCalvino, tra Parigi e casaEinaudi.

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IL ROMANZOp Marsilio, pp. 288, € 21p CHE INTELLETTUALE SEI?p Nottetempo, pp. 94, € 7p DIARIO 1985 - 1993p a cura di Alfonso Berardinelli

e Piergiorgio Bellocchiop Quodlibet, pp. 855, € 46

Voci criticheVIIITuttolibri

SABATO 16 APRILE 2011LA STAMPA IX

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Si fabbricano sololingue di plastica

Una rielaborazionegrafica della celebre

«lingua dei RollingStones»

Letture

Sostiene Berardinelli Il romanzo si è ridottoa genere merceologico, meglio “scoraggiarlo”

La letteratura è ormaiquantità senza qualità,è finita anche «l’epocadei giudizi»: ma davveroil critico non serve più?

Alfonso Berardinelli

Visioni

Nel montaggiografico,

una riunionedel ConcilioVaticano II

con i voltidei suoi due

Papi,Giovanni

XXIII, chelo preparò e loaprì nel 1962,

e Paolo VI chelo concluse

nel 1965

Le vocidi montagnada Dantea Rigoni SternI villan rifatti

palle al piededell’Italia

I piccoli borghesi semprepronti a mutar camicia,l’abbandono del Sud,l’invocazione del popolo:una lezione per l’oggi?

CorradoAlvaro:

Isnenghi lodefinisce un«azionista»

del Sud,convinto cheliberazione e

ricostruzionedel Paesepotessero

venire solodal «far da

sé» delpopolo

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Gran circoTaddei ealtrestorie di VigàtaCAMILLERISELLERIO

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Gesùdi Nazareth IIBENEDETTOXVI(JOSEPH RATZINGER)LIBRERIAEDITRICE VATICANA

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1. Il piccolo principe 24SAINT-EXUPÉRY 7,90 BOMPIANI

2. La solitudine dei numeri... 22GIORDANO 13,00 MONDADORI

3. Bianca come il latte, rossa... 21D’AVENIA 13,00 MONDADORI

4. La versione di Barney 20RICHLER 12,00 ADELPHI

5. L’amicod’infanziadi Maigret 18SIMENON 10,00 ADELPHI

6. Non lasciarmi 17ISHIGURO 12,00 EINAUDI

7. L’ombra del vento 16RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

8. Venuto al mondo 16MAZZANTINI 14,00 MONDADORI

9. E’ una vita che ti aspetto 16VOLO 12,00 MONDADORI

10.Il simbolo perduto 14BROWN 14,00 MONDADORI

64

La leggendadel mortocontentoVITALIGARZANTI

70

E disse

DE LUCAFELTRINELLI

Saggistica TascabiliNarrativaitaliana

Vieni viacon me

SAVIANOFELTRINELLI

2Nessunosi salvada soloMAZZANTINIMONDADORI

8

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 1100 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 3 AL 9 APRILE.

59

Narrativastraniera Varia Ragazzi

Sanguisughe.Le pensioniscandaloGIORDANOMONDADORI

81

Libertà

FRANZENEINAUDI

Il profumodelle fogliedi limoneSÁNCHEZGARZANTI

1. Aldilà. La vita continua? 50GIACOBBO 17,50 MONDADORI

2. Steve Jobs. L’uomo che... 26ELLIOT; SIMON 19,90 HOEPLI

3. Cotto e mangiato 21PARODI 14,90 VALLARDI

4. Benvenuti nella mia cucina 19PARODI 14,90 VALLARDI

5. Instant English 18SLOAN 16,90 GRIBAUDO

6. The power 17BYRNE 18,50 MONDADORI

7. The secret 14BYRNE 18,60 MACRO

8. Le ricette di Casa Clerici 13CLERICI 15,90 RIZZOLI

9. È facilesmetteredi fumare... 13CARR 10,00 EWI

10.La parigina. Guida allo chic 11DE LA FRESSANGE; GACHET 25,00 L’IPPOCAMPO

7

AI PUNTILUCIANO GENTA

Margaretsi salva

in discesa

Aldilà.La vitacontinua?GIACOBBOMONDADORI

10

1. Libertà 70FRANZEN 22,00 EINAUDI

2. Il profumo delle foglie di... 59SÁNCHEZ 18,60 GARZANTI

3. Vacanze in villa 46WICKHAM 19,00 MONDADORI

4. La legge del deserto 45SMITH 19,60 LONGANESI

5. Il vino della solitudine 38NÉMIROVSKY 18,00 ADELPHI

6. Vicino a te non ho paura 31SPARKS 20,00 FRASSINELLI

7. La mappa del destino 19COOPER 19,60 NORD

8. L’ultimo uomo buono 16KAZINSKI 18,60 LONGANESI

9. L’unico figlio 16HOLT 18,00 EINAUDI

10.L’ultimo inverno 15HARDING 15,50 NERI POZZA

100

Si continua a scendere, nessuno stringe i freni: così laMazzantini si ritrova in testa, con Saviano a un’in-collatura, ma con un valore dei 100 punti appena

sopra le 6000 copie, circa 2000 in meno rispetto a sabatoscorso. Solo Ratzinger supera ancora le 5000. Tre i nuoviingressi fra i primi 10. Al 5˚ posto sale l’inchiesta-denun-cia di Mario Giordano sulle pensioni d’oro, quelle perfetta-mente legali e scandalosamente immorali, che valgonodieci, cento volte quelle di un lavoratore a tempo indeter-minato, a sua volta già invidiato da un giovane precario,al quale non resta, per consolazione, che immaginarsi«morto contento», come nella leggenda cui si intitola il ro-

manzo di Vitali, 7˚, o sperare nell’aldilà con Giacobbo,già messaggero della fine del mondo secondo la profeziaMaya. Questo passa il convento. Spulciando le tabelle, sipuò sorridere con il garbato esordio narrativo del radiofo-nico «coniglio» Marco Presta o immergersi nell’intensogroviglio psicologico e famigliare del bel romanzo di Ma-ria Pia Veladiano, ora candidata allo Strega; oppure, tra-lasciando i thriller ormai fotocopia per quanto d’autore(Kazinski, Holt), avventurarsi a perdifiato nei ricordi del-l’effervescente Kusturica, davvero romanzeschi, per tra-ma, montaggio e stile, anche se qui collocati in saggistica.Dove, fuori tabella, al 13˚ posto c’è Youcat, il catechismo

per i giovani al centro della polemica per un’errore di tra-duzione/interpretazione sulla questione dei metodi e mez-zi anticoncezionali - ovviamente fondamentale nel mes-saggio evangelico - e perciò rimandato al macero. Dovedovrebbero finire anche quei manuali di storia per le scuo-le colpevoli di inculcare le faziosità ideologiche della sini-stra, secondo la denuncia di onorevoli che, a differenza delPapa nel film di Moretti, non si arrovellano nel dubbio esognano come libro di testo un catechismo del loro unicodio e signore. Indispensabile per noi che qui a Torino blate-riamo di democrazia, tutti giacobini, azionisti, Natural-mentecomunisti (Felice Cimatti/Bruno Mondadori).

Anche Dedalo cede aun’avventura mai tenta-ta: la narrativa. Per coe-

renza con la sua storia, l’editricebarese sceglie il romanzo scienti-fico: «ScienzaLetteratura» diret-ta da Laura Bussotti è una nic-chia originale che si apre con unasatira al veleno su classismo e ba-ronie in Il gioco di Ayyan dell’in-diano Manu Joseph e con «il vol-to umano della matematica» neiNumeri ribelli dell’olandese Phi-libert Schogt: humour e buonascrittura, per una svolta necessa-ria, anche se forse non del tuttoamata. Il disimpegno non addi-cendosi molto alla sigla dei Co-ga, che tradisce nostalgia per itempi delle battaglie civili, dellegrandi speranze della sinistra.

Raimondo Coga, il padre diClaudia attuale direttore edito-riale della casa, tenne a «battesi-mo» addirittura il manifesto, co-me rivista mensile guidata daPintor e Rossanda: negli anni‘69-‘70, tirature che arrivano a80 mila copie, la testata infine

«regalata agli amici del gruppoquando esso era ormai una forma-zione politica». L’amicizia è rima-sta, e così, dalla nascita nel 1965, icardini del progetto editoriale. Adispetto dei cambiamenti?

«Puntare sulla fiction non si-gnifica indebolire la nostra voca-zione saggistica - dice Claudia Co-ga - usciamo tra poco con l’antro-

pologo Philip Ball, con il Dialogosulla modernità di Bourdieu. Soloil filone politico è in grande crisi enon c’è da stupirsi. Tra le nostre ri-viste teniamo vive anche CriticaLiberale affidata a Enzo Marzo eCritica Marxista diretta da AldoTortorella e Aldo Zanardo; ben-ché, mantenendo il rigore, l’obietti-vo sia puntato sempre più sullascienza: alta, nella collana storica“La scienza nuova”, divulgativacon “La scienza è facile” (target igiovani) e “La piccola bibliotecadella scienza” (i bambini)».

Pur in un’università pericolosa-mente semplificata, i testi Dedalovengono tuttora adottati; Canfo-ra e Bernardini continuano a gui-dare rispettivamente i Quadernidi Storia e Sapere. E «persino ne-gli atenei funziona la serie delle“50 grandi idee”: dopo Architettu-ra, Filosofia, Genetica, ecc, sono inarrivo Religione e Universo». Al-trettanta fortuna per «Le grandidomande»: la Filosofia, la Fisica etra poco la Matematica. Tutto nel-l’attesa di rientrare nell’arena...

4

50

Marc Lévy è l’autorefrancese più venduto,ma non lo è. Il più

grande scrittore dell’anno scor-so è Pierre Dukan: chi è?

Su Slate.fr, Jean-MarcProust pubblica una bella in-chiesta sulle classifiche, che di-cono la verità e al tempo stessola velano. Più dei romanzi, eovviamente dei saggi, e ovvissi-mamente della poesia, vendo-no libri di generi meno nobili.Lévy, Houellebecq, Pancol,Musso, Meyer e gli altri roman-zieri di grande popolarità,sbiadiscono al cospetto del dot-tor Dukan, che ha totalizzato506 mila copie di Je ne saispas maigrir, 413 mila di Re-cettes Dukan e 394 mila di LaMéthode Dukan Illustrée: ri-spettivamente secondo, quintoe settimo classificato nella topten del più venduti. Diete. Perquasi 21 milioni di euro, al va-lore di copertina. Un successoesploso nel 2002, giustamentenel formato più smilzo: Je ne

sais pas maigrir in ultratasca-bile, al prezzo di 6 euro. Quasiun fast seller - uno di quei libret-ti leggeri, a ingestione rapida,poco cari. Il prototipo è Toutsur Nous di Stéphane Ribeiro(cuore rosa su copertina viola),che ora pubblica Tout sur Moi,tutto su di me: un libro con due-mila domande e quiz, buffi o se-

ri, sull’argomento che preferitefra tutti gli argomenti del mon-do: voi stessi. Le vostre idee, l’in-fanzia, gli amori, i gusti: un li-bro, promettono, per conoscervimeglio. Parliamo tanto di me,come diceva il sublime Zavatti-ni; funziona sempre.

Chissà se le case editrici chepubblicano queste operine lescelgono tramite comitati eschede di lettura - come quelledi Gallimard, finora segrete eora in mostra alla BibliothèqueNationale de France. «Un ro-manzo di gran classe, da pren-dere senza esitare»: è L’étran-ger di Albert Camus. «Eccellen-te, parere molto favorevole»(Una diga sul Pacifico di Mar-guerite Duras, lettura di Ray-mond Queneau). Mentre Onthe road di Jack Kerouac è«quasi un libro grandissimo».

Intenerisce, vedere l'attimoin cui quel remoto primo letto-re ha deciso di far nascere libricome questi, ormai carne dellanostra carne.

1. Diario di una schiappa... 17KINNEY 12,00 IL CASTORO

2. Il giorno delle selezioni 15GARLANDO 11,00 PIEMME

3. Pinocchio, letto da Paolo Poli, con cd 14COLLODI 12,00 GIUNTI

4. Laprima indaginediTheodore... 13GRISHAM 18,00 MONDADORI

5. Le avventure di re Artù 12STILTON 23,50 PIEMME

6. Principesse. Giocakit 10- 12,90 WALT DISNEY

7. Via le zampedalla pietra di fuoco! 9STILTON 8,50 PIEMME

8. La banda del gatto 8STILTON 8,50 PIEMME

9. Cappuccetto Rosso sangue 8BLAKLEY-CARTWRIGHT 17,00 MONDADORI

10.Tuttia giocarecon iBarbapapà! 7- 6,90 DOREMÌ JUNIOR

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

CHE LIBRO FA...IN FRANCIA

GIOVANNA ZUCCONI

Fa boomchi non sadimagrire

1. Nessuno si salva da solo 100MAZZANTINI 19,00 MONDADORI

2. La leggenda del morto... 57VITALI 18,60 GARZANTI

3. Gran circo Taddei... 52CAMILLERI 14,00 SELLERIO

4. E disse 49DE LUCA 10,00 FELTRINELLI

5. Non chiedere perché 28DI MARE 18,00 RIZZOLI

6. Odore di chiuso 26MALVALDI 13,00 SELLERIO

7. Io e te 23AMMANITI 10,00 EINAUDI

8. Un calcio in bocca fa miracoli 23PRESTA 16,50 EINAUDI

9. Malastagione 23GUCCINI; MACCHIAVELLI 18,00 MONDADORI

10.La vita accanto 20VELADIANO 16,00 EINAUDI

1. Vieni via con me 99SAVIANO 13,00 FELTRINELLI

2. Gesù di Nazareth II 81BENEDETTO XVI 20,00 LIBRERIA EDITRICE VATICANA

3. Sanguisughe. Le pensioni scandalo 64GIORDANO 18,50 MONDADORI

4. Il denaro in testa 45ANDREOLI 17,50 RIZZOLI

5. Indignatevi! 35HESSEL 5,00 ADD EDITORE

6. Togliamo il disturbo 31MASTROCOLA 17,00 GUANDA

7. Dove sono in questa storia 30KUSTURICA 19,50 FELTRINELLI

8. Odio gli indifferenti 28GRAMSCI 7,00 CHIARELETTERE

9. Indignarsi non basta 23INGRAO; BOCCIA; OLIVETTI 5,00 ALIBERTI

10.Terroni 17APRILE 17,50 PIEMME

3

Classifiche TuttolibriSABATO 16 APRILE 2011

LA STAMPAX

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Dedalo,un manifestoper la fiction

9

Page 11: Tuttolibri n. 1761 (16-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 16/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 15/04/11 20.01

f

EMILY DICKINSON

PoesieNewton Compton, pp. 176, € 6

«Una lettura fondamentale:“non devi è la spada piùpietosa”, è uno dei suoiversi per me memorabili»

f

CERVANTES

Don Chisciottedella ManciaEinaudi,pp. LXIII-1212, € 24

«ComeCervantes,anch’ iomirivolgoal“desocupadolector”esuggeriscoMusil,Mann,Balzac,Flaiano»

f

NORBERTO BOBBIO

L’età dei dirittiEinaudi, pp. 266, € 12

«Nel campo giuridico èun’opera da cui non si puòprescindere, così comedal classico di Von Jhering»

I PREFERITI Lo studioso, tra i garanti di Biennale Democrazia,aggiorna il suo excursus sulle alterne vicende giuridiched’Italia: ora è «il potere di pochi» ad avere la meglio

MIRELLASERRI

Trema e freme, vivedi vita propria il suo cellula-re che vibra sul tavolo. Ilprofessor Stefano Rodotà,che tutte le mattine, con ilsuo carico di libri sotto ilbraccio, se ne va a lavorarein una luminosa stanza del-la biblioteca della Fondazio-ne Basso da lui diretta peranni, respinge al mittenteun invito a un talk show,promette un incontro conun gruppo di tunisini, anno-ta le richieste che arrivanouna dietro l'altra, di dibatti-ti, conferenze, interventi.E’ assai ricercato il paladi-no dei diritti e delle libertà,notissimo anche a livello in-ternazionale, lo spadaccinodal piglio determinato, ere-ditato dagli avi albanesisbarcati in Calabria. E’ ap-prodato alla politica nel1979 (è stato fra l’altro vice-presidente della Camera epoi membro del Parlamen-to europeo), ha contribuitoa creare la moderna idea diprivacy (ha presieduto l'Au-torità garante per la prote-zione dei dati personali) edè uno dei massimi esperti dibioetica e di biodiritti. Conil suo profilo di giurista chea colpi di codici e codicillidifende le regole, la demo-

crazia e la Costituzione con-tro «chi vuole - come dicelui stesso - farla a fette» o ri-durla a spezzatino, oggi è vi-sto come una barriera difronte a tante turbolenze.Aggiornato agli ultimi in-candescenti 15 anni, ora lostudioso ripubblica un av-vincente excursus sulle al-terne vicende giuridichedella penisola: Diritti e li-bertà nella storia d’Italia.Conquiste e conflitti.1861-2011 (Donzelli). Non èun caso che la Biennale de-mocrazia - che si svolge aTorino dal 13 al 17 aprile,presieduta da Gustavo Za-grebelsky e del cui comita-to di garanti fa parte lostesso Rodotà - è dedicataal rapporto fra «il potere ditutti», proprio della socie-tà democratica, e «i poteridi pochi», cioè le «oligar-chie» in grande aumento.

Sono insomma tanti, trop-pi, i segnali che «l’età deidiritti» sta imboccando ilviale del tramonto?

«Gli argomenti di cui si discu-te nelle sessioni torinesi sonoi più sentiti, sangue e carneviva. Stiamo entrando inun’era di crescenti disugua-glianze, a cominciare da co-me si profila l'attuazione delfederalismo fiscale e dalla fa-coltà concessa alle Regioni diesprimersi anche in materiadi diritti civili. Anche il con-cetto di accoglienza sembrapoi aver fatto giganteschipassi indietro».

Al dopoguerra?«Macché, a prima del 1865.Vuol sapere come trattava-mo “lo straniero” a quei tem-pi? Era ammesso a goderedei diritti civili attribuiti aicittadini anche se non sussi-steva la condizione della re-ciprocità. Infine, ed è altromotivo di allarme, ora, siparla tanto di ragion di Sta-to, di emergenze che giustifi-cano i pieni poteri concessiai governi, si fanno continuitentativi di considerare le li-

bertà “eccessive” rispetto al-le esigenze di controllo socia-le o di sviluppo economico:tutto questo mentre assistia-mo a conflitti istituzionali sen-za precedenti nella storia del-la Repubblica».

La tolleranza, diceva Bobbio,deve essere estesa a tuttitranne che agli intolleranti. Ilcarburante per alimentarlasono i libri che l’hanno sem-pre circondata, e fra questidiquali consiglierebbe inpar-ticolare oggi una rilettura?

«Quando consegnai uno deimiei primi saggi, il cattedrati-co che lo visionò mi disse:“Una citazione di ThomasMann in meno e una del codicecivile in più e sarebbe statoperfetto”. Credo di non averpassato un giorno della mia vi-ta, dall’adolescenza in poi, sen-za un libro, dal momento chesono abituato a dividermi traopere già lette e new entries».

La letteratura eleva la so-glia delle difese immunita-rie, proprio quelle di cui at-tualmente percepiamo lanecessità?

«Nel campo giuridico non sipuò prescindere da L’età dei di-ritti di Norberto Bobbio o daclassici come La lotta per il di-ritto di Rudolf von Jhering del-la seconda metà dell’Ottocen-to. Esemplare il suo raccontodella vicenda di un inglese chedurante il Grand Tour appro-da in Francia e viene truffatodall’oste. Avvia le pratiche per

portare davanti ai giudici ilmalfattore nonostante tutti gliricordino che in questo modosperpererà solo tempo e soldi.Ma lui si ostina. Crede infattiin quello che ha imparato nellavecchia Inghilterra, e cioè chelo spirito della democrazia al-berghi in ognuno di noi».

Poesia e romanzi che ci aiuti-no a fronteggiare situazioniimpervie, difficili?

«Fondamentale Emily Dickin-son che, fra tante cose, mi hafatto capire che la ribellionealle regole convive spesso conun disperato bisogno di ag-grapparsi a un divieto: “ ’nondevi’ è la spada più pietosa”, èuno dei suoi versi per me me-morabili. Katherine Man-sfield è un punto di riferimen-to: mi ha fatto comprenderecome mai nella nostra culturala sofferenza abbia assuntopiù peso della morte. “Speronon ci siano letti in Paradiso”,scrive quando è molto malata.Philip Roth, in Nemesi, sullastessa linea, mi ha sollecitatoanche lui a riflettere sul pro-blema del morire con dignità,e tutto questo mi ha portato aschierarmi nella battaglia a fa-vore della depenalizzazionedell’eutanasia».

Altri testi letterari che han-no affiancato i corposi co-dici?

«Ho scoperto la lettura nellagrande casa dei nonni a Co-senza. Magari non si avevanosoldi per tante altre cose mamai si rinunciava al volume

che si andava a ordinare allacartolibreria. Gli scaffali era-no strapieni e c’era pure lastanza dei thriller. Leggevo ditutto: da Balzac a Dostoevskij,Walter Scott, Rabelais, Mann- dalla Montagna incantata alleConfessioni del cavaliere d’indu-stria Felix Krull che mette anudo la figura del carrieristadi pochi scrupoli -, Cervantes,Melville che in Moby Dick de-scrive meravigliosamenteManhattan che il ”commercioavvolge come una risacca”. Epoi c'erano Ferenc Körmendi,Alberto Moravia e i poeti, Un-garetti, Montale, Quasimodo,Pasolini: veramente non mi so-no mai fatto mancare nulla.Ultimissime scoperte sonostate Amos Oz, con Una storia

di amore e di tenebra in cui ri-percorre le vicende del na-scente Stato di Israele, e AldoSchiavone con l'affascinanteSpartacus».

Quando si manifesta la sco-perta che l’abito dell’uomodi legge ben le si attagliava?

«Sostengo l’esame di Dirittoecclesiastico con Arturo Car-lo Jemolo che mi elogia: “Lei èveramente interessato al dirit-to”. Mi ha come fulminato, luiera una vera autorità e provaiuna grande emozione. Analo-ga a quella che mi provocò ve-dere il mio primo articolo pub-blicato sul Mondo di MarioPannunzio in prima pagina. Ildirettore, Pannunzio, avevafama di essere severissimo, diaver fatto riscrivere un pezzosui fratelli Cervi persino alpresidente della RepubblicaLuigi Einaudi. Questi sono glianni che passo in compagniadi Italo Calvino, di EnnioFlaiano con Tempo di uccidere,di Paolo Volponi e di OttieroOttieri che facevano capo almovimento Comunità diAdriano Olivetti. In una gior-nata freddissima sbarco aIvrea per essere assunto dal-l’industriale che aveva arruo-lato tanti intellettuali ma al-l’ultimo momento mi tiro in-dietro. Vado a studiare a Lon-dra. Olivetti addirittura miaiuterà con 300 mila lire, cifraallora notevole. Al mondo del-la politica approdo attraversol’Unione Goliardica Italiana:incontro Marco Pannella epoi gli amici di una vita, Tullio

De Mauro, Luigi Spaventa,Eugenio Scalfari e Bobbio.Quando era senatore a vita,su mandato di Achille Occhet-to e di Massimo D’Alema, fuilatore della proposta di candi-darlo per il Quirinale: “So be-ne quello che so fare. Sicura-mente non saprei fare il Presi-dente della Repubblica. Nonvorrei sporcare la mia vita”,mi rispose offrendo una veralezione di moralità».

Un’epigrafe per suggellare ilrapporto tra diritto/i e lette-ratura?

«Montaigne mette in eviden-za la contrapposizione tra di-ritto e vita. Quest’ultima “èun movimento diseguale, irre-golare e multiforme”. Pro-prio il contrario della leggeche è uniforme, regolare euguale per tutti».

«Quanti passi indietro:prima del 1865lo straniero godevadei diritti civili propridi chi era cittadino»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 16 APRILE 2011

LA STAMPA XI

“La mia regola:unire Bobbioe la Dickinson”

«Affiancare ai codicila letteratura: i classici,da Rabelais a Cervantes,da Balzac a Dostoevskij,e la scoperta di Amos Oz»

«Il fertile dopoguerratra incontri e letture:Jemolo, Pannunzio,Olivetti, Calvino,Volponi, Ottieri...»

«Katherine Mansfielde ora il Roth di “Nemesi”mi hanno sollecitatoa riflettere sul problemadel morire con dignità»

La vita. Stefano Rodotà è nato a Cosenza nel 1933. Laureatosi in Giurisprudenza, è stato professore di Diritto civile.Più volte parlamentare, in Italia e a Strasburgo. Primo presidente del partito democratico della sinistra. Hapresieduto l’Autorità garante per la protezione dei dati personali e la Fondazione Basso.

Le opere. Esce da Donzelli «Diritti e libertà nella storia d'Italia. Conquiste e conflitti. 1861-2011» (pp. X-163, €15).Altri titoli: «Perché laico» (Laterza), «La civiltà e le regole. Tra diritto e non diritto» (Feltrinelli)

Stefano Rodotà

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