tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

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QUASI 7000 EDITORI DA OLTRE 100 PAESI Oltre 6900 case editrici di 110 Paesi partecipano alla Buchmesse, la Fiera del Libro di Francoforte, dal 6 al 10 ottobre. Sono circa 300 mila i visitatori attesi per la 62ª edizione, che ha come Paese ospite l’Argentina, con 60 scrittori presenti . Abbiamo chiesto di raccontarne la letteratura a Laura Pariani (finalista in settembre al Campiello con «Milano è una selva oscura», Einaudi), che vive tra l’Italia e il Paese sudamericano, testimoniato narrativamente in numerosi libri (da «Dio non ama i bambini», Einaudi, a «Quando Dio ballava il tango», Bur Rizzoli). Al centro dell’attenzione ci sarà anche l’eBook. Una nuova inziativa vi ruoterà intorno, «Frankfurt Sparks». Nei giorni della Fiera si conoscerà il nuovo Nobel della Letteratura. A Baires il libro è un labirinto L’Argentina È l’ospite della Fiera che si apre a Francoforte il 6 ottobre: un Paese (e la sua capitale) che porta i segni indelebili della letteratura, un mondo di parole che creano e salvano i luoghi LAURA PARIANI Di là dal mare, si tro- va Baires, la città dei libri. Da dove le viene questo no- me? Non tanto dalle numero- sissime librerie - antri infiniti dove perfino Umberto Eco può trovare il manoscritto de Il nome della rosa - né dalla lunga tradizione dei caffè let- terari dove gli scrittori discu- tono con fervore. Se affermo che Baires è la città dei libri, intendo dire che le sue vie, piazze e incro- ci portano i segni indelebili della letteratura. Quella di Jorge Luis Borges, prima di tutto, ché ogni sua pagina aderisce a ogni metro quadro di Baires, a partire dal suo cuore pulsante: l'ex Bibliote- ca Nacional di calle México, paradiso della lettura e labi- rinto segreto, come sta scrit- to nel suo Il libro della sabbia (Adelphi 2004). Gli scrittori, anche quelli morti da gran tempo, danno carne e sangue a questa cit- tà: Roberto Arlt respira anco- ra in ogni vecchia libreria dell'usato (Il giocattolo rabbio- so, Le Mani 1994) o nella Dia- gonal Norte percorsa dal Ru- fián Melancólico (I sette paz- zi, e/o 2003); Julio Cortázar sta al bar London, alla Gale- ría Güemes, nei corridoi del Subte (Tanto amore per Glen- da, Guanda 2009; Fine del gio- co, Einaudi 2008); Adolfo Bioy Casares torna a vivere ogni volta che qualcuno pas- sa per avenida Las Heras (Diario della guerra al maiale, Cavallo di ferro 2007; Un leo- ne nel parco di Palermo, Ei- naudi 2005). Cammina cammina, i libri palpitano a ogni angolo: in Avenida De Mayo, l'incrocio con calle Piedras è Ricardo Piglia (La ciudad ausente), il bar «36 Billares» è Germán Rozenmacher (Cabezita ne- gra), il dantesco palazzo Ba- rolo è Juan Sasturain (Ma- nual de perdedores). Ovunque, le parole costrui- scono edifici: la vecchia zona portuale, il cosiddetto Bajo con i bar tiratardi, è Antonio Dal Masetto (Strani tipi sotto- casa, Le Lettere 2002); è San- ta Evita (Guanda 2003) di Tomás Eloy Martínez; è Miste- riosa Buenos Aires di Manuel Mujica Lainez. L'ex sede delle facoltà umanistiche di calle 25 de Mayo sta in piedi per opera di Lettere e filosofia (Sellerio 2000)diPabloDeSantis. Un passo dietro l'altro, un libro dopo l'altro: il quartiere di Belgrano cosa sarebbe sen- za i ciechi di Ernesto Sábato (Sopra eroi e tombe, Einaudi 2009)? Villa Crespo potreb- be esistere senza Adán Bue- nosayres di Leopoldo Mare- chal? E le sedi televisive delle avenidas periferiche non so- no forse uscite dalle pagine di Reality (e/o 2010) di Sergio Bizzio o da Cinebrivido (Mar- cos y Marcos 2010) di José Pablo Feinman? Nella città dei libri sullo stadio del River Plate cade eternamente la neve de L’eternauta di Héctor Oeste- rheld... Così la legge della let- teratura, che regge la città, fa sì che il quartiere di Acas- suso si riassuma ne Il bambi- no pesce (La Nuova frontiera 2009) di Lucia Puenzo; che le ville della zona più chic ospitino le bambine perverse di Silvina Ocampo (Un’inno- cente crudeltà, La Nuova fron- tiera 2010) o risuonino delle battute ironiche di Luisa Va- lenzuela (Realtà nazionale vi- sta dal letto, Gorée 2006). Le palestre del Barrio Flores so- no tutte uscite dalla penna di A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Unavoltal’ideadi culturaperlaradio avevacomemodellola paginascritta,illibroo larivista,edinecessità assiemealdistacco potevaaverequalcosa diimpettito;anchese quantodiqueitempisi èdepositatonegli introvabiliQuaderni delTerzoProgramma, partecipandoviilfiore dellaculturaitaliana, oggisipotrebbeleggere nellescuole.Poila culturasièmessaa correre,èaumentatala diffusioneediminuita laconcentrazione;ma nonèilcasodi rimpiangereilpassato, RadioTrerestaunodei pochibaluardiculturali chearrivano,magaria sorpresaoacaso,achi (esonomolti)resta affezionatoall'ascolto radiofonico.Ilmezzo dell’intervistacon espertiinternazionali diognisettore, economia, scienze, industria,letteratura, artiecinema,anchedi Paesiextraeuropeidi cuinullaavremmo saputo,offreuna finestrasulmondo ormaiinsostituibile. Questoaumentodi materiaèavvenuto sopratuttoaspese dellamusicacosìdetta «classica»;laquale tuttavia,doveè rimasta,sièvista sommersadai commenti,anchenella musica«leggera», ancheinmusichedove c’èsolodaascoltare;a questaverbositàspesso abeneficiosolodel commentatore,Radio Tre,conisuoi60divita, dovrebbeprenderele misureperconservare lesuetradizioni culturali. Continuaapag.II Uninternodelbookshopnell’AteneoGrandSplendidaBuenosAires,inAvenidaSantaFe TUTTOLIBRI LA STAMPA NUMERO 1734 ANNO XXXIV SABATO 2 OTTOBRE 2010 GIORGIO PESTELLI RADIO TRE 60 ANNI CON PIÙ PAROLE CHE MUSICA tutto LIBRI DENNIS Quella piccina sarà una star Polvere di stelle dopo zia Mame D’AMICO P. II DIARIO DI LETTURA Nella casa Mitteleuropa Bossi Fedrigotti tra Roth e la Müller QUARANTA P. XI p Cuorepulsante l’exBibliotecaNacional, ilparadiso della letturaa cui rende omaggioBorges ANTEPRIMA Le stringhe di Elias Il sociologo con le scarpe slacciate NORBERT ELIAS P. VI NORD E SUD Tra Veneto e federalismo 25 personaggi e un pamphlet CAMON-AINIS P. VIII-IX I

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Page 1: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.54

QUASI 7000 EDITORIDA OLTRE 100 PAESI

Oltre 6900caseeditricidi110PaesipartecipanoallaBuchmesse, laFieradelLibrodiFrancoforte,dal6al10ottobre.Sonocirca300mila ivisitatoriattesiper la62ªedizione,chehacomePaeseospite l’Argentina,con60scrittoripresenti .Abbiamochiestodiraccontarne laletteraturaaLauraPariani(finalista insettembrealCampiellocon«Milanoèunaselvaoscura»,Einaudi), chevivetra l’Italiae ilPaesesudamericano, testimoniatonarrativamenteinnumerosilibri (da«Diononamaibambini»,Einaudi,a«QuandoDioballava iltango»,BurRizzoli).Alcentrodell’attenzionecisaràanche l’eBook.Unanuova inziativavi ruoteràintorno,«FrankfurtSparks».NeigiornidellaFierasiconosceràilnuovoNobeldellaLetteratura.

A Bairesil libro èun labirinto

L’Argentina È l’ospite della Fiera che si apre a Francoforteil 6 ottobre: un Paese (e la sua capitale) che porta i segni indelebilidella letteratura, un mondo di parole che creano e salvano i luoghi

LAURAPARIANI

Di là dal mare, si tro-va Baires, la città dei libri.Da dove le viene questo no-me? Non tanto dalle numero-sissime librerie - antri infinitidove perfino Umberto Ecopuò trovare il manoscritto deIl nome della rosa - né dallalunga tradizione dei caffè let-terari dove gli scrittori discu-tono con fervore.

Se affermo che Baires è lacittà dei libri, intendo direche le sue vie, piazze e incro-ci portano i segni indelebilidella letteratura. Quella diJorge Luis Borges, prima ditutto, ché ogni sua paginaaderisce a ogni metro quadrodi Baires, a partire dal suocuore pulsante: l'ex Bibliote-ca Nacional di calle México,paradiso della lettura e labi-rinto segreto, come sta scrit-to nel suo Il libro della sabbia(Adelphi 2004).

Gli scrittori, anche quellimorti da gran tempo, dannocarne e sangue a questa cit-

tà: Roberto Arlt respira anco-ra in ogni vecchia libreriadell'usato (Il giocattolo rabbio-so, Le Mani 1994) o nella Dia-gonal Norte percorsa dal Ru-fián Melancólico (I sette paz-zi, e/o 2003); Julio Cortázarsta al bar London, alla Gale-ría Güemes, nei corridoi delSubte (Tanto amore per Glen-da, Guanda 2009; Fine del gio-co, Einaudi 2008); AdolfoBioy Casares torna a vivereogni volta che qualcuno pas-sa per avenida Las Heras(Diario della guerra al maiale,Cavallo di ferro 2007; Un leo-ne nel parco di Palermo, Ei-naudi 2005).

Cammina cammina, i libripalpitano a ogni angolo: inAvenida De Mayo, l'incrociocon calle Piedras è RicardoPiglia (La ciudad ausente), ilbar «36 Billares» è GermánRozenmacher (Cabezita ne-gra), il dantesco palazzo Ba-rolo è Juan Sasturain (Ma-nual de perdedores).

Ovunque, le parole costrui-scono edifici: la vecchia zonaportuale, il cosiddetto Bajocon i bar tiratardi, è AntonioDal Masetto (Strani tipi sotto-casa, Le Lettere 2002); è San-ta Evita (Guanda 2003) diTomás Eloy Martínez; è Miste-riosa Buenos Aires di ManuelMujica Lainez. L'ex sede dellefacoltà umanistiche di calle 25de Mayo sta in piedi per operadi Lettere e filosofia (Sellerio2000) di Pablo De Santis.

Un passo dietro l'altro, unlibro dopo l'altro: il quartieredi Belgrano cosa sarebbe sen-za i ciechi di Ernesto Sábato(Sopra eroi e tombe, Einaudi2009)? Villa Crespo potreb-be esistere senza Adán Bue-nosayres di Leopoldo Mare-chal? E le sedi televisive delleavenidas periferiche non so-no forse uscite dalle paginedi Reality (e/o 2010) di SergioBizzio o da Cinebrivido (Mar-cos y Marcos 2010) di JoséPablo Feinman?

Nella città dei libri sullostadio del River Plate cadeeternamente la neve deL’eternauta di Héctor Oeste-rheld... Così la legge della let-teratura, che regge la città,fa sì che il quartiere di Acas-suso si riassuma ne Il bambi-no pesce (La Nuova frontiera2009) di Lucia Puenzo; chele ville della zona più chicospitino le bambine perversedi Silvina Ocampo (Un’inno-cente crudeltà, La Nuova fron-tiera 2010) o risuonino dellebattute ironiche di Luisa Va-lenzuela (Realtà nazionale vi-sta dal letto, Gorée 2006). Lepalestre del Barrio Flores so-no tutte uscite dalla penna di

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Una volta l’idea dicultura per la radio

aveva come modello lapagina scritta, il libro ola rivista, e di necessità

assieme al distaccopoteva avere qualcosadi impettito; anche se

quanto di quei tempi siè depositato negli

introvabili Quadernidel Terzo Programma,partecipandovi il fioredella cultura italiana,

oggi si potrebbe leggerenelle scuole. Poi la

cultura si è messa acorrere, è aumentata la

diffusione e diminuitala concentrazione; ma

non è il caso dirimpiangere il passato,Radio Tre resta uno dei

pochi baluardi culturaliche arrivano, magari asorpresa o a caso, a chi

(e sono molti) restaaffezionato all'ascolto

radiofonico. Il mezzodell’intervista con

esperti internazionalidi ogni settore,

economia, scienze,industria, letteratura,arti e cinema, anche diPaesi extraeuropei di

cui nulla avremmosaputo, offre una

finestra sul mondoormai insostituibile.

Questo aumento dimateria è avvenutosopra tutto a spese

della musica così detta«classica»; la quale

tuttavia, dove èrimasta, si è vista

sommersa daicommenti, anche nella

musica «leggera»,anche in musiche dovec’è solo da ascoltare; a

questa verbosità spessoa beneficio solo del

commentatore, RadioTre, con i suoi 60 di vita,

dovrebbe prendere lemisure per conservare

le sue tradizioniculturali.

Continua a pag.IIUn interno del book shop nell’Ateneo Grand Splendid a Buenos Aires, in Avenida Santa Fe

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

NUMERO 1734ANNO XXXIVSABATO 2 OTTOBRE 2010

GIORGIO PESTELLI

RADIO TRE60 ANNI CONPIÙ PAROLE

CHE MUSICA

tuttoLIBRI

DENNIS

Quella piccinasarà una starPolvere di stelledopo zia MameD’AMICO P. II

DIARIO DI LETTURA

Nella casaMitteleuropaBossi Fedrigottitra Roth e la MüllerQUARANTA P. XI

p

Cuore pulsantel’ex Biblioteca Nacional,il paradiso dellalettura a cui rendeomaggio Borges

ANTEPRIMA

Le stringhedi EliasIl sociologo conle scarpe slacciateNORBERT ELIAS P. VI

NORD E SUD

Tra Venetoe federalismo25 personaggie un pamphletCAMON-AINIS P. VIII-IX

I

Page 2: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.54

Dennis La storia che tentò di replicare,non riuscendovi, il successo degli Anni 50

Povera piccinanon sei zia Mame

RUGGEROBIANCHI

Abbiamo spesso laconsapevolezza o l'impressio-ne di avere una visione falsadelle cose. Ma sono le nostrementi e i nostri sensi a falsarleo è qualcuno a falsificarle a no-stra insaputa o è la realtà stes-sa a proporci mille parziali chia-vi di lettura di sé e del nostrorapporto con essa, mille con-creti microuniversi paralleli,tutti egualmente soggettivi ecredibili pur se contraddittori,senza mai consentirci di condi-videre con altri le nostre certez-ze e di sapere quindi con esat-tezza in quale mondo viviamo?

Con questi interrogativi siconfrontano, per strade diver-se e con differenti risposte, ma-gari a volte giocandoci sopracon sorniona disinvoltura e sva-gato umor nero, tre romanzi:Toxic dell'islandese HallgrìmurHelgason, I falsificatori di An-toine Bello, bostoniano di nasci-ta ma francese di formazione, eEffetti collaterali dell'amorequando finisce di Rivka Gal-chen, nata a Toronto ma cre-sciuta negli Stati Uniti.

Dei tre, Toxic è senz'altro ilmeno concettualmente impe-gnativo, anche se il più disponi-bile a concedersi complici e ir-resistibili ammiccamenti slap-stick e pulp, cucinando QuentinTarantino in una sogghignantee solo in apparenza provinciale

salsa islandese. L'eponimo ionarrante, amante di Madonnain versione s/m ma altrettantofacile a commuoversi di frontealle canzoni dell'Eurofestival, èun «duro» croato reclutato co-me sicario dalla mafia newyor-chese che, per sfuggire all'FBI,si rifugia a Reykjavik, facendocredere ai membri della chiesalocale di essere un noto telepre-dicatore fondamentalista ame-ricano, oppositore fanatico diogni possibile civil right. Maquando gli eventi lo costringo-no ad ammettere la propriaidentità di mercenario assassi-no, ecco i pastori genuini levarinni di lode al Signore, salutarein Toxic il nuovo Saulo conver-tito sulla via di Damasco, tortu-rarlo e vessarlo fisicamente emoralmente per favorirne la re-denzione, tanto da indurlo alpentimento sincero. Un crude-le e grottesco gioco delle partinel quale i valori assoluti perdo-no ogni sostanza, Bene e Malesi riducono a variabili minori, ilpassato smarrisce ogni suo pe-so e conta solo una univoca let-tura del presente.

Meno scanzonato e beffar-do ma più articolato nella strut-tura e ponderato nell'intreccio,I falsificatori si presenta comeun thriller di taglio particolare,dove la posta in gioco non è il se-greto celato in un codice anticoo il potere racchiuso in un magi-co amuleto, bensì la Storia stes-

sa. Il Consorzio per la Falsifica-zione della Realtà, una tentacola-re e impenetrabile società segre-ta internazionale, si propone diaccelerare i tempi della crescitaumana attraverso la manipola-zione e la riscrittura, cioè la falsi-ficazione, di frammenti minimi ea prima vista irrilevanti del pas-sato che, pur non modificando ilpresente, sono tuttavia in gradodi orientare più celermentel'umanità verso un futuro più au-spicabile di quello al momentoprevedibile.

Non un fantascientifico viag-gio nel tempo alla Terminator,bensì un'operazione certosina icui strumenti di lavoro sono le bi-blioteche e gli archivi, i registricatastali a quelli cimiteriali, gliannuari di statistica e i cataloghidi ogni genere. Inventare adesempio un nuovo esemplare di

fauna ittica o un nuovo giacimen-to di diamanti e documentarne aogni livello l'esistenza reale puòinfatti condurre in tempi assaipiù rapidi del previsto alla messaal bando degli esperimenti nucle-ari sottomarini o alla tutela daparte dell'Onu di popoli ritenuti«primitivi» che altrimenti siestinguerebbero nel volgere dipoche generazioni. Peccato che Ifalsificatori tenda nella secondaparte a rinunciare a questa pen-sosa e affascinante riflessione sul-la Storia e sull'incidenza del pas-sato sul futuro, per orientarsi ver-so il mystery e garantirsi fin da su-bito la possibilità di un sequel.

Compatto e senza cedimentiè invece Effetti collaterali dell'amore quando finisce, nel quale laconsapevolezza improvvisa e ab-bagliante dell'invecchiamentodella persona amata e dell'amo-re stesso porta il protagonista,uno psichiatra cinquantenne, a

vivere la crisi coniugale in chiavedi dispercezione e di sdoppia-mento multiplo, al cui interno l'ionarrante si dissocia in caso clini-co e analista e terapeuta di sestesso, nel tentativo di compren-dere perché mai sua moglie siastata sostituita da un doppelgan-ger, un doppio, una «similconsor-te» che è come (era) lei in tutto etuttavia non è (più) lei.

Per uscire dalla crisi e sfuggi-re all'abisso della pazzia, dovràcimentarsi con l'Effetto Dopplere studiare la meteorologia, varca-re la soglia che separa il visiona-rio dal folle, il filosofo/scienziatodallo schizofrenico, crearsi o in-ventarsi nemici che tramino con-tro di lui e amici che lo aiutino asalvarsi. Convincersi soprattut-to che il mistero e il senso dellavita è legato non tanto a ciò chesi è quanto a ciò che si vuole o sicrede di essere; che ogni esisten-za si fonda su dati insufficienti esu errori di informazione, di cal-colo e di ragionamento ed è quin-di, in termini assoluti, una falsifi-cazione del sé ad opera dell'io.

Sicché prevedere gli sviluppidi una relazione con l'altro o diun rapporto di coppia è come ci-mentarsi nelle previsioni del tem-po: un azzardo impossibile inquanto, per essere certa o alme-no credibile, ogni anticipazionedel futuro dovrebbe conoscere leinfinite coordinate, sempre e co-munque ignote, del nostro pre-sente.

MASOLINOD’AMICO

Il sottotitolo originale diPovera piccina (in inglese, «Littleme») dice: «Le Memorie Intime diQuella Grande Stella di Teatro, Ci-nema e Televisione, Belle Poitrine,raccolte da Patrick Dennis». Fu illibro con cui Dennis tentò di repli-care il successo di Zia Mame. An-che se non ci riuscì in pieno, conse-guì un risultato notevole, con buo-ne vendite e un adattamento acommedia musicale che coniugò inomi illustri di Neil Simon e di BobFosse, e che dopo essere rimastoin cartellone a Broadway per qua-si un anno fu ripreso un paio di vol-te nei decenni successivi.

La storia si finge dettata alla fi-ne del 1960 da una protagonista ilcui nomen, ovviamente omen, nonè uno pseudonimo. Nata BelleSchlumpfert in una sperduta cit-taduzza dell’Illinois, costei acquisi-sce infatti prima dei vent’anni ilcognome di un primo marito,Fred Poitrine, soldatino pronta-mente scomparso, benché addet-

to ai servizi sedentari, durante laGrande Guerra. Quando questoavviene siamo già ben dentro unaparodia delle tronfie autobiogra-fie delle dive anni quaranta e cin-quanta, parodia fondata sulle tap-pe esemplari che accompagnanola carriera di Belle, e soprattuttosul tono invariabilmente positivocon cui ella le rievoca, magnifican-do i rari e modesti successi e de-scrivendo come trionfi anche gliinnumerevoli smacchi.

Tale strategia di racconto la-scia che il lettore capisca come so-no andate davvero le cose anchenei molti casi in cui «povera me»non la conta giusta: espedientenon nuovo ma efficace, e qui appli-cato indefessamente. Belle è figliaunica di una madre nubile ingiusta-mente emarginata solo perché la-vora in una certa casa insieme conaltre signore il cui solo scopo è allie-tare le ore di svago dei visitatori,

tutti maschi. Una volta, mentre è alcinema di cui è appassionata, la bam-bina subisce approcci non ben defini-ti da parte di un ricco esponente del-la borghesia locale, e lungi dal risen-tirsene baratta prontamente il pro-prio silenzio con una serie di viagget-ti in compagnia di costui, allo scopodi ricevere vaghe lezioni di dizione edi mimica (ha solo undici anni, magià sogna di sfondare nel mondo del-

lo spettacolo). In seguito la sempremeno piccola Belle è ella stessa ospi-te di altre case eleganti frequentateda distinti gentiluomini, e dopo undeplorevole equivoco viene arresta-ta e confinata in un’altra dimora piùsevera. Sfuggita a questa, ed avendoimboccato, sia pure partendo dalbasso, la strada dello show business,inaugura la sua collezione di mariticon lo sfortunato soldatino Poitrine,

dalla cui scomparsa ricaverà unapensione. Il marito seguente è un im-pacciato ma ricchissimo aristocrati-co inglese, nella cui patria Bellepiomba per esibirsi in stravaganzesempre più scandalose, fino ad esser-ne scacciata perché sorpresa a lettocon un suo Pigmalione venuto a ri-cattarla con la minaccia di renderenoti i filmini hard che a suo tempo leaveva fatto girare. Nella nave che la

riporta in patria Belle passa dalla ter-za classe alla prima, dove riesce a im-palmare un magnate di Hollywood.Pur di essere lasciato in pace, costuile lascia mano libera nella scelta deicopioni da interpretare; Belle si but-ta così sui classici, e fa riscrivere amodo suo La lettera scarlatta diHawthorne, ambientandola in unamoderna università dove la «A»adorna il maglione di una ragazzaponpon. Poi il magnate muore d’in-farto; il ricattatore si rifà vivo, e Bel-le, sempre innocentemente, gli spa-ra; il giovane partner cinematografi-co di Belle si rivela avido e inconten-tabile... e via dicendo con peripeziemirabolanti, fino a un periodo di de-cadenza, miseria e alcolismo, seguitoda una resurrezione finale.

Tutte queste avventure, il cuispasso per il lettore cresce nella mi-sura in cui egli si arrende alla mono-tonia della formula, sono illustrate dauna serie di immagini cui Dennis e il

fotografo Cris Anderson lavoraronocon un impegno indefesso, fino a met-tere insieme quasi un fotoromanzofatto di vecchi reperti manipolati e dipatinati ritratti della protagonista edei personaggi principali. Per questiultimi Dennis stesso, Anderson e loroamici e parenti posarono divertendo-si a camuffarsi con parrucche, barbefinte e costumi vari, anche da donna,mentre Belle fu egregiamente incar-nata da Jeri Archer, avventurosa at-tricetta con 100 cm di torace, un visodalla pelle perfetta tipo Zsa Zsa Ga-bor, una raccolta di abiti d’epoca dafare invidia alla sartoria Tirelli, e la di-sponibilità a truccarsi da vecchia eda bambina per incarnare, oltre aBelle nelle varie fasi, anche sua ma-dre e sua figlia. Queste circa 150 fotofecero scandalo, e qualcuna fu addi-rittura ritirata dalla censura, ma og-gi si sfogliano distrattamente, il risul-tato non sembrando pari allo sforzo.Forse è il genere stesso della fotogra-fia comica che non è ancora riuscitoad affermarsi; e per quanto interes-sante, questo tentativo pionieristicolo conferma.

César Aira (La guerra de losgimnasios); i negozi di fiorisono stati creati da AnnaKazumi Stahl (Fiori di unsol giorno, Sellerio 2004),gli studi di psicoterapia daSamanta Schweblin (La pe-sante valigia di Benavides,Fazi 2010).

Pure quando certi edificinon ci sono più, i libri conti-nuano a mantenerli in pie-di: l'incrocio tra Urquiza eLa Rioja (David Viñas, En lasemana tragica); i conventil-los di Boedo (Roberto Ra-schella, Dialogos en los pa-tios rojos); le pensioni intor-no alla stazione di Once(Marco Denevi, Rosaura al-le dieci, Sellerio 1996), lavecchia Barracas (AlvaroAbós, Restos humanos), gliantichi macelli (EstebanEcheverría, El Matadero).

Si dirà che la Baires che visto descrivendo non è reale,che esiste solo all'ombra del-le palpebre abbassate degliscrittori che la narrarono.Che volete dire? Che la cittàdove vi sto facendo da guidaè una dolce favola?

Sfogliate Después del díade fiesta di Griselda Gambaroe ci troverete tutta la durez-za delle villas miseria; cosìcome Rodolfo Walsh (Opera-zione massacro, Sellerio2002), Elsa Osorio (Sette not-ti d’insonnia, Guanda 2010),Alan Pauls (Storia del pianto,Fazi 2009) vi faranno tocca-re con mano gli ex luoghi ditortura di cui la città è disse-minata.

Cammina cammina, non èfinita ancora, ché Baires hauna sterminata periferia chesi chiama Argentina. E qui

c'è di tutto: la noia di La Pla-ta (Juan Octavio Prenz, Lafavola di Innocenzo Onesto, ildecapitato, Marsilio 2001), ilfiume Paraná (Haroldo Con-ti, Sudeste; Juan José Saer,Luogo, Nottetempo 2007; En-

rique Butti, Pasticciaccio ar-gentino, Il Saggiatore 1994),la difficile Rosario (NoemíUlla, Ciudades; Angélica Go-rodischer, Come svoltare nel-la vita senza farsi ammazza-re, Socrates 2008), il bollen-te Chaco (Mempo Giardinel-li, Gente strana, Manni 2010),

la foresta (Horacio Quiroga,Racconti d’amore di follia e dimorte, Internòs 2010), le An-de (Héctor Tizón, Cantaredel profeta e del bandito,Gorée 2005), la lontana Men-doza del grandissimo Anto-nio Di Benedetto (il suo capo-lavoro Zama, Einaudi 1977 eL’uomo del silenzio, Bur2006), la Pampa (RicardoGüiraldes, Don Segundo Som-bra, Adelphi 1966; José Her-nández, Martín Fierro), laprovincia falsamente sonno-lenta (Osvaldo Soriano, Maipiù pene né oblio, Einaudi2008; Antonio Dal Masetto,E’ sempre difficile tornare acasa, Einaudi 2004 e Il sacrifi-cio di Giuseppe, La Nuovafrontiera 2009), le sierras sa-lubri (Manuel Puig, Una fra-se, un rigo appena, Sellerio2000; Abelardo Castillo, Il

vangelo secondo Van Hutten,Crocetti 2002), il Neuquénstralunato (Osvaldo Soriano,Fútbol. Storie di calcio, Supe-rET 2006; Raúl Argemí, L’ul-tima carovana della Patago-nia, La Nuova frontiera2010), il fin del mundo(Osvaldo Bayer, Patagonia

rebelde, Eleuthera 2009; Syl-via Iparaguirre, La Terra delFuoco, Einaudi 2001).

Ché Baires è, come dicevaBorges, un libro infinito conpagine che si rinnovano dicontinuo fino a inglobaremondi lontani nel tempo enello spazio: con MacedonioFernández, Museo de la Nove-la de la Eterna; Alberto Man-guel, Tutti gli uomini sono bu-giardi, Feltrinelli 2010;Eduardo Sguiglia, Ojos ne-gros; Rodrigo Fresán, I giardi-ni di Kensigton, Mondadori2006; Eduardo BelgranoRawson, Radio Miami, Lanuova frontiera 2007...

In uno di questi romanzi,si dice degli abitanti di que-sta città: «La loro altra gran-de avventura sono i libri».Non so bene quale sia la loroprima passione - il tango? ilcalcio? la vita stessa, visto letragiche dittature che hannoattraversato? - ma sicura-mente nell’avventura del ro-manzo sono maestri.

UN CLASSICO PER I RAGAZZIGIORGIA GRILLI

Un Robinsontra i Cherokee

L’esistenza meravigliosa con i nonnidi un bambino rimasto orfano

Che dire? E’ scritto così co-sì, con alti e bassi notevo-li, quasi ci fosse una fore-

sta di mani a inventare sulla pa-gina. Ma il plot è superbo. L’al-fabetista dell’esordiente Tor-sten Pettersson (trad. Mattias,Raimondo e Martina Cocco conKerstin Ostgren - forse troppi:di qui il disequilibrio - NewtonCompton, pp. 330, € 9,90) è in-fatti uno di quei thriller costrui-ti alla perfezione, una tesseradopo l’altra, con incastri densidi logica sottile e sorprendente,talvolta persin pedante. Ma ilquadro che viene lentamente di-pinto su un paesaggio inconsue-to - la Finlandia di lingua svede-se che si affaccia sul Golfo diBotnia - ti tiene avvinto, in con-tinua attesa del tocco successi-vo, dell’invenzione seguente.

A ciò contribuisce una strut-tura a strati, con il sovrapporsiininterrotto di punti di vista dif-ferenti, siano essi personaggiche agiscono in prima persona oche si svelano attraverso diariche vanno dipanandosi come al-trettanti fili d’Arianna, raccon-tando verità spesso ambigue.

A dipanare il gomitolo èl’ispettore Lindmark, uomoumile e presuntuoso allo stessotempo, coadiuvato da una squa-dra non proprio omogenea, den-sa di piccole grandi storie priva-

te. E se l’obiettivo è catturare ilCacciatore, un serial killer cheuccide le sue vittime - non im-porta di qual sesso - lasciandolenude dopo aver loro cavato gliocchi, e non si è nemmeno d’ac-cordo sui suoi moventi, bè allo-ra tutto pare precipitare in uncaos di intenzioni più intellet-tuali che pratiche. E la confusio-ne aumenta con l’incrocio, appa-rentemente gratuito, con una se-quela di vicende collaterali.

Quali, per esempio, la trattadalla Russia di confine di giova-ni donne allettate da promessedi buon lavoro e, naturalmente,avviate a una prostituzione vio-lenta e spietata. Ad un certopunto si ha la sensazione chenon si arriverà mai ad una solu-zione, se non attraverso un deusex machina che piombi dall’altoper mettere ordine e sistemarele cose. Ma anche se è poi davve-ro così, il tutto apparirà perfet-tamente razionale ed abilmentepreparato parola dopo parola.

In «Toxic» di Helgasonun sicario fuggeverso l’Islanda, nei«Falsificatori» di Bellosi riscrive la Storia

Com’è pulpl’amantedi Madonna

ANOSH IRANI

In fuga dalla Persia= Si racconta che quando i primi seguaci di Zoroastro sirifugiarono in India fuggendo dalla Persia, per farsiaccogliere sciolsero dello zucchero nel latte, intendendo chesi sarebbero mescolati agli altri, migliorando la vita di chi liaveva accolti. Questi primi esuli sono i parsi, a cui siaggiunsero secoli dopo gli irani, i quali tuttavia chieserowhisky. Il romanzo Destini di vetro di Anosh Irani (Piemme,trad. di A. Rusconi e V. Februani, pp. 320, € 16,50) parla didue generazioni appartenenti al secondo gruppo difuggiaschi, stabilitisi vicino a Bombay e lì diventatiproprietari terrieri. Simbolo del loro lungo viaggio (che lo

scrittore parsi Rohinton Mistry paragona a quello dei Magi)è il frutto di chickoo, coltivato nelle loro piantagioni, arrivatoin India dal Messico dopo lunghe peregrinazioni. Al temastruggente della separazione dal luogo di origine, una feritamai rimarginata, si accompagna il peso di un passato che,come si dice nel romanzo, continua a contaminare la realtà.Di che cosa si tratta? Non tanto dell’incapacità di adattarsi,ma di cronache famigliari basate sulla follia incipiente esull’impossibilità di comunicare tra moglie e marito.Centrale è ancora una volta la piantagione, carcere per lemogli cittadine e luogo di un'acquisita dignità sociale per gliuomini. Tuttavia qui si dipana un'ulteriore visione di vite e dirapporti straniati e alieni l'un l'altro, in quanto la piantagionestessa è il luogo in cui si opera lo sfruttamento spietato e

umiliante dei warli, una delle tante etnie tribali dell’India. Edè appunto dalla sofferta e scandalosa storia d'amore tra ilseth, proprietario terriero, Zairos e una donna warli,picchiata a sangue dal marito ubriaco, che il passato emergecon le sue verità prima celate, rivelando intrecci e rapportitra le famiglie di Zairos e della warli Kusum, in un vortice distorie affiorate che mettono a nudo il peso insostenibile delpassato. Scritto con una forte tensione lirica ed emotiva, ilromanzo si apre a squarci di corposa ironia nella descrizione,intrisa a tratti di una corporeità quasi degna di Rabelais,della comunità irani, in una miscela assai gradevole diaffabulazione sospesa tra magia, realtà e dura cronacasenza fronzoli di vite degradate. Alessandro Monti

Rivka Galchene gli «Effetti collateralidell’amore quandofinisce»: se invecchiala persona del cuore

In un contesto quale il nostro,lanciato rapidamente verso ilfuturo grazie ad una tecnolo-

gia che informa di sé ogni cosa,compresa l'editoria, Salani si con-sente un gesto splendidamenteinattuale: la pubblicazione di Pic-colo Albero, di Forrest Carter(trad. di Francesco Saba Sardi,pp. 228, € 13).

Non solo si tratta di un vec-chio libro, uscito in America nel1976, che racconta una storia diquasi un secolo fa, ma ciò che dicee che resta da questa lettura èqualcosa di profondamente atavi-co. Leggere una storia che non èdi moda, che si discosta dai filoni,dai generi, dai temi più battuti èsempre un'esperienza illuminan-te e ricca di stimoli, ma in questocaso più che mai risulta profonda-mente rigenerante.

La vicenda, che trae spuntodalla vita dell'autore, è quella diun bambino mezzosangue che ri-mane orfano a cinque anni di en-trambi i genitori e viene cresciutodai nonni Cherokee, i quali lo por-

tano con sé nella loro capanna suimonti Appalachi. Inizia per ilbambino, chiamato Piccolo Albe-ro, un'esistenza meravigliosa, im-mersa nella natura incontamina-ta, accanto a due vecchi austeri edolcissimi, che gli insegnano a ri-conoscere alberi, animali, versidegli uccelli; un'esistenza fatta dicamminate nei boschi, nuotatenel fiume, pesca a mani nude, rac-colta di bacche, inseguimento divolpi solo per studiarne le sor-prendenti astuzie.

La natura è maestra di vita eviene amata e rispettata in tuttele sue forme, compresa a fondo esentita come il mondo di cui si faintimamente parte. Se viene me-no lei, nella sua selvatichezza, vie-ne meno anche l'uomo, nell'ideadei nativi americani, e infatti perloro tragicamente così è stato.L'avanzata della «civiltà» deibianchi ha ridotto sempre più glispazi naturali, cioè gli spazi vitaliper gli indiani, di cui Piccolo Albe-ro ha conosciuto gli ultimi super-stiti. Un'occasione che diventa do-no inestimabile per la sua vita.

Pare, leggendo questa storia,che è a tutti gli effetti la storia diun'educazione, una crudeltà inac-cettabile non solo che i Cherokeesiano stati trucidati, ma che nes-sun bambino possa crescere piùinsieme a loro. Si capisce qui, me-glio che in tanti discorsi piùastratti, che peso abbia, in termi-ni di esistenza quotidiana e delle

possibilità date a ciascuno, il venirmeno di una particolare e diversavisione della vita. Il modo di «stareal mondo» di nonna Ape Graziosae nonno James (lui metà indiano emetà scozzese) è così splendidamen-te «altro» dal nostro che leggere diloro, della loro passione per le albee i tramonti, del loro far posto in ca-sa a una famiglia di scriccioli, delloro riconoscere le cose come segni ecogliere il senso profondo delle sta-gioni, ci fa bene, ci restituisce qual-cosa che non è più nostro, ma cheun tempo forse lo è stato.

La consonanza bellissima tra losguardo saggio e profondo dei Che-rokee e lo sguardo ingenuo e stupe-fatto del bambino, dal cui punto divista è scritto il libro, è ciò che ci col-pisce, vivendo noi in un contesto incui la visione adulta si è così aliena-ta da quella infantile. Come posso-no i bambini stare bene con noi se cisiamo tanto allontanati da loro?Ogni bambino meriterebbe nonniindiani, viene da dire leggendo que-sto libro. Strappare un bambino aiCherokee, come accade ad un certopunto a Piccolo Albero, è un'ingiu-stizia intollerabile che porta il letto-re alle lacrime. Lì con loro deve sta-re l'infanzia, nel bosco, in sintoniacol naturale ciclo della vita; lì devecorrere, trovare i propri luoghi se-greti, imparare ad essere tutt'unocon l'universo, prima di diventarecome noi. («Mi bagnavo mica male,sguazzando nella corrente, ma lanonna non diceva niente. I Chero-kee non rimproverano mai i lorobambini per cose che hanno a chefare con i boschi»).

Il libro è radicalmente antisocia-le, il che non significa che è antipe-dagogico. I nonni, che riconosconogli aspetti migliori della civiltà (lanonna legge ad alta voce Shakespe-are la sera, e fa imparare al bambi-no le parole del dizionario), vivonoisolati e considerano gli uomini dicittà dei «politici», sinonimo di gen-te ipocrita e interessata. Il nonno,come eredità della Scozia, distillawhisky di contrabbando e coinvol-ge il nipotino in questa pericolosaimpresa. Ma ci sono leggi, doveri,durezze inevitabili nei boschi. Nonè un inno allo spontaneismo questastoria, ma al rispetto e all'amoreper un ambiente naturale in gradodi insegnare tutto ciò che nella vitadavvero conta o c'è da sapere.

L'esistenza quotidiana dei non-ni indiani tra i monti, immersa nel-la natura e nei suoi fenomeni, costi-tuisce un'alternativa convincente eattraente rispetto alla società degliuomini. E non c'è libro più autenti-camente educativo di uno che mo-stri, della società con la sua presun-zione di normalità, i limiti, rivelan-do ai bambini un'altra possibilità.Una che Piccolo Albero ha avuto,collocandosi in ciò, come Heidi, co-me Mowgli, tra i personaggi lette-rari che aprono per tutti i bambininuovi orizzonti.

LAURA PARIANI

IL GIALLONORDICO

PIERO SORIA

Il killerche cavagli occhi

JOHN BARTH, IL POSTMODERNO

Divorziando in volo= Un aereo in volo tra Boston e Portland, Oregon. Abordo, Alice, giovane, prossima a un divorzio che siprospetta tempestoso per motivi economici. Accanto a lei,un passeggero con il quale inizia una conversazioneoccasionale ma non banale. Il terzo personaggio, se voletefondamentale, è l’autore del racconto di cui vi stiamoparlando, «Avanti con la storia», uno dei dodici di John Barthche figurano nella raccolta La vita è un’altra storia, unascelta in prima assoluta dell’ottantenne scrittore americano(a cura di Martina Testa, minimum fax, trad. di D. Abeni e M.Egan, pp. 359, € 13). Alice ha lasciato i due figli dai nonni, in

attesa di completare il divorzio, e il narratore ci informa di leie di lui «alto e dinoccolato», forse di una ventina d’anni piùanziano e alle prese con i testi di una calcolatrice. Adisposizione i due hanno ciascuno una rivista e, quasiemblematicamente, quella di Alice contiene un racconto,«Fermo immagine» di un autore a lei sconosciuto. Ma tutto«Avanti con la storia» è, in effetti, un fermo immagine, in cuinon succede nulla, una autentica spirale letteraria, in cuiemergono, trasversalmente, titoli e nomi di scrittori, daFitzgerald (Il Grande Gatsby) a Turgenev (Padri e figli),mentre la protagonista cita addirittura la Divina Commedia.Ho scelto questo racconto, che termina con la frase del titolo,perché fornisce un esemplare caratteristico di quel genere, lacosiddetta «Metaletteratura» di cui il professor Barth è

incontestabilmente uno degli inventori. E allora, visto cheBarth dichiara di preferire le opere di largo respiro, ecco ilromanzo L’opera galleggiante, uscito nel 1996 daBompiani con una mia postfazione, ora riproposto sempreda minimum fax (trad. di Henry Furst e Martina Testa, pp. 54,€ 16). Il protagonista, Todd Andrews, ricco avvocato,racconta come vent’anni prima avesse deciso il suicidio e poici avesse ripensato. Come scrissi allora, struttura concettualee struttura narrativa coincidono, e sarà così anche nelle altreopere di Barth, tra le quali il poderoso Il coltivatore delMaryland. Accettate il gioco, e leggendo comportatevi dapersonaggio ma anche un poco da narratori.E’ il postmoderno, bellezza! Claudio Gorlier

pp Antoine Bellop I FALSIFICATORIp trad. di L. Creap Fazi, pp. 526, € 19,50

pp Rivka Galchenp EFFETTI COLLATERALI

DELL'AMOREp trad. di A. Rusconip Piemme, pp. 315, € 17

pp Hallgrìmur Helgasonp TOXICp trad. di S. Cosiminip ISBN, pp. 291, € 15

pp Patrick Dennisp POVERA PICCINAp a cura di Matteo Codignolap Adelphi, pp.344, € 22p Il sottotitolo di Povera piccina

recita «Le Memorie Intime diQuella Grande Stella di Teatro,Cinema e Televisione, Belle Poi-trine, raccolte da Patrick Den-nis», illustrate con circa 150 fo-tografie . Il romanzo di Dennis(pesudonimo di Edward EverettTanner III) conobbe un adatta-mento a commedia musicalecon Neil Simon e Bob Fosse. Ri-mase in cartellone a Broadwayper quasi un anno.

Tre storie Se la realtà è manipolata:sorniona disinvoltura e humour nero

Nel labirinto di Baires

Al bar London c’èCortázar, Alan Paulsconduce nei luoghi dellatortura, nessuno vedecome i ciechi di Sábato

Segue da pag. I

Torsten Pettersson

Jeri Archerin una delle

circa 150immagini che

illustrano«Povera

piccina»:l’attrice

fu scelta perdar vita

al personaggiodi Dennis,

grazie alle sueappropriate

misure,cento

centimetridi torace.

Jorge Luis Borges

La carriera di Belle,figlia unica di madrenubile, collezionistadi mariti per sfondarenello spettacolo

Mirabolanti peripezie,fino a un periododi decadenza,seguito da unaresurrezione finale

«Piccolo Albero»:il classico di ForrestCarter, una storianon di moda, perciòcosì rigenerante

p

Anosh Irani

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA III

John Barth

Page 3: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.54

Dennis La storia che tentò di replicare,non riuscendovi, il successo degli Anni 50

Povera piccinanon sei zia Mame

RUGGEROBIANCHI

Abbiamo spesso laconsapevolezza o l'impressio-ne di avere una visione falsadelle cose. Ma sono le nostrementi e i nostri sensi a falsarleo è qualcuno a falsificarle a no-stra insaputa o è la realtà stes-sa a proporci mille parziali chia-vi di lettura di sé e del nostrorapporto con essa, mille con-creti microuniversi paralleli,tutti egualmente soggettivi ecredibili pur se contraddittori,senza mai consentirci di condi-videre con altri le nostre certez-ze e di sapere quindi con esat-tezza in quale mondo viviamo?

Con questi interrogativi siconfrontano, per strade diver-se e con differenti risposte, ma-gari a volte giocandoci sopracon sorniona disinvoltura e sva-gato umor nero, tre romanzi:Toxic dell'islandese HallgrìmurHelgason, I falsificatori di An-toine Bello, bostoniano di nasci-ta ma francese di formazione, eEffetti collaterali dell'amorequando finisce di Rivka Gal-chen, nata a Toronto ma cre-sciuta negli Stati Uniti.

Dei tre, Toxic è senz'altro ilmeno concettualmente impe-gnativo, anche se il più disponi-bile a concedersi complici e ir-resistibili ammiccamenti slap-stick e pulp, cucinando QuentinTarantino in una sogghignantee solo in apparenza provinciale

salsa islandese. L'eponimo ionarrante, amante di Madonnain versione s/m ma altrettantofacile a commuoversi di frontealle canzoni dell'Eurofestival, èun «duro» croato reclutato co-me sicario dalla mafia newyor-chese che, per sfuggire all'FBI,si rifugia a Reykjavik, facendocredere ai membri della chiesalocale di essere un noto telepre-dicatore fondamentalista ame-ricano, oppositore fanatico diogni possibile civil right. Maquando gli eventi lo costringo-no ad ammettere la propriaidentità di mercenario assassi-no, ecco i pastori genuini levarinni di lode al Signore, salutarein Toxic il nuovo Saulo conver-tito sulla via di Damasco, tortu-rarlo e vessarlo fisicamente emoralmente per favorirne la re-denzione, tanto da indurlo alpentimento sincero. Un crude-le e grottesco gioco delle partinel quale i valori assoluti perdo-no ogni sostanza, Bene e Malesi riducono a variabili minori, ilpassato smarrisce ogni suo pe-so e conta solo una univoca let-tura del presente.

Meno scanzonato e beffar-do ma più articolato nella strut-tura e ponderato nell'intreccio,I falsificatori si presenta comeun thriller di taglio particolare,dove la posta in gioco non è il se-greto celato in un codice anticoo il potere racchiuso in un magi-co amuleto, bensì la Storia stes-

sa. Il Consorzio per la Falsifica-zione della Realtà, una tentacola-re e impenetrabile società segre-ta internazionale, si propone diaccelerare i tempi della crescitaumana attraverso la manipola-zione e la riscrittura, cioè la falsi-ficazione, di frammenti minimi ea prima vista irrilevanti del pas-sato che, pur non modificando ilpresente, sono tuttavia in gradodi orientare più celermentel'umanità verso un futuro più au-spicabile di quello al momentoprevedibile.

Non un fantascientifico viag-gio nel tempo alla Terminator,bensì un'operazione certosina icui strumenti di lavoro sono le bi-blioteche e gli archivi, i registricatastali a quelli cimiteriali, gliannuari di statistica e i cataloghidi ogni genere. Inventare adesempio un nuovo esemplare di

fauna ittica o un nuovo giacimen-to di diamanti e documentarne aogni livello l'esistenza reale puòinfatti condurre in tempi assaipiù rapidi del previsto alla messaal bando degli esperimenti nucle-ari sottomarini o alla tutela daparte dell'Onu di popoli ritenuti«primitivi» che altrimenti siestinguerebbero nel volgere dipoche generazioni. Peccato che Ifalsificatori tenda nella secondaparte a rinunciare a questa pen-sosa e affascinante riflessione sul-la Storia e sull'incidenza del pas-sato sul futuro, per orientarsi ver-so il mystery e garantirsi fin da su-bito la possibilità di un sequel.

Compatto e senza cedimentiè invece Effetti collaterali dell'amore quando finisce, nel quale laconsapevolezza improvvisa e ab-bagliante dell'invecchiamentodella persona amata e dell'amo-re stesso porta il protagonista,uno psichiatra cinquantenne, a

vivere la crisi coniugale in chiavedi dispercezione e di sdoppia-mento multiplo, al cui interno l'ionarrante si dissocia in caso clini-co e analista e terapeuta di sestesso, nel tentativo di compren-dere perché mai sua moglie siastata sostituita da un doppelgan-ger, un doppio, una «similconsor-te» che è come (era) lei in tutto etuttavia non è (più) lei.

Per uscire dalla crisi e sfuggi-re all'abisso della pazzia, dovràcimentarsi con l'Effetto Dopplere studiare la meteorologia, varca-re la soglia che separa il visiona-rio dal folle, il filosofo/scienziatodallo schizofrenico, crearsi o in-ventarsi nemici che tramino con-tro di lui e amici che lo aiutino asalvarsi. Convincersi soprattut-to che il mistero e il senso dellavita è legato non tanto a ciò chesi è quanto a ciò che si vuole o sicrede di essere; che ogni esisten-za si fonda su dati insufficienti esu errori di informazione, di cal-colo e di ragionamento ed è quin-di, in termini assoluti, una falsifi-cazione del sé ad opera dell'io.

Sicché prevedere gli sviluppidi una relazione con l'altro o diun rapporto di coppia è come ci-mentarsi nelle previsioni del tem-po: un azzardo impossibile inquanto, per essere certa o alme-no credibile, ogni anticipazionedel futuro dovrebbe conoscere leinfinite coordinate, sempre e co-munque ignote, del nostro pre-sente.

MASOLINOD’AMICO

Il sottotitolo originale diPovera piccina (in inglese, «Littleme») dice: «Le Memorie Intime diQuella Grande Stella di Teatro, Ci-nema e Televisione, Belle Poitrine,raccolte da Patrick Dennis». Fu illibro con cui Dennis tentò di repli-care il successo di Zia Mame. An-che se non ci riuscì in pieno, conse-guì un risultato notevole, con buo-ne vendite e un adattamento acommedia musicale che coniugò inomi illustri di Neil Simon e di BobFosse, e che dopo essere rimastoin cartellone a Broadway per qua-si un anno fu ripreso un paio di vol-te nei decenni successivi.

La storia si finge dettata alla fi-ne del 1960 da una protagonista ilcui nomen, ovviamente omen, nonè uno pseudonimo. Nata BelleSchlumpfert in una sperduta cit-taduzza dell’Illinois, costei acquisi-sce infatti prima dei vent’anni ilcognome di un primo marito,Fred Poitrine, soldatino pronta-mente scomparso, benché addet-

to ai servizi sedentari, durante laGrande Guerra. Quando questoavviene siamo già ben dentro unaparodia delle tronfie autobiogra-fie delle dive anni quaranta e cin-quanta, parodia fondata sulle tap-pe esemplari che accompagnanola carriera di Belle, e soprattuttosul tono invariabilmente positivocon cui ella le rievoca, magnifican-do i rari e modesti successi e de-scrivendo come trionfi anche gliinnumerevoli smacchi.

Tale strategia di racconto la-scia che il lettore capisca come so-no andate davvero le cose anchenei molti casi in cui «povera me»non la conta giusta: espedientenon nuovo ma efficace, e qui appli-cato indefessamente. Belle è figliaunica di una madre nubile ingiusta-mente emarginata solo perché la-vora in una certa casa insieme conaltre signore il cui solo scopo è allie-tare le ore di svago dei visitatori,

tutti maschi. Una volta, mentre è alcinema di cui è appassionata, la bam-bina subisce approcci non ben defini-ti da parte di un ricco esponente del-la borghesia locale, e lungi dal risen-tirsene baratta prontamente il pro-prio silenzio con una serie di viagget-ti in compagnia di costui, allo scopodi ricevere vaghe lezioni di dizione edi mimica (ha solo undici anni, magià sogna di sfondare nel mondo del-

lo spettacolo). In seguito la sempremeno piccola Belle è ella stessa ospi-te di altre case eleganti frequentateda distinti gentiluomini, e dopo undeplorevole equivoco viene arresta-ta e confinata in un’altra dimora piùsevera. Sfuggita a questa, ed avendoimboccato, sia pure partendo dalbasso, la strada dello show business,inaugura la sua collezione di mariticon lo sfortunato soldatino Poitrine,

dalla cui scomparsa ricaverà unapensione. Il marito seguente è un im-pacciato ma ricchissimo aristocrati-co inglese, nella cui patria Bellepiomba per esibirsi in stravaganzesempre più scandalose, fino ad esser-ne scacciata perché sorpresa a lettocon un suo Pigmalione venuto a ri-cattarla con la minaccia di renderenoti i filmini hard che a suo tempo leaveva fatto girare. Nella nave che la

riporta in patria Belle passa dalla ter-za classe alla prima, dove riesce a im-palmare un magnate di Hollywood.Pur di essere lasciato in pace, costuile lascia mano libera nella scelta deicopioni da interpretare; Belle si but-ta così sui classici, e fa riscrivere amodo suo La lettera scarlatta diHawthorne, ambientandola in unamoderna università dove la «A»adorna il maglione di una ragazzaponpon. Poi il magnate muore d’in-farto; il ricattatore si rifà vivo, e Bel-le, sempre innocentemente, gli spa-ra; il giovane partner cinematografi-co di Belle si rivela avido e inconten-tabile... e via dicendo con peripeziemirabolanti, fino a un periodo di de-cadenza, miseria e alcolismo, seguitoda una resurrezione finale.

Tutte queste avventure, il cuispasso per il lettore cresce nella mi-sura in cui egli si arrende alla mono-tonia della formula, sono illustrate dauna serie di immagini cui Dennis e il

fotografo Cris Anderson lavoraronocon un impegno indefesso, fino a met-tere insieme quasi un fotoromanzofatto di vecchi reperti manipolati e dipatinati ritratti della protagonista edei personaggi principali. Per questiultimi Dennis stesso, Anderson e loroamici e parenti posarono divertendo-si a camuffarsi con parrucche, barbefinte e costumi vari, anche da donna,mentre Belle fu egregiamente incar-nata da Jeri Archer, avventurosa at-tricetta con 100 cm di torace, un visodalla pelle perfetta tipo Zsa Zsa Ga-bor, una raccolta di abiti d’epoca dafare invidia alla sartoria Tirelli, e la di-sponibilità a truccarsi da vecchia eda bambina per incarnare, oltre aBelle nelle varie fasi, anche sua ma-dre e sua figlia. Queste circa 150 fotofecero scandalo, e qualcuna fu addi-rittura ritirata dalla censura, ma og-gi si sfogliano distrattamente, il risul-tato non sembrando pari allo sforzo.Forse è il genere stesso della fotogra-fia comica che non è ancora riuscitoad affermarsi; e per quanto interes-sante, questo tentativo pionieristicolo conferma.

César Aira (La guerra de losgimnasios); i negozi di fiorisono stati creati da AnnaKazumi Stahl (Fiori di unsol giorno, Sellerio 2004),gli studi di psicoterapia daSamanta Schweblin (La pe-sante valigia di Benavides,Fazi 2010).

Pure quando certi edificinon ci sono più, i libri conti-nuano a mantenerli in pie-di: l'incrocio tra Urquiza eLa Rioja (David Viñas, En lasemana tragica); i conventil-los di Boedo (Roberto Ra-schella, Dialogos en los pa-tios rojos); le pensioni intor-no alla stazione di Once(Marco Denevi, Rosaura al-le dieci, Sellerio 1996), lavecchia Barracas (AlvaroAbós, Restos humanos), gliantichi macelli (EstebanEcheverría, El Matadero).

Si dirà che la Baires che visto descrivendo non è reale,che esiste solo all'ombra del-le palpebre abbassate degliscrittori che la narrarono.Che volete dire? Che la cittàdove vi sto facendo da guidaè una dolce favola?

Sfogliate Después del díade fiesta di Griselda Gambaroe ci troverete tutta la durez-za delle villas miseria; cosìcome Rodolfo Walsh (Opera-zione massacro, Sellerio2002), Elsa Osorio (Sette not-ti d’insonnia, Guanda 2010),Alan Pauls (Storia del pianto,Fazi 2009) vi faranno tocca-re con mano gli ex luoghi ditortura di cui la città è disse-minata.

Cammina cammina, non èfinita ancora, ché Baires hauna sterminata periferia chesi chiama Argentina. E qui

c'è di tutto: la noia di La Pla-ta (Juan Octavio Prenz, Lafavola di Innocenzo Onesto, ildecapitato, Marsilio 2001), ilfiume Paraná (Haroldo Con-ti, Sudeste; Juan José Saer,Luogo, Nottetempo 2007; En-

rique Butti, Pasticciaccio ar-gentino, Il Saggiatore 1994),la difficile Rosario (NoemíUlla, Ciudades; Angélica Go-rodischer, Come svoltare nel-la vita senza farsi ammazza-re, Socrates 2008), il bollen-te Chaco (Mempo Giardinel-li, Gente strana, Manni 2010),

la foresta (Horacio Quiroga,Racconti d’amore di follia e dimorte, Internòs 2010), le An-de (Héctor Tizón, Cantaredel profeta e del bandito,Gorée 2005), la lontana Men-doza del grandissimo Anto-nio Di Benedetto (il suo capo-lavoro Zama, Einaudi 1977 eL’uomo del silenzio, Bur2006), la Pampa (RicardoGüiraldes, Don Segundo Som-bra, Adelphi 1966; José Her-nández, Martín Fierro), laprovincia falsamente sonno-lenta (Osvaldo Soriano, Maipiù pene né oblio, Einaudi2008; Antonio Dal Masetto,E’ sempre difficile tornare acasa, Einaudi 2004 e Il sacrifi-cio di Giuseppe, La Nuovafrontiera 2009), le sierras sa-lubri (Manuel Puig, Una fra-se, un rigo appena, Sellerio2000; Abelardo Castillo, Il

vangelo secondo Van Hutten,Crocetti 2002), il Neuquénstralunato (Osvaldo Soriano,Fútbol. Storie di calcio, Supe-rET 2006; Raúl Argemí, L’ul-tima carovana della Patago-nia, La Nuova frontiera2010), il fin del mundo(Osvaldo Bayer, Patagonia

rebelde, Eleuthera 2009; Syl-via Iparaguirre, La Terra delFuoco, Einaudi 2001).

Ché Baires è, come dicevaBorges, un libro infinito conpagine che si rinnovano dicontinuo fino a inglobaremondi lontani nel tempo enello spazio: con MacedonioFernández, Museo de la Nove-la de la Eterna; Alberto Man-guel, Tutti gli uomini sono bu-giardi, Feltrinelli 2010;Eduardo Sguiglia, Ojos ne-gros; Rodrigo Fresán, I giardi-ni di Kensigton, Mondadori2006; Eduardo BelgranoRawson, Radio Miami, Lanuova frontiera 2007...

In uno di questi romanzi,si dice degli abitanti di que-sta città: «La loro altra gran-de avventura sono i libri».Non so bene quale sia la loroprima passione - il tango? ilcalcio? la vita stessa, visto letragiche dittature che hannoattraversato? - ma sicura-mente nell’avventura del ro-manzo sono maestri.

UN CLASSICO PER I RAGAZZIGIORGIA GRILLI

Un Robinsontra i Cherokee

L’esistenza meravigliosa con i nonnidi un bambino rimasto orfano

Che dire? E’ scritto così co-sì, con alti e bassi notevo-li, quasi ci fosse una fore-

sta di mani a inventare sulla pa-gina. Ma il plot è superbo. L’al-fabetista dell’esordiente Tor-sten Pettersson (trad. Mattias,Raimondo e Martina Cocco conKerstin Ostgren - forse troppi:di qui il disequilibrio - NewtonCompton, pp. 330, € 9,90) è in-fatti uno di quei thriller costrui-ti alla perfezione, una tesseradopo l’altra, con incastri densidi logica sottile e sorprendente,talvolta persin pedante. Ma ilquadro che viene lentamente di-pinto su un paesaggio inconsue-to - la Finlandia di lingua svede-se che si affaccia sul Golfo diBotnia - ti tiene avvinto, in con-tinua attesa del tocco successi-vo, dell’invenzione seguente.

A ciò contribuisce una strut-tura a strati, con il sovrapporsiininterrotto di punti di vista dif-ferenti, siano essi personaggiche agiscono in prima persona oche si svelano attraverso diariche vanno dipanandosi come al-trettanti fili d’Arianna, raccon-tando verità spesso ambigue.

A dipanare il gomitolo èl’ispettore Lindmark, uomoumile e presuntuoso allo stessotempo, coadiuvato da una squa-dra non proprio omogenea, den-sa di piccole grandi storie priva-

te. E se l’obiettivo è catturare ilCacciatore, un serial killer cheuccide le sue vittime - non im-porta di qual sesso - lasciandolenude dopo aver loro cavato gliocchi, e non si è nemmeno d’ac-cordo sui suoi moventi, bè allo-ra tutto pare precipitare in uncaos di intenzioni più intellet-tuali che pratiche. E la confusio-ne aumenta con l’incrocio, appa-rentemente gratuito, con una se-quela di vicende collaterali.

Quali, per esempio, la trattadalla Russia di confine di giova-ni donne allettate da promessedi buon lavoro e, naturalmente,avviate a una prostituzione vio-lenta e spietata. Ad un certopunto si ha la sensazione chenon si arriverà mai ad una solu-zione, se non attraverso un deusex machina che piombi dall’altoper mettere ordine e sistemarele cose. Ma anche se è poi davve-ro così, il tutto apparirà perfet-tamente razionale ed abilmentepreparato parola dopo parola.

In «Toxic» di Helgasonun sicario fuggeverso l’Islanda, nei«Falsificatori» di Bellosi riscrive la Storia

Com’è pulpl’amantedi Madonna

ANOSH IRANI

In fuga dalla Persia= Si racconta che quando i primi seguaci di Zoroastro sirifugiarono in India fuggendo dalla Persia, per farsiaccogliere sciolsero dello zucchero nel latte, intendendo chesi sarebbero mescolati agli altri, migliorando la vita di chi liaveva accolti. Questi primi esuli sono i parsi, a cui siaggiunsero secoli dopo gli irani, i quali tuttavia chieserowhisky. Il romanzo Destini di vetro di Anosh Irani (Piemme,trad. di A. Rusconi e V. Februani, pp. 320, € 16,50) parla didue generazioni appartenenti al secondo gruppo difuggiaschi, stabilitisi vicino a Bombay e lì diventatiproprietari terrieri. Simbolo del loro lungo viaggio (che lo

scrittore parsi Rohinton Mistry paragona a quello dei Magi)è il frutto di chickoo, coltivato nelle loro piantagioni, arrivatoin India dal Messico dopo lunghe peregrinazioni. Al temastruggente della separazione dal luogo di origine, una feritamai rimarginata, si accompagna il peso di un passato che,come si dice nel romanzo, continua a contaminare la realtà.Di che cosa si tratta? Non tanto dell’incapacità di adattarsi,ma di cronache famigliari basate sulla follia incipiente esull’impossibilità di comunicare tra moglie e marito.Centrale è ancora una volta la piantagione, carcere per lemogli cittadine e luogo di un'acquisita dignità sociale per gliuomini. Tuttavia qui si dipana un'ulteriore visione di vite e dirapporti straniati e alieni l'un l'altro, in quanto la piantagionestessa è il luogo in cui si opera lo sfruttamento spietato e

umiliante dei warli, una delle tante etnie tribali dell’India. Edè appunto dalla sofferta e scandalosa storia d'amore tra ilseth, proprietario terriero, Zairos e una donna warli,picchiata a sangue dal marito ubriaco, che il passato emergecon le sue verità prima celate, rivelando intrecci e rapportitra le famiglie di Zairos e della warli Kusum, in un vortice distorie affiorate che mettono a nudo il peso insostenibile delpassato. Scritto con una forte tensione lirica ed emotiva, ilromanzo si apre a squarci di corposa ironia nella descrizione,intrisa a tratti di una corporeità quasi degna di Rabelais,della comunità irani, in una miscela assai gradevole diaffabulazione sospesa tra magia, realtà e dura cronacasenza fronzoli di vite degradate. Alessandro Monti

Rivka Galchene gli «Effetti collateralidell’amore quandofinisce»: se invecchiala persona del cuore

In un contesto quale il nostro,lanciato rapidamente verso ilfuturo grazie ad una tecnolo-

gia che informa di sé ogni cosa,compresa l'editoria, Salani si con-sente un gesto splendidamenteinattuale: la pubblicazione di Pic-colo Albero, di Forrest Carter(trad. di Francesco Saba Sardi,pp. 228, € 13).

Non solo si tratta di un vec-chio libro, uscito in America nel1976, che racconta una storia diquasi un secolo fa, ma ciò che dicee che resta da questa lettura èqualcosa di profondamente atavi-co. Leggere una storia che non èdi moda, che si discosta dai filoni,dai generi, dai temi più battuti èsempre un'esperienza illuminan-te e ricca di stimoli, ma in questocaso più che mai risulta profonda-mente rigenerante.

La vicenda, che trae spuntodalla vita dell'autore, è quella diun bambino mezzosangue che ri-mane orfano a cinque anni di en-trambi i genitori e viene cresciutodai nonni Cherokee, i quali lo por-

tano con sé nella loro capanna suimonti Appalachi. Inizia per ilbambino, chiamato Piccolo Albe-ro, un'esistenza meravigliosa, im-mersa nella natura incontamina-ta, accanto a due vecchi austeri edolcissimi, che gli insegnano a ri-conoscere alberi, animali, versidegli uccelli; un'esistenza fatta dicamminate nei boschi, nuotatenel fiume, pesca a mani nude, rac-colta di bacche, inseguimento divolpi solo per studiarne le sor-prendenti astuzie.

La natura è maestra di vita eviene amata e rispettata in tuttele sue forme, compresa a fondo esentita come il mondo di cui si faintimamente parte. Se viene me-no lei, nella sua selvatichezza, vie-ne meno anche l'uomo, nell'ideadei nativi americani, e infatti perloro tragicamente così è stato.L'avanzata della «civiltà» deibianchi ha ridotto sempre più glispazi naturali, cioè gli spazi vitaliper gli indiani, di cui Piccolo Albe-ro ha conosciuto gli ultimi super-stiti. Un'occasione che diventa do-no inestimabile per la sua vita.

Pare, leggendo questa storia,che è a tutti gli effetti la storia diun'educazione, una crudeltà inac-cettabile non solo che i Cherokeesiano stati trucidati, ma che nes-sun bambino possa crescere piùinsieme a loro. Si capisce qui, me-glio che in tanti discorsi piùastratti, che peso abbia, in termi-ni di esistenza quotidiana e delle

possibilità date a ciascuno, il venirmeno di una particolare e diversavisione della vita. Il modo di «stareal mondo» di nonna Ape Graziosae nonno James (lui metà indiano emetà scozzese) è così splendidamen-te «altro» dal nostro che leggere diloro, della loro passione per le albee i tramonti, del loro far posto in ca-sa a una famiglia di scriccioli, delloro riconoscere le cose come segni ecogliere il senso profondo delle sta-gioni, ci fa bene, ci restituisce qual-cosa che non è più nostro, ma cheun tempo forse lo è stato.

La consonanza bellissima tra losguardo saggio e profondo dei Che-rokee e lo sguardo ingenuo e stupe-fatto del bambino, dal cui punto divista è scritto il libro, è ciò che ci col-pisce, vivendo noi in un contesto incui la visione adulta si è così aliena-ta da quella infantile. Come posso-no i bambini stare bene con noi se cisiamo tanto allontanati da loro?Ogni bambino meriterebbe nonniindiani, viene da dire leggendo que-sto libro. Strappare un bambino aiCherokee, come accade ad un certopunto a Piccolo Albero, è un'ingiu-stizia intollerabile che porta il letto-re alle lacrime. Lì con loro deve sta-re l'infanzia, nel bosco, in sintoniacol naturale ciclo della vita; lì devecorrere, trovare i propri luoghi se-greti, imparare ad essere tutt'unocon l'universo, prima di diventarecome noi. («Mi bagnavo mica male,sguazzando nella corrente, ma lanonna non diceva niente. I Chero-kee non rimproverano mai i lorobambini per cose che hanno a chefare con i boschi»).

Il libro è radicalmente antisocia-le, il che non significa che è antipe-dagogico. I nonni, che riconosconogli aspetti migliori della civiltà (lanonna legge ad alta voce Shakespe-are la sera, e fa imparare al bambi-no le parole del dizionario), vivonoisolati e considerano gli uomini dicittà dei «politici», sinonimo di gen-te ipocrita e interessata. Il nonno,come eredità della Scozia, distillawhisky di contrabbando e coinvol-ge il nipotino in questa pericolosaimpresa. Ma ci sono leggi, doveri,durezze inevitabili nei boschi. Nonè un inno allo spontaneismo questastoria, ma al rispetto e all'amoreper un ambiente naturale in gradodi insegnare tutto ciò che nella vitadavvero conta o c'è da sapere.

L'esistenza quotidiana dei non-ni indiani tra i monti, immersa nel-la natura e nei suoi fenomeni, costi-tuisce un'alternativa convincente eattraente rispetto alla società degliuomini. E non c'è libro più autenti-camente educativo di uno che mo-stri, della società con la sua presun-zione di normalità, i limiti, rivelan-do ai bambini un'altra possibilità.Una che Piccolo Albero ha avuto,collocandosi in ciò, come Heidi, co-me Mowgli, tra i personaggi lette-rari che aprono per tutti i bambininuovi orizzonti.

LAURA PARIANI

IL GIALLONORDICO

PIERO SORIA

Il killerche cavagli occhi

JOHN BARTH, IL POSTMODERNO

Divorziando in volo= Un aereo in volo tra Boston e Portland, Oregon. Abordo, Alice, giovane, prossima a un divorzio che siprospetta tempestoso per motivi economici. Accanto a lei,un passeggero con il quale inizia una conversazioneoccasionale ma non banale. Il terzo personaggio, se voletefondamentale, è l’autore del racconto di cui vi stiamoparlando, «Avanti con la storia», uno dei dodici di John Barthche figurano nella raccolta La vita è un’altra storia, unascelta in prima assoluta dell’ottantenne scrittore americano(a cura di Martina Testa, minimum fax, trad. di D. Abeni e M.Egan, pp. 359, € 13). Alice ha lasciato i due figli dai nonni, in

attesa di completare il divorzio, e il narratore ci informa di leie di lui «alto e dinoccolato», forse di una ventina d’anni piùanziano e alle prese con i testi di una calcolatrice. Adisposizione i due hanno ciascuno una rivista e, quasiemblematicamente, quella di Alice contiene un racconto,«Fermo immagine» di un autore a lei sconosciuto. Ma tutto«Avanti con la storia» è, in effetti, un fermo immagine, in cuinon succede nulla, una autentica spirale letteraria, in cuiemergono, trasversalmente, titoli e nomi di scrittori, daFitzgerald (Il Grande Gatsby) a Turgenev (Padri e figli),mentre la protagonista cita addirittura la Divina Commedia.Ho scelto questo racconto, che termina con la frase del titolo,perché fornisce un esemplare caratteristico di quel genere, lacosiddetta «Metaletteratura» di cui il professor Barth è

incontestabilmente uno degli inventori. E allora, visto cheBarth dichiara di preferire le opere di largo respiro, ecco ilromanzo L’opera galleggiante, uscito nel 1996 daBompiani con una mia postfazione, ora riproposto sempreda minimum fax (trad. di Henry Furst e Martina Testa, pp. 54,€ 16). Il protagonista, Todd Andrews, ricco avvocato,racconta come vent’anni prima avesse deciso il suicidio e poici avesse ripensato. Come scrissi allora, struttura concettualee struttura narrativa coincidono, e sarà così anche nelle altreopere di Barth, tra le quali il poderoso Il coltivatore delMaryland. Accettate il gioco, e leggendo comportatevi dapersonaggio ma anche un poco da narratori.E’ il postmoderno, bellezza! Claudio Gorlier

pp Antoine Bellop I FALSIFICATORIp trad. di L. Creap Fazi, pp. 526, € 19,50

pp Rivka Galchenp EFFETTI COLLATERALI

DELL'AMOREp trad. di A. Rusconip Piemme, pp. 315, € 17

pp Hallgrìmur Helgasonp TOXICp trad. di S. Cosiminip ISBN, pp. 291, € 15

pp Patrick Dennisp POVERA PICCINAp a cura di Matteo Codignolap Adelphi, pp.344, € 22p Il sottotitolo di Povera piccina

recita «Le Memorie Intime diQuella Grande Stella di Teatro,Cinema e Televisione, Belle Poi-trine, raccolte da Patrick Den-nis», illustrate con circa 150 fo-tografie . Il romanzo di Dennis(pesudonimo di Edward EverettTanner III) conobbe un adatta-mento a commedia musicalecon Neil Simon e Bob Fosse. Ri-mase in cartellone a Broadwayper quasi un anno.

Tre storie Se la realtà è manipolata:sorniona disinvoltura e humour nero

Nel labirinto di Baires

Al bar London c’èCortázar, Alan Paulsconduce nei luoghi dellatortura, nessuno vedecome i ciechi di Sábato

Segue da pag. I

Torsten Pettersson

Jeri Archerin una delle

circa 150immagini che

illustrano«Povera

piccina»:l’attrice

fu scelta perdar vita

al personaggiodi Dennis,

grazie alle sueappropriate

misure,cento

centimetridi torace.

Jorge Luis Borges

La carriera di Belle,figlia unica di madrenubile, collezionistadi mariti per sfondarenello spettacolo

Mirabolanti peripezie,fino a un periododi decadenza,seguito da unaresurrezione finale

«Piccolo Albero»:il classico di ForrestCarter, una storianon di moda, perciòcosì rigenerante

p

Anosh Irani

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA III

John Barth

Page 4: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.55

SERGIOPENT

Il romanzo «on theroad» non è mai stato in testaalle vocazioni dei nostri narra-tori. Romanzi, semmai, di im-migrazioni e controesodi, di ri-torni e riflessioni, dalla «con-versazione» di Vittorini inpoi, romanzi di viaggio versola fine - Il buio e il miele di Arpi-no - ma soprattutto sposta-menti dell’anima, fiati provin-ciali, vagabondaggi tra cuoree memoria. Enrico Remmertsi mette in cammino percor-rendo la nostra stanca peniso-la da nord a sud, non propriocon le intenzioni alternativedi Kerouac e Cassidy, ma al-meno in una picaresca, singo-lare volontà di riscatto esi-stenziale.

Viaggia di rado, Remmert,ma nel senso produttivo, vistoche questo Strade bianche è so-lo il suo terzo romanzo in benquattordici anni di presenzasulla scena letteraria. Accan-tonata la gioventù della Tori-

no da bere di Rossenotti, supe-rata la fase grottesco-avven-turosa della Ballata delle cana-glie, Remmert cerca una suastrada impersonale, defilata,in cui non prevale - come spes-so accade - la volontà di rac-contarsi attraverso i disagi ole speranze dei personaggi.

Quella di Strade bianche è,a tutti gli effetti, una storiasemplice, neanche troppo ori-ginale nelle intenzioni, ma re-sa limpida e vera da una sven-tagliata di dialoghi, osserva-zioni, considerazioni emble-matiche in grado di ricrearel’inconsistenza sempre menocatalogabile dei nostri giorni.

Una storia di strade bian-che - intese come percorsi se-condari, ma anche neve com-patta e benefica - in cui Vitto-rio, in partenza per Bari conun contratto di violoncellistaa tempo determinato, si ritro-va a lasciare una Torino inver-nale in compagnia della suaragazza Francesca, che vor-rebbe invece approfittare delviaggio per dirgli che intendemollarlo per mettersi con Lu-ca, il veterinario per cui lavo-ra. Ma l’irruzione di Manu -amica di Francesca - con laBaronessa - la Punto a doppi

comandi sottratta dall’auto-scuola del padre - cambia ogniprospettiva.

In fuga dal suo violento part-ner, il dj Ivan, Manu divental’ago della bilancia di una storiad’amore declinante, ma anchela bussola impazzita di un viag-gio che, lasciata l’autostrada, sievolve in un percorso di attesae d’incontri lungo un’Italia de-vastata ma sommessa, desolatae ovattata, come se la neve cheha preso a cadere mettesse il si-lenziatore alle inquietudini e aifragori di un paese smarrito.

Smarriti sono anche i tre prota-gonisti, che incontrano perso-naggi bizzarri e alternativi inun viaggio a tappe che diventariflessione, crea dubbi, cerca -attraverso una ironica malinco-nia collettiva - di rappezzare lefalle, seminare sentimenti, lace-rare la nebbia di un futuro in-consistente per tutti.

Le fobie ipocondriache diVittorio, le insicurezze amoro-se di Francesca, l’incontinenzavitale senza sbocchi di Manu, siconcretizzano in una specie disatori provinciale in cui, se qual-cosa cambierà, sarà soprattut-to grazie alla solitudine di que-sta Italia invernale in cui il viag-gio è diventato memoria, la sof-ferenza pausa di riflessione, ilfuturo una porta da attraversa-re senza pensarci troppo.

Il delicato intimismo delle si-tuazioni private e l’istintiva fol-lia giocosa dei tre compagni diavventura, rendono il romanzobello e intenso, profumato disincerità, una felice pausa - an-che per il lettore - nel disagio diun percorso quotidiano invecefaticoso nell’Italia assai pocoovattata di queste stagioni.

ANGELOGUGLIELMI

Franco Cordelli scri-ve un romanzo biografico-auto-biografico, La marea umana, aconferma di quanto io vado di-cendo a proposito della possibi-lità di fare narrativa oggi.

Ma se in genere l’autobio-grafia rievoca presenze vissute(che siano eventi o persone)con cui si è costruito o dispersola propria vita, dunque legateda una complicità ineludibile,la biografia-autobiografia diCordelli è fatta di sole assenzee, quando proprio è indispensa-bile, di lontananze. A comincia-re dalle tante ragazze e donneche l’io narrante ha incontratonel corso della sua vita: tutteoggetto di abbandono o di rifiu-to. Valeria, la sua compagna diclasse al tempo del liceo, di cuinon ricorda neppure il volto, èpresente solo come voce telefo-nica, né mai si materializzerànell’invito a cena che promettee non mantiene; Donata, l’altracompagna di classe, di cui benricorda l’eleganza della figura,è morta come ha appena appre-so appunto da Valeria; Rita, lasua prima fidanzata (in veritàpiù fascinosa di Donata), lo ha

abbandonato o è stata abban-donata per supposto tradimen-to; Caterina, sdegnosa e rifles-siva, si è suicidata; Elvira, la ra-gazza di Ostia, follemente pre-sa di lui, è solo una serie infinitadi sms con cui tempesta il suotelefonino; di alcune di questequalche decennio dopo l’io nar-rante (a pagina non so qualescopre di chiamarsi Franco) simette sulle tracce ma comeper cancellarle per sempre.

L’unica presenza viva didonna, che figura nel racconto,è la madre di Aki quasi cente-naria «donna altera… dalleasciutte lunghe mani e dita,prive cioè di ricordi, di suppel-lettili (dell’anima), di illusioni»(per sempre stesa su una chai-se longue senza potere più ve-dere né sentire).

Ma chi è Aki? Era al liceo ilsuo compagno preferito, costi-tuivano una coppia inseparabi-le, imbattibili nel basket, bril-lanti nello studio, spiritosi nellaconversazione. Usciti dallascuola si perdono ognuno perla propria strada. Sennonché

la strada di Aki è a un certo pun-to abbandonare lavoro e abitudi-ne e fuggire in Indonesia. Dun-que anche Aki è uno scomparso,il riflesso di una lontananza, il ri-sultato di un abbandono.

Quarant’anni dopo, indottoda una serie di coincidenze in-trecciate e impreviste, l’io nar-rante decide di cercare Aki e hala fortuna di trovarlo: siamo aNatale e per l’occasione Aki ètornato per salutare la vecchiamadre. Si incontrano a Romaper un paio di pranzi durante lefestività e per due giorni (anzi ungiorno e mezzo) a Cernobbio nel-la villa di Aki. Incontri di non piùche poche ore (gli unici in tutto ilracconto tra persone vive) in cuipiù che rievocare le esperienzedel loro passato (cui pure non ri-nunciano) si dedicano a tirare iconti della loro vita. E se questanon è, come ci si aspetterebbe, laparte più interessante del rac-conto, fin troppo intorcinata insofisticate riflessioni difficili daseguire, tuttavia possiede unamaestosa teatralità di fortedrammaticità. L’impressione è

di essere di fronte a un possentee cupo palcoscenico in cui a reci-tare è il tema della vita che, spo-gliatosi di ogni maschera, nonesita a denunciarsi come conti-nuità che significa continuità dimorte giacché «non esiste iniziosenza compimento». «Il senti-mento della fine, anzi la fine in séè ciò che dà senso a quanto acca-de», consentono i due amici. Ilpassato certifica la sua esistenzaattraverso mancamenti e oblii.

Un’idea di fine, di assenza, di

lontananza, di fuga domina pertutto il racconto, una idea di tem-po che nel suo scorrere disperdee travolge individui, nazioni e po-poli disseminando paura e smar-rimento che non si acquieta difronte alla certezza che «la ma-rea umana è questa, questa dissi-mulata e spietata continuità».

Un vento di religiosità dispe-rata soffia per tutte le ultime pa-gine del racconto che si concludecon l’immagine di Aki che, al ter-mine della breve visita di Francoa Cernobbio, accompagna l’ami-co alla stazione per il ritorno aMilano e poi Roma. Il vecchio tre-no è in ritardo: i due amici conti-nuano a parlare rimanendo mu-ti. «Prima di salire su quella vec-chia carrozza, nel freddo pome-riggio invernale, sfolgorante,Aki e io, come davanti alla tombadei genitori, ci salutammo».

Certo Cordelli non rinunciaper tutto il racconto a tenere altala prospettiva rischiando eccessidi solennità che non sempre pre-miano il suo sforzo. Affascinatodal «grande romanzo» non esitaa avventurarsi nell'impresa.

Campo «Lezioni» di piaceree orgoglio: un nudo e crudo chatting

Già mi era capitato disottolineare quantonumerose siano oggi le

donne che scrivono, e con ri-sultati interessanti. Ormai,potremmo dire che numerica-mente sopravanzano i colle-ghi, fatto rilevante e quasi diimportanza storica. Tra le re-centi uscite c'è in effetti soloda scegliere, e allora iniziodalla più giovane, LucreziaLerro (nata nel 1977), già no-ta come brava autrice in pro-sa, e di cui ora esce un piccololibro (L'amore dei nuotato-ri, Pequod, p.46, € 10) che sisegnala per la compostezzadello stile e la sottostanteenergia delle emozioni.

La vena narrativa dellaLerro si rivela anche nei ver-si, dove compaiono personag-gi e situazioni, e dunque unaconcretezza di fatti e cose checonferisce spessore alla paro-la poetica. Come dice VivianLamarque nel risvolto, in que-sto libro irrompe anche la cro-naca nera, ma un po' ovun-que, si annidano «minuscoleacuminate punte». Un sensibi-le, estroso impasto, quello diLucrezia Lerro, di lieve mor-bidezza e accennato strazio.Con momenti di sospensionein cui il reale si alleggerisce ediventa trasparente: «Neigiardini di piazza dell'Indi-pendenza / i militari stanno

sulle panchine. / Hanno stellinedotate e gli occhi matti».

Voglio qui anche segnalare ilibri di qualità di altre due poe-tesse di altra generazione: lamantovana Elia Malagò ('48),che raccoglie dieci anni di lavo-ro, ricco di ricerca linguistica edi robusta asprezza, in Incau-ta solitudine (Passigli p.120,€ 14) e Luisa Pianzola ('60),che in Salva la notte (La VitaFelice, pp. 100, € 12) tratta connon comune energia il brevecomponimento in prosa, in cuisi respira, come dice Santago-stini nella postfazione, una den-sa «atmosfera di disagio globa-le». In entrambi i casi agiscecon buoni esiti un'opacità risen-tita della parola.

Negli inediti della venticin-quenne Maria Caspani si avver-te carattere e insieme una sicu-rezza di andatura. Il suo è un

verso libero molto duttile, e arri-va all'interlocutore con efficaceconcretezza: «Il sale asciuga ipeccati. / O così dicono, /anche ipeggiori, i più abominevoli.Quelli fatti di parole. / Bastametterne una manciata sul ven-tre e / come la neve sparisce /co-sì anch'essi si leveranno dal cor-po. /Lo dicono gli antichi. / Di-cono che si senta il rumore /Delpetto che si rilassa». Potrebbeforse limare ancora, evitareuscite energiche ma al tempostesso un po' trasandate.

Fiorella Iacono presenta te-sti segnati da immagini violen-te. Qualcuno potrebbe già eti-chettarlo come poetessa …«cannibale»… Certo, la fisicitàlacerata gronda nei suoi testi:«Sarà dolciastra questa carne/ umana che stringo / tra i den-ti arrossati, / masticata in boc-coni rabbiosi, bollenti nell'olio?»; oppure: «Ho mescolatocome un automa / l'humus delbosco col sangue / caldo dellevostre teste» . Certo, può colpi-re, ma l'importante è che nonesageri, che non crei una moda-lità riconoscibile ma simile auna formula. Quando moderala sua furia e la sua ansia diimmagini cruente, quando sinormalizza, risulta più pacatae credibile: «Nevica polvere nel-la mia mente / ogni notte e all'alba ricomincio / a vivere di-menticando chi sono».

Per indicare quell'isola ca-raibica dove si è discus-so se si fabbrichino o no

patacche si sente dire in giro, ein sedi autorevoli come i Tele-giornali, Santalúcia. Ma diquesto minuscolo membro delCommonwelth la pronuncia è oall'inglese Saint Lúcia, accentosulla «u», o con accentazionespagnola, Santa Lucía, comela nostra Santa Lucia. Io pro-pendo per lo spagnolo, che bat-tezzò quell'isola. È la linguache ci guida a dire baúle, e nonbáule (deriva dallo spagn.ba(h)úl), e non ámaca maamáca, come lo spagn. amáca,voce indigena di Haiti che co-minciammo a conoscere dopola scoperta dell'America. Mal'anglo-americano, lingua im-periale, oggi la fa da padrone.Si sente difatti pronunciare Só-ledad, san Sebástian! Rimo-della anche le nostre voci ro-manze, e le ripropone con ac-cento ritratto. E noi seguiamol'andazzo. Difatti ormai lastragrande maggioranza hascelto Flórida, quand'è invecela "fiorita", Florída. Penso chesia bene risalire all'origine del-le parole. Si veda l'errore con-sueto di accentazione in díktat,che va invece pronunciato dik-tát, perché è parola tedesca.

Se ne sentono di tutti i colori.Ho sentito Fogolar Fúrlan anzi-ché Furlán, che a un friulano fa-rà rizzare il pelo. Piccole cose,minuzie? In realtà l'accento toni-co è importante per distingueregli omografi (le parole scritte al-lo stesso modo ma distinguibiliin base alla posizione dell'accen-to: áltero o altéro, áncora o an-córa, ímpari o impári, príncipi oprincípi, séguito o seguíto, súbi-to o subíto, cómpito e compíto,participio passato di «compire»,

forma più rara di «compiere»),ma soprattutto perché nel parla-to l'errore di accentazione fa fa-re un brutta figura a chi lo com-pie. Penso a Tanáro, a Bolghérie i suoi cipressi... I nomi geogra-fici sono appunto tra i più bi-strattati: si sentono errori comeAbáno e non Ábano, come si do-vrebbe, e poi Caórle e non il cor-retto Cáorle, si sente Cervetéri,errato, e non Cervéteri, Levántoe non il corretto Lévanto, si sen-te Nuóro e non, come si deve di-re, Núoro, si sente Orgosólo enon Orgósolo, Pánaro e nonPanáro, Téllaro e non Telláro,addirittura la Reggia diVenária e non di Venaría. Nonsono pignolerie. Anche chi comeme è, per sua natura, di manicalarga, non può accettare Fríuli,visto che si tratta di un ForumIulii, accento sulla u.

Tra gli errori di accento piùfrequenti indicherei baláustra enon, come si dovrebbe, balaú-stra, persuádere e non persua-dére, circuíto per indicare il cir-cúito e non il participio passatodi «circuire». E mi raccomandodi dire leccornía e non leccórnia,perché deriva da lecconería, cheappartiene alla serie dei sostan-tivi astratti in -ia, come codar-dia, allegria, follia, e non fólliacome il Santa Lúcia.

Era bello andarea canestro con Aki

RENATOBARILLI

Rossana Campo èscrittrice assai prolifica, giun-ta alle soglie dei cinquant'annid'età vanta alle spalle una deci-na di romanzi usciti con rego-lare ritmo biennale, tutti al se-guito di alcuni motivi ripetutiquasi ossessivamente, col ri-schio conseguente di non riu-scire ad accedere a utili varia-zioni e di provocare nei lettoriuna certa assuefazione. Ma iltema centrale che insegue èdel massimo interesse, si trat-ta di una diagnosi della condi-zione della donna ai nostritempi, stretta tra due impulsidiversi. Da un lato, il diritto alpiacere sessuale la porta adaver bisogno del maschio e asottoporsi a prove estreme dipenetrazione e altro, se vuoleconoscere l'orgasmo, ma daun altro lato c'è in lei un motod'orgoglio, una forte proclama-zione del diritto di vivre sa vie,di non essere per nulla succu-be dell'altro sesso.

Questo tema centrale vie-ne saggiato dalla Campo, inva-riabilmente, in due stazioni di-varicate nel tempo e nello spa-zio, che costituiscono come ipoli tra cui scorre invariabil-mente la narrazione. In par-tenza, c'è sempre un'area si-tuata in qualche paese di unnostro sottosviluppato Meri-dione, abitato da famigliole al-le prese coi bisogni giornalieri,tanto più che in genere vi si èverificato il trauma della divi-sione dei coniugi, e una prota-gonista, ragazzina inesperta,viene ammaestrata alle vie delsesso, anche estremo, da qual-che uomo più maturo che neapprofitta senza remore escrupoli. Ma già in questa fasel'adolescente non si piega sot-to il colpo, e anzi ne approfittaper dare inizio a un'afferma-zione della propria personali-tà. Poi, un balzo in avanti,quando la protagonista è or-mai donna matura, ma non vie-ne meno uno stato di disagio,costituito questa volta dal fat-to di trovarsi emigrata a Pari-

gi, posta a vivere in contatto condiseredati come lei, immersi an-che loro in esistenze stentate do-ve, di nuovo, solo le avventuredel sesso riescono a procuraremomenti gratificanti.

Le sue Lezioni di arabo si in-seriscono nel copione ben noto,col merito di portarlo a un'espo-sizione nuda e cruda, e oltretut-to affidata a un linguaggio giàpronto a passare in un e.book, oad apparire come la registrazio-ne di un dilagante chatting. Laprotagonista si chiama Betti, e aParigi incontra un arabo, Solei-man, capace di farle provareprofonde emozioni sessuali, edunque dovrebbe essere lui adarle lezioni di arabo, come vuo-le il titolo, ovvero a guidarla consicurezza e prepotenza, ma alcontrario è lei, la navigata Betti,a esortarlo a uscir fuori dallecredenze della sua etnia, è lei adargli davvero efficaci lezioni divita. Anche perché Betti dispo-ne della forte esperienza che lasua incarnazione precedente, inuna ragazzina appena quattor-dicenne, tuffata nel profondoSud, ha vissuto a contatto conun brutale Ennio, di cui però si èimpadronita con l'attrazionesessuale, fino a indurlo a una fu-ga sentimentale, dove a soccom-bere è il maschio, troppo condi-zionato dai suoi pseudo-dirittiall'esercizio della forza, mentrela donna supera più elastica-mente i disagi e si proietta versoun futuro, misto di sofferenzema anche di momenti di gioia edi piacere. L'importante è tene-re in mano il filo della propriaesistenza.

DIALOGHIIN VERSI

MAURIZIO CUCCHI

Gli occhimatti

dei militari

«La marea umana»:sofisticate riflessionisu vita e morte,maestosa teatralità,disperata religiosità

PAROLEIN CORSO

GIAN LUIGI BECCARIA

Santa èLucía

non Lúcia

«Strade bianche»:tre amici on the road,l'inconsistenza sempremeno catalogabiledei nostri giorni

pp Rossana Campop LEZIONI DI ARABOp Feltrinelli, pp. 135, € 13

Il violoncellistanon sa chel’amore è finito

pp Franco Cordellip LA MAREA UMANAp Rizzoli, pp. 165, € 18

Cordelli Tra assenze e lontananze, dal liceoall’attesa dell’ultimo treno: un cupo palcoscenico

pp Enrico Remmertp STRADE BIANCHEp Marsilio, pp. 221, € 17,50

Accenti: se ne sentonodi tutti i colori,purtroppo è statoassunto a modellol’anglo-americano

Franco Cordelli è nato a Roma nel 1943, ha esordito nel 1973 con «Procida»

Sesso arabonella Parigidei diseredati

Remmert Un viaggio verso il Sud:il cuore è desolato come il Paese

Enrico Remmert è nato a Torino nel 1966. Esordì con «Rossenotti»

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA V

Page 5: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.55

SERGIOPENT

Il romanzo «on theroad» non è mai stato in testaalle vocazioni dei nostri narra-tori. Romanzi, semmai, di im-migrazioni e controesodi, di ri-torni e riflessioni, dalla «con-versazione» di Vittorini inpoi, romanzi di viaggio versola fine - Il buio e il miele di Arpi-no - ma soprattutto sposta-menti dell’anima, fiati provin-ciali, vagabondaggi tra cuoree memoria. Enrico Remmertsi mette in cammino percor-rendo la nostra stanca peniso-la da nord a sud, non propriocon le intenzioni alternativedi Kerouac e Cassidy, ma al-meno in una picaresca, singo-lare volontà di riscatto esi-stenziale.

Viaggia di rado, Remmert,ma nel senso produttivo, vistoche questo Strade bianche è so-lo il suo terzo romanzo in benquattordici anni di presenzasulla scena letteraria. Accan-tonata la gioventù della Tori-

no da bere di Rossenotti, supe-rata la fase grottesco-avven-turosa della Ballata delle cana-glie, Remmert cerca una suastrada impersonale, defilata,in cui non prevale - come spes-so accade - la volontà di rac-contarsi attraverso i disagi ole speranze dei personaggi.

Quella di Strade bianche è,a tutti gli effetti, una storiasemplice, neanche troppo ori-ginale nelle intenzioni, ma re-sa limpida e vera da una sven-tagliata di dialoghi, osserva-zioni, considerazioni emble-matiche in grado di ricrearel’inconsistenza sempre menocatalogabile dei nostri giorni.

Una storia di strade bian-che - intese come percorsi se-condari, ma anche neve com-patta e benefica - in cui Vitto-rio, in partenza per Bari conun contratto di violoncellistaa tempo determinato, si ritro-va a lasciare una Torino inver-nale in compagnia della suaragazza Francesca, che vor-rebbe invece approfittare delviaggio per dirgli che intendemollarlo per mettersi con Lu-ca, il veterinario per cui lavo-ra. Ma l’irruzione di Manu -amica di Francesca - con laBaronessa - la Punto a doppi

comandi sottratta dall’auto-scuola del padre - cambia ogniprospettiva.

In fuga dal suo violento part-ner, il dj Ivan, Manu divental’ago della bilancia di una storiad’amore declinante, ma anchela bussola impazzita di un viag-gio che, lasciata l’autostrada, sievolve in un percorso di attesae d’incontri lungo un’Italia de-vastata ma sommessa, desolatae ovattata, come se la neve cheha preso a cadere mettesse il si-lenziatore alle inquietudini e aifragori di un paese smarrito.

Smarriti sono anche i tre prota-gonisti, che incontrano perso-naggi bizzarri e alternativi inun viaggio a tappe che diventariflessione, crea dubbi, cerca -attraverso una ironica malinco-nia collettiva - di rappezzare lefalle, seminare sentimenti, lace-rare la nebbia di un futuro in-consistente per tutti.

Le fobie ipocondriache diVittorio, le insicurezze amoro-se di Francesca, l’incontinenzavitale senza sbocchi di Manu, siconcretizzano in una specie disatori provinciale in cui, se qual-cosa cambierà, sarà soprattut-to grazie alla solitudine di que-sta Italia invernale in cui il viag-gio è diventato memoria, la sof-ferenza pausa di riflessione, ilfuturo una porta da attraversa-re senza pensarci troppo.

Il delicato intimismo delle si-tuazioni private e l’istintiva fol-lia giocosa dei tre compagni diavventura, rendono il romanzobello e intenso, profumato disincerità, una felice pausa - an-che per il lettore - nel disagio diun percorso quotidiano invecefaticoso nell’Italia assai pocoovattata di queste stagioni.

ANGELOGUGLIELMI

Franco Cordelli scri-ve un romanzo biografico-auto-biografico, La marea umana, aconferma di quanto io vado di-cendo a proposito della possibi-lità di fare narrativa oggi.

Ma se in genere l’autobio-grafia rievoca presenze vissute(che siano eventi o persone)con cui si è costruito o dispersola propria vita, dunque legateda una complicità ineludibile,la biografia-autobiografia diCordelli è fatta di sole assenzee, quando proprio è indispensa-bile, di lontananze. A comincia-re dalle tante ragazze e donneche l’io narrante ha incontratonel corso della sua vita: tutteoggetto di abbandono o di rifiu-to. Valeria, la sua compagna diclasse al tempo del liceo, di cuinon ricorda neppure il volto, èpresente solo come voce telefo-nica, né mai si materializzerànell’invito a cena che promettee non mantiene; Donata, l’altracompagna di classe, di cui benricorda l’eleganza della figura,è morta come ha appena appre-so appunto da Valeria; Rita, lasua prima fidanzata (in veritàpiù fascinosa di Donata), lo ha

abbandonato o è stata abban-donata per supposto tradimen-to; Caterina, sdegnosa e rifles-siva, si è suicidata; Elvira, la ra-gazza di Ostia, follemente pre-sa di lui, è solo una serie infinitadi sms con cui tempesta il suotelefonino; di alcune di questequalche decennio dopo l’io nar-rante (a pagina non so qualescopre di chiamarsi Franco) simette sulle tracce ma comeper cancellarle per sempre.

L’unica presenza viva didonna, che figura nel racconto,è la madre di Aki quasi cente-naria «donna altera… dalleasciutte lunghe mani e dita,prive cioè di ricordi, di suppel-lettili (dell’anima), di illusioni»(per sempre stesa su una chai-se longue senza potere più ve-dere né sentire).

Ma chi è Aki? Era al liceo ilsuo compagno preferito, costi-tuivano una coppia inseparabi-le, imbattibili nel basket, bril-lanti nello studio, spiritosi nellaconversazione. Usciti dallascuola si perdono ognuno perla propria strada. Sennonché

la strada di Aki è a un certo pun-to abbandonare lavoro e abitudi-ne e fuggire in Indonesia. Dun-que anche Aki è uno scomparso,il riflesso di una lontananza, il ri-sultato di un abbandono.

Quarant’anni dopo, indottoda una serie di coincidenze in-trecciate e impreviste, l’io nar-rante decide di cercare Aki e hala fortuna di trovarlo: siamo aNatale e per l’occasione Aki ètornato per salutare la vecchiamadre. Si incontrano a Romaper un paio di pranzi durante lefestività e per due giorni (anzi ungiorno e mezzo) a Cernobbio nel-la villa di Aki. Incontri di non piùche poche ore (gli unici in tutto ilracconto tra persone vive) in cuipiù che rievocare le esperienzedel loro passato (cui pure non ri-nunciano) si dedicano a tirare iconti della loro vita. E se questanon è, come ci si aspetterebbe, laparte più interessante del rac-conto, fin troppo intorcinata insofisticate riflessioni difficili daseguire, tuttavia possiede unamaestosa teatralità di fortedrammaticità. L’impressione è

di essere di fronte a un possentee cupo palcoscenico in cui a reci-tare è il tema della vita che, spo-gliatosi di ogni maschera, nonesita a denunciarsi come conti-nuità che significa continuità dimorte giacché «non esiste iniziosenza compimento». «Il senti-mento della fine, anzi la fine in séè ciò che dà senso a quanto acca-de», consentono i due amici. Ilpassato certifica la sua esistenzaattraverso mancamenti e oblii.

Un’idea di fine, di assenza, di

lontananza, di fuga domina pertutto il racconto, una idea di tem-po che nel suo scorrere disperdee travolge individui, nazioni e po-poli disseminando paura e smar-rimento che non si acquieta difronte alla certezza che «la ma-rea umana è questa, questa dissi-mulata e spietata continuità».

Un vento di religiosità dispe-rata soffia per tutte le ultime pa-gine del racconto che si concludecon l’immagine di Aki che, al ter-mine della breve visita di Francoa Cernobbio, accompagna l’ami-co alla stazione per il ritorno aMilano e poi Roma. Il vecchio tre-no è in ritardo: i due amici conti-nuano a parlare rimanendo mu-ti. «Prima di salire su quella vec-chia carrozza, nel freddo pome-riggio invernale, sfolgorante,Aki e io, come davanti alla tombadei genitori, ci salutammo».

Certo Cordelli non rinunciaper tutto il racconto a tenere altala prospettiva rischiando eccessidi solennità che non sempre pre-miano il suo sforzo. Affascinatodal «grande romanzo» non esitaa avventurarsi nell'impresa.

Campo «Lezioni» di piaceree orgoglio: un nudo e crudo chatting

Già mi era capitato disottolineare quantonumerose siano oggi le

donne che scrivono, e con ri-sultati interessanti. Ormai,potremmo dire che numerica-mente sopravanzano i colle-ghi, fatto rilevante e quasi diimportanza storica. Tra le re-centi uscite c'è in effetti soloda scegliere, e allora iniziodalla più giovane, LucreziaLerro (nata nel 1977), già no-ta come brava autrice in pro-sa, e di cui ora esce un piccololibro (L'amore dei nuotato-ri, Pequod, p.46, € 10) che sisegnala per la compostezzadello stile e la sottostanteenergia delle emozioni.

La vena narrativa dellaLerro si rivela anche nei ver-si, dove compaiono personag-gi e situazioni, e dunque unaconcretezza di fatti e cose checonferisce spessore alla paro-la poetica. Come dice VivianLamarque nel risvolto, in que-sto libro irrompe anche la cro-naca nera, ma un po' ovun-que, si annidano «minuscoleacuminate punte». Un sensibi-le, estroso impasto, quello diLucrezia Lerro, di lieve mor-bidezza e accennato strazio.Con momenti di sospensionein cui il reale si alleggerisce ediventa trasparente: «Neigiardini di piazza dell'Indi-pendenza / i militari stanno

sulle panchine. / Hanno stellinedotate e gli occhi matti».

Voglio qui anche segnalare ilibri di qualità di altre due poe-tesse di altra generazione: lamantovana Elia Malagò ('48),che raccoglie dieci anni di lavo-ro, ricco di ricerca linguistica edi robusta asprezza, in Incau-ta solitudine (Passigli p.120,€ 14) e Luisa Pianzola ('60),che in Salva la notte (La VitaFelice, pp. 100, € 12) tratta connon comune energia il brevecomponimento in prosa, in cuisi respira, come dice Santago-stini nella postfazione, una den-sa «atmosfera di disagio globa-le». In entrambi i casi agiscecon buoni esiti un'opacità risen-tita della parola.

Negli inediti della venticin-quenne Maria Caspani si avver-te carattere e insieme una sicu-rezza di andatura. Il suo è un

verso libero molto duttile, e arri-va all'interlocutore con efficaceconcretezza: «Il sale asciuga ipeccati. / O così dicono, /anche ipeggiori, i più abominevoli.Quelli fatti di parole. / Bastametterne una manciata sul ven-tre e / come la neve sparisce /co-sì anch'essi si leveranno dal cor-po. /Lo dicono gli antichi. / Di-cono che si senta il rumore /Delpetto che si rilassa». Potrebbeforse limare ancora, evitareuscite energiche ma al tempostesso un po' trasandate.

Fiorella Iacono presenta te-sti segnati da immagini violen-te. Qualcuno potrebbe già eti-chettarlo come poetessa …«cannibale»… Certo, la fisicitàlacerata gronda nei suoi testi:«Sarà dolciastra questa carne/ umana che stringo / tra i den-ti arrossati, / masticata in boc-coni rabbiosi, bollenti nell'olio?»; oppure: «Ho mescolatocome un automa / l'humus delbosco col sangue / caldo dellevostre teste» . Certo, può colpi-re, ma l'importante è che nonesageri, che non crei una moda-lità riconoscibile ma simile auna formula. Quando moderala sua furia e la sua ansia diimmagini cruente, quando sinormalizza, risulta più pacatae credibile: «Nevica polvere nel-la mia mente / ogni notte e all'alba ricomincio / a vivere di-menticando chi sono».

Per indicare quell'isola ca-raibica dove si è discus-so se si fabbrichino o no

patacche si sente dire in giro, ein sedi autorevoli come i Tele-giornali, Santalúcia. Ma diquesto minuscolo membro delCommonwelth la pronuncia è oall'inglese Saint Lúcia, accentosulla «u», o con accentazionespagnola, Santa Lucía, comela nostra Santa Lucia. Io pro-pendo per lo spagnolo, che bat-tezzò quell'isola. È la linguache ci guida a dire baúle, e nonbáule (deriva dallo spagn.ba(h)úl), e non ámaca maamáca, come lo spagn. amáca,voce indigena di Haiti che co-minciammo a conoscere dopola scoperta dell'America. Mal'anglo-americano, lingua im-periale, oggi la fa da padrone.Si sente difatti pronunciare Só-ledad, san Sebástian! Rimo-della anche le nostre voci ro-manze, e le ripropone con ac-cento ritratto. E noi seguiamol'andazzo. Difatti ormai lastragrande maggioranza hascelto Flórida, quand'è invecela "fiorita", Florída. Penso chesia bene risalire all'origine del-le parole. Si veda l'errore con-sueto di accentazione in díktat,che va invece pronunciato dik-tát, perché è parola tedesca.

Se ne sentono di tutti i colori.Ho sentito Fogolar Fúrlan anzi-ché Furlán, che a un friulano fa-rà rizzare il pelo. Piccole cose,minuzie? In realtà l'accento toni-co è importante per distingueregli omografi (le parole scritte al-lo stesso modo ma distinguibiliin base alla posizione dell'accen-to: áltero o altéro, áncora o an-córa, ímpari o impári, príncipi oprincípi, séguito o seguíto, súbi-to o subíto, cómpito e compíto,participio passato di «compire»,

forma più rara di «compiere»),ma soprattutto perché nel parla-to l'errore di accentazione fa fa-re un brutta figura a chi lo com-pie. Penso a Tanáro, a Bolghérie i suoi cipressi... I nomi geogra-fici sono appunto tra i più bi-strattati: si sentono errori comeAbáno e non Ábano, come si do-vrebbe, e poi Caórle e non il cor-retto Cáorle, si sente Cervetéri,errato, e non Cervéteri, Levántoe non il corretto Lévanto, si sen-te Nuóro e non, come si deve di-re, Núoro, si sente Orgosólo enon Orgósolo, Pánaro e nonPanáro, Téllaro e non Telláro,addirittura la Reggia diVenária e non di Venaría. Nonsono pignolerie. Anche chi comeme è, per sua natura, di manicalarga, non può accettare Fríuli,visto che si tratta di un ForumIulii, accento sulla u.

Tra gli errori di accento piùfrequenti indicherei baláustra enon, come si dovrebbe, balaú-stra, persuádere e non persua-dére, circuíto per indicare il cir-cúito e non il participio passatodi «circuire». E mi raccomandodi dire leccornía e non leccórnia,perché deriva da lecconería, cheappartiene alla serie dei sostan-tivi astratti in -ia, come codar-dia, allegria, follia, e non fólliacome il Santa Lúcia.

Era bello andarea canestro con Aki

RENATOBARILLI

Rossana Campo èscrittrice assai prolifica, giun-ta alle soglie dei cinquant'annid'età vanta alle spalle una deci-na di romanzi usciti con rego-lare ritmo biennale, tutti al se-guito di alcuni motivi ripetutiquasi ossessivamente, col ri-schio conseguente di non riu-scire ad accedere a utili varia-zioni e di provocare nei lettoriuna certa assuefazione. Ma iltema centrale che insegue èdel massimo interesse, si trat-ta di una diagnosi della condi-zione della donna ai nostritempi, stretta tra due impulsidiversi. Da un lato, il diritto alpiacere sessuale la porta adaver bisogno del maschio e asottoporsi a prove estreme dipenetrazione e altro, se vuoleconoscere l'orgasmo, ma daun altro lato c'è in lei un motod'orgoglio, una forte proclama-zione del diritto di vivre sa vie,di non essere per nulla succu-be dell'altro sesso.

Questo tema centrale vie-ne saggiato dalla Campo, inva-riabilmente, in due stazioni di-varicate nel tempo e nello spa-zio, che costituiscono come ipoli tra cui scorre invariabil-mente la narrazione. In par-tenza, c'è sempre un'area si-tuata in qualche paese di unnostro sottosviluppato Meri-dione, abitato da famigliole al-le prese coi bisogni giornalieri,tanto più che in genere vi si èverificato il trauma della divi-sione dei coniugi, e una prota-gonista, ragazzina inesperta,viene ammaestrata alle vie delsesso, anche estremo, da qual-che uomo più maturo che neapprofitta senza remore escrupoli. Ma già in questa fasel'adolescente non si piega sot-to il colpo, e anzi ne approfittaper dare inizio a un'afferma-zione della propria personali-tà. Poi, un balzo in avanti,quando la protagonista è or-mai donna matura, ma non vie-ne meno uno stato di disagio,costituito questa volta dal fat-to di trovarsi emigrata a Pari-

gi, posta a vivere in contatto condiseredati come lei, immersi an-che loro in esistenze stentate do-ve, di nuovo, solo le avventuredel sesso riescono a procuraremomenti gratificanti.

Le sue Lezioni di arabo si in-seriscono nel copione ben noto,col merito di portarlo a un'espo-sizione nuda e cruda, e oltretut-to affidata a un linguaggio giàpronto a passare in un e.book, oad apparire come la registrazio-ne di un dilagante chatting. Laprotagonista si chiama Betti, e aParigi incontra un arabo, Solei-man, capace di farle provareprofonde emozioni sessuali, edunque dovrebbe essere lui adarle lezioni di arabo, come vuo-le il titolo, ovvero a guidarla consicurezza e prepotenza, ma alcontrario è lei, la navigata Betti,a esortarlo a uscir fuori dallecredenze della sua etnia, è lei adargli davvero efficaci lezioni divita. Anche perché Betti dispo-ne della forte esperienza che lasua incarnazione precedente, inuna ragazzina appena quattor-dicenne, tuffata nel profondoSud, ha vissuto a contatto conun brutale Ennio, di cui però si èimpadronita con l'attrazionesessuale, fino a indurlo a una fu-ga sentimentale, dove a soccom-bere è il maschio, troppo condi-zionato dai suoi pseudo-dirittiall'esercizio della forza, mentrela donna supera più elastica-mente i disagi e si proietta versoun futuro, misto di sofferenzema anche di momenti di gioia edi piacere. L'importante è tene-re in mano il filo della propriaesistenza.

DIALOGHIIN VERSI

MAURIZIO CUCCHI

Gli occhimatti

dei militari

«La marea umana»:sofisticate riflessionisu vita e morte,maestosa teatralità,disperata religiosità

PAROLEIN CORSO

GIAN LUIGI BECCARIA

Santa èLucía

non Lúcia

«Strade bianche»:tre amici on the road,l'inconsistenza sempremeno catalogabiledei nostri giorni

pp Rossana Campop LEZIONI DI ARABOp Feltrinelli, pp. 135, € 13

Il violoncellistanon sa chel’amore è finito

pp Franco Cordellip LA MAREA UMANAp Rizzoli, pp. 165, € 18

Cordelli Tra assenze e lontananze, dal liceoall’attesa dell’ultimo treno: un cupo palcoscenico

pp Enrico Remmertp STRADE BIANCHEp Marsilio, pp. 221, € 17,50

Accenti: se ne sentonodi tutti i colori,purtroppo è statoassunto a modellol’anglo-americano

Franco Cordelli è nato a Roma nel 1943, ha esordito nel 1973 con «Procida»

Sesso arabonella Parigidei diseredati

Remmert Un viaggio verso il Sud:il cuore è desolato come il Paese

Enrico Remmert è nato a Torino nel 1966. Esordì con «Rossenotti»

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA V

Page 6: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.55

In ogni tempo e in tutte le tra-dizioni culturali, religiose espirituali, la «montagna» - a

prescindere dalla sua altezza ef-fettiva - ha costituito un riman-do simbolico alla dimensione delsacro. E non potrebbe essere al-trimenti, se si considera che il ri-lievo montuoso mette in connes-sione fisica e visiva i due elemen-ti sacrali per eccellenza: la terra- la grande madre, il grembo fe-condo di vita e di frutti - e il cielo,quella volta abitata dagli astriche comunica all'essere umanola percezione della trascenden-za e dell'immortalità. Né si pos-sono dimenticare gli elementiche favoriscono la simbolica dell'accostarsi alla montagna comecammino di ascesa interiore e diricerca di sé: si pensi alla con-trapposizione tra l'orizzontaledella pianura e il verticale delmonte, oppure all'alternarsi disalite e discese, o ancora allosforzo («ascesi») necessario perl'ascesa e alla preparazione cheobbliga al caricarsi del solo ne-cessario; anche l'affinarsi dell'aria, il rarefarsi della vegetazio-ne, il semplificarsi dei colori, l'al-ternarsi delle condizioni meteo-rologiche contribuiscono a unanalogo cammino interiore dipurificazione. Inoltre, le monta-

gne ispirano per la forma stessadi paesaggio che determinano,una sensazione di timore, unapercezione del «numinoso» chesembra abitarle: non è un casose molte culture di tipo tradizio-nale le hanno sempre ritenute di-mora di dèi e demoni, quindi luo-ghi da temere e venerare. Nonsorprende allora che anche letradizioni spirituali parlino di«vette della conoscenza» o chemomenti chiave della rivelazio-ne e del rapporto con il sacro e ilsanto siano avvenuti «sul mon-te»: la sua forza simbolica è taleche anche umili colline sono chia-mate «montagne» nel momentoin cui divengono luogo dell'incon-tro con una realtà più grande epiù profonda dell'uomo.

Negli ultimi decenni non so-no mancati studi e riflessioni sul-le varie dimensioni del sacro, eanche in Italia il legame tra mon-tagna e sacralità è stato oggettodi particolari attenzioni: si pensi,per esempio, al Convegno inter-nazionale svoltosi nel 2004 in di-versi luoghi del Piemonte e ai re-lativi Atti, curati da A. Barbero eS. Piano, su Religioni e Sacri Mon-ti. Ora, su iniziativa del Forte diBard e pubblicato da Jaca Book,Montagna Sacra appare un pro-getto dagli orizzonti ancora piùvasti: un esame approfondito delrapporto tra «L’homo religiosuse il simbolo della Montagna Sa-cra», come recita l’ottimosaggiointroduttivo del curatore JulienRies. Testi di sapiente densità efotografie di affascinante gran-diosità ci accompagnano nei di-versi continentie nella varietà direligioni e culture alla scopertanon solo del concetto di «monta-gna sacra» ma, per così dire, del«vissuto» di questo rapporto tral'uomo e il simbolo per eccellen-za di rapporto con il divino.

Partendo, in modo abbastanzainusuale, dal monte Bego nelle Al-pi meridionali - considerato giànel IV millennio a. C. sede di divini-tà - siamo condotti in Mesopota-mia e in Egitto, ci muoviamo dalTibet e la Cina all'Iran, dall'Olim-po dei greci ai monti più «familia-ri» alla tradizione ebraico-cristia-na - l'Ararat, il Sinai e gli altri mon-ti dell'Antico e del Nuovo Testa-mento - fino ai monti resi sacri dal-la tradizione cristiana, tanto bizan-tina quanto latina, per poi spicca-re il balzo al di là dell'Oceano At-lantico e ritrovarci al cuore delleculture mesoamericanae andina.

Così i luoghi e le epoche esami-nati dagli autori, tutti di prestigio

internazionale, ci rivelano profon-de sintonie proprio al cuore di ap-partenenze a identità religiose eculturali diversissime. Tali ele-menti costituiscono una sorta difilo rosso che collega montagnelontane e tradizioni remote, ren-dendole vicine e contemporanee:la valorizzazione di antri e grotte,la costruzione di templi e memo-riali, la pratica di pellegrinaggi eriti ricorrenti paiono costituireuna sorta di linguaggio universaleche l'essere umano non ha maicessato di conoscere, di praticaree di arricchire. E in questo sensole immagini sono a volte ancorapiù eloquenti delle parole: di fron-te all'incanto di certi paesaggi oall'imponenza di monti e vette sifatica a discernere di primo acchi-to a quale tradizione religiosa ospirituale appartengano, ancheperché non sono rari i casi di luo-ghi che nel corso dei secoli hannoassunto valenza simbolica per fe-di via via diverse.

Forse l'opera avrebbe tratto ul-teriore giovamento dalla presenzadi un saggio conclusivo, capace diazzardare una lettura interpretati-va delle convergenze: anche la giàcitata introduzione di Ries, infatti,ha un andamento più analitico chesintetico. Ma probabilmente l'im-presa si sarebbe rivelata altrettan-to ardua che l'impervia ascesa suquelle sommità avvolte dal divinoche non cessano di affascinarel'uomo di tutte le epoche e di tuttele latitudini.

MARCOBELPOLITI

I vocabolari attribui-scono al verbo «esitare» il signi-ficato di «essere incerto, per-plesso, dubbioso», mentre l’eti-mo della parola viene dal lati-no, dal verbo che indica «resta-re attaccato». L’esitazione èdunque una soglia su cui ci sitrattiene. Un filosofo tedesco,Joseph Vogl in un libro moltoacuto, Sull’esitare, sostiene chesi tratta di un vero e propriospazio del pensiero; di più: l’esi-tare è l’ombra che accompa-gna ogni decisione. A sua volta«decidere» contiene il gestodrastico del «tagliare via».L’uomo della decisione è Ales-sandro. Di fronte al nodo diGordio, viluppo indistricabile,il cui scioglimento, avevanopreconizzato gli indovini, de-cretava la conquista del mondoallora conosciuto, il re e condot-tiero prende la spada e lo reci-de di netto.

Oggi noi viviamo in un’epo-ca in cui la decisione sembradominare sovrana: l’uomo chedecide pare possedere maggio-ri possibilità di farcela. E tutta-via l’ombra della decisione s’al-larga sempre più: l’esitazione èanche uno dei dati caratteristi-ci della nostra età, immersasempre più in un’atmosfera

amletica: essere o non essere?Non è così un caso che decisio-ne ed esitazione si bilancino inuna sorta di condizione schizo-frenica, di incertezza dell’Io.

Vogl, uno dei più interessan-ti filosofi tedeschi della genera-zione di mezzo, ci induce a ri-considerare nel suo saggio l’in-tera questione. Ci presenta l’ir-risolutezza, l’inerzia, la man-canza di volontà, o la mera in-dolenza, come un’affezione,uno stato d’animo; meglio, unostato di equilibrio in cui si libe-rano, e al medesimo tempo siarginano, affetti opposti. Setradizionalmente nel pensierooccidentale l’esitazione è statasempre confinata nella indeter-minatezza, oppure degradataa lunatica frustrazione del farestesso, bisogna invece ricono-scere in essa un gesto attivodel chiedere in cui l’opera,l’azione, la decisione sono coltinon già come compimento,bensì come nascere e divenire.

Qualche decennio fa un al-tro filosofo tedesco, Hans Blu-menberg, uno dei maggioripensatori contemporanei, ave-va proposto qualcosa di analo-go, definendo questo stato, incui la decisione non è ancorapresa e il pensiero sosta su sestesso, «pensosità», mettendocosì in luce la funzione fonda-mentale della domanda, dell’in-terrogazione. Vogl spinge piùin là la questione. Rifacendosial teatro greco, e soffermando-si su Coefore, la tragedia diEschilo, fa notare come la stes-

sa scena drammatica di questaforma di rappresentazione si co-stituisce come un intervalloestorto agli dei, «un’azione so-spesa a scopo dimostrativo».

A Oreste, che ha giustiziatoEgisto, assassino del padre incombutta con la madre, si paradinanzi Clitennestra. Fa il gestodi ucciderla, ma lei si scopre il se-no e lo invita a venerare il luogoda cui ha tratto il suo nutrimen-to. Il «Che fare?», la domanda ur-gente di Oreste, è il punto massi-mo dell’esitazione. Vogl ci mo-stra come in quell’istante si evi-denzi la facoltà, o potenza, di fa-re o non fare qualcosa. Sono duecorni del dilemma, per cui nonsolo il «fare» è potenza, nel sensoaristotelico del termine, ma an-che il «non-fare» lo è ugualmen-

te. Si tratta di un interrogativonon solo filosofico, ma anche poli-tico. Vogl ci vuole suggerire chenon esiste la capacità di fare, o diessere, questo o quello, ma an-che «il potere di non attualizzar-si, di non diventare attualità».

Si tratta di una questione cheGiorgio Agamben ha posto in unbreve scritto, «Su ciò che possia-mo non fare», in Nudità. Parten-do da Gilles Deleuze e da un pas-so della Metafisica di Aristotele,egli riflette su un problema mol-to attuale. Il potere, dice, non la-vora solo sulla potenza, renden-do gli uomini impotenti, incapacidi fare, ma al medesimo tempoanche sulla loro impotenza, suciò che non possono fare, o me-glio «possono non fare». La di-stinzione è sottile. Ci dice Agam-ben che noi non siamo solo sepa-rati da ciò che possiamo fare, maper lo più da ciò che possiamo-non-fare: «Separato dalla sua im-potenza, privato dell’esperienzadi ciò che può non fare, l’uomoodierno si crede capace di tutto eripete il suo gioviale “non c’è pro-blema” e il suo irresponsabile “sipuò fare”, proprio quando do-vrebbe invece rendersi conto diessere consegnato in misurainaudita a forze e processi su cuiha perduto ogni controllo».

L’eroe del non-fare come po-tenza è lo scrivano Bartleby diMelville che pronuncia il suo«Avrei preferenza di no». Voglpropone qualcosa di diverso:considerare l'aspetto pragmati-co dell’esitazione, la quale si puòconsiderare come un evento nel-

l’evento, come una riserva laten-te che persiste in ciò che è fatto esubito, in ciò che si manifesta eaccade realmente. Il discorso delfilosofo tedesco è complesso e in-sieme sottile, e presupponel'idea di una temporalità in cuinon esiste solo un tempo cronolo-gico lineare e irreversibile, maun tempo che contiene anche i fu-

turi possibili, un tempo del «già enon ancora».

In un sistema come quellocontemporaneo, in cui l’informa-zione, i confronti diretti d’ogni ti-po, i cosiddetti targets of opportu-nità, i bersagli d’occasione, sonodominati dalla rapidità della ri-sposta, annullando così lo spaziotra il domandare e il rispondere,Vogl reintroduce una cosa di cuiabbiamo molto bisogno dopo l’11settembre 2001: il senso dellapossibilità.

Le culture contemporaneesembrano impegnate soprattut-to nella cultura del pericolo, eproducono di continuo, più o me-no consapevolmente, un collassodel senso storico della possibili-tà. La filosofia dell’esitare intro-duce uno spazio di riflessione làdove il gesto del recidere il nododel presente produce effetti dele-teri e distruttivi.

NORBERTELIAS

Un sociologo che vain giro per il mondo spesso fafatica a lasciarsi alle spalletutte le questioni di cui si oc-cupa abitualmente quando èa casa. Ovviamente mi inte-ressano e mi piacciono i mu-sei, i castelli, le cattedrali, lerovine, le spiagge, i paesaggi,per non dire dei ristoranti.Ma in tutti questi posti ci so-no anche le persone che nonsi conoscono. Non posso far-ne a meno: ogni volta sono af-fascinato dalle persone e dal-le differenze nei loro compor-tamenti, nel loro stile di vita,sia che mi trovi al Lido di Ve-nezia, o a Roma, a Torremoli-nos o a Londra, a Parigi o inuna piccola città tedesca co-me Münster. Che cosa fa lagente giorno per giorno, e checosa le passa per la testa? Co-me è la vita oggi nel piccolovillaggio spagnolo di pescato-ri da cui si è sviluppata la mo-derna Torremolinos? Che co-sa pensano i suoi ospitali abi-tanti dei nuovi alberghi chespuntano ora un po’ ovunque,

e delle orde di turisti?Questa storia dei lacci del-

le scarpe mi accadde per laprima volta a Torremolinos.Una sera di primavera inol-trata me ne andavo un po’ azonzo tranquillamente e qua-si perdendomi qua e là lungole vie della bella parte anticadel paese. Faceva ancora cal-do. Le porte delle piccole casebianche erano aperte, davan-ti a esse stavano sedute lemamme e le nonne. I bambinigiocavano. Si potevano vede-re quadri di santi all’internodelle stanze e udire la genteche gridava da una casa all’al-tra. Gruppi di ragazzi e di ra-gazze passeggiavano - separa-tamente - su e giù per le vie,chiamandosi a vicenda e ri-dendo e cinguettando. Ero tradi loro, ma essi vivevano nelloro mondo, io nel mio. Dun-que questa, pensavo, è quellache Ferdinand Tönnies chia-mava Gemeinschaft, una co-munità chiusa, dove gli indivi-dui sono strettamente vinco-lati gli uni agli altri, in opposi-zione alla Gesellschaft, la «so-cietà» delle grandi città.

A un certo punto ebbi l’im-pressione che le donne mistessero dicendo qualcosa.Una ragazzetta mi si avvici-nò, ridendo, guardandomi ap-pena, di sottecchi. Pensai:«Però, precoce la piccola, fagià la civettuola!». Ma lei na-scose il volto timidamente die-tro le mani e corse da sua ma-dre. Poi una ragazza poco piùgrande venne verso di me e in-dicò le mie scarpe. Finalmen-te capii: avevo le stringhe slac-ciate che penzolavano sullastrada. È una cosa che mi ca-

pita così spesso che ormai nonci faccio più caso. Ma le donne,attente, se n’erano accorte, eovviamente temevano che l’an-ziano straniero potesse inciam-pare e farsi del male. Così, os-servato e incoraggiato da don-ne, uomini e bambini attorno ame, mi allacciai le stringhe concura e, ridendo verso i volti chemi circondavano amichevol-mente, ringraziai tutti. Poi ilpiccolo trambusto cessò e la vi-ta riprese il suo corso consueto.È di certo una Gemeinschaft, dis-si tra me e me; nessuno è un

perfetto straniero. Ma la miacoscienza sociologica mi cor-resse: come puoi sapere quelche accade, se non sei là doveaccade?

Il giorno dopo lasciai le strin-ghe slacciate a bella posta, cam-minando in quella che forse è lavia principale di Torremolinos,dove ci sono i turisti. E, comemi aspettavo, nessuno vide ilpericolo; o meglio: talvolta qual-cuno passando vicino sembra-va accorgersi dei lacci che cion-dolavano slegati, ma se ne guar-dava bene dall’avvertirmi. Do-

po due ore cessai l’esperimen-to. Questa, pensai, è la differen-za tra Gemeinschaft e Gesell-schaft. Ma l’idea era inesatta.Le cose sono ovviamente piùcomplicate, come scoprii ripe-tendo il gioco delle stringhe aLondra.

Feci l’esperimento dellestringhe slacciate diverse voltepasseggiando lungo RegentStreet e Bond Street. Il risulta-to dei tre esperimenti, ciascunodei quali durò tre ore, fu sor-prendente. Ogni periodo pro-dusse tre diverse reazioni nei

passanti (nella Gesellschaft diuna grande città, come ricorde-rete). Ripetei l’esperimento aParigi, che è disposta in modopiù aperto e nel centro è anchearchitettonicamente più omo-genea di Londra. Ma i miei treesperimenti, ciascuno dei qualidi tre ore, svoltisi per gli Cham-ps Eliseés e i boulevard S. Mi-chel e Montparnasse, diedero ilmagro esito di due reazioni emezza. Registrai come mezzareazione quella di un giovanot-to che mi gridò nell’orecchio:«Prenez garde!» [Stia atten-to!], più che altro per far riderele ragazze che stavano con lui,mentre le due reazioni comple-te giunsero dalla gente che se-deva in un caffè all’aperto sugliChamps Eliseés, nell’andirivie-ni degli aperitivi e dei passanti.

In Inghilterra furono soprat-tutto gli anziani che mi avverti-rono del pericolo delle stringheslacciate. D’altro canto in Ger-mania gli anziani sembravanolimitarsi a guardarmi con uncerto disprezzo, senza far nien-te di più. Solo le signore si pre-occupavano. Sul tram o in altriposti, le ragazze e le donne ma-

ture indicavano le stringhe slac-ciate e, in una città di mediagrandezza come Münster, si ag-giunse una breve conversazio-ne, riguardante qualcosa di piùdel semplice «problema dellestringhe», innescando un bre-ve ammonimento su quel chesarebbe potuto accadere se ilproblema non si fosse risolto.Questo contrasta con Londra,dove gli uomini e le donne era-no disposti ad ammonirmi inmodo amichevole ma per cosìdire riservato e distaccato, sen-za ulteriori commenti.

Tuttavia la reazione più for-te, in quanto a commenti, nonl’ho sperimentata in Germa-nia, ma in Svizzera, nella bellacittà di Berna. Guardavo am-mirato le vetrine della grandee rinnovata Francke’sche Bu-chhaldung, e pensavo a quan-ta gente colta doveva esserciin questa città. Quando iniziaiad allontanarmi dalla libreria(con le stringhe slacciate epenzolanti), una signora mi siavvicinò e mi fece notare la ne-gligenza. Mentre mi allaccia-vo le stringhe, mormorandoparole di gratitudine, la signo-ra tenne un piccolo, minaccio-so sermone: «Deve stare atten-to a tutto. Specialmente nonmangi uva senza averla primalavata. Questo è molto perico-loso, perché un mio amico hapreso un cancro in questo mo-do. Stia attento quando viag-gia. Una mia amica di recentequasi cadeva dal treno...» e co-sì via.

Fu certamente un’eccezio-ne. Difficilmente si possonotrarre conclusioni sul caratte-re nazionale del popolo svizze-ro. Il risultato della ricerca ineffetti non è ancora definitivo.Si dovrebbe migliorare il meto-do. Fu divertente. Ma forsenon soddisfa del tutto gli stan-dard della ricerca scientifica.

GLI 007 ALL’ITALIANA VISTI DA MARCO GIUSTI

Il nostro agente Alberto Lupo= «Mi dicono: prendiamo il fratello di Sean Connery, lovestiamo da James Bond, ci mettiamo attorno tutti gli attoridei film di Bond e facciamo un grande successo»: a parlar cosìè Alberto De Martino, milite ignoto del cinema popolare (ladefinizione la coniò Tullio Kezich per Lucio Fulci, ma va benelo stesso), nel raccontare la genesi di O.K. Connery, bizzarravariazione sul genere d’imitazione spionistica, uscito nel1967. Poco importa che il Neil Connery di cui sopra fosseoperaio in Scozia, che mai avesse fatto l’attore, che paresse«un ciclista olandese... senza capelli, senza denti, con gliocchi piccoli, piccoli»: c’era da sfruttar alla svelta, come

sempre, l’enorme successo delle pellicole di 007, non sipoteva certo andare troppo per il sottile.Questo e tanti altri singolari episodi sono materia costitutivadi 007 all’italiana (ISBN, pp.300, € 35), divertita ricognizionedi Marco Giusti in uno spicchio del cinema popolarenostrano tra i meno analizzati dagli studiosi e daglispecialisti. Limitato nel tempo (soltanto un paio d’anni allametà dei ‘60), il filone - che pure conterà, alla fine, quasi 200titoli - nasce, s'è detto, dal trionfo universale al box-office deiprimi capitoli della saga di James Bond, ma è stroncato dalboom del western-spaghetti, sulla scia del Per un pugno didollari (1964) di Sergio Leone. Non ha, il nostranospionistico, un capofila come il western e, in seguito, il thriller(con Argento e Bava): né produce opere che si stacchino dalle

altre, che rimangano nella memoria. C’è, invece, unapattuglia di registi (Sergio Sollima, Umberto Lenzi, SergioGrieco, Gianfranco Parolini), qualche divo indigeno (su tutti,Giorgio Ardisson) o straniero (Ken Clark, Roger Browne, BradHarris), un pugno di bellezze a volte autarchiche (DanielaBianchi, Sylva Koscina, Dominique Boschero). I titoli? Si va daOperazione Poker ad Agente 077 dall’Oriente con furore, daA008 operazione Sterminio (con Alberto Lupo!) a Un milionedi dollari per sette assassini. Gustosi gli aneddoti ed i tic cheMarco Giusti allinea nell’introduzione, in impagabileconfronto tra le copie e gli originali: si va dalle auto ai vestiti,dagli hotel alle location... Tutto per ricordare com’era dolcela vita, prima della rivoluzione. Francesco Troiano

Dall’Olimpodei greci al Sinaidi Mosè, al cuoredelle culture andinae mesoamericana

Si reintroduce una cosadi cui abbiamomolto bisogno dopol’11 settembre: il sensodella possibilità

Così amletici(e così potenti)

LONTANO & VICINOENZO BIANCHI

In su la vettal’homo è religiosus

Montagna e sacralità:la dimensione divina del mondo

Per il filosofo tedescoVogl, che riprendel’intuizionedi Blumenberg, è unospazio del pensiero

Anteprima Un inedito di Elias, il sociologo delle buone manierein giro per il mondo, con uno sguardo speciale alle calzature

AL CINEMA CON FRANÇOISE SAGAN

Fellini, «lo zar italiano»= Scriveva Françoise Sagan nel 1960: «Non amomolto i film senza pretese. Il cinema mi sembrava unafreccia miracolosa destinata ad avvelenare lo spettatorea forza di sogni, di persuasione e di violenza. Amo ilcinema un po' assurdo che rispecchia qualcuno (ilregista), il cinema che crea dei personaggi afflitti o pienidi sé, il cinema un po' crudele che è già stato fatto, che sifa e che è da rifare». Con questo spirito, fra il passionalee il critico, la Sagan scrisse una serie di articoli einterviste per giornali e riviste francesi nel corso degliAnni Sessanta e seguenti, che nel 2008 sono stati

raccolti e pubblicati in un piccolo libro, che ora vede laluce in Italia presso l'editore Barbès (Al cinema, pp. 110,€ 6). E' una lettura al tempo stesso piacevole e istruttiva,coinvolgente e non priva di stimoli critici, sia quandoanalizza un film come Les bonnes femmes di Chabrol,«un film bellissimo, intelligente, audace e divertente»,sia quando fa un ritratto di Fellini, acuto e appassionato,quando andò a trovarlo a Cinecittà mentre stavagirando L'intervista nel 1987. Ed è proprio il ritratto diFellini a costituire il centro del libro, il suo momento piùappassionante. Perché la Sagan riesce a cogliere inpoche frasi illuminanti il carattere dell'uomo edell'artista, già definendolo, nel titolo dell'intervista, «lozar italiano». Un regista che si circonda di centinaia di

comparse e decine e decine di collaboratori, e che, sulset, «era l'imperatore, il re, il tiranno e, soprattutto,sembrava anche l'amico di ognuno e lo zar di tutti». Nonsolo, ma «poteva improvvisare sempre e ovunque.Rimpiazzava lì per lì qualunque scena con un'altra». Etuttavia, agli occhi della Sagan, Fellini le parve «unuomo terrorizzato dalla morte, in preda a delle angosceterribili, al dubbio di se stesso e alla paura di vivere». Unritratto complesso, come si vede, che spicca su una seriedi altri ritratti non meno coinvolgenti, come quelli di AvaGardner, di Catherine Deneuve, di Gérard Depardieu, diRobert Hossein. Insomma un piccolo libro non sologradevole, ma anche in molti punti illuminante. Gianni Rondolino

pp Norbert Eliasp L’ILLUSIONE

DEL QUOTIDIANO. Sociologiacon le scarpe slacciatep a cura di Martino Donip Medusa, pp. 64, € 9p Il libro raccoglie tre conferen-

ze, «Il concetto di vita quotidia-na», « Una diagnosi della socio-logia contemporanea» e «Lastoria dei lacci delle scarpe»,del 1967, che pubbblichiamoqui in anteprima. Norbert Elias,nato a Breslavia nel 1897, di fa-miglia ebraica, scomparso nel1990, ha pubblicato in Italia,per le edizioni Il Mulino, le suemaggiori opere: «La società dicorte», «Potere e civiltà. Il pro-cesso di civilizzazione», «La ci-viltà dele buone maniere. Latrasformazione dei costumi nelmondo aristocratico occidenta-le», «La solitudine del moren-te», «Mozart. Sociologia di ungenio», «Strategie dell’esclusio-ne» (con John L. Scotson).

pp Joseph Voglp SULL'ESITAREp trad. di Francesca Ilardip O barra O edizionip pp.127, € 14,50p Giorgio Agambenp NUDITÀp Nottetempo, pp. 168, € 15

pp LA MONTAGNA SACRAp a cur di Julien Riesp Jaca Book con il Forte di Bardp pp. 254, € 80p Il libro verrà presentato il 6 ot-

tobre, h. 18, alla Biblioteca regio-nale di Aosta, da Gabriele Accor-nero del Forte di Bard, SilvanoPetrosino e Jacopo Guerriero.

«La reazione più forteai lacci penzolantifu in Svizzera,una signora mi tenneun piccolo sermone...»

«Sull’esitare» Da sempre sinonimo di indecisione,invece è l’ombra che accompagna ogni nostra scelta

Da Torremolinosa Parigi: che cosafa la gente giornoper giorno, e che cosale passa per la testa?

Idee e storieVITuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA VII

Stia attento,le sue stringhesono slacciate

Il monastero di Santa Caterina del Sinai

Françoise Sagan Alberto Lupo

Page 7: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.55

In ogni tempo e in tutte le tra-dizioni culturali, religiose espirituali, la «montagna» - a

prescindere dalla sua altezza ef-fettiva - ha costituito un riman-do simbolico alla dimensione delsacro. E non potrebbe essere al-trimenti, se si considera che il ri-lievo montuoso mette in connes-sione fisica e visiva i due elemen-ti sacrali per eccellenza: la terra- la grande madre, il grembo fe-condo di vita e di frutti - e il cielo,quella volta abitata dagli astriche comunica all'essere umanola percezione della trascenden-za e dell'immortalità. Né si pos-sono dimenticare gli elementiche favoriscono la simbolica dell'accostarsi alla montagna comecammino di ascesa interiore e diricerca di sé: si pensi alla con-trapposizione tra l'orizzontaledella pianura e il verticale delmonte, oppure all'alternarsi disalite e discese, o ancora allosforzo («ascesi») necessario perl'ascesa e alla preparazione cheobbliga al caricarsi del solo ne-cessario; anche l'affinarsi dell'aria, il rarefarsi della vegetazio-ne, il semplificarsi dei colori, l'al-ternarsi delle condizioni meteo-rologiche contribuiscono a unanalogo cammino interiore dipurificazione. Inoltre, le monta-

gne ispirano per la forma stessadi paesaggio che determinano,una sensazione di timore, unapercezione del «numinoso» chesembra abitarle: non è un casose molte culture di tipo tradizio-nale le hanno sempre ritenute di-mora di dèi e demoni, quindi luo-ghi da temere e venerare. Nonsorprende allora che anche letradizioni spirituali parlino di«vette della conoscenza» o chemomenti chiave della rivelazio-ne e del rapporto con il sacro e ilsanto siano avvenuti «sul mon-te»: la sua forza simbolica è taleche anche umili colline sono chia-mate «montagne» nel momentoin cui divengono luogo dell'incon-tro con una realtà più grande epiù profonda dell'uomo.

Negli ultimi decenni non so-no mancati studi e riflessioni sul-le varie dimensioni del sacro, eanche in Italia il legame tra mon-tagna e sacralità è stato oggettodi particolari attenzioni: si pensi,per esempio, al Convegno inter-nazionale svoltosi nel 2004 in di-versi luoghi del Piemonte e ai re-lativi Atti, curati da A. Barbero eS. Piano, su Religioni e Sacri Mon-ti. Ora, su iniziativa del Forte diBard e pubblicato da Jaca Book,Montagna Sacra appare un pro-getto dagli orizzonti ancora piùvasti: un esame approfondito delrapporto tra «L’homo religiosuse il simbolo della Montagna Sa-cra», come recita l’ottimosaggiointroduttivo del curatore JulienRies. Testi di sapiente densità efotografie di affascinante gran-diosità ci accompagnano nei di-versi continentie nella varietà direligioni e culture alla scopertanon solo del concetto di «monta-gna sacra» ma, per così dire, del«vissuto» di questo rapporto tral'uomo e il simbolo per eccellen-za di rapporto con il divino.

Partendo, in modo abbastanzainusuale, dal monte Bego nelle Al-pi meridionali - considerato giànel IV millennio a. C. sede di divini-tà - siamo condotti in Mesopota-mia e in Egitto, ci muoviamo dalTibet e la Cina all'Iran, dall'Olim-po dei greci ai monti più «familia-ri» alla tradizione ebraico-cristia-na - l'Ararat, il Sinai e gli altri mon-ti dell'Antico e del Nuovo Testa-mento - fino ai monti resi sacri dal-la tradizione cristiana, tanto bizan-tina quanto latina, per poi spicca-re il balzo al di là dell'Oceano At-lantico e ritrovarci al cuore delleculture mesoamericanae andina.

Così i luoghi e le epoche esami-nati dagli autori, tutti di prestigio

internazionale, ci rivelano profon-de sintonie proprio al cuore di ap-partenenze a identità religiose eculturali diversissime. Tali ele-menti costituiscono una sorta difilo rosso che collega montagnelontane e tradizioni remote, ren-dendole vicine e contemporanee:la valorizzazione di antri e grotte,la costruzione di templi e memo-riali, la pratica di pellegrinaggi eriti ricorrenti paiono costituireuna sorta di linguaggio universaleche l'essere umano non ha maicessato di conoscere, di praticaree di arricchire. E in questo sensole immagini sono a volte ancorapiù eloquenti delle parole: di fron-te all'incanto di certi paesaggi oall'imponenza di monti e vette sifatica a discernere di primo acchi-to a quale tradizione religiosa ospirituale appartengano, ancheperché non sono rari i casi di luo-ghi che nel corso dei secoli hannoassunto valenza simbolica per fe-di via via diverse.

Forse l'opera avrebbe tratto ul-teriore giovamento dalla presenzadi un saggio conclusivo, capace diazzardare una lettura interpretati-va delle convergenze: anche la giàcitata introduzione di Ries, infatti,ha un andamento più analitico chesintetico. Ma probabilmente l'im-presa si sarebbe rivelata altrettan-to ardua che l'impervia ascesa suquelle sommità avvolte dal divinoche non cessano di affascinarel'uomo di tutte le epoche e di tuttele latitudini.

MARCOBELPOLITI

I vocabolari attribui-scono al verbo «esitare» il signi-ficato di «essere incerto, per-plesso, dubbioso», mentre l’eti-mo della parola viene dal lati-no, dal verbo che indica «resta-re attaccato». L’esitazione èdunque una soglia su cui ci sitrattiene. Un filosofo tedesco,Joseph Vogl in un libro moltoacuto, Sull’esitare, sostiene chesi tratta di un vero e propriospazio del pensiero; di più: l’esi-tare è l’ombra che accompa-gna ogni decisione. A sua volta«decidere» contiene il gestodrastico del «tagliare via».L’uomo della decisione è Ales-sandro. Di fronte al nodo diGordio, viluppo indistricabile,il cui scioglimento, avevanopreconizzato gli indovini, de-cretava la conquista del mondoallora conosciuto, il re e condot-tiero prende la spada e lo reci-de di netto.

Oggi noi viviamo in un’epo-ca in cui la decisione sembradominare sovrana: l’uomo chedecide pare possedere maggio-ri possibilità di farcela. E tutta-via l’ombra della decisione s’al-larga sempre più: l’esitazione èanche uno dei dati caratteristi-ci della nostra età, immersasempre più in un’atmosfera

amletica: essere o non essere?Non è così un caso che decisio-ne ed esitazione si bilancino inuna sorta di condizione schizo-frenica, di incertezza dell’Io.

Vogl, uno dei più interessan-ti filosofi tedeschi della genera-zione di mezzo, ci induce a ri-considerare nel suo saggio l’in-tera questione. Ci presenta l’ir-risolutezza, l’inerzia, la man-canza di volontà, o la mera in-dolenza, come un’affezione,uno stato d’animo; meglio, unostato di equilibrio in cui si libe-rano, e al medesimo tempo siarginano, affetti opposti. Setradizionalmente nel pensierooccidentale l’esitazione è statasempre confinata nella indeter-minatezza, oppure degradataa lunatica frustrazione del farestesso, bisogna invece ricono-scere in essa un gesto attivodel chiedere in cui l’opera,l’azione, la decisione sono coltinon già come compimento,bensì come nascere e divenire.

Qualche decennio fa un al-tro filosofo tedesco, Hans Blu-menberg, uno dei maggioripensatori contemporanei, ave-va proposto qualcosa di analo-go, definendo questo stato, incui la decisione non è ancorapresa e il pensiero sosta su sestesso, «pensosità», mettendocosì in luce la funzione fonda-mentale della domanda, dell’in-terrogazione. Vogl spinge piùin là la questione. Rifacendosial teatro greco, e soffermando-si su Coefore, la tragedia diEschilo, fa notare come la stes-

sa scena drammatica di questaforma di rappresentazione si co-stituisce come un intervalloestorto agli dei, «un’azione so-spesa a scopo dimostrativo».

A Oreste, che ha giustiziatoEgisto, assassino del padre incombutta con la madre, si paradinanzi Clitennestra. Fa il gestodi ucciderla, ma lei si scopre il se-no e lo invita a venerare il luogoda cui ha tratto il suo nutrimen-to. Il «Che fare?», la domanda ur-gente di Oreste, è il punto massi-mo dell’esitazione. Vogl ci mo-stra come in quell’istante si evi-denzi la facoltà, o potenza, di fa-re o non fare qualcosa. Sono duecorni del dilemma, per cui nonsolo il «fare» è potenza, nel sensoaristotelico del termine, ma an-che il «non-fare» lo è ugualmen-

te. Si tratta di un interrogativonon solo filosofico, ma anche poli-tico. Vogl ci vuole suggerire chenon esiste la capacità di fare, o diessere, questo o quello, ma an-che «il potere di non attualizzar-si, di non diventare attualità».

Si tratta di una questione cheGiorgio Agamben ha posto in unbreve scritto, «Su ciò che possia-mo non fare», in Nudità. Parten-do da Gilles Deleuze e da un pas-so della Metafisica di Aristotele,egli riflette su un problema mol-to attuale. Il potere, dice, non la-vora solo sulla potenza, renden-do gli uomini impotenti, incapacidi fare, ma al medesimo tempoanche sulla loro impotenza, suciò che non possono fare, o me-glio «possono non fare». La di-stinzione è sottile. Ci dice Agam-ben che noi non siamo solo sepa-rati da ciò che possiamo fare, maper lo più da ciò che possiamo-non-fare: «Separato dalla sua im-potenza, privato dell’esperienzadi ciò che può non fare, l’uomoodierno si crede capace di tutto eripete il suo gioviale “non c’è pro-blema” e il suo irresponsabile “sipuò fare”, proprio quando do-vrebbe invece rendersi conto diessere consegnato in misurainaudita a forze e processi su cuiha perduto ogni controllo».

L’eroe del non-fare come po-tenza è lo scrivano Bartleby diMelville che pronuncia il suo«Avrei preferenza di no». Voglpropone qualcosa di diverso:considerare l'aspetto pragmati-co dell’esitazione, la quale si puòconsiderare come un evento nel-

l’evento, come una riserva laten-te che persiste in ciò che è fatto esubito, in ciò che si manifesta eaccade realmente. Il discorso delfilosofo tedesco è complesso e in-sieme sottile, e presupponel'idea di una temporalità in cuinon esiste solo un tempo cronolo-gico lineare e irreversibile, maun tempo che contiene anche i fu-

turi possibili, un tempo del «già enon ancora».

In un sistema come quellocontemporaneo, in cui l’informa-zione, i confronti diretti d’ogni ti-po, i cosiddetti targets of opportu-nità, i bersagli d’occasione, sonodominati dalla rapidità della ri-sposta, annullando così lo spaziotra il domandare e il rispondere,Vogl reintroduce una cosa di cuiabbiamo molto bisogno dopo l’11settembre 2001: il senso dellapossibilità.

Le culture contemporaneesembrano impegnate soprattut-to nella cultura del pericolo, eproducono di continuo, più o me-no consapevolmente, un collassodel senso storico della possibili-tà. La filosofia dell’esitare intro-duce uno spazio di riflessione làdove il gesto del recidere il nododel presente produce effetti dele-teri e distruttivi.

NORBERTELIAS

Un sociologo che vain giro per il mondo spesso fafatica a lasciarsi alle spalletutte le questioni di cui si oc-cupa abitualmente quando èa casa. Ovviamente mi inte-ressano e mi piacciono i mu-sei, i castelli, le cattedrali, lerovine, le spiagge, i paesaggi,per non dire dei ristoranti.Ma in tutti questi posti ci so-no anche le persone che nonsi conoscono. Non posso far-ne a meno: ogni volta sono af-fascinato dalle persone e dal-le differenze nei loro compor-tamenti, nel loro stile di vita,sia che mi trovi al Lido di Ve-nezia, o a Roma, a Torremoli-nos o a Londra, a Parigi o inuna piccola città tedesca co-me Münster. Che cosa fa lagente giorno per giorno, e checosa le passa per la testa? Co-me è la vita oggi nel piccolovillaggio spagnolo di pescato-ri da cui si è sviluppata la mo-derna Torremolinos? Che co-sa pensano i suoi ospitali abi-tanti dei nuovi alberghi chespuntano ora un po’ ovunque,

e delle orde di turisti?Questa storia dei lacci del-

le scarpe mi accadde per laprima volta a Torremolinos.Una sera di primavera inol-trata me ne andavo un po’ azonzo tranquillamente e qua-si perdendomi qua e là lungole vie della bella parte anticadel paese. Faceva ancora cal-do. Le porte delle piccole casebianche erano aperte, davan-ti a esse stavano sedute lemamme e le nonne. I bambinigiocavano. Si potevano vede-re quadri di santi all’internodelle stanze e udire la genteche gridava da una casa all’al-tra. Gruppi di ragazzi e di ra-gazze passeggiavano - separa-tamente - su e giù per le vie,chiamandosi a vicenda e ri-dendo e cinguettando. Ero tradi loro, ma essi vivevano nelloro mondo, io nel mio. Dun-que questa, pensavo, è quellache Ferdinand Tönnies chia-mava Gemeinschaft, una co-munità chiusa, dove gli indivi-dui sono strettamente vinco-lati gli uni agli altri, in opposi-zione alla Gesellschaft, la «so-cietà» delle grandi città.

A un certo punto ebbi l’im-pressione che le donne mistessero dicendo qualcosa.Una ragazzetta mi si avvici-nò, ridendo, guardandomi ap-pena, di sottecchi. Pensai:«Però, precoce la piccola, fagià la civettuola!». Ma lei na-scose il volto timidamente die-tro le mani e corse da sua ma-dre. Poi una ragazza poco piùgrande venne verso di me e in-dicò le mie scarpe. Finalmen-te capii: avevo le stringhe slac-ciate che penzolavano sullastrada. È una cosa che mi ca-

pita così spesso che ormai nonci faccio più caso. Ma le donne,attente, se n’erano accorte, eovviamente temevano che l’an-ziano straniero potesse inciam-pare e farsi del male. Così, os-servato e incoraggiato da don-ne, uomini e bambini attorno ame, mi allacciai le stringhe concura e, ridendo verso i volti chemi circondavano amichevol-mente, ringraziai tutti. Poi ilpiccolo trambusto cessò e la vi-ta riprese il suo corso consueto.È di certo una Gemeinschaft, dis-si tra me e me; nessuno è un

perfetto straniero. Ma la miacoscienza sociologica mi cor-resse: come puoi sapere quelche accade, se non sei là doveaccade?

Il giorno dopo lasciai le strin-ghe slacciate a bella posta, cam-minando in quella che forse è lavia principale di Torremolinos,dove ci sono i turisti. E, comemi aspettavo, nessuno vide ilpericolo; o meglio: talvolta qual-cuno passando vicino sembra-va accorgersi dei lacci che cion-dolavano slegati, ma se ne guar-dava bene dall’avvertirmi. Do-

po due ore cessai l’esperimen-to. Questa, pensai, è la differen-za tra Gemeinschaft e Gesell-schaft. Ma l’idea era inesatta.Le cose sono ovviamente piùcomplicate, come scoprii ripe-tendo il gioco delle stringhe aLondra.

Feci l’esperimento dellestringhe slacciate diverse voltepasseggiando lungo RegentStreet e Bond Street. Il risulta-to dei tre esperimenti, ciascunodei quali durò tre ore, fu sor-prendente. Ogni periodo pro-dusse tre diverse reazioni nei

passanti (nella Gesellschaft diuna grande città, come ricorde-rete). Ripetei l’esperimento aParigi, che è disposta in modopiù aperto e nel centro è anchearchitettonicamente più omo-genea di Londra. Ma i miei treesperimenti, ciascuno dei qualidi tre ore, svoltisi per gli Cham-ps Eliseés e i boulevard S. Mi-chel e Montparnasse, diedero ilmagro esito di due reazioni emezza. Registrai come mezzareazione quella di un giovanot-to che mi gridò nell’orecchio:«Prenez garde!» [Stia atten-to!], più che altro per far riderele ragazze che stavano con lui,mentre le due reazioni comple-te giunsero dalla gente che se-deva in un caffè all’aperto sugliChamps Eliseés, nell’andirivie-ni degli aperitivi e dei passanti.

In Inghilterra furono soprat-tutto gli anziani che mi avverti-rono del pericolo delle stringheslacciate. D’altro canto in Ger-mania gli anziani sembravanolimitarsi a guardarmi con uncerto disprezzo, senza far nien-te di più. Solo le signore si pre-occupavano. Sul tram o in altriposti, le ragazze e le donne ma-

ture indicavano le stringhe slac-ciate e, in una città di mediagrandezza come Münster, si ag-giunse una breve conversazio-ne, riguardante qualcosa di piùdel semplice «problema dellestringhe», innescando un bre-ve ammonimento su quel chesarebbe potuto accadere se ilproblema non si fosse risolto.Questo contrasta con Londra,dove gli uomini e le donne era-no disposti ad ammonirmi inmodo amichevole ma per cosìdire riservato e distaccato, sen-za ulteriori commenti.

Tuttavia la reazione più for-te, in quanto a commenti, nonl’ho sperimentata in Germa-nia, ma in Svizzera, nella bellacittà di Berna. Guardavo am-mirato le vetrine della grandee rinnovata Francke’sche Bu-chhaldung, e pensavo a quan-ta gente colta doveva esserciin questa città. Quando iniziaiad allontanarmi dalla libreria(con le stringhe slacciate epenzolanti), una signora mi siavvicinò e mi fece notare la ne-gligenza. Mentre mi allaccia-vo le stringhe, mormorandoparole di gratitudine, la signo-ra tenne un piccolo, minaccio-so sermone: «Deve stare atten-to a tutto. Specialmente nonmangi uva senza averla primalavata. Questo è molto perico-loso, perché un mio amico hapreso un cancro in questo mo-do. Stia attento quando viag-gia. Una mia amica di recentequasi cadeva dal treno...» e co-sì via.

Fu certamente un’eccezio-ne. Difficilmente si possonotrarre conclusioni sul caratte-re nazionale del popolo svizze-ro. Il risultato della ricerca ineffetti non è ancora definitivo.Si dovrebbe migliorare il meto-do. Fu divertente. Ma forsenon soddisfa del tutto gli stan-dard della ricerca scientifica.

GLI 007 ALL’ITALIANA VISTI DA MARCO GIUSTI

Il nostro agente Alberto Lupo= «Mi dicono: prendiamo il fratello di Sean Connery, lovestiamo da James Bond, ci mettiamo attorno tutti gli attoridei film di Bond e facciamo un grande successo»: a parlar cosìè Alberto De Martino, milite ignoto del cinema popolare (ladefinizione la coniò Tullio Kezich per Lucio Fulci, ma va benelo stesso), nel raccontare la genesi di O.K. Connery, bizzarravariazione sul genere d’imitazione spionistica, uscito nel1967. Poco importa che il Neil Connery di cui sopra fosseoperaio in Scozia, che mai avesse fatto l’attore, che paresse«un ciclista olandese... senza capelli, senza denti, con gliocchi piccoli, piccoli»: c’era da sfruttar alla svelta, come

sempre, l’enorme successo delle pellicole di 007, non sipoteva certo andare troppo per il sottile.Questo e tanti altri singolari episodi sono materia costitutivadi 007 all’italiana (ISBN, pp.300, € 35), divertita ricognizionedi Marco Giusti in uno spicchio del cinema popolarenostrano tra i meno analizzati dagli studiosi e daglispecialisti. Limitato nel tempo (soltanto un paio d’anni allametà dei ‘60), il filone - che pure conterà, alla fine, quasi 200titoli - nasce, s'è detto, dal trionfo universale al box-office deiprimi capitoli della saga di James Bond, ma è stroncato dalboom del western-spaghetti, sulla scia del Per un pugno didollari (1964) di Sergio Leone. Non ha, il nostranospionistico, un capofila come il western e, in seguito, il thriller(con Argento e Bava): né produce opere che si stacchino dalle

altre, che rimangano nella memoria. C’è, invece, unapattuglia di registi (Sergio Sollima, Umberto Lenzi, SergioGrieco, Gianfranco Parolini), qualche divo indigeno (su tutti,Giorgio Ardisson) o straniero (Ken Clark, Roger Browne, BradHarris), un pugno di bellezze a volte autarchiche (DanielaBianchi, Sylva Koscina, Dominique Boschero). I titoli? Si va daOperazione Poker ad Agente 077 dall’Oriente con furore, daA008 operazione Sterminio (con Alberto Lupo!) a Un milionedi dollari per sette assassini. Gustosi gli aneddoti ed i tic cheMarco Giusti allinea nell’introduzione, in impagabileconfronto tra le copie e gli originali: si va dalle auto ai vestiti,dagli hotel alle location... Tutto per ricordare com’era dolcela vita, prima della rivoluzione. Francesco Troiano

Dall’Olimpodei greci al Sinaidi Mosè, al cuoredelle culture andinae mesoamericana

Si reintroduce una cosadi cui abbiamomolto bisogno dopol’11 settembre: il sensodella possibilità

Così amletici(e così potenti)

LONTANO & VICINOENZO BIANCHI

In su la vettal’homo è religiosus

Montagna e sacralità:la dimensione divina del mondo

Per il filosofo tedescoVogl, che riprendel’intuizionedi Blumenberg, è unospazio del pensiero

Anteprima Un inedito di Elias, il sociologo delle buone manierein giro per il mondo, con uno sguardo speciale alle calzature

AL CINEMA CON FRANÇOISE SAGAN

Fellini, «lo zar italiano»= Scriveva Françoise Sagan nel 1960: «Non amomolto i film senza pretese. Il cinema mi sembrava unafreccia miracolosa destinata ad avvelenare lo spettatorea forza di sogni, di persuasione e di violenza. Amo ilcinema un po' assurdo che rispecchia qualcuno (ilregista), il cinema che crea dei personaggi afflitti o pienidi sé, il cinema un po' crudele che è già stato fatto, che sifa e che è da rifare». Con questo spirito, fra il passionalee il critico, la Sagan scrisse una serie di articoli einterviste per giornali e riviste francesi nel corso degliAnni Sessanta e seguenti, che nel 2008 sono stati

raccolti e pubblicati in un piccolo libro, che ora vede laluce in Italia presso l'editore Barbès (Al cinema, pp. 110,€ 6). E' una lettura al tempo stesso piacevole e istruttiva,coinvolgente e non priva di stimoli critici, sia quandoanalizza un film come Les bonnes femmes di Chabrol,«un film bellissimo, intelligente, audace e divertente»,sia quando fa un ritratto di Fellini, acuto e appassionato,quando andò a trovarlo a Cinecittà mentre stavagirando L'intervista nel 1987. Ed è proprio il ritratto diFellini a costituire il centro del libro, il suo momento piùappassionante. Perché la Sagan riesce a cogliere inpoche frasi illuminanti il carattere dell'uomo edell'artista, già definendolo, nel titolo dell'intervista, «lozar italiano». Un regista che si circonda di centinaia di

comparse e decine e decine di collaboratori, e che, sulset, «era l'imperatore, il re, il tiranno e, soprattutto,sembrava anche l'amico di ognuno e lo zar di tutti». Nonsolo, ma «poteva improvvisare sempre e ovunque.Rimpiazzava lì per lì qualunque scena con un'altra». Etuttavia, agli occhi della Sagan, Fellini le parve «unuomo terrorizzato dalla morte, in preda a delle angosceterribili, al dubbio di se stesso e alla paura di vivere». Unritratto complesso, come si vede, che spicca su una seriedi altri ritratti non meno coinvolgenti, come quelli di AvaGardner, di Catherine Deneuve, di Gérard Depardieu, diRobert Hossein. Insomma un piccolo libro non sologradevole, ma anche in molti punti illuminante. Gianni Rondolino

pp Norbert Eliasp L’ILLUSIONE

DEL QUOTIDIANO. Sociologiacon le scarpe slacciatep a cura di Martino Donip Medusa, pp. 64, € 9p Il libro raccoglie tre conferen-

ze, «Il concetto di vita quotidia-na», « Una diagnosi della socio-logia contemporanea» e «Lastoria dei lacci delle scarpe»,del 1967, che pubbblichiamoqui in anteprima. Norbert Elias,nato a Breslavia nel 1897, di fa-miglia ebraica, scomparso nel1990, ha pubblicato in Italia,per le edizioni Il Mulino, le suemaggiori opere: «La società dicorte», «Potere e civiltà. Il pro-cesso di civilizzazione», «La ci-viltà dele buone maniere. Latrasformazione dei costumi nelmondo aristocratico occidenta-le», «La solitudine del moren-te», «Mozart. Sociologia di ungenio», «Strategie dell’esclusio-ne» (con John L. Scotson).

pp Joseph Voglp SULL'ESITAREp trad. di Francesca Ilardip O barra O edizionip pp.127, € 14,50p Giorgio Agambenp NUDITÀp Nottetempo, pp. 168, € 15

pp LA MONTAGNA SACRAp a cur di Julien Riesp Jaca Book con il Forte di Bardp pp. 254, € 80p Il libro verrà presentato il 6 ot-

tobre, h. 18, alla Biblioteca regio-nale di Aosta, da Gabriele Accor-nero del Forte di Bard, SilvanoPetrosino e Jacopo Guerriero.

«La reazione più forteai lacci penzolantifu in Svizzera,una signora mi tenneun piccolo sermone...»

«Sull’esitare» Da sempre sinonimo di indecisione,invece è l’ombra che accompagna ogni nostra scelta

Da Torremolinosa Parigi: che cosafa la gente giornoper giorno, e che cosale passa per la testa?

Idee e storieVITuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA VII

Stia attento,le sue stringhesono slacciate

Il monastero di Santa Caterina del Sinai

Françoise Sagan Alberto Lupo

Page 8: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.55

«Il Gattopardo» (edizioneconforme al manoscrittodel 1957) è pubblicato daFeltreinelli (pp. 299, € 17).Nel 1959, un anno dopo lascomparsa dell’autore, ilromanzo vinse il PremioStrega. Nel 1963, LuchinoVisconti vi trasse il film conBurt Lancaster, ClaudiaCardinale e Alain Delon.Giuseppe Tomasi diLampedusa era nato aPalermo nel 1896. Le sue«Opere» sono raccolte in unMeridiano Mondadori(LXVI-1971, € 60),Introduzione e premesse diGioacchino Lanza Tomasi.

CATTANEO E BOBBIO

Stati Uniti d’ItaliaPadre del federalismo èunanimente considerato CarloCattaneo. Al pensatorelombardo, fondatore dellarivista «Il Politecnico», dedicòuno studio Norberto Bobbio cheora viene riproposto da Donzelli,Stati uniti d’Italia (pp.XXVI-150, € 17,50).

Dal 13 al 18 ottobre, a Torino,una settimana di riflessioni,incontri, rappresentazioni nelricordo di Norberto Bobbio, chenasceva il 19 ottobre 1909.«Elogio della mitezza» è il temadel ciclo, che si inaugura il 13, alCircolo dei Lettori, con unseminario di studio a cuipartecipano Pietro Polito,Santina Mobiglia, Pier CesareBori e Gustavo Zagrebelsky (unintervento su «E’ la mitezza lapiù impolitica delle virtù?»).

Tomasi di Lampedusa Il suo capolavorosi allinea alle pagine di Verga, De Roberto,Pirandello, Sciascia contro il Risorgimento

FERDINANDOCAMON

Sono 25 ritratti di per-sonaggi noti o sconosciuti, matutti memorabili. Il più memo-rabile è Andrea Stella, pa-raplegico da quando gli hannosparato quattro colpi di pisto-la in Florida, drogati che vole-van rubargli l’auto. Da allorasta in carrozzina. Pareva de-stinato a una mezza vita. E in-vece vive una super-vita. S’ècostruito un catamarano di17,5 metri, attrezzandolo inmodo che sia governabile daparaplegici, ha compiuto latraversata dell’Atlantico, e daallora la sua vita è una sequen-za d’invenzioni e audacie. Alladomanda: «Cosa può fare unparaplegico?», risponde:«Tutto». E all’altra domanda,più crudele: «Cos’è stata perlei l’aggressione che l’ha resoparaplegico, una disgrazia?»,risponde ridendo: «Fortuna.Ho conosciuto un mondo chemi ha migliorato». Grande, diuna grandezza prometeica.

Grande, ma di una gran-dezza zen, Massimo Colom-ban: vive a Cison di Valmare-no (TV), in un castello stermi-nato, che contiene un hotel,un centro benessere, tre tea-tri, quattro sale congressi,due ristoranti, otto bar. E set-

te ascensori. Lui lo paragonaal castello di Ludwig. Ma nonè per questo che sta nel librodi Stefano Lorenzetto Cuor diVeneto. Colomban era il pa-drone della Permasteelisa,4500 dipendenti, 2 mila mi-liardi di lire di fatturato, e chene ha fatto? L’ha regalata aisuoi manager. Lui era il «sar-to dei grattacieli», cuciva ad-dosso ai grattacieli del mon-do vestiti di vetro e metallo.Perché l’ha regalata? Perchéla vita si divide in tre fasi: finoai 25 anni s’impara, fino ai 50si fa, fino ai 75 s’insegna, «nelsenso che bisogna passare aqualcun altro la propria espe-rienza». Tra i padroni delmondo, cercate un altro co-me lui. Non c’è.

Questi 25 personaggi «ec-cezionali» appartengono alVeneto (come l’autore, vero-nese, giornalista del Giornalee collaboratore di Panorama),e compongono un Veneto «ec-

cezionale». Ma tutti sforano ladimensione regionale, e assur-gono a una rilevanza nazionaleo ultra. Eugenio Benetazzo è unoperatore di Borsa indipenden-te, insegna come salvare i soldiin tempo di crisi, ed è convintoche globalizzazione=sodomizza-zione. Angelo Bonfanti ha crea-to una cooperativa dove fa lavo-rare i matti, quelli che noi chia-miamo matti: stavo per scrive-re «li cura», ma lui non s’illudedi guarirli, si accontenta di por-tarli al loro livello di normalità.Carla Corso è la prostituta chelo fa per i soldi (perché, le altreno?), e alla domanda: «Se sua fi-glia volesse fare la prostituta?»,risponde onestamente: «Ci pen-serei un attimo» (forse un atti-mo non basta).

Ci sono i nostalgici della Se-renissima: Flavio Contin, unodell’assalto al campanile di SanMarco; Stelvio Costantini, deca-no dei gondolieri; Ranieri daMosto, che tiene i conti di quan-

ti soldi deve restituire la Fran-cia al Veneto per le ruberie diNapoleone (dice: 1033 miliardidi euro. Li vuole da Sarkozy).Witige Gaddi, il marinaio chetiene il capanno della laguna diGrado dove sostavano Hemin-gway, Romiti, Polanski, Baggio,e tanti altri, lui dice «perchénon si paga». Milo Manara sve-la una tristezza che nonm’aspettavo, alla domanda: «Acosa serve il sesso?», risponde:«Alla riproduzione; ma oggi iomi trovo nella situazione diJack Nickolson, quando diceva:sto bene, ma giocano a bowlingnella mia corsia e vedo i birillicadere intorno a me».

È complicato citarli tutti, Ful-vio Roiter immenso fotografo diVenezia, Gino Seguso maestrovetraio di Murano, Giulio Ta-

massia che si finge Giulietta eda Verona risponde alle letteredel mondo eccetera. Vengonofuori migliaia di misteri sul Ve-neto. Io, che vivo qui, non li cono-scevo. È tutto nuovo, anche perme. La specialità del popolo ve-neto è una premessa alla sua se-paratezza? Cito un aneddoto,che forse anche Lorenzetto co-nosce. Quando era in atto l’assal-to dei Serenissimi al campaniledi San Marco, per stanarli fumandato un carabiniere meri-dionale, in collegamento-radiocol suo capitano. Ordina: «Alt!»,«No sparè no sparè», invocanoquelli; «Capitano, sono greci»,informa il carabiniere, e poi:«Mani in alto!», «Ghémo i cai’nte ’e man», «No capitano, sonotedeschi». Il Veneto patisce que-sta incomprensibilità, che lo ren-de misterioso, buio e disprezza-to. In quel mistero, in quel buioLorenzetto s’aggira con occhialia infrarossi. E vede tutto.

([email protected])

MICHELEAINIS

Ben vengano gli anni-versari, se servono a riflettere,o meglio a rifletterci nel nostrospecchio collettivo. Il centocin-quantenario dell'unità d'Italiasta infatti alimentando un fiu-me d'articoli, convegni, libri ches'interrogano sulla nostra iden-tità, sulle ragioni del nostro vi-vere comune. E sulle prospetti-ve, certo, sul futuro che ci atten-de, specie da quando la macchi-na del federalismo ha acceso ilmotore (giungerà a destinazio-ne nel 2016, a meno d'incidenti).Nel frattempo non siamo Né uni-ti né divisi, come afferma unpamphlet appena uscito per i ti-pi di Donzelli. L'autore è il socio-logo Marcello Fedele, il titolo è asua volta fedele rispetto alla no-stra condizione. Perché non si è(ancora?) consumata un'auten-tica frattura nel cemento che citiene insieme, e perché le crepetuttavia s'allargano, scavano inprofondità. Dove?

Intanto nella selva dei pote-

ri locali, dominati da una levadi «cacicchi» insofferenti ver-so le attribuzioni dello Statocentrale così come verso l'auto-rità delle segreterie politichenazionali. In secondo luogo nel-le normative schizofrenichefabbricate dalle periferie italia-ne, sicché quanto è proibito aCuneo, a Barletta riceve unamedaglia. In terzo luogo nell'apologia del campanile, nel lo-calismo su cui batte il chiodoper esempio la Gelmini quandopropone gli insegnanti regiona-li, o la Rai che ha appena bandi-to un concorso per le redazionidei tg locali, riservandolo a chiha casa nello stesso circonda-rio di ogni redazione. In quartoluogo nella polverizzazione de-gli apparati decentrati: abbia-mo in circolo 8101 Comuni, 109Province (erano 59 nel 1861),un numero imprecisato d'orga-nismi minori, quando per dir-ne una l'Inghilterra ha ridotto idistretti locali da 1549 a 522. Inquinto luogo nella dislocazionedelle rispettive competenze,che tagliano a fettine il territo-rio senza un'architettura orga-nica, senza un piano, senza ne-anche qualche grammo di ri-spetto per la geografia.

Qui s'affacciano le osserva-

zioni più stringenti di Fedele, eanche una lezione del sociologoal giurista, che quest'ultimo fa-rebbe bene a ricordare quandointerroga le forme astratte deldiritto. Perché è vero - come i co-stituzionalisti hanno più volte de-nunziato - che la riforma del Ti-tolo V ha innescato una perennefonte di baruffe tra lo Stato e leRegioni. È altrettanto vero che ilnuovo art. 114 della Costituzione(«La Repubblica è costituita daiComuni, dalle Province, dalleCittà metropolitane, dalle Regio-

ni e dallo Stato») è un monumen-to alla retorica del peggior fede-ralismo, dato che non si possonomettere sullo stesso piatto loStato centrale e i 37 cittadini delComune di Pedesina. È indubbia-mente vero che il federalismo all'italiana non ha pari al mondo,perché indossa un vestito d'Ar-lecchino, cucito con stoffa ingle-se per l'amministrazione centra-le, con stoffa tedesca per quellaregionale, con stoffa franceseper le amministrazioni locali.

Ma l'insulto più grave colpiscea conti fatti il territorio, dove nes-sun ambito d'intervento corri-sponde all'altro, dove mancano si-nergie e raccordi fra i troppi atto-ri delle nostre istituzioni. Col ri-sultato che i centri per l'impiegonon coincidono con i distretti in-dustriali, e che questi ultimi nonsono correlati all'offerta scolasti-ca, né ai bacini commerciali, ai si-stemi turistici, ai dipartimenti sa-nitari. E soprattutto con la conse-guenza che i costi s'impennano,oltre a divaricarsi come le lame diuna forbice (il Molise spende 374euro ad abitante per il proprio ap-parato burocratico, la Lombar-dia 91). Insomma non c'è male: in-filiamo una riforma territorialedopo l'altra senza mai tenere con-to del nostro territorio.

LORENZOMONDO

Diamo per scontati ifraintendimenti dovuti a unalettura ideologica e faziosa delGattopardo, il capolavoro di Giu-seppe Tomasi di Lampedusa. Arigore, apparirebbe abusivoperfino l’uso ormai invalso del-l’aggettivo «gattopardesco»per designare l’arte sopraffinadel trasformismo. Non si puòattribuire al principe FabrizioSalina, l’ultimo dei Gattopardi,la frase pronunciata dal nipoteTancredi Falconeri e diventatala divisa del romanzo: «Se vo-gliamo che tutto rimanga comeè, bisogna che tutto cambi».

Il principe devoto a un leo-pardiano culto delle stelle aderi-sce solo in parte, per disincan-to, alle parole dell’adorato nipo-te che non esiterà a definire«un tantino ignobile». Ma perquanto improntato al pessimi-smo nei confronti della Storia,tenuta in scacco dalla morte edall’eternità, Il Gattopardo è an-che un romanzo che si allinea al-le pagine di Verga, De Roberto,Pirandello, Sciascia che conte-stano il Risorgimento italiano.

O, per meglio dire, i risultaticonseguiti dall’unificazione del-la penisola, visti dalla specoladella Sicilia in quel fatale 1860.

Uno dei capitoli più signifi-cativi riguarda il giorno del ple-biscito. Lo scrutinio ufficialedei voti, che registra a Donnafu-gata l’unanime adesione deglielettori al regno d’Italia (senzaneppure un no), è frutto di bro-gli e sopraffazioni che non sonodi buon auspicio per l’avveniredella nazione. Lampedusa, chegioca sempre di contrappuntotra presente e futuro, non lesi-na un giudizio sferzante su que-sta buona fede tradita: «DonFabrizio non poteva saperlo al-lora, ma una parte della neghit-tosità, dell’acquiescenza per laquale durante i decenni seguen-ti si doveva vituperare la gentedel Mezzogiorno, ebbe la pro-pria origine nello stupido annul-lamento della prima espressio-ne di libertà che a questi si fos-se mai presentata». D’altronde,dopo la caduta del governo bor-bonico, nonostante la Rivoluzio-ne portata dalle «camicie ros-se», i nobili conservano i loroprivilegi, al Principone verràaddirittura offerto un seggio se-natoriale che egli rifiuta (diffe-renziandosi anche in questo daTancredi che persegue una am-biziosa carriera politica).

Il nuovo, e il peggio, è rappre-sentato dall’avvento di una inedi-ta classe, quella personificatadall’abbietto don Calogero Se-dàra, che sfrutta i moti liberali,la forza del denaro e la stessa av-venenza della figlia Angelica perarrampicarsi sugli scalini dellanotorietà, del successo politico emondano. Un altro punto di for-

za nella disamina dello scrittoreè il capitolo del ballo al quale par-tecipa il colonnello Pallavicino.Egli racconta come abbia dovu-to a malincuore far sparare a Ga-ribaldi in Aspromonte, azzop-pandolo, per mettere un freno alfanatismo dei suoi seguaci e sal-vare il compromesso sul quale ènato lo Stato unitario. Ma non

nasconde l’amarezza: «Mai sia-mo stati tanto disuniti come daquando siamo riuniti. Torinonon vuol cessare di esser capita-le, Milano trova la nostra ammi-nistrazione inferiore a quella au-striaca, Firenze ha paura che lesi portino via le opere d’arte, Na-poli piange per le industrie cheperde, e qui, qui in Sicilia, sta co-vando qualche grosso, irraziona-le guaio...». Infervorato dal vino,il colonnello paventa, dopo lascomparsa delle camicie garibal-dine, il succedersi nella storiad’Italia di altre camicie «di diver-so colore; e poi di nuovo rosse...».

Sulla Sicilia, sulle sue peculia-rità, è imbastito il confronto tradon Fabrizio, intriso di fatalismo,e l’ottimistico, progressisticoChevalley, che rappresenta il so-lo Stato liberale in Italia. Il dialo-go tra i due personaggi viene anti-cipato dalla beffarda evocazione,fatta da Tancredi per spaventarel’onesto funzionario piemontese,di atroci ammazzamenti nella Si-cilia profonda, di «storie racca-priccianti, purtroppo sempre au-tentiche». Ma il Principe preferi-sce indugiare sul carattere dei si-ciliani, «condizionato da fatalità

esteriori oltre che da una terrifi-cante insularità d’animo». I suoiconterranei gli sembrano oppres-si da un lungo sonno dal qualenon si vogliono svegliare, da unastremata vecchiaia che li rendeinsensibili a ogni sforzo di miglio-ramento e che essi non avverto-no, resi ciechi da un atavico senti-mento di fierezza.

La Sicilia terra di morti, «irre-dimibile» come il paesaggio bat-tuto e riarso dal sole che saluta lapartenza di Chevalley da Donna-fugata? Nelle considerazioni su-gli avvenimenti storici il «reazio-nario» Lampedusa non ignora gliscritti di Gramsci e Gobetti, diDorso e Salvemini e ne tiene con-to. Ma l’immutabilità delle cosenella vita nazionale, e non solo si-ciliana, è altra cosa.

Sciascia, che ha manifestatouna lunga insofferenza nei con-fronti del nostro autore, finiràper apprezzarne la «lucida pro-fezia», per fare suo l’aggettivo«irredimibile» proposto dal Gat-topardo. La frustrazione civile loavvicina all’ironico pessimismodi Lampedusa, che si radicalizzae diventa cosmico nel principedi Salina: l’innamorato degli spa-zi siderali che proietta sulla so-cietà, sulla Sicilia, sulla Storia,insieme al presentimento dellapropria morte, il declino di unastirpe.

Il Gattopardo:tutti i brogliche hannodisfatto l’Italia

Gli eroi di Lorenzetto:oltre la dimensioneregionale, la loroè una rilevanzanazionale o ultra

«Né uniti né divisi»:il sociologo MarcelloFedele nella selvadei poteri locali,dominati dai cacicchi

Il federalismoè il vestitodi Arlecchino

Un paraplegicoè il Nettunodell’Atlantico

Dal sarto dei grattacieliche ha regalato 2 milamiliardi ai nostalgicidella Serenissima,al decano dei gondolieri

Stoffa inglese perl’amministrazionecentrale, tedescaper le Regioni, franceseper le realtà locali

Sciascia ha infinericonosciuto la «lucidaprofezia» dell’operaattingendonel’aggettivo «irredimibile»

pp Marcello Fedelep NÉ UNITI NÉ DIVISI. Le due ani-

me del federalismo all'italianap Donzelli, pp. 169, € 17

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

pp Stefano Lorenzettop CUOR DI VENETOp Marsilio , pp. 304, € 19

Ritratti Venticinque interpretidi un Veneto fuori dell’ordinario

Pamphlet Le riforme territorialiche non tengono conto del territorio

Una inedita classesfrutta i moti liberaliper salire la scala dellanotorietà, del successopolitico e mondano

Bloc notes

Tra Nord e SudVIIITuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA IX

Stefano Lorenzetto

La locandina del film «Il Gattopardo» di Visconti

Umberto Bossi

I VINCITORI

De Sanctis= Gian Luigi Beccaria(Misticanze, Garzanti) per laLinguistica, Stefano Agosti (Ilromanzo francese dell’’800, IlMulino) per la critica letteraria,Piero Boitani (Il vangelosecondo Shakespeare, IlMulino) e Raffaele Manica (peril saggio introduttivo alMeridiano Mondadori diArbasino) sono i vincitori delpremio De Sanctis, presidentedella giuria Giorgio Ficara. Lapremiazione il 6 ottobre, Roma,Villa Doria Pamphili, h. 18,30.

MISANO ADRIATICO

Tristi passioni= La lezione di SalvatoreNatoli «Tristitia est ipsacupiditas: genesi dellatristezza» inaugura l’8 ottobre,a Misano Adriatico, Bibliotecacomunale, il ciclo di incontri«L’epoca delle passioni tristi.Antropologia del presente».Nei venerdì successivi, CarloSini, Pierluigi Celli e EdoardoNesi, Romano Madera, RemoBodei, Adriana Cavarero.Chiuderanno Ilvo Diamanti(18/11) e Umberto Galimberticon Marco Guzzi (25/11).

A ROMA

Per Rubbettino= A dieci anni dallascomparsa, un convegno inonore di Rosario Rubbettino,«La prospettiva delmeridionalismo liberale». Il 7 el’8 ottobre, a Roma e a SoveriaMannelli, dove l’editorecalabrese nacque nel 1941.

TORINO E BOLOGNA

Salone e Festival= A Torino, fino a domani,«DNA Italia», il nuovo salonededicato alle tecniche per laconoscenza, conservazione,fruizione e gestione delpatrimonio culturale. ABologna, dal 3 al 7 novembre,«Festival of festivals», ilcongresso italiano dedicato almondo degli eventi culturali(e agli operatori che liorganizzano).www.festivaloffestivals.org

CITTA’ DELLA PIEVE

Premio Penna= Annelisa Alleva (La casarotta, Jaca Book) e Lina Salvi(Dialogando con C.S.) sono ivincitori del Premio Penna,rispettivamente per le sezioniedito e inedito. La consegnaoggi a Città della Pieve.

Page 9: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.56

«Il Gattopardo» (edizioneconforme al manoscrittodel 1957) è pubblicato daFeltreinelli (pp. 299, € 17).Nel 1959, un anno dopo lascomparsa dell’autore, ilromanzo vinse il PremioStrega. Nel 1963, LuchinoVisconti vi trasse il film conBurt Lancaster, ClaudiaCardinale e Alain Delon.Giuseppe Tomasi diLampedusa era nato aPalermo nel 1896. Le sue«Opere» sono raccolte in unMeridiano Mondadori(LXVI-1971, € 60),Introduzione e premesse diGioacchino Lanza Tomasi.

CATTANEO E BOBBIO

Stati Uniti d’ItaliaPadre del federalismo èunanimente considerato CarloCattaneo. Al pensatorelombardo, fondatore dellarivista «Il Politecnico», dedicòuno studio Norberto Bobbio cheora viene riproposto da Donzelli,Stati uniti d’Italia (pp.XXVI-150, € 17,50).

Dal 13 al 18 ottobre, a Torino,una settimana di riflessioni,incontri, rappresentazioni nelricordo di Norberto Bobbio, chenasceva il 19 ottobre 1909.«Elogio della mitezza» è il temadel ciclo, che si inaugura il 13, alCircolo dei Lettori, con unseminario di studio a cuipartecipano Pietro Polito,Santina Mobiglia, Pier CesareBori e Gustavo Zagrebelsky (unintervento su «E’ la mitezza lapiù impolitica delle virtù?»).

Tomasi di Lampedusa Il suo capolavorosi allinea alle pagine di Verga, De Roberto,Pirandello, Sciascia contro il Risorgimento

FERDINANDOCAMON

Sono 25 ritratti di per-sonaggi noti o sconosciuti, matutti memorabili. Il più memo-rabile è Andrea Stella, pa-raplegico da quando gli hannosparato quattro colpi di pisto-la in Florida, drogati che vole-van rubargli l’auto. Da allorasta in carrozzina. Pareva de-stinato a una mezza vita. E in-vece vive una super-vita. S’ècostruito un catamarano di17,5 metri, attrezzandolo inmodo che sia governabile daparaplegici, ha compiuto latraversata dell’Atlantico, e daallora la sua vita è una sequen-za d’invenzioni e audacie. Alladomanda: «Cosa può fare unparaplegico?», risponde:«Tutto». E all’altra domanda,più crudele: «Cos’è stata perlei l’aggressione che l’ha resoparaplegico, una disgrazia?»,risponde ridendo: «Fortuna.Ho conosciuto un mondo chemi ha migliorato». Grande, diuna grandezza prometeica.

Grande, ma di una gran-dezza zen, Massimo Colom-ban: vive a Cison di Valmare-no (TV), in un castello stermi-nato, che contiene un hotel,un centro benessere, tre tea-tri, quattro sale congressi,due ristoranti, otto bar. E set-

te ascensori. Lui lo paragonaal castello di Ludwig. Ma nonè per questo che sta nel librodi Stefano Lorenzetto Cuor diVeneto. Colomban era il pa-drone della Permasteelisa,4500 dipendenti, 2 mila mi-liardi di lire di fatturato, e chene ha fatto? L’ha regalata aisuoi manager. Lui era il «sar-to dei grattacieli», cuciva ad-dosso ai grattacieli del mon-do vestiti di vetro e metallo.Perché l’ha regalata? Perchéla vita si divide in tre fasi: finoai 25 anni s’impara, fino ai 50si fa, fino ai 75 s’insegna, «nelsenso che bisogna passare aqualcun altro la propria espe-rienza». Tra i padroni delmondo, cercate un altro co-me lui. Non c’è.

Questi 25 personaggi «ec-cezionali» appartengono alVeneto (come l’autore, vero-nese, giornalista del Giornalee collaboratore di Panorama),e compongono un Veneto «ec-

cezionale». Ma tutti sforano ladimensione regionale, e assur-gono a una rilevanza nazionaleo ultra. Eugenio Benetazzo è unoperatore di Borsa indipenden-te, insegna come salvare i soldiin tempo di crisi, ed è convintoche globalizzazione=sodomizza-zione. Angelo Bonfanti ha crea-to una cooperativa dove fa lavo-rare i matti, quelli che noi chia-miamo matti: stavo per scrive-re «li cura», ma lui non s’illudedi guarirli, si accontenta di por-tarli al loro livello di normalità.Carla Corso è la prostituta chelo fa per i soldi (perché, le altreno?), e alla domanda: «Se sua fi-glia volesse fare la prostituta?»,risponde onestamente: «Ci pen-serei un attimo» (forse un atti-mo non basta).

Ci sono i nostalgici della Se-renissima: Flavio Contin, unodell’assalto al campanile di SanMarco; Stelvio Costantini, deca-no dei gondolieri; Ranieri daMosto, che tiene i conti di quan-

ti soldi deve restituire la Fran-cia al Veneto per le ruberie diNapoleone (dice: 1033 miliardidi euro. Li vuole da Sarkozy).Witige Gaddi, il marinaio chetiene il capanno della laguna diGrado dove sostavano Hemin-gway, Romiti, Polanski, Baggio,e tanti altri, lui dice «perchénon si paga». Milo Manara sve-la una tristezza che nonm’aspettavo, alla domanda: «Acosa serve il sesso?», risponde:«Alla riproduzione; ma oggi iomi trovo nella situazione diJack Nickolson, quando diceva:sto bene, ma giocano a bowlingnella mia corsia e vedo i birillicadere intorno a me».

È complicato citarli tutti, Ful-vio Roiter immenso fotografo diVenezia, Gino Seguso maestrovetraio di Murano, Giulio Ta-

massia che si finge Giulietta eda Verona risponde alle letteredel mondo eccetera. Vengonofuori migliaia di misteri sul Ve-neto. Io, che vivo qui, non li cono-scevo. È tutto nuovo, anche perme. La specialità del popolo ve-neto è una premessa alla sua se-paratezza? Cito un aneddoto,che forse anche Lorenzetto co-nosce. Quando era in atto l’assal-to dei Serenissimi al campaniledi San Marco, per stanarli fumandato un carabiniere meri-dionale, in collegamento-radiocol suo capitano. Ordina: «Alt!»,«No sparè no sparè», invocanoquelli; «Capitano, sono greci»,informa il carabiniere, e poi:«Mani in alto!», «Ghémo i cai’nte ’e man», «No capitano, sonotedeschi». Il Veneto patisce que-sta incomprensibilità, che lo ren-de misterioso, buio e disprezza-to. In quel mistero, in quel buioLorenzetto s’aggira con occhialia infrarossi. E vede tutto.

([email protected])

MICHELEAINIS

Ben vengano gli anni-versari, se servono a riflettere,o meglio a rifletterci nel nostrospecchio collettivo. Il centocin-quantenario dell'unità d'Italiasta infatti alimentando un fiu-me d'articoli, convegni, libri ches'interrogano sulla nostra iden-tità, sulle ragioni del nostro vi-vere comune. E sulle prospetti-ve, certo, sul futuro che ci atten-de, specie da quando la macchi-na del federalismo ha acceso ilmotore (giungerà a destinazio-ne nel 2016, a meno d'incidenti).Nel frattempo non siamo Né uni-ti né divisi, come afferma unpamphlet appena uscito per i ti-pi di Donzelli. L'autore è il socio-logo Marcello Fedele, il titolo è asua volta fedele rispetto alla no-stra condizione. Perché non si è(ancora?) consumata un'auten-tica frattura nel cemento che citiene insieme, e perché le crepetuttavia s'allargano, scavano inprofondità. Dove?

Intanto nella selva dei pote-

ri locali, dominati da una levadi «cacicchi» insofferenti ver-so le attribuzioni dello Statocentrale così come verso l'auto-rità delle segreterie politichenazionali. In secondo luogo nel-le normative schizofrenichefabbricate dalle periferie italia-ne, sicché quanto è proibito aCuneo, a Barletta riceve unamedaglia. In terzo luogo nell'apologia del campanile, nel lo-calismo su cui batte il chiodoper esempio la Gelmini quandopropone gli insegnanti regiona-li, o la Rai che ha appena bandi-to un concorso per le redazionidei tg locali, riservandolo a chiha casa nello stesso circonda-rio di ogni redazione. In quartoluogo nella polverizzazione de-gli apparati decentrati: abbia-mo in circolo 8101 Comuni, 109Province (erano 59 nel 1861),un numero imprecisato d'orga-nismi minori, quando per dir-ne una l'Inghilterra ha ridotto idistretti locali da 1549 a 522. Inquinto luogo nella dislocazionedelle rispettive competenze,che tagliano a fettine il territo-rio senza un'architettura orga-nica, senza un piano, senza ne-anche qualche grammo di ri-spetto per la geografia.

Qui s'affacciano le osserva-

zioni più stringenti di Fedele, eanche una lezione del sociologoal giurista, che quest'ultimo fa-rebbe bene a ricordare quandointerroga le forme astratte deldiritto. Perché è vero - come i co-stituzionalisti hanno più volte de-nunziato - che la riforma del Ti-tolo V ha innescato una perennefonte di baruffe tra lo Stato e leRegioni. È altrettanto vero che ilnuovo art. 114 della Costituzione(«La Repubblica è costituita daiComuni, dalle Province, dalleCittà metropolitane, dalle Regio-

ni e dallo Stato») è un monumen-to alla retorica del peggior fede-ralismo, dato che non si possonomettere sullo stesso piatto loStato centrale e i 37 cittadini delComune di Pedesina. È indubbia-mente vero che il federalismo all'italiana non ha pari al mondo,perché indossa un vestito d'Ar-lecchino, cucito con stoffa ingle-se per l'amministrazione centra-le, con stoffa tedesca per quellaregionale, con stoffa franceseper le amministrazioni locali.

Ma l'insulto più grave colpiscea conti fatti il territorio, dove nes-sun ambito d'intervento corri-sponde all'altro, dove mancano si-nergie e raccordi fra i troppi atto-ri delle nostre istituzioni. Col ri-sultato che i centri per l'impiegonon coincidono con i distretti in-dustriali, e che questi ultimi nonsono correlati all'offerta scolasti-ca, né ai bacini commerciali, ai si-stemi turistici, ai dipartimenti sa-nitari. E soprattutto con la conse-guenza che i costi s'impennano,oltre a divaricarsi come le lame diuna forbice (il Molise spende 374euro ad abitante per il proprio ap-parato burocratico, la Lombar-dia 91). Insomma non c'è male: in-filiamo una riforma territorialedopo l'altra senza mai tenere con-to del nostro territorio.

LORENZOMONDO

Diamo per scontati ifraintendimenti dovuti a unalettura ideologica e faziosa delGattopardo, il capolavoro di Giu-seppe Tomasi di Lampedusa. Arigore, apparirebbe abusivoperfino l’uso ormai invalso del-l’aggettivo «gattopardesco»per designare l’arte sopraffinadel trasformismo. Non si puòattribuire al principe FabrizioSalina, l’ultimo dei Gattopardi,la frase pronunciata dal nipoteTancredi Falconeri e diventatala divisa del romanzo: «Se vo-gliamo che tutto rimanga comeè, bisogna che tutto cambi».

Il principe devoto a un leo-pardiano culto delle stelle aderi-sce solo in parte, per disincan-to, alle parole dell’adorato nipo-te che non esiterà a definire«un tantino ignobile». Ma perquanto improntato al pessimi-smo nei confronti della Storia,tenuta in scacco dalla morte edall’eternità, Il Gattopardo è an-che un romanzo che si allinea al-le pagine di Verga, De Roberto,Pirandello, Sciascia che conte-stano il Risorgimento italiano.

O, per meglio dire, i risultaticonseguiti dall’unificazione del-la penisola, visti dalla specoladella Sicilia in quel fatale 1860.

Uno dei capitoli più signifi-cativi riguarda il giorno del ple-biscito. Lo scrutinio ufficialedei voti, che registra a Donnafu-gata l’unanime adesione deglielettori al regno d’Italia (senzaneppure un no), è frutto di bro-gli e sopraffazioni che non sonodi buon auspicio per l’avveniredella nazione. Lampedusa, chegioca sempre di contrappuntotra presente e futuro, non lesi-na un giudizio sferzante su que-sta buona fede tradita: «DonFabrizio non poteva saperlo al-lora, ma una parte della neghit-tosità, dell’acquiescenza per laquale durante i decenni seguen-ti si doveva vituperare la gentedel Mezzogiorno, ebbe la pro-pria origine nello stupido annul-lamento della prima espressio-ne di libertà che a questi si fos-se mai presentata». D’altronde,dopo la caduta del governo bor-bonico, nonostante la Rivoluzio-ne portata dalle «camicie ros-se», i nobili conservano i loroprivilegi, al Principone verràaddirittura offerto un seggio se-natoriale che egli rifiuta (diffe-renziandosi anche in questo daTancredi che persegue una am-biziosa carriera politica).

Il nuovo, e il peggio, è rappre-sentato dall’avvento di una inedi-ta classe, quella personificatadall’abbietto don Calogero Se-dàra, che sfrutta i moti liberali,la forza del denaro e la stessa av-venenza della figlia Angelica perarrampicarsi sugli scalini dellanotorietà, del successo politico emondano. Un altro punto di for-

za nella disamina dello scrittoreè il capitolo del ballo al quale par-tecipa il colonnello Pallavicino.Egli racconta come abbia dovu-to a malincuore far sparare a Ga-ribaldi in Aspromonte, azzop-pandolo, per mettere un freno alfanatismo dei suoi seguaci e sal-vare il compromesso sul quale ènato lo Stato unitario. Ma non

nasconde l’amarezza: «Mai sia-mo stati tanto disuniti come daquando siamo riuniti. Torinonon vuol cessare di esser capita-le, Milano trova la nostra ammi-nistrazione inferiore a quella au-striaca, Firenze ha paura che lesi portino via le opere d’arte, Na-poli piange per le industrie cheperde, e qui, qui in Sicilia, sta co-vando qualche grosso, irraziona-le guaio...». Infervorato dal vino,il colonnello paventa, dopo lascomparsa delle camicie garibal-dine, il succedersi nella storiad’Italia di altre camicie «di diver-so colore; e poi di nuovo rosse...».

Sulla Sicilia, sulle sue peculia-rità, è imbastito il confronto tradon Fabrizio, intriso di fatalismo,e l’ottimistico, progressisticoChevalley, che rappresenta il so-lo Stato liberale in Italia. Il dialo-go tra i due personaggi viene anti-cipato dalla beffarda evocazione,fatta da Tancredi per spaventarel’onesto funzionario piemontese,di atroci ammazzamenti nella Si-cilia profonda, di «storie racca-priccianti, purtroppo sempre au-tentiche». Ma il Principe preferi-sce indugiare sul carattere dei si-ciliani, «condizionato da fatalità

esteriori oltre che da una terrifi-cante insularità d’animo». I suoiconterranei gli sembrano oppres-si da un lungo sonno dal qualenon si vogliono svegliare, da unastremata vecchiaia che li rendeinsensibili a ogni sforzo di miglio-ramento e che essi non avverto-no, resi ciechi da un atavico senti-mento di fierezza.

La Sicilia terra di morti, «irre-dimibile» come il paesaggio bat-tuto e riarso dal sole che saluta lapartenza di Chevalley da Donna-fugata? Nelle considerazioni su-gli avvenimenti storici il «reazio-nario» Lampedusa non ignora gliscritti di Gramsci e Gobetti, diDorso e Salvemini e ne tiene con-to. Ma l’immutabilità delle cosenella vita nazionale, e non solo si-ciliana, è altra cosa.

Sciascia, che ha manifestatouna lunga insofferenza nei con-fronti del nostro autore, finiràper apprezzarne la «lucida pro-fezia», per fare suo l’aggettivo«irredimibile» proposto dal Gat-topardo. La frustrazione civile loavvicina all’ironico pessimismodi Lampedusa, che si radicalizzae diventa cosmico nel principedi Salina: l’innamorato degli spa-zi siderali che proietta sulla so-cietà, sulla Sicilia, sulla Storia,insieme al presentimento dellapropria morte, il declino di unastirpe.

Il Gattopardo:tutti i brogliche hannodisfatto l’Italia

Gli eroi di Lorenzetto:oltre la dimensioneregionale, la loroè una rilevanzanazionale o ultra

«Né uniti né divisi»:il sociologo MarcelloFedele nella selvadei poteri locali,dominati dai cacicchi

Il federalismoè il vestitodi Arlecchino

Un paraplegicoè il Nettunodell’Atlantico

Dal sarto dei grattacieliche ha regalato 2 milamiliardi ai nostalgicidella Serenissima,al decano dei gondolieri

Stoffa inglese perl’amministrazionecentrale, tedescaper le Regioni, franceseper le realtà locali

Sciascia ha infinericonosciuto la «lucidaprofezia» dell’operaattingendonel’aggettivo «irredimibile»

pp Marcello Fedelep NÉ UNITI NÉ DIVISI. Le due ani-

me del federalismo all'italianap Donzelli, pp. 169, € 17

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

pp Stefano Lorenzettop CUOR DI VENETOp Marsilio , pp. 304, € 19

Ritratti Venticinque interpretidi un Veneto fuori dell’ordinario

Pamphlet Le riforme territorialiche non tengono conto del territorio

Una inedita classesfrutta i moti liberaliper salire la scala dellanotorietà, del successopolitico e mondano

Bloc notes

Tra Nord e SudVIIITuttolibri

SABATO 2 OTTOBRE 2010LA STAMPA IX

Stefano Lorenzetto

La locandina del film «Il Gattopardo» di Visconti

Umberto Bossi

I VINCITORI

De Sanctis= Gian Luigi Beccaria(Misticanze, Garzanti) per laLinguistica, Stefano Agosti (Ilromanzo francese dell’’800, IlMulino) per la critica letteraria,Piero Boitani (Il vangelosecondo Shakespeare, IlMulino) e Raffaele Manica (peril saggio introduttivo alMeridiano Mondadori diArbasino) sono i vincitori delpremio De Sanctis, presidentedella giuria Giorgio Ficara. Lapremiazione il 6 ottobre, Roma,Villa Doria Pamphili, h. 18,30.

MISANO ADRIATICO

Tristi passioni= La lezione di SalvatoreNatoli «Tristitia est ipsacupiditas: genesi dellatristezza» inaugura l’8 ottobre,a Misano Adriatico, Bibliotecacomunale, il ciclo di incontri«L’epoca delle passioni tristi.Antropologia del presente».Nei venerdì successivi, CarloSini, Pierluigi Celli e EdoardoNesi, Romano Madera, RemoBodei, Adriana Cavarero.Chiuderanno Ilvo Diamanti(18/11) e Umberto Galimberticon Marco Guzzi (25/11).

A ROMA

Per Rubbettino= A dieci anni dallascomparsa, un convegno inonore di Rosario Rubbettino,«La prospettiva delmeridionalismo liberale». Il 7 el’8 ottobre, a Roma e a SoveriaMannelli, dove l’editorecalabrese nacque nel 1941.

TORINO E BOLOGNA

Salone e Festival= A Torino, fino a domani,«DNA Italia», il nuovo salonededicato alle tecniche per laconoscenza, conservazione,fruizione e gestione delpatrimonio culturale. ABologna, dal 3 al 7 novembre,«Festival of festivals», ilcongresso italiano dedicato almondo degli eventi culturali(e agli operatori che liorganizzano).www.festivaloffestivals.org

CITTA’ DELLA PIEVE

Premio Penna= Annelisa Alleva (La casarotta, Jaca Book) e Lina Salvi(Dialogando con C.S.) sono ivincitori del Premio Penna,rispettivamente per le sezioniedito e inedito. La consegnaoggi a Città della Pieve.

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329 2938

57

106

4100

Accabadora

MURGIAEINAUDI

I segretidel Vaticano

AUGIASMONDADORI

7

La solitudinedeinumeri primiGIORDANOMONDADORI

59

L’intermittenza

CAMILLERIMONDADORI

Acciaio

AVALLONERIZZOLI

35

La psichiatra

DORNCORBACCIO

5 52

I love minishopping

KINSELLAMONDADORI

37

CanaleMussolini

PENNACCHIMONDADORI

70

Le valchirie

COELHOBOMPIANI

MangiapregaamaGILBERTRIZZOLI

8

Saggistica Varia TascabiliNarrativaitaliana

Narrativastraniera

3

Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 19 AL 25 SETTEMBRE.

1

1. Mangia prega ama 70GILBERT 18,50 RIZZOLI

2. Le valchirie 52COELHO 18,00 BOMPIANI

3. La psichiatra 32DORN 18,60 CORBACCIO

4. I love mini shopping 29KINSELLA 19,50 MONDADORI

5. Un giorno 23NICHOLLS 18,00 NERI POZZA

6. La notte ha cambiato rumore 18DUEÑAS 20,00 MONDADORI

7. L’eleganza del riccio 16BARBERY 18,00 E/O

8. Il cobra 16FORSYTH 19,50 MONDADORI

9. L’uomo di neve 15NESBØ 19,50 PIEMME

10. Labibliotecadei libriproibiti 14HARDING 17,60 GARZANTI

AI PUNTILUCIANO GENTA

Malinconiecon suocera

e Leopardi

2

1. Lasolitudine deinumeriprimi 100GIORDANO 13,00 MONDADORI

2. Il piccolo principe 16SAINT-EXUPERY 7,50 BOMPIANI

3. Il giorno in più 14VOLO 12,00 MONDADORI

4. La regina dei castelli di carta 14LARSSON 13,80 MARSILIO

5. È una vita che ti aspetto 14VOLO 9,00 MONDADORI

6. La versione di Barney 13RICHLER 12,00 ADELPHI

7. Uomini che odiano le donne 12LARSSON 13,80 MARSILIO

8. L’ombra del vento 12RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

9. La ragazzachegiocavacon il fuoco 11LARSSON 13,80 MARSILIO

10. Un posto nel mondo 11VOLO 12,00 MONDADORI

Nessun cambiamento tra i 10 più venduti, sempreguidati da Giordano, con minime variazioni dipunteggio e conseguenti scambi di posizione. Il pri-

mo nuovo ingresso della settimana è 11˚ in classifica gene-rale, 6˚ nella narrativa italiana, il romanzo di Diego DeSilva sequel di Non avevo capito niente, ancora con prota-gonista l’avvocato Vincenzo Malinconico, che si ritrova suomalgrado «difensore d’ufficio» di un ingegnere informati-co artefice del sequestro di un boss camorrista, da lui consi-derato responsabile della «morte accidentale» del figlio: iltutto in un supermercato, ripreso dalla tv a circuito inter-no, per farne «un processo in diretta». Ma più di questo in-

treccio contano e divertono le digressioni esistenziali del no-stro Malinconico di nome e di fatto, i suoi pasticci sentimen-tali e familiari, con la ex suocera che si attacca alla botti-glia di Jack Daniel’s (e ne ha motivo, purtroppo) e l’amatache «cerbiatta» e «fuseggia», mentre lui si ingarbuglia, an-naspa, filosofeggia. Un avvocato opposto al modello «ma-stino» Ghedini - Bongiorno, ben diverso anche dall’intra-prendente Guerrieri di Carofiglio: qui c’è una indolente ras-segnazione napoletana, la saggezza imperturbabile del la-sciar fare senza muovere un dito, la zattera della «capitola-zione precoce». Commedia in cui il comico protegge dal tra-gico, monologo interiore in cui il cazzeggio è il risvolto di un

«cazzuto pragmatismo» e insieme reality di «questi tempidisinvolti che hanno largamente sdoganato l’ignoranza».Un avvocato a modo suo leopardiano, nipotino di Giacomoche proprio a Napoli andò a spegnersi, consolato dai gelatidi Ranieri, come racconta Citati in una fitta biografia, 4˚in saggistica, un racconto al galoppo, con l’autore che, co-me al solito, alla Flaubert, si cala nel suo personaggio e lofagocita. «Gobbo, impotente, quasi cieco, torturato da unadepressione psicotica» eppure vitalissimo. Un malinconicomaestro nell’«arte di sopportare», perché al destino non c’èrimedio e a poco serve blaterare di futuro. Come oggi va dimoda, a destra e a manca. Meglio bere con la suocera.

La Buckmesse, il 6-10 pros-simi. L’Argentina, ospited’onore. In primo piano la

piccola Nuova Frontiera, che sidedica in gran parte ai paesi dilingua spagnola e portoghese.Titolo principe da presentare aFrancoforte: Un’innocente cru-deltà, antologia inedita da noi,a cura di Francesca Lazzarato,di testi di Silvina Ocampo, lascrittrice porteña grande amicadi Borges nonchè moglie di BioyCasares, dove si privilegiano i te-mi dell’infanzia e dei rapportimadre-figli.

«Ma i toni sono ben lontanidal mito dell’infanzia come etàdell’oro», spiega il trentacin-quenne Lorenzo Ribaldi, figliod’arte che nel 2000 ha avviatoinsieme al padre, questa sigla dipassione e competenza (impor-tante è il settore dedicato ai ra-gazzi). Accanto al «blasone»Ocampo, protagonisti alla Fieraaltri 3 argentini, tra i maggiori:Raul Argemí, L’ultima carova-na della Patagonia, è uscito a

giugno; Lucia Puenzo anche regi-sta (il suo Bambino pesce è diven-tato un film così come XXY pre-miato nel 2008 a Cannes); Anto-nio Dal Masetto con Il sacrificiodi Giuseppe, «incredibilmente po-co conosciuto in Italia».

In un catalogo di oltre 150 tito-li, tra Portogallo,Brasile, Angola,Mozambico, i Ribaldi vantano le

60 mila copie di Piazza del Dia-mante: trattasi però di un altrogrande nome, Mercè Rodoreda, edi un classico ormai, come Via del-le camelie e come, dal 3 novem-bre, Giardino sul mare. Minusco-lo longseller, 30 mila copie, ancheCaramelo della chicana SandraCisneros. Di Francisco Josè Vie-gas, il Montalban portoghese, esceadesso Il mare di Casablanca in-sieme a L’ombra dell’eunuco diJaume Cabré, il più importantescrittore catalano vivente. C’eraJosè Luìs Peixoto, poi compratoda Einaudi, destino di un po’ tuttii bravi talent scout della giovaneeditoria, «ma nessun dramma.Continuiamo a esplorare i fermen-ti culturali che vanno oltre la lette-ratura del boom, in futuro anchequelli italiani. Purchè ci lascino la-vorare...». Ribaldi ha aderito allaprotesta guidata da Ginevra Bom-piani contro la legge del libro. Pursenza essere troppo pessimi-sta.«Non è certo l’ideale, ma nonpotremo comunque stare peggioche nel far west di oggi».

Epperò, nei giorni tristi diSakineh, sarebbe interes-sante sapere di che cosa

profuma il bestseller iraniano Da,scritto da una donna: la centodeci-ma edizione è stata presentata al-la Fiera del libro di Teheran conuna copertina aromatica, «anaromatic cover» come recita crip-ticamente l'annuncio ufficiale.Leggere i giornali stranieri riser-va momenti così, di pura surreal-tà. Da è un libro sulla guerra: diche cosa odorerà mai, di sangue epolvere? Di petrolio, di lacrime? Èun memoir romanzato sulla guer-ra Iran-Iraq degli Anni Ottanta,o «sacra difesa» come la chiama-no lì: uno dei temi letterari più fre-quentati in Iran.

Da significa «madre» nel dia-letto della città di Khorramshahr,che fu catturata dagli iracheni al-l’inizio del conflitto. Voce e sguar-do femminili sulla guerra, dun-que. Il libro è firmato da SeyyedehAzam Hosseini, che in sette annidi lavoro ha raccolto e trascritto iricordi di Seyyedeh Zahra Hossei-

ni. C’è una sua fotografia mentre ri-ceve un premio: di qua lei avvoltanel lungo velo nero, di là quattro uo-mini che le consegnano pergamenee targa. Com’è difficile bucare glistereotipi. Né la nostra editoria aiu-ta, dall’Iran e limitrofi sembrano ar-rivare soltanto romanzi d’amorecontrastato di donne vessate. Un in-tenso volto femminile incorniciato

dal velo: bisognerebbe contarequanti libri hanno avuto copertinesimilissime, in questi ultimi anni,rendendoli indistinguibili (qualcu-no è anche bello, come Quello chemi spetta di Parinoush Saniee, tra-dotto da Garzanti, che proprio inIran ha avuto una storia editorialecontrastata ma a lieto fine). Que-sto, però, è un altro discorso.

Tornando a Da, clamoroso be-stseller. Con le sue 312.500 copievendute dal 2008 a oggi deve avereuna sua originalità, che però nonpotremo scoprire neanche in tradu-zione. Perché la traduzione in ingle-se sarà purgata. L’americano PaulSprachman ha già tradotto 100 del-le oltre 800 pagine del memoir e di-ce al Tehran Times che prevedebuona accoglienza negli Stati Uni-ti: ma alcune sezioni saranno abbre-viate, sia per motivi linguistici siaper il «clima culturale americano».Lost in translation: chissà che co-sa, chissà quanto. Resta da conso-larsi con la misteriosa copertinaprofumata, sempre che anche quel-lo non sia un errore di traduzione.

1. Cotto e mangiato 17PARODI 14,90 VALLARDI

2. È facile smettere di fumare... 14CARR 10,00 EWI

3. Instant English 14SLOAN 16,90 GRIBAUDO

4. The secret 11BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

5. Il vocabolario della lingua latina 6CASTIGLIONI; MARIOTTI 92,50 LOESCHER

6. Il grande libro della memoria 6GOLFERA; GARZIA; ROSATI... 18,50 SPERLING & KUPFER

7. Guinness World Records 2011 6- 28,00 MONDADORI

8. Milleseicentoallievi...Eserciziario 6- 23,00 NISSOLINO

9. Milleseicentoallievi...Manuale 5- 25,00 NISSOLINO

10. Altan. Terapia 5ALTAN 11,00 SALANI

1. Sesto viaggio nel regno... 23STILTON 23,50 PIEMME

2. Il mio primo dizionario. Nuovo MIOT 13- 9,90 GIUNTI JUNIOR

3. Il diario segreto di Antonella 8- 16,50 SPERLING & KUPFER

4. Il mio primo dizionario. Nuovo MIOT 7- 12,50 GIUNTI JUNIOR

5. Il piccolo principe 6SAINT-EXUPERY 30,00 BOMPIANI

6. Attacco alla difesa 5GARLANDO 11,00 PIEMME

7. Torneranno le quattro stagioni 5CORONA 16,00 MONDADORI

8. Il treno a vapore 4HEATHER; CARTWRIGHT... 19,90 USBORNE PUBLISHING

9. Shrek e vissero felici e contenti 4- 3,50 MONDADORI

10. Reckless. Lo specchio dei mondi 4FUNKE 17,00 MONDADORI

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

1. Accabadora 59MURGIA 18,00 EINAUDI

2. L’intermittenza 57CAMILLERI 18,00 MONDADORI

3. Acciaio 38AVALLONE 18,00 RIZZOLI

4. Canale Mussolini 35PENNACCHI 20,00 MONDADORI

5. Mia suocera beve 27DE SILVA 18,00 EINAUDI

6. L’ultima riga delle favole 25GRAMELLINI 16,60 LONGANESI

7. Bianca come il latte... 19D’AVENIA 19,00 MONDADORI

8. Acqua in bocca 17CAMILLERI; LUCARELLI 10,00 MINIMUM FAX

9. Nel mare ci sono i coccodrilli 13GEDA 16,00 B. C. DALAI

10. Il tempo che vorrei 13VOLO 18,00 MONDADORI

CHE LIBRO FA...IN IRAN

GIOVANNA ZUCCONI

La madreche oscura

Sakineh

1. I segreti del Vaticano 37AUGIAS 19,50 MONDADORI

2. Terroni 22APRILE 17,50 PIEMME

3. L’economia giusta 21BERSELLI 10,00 EINAUDI

4. Leopardi 15CITATI 22,00 MONDADORI

5. Caterina. Diario di un padre... 15SOCCI 16,50 RIZZOLI

6. Prendiamoci il futuro 8GRILLO 13,00 RIZZOLI

7. The september issue. Se la moda... 8CUTLER 17,90 FELTRINELLI

8. Senza Dio 8GIORELLO 15,00 LONGANESI

9. La grande storia della Bibbia 8MAYER; ORLANDINI 14,00 CAIRO

10. L’Italia in presadiretta 8IACONA 13,60 CHIARELETTERE

Classifiche TuttolibriSABATO 2 OTTOBRE 2010

LA STAMPAX

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

I diamantidella Nuova

Frontiera

Page 11: Tuttolibri n. 1734 (02-10-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 02/10/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: RITDEL - Ora di stampa: 01/10/10 18.56

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FEDERICO DE ROBERTO

I ViceréGarzanti, pp. 651, € 10,90

«Ad affascinarmi sono ledinamiche entro le muradegli Uzeda, non il contestopolitico»

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JOSEPH ROTH

GiobbeAdelphi, pp. 195, € 9

«Il romanzo di un uomosemplice, uno fra i più altiomaggi al mondo di ieri,per dirla con Zweig»

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MARGUERITE YOURCENAR

Care memorieEinaudi, pp. 306, € 11,90

«Un modello, fra le scrittricistraniere. Tra la italianeconsidero mie maestrela Ginzburg e la Romano»

AL FESTIVAL DI CARPI

Isabella Bossi Fedrigottipresenta il suo nuovo libro,«Se lacasaèvuota», alla«Festadel racconto»diCarpi,oggi, h.17, CortilediLevanteBibliotecaLoria. Tragli appuntamenti dellamanifestazione,a curadiGuidoConti,AnnaPrandieDavideBregola, un incontroconAlessandroBaricco(domani,h.15,30, , condiDarioVoltolini), unricordodelloscrittore ArturoLoria(domani,h.16,30con BrunoQuaranta),a cui èdedicatounpremio letterario, eundialogocon PieroDorfles su«Il ritornodeldinosauro:unadifesadella cultura»(domani,h.19).

I PREFERITI

Fra l’Austria materna e l’Italia paterna, pronipotedel segretario di Metternich: testimone del mondodi ieri, un focolare dove alleviare la solitudine odierna

BRUNOQUARANTA

Indossa una malinco-nia araldica, Isabella Bossi Fe-drigotti. Una lunga traversatanell’attualità, nel giornalismo (èinviato speciale del Corriere del-la Sera), non l’ha disancoratadal mondo di ieri. In lei pulsauna remota urgenza: di non con-fondere, di stare al proprio po-sto, di sapere chi si è. Forse ri-flette quella figura ritratta in unsuo lontano romanzo, Magazzi-no vita, che, definitivamentescomparsi i domestici, compo-ne il trattato del perfetto dome-stico. Interprete la figura, inter-prete la sua autrice, di una prou-stiana doglianza: «Un tempo icamerieri del re erano reclutatifra i gran signori, mentre ora igran signori sono soltanto ca-merieri».

Di buona famiglia, IsabellaBossi Fedrigotti, nella vita enella letteratura (con Di buonafamiglia vinse il Premio Cam-piello nel 1991), ha via via sgo-mitolato il focolare, come nellestagioni, nei secoli, si è affievoli-to, spento, riacceso, smemora-to. Fino a Se la casa è vuota, iracconti freschi di stampa peri tipi di Longanesi, una discesaa occhi aperti (non sbarrati,non lacrimosi) nella solitudinedei nostri figli, come sonda unascrittura medianica, soffice, al-l’impiedi.

Soli oggi, soli ieri. Ma unavolta si poteva trovare com-pagni nella biblioteca di ca-sa.

«Cominciamo dalla scuola ele-mentare? Ricordo una maestracattivissima, gli alunni, i più figlidi contadini, erano disposti neibanchi a seconda del loro pedi-gree. Ebbene: ci spingeva, ci in-citava a leggere, con acuminatadeterminazione. Cuore, peresempio, come mi faceva pian-gere il piccolo scrivano fiorenti-no, ma è un’emozione che nonfa testo, ancora adesso possocommuovermi di fronte a unapagina».

E a casa?«Madre viennese, padre ita-liano. Lettori affascinati dal-la Storia. Inseguita nei saggi,come nei romanzi, da A Diopiacendo di Jean d’Ormesson

a Il gattopardo. Vi cercavanoorme di sé, in qualche modol’idem sentire, un rintocco divecchio continente».

Come non riandare - evoca-ta Vienna - a Roth? La penae il dolore spontaneamenteofferti affinché la monar-chia «avesse fama nel mon-do di patria del bel garbo,della letizia, della genialità».

«La letteratura familiare è perme la madre. Che giunse nel no-stro Paese - se ne innamorerà fi-no a riconoscervi il paradiso ter-restre - diciottenne, dalla fron-tiera cecoslovacca. Lasciavauna dimora dove erano ancoranitidi i segni di un’ottocentescainvasione russa, come i quadripresi a sciabolate...».

Madre e letteratura...«Mi “presentò” Zweig, Werfel,Schnitzler, la migliore Mitteleu-ropa. No, Joseph Roth lo tene-va a distanza, ritenendo il santobevitore oltremodo cupo, tene-broso. Va da sé, improntò an-che le letture infantili: Grimm,Andersen, Le mille e una notte...Il papà italiano mi accostò inve-ce a Pinocchio e a Gian Burra-sca. A Pinocchio teneva in parti-colare, al punto che ce lo lesse,a me e ai miei fratelli. Io imma-ginavo Geppetto eguale al fale-

gname con la bottega nel viottoloche porta all’Adige, l’osteria delGambero Rosso come il bar dellapiazza...».

Torniamo nell’alveo, nella pa-tria materna. E Kafka? Lo ram-menta Lorenzo, un personag-gio di «Se la casa è vuota», av-vinghiato al denaro e agli in-setti. L’eco di una metamorfo-si, una mostruosa normalità...

«Vero. Ma Kafka, come Roth,più di Roth, suscitava la diffi-denza materna, non conceden-do nulla alla speranza. Appenapossibile non esitai a passaredal Processo a America, dai rac-

conti ai Diari».Volti del mondo di ieri...

«La mia famiglia, pur incardinatanel suo tempo, onorava una cultu-ra immobilista. Il quieta non move-re. Un feroce rimpianto del passa-to, l’età di cui risaltava la vena au-rea, sfarinando ogni ombra. Lecose meglio non cambiarle, ne ri-sentirebbe, peggiorerebbe, la no-

stra condizione...».Una forma mentis che l’hacontrassegnata, che spieghe-rebbe la sua narrativa ricercadel tempo perduto, a comin-ciare dalla prova d’esordio«Amore mio, uccidi Garibal-di».

«Nel mondo di ieri i miei genitoriintravedevano un ordine, una ge-rarchia di valori, un filo d’Arian-na indispensabile per non smar-rirsi, per non tornare sempre dac-capo. Come non avere nostalgiadi una mappa, ancorché diversesiano le epoche e le mete? Non acaso, di tanto in tanto, mi scoproa fissare la stampa del Congressodi Vienna. La vede quella figurasulla destra? E’ il mio trisnonno, ilsegretario di Metternich».

Natali a Rovereto, Borgo Sac-co, in Trentino, un’aura risor-gimentale, la più grande cam-pana...

«Le letture d’epoca? Piccolomondo antico, certo. Ma soprat-tutto I viceré di Federico De Ro-berto. Là dove, a calamitarmi,sono le dinamiche entro le muradegli Uzeda, il barocco venefi-cio dei rapporti umani, non ilcontesto politico».

La scuola di là dalle elementa-ri...

«Mi attendeva, a Firenze, il col-

legio delle monache, negli scaf-fali solo libri edificanti. Ho dovu-to in seguito fare gli straordina-ri per recuperare i classici, dairussi ai francesi».

Siamo all’Università...«Laurea in letteratura francese(una lingua che imparai peramore, il cuore batteva alloraper un francese) con Carlo Bo,

sul magnifico Testamento di Vil-lon. Bo e le sue passioni, Berna-nos, Mauriac, i giansenisti. Erarispettosissimo, sapeva tutto,inseparabile dal sigaro, velluta-to, paf paf...».

E’ la famiglia la sua fonte. Co-me non pensare a Natalia Gin-zburg?

«E’ la mia maestra, che non hoconosciuto. A differenza - altramaestra - di Lalla Romano, lasua impareggiabile arte di in-ventare dal vero. La intervistainella casa di via Brera, un’ani-ma sovrana, come seduta sultrono. Mi telefonò quando uscìl’articolo, complimentandosiper la mia voce, per l’armoniaudita nella mia scrittura».

E fuori di casa, fuori dell’Ita-lia?

«Un modello? Marguerite Your-cenar, quando esplora l’alberodelle sue radici: da Care memo-rie a Archivi del Nord. E, fre-quentazione recente, il NobelHerta Müller: si avanza nellesue storie - quel Paese delle pru-gne verdi - come si cammina sul-la ghiaia, di scintillio in scintil-lio. Una donna fortissima, ma-gnetica. L’ho incontrata a Berli-no. Fu ferma, con i lettori in at-tesa di autografo: “Non si vedeche sto parlando?”».

«Amore mio, uccidi Garibal-di», che Longanesi sta per ri-proporre, è un romanzo fab-bricato in casa, attingendonella cassapanca degli epi-stolari, centocinquanta lette-re dei bisnonni, lei principes-sa di Boemia, lui ussaro impe-riale...

«Scomparsi i genitori, le cartedi famiglia sono state affidate ame. Ad abbondare sono i conti,una selva di cifre, un pallottolie-re di trame, andrebbero decifra-te... Ma non sono appassionatadi epistolari, in genere li trovonoiosi, no?».

Dove ritrovare oggi la Mitte-leuropa?

«Nel Danubio di Claudio Ma-gris. Quando uscì, mia madreera già molto anziana. Lo vollenavigare. Espresse il suo giudi-zio in tedesco, lei che parlava unperfetto italiano, privo di qualsi-voglia inflessione: “L’ho lettocon grande fatica, ma con mol-tissimo gusto”. E disse “gusto”nella nostra lingua per trasmet-terne il sapore, l’amabilità di

una leccornìa, come un caffècon panna...».La vecchia signora di Vienna ela vecchia signora Vienna custo-di di un salvifico grano di sag-gezza, nel lavoro, nella comme-dia quotidiana, nella Cripta deiCappuccini: «Certe cose nean-che ignorarle, ignorarle è giàtroppo».

Nei nuovi raccontiil disorientamentodei giovani di oggi:«Andersen e Pinocchioi miei primi amici»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 2 OTTOBRE 2010

LA STAMPA XI

“Se la casa è vuotainvito la Mitteleuropa”

«Mia madre mi accostòa Zweig, Werfele Schnitzler, non a Roth,considerato oltremodocupo, tenebroso»

«Per amore mi dedicaialla letteratura francese,con Carlo Bo la laureasul magnificoTestamento di Villon»

La vita. Isabella Bossi Fedrigotti è nata a Rovereto nel 1948. Scrittrice e giornalista (inviato speciale del «Corrieredella Sera»). Si è laureata in letteratura francese con Carlo Bo su Villon.

Le opere. E’ appena uscito, da Longanesi, «Se la casa è vuota» (pp. 136, € 15). Ha esordito con il romanzo «Amoremio, uccidi Garibaldi», che la stessa Longanesi riproporrà prossimamente. Nel 1991 ha vinto il premio Campiello con«Di buona famiglia». E’ stata finalista al premio Strega con «Casa di guerra», tutti titoli Longanesi.

Isabella Bossi Fedrigotti

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