tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

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I padri della patria visti a testa in giù Il Risorgimento di Chiappori Torna l’Unità d’Italia a fumetti nata da un’idea di Oreste del Buono, disegnata 30 anni fa dal padre di Up il sovversivo: allegra sintesi di satira politica e ricerca storica Con le recensioni e le classifiche dei bestseller GIORGIO BOATTI A dare il via alla storia, anzi alle Storie d’Italia di Alfredo Chiappori,conlevicendedell'uni- ficazione italiana narrate attra- verso le strepitose tavole dei suoi fumetti - ripubblicate dopo trent’anni da Blackvelvet del gruppo editoriale Giunti - è stata la bacchetta da rabdomante di OrestedelBuono. Si era verso la metà degli An- ni Settanta e Chiappori, allora appena trentenne ma già cono- sciutissimocreatoredi personag- gi come Up, il sovversivo che guarda il mondo a testa in giù, incontra Odb alla Feltrinelli. DelBuonoavevaappenapreso iltimonedi Linus ma continua- va quelle sue indimenticabili navigazioni editoriali che, acco- standoilrigoreallacuriositàver- soilnuovo,guidavanotalentisco- nosciuti e autori già affermati verso sfide impreviste. A Chiap- pori OdB pone una domanda ful- minante: «Non ti sei stufato di raccontare la politica italiana giornopergiorno?». Nello studio luminoso della sua casa di Lecco - a pochi passi dal severo monumento con cui l'abate Stoppani, con alle spalle il Resegone, butta uno sguardo accigliato attorno, al Bel Paese che forse non è più tale - Chiap- pori si ripete quella domanda, ri- evocando il dialogo di tanti anni fa. Da appassionato velista non si lasciò sfuggire l'intimazione dell'elbano OdB a gonfiare le ve- le, a svincolarsi dall'immediatez- za dell'attualità. Quella che la sua satira appuntita proponeva ai lettori di Linus e a quelli di Pa- norama («Il Bel Paese», la rubri- ca voluta dall'allora direttore del settimanale Lamberto Sechi, vi- vrà per due decenni, altrettanto «Tali & quali» che la seguirà sul CorrieredellaSera). Prende così inizio una sfida - raccontare il farsi dell'Italia uni- ta-chesottol'egidadelleedizioni Feltrinelli si protrarrà per anni, si articolerà in diversi volumi, coinvolgeràinmododirettostori- ci e saggisti, da Franco Della Pe- ruta a Giorgio Candeloro, da Ugoberto Alfassio Grimaldi a GiordanoBrunoGuerri. PerilpadrediUp,perlamati- ta magistrale di una satira che non fa sconti e confluisce in libri di successo come Vado l'arresto e torno (Feltrinelli, 1973) e Padroni e padrini (1974) si tratta di rac- contare un Risorgimento dove sfilano protagonisti e comprima- ri, si succedono battaglie e com- plotti, si fronteggiano eserciti conlebaionetteincannaemasse popolari. Sono le masse proleta- rie che secondo Gramsci avreb- bero dovuto impedire che nell' unificazione si saldasse il fronte tra borghesia del Nord e latifon- disti del Sud. La perversa allean- za che per gli storici marxi- sti aveva az- zoppato sul na- scereilnuovoSta- tonazionale. In queste Storie d’Italia 1848-1896 (in libreria dall’11 mag- gio, pp. 486, e 35) le masse le prendono ma, qualche volta, le dannoanchedisantaragione.So- prattutto non stanno più zitte: «Vullemu Galibardu senza leva / e S'Iddu fa la leva / canciamo la bannera» cantano i contadinisiciliani.Lematasseco- spirativediMazzinisifannotrop- po complicate? Ecco il commen- to dei romani: «Mazzini se butta avanti/pe'nuncascàindietro!». «Sì-spiegaChiappori-ètut- tounpopolocheentrainsce- na, con le sue voci, i suoi canti, le sue battute. La- voravo a stendere sui fogli ancora bianchi i testi su cui poi, a poco a poco, sarebbe sortal'architetturadiognipagi- na: i personaggi, le scene, le tavo- lecheavreirealizzatoachinaead acquerello su cartone Scholler formatolargo». Adesso quei cartoni sono conservati al Centro Studi della Comunicazionedell'Universitàdi Parma: rendono l'idea dell'im- mensa mole di lavoro da cui na- scono, ma non restituiscono di certo il sottofondo sonoro che l'accompagnava.«Mentre scrive- vo e mentre disegnavo - racconta Chiappori - ascoltavo le canzoni popolari riproposte dal gruppo di Cantacronache e poi dal Nuovo Canzoniere Italiano. A dare voce e canto a quelle masse che irrom- pevano nelle mie tavole mi aiuta- vano i suggerimenti di Giovanna Marini e di Michele Straniero e soprattutto di quel profondo co- noscitore delle tradizioni popola- ri e vocali italiane che era Rober- to Leydi. E sua moglie Sandra Mantovani...». Felpate manovre diplomati- che e furenti polemiche politiche, operazioni militari e citazioni da discorsi parlamentari, articoli, manifestiaffissisullestrade:nien- te nelle Storie d’Italia di Chiappo- ri è inventato, inesatto, impreci- so.Tuttohaavutoriscontro.L'ar- tista, da sempre appassionato di storia e gran cultore di quell'im- menso crogiolo che è la memoria di questo Paese, prima di raccon- tare ha verificato l'esattezza di ognidettaglio. «Nellestoriediognuno,anche di famiglia, portiamo i riferimenti allaStoriaconlamaiuscola.Sono natonel’43eavevoseimesiquan- do mio padre è morto, cercando di attraversare la Linea Gotica. Eranatoall'isolaCapraiaper- ché mio nonno era direttore di quello stabilimento penale e ognunodeisuoisettefigli,acau- sa dei trasferimenti imposti dall' amministrazionecarceraria,èna- to in altrettanti celebri luoghi di pena. Quelli dove finivano i nomi resi noti dalla cronaca. O dalla stessapolitica. Oggi tuttoLIBRI iPad Edition A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Fondamentalil’apporto aitestidiCandeloro, DellaPeruta,Grimaldi e il lavoro editoriale di Brega e Porta Inaltounacopertinadelle«Storie»di Chiappori(quisopra),uscitenegliAnni 70daFeltrinellieadestral’immagine dicopertinaperlanuovaedizione Blackvelvet,inlibreriadall’11maggio p «Per dare voce e canto allemasse ascoltavo ilCantacronache, seguivoRobertoLeydi, laMarini eStraniero» DIARIO DI LETTURA Il flâneur Camerana Tra Agnelli e Saint-Simon QUARANTA P. XI LA STAMPA Continuapag.VI PAMUK Il bottegaio di Istanbul Il romanzo con cui esordì il Nobel GORLIER P. IV LEGA E CHIESA Il campanile unico dio La religione a misura di borgo GARELLI P. VI NUMERO 1763 ANNO XXXV SABATO 30 APRILE 2011 MODELLI Il Padre e l’Eros Tra psicoanalisi e vie filosofiche DEFILIPPI-ROMANO P. VIII-IX TUTTOLIBRI VIDEOINTERVISTA Folco Quilici sulle tracce dei cosacchi LA MEMORIA Gadamer: così il filosofo pensa il futuro tutto LIBRI Ai lettori: Sabato 7 maggio numero speciale di tuttoLIBRI per il Salone di Torino. Richiedetelo alla vostra edicola. SUL COMODINO Violante Placido fra Tiffany e Patti Smith I

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Page 1: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.34

I padri della patriavisti a testa in giù

Il Risorgimento di Chiappori Torna l’Unità d’Italia a fumettinata da un’idea di Oreste del Buono, disegnata 30 anni fa dal padredi Up il sovversivo: allegra sintesi di satira politica e ricerca storica

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

GIORGIOBOATTI

A dare il via alla storia,anzi alle Storie d’Italia di AlfredoChiappori, con le vicende dell'uni-ficazione italiana narrate attra-verso le strepitose tavole dei suoifumetti - ripubblicate dopotrent’anni da Blackvelvet delgruppo editoriale Giunti - è statala bacchetta da rabdomante diOrestedel Buono.

Si era verso la metà degli An-ni Settanta e Chiappori, alloraappena trentenne ma già cono-sciutissimo creatore di personag-gi come Up, il sovversivo cheguarda il mondo a testa in giù,incontra Odb alla Feltrinelli.Del Buono aveva appena presoil timone di Linus ma continua-va quelle sue indimenticabilinavigazioni editoriali che, acco-stando il rigore alla curiosità ver-so il nuovo, guidavano talenti sco-nosciuti e autori già affermativerso sfide impreviste. A Chiap-pori OdB pone una domanda ful-minante: «Non ti sei stufato diraccontare la politica italianagiorno per giorno?».

Nello studio luminoso dellasua casa di Lecco - a pochi passidal severo monumento con cuil'abate Stoppani, con alle spalleil Resegone, butta uno sguardoaccigliato attorno, al Bel Paeseche forse non è più tale - Chiap-pori si ripete quella domanda, ri-evocando il dialogo di tanti annifa. Da appassionato velista nonsi lasciò sfuggire l'intimazionedell'elbano OdB a gonfiare le ve-le, a svincolarsi dall'immediatez-za dell'attualità. Quella che lasua satira appuntita proponevaai lettori di Linus e a quelli di Pa-norama («Il Bel Paese», la rubri-ca voluta dall'allora direttore delsettimanale Lamberto Sechi, vi-vrà per due decenni, altrettanto«Tali & quali» che la seguirà sulCorriere della Sera).

Prende così inizio una sfida -raccontare il farsi dell'Italia uni-ta - che sotto l'egida delle edizioniFeltrinelli si protrarrà per anni,si articolerà in diversi volumi,coinvolgerà in modo diretto stori-ci e saggisti, da Franco Della Pe-ruta a Giorgio Candeloro, daUgoberto Alfassio Grimaldi aGiordanoBruno Guerri.

Per il padre di Up, per la mati-ta magistrale di una satira chenon fa sconti e confluisce in libridi successo come Vado l'arresto etorno (Feltrinelli, 1973) e Padronie padrini (1974) si tratta di rac-contare un Risorgimento dovesfilano protagonisti e comprima-ri, si succedono battaglie e com-plotti, si fronteggiano eserciticon le baionette in canna e masse

popolari. Sono le masse proleta-rie che secondo Gramsci avreb-bero dovuto impedire che nell'unificazione si saldasse il frontetra borghesia del Nord e latifon-disti del Sud. La perversa allean-za che per glistorici marxi-sti aveva az-zoppato sul na-scere il nuovo Sta-to nazionale.

In queste Storie d’Italia1848-1896 (in libreria dall’11 mag-gio, pp. 486, € 35) le masse leprendono ma, qualche volta, ledanno anche di santa ragione. So-prattutto non stanno

più zitte: «Vullemu Galibardusenza leva / e S'Iddu fa la leva /canciamo la bannera» cantano icontadini siciliani. Le matasse co-spirative di Mazzini si fanno trop-po complicate? Ecco il commen-to dei romani: «Mazzini se buttaavanti / pe' nun cascà indietro!».

«Sì - spiega Chiappori - è tut-to un popolo che entra in sce-na, con le sue voci, i suoi

canti, le sue battute. La-voravo a stendere suifogli ancora bianchi

i testi su cui poi, apoco a poco, sarebbe

sorta l'architettura di ogni pagi-

na: i personaggi, le scene, le tavo-le che avrei realizzato a china e ad

acquerello su cartone Schollerformato largo».

Adesso quei cartoni sonoconservati al Centro Studi della

Comunicazione dell'Università diParma: rendono l'idea dell'im-mensa mole di lavoro da cui na-scono, ma non restituiscono dicerto il sottofondo sonoro chel'accompagnava. «Mentre scrive-vo e mentre disegnavo - raccontaChiappori - ascoltavo le canzonipopolari riproposte dal gruppo diCantacronache e poi dal NuovoCanzoniere Italiano. A dare vocee canto a quelle masse che irrom-pevano nelle mie tavole mi aiuta-vano i suggerimenti di GiovannaMarini e di Michele Straniero esoprattutto di quel profondo co-noscitore delle tradizioni popola-ri e vocali italiane che era Rober-to Leydi. E sua moglie SandraMantovani...».

Felpate manovre diplomati-che e furenti polemiche politiche,operazioni militari e citazioni dadiscorsi parlamentari, articoli,manifesti affissi sulle strade: nien-te nelle Storie d’Italia di Chiappo-ri è inventato, inesatto, impreci-so. Tutto ha avuto riscontro. L'ar-tista, da sempre appassionato distoria e gran cultore di quell'im-menso crogiolo che è la memoriadi questo Paese, prima di raccon-tare ha verificato l'esattezza diogni dettaglio.

«Nelle storie di ognuno, anchedi famiglia, portiamo i riferimentialla Storia con la maiuscola. Sononato nel ’43 e avevo sei mesi quan-do mio padre è morto, cercandodi attraversare la Linea Gotica.

Era nato all'isola Capraia per-ché mio nonno era direttore

di quello stabilimento penale eognuno dei suoi sette figli, a cau-

sa dei trasferimenti imposti dall'amministrazione carceraria, è na-to in altrettanti celebri luoghi dipena. Quelli dove finivano i nomiresi noti dalla cronaca. O dallastessapolitica.

Oggi

tuttoLIBRIiPad Edition

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Fondamentali l’apportoai testi di Candeloro,Della Peruta, Grimaldie il lavoro editorialedi Brega e Porta

In alto una copertina delle «Storie» diChiappori (qui sopra), uscite negli Anni

70 da Feltrinelli e a destra l’immaginedi copertina per la nuova edizione

Blackvelvet, in libreria dall’11 maggio p

«Per dare voce e cantoalle masse ascoltavoil Cantacronache,seguivo Roberto Leydi,la Marini e Straniero»

DIARIO DI LETTURA

Il flâneurCameranaTra Agnellie Saint-SimonQUARANTA P. XI

LASTAMPA

Continua pag. VI

PAMUK

Il bottegaiodi IstanbulIl romanzo concui esordì il NobelGORLIER P. IV

LEGA E CHIESA

Il campanileunico dioLa religionea misura di borgoGARELLI P. VI

NUMERO 1763ANNO XXXVSABATO 30 APRILE 2011

MODELLI

Il Padree l’ErosTra psicoanalisie vie filosoficheDEFILIPPI-ROMANO P. VIII-IX

TUTTOLIBRI

VIDEOINTERVISTA

Folco Quilicisulle traccedei cosacchi

LA MEMORIA

Gadamer: cosìil filosofopensa il futuro

tuttoLIBRIAi lettori:Sabato 7 maggio numero specialedi tuttoLIBRI per il Salone di Torino.Richiedetelo alla vostra edicola.

SUL COMODINO

Violante Placidofra Tiffanye Patti Smith

I

Page 2: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.34

Parazzoli Un teatrante di genio in Eurolande la perenne lotta fra Dio e l’Avversario

RENATOBARILLI

Riesce alquanto diffi-cile stabilire a quale genere sidebba ascrivere quest’ultimoprodotto di Tommaso Pincio,dopo le prove narrative deglianni scorsi salutate da un suc-cesso crescente: «contributoalla critica di me stesso», cau-to accesso ai segreti di fabbri-ca? Certo è che il tutto si aprecon una dichiarazione del-l’umore psicologico di base cuiil nostro autore si attiene, unsenso di in-appartenenza, pro-prio di un essere umano sradi-cato da qualsiasi legame coiluoghi e con gli affetti. Il che glifa dichiarare una preferenzaper le camere d’albergo, tantomeglio se queste sono anoni-me, squallide, quasi inabitabi-li. Insomma, l’hotel preferitoda questo scorbutico turistadovrà essere «a zero stelle»,come è dichiarato nel titolo da-to a questa prova sfuggente.

Altro che puntare a requisi-ti di comfort o di lusso, biso-

gna mirare in basso, il che corri-sponde in pieno a un hotel che ilnarrante dice di aver scopertoin un quartiere dimesso di TelAviv, del resto a pochi passi daun bar «concettuale» che si com-piace di servire tazzine di caffèprive di contenuto, proprio perscoraggiare ogni attrazione sen-suale. E’ uno stato di rinunciamolto simile a quanto attendegli astronauti, pronti a rimaner-sene sospesi nel cosmo, in un

quadro di totale anestesia, pergiorni o mesi, secondo l’avventu-ra che Pincio ha affidato al suonon-eroe protagonista dello Spa-zio sfinito, uscito poco tempo fa.

Le stanze squallide dell’hotela zero stelle gli consentono di in-contrare tanti spiriti affini alsuo, anzi, diciamolo, il salire i va-ri pianerottoli di questa residen-za sospesa tra il reale e l’irrealediviene come una Divina Com-media sui generis, con incontri

sul tipo di quelli che Dante puòavere con Virgilio e Stazio. Malungo il viaggio dantesco risuo-nano le note delle più vive emo-zioni, qui invece si hanno solocontatti con figure che hannopreceduto Pincio sulla medesi-ma via della rinuncia, della pre-sa di distanza dalla vita, forseperché l’hanno sentita troppoimpellente ed esigente, fino a ri-nunciarvi per interrompere uncoinvolgimento parossistico.

Questa rinuncia all’affermazio-ne di sé diviene un esercizio me-todico, del resto fin dall’iniziodella sua avventura il Nostro havoluto identificarsi con ThomasPynchon. E ora fa le medesimeprove con una sfilata di campio-ni che si sono comportati comelui, i loro ritratti sono appesi fuo-ri dalle stanze di quella tetra gal-leria, e incontriamo cosìGraham Greene, Jack Kerouac,George Orwell, Francis Scott Fi-

tzgerald, David Foster Wallace.Il nostro parassita umano li evo-ca, ne ricostruisce le mosse, cer-ca un’immedesimazione pun-tuale, quasi proponendosi di in-dossarne le maschere funebri.

Forse nel condurre questasfilata Pincio è stato preso dabulimia, ha messo troppi ospitiin conto, non tutti pertinenti aquel suo metro di in-apparte-nenza, di esilio da ogni senti-mento. Come dire che alcuni diquesti incontri stonano, succe-de in particolare quando dallaserie di scrittori anglosassoni sipassa ai neo-latini, forse funzio-na il ritratto di Simenon, mamolto meno quelli di Landolfi edi Pasolini, e peggio ancoraquando Pincio passa a coltivareuna serie di artisti.

Insomma, troppa carne alfuoco, che è anche come direche malgrado l’intento di par-tenza l’autore esce dallo stato diinerzia spaziale e sentimentale,cade in un campo di attrazione,si vede costretto a dare reazionidi qualche spessore emotivo.

Sull’autocarroc’è il settimo sigillo

SERGIOPENT

Un tema coraggioso,attuale, è al centro del nuovo ro-manzo di Perissinotto. Un temache si presta facilmente a esse-re preda di tutti i luoghi comunidel caso, tra populismo d’accat-to e battute da bar sport, fino al-le contaminazioni sociali in cuisi perdono d’incanto tutti i valo-ri teorici e riaffiorano i malesse-ri della diffidenza e dell’odio.

E’ possibile un matrimoniofelice e duraturo tra due espo-nenti di cultura e religione di-verse? E’ possibile non rimane-re vittime della malignità, delrazzismo, della cattiveria ranco-rosa di chi difende i suoi presun-ti valori arroccandosi nella nic-chia di tradizioni aleatorie?

Con dissacrante negatività,Perissinotto ci mette di fronteal caso estremo, al dramma cheevolve in tragedia, nella bellastoria d’amore tra il maestro dimontagna Giacomo Musso e lasensuale Shirin, nata in Franciada ricchi iraniani emigrati già ai

tempi dello scià. La logica direb-be che l’autore ha forzato la manoestremizzando l’ispirazione permettere in risalto il suo teoremasull’incapacità di accettare chi èdiverso da noi: ma alla resa deiconti non c’è nulla di banale, o discontato, in questo thriller socia-le che scorre come un fiume inpiena e si fa leggere con rabbia edisappunto e infine riesce nel suoamaro intento di seminare dubbi,di metterci di fronte a una realtà

possibile alla quale - diciamoceloapertamente - nessuno di noi èpreparato.

Giacomo conosce Shirin a Pa-rigi, in un locale in cui lavora co-me cameriere per arrotondare lostipendio di collaboratore a con-tratto presso la Cité des Scien-ces: lei è bella, giovane e disinibi-ta, la passione sboccia per caso esi fa amore, è logico stare insie-me, desiderarsi e sposarsi, men-tre lo stesso Giacomo, conoscen-

do i disinvolti genitori della ragaz-za, si rende conto di quanti luoghicomuni sia infarcita la sua cono-scenza dell’Iran e dell’islam.

Shirin è la donna giusta, e nonesiste altro. Accettare il posto dimaestro in una pluriclasse dimontagna a Mulini, il borgo d’ori-gine di Giacomo nella provinciavercellese, diventa una scelta con-divisa da entrambi i coniugi: gliamici, il cibo, la solidarietà, laquiete, sono il giusto coronamen-

to di un sogno a due. Tutto proce-de secondo le logiche di una sere-na condivisione dei fatti, ma quan-do la perfezione si incrina, non èsolo un fiocco di neve che cade,ma una valanga che scivola a val-le e trascina tutto con sé. Si co-mincia con una discussione scola-stica sui valori religiosi e si conti-nua con il sindaco leghista di unpaese in cui la corale di amici checomprende anche Shirin dovreb-be esibirsi: lei non è ben accetta

perché viola le tradizioni.Ciò che segue, fino alle battute

finali dal carcere in cui Giacomo èrinchiuso già dall’incipit del ro-manzo, è un calvario di accuse, so-spetti, tradimentie veleni in cui lacoppia, anziché trovare forza, sisfalda e si perde, nel disagio sem-pre crescente del lettore, che sitrova messo di fronte a una valu-tazione degli eventi, costretto aporsi domande imbarazzanti, eforse non riesce ad accettare - al-meno a noi è successo - la derivadolorosa con cui Perissinotto con-cludeferocemente la sua storia.

Scritto con passione e sicu-rezza, il romanzo scava un solcofacile nel nostro disagio, nellasotterranea indifferenza con laquale accogliamo le novità quan-do non ci disturbano direttamen-te, ed è un bell’esempio di narra-tiva sociale raccontata con vee-menza per raggiungere il suoscopo. Che non è solo di denun-cia, ma si pone invece sul pianodi una discussione necessaria,senza particolarismi, adesso cheil mondo viene a cercarci.

GIOVANNITESIO

Se fosse vero che gliscrittori scrivono sempre lostesso libro, sarebbe vero perFerruccio Parazzoli che quellostesso libro ruoti intorno al di-lemma perenne dell'insidiosa eirredimibile lotta «tra Dio el'Avversario». Un Dio che sfug-ge a una pacificata unità (o uni-cità) di concezione, e che al con-trario si presta a più diramateconfigurazioni, di certo a più in-quieti sprofondi, come accadeanche nell'ultimo e forse di tut-ti il più impegnativo romanzo,Il mondo è rappresentazione.

Se è dunque Dio il cuore delrovello, Parazzoli non fa diver-samente da ciò che a ogni buonromanziere tocca fare: vale adire trasformare i suoi assilli inpersonaggi, dare consistenzadi vita immaginaria alla rap-presentazione di ciò da cui piùfortemente è scosso. A conta-re, come sempre, è il modo, ilcome si disponga sulla scac-chiera (o si direbbe qui sulle ta-vole di un palcoscenico) il gio-co delle pedine e delle mosse, leallusive trame di una vita prov-visoria che «rappresenta» gliintrecci non meno provvisoridell'umana esistenza: creature- in definitiva - non sai se di so-gno o di visione.

E di fatto nel romanzo c'èuna dimensione visionaria, oni-rica che si muove dentro una

realtà indefinibile collocabiletra un mondo postremo e unasorta di Medioevo di ritorno, odi mondo attraversato da unanuova, carnevalizzata o po-stmoderna barbarie: in mezzoa nomi arcaici come Brenda-no, Wulferio, Adalgerio, Horo-swita e altri di più bislacca con-taminazione come Ossosacro,Ronaldino, Tempestaria, Dop-pio Sombrero (con gli elicotte-ri Apache, adattamento possi-bile da Apocalypse Now), tuttoun universo di guerre e guerri-glie, di bande e fazioni, di mili-ziani e partigiani, di truppe go-vernative e movimenti separa-tisti: un mondo che vive all'in-segna della strage e del sac-cheggio, del meticciato e dell'ibridazione, una terra di nessu-no dal nome di Euroland, in cuinon è impossibile riscontrareun'intenzione di ironia.

Che cosa racconta la storiadi Parazzoli? In sintesi estre-ma, la vita di Wulferio, un tea-trante di genio che mette inscena sacre rappresentazioni

trasportandosi di luogo in luogocon un autocarro sgangheratoche si chiama Leviatano e chesembra evocare con i misteridel caos la logica del destino lun-go le rotte di una landa desolata,frammista di razze e linguaggi,di passato e di futuro, che va daAutun a Trier, da Koblenz a Er-furt, da Göttingen a Gandershe-im; per poi puntare verso il Sude finire a Morimondo (nomen-omen), il monastero da cui tuttoha anche inizio.

Wulferio va da in cerca dellabadessa Horoswita che gli deveconsegnare il prezioso mano-scritto dei drammi composti dalei in latino. Un teatrante da«settimo sigillo», inseguito dall'ossessione di Dio e della suastraripante e insaziata vocazio-ne. Del cui seguito compositofanno parte una donna-strega,un servitore devotissimo e - daun certo punto in poi - un «extra-comunitario» negro che si chia-ma Artaldo e il novizio Brenda-no che gli si è messo sulle traccecon l'incarico di una missione dispionaggio cui di fatto decide dinon ottemperare.

Tocca al novizio raccogliere eraccontare tutta la storia nellacircolarità di compimento chel'avvolge. Qui tutto avviene all'in-segna della commistione: il pas-sato con il futuro, la televisione

con la foresta, le autocisternecon i romitori, la chitarra elettri-ca con il Liber Himnarius (da cuiattinge per la maggior parte la ti-tolazione dei paragrafi): anacro-nismi sistematici, e dunque em-

blematici, dentro un grande cal-derone narrativo in cui ribollonoquestioni teologiche e filosofi-che, eresie e parusie, ma soprat-tutto le tante storie che s'annoda-no alla storia centrale. La storiadi fra Dolcino (qui Ronaldino), lastoria di Tempestaria, la storiadi Al-Husain ibn Mansur, la sto-ria di Angelina e di Albino il fur-fante, vero estratto di romanzo

picaresco, le storie della gineco-loga Elisa Spontini, del monacoFulberto, di Sacuntala, di Martae di Maria, del convertito Kafir.

Fino alla consapevolezza ter-minale in cui Parazzoli - dietrol'orma e l'ombra del portavoceBrendano - dà fondo alla sua co-scienza di «cattolico» inquieto,l'illuminazione che sbanca l'enig-ma invincibile di questo roman-zo pieno come un uovo. Se la rap-presentazione del mondo, nel be-ne e nel male, «è il solo modo cheha Dio di esistere fin dall'iniziodel tempo», ecco conseguirneche il vero nemico di Dio «non èSatana, ma il Nulla».

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Addio, addioalla dolce vita

Il Novecento che non si pronuncia più:da vitelloni a capelloni

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Le nuove vocitra neve e gioia

Le prove di Anna Maria Carpie Italo Testa per «Transeuropa»

«RACCONTARE LA GUERRA» (E LA PACE) AI RAGAZZI

Dal Risorgimento alla Shoah= «Che cosa sanno i nostri bambini e ragazzi sullaguerra? Che concezione ne hanno? Che fantasmi si sonoformati dentro di loro? Come giustificano la quotidianamessa in scena della violenza bellica?…». Queste domandehanno determinato Walter Fochesato a comporre unquadro esauriente e suggestivo, Raccontare la guerra -Libri per bambini e ragazzi ora aggiornato per Interlinea(pp. 244, € 20). Per fortuna i ragazzi di oggi (e i lorogenitori) non sono coinvolti direttamente in guerre sulnostro territorio (l'Afghanistan è lontano): «si potrebbepensare che l'inattualità di una terza guerra mondiale abbia

prodotto o abbia contribuito a produrre un moltiplicarsi diguerre secondarie». Ma il recente passato è ancora vivo econdizionante e la letteratura per bambini e ragazzi se ne èoccupata offrendo ai giovani lettori romanzi di alto livellonarrativo. Fochesato esamina volumi che hannoaccompagnato gli avvenimenti del Risorgimento, delleimprese africane, della prima guerra mondiale e delfascismo. Libri introvabili ma che testimoniano l'importanzadel rapporto fra eventi bellici e racconti che li possonorendere interessanti al di là delle pagine dei testi scolastici.Quante generazioni di ragazzini si sono identificati nellaPiccola vedetta lombarda (anch’esso, non a caso, orariproposto da Interlinea)? Eppure si tratta di una vicenda cheesalta la morte di un dodicenne per colpa di un ufficiale

privo di scrupoli umani. La rassegna di Fochesato offreun'ampia possibilità di scelta (per ogni romanzo c'è la sintesidel contenuto e un giudizio sulla sua validità) per indicare leletture più importanti; a cominciare da Flon Flon e Musetta(ed. AER) per la prima infanzia fino alle letture indicate per lascuola media, come La grande avventura ( Piemme), Unsacchetto di biglie (Rizzoli), L'asinello d'argento (Rizzoli). Sequesti sono romanzi fra i più significativi ambientatinell'ultima guerra mondiale (ce ne sono molti altri), nonmancano preziose indicazioni sui campi di sterminio e laResistenza italiana. Un volume indispensabile, dal qualeinsegnanti e genitori possono trarre preziose indicazioni peraiutare i ragazzi a conoscere l'insostituibile valore della pace. Roberto Denti

ANGELOGUGLIELMI

Racconti a sera a teatroraccoglie una serie di novelleche perlopiù sono tracce narra-tive che poi (o di lì a poco) Piran-dello avrebbe utilizzato per co-struire le sue famose commedie(Da Sei personaggi in cerca d'au-tore, a Liolà, a L'uomo dal fiore inbocca, a Il Berretto a Sonagli e an-cora) Ma come! Non hanno unapropria autonomia, servono sol-tanto a altro? No, vivono di persé, qualche volta anzi hanno mi-glior sorte (e fascino) dei corri-spettivi teatrali giacché, comescrive nell'utile prefazione Davi-co Bonino, «sono spoglie, nellaloro immediatezza evocativa, diquel troppo di asseverativo e di-mostrativo, che talvolta inficia ildettato teatrale pirandelliano».Non si può non consentire a que-sta precisazione del prefatore.Rimane da capire il perché di

questo «troppo di asseverativoe dimostrativo» presente e rico-noscibile pur in alcune delle no-velle di questa raccolta.

E' che Pirandello all'iniziodel secolo (del ventesimo secolo- quello che abbiamo appena allespalle) si trova a rifondare da ca-po la letteratura italiana che sefino allora si era affidata al datonaturalistico, e questo aveva invario modo imitato, ora per itanti motivi che si è tante voltedetto (industrialismo, inizio ci-viltà di massa, sviluppo dilagan-te dell'informazione) non sa piùche cosa è la realtà lasciandosmarritoe senza uscite il poveroscrittore.

Pirandello avverte la difficol-tà e per uscirne rivolta il tavolo.La realtà non è quella che vedia-mo ma quella che immaginia-

mo; gli occhi del corpo devono farposto agli occhi della mente. La re-altà del quotidiano (quella in cuiogni mattinaci imbattiamo)è soloapparenza, sprovvista di consi-stente concretezza in quantoesposta alle continue trasforma-zioni dovute all'alternarsi per lopiù gratuito di fortune e sventurein cui si consuma la vita. «Che con-tano i fatti? Per enormi che siano,sempre fatti sono. La terra è du-ra, e la vita è di terra... Un catacli-sma, una catastrofe, guerre, terre-moti la scacciano da un punto, viritorna poco dopo uguale, comese nulla fosse stato». Ma se noncontano i fatti e gli individui che licompiono dove troviamo la no-stra possibile concretezza, la soli-

dità che ci sostiene? Non contia-moci, ci dice Pirandello, non la tro-veremo mai. Più che occuparci diquel che c'è e che di fatto non c'è(così provvisorio com'è) provia-mo a occuparci di quel che nonc'è. Che sia Dio come per molti,l'aldilà o i tanti altri fantasmi chepopolano più o meno arbitraria-mente la mentedegli uomini.

Pirandello per parte sua, che èun laico, i suoi fantasmi li costrui-sce con la terra e in più non glivengono nemmeno come vorreb-be anzi, e non si sa come, nasconobitorzoluti e imperfetti tanto daindurlo a compatirli e loro si ar-rabbiano «non possono soffrire ladescrizione minuta che io facciodi certi loro difettucci fisici e mo-rali. Vorrebbero essere belli, imiei signori personaggi, e moral-mente inammendabili. Miseri sì,ma belli». Si ingaggia un vero eproprio duello tra Pirandello e isuoi personaggi-fantasma, lui liguarda con disponibilità di cuorema anche con divertita ironia («èmai possibile il compatimento dicerte sventure, se non a patto chese ne rida?») loro lo accusano diessere uno scrittore beffardo ecrudele. Ma che vogliono! non glibasta di essere più veri dei loro si-mili in cane e ossa? No, vogliono fi-gurare anche eroici e coraggiosi…Ma pensino a Don Abbondio che«è un pretucolo di villaggio, un'animella spaventata, e sissignori!che bella fortuna ha avuto quellolà! Vive eterno!».

Ecco, Pirandello capovolge ilmondo e così lo fa stare ancora inpiedi. Con lui muore definitiva-mente il naturalismo ottocente-sco tra sentimentalismo e ritratti-stica. Muore l'arte come riprodu-zione, nasce l'arte come proposta.Come scoperta di un mondo na-scosto perché là dove è solo buio,dopo Freud e Marx, sappiamoche è la realtà, l'imprendibile vin-ce sul tangibile, e insieme l'auspi-co (Pirandello ci rassicura sullosforzo) che l'imprendibile riesca afarsi crescere le mani conquistan-do la certezza della sua pur impro-nunciabileconcretezza.

Pincio «Hotel a zero stelle»: l’artedi prendere le distanze dalla vita

Perissinotto «Semina il vento»:lui e lei, cultura e religione diverse

Solo al buiosi diventapersonaggi

«Racconti peruna sera a teatro»:il mondo capovoltonelle novelle, traccedelle future commedie

Forse soltanto Via col ven-to può contendere a Ladolce vita il primato di

film più visto, più osannato, piùdetestato e più recensito dellastoria del cinema» scrive FabioRossi nella Premessa al suo Unosguardo sul caos. Analisi lin-guistica della Dolce vita con latrascrizione integrale dei dia-loghi (Le Lettere, Firenze 2010).Dal film nacquero due diffusi ne-ologismi paparazzo e dolce vi-ta, espressione quest'ultima com-parsa in italiano già molto pri-ma che Fellini e il suo sceneggia-tore, Ennio Flaiano, la rilancias-sero nel senso di felicità indolen-te, di dolcezza e abbandono ras-sicurante, accezione in parte delfrancese «douceur de vivre»:quella «particolare maestrianell'arte di godersi l'esistenza»annotava D'Amico, connessacon il clima degli euforici e gode-recci Anni Sessanta del boomeconomico, in una Roma che ave-va ancora il torpore della provin-cia, viveva di un erotismo casa-lingo, secondo quell'idea che pro-prio Fellini aveva della capitale,«un grande appartamento nelquale puoi passeggiare in pigia-ma, ciabattando».

Da un punto di vista dellafortuna linguistica, va notatoche nel nuovo significato fellinia-no la parola penetra presto nelleprincipali lingue europee (dolcevita compare come italianismoin 16 lingue, paparazzo in 23).In italiano ha anche dato il no-me, nella versione univerbata ladolcevita, a quella maglia a col-lo alto, chiuso e rovesciabile.

Dolce vita vedo ora che è unadelle voci raccolte nel volume diRaffaella De Santis, Le parole di-sabitate. Il Novecento, edito daAragno (pp. 302, € 15): parole co-me (tanto per citarne qualcuna) le-gate al costume e alle mode (bril-lantina, capelloni, carosello, flip-per o juke-box, hippy, night) o al-la vita politica (collettivo, conte-stazione, controcultura, daze-bao, riflusso, volantinaggio), Pa-role abbandonate, come intitolòMalerba quel suo catalogo uscitonel 1977 di voci relative al defuntomondo contadino parmense, orariproposto dalle edizioni M.U.P.

Defunto anche il mito della dol-ce vita di Via Veneto, mito che pre-sto si chiude. Nel 1998, mentre sistava chiudendo il Novecento, sichiudono pure alcuni dei caffè allamoda per spaccio di polvere bian-ca. Scompare insieme ai vitelloni(altra parola «disabitata») anchela cerchia di scrittori e artisti chetiravano tardi la sera in via Vene-to. Paolo Mauri, prefatore del li-bro della De Santis, non manca diriraccontarci la storia gustosa diquel lessicografo addetto alla can-cellazione delle parole, che elimi-nava (rimando al racconto di Ge-orges Perec, Vita istruzioni perl'uso) le parole vecchie del diziona-rio per far posto alle nuove. Feceper cinquantatré anni di scrupolo-so servizio l'«ammazzaparole».Una fatica inutile, direi: cacciatedalla porta rientrano sempre dal-la finestra. Semplicemente, sonouscite, questo sì, dal linguaggiocorrente, ma continuano a vivere,seppure come «in una bara», neidizionari.

L’editore Transeuropa hainaugurato da qualchetempo una collana, «Nuo-

va poetica», guidata da un comita-to di lettura coordinato da AlbertoCasadei, e con lui composto da An-drea Afribo, Guido Mazzoni, Lau-ra Pugno e Gianluigi Simonetti. Re-cente uscita è una raccolta di versiscritti nell'arco di un ventennio, dal'90 al 2010, da Anna Maria Carpi.Si intitola L'asso nella neve (pp.130, € 10) ed è dunque il libro di poe-sia ad oggi riassuntivo della notagermanista. Come scrive FaustoMalcovati nella postfazione, i versidella Carpi ci offrono un esempio diconfortante «chiarezza» espressi-va, e si muovono sul terreno degliumori e del risentimento, nella quo-tidianità, dell'insoddisfazione dichi vive dentro le cose con insoffe-renza e disagio. Un clima turbato,un'attenzione fervida al dettaglio,più per attrito che per adesione do-mina questi versi. La pronuncia èsecca e pulita, scandita; l'andamen-to prosastico, molto lineare. Eccouno dei suoi testi più recenti: «Unamadre io l'ho avuta, / viva ardente/ sempre via con la mente / inetta avivere. / Sarà stata poi lei? Mai leho dormito in grembo. / Era un uc-cello / che migrava / con le ali tar-pate. // Così io non ho misericordiadi me stessa, / e non ho niente chemi abbracci dentro».

Nella stessa collana era ap-parso anche il nuovo libro di ItaloTesta, La divisione della gioia(pp. 80, € 9,50), nato nel 1972 e fi-gura tra le più consapevoli, matu-re e composte dei quarantenni edintorni. Amore e luoghi, concre-tissimi paesaggi del presente, eun vasto campionario di situazio-ni diverse caratterizzano questolibro, dove peraltro, secondo unalinea in effetti molto diversa, senon opposta rispetto a quella diAnna Maria Carpi, è evidente unvivo desiderio di sperimentazio-ne, anche metrica. Testa agiscecon letteraria raffinatezza, conocchio attento alla tradizione e si-cura capacità di attuare movi-menti vari, dal racconto in versiad ampio respiro fino all'abbozzoconclusivo di un sonetto voluta-mente «sbadato».

Veronica Costanza Ward,trentasei anni, mi manda versi

inediti in cui si fa apprezzare la leg-gerezza disinvolta della mano(«Melassa, tesoro, che mi appiccica/Bozzolo impotente /L'incubo piùprofondo / nel sogno più intenso /Eviceversa /Banale»). Mostra unaforte (eccessiva?) tendenza alla bat-tuta: «Una canzone eseguita allaperfezione. /Uno slogan terribilmen-te efficace /Il più abile marketing /Ilpiù vero dei pescivendoli». A voltesembra muoversi tra gioco e stra-zio, con un modello che potrebbe es-sere nella poesia di Vivian Lamar-que: «Il giorno è fatto per i matti./Per chi vuol vedere /il suo sedere/levare una preghiera / le sue manibrutte invocare pietà /Gli occhi lapace /la sua bocca storta /la veri-

tà». Cerchi più rigore nella versifi-cazione e meno compiacimento nel-le trovate.

Anche Matteo Bianchi, ventitre-enne, ferrarese, dovrà capire che ilrapporto tra parola e silenzio, edunque la scelta dell'a capo e perciòdel verso, non è elemento marginaleo secondario. Legga con attenzionela poesia d'oggi, e cerchi a sua voltadi non adagiarsi nell'immediatezzacomoda di soluzioni brillanti. Pos-siede una certa acutezza estrosa,una tendenza epigrammatica, e avolte sceglie immagini prelevatedalla normale realtà quotidiana, dicui si mostra discreto osservatoreintelligente: «Un veliero di carta astento avanzava /sotto i piedi, allastazione /la tratta non si trovava».

[email protected]

Pirandello Il rifondatore della letteratura italiana,che sino a inizio ’900 si era affidata al dato naturalistico

pp Tommaso Pinciop HOTEL A ZERO STELLEp Laterza, pp. 228, € 12

pp Alessandro Perissinottop SEMINA IL VENTOp Piemme, pp. 275, € 16,50

pp Luigi Pirandellop RACCONTI PER

UNA SERA A TEATROp Sellerio, pp. 410, € 14p Antologia di celebri novelle a cura

di Guido Davico Bonino, da «Pen-saci, Giacomino!» a «L’amica dellemogli» e «Tutto per bene»

pp Ferruccio Parazzolip IL MONDO È

RAPPRESENTAZIONEp Mondadori, pp. 386, € 20Luigi Pirandello con l’attrice Marta Abba

Anna Maria Carpi

Scrittori italianiIITuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA III

Scena dal «Settimo sigillo» di Bergman con Max von Sydow e Bengt Ekerot

Un grande calderonenarrativo in cuiribollono questioniteologiche e filosofiche,eresie e parusie

«Il mondo èrappresentazione»:un intreccio di storievisionarie, onirichetra passato e futuro

Tommaso Pincio

Con Foster Wallacee Kerouac ancheun caffè è un lusso

Ferruccio Parazzoli

Tra i poeti inediti,chi si muove tra giocoe strazio, alla Lamarque,chi deve meglio capireil nesso parola-silenzio

Alessandro Perissinotto

Impossibilevivere con Shirin,la donna giusta

Page 3: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.34

Parazzoli Un teatrante di genio in Eurolande la perenne lotta fra Dio e l’Avversario

RENATOBARILLI

Riesce alquanto diffi-cile stabilire a quale genere sidebba ascrivere quest’ultimoprodotto di Tommaso Pincio,dopo le prove narrative deglianni scorsi salutate da un suc-cesso crescente: «contributoalla critica di me stesso», cau-to accesso ai segreti di fabbri-ca? Certo è che il tutto si aprecon una dichiarazione del-l’umore psicologico di base cuiil nostro autore si attiene, unsenso di in-appartenenza, pro-prio di un essere umano sradi-cato da qualsiasi legame coiluoghi e con gli affetti. Il che glifa dichiarare una preferenzaper le camere d’albergo, tantomeglio se queste sono anoni-me, squallide, quasi inabitabi-li. Insomma, l’hotel preferitoda questo scorbutico turistadovrà essere «a zero stelle»,come è dichiarato nel titolo da-to a questa prova sfuggente.

Altro che puntare a requisi-ti di comfort o di lusso, biso-

gna mirare in basso, il che corri-sponde in pieno a un hotel che ilnarrante dice di aver scopertoin un quartiere dimesso di TelAviv, del resto a pochi passi daun bar «concettuale» che si com-piace di servire tazzine di caffèprive di contenuto, proprio perscoraggiare ogni attrazione sen-suale. E’ uno stato di rinunciamolto simile a quanto attendegli astronauti, pronti a rimaner-sene sospesi nel cosmo, in un

quadro di totale anestesia, pergiorni o mesi, secondo l’avventu-ra che Pincio ha affidato al suonon-eroe protagonista dello Spa-zio sfinito, uscito poco tempo fa.

Le stanze squallide dell’hotela zero stelle gli consentono di in-contrare tanti spiriti affini alsuo, anzi, diciamolo, il salire i va-ri pianerottoli di questa residen-za sospesa tra il reale e l’irrealediviene come una Divina Com-media sui generis, con incontri

sul tipo di quelli che Dante puòavere con Virgilio e Stazio. Malungo il viaggio dantesco risuo-nano le note delle più vive emo-zioni, qui invece si hanno solocontatti con figure che hannopreceduto Pincio sulla medesi-ma via della rinuncia, della pre-sa di distanza dalla vita, forseperché l’hanno sentita troppoimpellente ed esigente, fino a ri-nunciarvi per interrompere uncoinvolgimento parossistico.

Questa rinuncia all’affermazio-ne di sé diviene un esercizio me-todico, del resto fin dall’iniziodella sua avventura il Nostro havoluto identificarsi con ThomasPynchon. E ora fa le medesimeprove con una sfilata di campio-ni che si sono comportati comelui, i loro ritratti sono appesi fuo-ri dalle stanze di quella tetra gal-leria, e incontriamo cosìGraham Greene, Jack Kerouac,George Orwell, Francis Scott Fi-

tzgerald, David Foster Wallace.Il nostro parassita umano li evo-ca, ne ricostruisce le mosse, cer-ca un’immedesimazione pun-tuale, quasi proponendosi di in-dossarne le maschere funebri.

Forse nel condurre questasfilata Pincio è stato preso dabulimia, ha messo troppi ospitiin conto, non tutti pertinenti aquel suo metro di in-apparte-nenza, di esilio da ogni senti-mento. Come dire che alcuni diquesti incontri stonano, succe-de in particolare quando dallaserie di scrittori anglosassoni sipassa ai neo-latini, forse funzio-na il ritratto di Simenon, mamolto meno quelli di Landolfi edi Pasolini, e peggio ancoraquando Pincio passa a coltivareuna serie di artisti.

Insomma, troppa carne alfuoco, che è anche come direche malgrado l’intento di par-tenza l’autore esce dallo stato diinerzia spaziale e sentimentale,cade in un campo di attrazione,si vede costretto a dare reazionidi qualche spessore emotivo.

Sull’autocarroc’è il settimo sigillo

SERGIOPENT

Un tema coraggioso,attuale, è al centro del nuovo ro-manzo di Perissinotto. Un temache si presta facilmente a esse-re preda di tutti i luoghi comunidel caso, tra populismo d’accat-to e battute da bar sport, fino al-le contaminazioni sociali in cuisi perdono d’incanto tutti i valo-ri teorici e riaffiorano i malesse-ri della diffidenza e dell’odio.

E’ possibile un matrimoniofelice e duraturo tra due espo-nenti di cultura e religione di-verse? E’ possibile non rimane-re vittime della malignità, delrazzismo, della cattiveria ranco-rosa di chi difende i suoi presun-ti valori arroccandosi nella nic-chia di tradizioni aleatorie?

Con dissacrante negatività,Perissinotto ci mette di fronteal caso estremo, al dramma cheevolve in tragedia, nella bellastoria d’amore tra il maestro dimontagna Giacomo Musso e lasensuale Shirin, nata in Franciada ricchi iraniani emigrati già ai

tempi dello scià. La logica direb-be che l’autore ha forzato la manoestremizzando l’ispirazione permettere in risalto il suo teoremasull’incapacità di accettare chi èdiverso da noi: ma alla resa deiconti non c’è nulla di banale, o discontato, in questo thriller socia-le che scorre come un fiume inpiena e si fa leggere con rabbia edisappunto e infine riesce nel suoamaro intento di seminare dubbi,di metterci di fronte a una realtà

possibile alla quale - diciamoceloapertamente - nessuno di noi èpreparato.

Giacomo conosce Shirin a Pa-rigi, in un locale in cui lavora co-me cameriere per arrotondare lostipendio di collaboratore a con-tratto presso la Cité des Scien-ces: lei è bella, giovane e disinibi-ta, la passione sboccia per caso esi fa amore, è logico stare insie-me, desiderarsi e sposarsi, men-tre lo stesso Giacomo, conoscen-

do i disinvolti genitori della ragaz-za, si rende conto di quanti luoghicomuni sia infarcita la sua cono-scenza dell’Iran e dell’islam.

Shirin è la donna giusta, e nonesiste altro. Accettare il posto dimaestro in una pluriclasse dimontagna a Mulini, il borgo d’ori-gine di Giacomo nella provinciavercellese, diventa una scelta con-divisa da entrambi i coniugi: gliamici, il cibo, la solidarietà, laquiete, sono il giusto coronamen-

to di un sogno a due. Tutto proce-de secondo le logiche di una sere-na condivisione dei fatti, ma quan-do la perfezione si incrina, non èsolo un fiocco di neve che cade,ma una valanga che scivola a val-le e trascina tutto con sé. Si co-mincia con una discussione scola-stica sui valori religiosi e si conti-nua con il sindaco leghista di unpaese in cui la corale di amici checomprende anche Shirin dovreb-be esibirsi: lei non è ben accetta

perché viola le tradizioni.Ciò che segue, fino alle battute

finali dal carcere in cui Giacomo èrinchiuso già dall’incipit del ro-manzo, è un calvario di accuse, so-spetti, tradimentie veleni in cui lacoppia, anziché trovare forza, sisfalda e si perde, nel disagio sem-pre crescente del lettore, che sitrova messo di fronte a una valu-tazione degli eventi, costretto aporsi domande imbarazzanti, eforse non riesce ad accettare - al-meno a noi è successo - la derivadolorosa con cui Perissinotto con-cludeferocemente la sua storia.

Scritto con passione e sicu-rezza, il romanzo scava un solcofacile nel nostro disagio, nellasotterranea indifferenza con laquale accogliamo le novità quan-do non ci disturbano direttamen-te, ed è un bell’esempio di narra-tiva sociale raccontata con vee-menza per raggiungere il suoscopo. Che non è solo di denun-cia, ma si pone invece sul pianodi una discussione necessaria,senza particolarismi, adesso cheil mondo viene a cercarci.

GIOVANNITESIO

Se fosse vero che gliscrittori scrivono sempre lostesso libro, sarebbe vero perFerruccio Parazzoli che quellostesso libro ruoti intorno al di-lemma perenne dell'insidiosa eirredimibile lotta «tra Dio el'Avversario». Un Dio che sfug-ge a una pacificata unità (o uni-cità) di concezione, e che al con-trario si presta a più diramateconfigurazioni, di certo a più in-quieti sprofondi, come accadeanche nell'ultimo e forse di tut-ti il più impegnativo romanzo,Il mondo è rappresentazione.

Se è dunque Dio il cuore delrovello, Parazzoli non fa diver-samente da ciò che a ogni buonromanziere tocca fare: vale adire trasformare i suoi assilli inpersonaggi, dare consistenzadi vita immaginaria alla rap-presentazione di ciò da cui piùfortemente è scosso. A conta-re, come sempre, è il modo, ilcome si disponga sulla scac-chiera (o si direbbe qui sulle ta-vole di un palcoscenico) il gio-co delle pedine e delle mosse, leallusive trame di una vita prov-visoria che «rappresenta» gliintrecci non meno provvisoridell'umana esistenza: creature- in definitiva - non sai se di so-gno o di visione.

E di fatto nel romanzo c'èuna dimensione visionaria, oni-rica che si muove dentro una

realtà indefinibile collocabiletra un mondo postremo e unasorta di Medioevo di ritorno, odi mondo attraversato da unanuova, carnevalizzata o po-stmoderna barbarie: in mezzoa nomi arcaici come Brenda-no, Wulferio, Adalgerio, Horo-swita e altri di più bislacca con-taminazione come Ossosacro,Ronaldino, Tempestaria, Dop-pio Sombrero (con gli elicotte-ri Apache, adattamento possi-bile da Apocalypse Now), tuttoun universo di guerre e guerri-glie, di bande e fazioni, di mili-ziani e partigiani, di truppe go-vernative e movimenti separa-tisti: un mondo che vive all'in-segna della strage e del sac-cheggio, del meticciato e dell'ibridazione, una terra di nessu-no dal nome di Euroland, in cuinon è impossibile riscontrareun'intenzione di ironia.

Che cosa racconta la storiadi Parazzoli? In sintesi estre-ma, la vita di Wulferio, un tea-trante di genio che mette inscena sacre rappresentazioni

trasportandosi di luogo in luogocon un autocarro sgangheratoche si chiama Leviatano e chesembra evocare con i misteridel caos la logica del destino lun-go le rotte di una landa desolata,frammista di razze e linguaggi,di passato e di futuro, che va daAutun a Trier, da Koblenz a Er-furt, da Göttingen a Gandershe-im; per poi puntare verso il Sude finire a Morimondo (nomen-omen), il monastero da cui tuttoha anche inizio.

Wulferio va da in cerca dellabadessa Horoswita che gli deveconsegnare il prezioso mano-scritto dei drammi composti dalei in latino. Un teatrante da«settimo sigillo», inseguito dall'ossessione di Dio e della suastraripante e insaziata vocazio-ne. Del cui seguito compositofanno parte una donna-strega,un servitore devotissimo e - daun certo punto in poi - un «extra-comunitario» negro che si chia-ma Artaldo e il novizio Brenda-no che gli si è messo sulle traccecon l'incarico di una missione dispionaggio cui di fatto decide dinon ottemperare.

Tocca al novizio raccogliere eraccontare tutta la storia nellacircolarità di compimento chel'avvolge. Qui tutto avviene all'in-segna della commistione: il pas-sato con il futuro, la televisione

con la foresta, le autocisternecon i romitori, la chitarra elettri-ca con il Liber Himnarius (da cuiattinge per la maggior parte la ti-tolazione dei paragrafi): anacro-nismi sistematici, e dunque em-

blematici, dentro un grande cal-derone narrativo in cui ribollonoquestioni teologiche e filosofi-che, eresie e parusie, ma soprat-tutto le tante storie che s'annoda-no alla storia centrale. La storiadi fra Dolcino (qui Ronaldino), lastoria di Tempestaria, la storiadi Al-Husain ibn Mansur, la sto-ria di Angelina e di Albino il fur-fante, vero estratto di romanzo

picaresco, le storie della gineco-loga Elisa Spontini, del monacoFulberto, di Sacuntala, di Martae di Maria, del convertito Kafir.

Fino alla consapevolezza ter-minale in cui Parazzoli - dietrol'orma e l'ombra del portavoceBrendano - dà fondo alla sua co-scienza di «cattolico» inquieto,l'illuminazione che sbanca l'enig-ma invincibile di questo roman-zo pieno come un uovo. Se la rap-presentazione del mondo, nel be-ne e nel male, «è il solo modo cheha Dio di esistere fin dall'iniziodel tempo», ecco conseguirneche il vero nemico di Dio «non èSatana, ma il Nulla».

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Addio, addioalla dolce vita

Il Novecento che non si pronuncia più:da vitelloni a capelloni

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Le nuove vocitra neve e gioia

Le prove di Anna Maria Carpie Italo Testa per «Transeuropa»

«RACCONTARE LA GUERRA» (E LA PACE) AI RAGAZZI

Dal Risorgimento alla Shoah= «Che cosa sanno i nostri bambini e ragazzi sullaguerra? Che concezione ne hanno? Che fantasmi si sonoformati dentro di loro? Come giustificano la quotidianamessa in scena della violenza bellica?…». Queste domandehanno determinato Walter Fochesato a comporre unquadro esauriente e suggestivo, Raccontare la guerra -Libri per bambini e ragazzi ora aggiornato per Interlinea(pp. 244, € 20). Per fortuna i ragazzi di oggi (e i lorogenitori) non sono coinvolti direttamente in guerre sulnostro territorio (l'Afghanistan è lontano): «si potrebbepensare che l'inattualità di una terza guerra mondiale abbia

prodotto o abbia contribuito a produrre un moltiplicarsi diguerre secondarie». Ma il recente passato è ancora vivo econdizionante e la letteratura per bambini e ragazzi se ne èoccupata offrendo ai giovani lettori romanzi di alto livellonarrativo. Fochesato esamina volumi che hannoaccompagnato gli avvenimenti del Risorgimento, delleimprese africane, della prima guerra mondiale e delfascismo. Libri introvabili ma che testimoniano l'importanzadel rapporto fra eventi bellici e racconti che li possonorendere interessanti al di là delle pagine dei testi scolastici.Quante generazioni di ragazzini si sono identificati nellaPiccola vedetta lombarda (anch’esso, non a caso, orariproposto da Interlinea)? Eppure si tratta di una vicenda cheesalta la morte di un dodicenne per colpa di un ufficiale

privo di scrupoli umani. La rassegna di Fochesato offreun'ampia possibilità di scelta (per ogni romanzo c'è la sintesidel contenuto e un giudizio sulla sua validità) per indicare leletture più importanti; a cominciare da Flon Flon e Musetta(ed. AER) per la prima infanzia fino alle letture indicate per lascuola media, come La grande avventura ( Piemme), Unsacchetto di biglie (Rizzoli), L'asinello d'argento (Rizzoli). Sequesti sono romanzi fra i più significativi ambientatinell'ultima guerra mondiale (ce ne sono molti altri), nonmancano preziose indicazioni sui campi di sterminio e laResistenza italiana. Un volume indispensabile, dal qualeinsegnanti e genitori possono trarre preziose indicazioni peraiutare i ragazzi a conoscere l'insostituibile valore della pace. Roberto Denti

ANGELOGUGLIELMI

Racconti a sera a teatroraccoglie una serie di novelleche perlopiù sono tracce narra-tive che poi (o di lì a poco) Piran-dello avrebbe utilizzato per co-struire le sue famose commedie(Da Sei personaggi in cerca d'au-tore, a Liolà, a L'uomo dal fiore inbocca, a Il Berretto a Sonagli e an-cora) Ma come! Non hanno unapropria autonomia, servono sol-tanto a altro? No, vivono di persé, qualche volta anzi hanno mi-glior sorte (e fascino) dei corri-spettivi teatrali giacché, comescrive nell'utile prefazione Davi-co Bonino, «sono spoglie, nellaloro immediatezza evocativa, diquel troppo di asseverativo e di-mostrativo, che talvolta inficia ildettato teatrale pirandelliano».Non si può non consentire a que-sta precisazione del prefatore.Rimane da capire il perché di

questo «troppo di asseverativoe dimostrativo» presente e rico-noscibile pur in alcune delle no-velle di questa raccolta.

E' che Pirandello all'iniziodel secolo (del ventesimo secolo- quello che abbiamo appena allespalle) si trova a rifondare da ca-po la letteratura italiana che sefino allora si era affidata al datonaturalistico, e questo aveva invario modo imitato, ora per itanti motivi che si è tante voltedetto (industrialismo, inizio ci-viltà di massa, sviluppo dilagan-te dell'informazione) non sa piùche cosa è la realtà lasciandosmarritoe senza uscite il poveroscrittore.

Pirandello avverte la difficol-tà e per uscirne rivolta il tavolo.La realtà non è quella che vedia-mo ma quella che immaginia-

mo; gli occhi del corpo devono farposto agli occhi della mente. La re-altà del quotidiano (quella in cuiogni mattinaci imbattiamo)è soloapparenza, sprovvista di consi-stente concretezza in quantoesposta alle continue trasforma-zioni dovute all'alternarsi per lopiù gratuito di fortune e sventurein cui si consuma la vita. «Che con-tano i fatti? Per enormi che siano,sempre fatti sono. La terra è du-ra, e la vita è di terra... Un catacli-sma, una catastrofe, guerre, terre-moti la scacciano da un punto, viritorna poco dopo uguale, comese nulla fosse stato». Ma se noncontano i fatti e gli individui che licompiono dove troviamo la no-stra possibile concretezza, la soli-

dità che ci sostiene? Non contia-moci, ci dice Pirandello, non la tro-veremo mai. Più che occuparci diquel che c'è e che di fatto non c'è(così provvisorio com'è) provia-mo a occuparci di quel che nonc'è. Che sia Dio come per molti,l'aldilà o i tanti altri fantasmi chepopolano più o meno arbitraria-mente la mentedegli uomini.

Pirandello per parte sua, che èun laico, i suoi fantasmi li costrui-sce con la terra e in più non glivengono nemmeno come vorreb-be anzi, e non si sa come, nasconobitorzoluti e imperfetti tanto daindurlo a compatirli e loro si ar-rabbiano «non possono soffrire ladescrizione minuta che io facciodi certi loro difettucci fisici e mo-rali. Vorrebbero essere belli, imiei signori personaggi, e moral-mente inammendabili. Miseri sì,ma belli». Si ingaggia un vero eproprio duello tra Pirandello e isuoi personaggi-fantasma, lui liguarda con disponibilità di cuorema anche con divertita ironia («èmai possibile il compatimento dicerte sventure, se non a patto chese ne rida?») loro lo accusano diessere uno scrittore beffardo ecrudele. Ma che vogliono! non glibasta di essere più veri dei loro si-mili in cane e ossa? No, vogliono fi-gurare anche eroici e coraggiosi…Ma pensino a Don Abbondio che«è un pretucolo di villaggio, un'animella spaventata, e sissignori!che bella fortuna ha avuto quellolà! Vive eterno!».

Ecco, Pirandello capovolge ilmondo e così lo fa stare ancora inpiedi. Con lui muore definitiva-mente il naturalismo ottocente-sco tra sentimentalismo e ritratti-stica. Muore l'arte come riprodu-zione, nasce l'arte come proposta.Come scoperta di un mondo na-scosto perché là dove è solo buio,dopo Freud e Marx, sappiamoche è la realtà, l'imprendibile vin-ce sul tangibile, e insieme l'auspi-co (Pirandello ci rassicura sullosforzo) che l'imprendibile riesca afarsi crescere le mani conquistan-do la certezza della sua pur impro-nunciabileconcretezza.

Pincio «Hotel a zero stelle»: l’artedi prendere le distanze dalla vita

Perissinotto «Semina il vento»:lui e lei, cultura e religione diverse

Solo al buiosi diventapersonaggi

«Racconti peruna sera a teatro»:il mondo capovoltonelle novelle, traccedelle future commedie

Forse soltanto Via col ven-to può contendere a Ladolce vita il primato di

film più visto, più osannato, piùdetestato e più recensito dellastoria del cinema» scrive FabioRossi nella Premessa al suo Unosguardo sul caos. Analisi lin-guistica della Dolce vita con latrascrizione integrale dei dia-loghi (Le Lettere, Firenze 2010).Dal film nacquero due diffusi ne-ologismi paparazzo e dolce vi-ta, espressione quest'ultima com-parsa in italiano già molto pri-ma che Fellini e il suo sceneggia-tore, Ennio Flaiano, la rilancias-sero nel senso di felicità indolen-te, di dolcezza e abbandono ras-sicurante, accezione in parte delfrancese «douceur de vivre»:quella «particolare maestrianell'arte di godersi l'esistenza»annotava D'Amico, connessacon il clima degli euforici e gode-recci Anni Sessanta del boomeconomico, in una Roma che ave-va ancora il torpore della provin-cia, viveva di un erotismo casa-lingo, secondo quell'idea che pro-prio Fellini aveva della capitale,«un grande appartamento nelquale puoi passeggiare in pigia-ma, ciabattando».

Da un punto di vista dellafortuna linguistica, va notatoche nel nuovo significato fellinia-no la parola penetra presto nelleprincipali lingue europee (dolcevita compare come italianismoin 16 lingue, paparazzo in 23).In italiano ha anche dato il no-me, nella versione univerbata ladolcevita, a quella maglia a col-lo alto, chiuso e rovesciabile.

Dolce vita vedo ora che è unadelle voci raccolte nel volume diRaffaella De Santis, Le parole di-sabitate. Il Novecento, edito daAragno (pp. 302, € 15): parole co-me (tanto per citarne qualcuna) le-gate al costume e alle mode (bril-lantina, capelloni, carosello, flip-per o juke-box, hippy, night) o al-la vita politica (collettivo, conte-stazione, controcultura, daze-bao, riflusso, volantinaggio), Pa-role abbandonate, come intitolòMalerba quel suo catalogo uscitonel 1977 di voci relative al defuntomondo contadino parmense, orariproposto dalle edizioni M.U.P.

Defunto anche il mito della dol-ce vita di Via Veneto, mito che pre-sto si chiude. Nel 1998, mentre sistava chiudendo il Novecento, sichiudono pure alcuni dei caffè allamoda per spaccio di polvere bian-ca. Scompare insieme ai vitelloni(altra parola «disabitata») anchela cerchia di scrittori e artisti chetiravano tardi la sera in via Vene-to. Paolo Mauri, prefatore del li-bro della De Santis, non manca diriraccontarci la storia gustosa diquel lessicografo addetto alla can-cellazione delle parole, che elimi-nava (rimando al racconto di Ge-orges Perec, Vita istruzioni perl'uso) le parole vecchie del diziona-rio per far posto alle nuove. Feceper cinquantatré anni di scrupolo-so servizio l'«ammazzaparole».Una fatica inutile, direi: cacciatedalla porta rientrano sempre dal-la finestra. Semplicemente, sonouscite, questo sì, dal linguaggiocorrente, ma continuano a vivere,seppure come «in una bara», neidizionari.

L’editore Transeuropa hainaugurato da qualchetempo una collana, «Nuo-

va poetica», guidata da un comita-to di lettura coordinato da AlbertoCasadei, e con lui composto da An-drea Afribo, Guido Mazzoni, Lau-ra Pugno e Gianluigi Simonetti. Re-cente uscita è una raccolta di versiscritti nell'arco di un ventennio, dal'90 al 2010, da Anna Maria Carpi.Si intitola L'asso nella neve (pp.130, € 10) ed è dunque il libro di poe-sia ad oggi riassuntivo della notagermanista. Come scrive FaustoMalcovati nella postfazione, i versidella Carpi ci offrono un esempio diconfortante «chiarezza» espressi-va, e si muovono sul terreno degliumori e del risentimento, nella quo-tidianità, dell'insoddisfazione dichi vive dentro le cose con insoffe-renza e disagio. Un clima turbato,un'attenzione fervida al dettaglio,più per attrito che per adesione do-mina questi versi. La pronuncia èsecca e pulita, scandita; l'andamen-to prosastico, molto lineare. Eccouno dei suoi testi più recenti: «Unamadre io l'ho avuta, / viva ardente/ sempre via con la mente / inetta avivere. / Sarà stata poi lei? Mai leho dormito in grembo. / Era un uc-cello / che migrava / con le ali tar-pate. // Così io non ho misericordiadi me stessa, / e non ho niente chemi abbracci dentro».

Nella stessa collana era ap-parso anche il nuovo libro di ItaloTesta, La divisione della gioia(pp. 80, € 9,50), nato nel 1972 e fi-gura tra le più consapevoli, matu-re e composte dei quarantenni edintorni. Amore e luoghi, concre-tissimi paesaggi del presente, eun vasto campionario di situazio-ni diverse caratterizzano questolibro, dove peraltro, secondo unalinea in effetti molto diversa, senon opposta rispetto a quella diAnna Maria Carpi, è evidente unvivo desiderio di sperimentazio-ne, anche metrica. Testa agiscecon letteraria raffinatezza, conocchio attento alla tradizione e si-cura capacità di attuare movi-menti vari, dal racconto in versiad ampio respiro fino all'abbozzoconclusivo di un sonetto voluta-mente «sbadato».

Veronica Costanza Ward,trentasei anni, mi manda versi

inediti in cui si fa apprezzare la leg-gerezza disinvolta della mano(«Melassa, tesoro, che mi appiccica/Bozzolo impotente /L'incubo piùprofondo / nel sogno più intenso /Eviceversa /Banale»). Mostra unaforte (eccessiva?) tendenza alla bat-tuta: «Una canzone eseguita allaperfezione. /Uno slogan terribilmen-te efficace /Il più abile marketing /Ilpiù vero dei pescivendoli». A voltesembra muoversi tra gioco e stra-zio, con un modello che potrebbe es-sere nella poesia di Vivian Lamar-que: «Il giorno è fatto per i matti./Per chi vuol vedere /il suo sedere/levare una preghiera / le sue manibrutte invocare pietà /Gli occhi lapace /la sua bocca storta /la veri-

tà». Cerchi più rigore nella versifi-cazione e meno compiacimento nel-le trovate.

Anche Matteo Bianchi, ventitre-enne, ferrarese, dovrà capire che ilrapporto tra parola e silenzio, edunque la scelta dell'a capo e perciòdel verso, non è elemento marginaleo secondario. Legga con attenzionela poesia d'oggi, e cerchi a sua voltadi non adagiarsi nell'immediatezzacomoda di soluzioni brillanti. Pos-siede una certa acutezza estrosa,una tendenza epigrammatica, e avolte sceglie immagini prelevatedalla normale realtà quotidiana, dicui si mostra discreto osservatoreintelligente: «Un veliero di carta astento avanzava /sotto i piedi, allastazione /la tratta non si trovava».

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Pirandello Il rifondatore della letteratura italiana,che sino a inizio ’900 si era affidata al dato naturalistico

pp Tommaso Pinciop HOTEL A ZERO STELLEp Laterza, pp. 228, € 12

pp Alessandro Perissinottop SEMINA IL VENTOp Piemme, pp. 275, € 16,50

pp Luigi Pirandellop RACCONTI PER

UNA SERA A TEATROp Sellerio, pp. 410, € 14p Antologia di celebri novelle a cura

di Guido Davico Bonino, da «Pen-saci, Giacomino!» a «L’amica dellemogli» e «Tutto per bene»

pp Ferruccio Parazzolip IL MONDO È

RAPPRESENTAZIONEp Mondadori, pp. 386, € 20Luigi Pirandello con l’attrice Marta Abba

Anna Maria Carpi

Scrittori italianiIITuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA III

Scena dal «Settimo sigillo» di Bergman con Max von Sydow e Bengt Ekerot

Un grande calderonenarrativo in cuiribollono questioniteologiche e filosofiche,eresie e parusie

«Il mondo èrappresentazione»:un intreccio di storievisionarie, onirichetra passato e futuro

Tommaso Pincio

Con Foster Wallacee Kerouac ancheun caffè è un lusso

Ferruccio Parazzoli

Tra i poeti inediti,chi si muove tra giocoe strazio, alla Lamarque,chi deve meglio capireil nesso parola-silenzio

Alessandro Perissinotto

Impossibilevivere con Shirin,la donna giusta

Page 4: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.35

Pamuk Il portentoso romanzo d’esordiodel Nobel nel 1974: un secolo di storiaturca attraverso le vicende di una famiglia

Oggi forse solo pochi cine-fili ricordano BertholdViertel, cineasta vienne-

se (1885-1953) prima attore e ca-rismatico teatrante, secondo so-lamente a Max Reinhardt, com-mediografo, sodale e collabora-tore di Karl Kraus. Ebreo in fu-ga dalla follia nazista, venne in-crociato da Christopher Ishe-rwood durante le riprese del suounico film inglese, Little Frienddella Gaumont (tratto da un ro-manzo di Ernest Lothar), uscitonell’agosto del 1934 e mai giuntoin Italia. A questo episodio dellapropria esistenza Isherwood si èispirato per La violetta del Pra-ter (Adelphi, pp. 136, € 16, trad.di G. Monicelli).

Non è difficile intravedereViertel dietro Friedrich Berg-mann, il grande regista austria-co giunto a Londra per girare lascipita storiella d’amore dellapiccola violetera Toni - da qui iltitolo - con uno studentello die-

tro cui si cela il principe eredita-rio di Borodania. Lo scrittore in-glese si professionalizzò, in epo-ca successiva, quale sceneggiato-re, dopo il trasferimento in Cali-fornia: ed è proprio dal suobuen retiro che egli scrisse epubblicò il libro nel ‘45, in memo-ria di quel tragico 1933 in cui iprodromi della seconda guerramondiale iniziavano a sconvol-gere il mondo.

L’autore di A Single Man(1964), è noto, amava in manie-ra speciale il cinema: ne è testi-monianza lo splendido Addio aBerlino (1939), da cui Bob Fossecavò nel ‘72 uno tra i più bei mu-sical mai realizzati, Cabaret.Qui, l’innamoramento per la set-tima arte è fondamentale nellanarrazione: tutto si svolge du-rante la lavorazione del film, inuna Londra capace di gingillar-si con la cinepresa mentre - citoManganelli, nella sua postfazio-ne - «la Germania nazista cele-

bra il processo per l’incendio delReichstag, in Austria la guerra ci-vile distrugge le milizie operaie; sifucila, si impicca... sta arrivandouna guerra orrenda».

Come già in altri suoi lavori(ad esempio nel citato Addio aBerlino, dove egli si ritagliava unruolo di testimone, lasciando ilproscenio all’imbroglioncello Mr.Norris e all’ormai leggendariaSally Bowles), Isherwood - un po’alla maniera di Nick Carrawayne Il grande Gatsby (1925) - en-tra nella storia di sguincio, conuna educazione che non esclude,tuttavia, un tanto di garbatamen-te voyeuristico. Con il suo stile leg-gero ed allusivo, Isherwood - «in-tenditore di fatuità, esperto disottise» (ancora Manganelli) -,delizia come d’uso il lettore, a lun-go, su toni da commedia, col pro-duttore Chatsworth che sogna direalizzare una Tosca interpreta-ta da Greta Garbo, scritta da So-merset Maugham, e si ritrova in-

vece con La violetta del Prater.Verso la conclusione, una tri-

stezza memorabile vela gli stru-menti e fa scivolare il racconto ver-so il dramma: in una Londra cupae desertificata, Christopher deverendersi conto esser sempre statala paura a fargli compagnia e che,quanto al regista-demiurgo, eglivede in lui qualcosa di assai vicinoad una figura paterna. Taglienteverso la famiglia della celluloide(dove «ci sono segreti che tutti co-noscono e di cui nessuno parla»),nella sua apparente frivolezza Lavioletta del Prater è più profondodi quanto sembri: merita un postoa fianco dei libri maggiori sul cine-ma, Il giorno della locusta(1939), Gli ultimi fuochi (1941), ilmeno conosciuto I disincantati(1960) di Budd Schulberg. Unapiccola annotazione, per i curiosi:l’androgino batticuore del momen-to, al quale l’autore fa riferimentoadoperando soltanto la lettera J,nella realtà si chiamava Heinz.

ANGELABIANCHINI

Bersaglio notturno, ul-timo romanzo del grande scrit-tore argentino Ricardo Piglia,tredici anni dopo Soldi bruciati,risulta semplice e complessoinsieme.

Tanto per cominciare, incomune con altri ben noti auto-ri latinoamericani, Piglia ha ildono di creare universi com-patti e ben riconoscibili in mez-zo alla vastità del grande conti-nente. In questo caso si trattadi una cittadina piazzata a unatrentina di chilometri da Bue-nos Aires, in mezzo a quellache Piglia chiama la «pampaumida»: lì, nel 1972, un anno do-po il ritorno di Perón, evento acui si allude di continuo, arrivauno strano personaggio. Sichiama Tony Durán, è un dan-dy mulatto, educato nel NewJersey, il quale, in precedenza,ha conosciuto intimamente,due sorelle gemelle, Ada e So-fia Belladonna, che apparten-gono alla famiglia più nota e fa-coltosa del luogo. Tony Durána un certo punto viene trovatomorto e di questo crimine sonoaccusati personaggi seconda-ri, estranei all'origine del luo-go, ma lì radicatisi.

La vicenda sembra in unprimo momento palleggiarsitra le rivalità di un commissa-rio in disgrazia, di un procura-tore che gode di fama usurpa-ta, di un giornale locale che hasete di notizie interessanti dasegnalare alla capitale. Ma, inrealtà, coinvolgendo il lettore,quasi subito la trama esce dal-le strettoie del giallo, anzi, deiluoghi e assume una veste in-ternazionale e senza tempo, fa-miliare e colloquiale insieme.

Vi contribuisce non soltan-to la comparsa del giornalistadi Buenos Aires, Emilio Renzi,che anche qui, come in altriprecedenti romanzi di Piglia, èuna sorta di alter ego dell'auto-re si trasforma nella coscienzadel luogo. E poi, attraverso, le

note a piè di pagina, esplicative efamiliari insieme, s’instaura unasorta di «storia parlata».

Così i tanti elementi immessida Piglia all'interno della trama,confermati dalla sua lunga inter-vista al País nel settembre del2010, fanno del romanzo una pa-rafrasi forse nostalgica della vi-ta di Piglia stesso. Infatti, nel1957, quando aveva appena sedi-ci anni, suo padre, peronistaperseguitato, aveva trasferito lafamiglia da un sobborgo di Bue-nos Aires a una città sulla costaatlantica chiamata Mar del Pla-ta. E lì Piglia, disorientato e pri-vo di amici, aveva cominciato ascrivere. Apprendiamo che an-

che il nonno di Sofia Belladonnaera nato a Pinerolo e, «arrivatoin Argentina lo avevano portatonel deserto lasciandolo davantia uno scambio - in realtà un in-crocio di linee ferroviarie - inmezzo al nulla». E, come diceSofia «... adesso certe volte pen-so... che se mio nonno fosse ri-masto a Torino, Tony non sa-rebbe morto... Come si può defi-nire tutto ciò?». «Si chiama vi-ta», rispose Renzi. E a sfondo diquesti colloqui certamente amo-rosi, appena al di là delle fine-stre, c'è una «campagna piatta(che) cominciava a dissolversicome se fosse d'acqua, nel tre-molio del tramonto».

Ci troviamo ora davanti allagrande invenzione di Piglia: in-fatti, questa campagna è la veraprotagonista del romanzo e, pro-prio come accade nella vita, lasua strana luce ha il potere ditrasformare le cose. Fa sì, adesempio, che un papero, guarda-to in un certo modo, possa esse-re preso per un coniglio (e ne tro-viamo la doppia immagine sulla

copertina del libro) e Bersaglionotturno iniziato come un giallo,finisca nella narrazione di una vi-ta familiare in cui realtà e finzio-ne letteraria si mescolano libera-mente. I discendenti del nonnopiemontese e della sua grandecreazione industriale diventanoal tempo stesso amici e nemici,coinvolti, con tanti altri perso-naggi locali, in una terribile fata-lità. La morte del dandy mulattosi amplia dunque fino a trasfor-mare un'industria, toccabile e vi-sibile concepita anni prima inmezzo al nulla, in un discorso af-fascinante sulla finzione lettera-ria e la realtà. Una sorta di ro-manzo sull'arte di fare romanzi.

STUART MACBRIDE, LINDA LA PLANTE E LEE CHILD

Tris d’assi per un’estate gialla= Stuart Macbride, Linda La Plante e Lee Child: un tris dipiccoli grandi assi calati assieme da Newton Compton,Garzanti e Longanesi quasi ad aprire la guerra estiva delthriller con i loro protagonistipiù amati. Nei primi due casirinnovando coppie già celebri (il sergente McRae e la suasparlacciona commissaria lesbica Steel nel cuore mefiticodi Aberdeen; Anna Travis e il suo ex capo ed amante JamesLangton in una Londra popolata di star di cinema, droga eprostituzione).Nel terzo, ripescando quel tosto «barbone»di Jack Reacher, ex poliziotto militare, ora pugnace zingarosenza fissa dimora ma dall’istinto e dalle mani sempre più

veloci. Ma procediamocon ordine: in Sanguenero (trad.A. Spirito, pp. 424, € 14,90) Macbride usa, come al solito,il machete al posto della penna impregnandoloperò di ungran umorismo macabro che ridona leggerezza a tutto ilsangue che viene sparso. Tutto ruota intorno a uno stranouomo, Richard Knox, pedofilo al contrario in quanto le suevittime di stupro sono sempre stati vecchi indifesi.Scontata la pena viene rimesso in libertà ma il suo anticomestiere di contabile di un boss mafioso (appenadeceduto)gli scatena contro la violenta ingordigia dicompetitors ed eredi. Ne Il grido della mantide (trad.Curtoni e Parolini, pp. 465, € 19,60) Anna Travis (chesomiglia sempre più all’ispettrice disegnata da Linda LaPlante per la serie tv con Helen Mirren) è alle prese con la

morte misteriosa di una giovane stella del cinemaninfomane e dall’equilibrio piuttosto instabile, con allespalle un elenco quasi infinito di odi e di invidie. Caso, tral’altro, non solo complicato, ma decisivo per quellapromozione perennemente messa in forse dalla suaattitudine ad agire da sola senza mai fare gioco di équipe.Ne I dodici segni (trad. A. Tissoni, pp. 409, € 18,60) LeeChild imbastisce una sorta di spy story newyorchese basatasul suicidio in metropolitana di una addetta al Pentagonoinseguita da mezzo mondo: da una sedicente ucraina incoppia con la madre, da un ex eroe di guerra ora incampagnaelettorale, da Fbi e da Servizi segreti di tutti itipi. Denso, robusto, colpi di scena a volontà. Piero Soria

IL TRADERDI MAGNUSSON

La Borsa, che commedia= Di questi tempi ci vuoleuna buona dosedi humournoir per puntare su un trader come protagonista. Tra bollespeculative, crisi e dissesti bancari c'è ben poco da ridere mamolto da scrivere, specie se si ha la leggerezzae il tocco cheKristofMagnussondispensanel suo secondoromanzo,Nonsono stato io, nella sciolta versione di Bice Rinaldi(Neri Pozza, pp. 319, € 17). Lo scrittore trentacinquenne,metà tedesco e metà islandese,ha capito che la realtà vincesull’Immaginazionee si è immerso fino al collo negliingranaggiborsistici e speculativi, ne ha appreso il gergo e ilritmo ricavandoneuna gustosacommedia non senza

happy end. Magnussonè anchedrammaturgoe conoscebene il mestiere: la stessa strutturadel romanzo per viteparallele sta lì a dimostrarlo.Perché oltre al trader, cioèl'operatoredi borsa Jasper Lüdermann,giovane rampantedi Bochumfinito in un'importantebanca americana, c'èl'autoredi bestseller,Henry LaMarck, in crisi creativaproprioquando l'editoreè in attesa del suo romanzoepocale.Sparisceperché nonha scritto unasola riga, e potrebbefarla franca se sulle sue traccenon si fossemessa Meike, lasua traduttrice tedesca. Tutti inseguonotutti in questospassoso testo: Jasper miraal segno più mentre accumulaperdite milionarieper la banca; Henry si invaghiscedeldisinvoltobusinessboy, a cui affida incautamente il propriocapitale,Meike cerca lo scrittore e incappa nell'indaffarato

connazionaleche le fa la corte. E' un gioco vertiginoso in cuis'incrocianodestini sconosciuti che entrano in progressivasinergia.Galeotta è la città di Chicago, fredda e inospitaleei cui locali sembranoritagliati da dépliant delle agenzieturistiche.Del restoanche i protagonisti, con l'eccezioneforsedi Jasper, sono più tipi che persone.Qui, come su una scena teatrale, contano il gioco e ladinamica.E da ultimo l'impressioneche Magnusson,nellasua brillantecommedia degli equivoci, dove il trio ritrova interra tedesca altreprospettive e forseun futuro, abbiaritratto le follie di un mondo in cui solo attraversosconfittee incidenti di percorso si può ridare un senso all'esistenza.Magari evitando i trader e la finanzaallegra. Luigi Forte

CLAUDIOGORLIER

«Non è sbagliato co-struire una società modernae progredita facendo ricorsoalla forza?». Sembra una do-manda imperiosa, urgente,imposta dall’attualità. Manon è così: chi la esprime, Ra-fik, giovane intellettuale tur-co, il quale vive con turbatapartecipazione uno dei mo-menti decisivi della storia delsuo Paese, quando KemalAtatürk, Presidente dal 1923della nuova, rivoluzionaria re-pubblica, per vent’anni ditta-tore incontrastato, distruggeinesorabilmente il vecchio im-pero ottomano, letteralmen-te creando la «panTurchia»repubblicana. È una meta-morfosi che inizia dal nuovonome che a lui, Mustafà Ke-mal, attribuisce nel 1934 laGrande assemblea nazionale,con il significato di «padreturco», o «gran turco», ovve-ro «padre della patria».

Rafik, tanto emblematicoquanto concretamente reale,è uno dei personaggi per cosìdire portanti del poderoso ro-manzo di esordio di Orhan Pa-muk, lo scrittore turco nato

nel 1952. Si intitola Il signor Ce-vdet e i suoi figli, e appare oraper la prima volta in italiano,tradotto con padronanza ma-gistrale di un testo spumeg-giante da Barbara La RosaSalim. Come lo stesso Pamukraccontò nel suo discorso del2006 all’Accademia svedesein occasione del conferimentodel premio Nobel per la lette-ratura, nel 1974 affidò al pa-dre il dattiloscritto del roman-zo, frutto di una scelta risolu-ta e risolutiva che ora eglicommenta nella densa ma agi-le postfazione, del 2010.

Il romanzo, nel suo ampio,scandito respiro, abbraccia

un secolo di storia turca attra-verso le vicende di una fami-glia di Istanbul, dall’avvento diAtatürk ai colpi di Stato milita-ri degli anni Settanta. Cevdet èun modesto bottegaio di Istan-

bul agli inizi del Novecento,commerciante musulmano maaperto agli stimoli della moder-nità. Egli trasmette ai figli e ailoro amici questo suo impulsofondamentalmente istintivo, e

agli occhi di molti contradditto-rio. Così, la condizione esisten-ziale, persino quotidiana nellasua diretta praticità, si dilata esi comunica.

Riesce arduo per lui, ma tor-menterà anche i giovani dellegenerazioni successive, la ri-cerca di un senso della vita, discelte non di rado contraddit-torie ma insopprimibili.

La tradizione, con i suoi con-dizionamenti, diviene soffocan-te specie per chi si sta co-struendo un progetto intellet-tuale, creativo. In che misuraci si può ancora ricondurre al-la tradizione o partecipare allecategorie di una occidentaliz-zazione quasi irresistibile maimposta politicamente dall’al-to, spesso come abbiamo nota-to con la violenza, incarnata so-vente addirittura dall’esercito.I sentimenti persino privati,l’intimità famigliare, subisco-no traumi dolorosi se non addi-rittura insopportabili, alle so-

glie del suicidio.Pamuk combina il fili del

suo tessuto narrativo, intrec-cia le storie individuali e le vi-cende collettive, pubbliche. I«fiumi di lacrime» versati perla morte di Atatürk si introiet-tano nei turbamenti individua-li. Ecco allora che uno dei per-sonaggi politicamente impe-gnati, Muhtar, di fronte allascomparsa del Presidente nonpuò fare a meno di «rifletteresulla propria vita e sulla pro-pria morte».

La suprema maestria di Pa-muk gli consente di articolareil romanzo lievitandolo in unaforma di saga quotidiana e in-sieme ricreando il tempo. Seapprenderemo delle scelte, an-che qui problematiche, dell’ulti-mo nipote di Cevdet, Ahmet,tentato dalla partecipazione al-le manifestazioni studente-sche, dall’altra assisteremo auna cerimonia di circoncisione,che specularmente manifestale sue contraddizioni, «un’usan-za primitiva e selvaggia».

Il tempo acquista una fun-zione irripetibile di protagoni-sta, scorrendo fino alla morte,peraltro naturale, a sanziona-re la logica conclusione della

vecchiaia, ovvero della vita nelsuo decorso naturale.

Nella postfazione, Pamuk ri-vela alcuni suoi debiti letterari,dal Thomas Mann dei Budden-brook ad Anna Karenina. Nonmanca di precisare, peraltro,che il suo progetto si spinge ol-tre una storia di famiglia, o di fa-miglie, così come Turchia delpassato e Turchia di oggi pro-pongono immagini tuttora vali-de di sé. E niente melodramma:rievocare le vecchie famiglie sa-rebbe osservazione fuori luogo«e allora rido di me stesso». Co-sì termina il romanzo, per mo-strarci che l’incantatore Pamuknon vive la vita, ma la reinventa.

Nel bottegaiodi Istanbul l’ansiadel moderno

Un incontro sul seta Londra nel 1934,una commedia soloin apparenza frivola,l’ombra del nazismo

«Bersaglio notturno»:tra realtà e finzione,in una campagna la cuistrana luce ha il poteredi trasformare le cose

Chi ha uccisoil dandy mulattonella pampa?

Scrittori stranieriIVTuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA V

CINEROMANZOFRANCESCO TROIANO

Una violettaper l’ebreo in fuga

Il romanzo di Isherwood sul cineastaviennese Berthold Viertel

La suprema maestriadi una saga che rinviaal Thomas Manndei Buddenbrooke a Anna Karenina

pp Orhan Pamukp IL SIGNOR CEVDET

E I SUOI FIGLIp trad. di Barbara La Rosap Einaudi, pp. 683, € 14

pp Ricardo Pigliap BERSAGLIO NOTTURNOp trad. di Pino Cacuccip Feltrinelli, pp. 249, € 15p Piglia, nato a Buenos Aires nel

1941, insegna alla Princeton Uni-versity letteratura sudamericana

Lo scrittore argentino Ricardo Piglia

Piglia Un misterioso crimine nell’Argentina peroniana:un romanzo sull’arte di fare romanzi, travestito da giallo

«Il signor Cevdete i suoi figli»:dall’avvento di Atatürkai colpi di Statomilitari degli Anni 70

Isherwoodincontrò

Vierteldurante le

riprese del film«Little

Friend», 1934,mai giunto in

Italia.A questo

episodio si èispirato per«La violettadel Prater»

ora ripropostoda Adelphi

Orhan Pamuk

Linda La Plante

Uno dei numerosi monumenti ad Atatürk ad Istanbul

Kristof Magnusson

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Pamuk Il portentoso romanzo d’esordiodel Nobel nel 1974: un secolo di storiaturca attraverso le vicende di una famiglia

Oggi forse solo pochi cine-fili ricordano BertholdViertel, cineasta vienne-

se (1885-1953) prima attore e ca-rismatico teatrante, secondo so-lamente a Max Reinhardt, com-mediografo, sodale e collabora-tore di Karl Kraus. Ebreo in fu-ga dalla follia nazista, venne in-crociato da Christopher Ishe-rwood durante le riprese del suounico film inglese, Little Frienddella Gaumont (tratto da un ro-manzo di Ernest Lothar), uscitonell’agosto del 1934 e mai giuntoin Italia. A questo episodio dellapropria esistenza Isherwood si èispirato per La violetta del Pra-ter (Adelphi, pp. 136, € 16, trad.di G. Monicelli).

Non è difficile intravedereViertel dietro Friedrich Berg-mann, il grande regista austria-co giunto a Londra per girare lascipita storiella d’amore dellapiccola violetera Toni - da qui iltitolo - con uno studentello die-

tro cui si cela il principe eredita-rio di Borodania. Lo scrittore in-glese si professionalizzò, in epo-ca successiva, quale sceneggiato-re, dopo il trasferimento in Cali-fornia: ed è proprio dal suobuen retiro che egli scrisse epubblicò il libro nel ‘45, in memo-ria di quel tragico 1933 in cui iprodromi della seconda guerramondiale iniziavano a sconvol-gere il mondo.

L’autore di A Single Man(1964), è noto, amava in manie-ra speciale il cinema: ne è testi-monianza lo splendido Addio aBerlino (1939), da cui Bob Fossecavò nel ‘72 uno tra i più bei mu-sical mai realizzati, Cabaret.Qui, l’innamoramento per la set-tima arte è fondamentale nellanarrazione: tutto si svolge du-rante la lavorazione del film, inuna Londra capace di gingillar-si con la cinepresa mentre - citoManganelli, nella sua postfazio-ne - «la Germania nazista cele-

bra il processo per l’incendio delReichstag, in Austria la guerra ci-vile distrugge le milizie operaie; sifucila, si impicca... sta arrivandouna guerra orrenda».

Come già in altri suoi lavori(ad esempio nel citato Addio aBerlino, dove egli si ritagliava unruolo di testimone, lasciando ilproscenio all’imbroglioncello Mr.Norris e all’ormai leggendariaSally Bowles), Isherwood - un po’alla maniera di Nick Carrawayne Il grande Gatsby (1925) - en-tra nella storia di sguincio, conuna educazione che non esclude,tuttavia, un tanto di garbatamen-te voyeuristico. Con il suo stile leg-gero ed allusivo, Isherwood - «in-tenditore di fatuità, esperto disottise» (ancora Manganelli) -,delizia come d’uso il lettore, a lun-go, su toni da commedia, col pro-duttore Chatsworth che sogna direalizzare una Tosca interpreta-ta da Greta Garbo, scritta da So-merset Maugham, e si ritrova in-

vece con La violetta del Prater.Verso la conclusione, una tri-

stezza memorabile vela gli stru-menti e fa scivolare il racconto ver-so il dramma: in una Londra cupae desertificata, Christopher deverendersi conto esser sempre statala paura a fargli compagnia e che,quanto al regista-demiurgo, eglivede in lui qualcosa di assai vicinoad una figura paterna. Taglienteverso la famiglia della celluloide(dove «ci sono segreti che tutti co-noscono e di cui nessuno parla»),nella sua apparente frivolezza Lavioletta del Prater è più profondodi quanto sembri: merita un postoa fianco dei libri maggiori sul cine-ma, Il giorno della locusta(1939), Gli ultimi fuochi (1941), ilmeno conosciuto I disincantati(1960) di Budd Schulberg. Unapiccola annotazione, per i curiosi:l’androgino batticuore del momen-to, al quale l’autore fa riferimentoadoperando soltanto la lettera J,nella realtà si chiamava Heinz.

ANGELABIANCHINI

Bersaglio notturno, ul-timo romanzo del grande scrit-tore argentino Ricardo Piglia,tredici anni dopo Soldi bruciati,risulta semplice e complessoinsieme.

Tanto per cominciare, incomune con altri ben noti auto-ri latinoamericani, Piglia ha ildono di creare universi com-patti e ben riconoscibili in mez-zo alla vastità del grande conti-nente. In questo caso si trattadi una cittadina piazzata a unatrentina di chilometri da Bue-nos Aires, in mezzo a quellache Piglia chiama la «pampaumida»: lì, nel 1972, un anno do-po il ritorno di Perón, evento acui si allude di continuo, arrivauno strano personaggio. Sichiama Tony Durán, è un dan-dy mulatto, educato nel NewJersey, il quale, in precedenza,ha conosciuto intimamente,due sorelle gemelle, Ada e So-fia Belladonna, che apparten-gono alla famiglia più nota e fa-coltosa del luogo. Tony Durána un certo punto viene trovatomorto e di questo crimine sonoaccusati personaggi seconda-ri, estranei all'origine del luo-go, ma lì radicatisi.

La vicenda sembra in unprimo momento palleggiarsitra le rivalità di un commissa-rio in disgrazia, di un procura-tore che gode di fama usurpa-ta, di un giornale locale che hasete di notizie interessanti dasegnalare alla capitale. Ma, inrealtà, coinvolgendo il lettore,quasi subito la trama esce dal-le strettoie del giallo, anzi, deiluoghi e assume una veste in-ternazionale e senza tempo, fa-miliare e colloquiale insieme.

Vi contribuisce non soltan-to la comparsa del giornalistadi Buenos Aires, Emilio Renzi,che anche qui, come in altriprecedenti romanzi di Piglia, èuna sorta di alter ego dell'auto-re si trasforma nella coscienzadel luogo. E poi, attraverso, le

note a piè di pagina, esplicative efamiliari insieme, s’instaura unasorta di «storia parlata».

Così i tanti elementi immessida Piglia all'interno della trama,confermati dalla sua lunga inter-vista al País nel settembre del2010, fanno del romanzo una pa-rafrasi forse nostalgica della vi-ta di Piglia stesso. Infatti, nel1957, quando aveva appena sedi-ci anni, suo padre, peronistaperseguitato, aveva trasferito lafamiglia da un sobborgo di Bue-nos Aires a una città sulla costaatlantica chiamata Mar del Pla-ta. E lì Piglia, disorientato e pri-vo di amici, aveva cominciato ascrivere. Apprendiamo che an-

che il nonno di Sofia Belladonnaera nato a Pinerolo e, «arrivatoin Argentina lo avevano portatonel deserto lasciandolo davantia uno scambio - in realtà un in-crocio di linee ferroviarie - inmezzo al nulla». E, come diceSofia «... adesso certe volte pen-so... che se mio nonno fosse ri-masto a Torino, Tony non sa-rebbe morto... Come si può defi-nire tutto ciò?». «Si chiama vi-ta», rispose Renzi. E a sfondo diquesti colloqui certamente amo-rosi, appena al di là delle fine-stre, c'è una «campagna piatta(che) cominciava a dissolversicome se fosse d'acqua, nel tre-molio del tramonto».

Ci troviamo ora davanti allagrande invenzione di Piglia: in-fatti, questa campagna è la veraprotagonista del romanzo e, pro-prio come accade nella vita, lasua strana luce ha il potere ditrasformare le cose. Fa sì, adesempio, che un papero, guarda-to in un certo modo, possa esse-re preso per un coniglio (e ne tro-viamo la doppia immagine sulla

copertina del libro) e Bersaglionotturno iniziato come un giallo,finisca nella narrazione di una vi-ta familiare in cui realtà e finzio-ne letteraria si mescolano libera-mente. I discendenti del nonnopiemontese e della sua grandecreazione industriale diventanoal tempo stesso amici e nemici,coinvolti, con tanti altri perso-naggi locali, in una terribile fata-lità. La morte del dandy mulattosi amplia dunque fino a trasfor-mare un'industria, toccabile e vi-sibile concepita anni prima inmezzo al nulla, in un discorso af-fascinante sulla finzione lettera-ria e la realtà. Una sorta di ro-manzo sull'arte di fare romanzi.

STUART MACBRIDE, LINDA LA PLANTE E LEE CHILD

Tris d’assi per un’estate gialla= Stuart Macbride, Linda La Plante e Lee Child: un tris dipiccoli grandi assi calati assieme da Newton Compton,Garzanti e Longanesi quasi ad aprire la guerra estiva delthriller con i loro protagonistipiù amati. Nei primi due casirinnovando coppie già celebri (il sergente McRae e la suasparlacciona commissaria lesbica Steel nel cuore mefiticodi Aberdeen; Anna Travis e il suo ex capo ed amante JamesLangton in una Londra popolata di star di cinema, droga eprostituzione).Nel terzo, ripescando quel tosto «barbone»di Jack Reacher, ex poliziotto militare, ora pugnace zingarosenza fissa dimora ma dall’istinto e dalle mani sempre più

veloci. Ma procediamocon ordine: in Sanguenero (trad.A. Spirito, pp. 424, € 14,90) Macbride usa, come al solito,il machete al posto della penna impregnandoloperò di ungran umorismo macabro che ridona leggerezza a tutto ilsangue che viene sparso. Tutto ruota intorno a uno stranouomo, Richard Knox, pedofilo al contrario in quanto le suevittime di stupro sono sempre stati vecchi indifesi.Scontata la pena viene rimesso in libertà ma il suo anticomestiere di contabile di un boss mafioso (appenadeceduto)gli scatena contro la violenta ingordigia dicompetitors ed eredi. Ne Il grido della mantide (trad.Curtoni e Parolini, pp. 465, € 19,60) Anna Travis (chesomiglia sempre più all’ispettrice disegnata da Linda LaPlante per la serie tv con Helen Mirren) è alle prese con la

morte misteriosa di una giovane stella del cinemaninfomane e dall’equilibrio piuttosto instabile, con allespalle un elenco quasi infinito di odi e di invidie. Caso, tral’altro, non solo complicato, ma decisivo per quellapromozione perennemente messa in forse dalla suaattitudine ad agire da sola senza mai fare gioco di équipe.Ne I dodici segni (trad. A. Tissoni, pp. 409, € 18,60) LeeChild imbastisce una sorta di spy story newyorchese basatasul suicidio in metropolitana di una addetta al Pentagonoinseguita da mezzo mondo: da una sedicente ucraina incoppia con la madre, da un ex eroe di guerra ora incampagnaelettorale, da Fbi e da Servizi segreti di tutti itipi. Denso, robusto, colpi di scena a volontà. Piero Soria

IL TRADERDI MAGNUSSON

La Borsa, che commedia= Di questi tempi ci vuoleuna buona dosedi humournoir per puntare su un trader come protagonista. Tra bollespeculative, crisi e dissesti bancari c'è ben poco da ridere mamolto da scrivere, specie se si ha la leggerezzae il tocco cheKristofMagnussondispensanel suo secondoromanzo,Nonsono stato io, nella sciolta versione di Bice Rinaldi(Neri Pozza, pp. 319, € 17). Lo scrittore trentacinquenne,metà tedesco e metà islandese,ha capito che la realtà vincesull’Immaginazionee si è immerso fino al collo negliingranaggiborsistici e speculativi, ne ha appreso il gergo e ilritmo ricavandoneuna gustosacommedia non senza

happy end. Magnussonè anchedrammaturgoe conoscebene il mestiere: la stessa strutturadel romanzo per viteparallele sta lì a dimostrarlo.Perché oltre al trader, cioèl'operatoredi borsa Jasper Lüdermann,giovane rampantedi Bochumfinito in un'importantebanca americana, c'èl'autoredi bestseller,Henry LaMarck, in crisi creativaproprioquando l'editoreè in attesa del suo romanzoepocale.Sparisceperché nonha scritto unasola riga, e potrebbefarla franca se sulle sue traccenon si fossemessa Meike, lasua traduttrice tedesca. Tutti inseguonotutti in questospassoso testo: Jasper miraal segno più mentre accumulaperdite milionarieper la banca; Henry si invaghiscedeldisinvoltobusinessboy, a cui affida incautamente il propriocapitale,Meike cerca lo scrittore e incappa nell'indaffarato

connazionaleche le fa la corte. E' un gioco vertiginoso in cuis'incrocianodestini sconosciuti che entrano in progressivasinergia.Galeotta è la città di Chicago, fredda e inospitaleei cui locali sembranoritagliati da dépliant delle agenzieturistiche.Del restoanche i protagonisti, con l'eccezioneforsedi Jasper, sono più tipi che persone.Qui, come su una scena teatrale, contano il gioco e ladinamica.E da ultimo l'impressioneche Magnusson,nellasua brillantecommedia degli equivoci, dove il trio ritrova interra tedesca altreprospettive e forseun futuro, abbiaritratto le follie di un mondo in cui solo attraversosconfittee incidenti di percorso si può ridare un senso all'esistenza.Magari evitando i trader e la finanzaallegra. Luigi Forte

CLAUDIOGORLIER

«Non è sbagliato co-struire una società modernae progredita facendo ricorsoalla forza?». Sembra una do-manda imperiosa, urgente,imposta dall’attualità. Manon è così: chi la esprime, Ra-fik, giovane intellettuale tur-co, il quale vive con turbatapartecipazione uno dei mo-menti decisivi della storia delsuo Paese, quando KemalAtatürk, Presidente dal 1923della nuova, rivoluzionaria re-pubblica, per vent’anni ditta-tore incontrastato, distruggeinesorabilmente il vecchio im-pero ottomano, letteralmen-te creando la «panTurchia»repubblicana. È una meta-morfosi che inizia dal nuovonome che a lui, Mustafà Ke-mal, attribuisce nel 1934 laGrande assemblea nazionale,con il significato di «padreturco», o «gran turco», ovve-ro «padre della patria».

Rafik, tanto emblematicoquanto concretamente reale,è uno dei personaggi per cosìdire portanti del poderoso ro-manzo di esordio di Orhan Pa-muk, lo scrittore turco nato

nel 1952. Si intitola Il signor Ce-vdet e i suoi figli, e appare oraper la prima volta in italiano,tradotto con padronanza ma-gistrale di un testo spumeg-giante da Barbara La RosaSalim. Come lo stesso Pamukraccontò nel suo discorso del2006 all’Accademia svedesein occasione del conferimentodel premio Nobel per la lette-ratura, nel 1974 affidò al pa-dre il dattiloscritto del roman-zo, frutto di una scelta risolu-ta e risolutiva che ora eglicommenta nella densa ma agi-le postfazione, del 2010.

Il romanzo, nel suo ampio,scandito respiro, abbraccia

un secolo di storia turca attra-verso le vicende di una fami-glia di Istanbul, dall’avvento diAtatürk ai colpi di Stato milita-ri degli anni Settanta. Cevdet èun modesto bottegaio di Istan-

bul agli inizi del Novecento,commerciante musulmano maaperto agli stimoli della moder-nità. Egli trasmette ai figli e ailoro amici questo suo impulsofondamentalmente istintivo, e

agli occhi di molti contradditto-rio. Così, la condizione esisten-ziale, persino quotidiana nellasua diretta praticità, si dilata esi comunica.

Riesce arduo per lui, ma tor-menterà anche i giovani dellegenerazioni successive, la ri-cerca di un senso della vita, discelte non di rado contraddit-torie ma insopprimibili.

La tradizione, con i suoi con-dizionamenti, diviene soffocan-te specie per chi si sta co-struendo un progetto intellet-tuale, creativo. In che misuraci si può ancora ricondurre al-la tradizione o partecipare allecategorie di una occidentaliz-zazione quasi irresistibile maimposta politicamente dall’al-to, spesso come abbiamo nota-to con la violenza, incarnata so-vente addirittura dall’esercito.I sentimenti persino privati,l’intimità famigliare, subisco-no traumi dolorosi se non addi-rittura insopportabili, alle so-

glie del suicidio.Pamuk combina il fili del

suo tessuto narrativo, intrec-cia le storie individuali e le vi-cende collettive, pubbliche. I«fiumi di lacrime» versati perla morte di Atatürk si introiet-tano nei turbamenti individua-li. Ecco allora che uno dei per-sonaggi politicamente impe-gnati, Muhtar, di fronte allascomparsa del Presidente nonpuò fare a meno di «rifletteresulla propria vita e sulla pro-pria morte».

La suprema maestria di Pa-muk gli consente di articolareil romanzo lievitandolo in unaforma di saga quotidiana e in-sieme ricreando il tempo. Seapprenderemo delle scelte, an-che qui problematiche, dell’ulti-mo nipote di Cevdet, Ahmet,tentato dalla partecipazione al-le manifestazioni studente-sche, dall’altra assisteremo auna cerimonia di circoncisione,che specularmente manifestale sue contraddizioni, «un’usan-za primitiva e selvaggia».

Il tempo acquista una fun-zione irripetibile di protagoni-sta, scorrendo fino alla morte,peraltro naturale, a sanziona-re la logica conclusione della

vecchiaia, ovvero della vita nelsuo decorso naturale.

Nella postfazione, Pamuk ri-vela alcuni suoi debiti letterari,dal Thomas Mann dei Budden-brook ad Anna Karenina. Nonmanca di precisare, peraltro,che il suo progetto si spinge ol-tre una storia di famiglia, o di fa-miglie, così come Turchia delpassato e Turchia di oggi pro-pongono immagini tuttora vali-de di sé. E niente melodramma:rievocare le vecchie famiglie sa-rebbe osservazione fuori luogo«e allora rido di me stesso». Co-sì termina il romanzo, per mo-strarci che l’incantatore Pamuknon vive la vita, ma la reinventa.

Nel bottegaiodi Istanbul l’ansiadel moderno

Un incontro sul seta Londra nel 1934,una commedia soloin apparenza frivola,l’ombra del nazismo

«Bersaglio notturno»:tra realtà e finzione,in una campagna la cuistrana luce ha il poteredi trasformare le cose

Chi ha uccisoil dandy mulattonella pampa?

Scrittori stranieriIVTuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA V

CINEROMANZOFRANCESCO TROIANO

Una violettaper l’ebreo in fuga

Il romanzo di Isherwood sul cineastaviennese Berthold Viertel

La suprema maestriadi una saga che rinviaal Thomas Manndei Buddenbrooke a Anna Karenina

pp Orhan Pamukp IL SIGNOR CEVDET

E I SUOI FIGLIp trad. di Barbara La Rosap Einaudi, pp. 683, € 14

pp Ricardo Pigliap BERSAGLIO NOTTURNOp trad. di Pino Cacuccip Feltrinelli, pp. 249, € 15p Piglia, nato a Buenos Aires nel

1941, insegna alla Princeton Uni-versity letteratura sudamericana

Lo scrittore argentino Ricardo Piglia

Piglia Un misterioso crimine nell’Argentina peroniana:un romanzo sull’arte di fare romanzi, travestito da giallo

«Il signor Cevdete i suoi figli»:dall’avvento di Atatürkai colpi di Statomilitari degli Anni 70

Isherwoodincontrò

Vierteldurante le

riprese del film«Little

Friend», 1934,mai giunto in

Italia.A questo

episodio si èispirato per«La violettadel Prater»

ora ripropostoda Adelphi

Orhan Pamuk

Linda La Plante

Uno dei numerosi monumenti ad Atatürk ad Istanbul

Kristof Magnusson

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Paolo Volponi (1924 - 1994)rimane la voce emblematicadella nostra letteraturaindustriale. «Memoriale» uscìda Garzanti nel 1962, quandol’autore era dirigente all’Olivettidi Ivrea (ora nel catalogo Einaudi,pp. 238, € 11). Seguirono«Lamacchina mondiale» (1965),«Corporale» (1974), «Le moschedel capitale (1989)

ELENALOEWENTHAL

Da quel giorno lonta-no in cui l’Eterno rivolse perla prima volta ad Abramo laSua parola, l’ebraismo è ema-nazione del dettato divino, di-scorso «assoluto» quasi perantonomasia perché derivatoda quel logos (davar in ebrai-co) che è e al tempo stesso de-scrive la realtà. Malgradoquesta dinamica fra cielo eterra che si fa tutta per viaverbale, la tradizione ebraicanon conosce l’ultima parola.Ogni discorso è aperto, nullaè conclusivo e finito – perchétutto è rimandato al tempo avenire. Tale inguaribile prov-visorietà della parola, anchedi quella divina, determina unapproccio particolare anchealla logica: l’ebraismo non hamolta consuetudine, ad esem-pio, con il principio di non

contraddizione. Nulla è capa-ce di negare, così come di af-fermare, del tutto: gli opposticonvivono in una dinamica disospensione nel tempo.

In questo senso Il secoloebraico di Yuri Slezkine, stori-co americano di origine rus-sa, è perfettamente in sinto-nia con il modo di procederedella tradizione e del pensie-ro ebraico. Lo studioso sostie-ne infatti che, paradossal-mente, oltre ad aver visto lapeggiore tragedia che la sto-ria conosca, il Novecento èanche il secolo ebraico. Quel-lo, cioè, dell’affermazione delmodello ebraico in tutto ilmondo occidentale.

Potrebbe sembrareun’eresia, quasi una bestem-mia, pensare a un ebraismopassato per le ciminiere deiforni crematori, eppure vitto-rioso. Ma non è così e il librodi Slezkine, pur nella sua esu-beranza di materia a trattisconnessa dall’idea portante– di fatto il volume è compo-sto da un saggio su questo te-ma e un altro sull’ebraismorusso –, risulta convincente.A patto di considerare que-sto assunto, e cioè che il No-vecento è il «secolo ebraico»,una chiave di interpretazionee non un dogma, un approc-cio metodologico e non unavisione politica. A tale propo-sito, un utile supporto è rap-presentato dai saggi del filo-sofo Hilary Putnam raccoltisotto il titolo Filosofia ebraica,una guida di vita: una rilettu-ra di Rosenzweig, Buber, Le-vinas e Wittgenstein alla lucedi ciò che la contemporaneitàchiede all’uomo di essere.

Torniamo a Slezkine. Chedivide l’uomo sostanzialmen-te in due categorie: gli «apolli-nei», stanziali, primari, politi-ci. E i «mercuriani». Questi ul-timi sono «costituiti da pro-duttori non primari specializ-

zati nella fornitura di merci eservizi alle popolazioni dei din-torni dedite all’agricoltura o al-la pastorizia. La loro fonte prin-cipale di risorse era umana,non naturale... popolazioni at-taccate al tempo, non alla ter-ra; popolazioni che venivano vi-ste tanto come prive di patriaquanto come storiche, tantoprive di radici quanto antiche».Slezkine passa in rassegna al-cuni casi sparsi per il mondo,prima di concentrarsi sugliebrei e la loro natura di popolomercuriano, dotato di «sanda-li» alati – ma per volare basso,da un angolo all’altro della ter-ra, sospinto dalle avversità.

Questo «cosmopolitismo»tanto coatto quanto «geneti-co» (di un Dna non fisico bensìstorico) è, secondo lo studioso,la vera cifra della modernità,che gli ebrei rappresentano dasempre: «La modernità nellesue diverse dimensioni, poiché(gli ebrei) ne sono stati al con-tempo i precursori, i critici e,non da ultimo, le vittime», scri-ve Enzo Traverso in un saggiosull’intellettuale ebreo che

prende le mosse proprio dal-l’interpretazione dello storicorusso-americano e contenutoin un’interessante raccolta disaggi che s’intitola Il volto del-l’altro. Intellettuali ebrei e cultu-ra europea del Novecento .

Il libro di Slezkine argomen-ta questa tesi usando una sug-gestiva chiave di lettura: le fi-glie del lattivendolo. Cioè l’indi-menticabile Tevye di ShalomAleichem, continuamente sfer-zato dal destino eppure sem-pre saggio e fiducioso. Ne ave-va cinque, di figlie, e ciascunaprese una strada diversa, nes-suna delle quali particolarmen-te fortunata, anche se eranotutte a loro modo dirette versouna specie di terra promessa.Slezkine ci parla soprattutto diHodl, comunista convinta. Per

lei la terra promessa non è néla Palestina di allora e nemme-no l’America e neanche l’Occi-dente con la sua allettante mo-dernità, bensì l’Est, il laggiùdell’Unione Sovietica, dovetenterà invano di realizzare ilsuo algido sogno siberiano.Per lo storico è l’occasione diripercorre la storia – piuttostodimenticata – delle masseebraiche rimaste al di là dellacortina di ferro, e gettare nuo-va luce sui loro destini con la fi-ne del comunismo.

Ancora una volta, il comples-so processo storico che le vedeprotagoniste attesta la vocazio-ne al mercurianesimo del popo-lo ebraico, la persistenza diun’inquietudine esistenziale fat-ta di dubbi invece che di certez-ze, che prefigura la modernità ela conferma, oggi più che mai.

Lega e Chiesa Il partito di Bossi guarda a un cattolicesimocome risorsa locale, più una religione dei valori e della tradizioneche della salvezza, più un simbolo territoriale che universale

Da qui, forse, la mia passio-ne per la storia. Anche se, fre-quentato l'Istituto d'arte di Fa-no e conosciuti maestri per mefondamentali come il pittore Or-lando Sora - originario di Fanoe trasferitosi poi a Lecco - e Fa-bio Tombari - uno dei pochiscrittori italiani che negli AnniCinquanta poteva vivere dellevendite dei propri libri e che daragazzo andai a trovare nellasua bella casa sulla strada perUrbino - continuavo a essere di-viso tra la vocazione alla pitturae l'attrazione per la narrativa,coltivata in età matura con i ro-manzi Quanti denti ha il pesceca-ne e Il porto della Fortuna pubbli-cati da Mursia. In un certo sen-so - conclude Chiappori - le Sto-rie d’Italia mi obbligarono a con-ciliare scrittura e pittura, a far-le confluire».

Ed ecco così entrare in sce-na il mosso racconto dell'unifi-cazione italiana. Con un re Vit-torio Emanuele II sempre pron-to a liberarsi con una pedata deipremier diventati scomodi. EMazzini instancabile a tessertrame che finiscono regolar-mente col suo rapido rifugiarsia Londra, mentre un Garibalditemerario ma acciaccato dall'artrite e un luciferino Cavourcompletano il quartetto dei «pa-dri della Patria». Ampie le in-cursioni nello scorrere deglieventi di Pio IX, prima demo-cratico e poi gran fustigatoredella modernità: «Noi non sia-mo liberali, siamo infallibili»sussurra minaccioso il papa nelfumetto di Chiappori.

Storia a fumetti, quella delleStorie, che assegna ampio spa-zio agli storici e alle loro analisi:Della Peruta e Candeloro in ser-rato confronto con Chiapporidialogano, precisano. AlfassioGrimaldi rievoca. A volte salgo-no in cattedra con un'articola-zione persino eccessiva, da sag-gio accademico. «Con Della Pe-ruta si lavorava in casa editrice.Con Candeloro ci si incontravaa Lavagna, dove il professoreaveva una bella casa al mare.Con Giampiero Brega, allora di-rettore editoriale, e Leo Paolaz-zi, ovvero il poeta Antonio Por-ta, redattore della Feltrinelli, viandavamo volentieri perché lasignora Candeloro cucinava di-vinamente. Poi era Brega stes-so a sbobinare e a rivedere leconversazioni registrate cheora accompagnano i fumetti».Altri tempi: per l'editoria e il Pa-ese, la storia e la satira.

A proposito di satira, ancherispetto all'Italia che compie150 anni, come le sembra siamessa? «Per me i colleghi sonotutti maestri. Qualcuno mi inse-gna come si devono fare le cose.Altri come non si dovrebberofare. Ho l'impressione che que-sti ultimi stiano diventando as-sai numerosi...». [email protected]

MASSIMORAFFAELI

Appena centenaria,l’Italia del ’62 è all’apice del suoMiracolo economico e il paeseè così irriconoscibile che unarivista di punta, il Menabò diElio Vittorini, dedica un nume-ro ai rapporti fra letteratura eindustria dove Italo Calvinoparla espressamente di «sfidaal labirinto»: perché se il neore-alismo ha dato voce all’Italiarurale-artigianale distruttadalla guerra, non esiste ancorauna letteratura degli anni delbenessere, a parte alcuni batti-strada che hanno già tematiz-zato la fabbrica neocapitalista(come Ottiero Ottieri in Donna-rumma all’assalto, Bompiani1959) oppure le dinamiche diun’imponente migrazione in-terna (come Giovanni Arpino,che sta infatti redigendo la suastoria torinese più cruda, Unanuvola d’ira).

Una risposta immediata epersino spiazzante alla doman-da di Calvino viene dal roman-

zo d’esordio di Paolo Volponi(Urbino 1924-Ancona 1994), unautore il cui status è davveroinconsueto per la nostra lette-ratura: poeta lirico formatosicon Pier Paolo Pasolini e ilgruppo di Officina, è un alto di-rigente alla Olivetti di Ivrea do-ve lavora dal ’56 ed è al mo-mento responsabile dei servizisociali. Memoriale, che ha det-tato in ufficio nel poco tempo li-bero fra il ’59 e il ’61, esce nelmarzo del ’62 da Garzanti conil diretto patrocinio dello stes-so Pasolini che ne è stato losparring durante la stesura.

Scritto in prima persona esimulando un referto clinico, ilromanzo è ambientato nel Ca-navese tra una casa colonicasul lago di Candia e un’aziendacosì lustra e all’avanguardiada rammentare appunto la Oli-vetti: protagonista ed estenso-re con cavillosità maniaca delcatalogo dei propri «mali» è Al-bino Saluggia, trentenne redu-ce dalla prigionia in Germania,un ex contadino assunto in fab-brica come operaio comune.Albino è un uomo solo e malatodi tubercolosi, ogni giorno lace-rato tra il tempo immobile del-la casa sul lago in cui ruminapensieri di pace/progresso/re-denzione e il reparto, in azien-da, dove cerca invano unosguardo che non sia la confer-ma della sua solitudine. Distan-te, estraneo sia ai ritmi freneti-ci della produzione sia a quellidel conflitto politico-sindacale,

Albino è un capro espiato-rio e inconsapevole del passag-gio d’epoca: allo strepitare diun mondo che gli è incompren-sibile risponde il suo corpocon la malattia psicofisica,mentre l’unico altrove dallafabbrica per lui diventa l’ospe-dale che ne replica, alla lette-

ra, l’universo bianco e asettico.Albino è dunque un folle o un

Don Chisciotte ritardatario (ilprimo della galleria volponiana)chiamato suo malgrado a pro-nunciare le verità e i sottintesiche il neocapitalismo all’italianapreferisce rimuovere: «Dietro ilmotore della fresa andavo ordi-nando i miei pensieri; ma, comesempre, l’ordine peggiorava lamia situazione perché i mieipensieri in fila si indirizzavanofatalmente verso i miei mali»; oanche, in un suo paradossale ra-pimento lirico: «La fabbrica ne-mica/ è coperta di fasce/ e ditanti materiali/ che nascondonoi mali»; o infine, in una clausoladi allarmata lucidità: «Nella fab-brica bisogna starci giorno do-po giorno, avvelenarsi gradata-mente; se uno se ne libera an-che per un breve tempo riesce avederne tutti gli orrori».

La voce disperata di Albino,dirà Pasolini, corrisponde aduna enorme licenza poetica e inessa si alternano l’analisi impas-sibile, portata dall’esterno, e ungrumo incandescente di vissutointroverso: qui prosa e poesia,per costanti richiami e sovrap-posizioni, confermano una «irri-solta tensione fra interiorità ed

esteriorità» (secondo la formuladi Emanuele Zinato, cui si devel’esemplare edizione volponianain tre volumi dei Romanzi e pro-se, Einaudi 2002-2003).

La malattia e la follia di Albi-no rinviano in effetti a una con-traddizione primaria, la stessache alimenta la scrittura di Vol-poni fra la pace campestre diCandia o di Urbino e l’assilloproduttivo di Ivrea o di Torino,vale a dire fra la nostalgia pasoli-niana per l’universo preindu-striale o le piccole patrie umani-stiche e l’utopia di Adriano Oli-vetti, cioè il sogno di un’indu-stria capace di garantire alla Po-lis progresso civile e non solo svi-luppo economico. Ma già nel ’74,un Volponi del tutto disincanta-to dichiara in una memorabileintervista a Corrado Stajano(ora in Maestri e infedeli. Ritrattidel Novecento, Garzanti 2008):«Sì, fallì la speranza che la socie-tà italiana riuscisse a capire lavalidità di certi meccanismi e dicerti metodi, a considerarli co-me modelli, non solo di produzio-ne di beni, ma di cultura, che po-tessero essere mutuati dallapubblica organizzazione».

Fatto sta che i discendenti diAlbino hanno via via le sembian-ze autobiografiche di managerin crisi e, presto, di intellettualiin fuga dall’industria, come nelcaso del protagonista di Corpora-le (’74) e specialmente di Le mo-sche del capitale (1989), che è tan-to una personale resa dei contiquanto la più nera allegoria dellaglobalizzazione in atto.

Per parte sua Memoriale, pas-sato al catalogo Einaudi nel 1981e tradotto in undici lingue, in Ita-lia resta un libro per happy fewcome d’altronde tutti gli altri diVolponi, che sembra avere avu-to lettori-scrittori (e lo testimo-niano, ad esempio, Andrea Baja-ni, Sebastiano Nata, Angelo Fer-racuti, Nicola Lagioia) piuttostoche lettori tout court. Questo èveramente un peccato, perchése Paolo Volponi è uno scrittoregrande ma tutt’altro che sempli-ce, la sua opera è il frutto di unadolorosa necessità e quindi im-plica un profondo rispetto perchi legge: infatti ripeteva sem-pre che non gli interessava rac-contare o accomodare delle sto-rie ma porre, viceversa, dei «pro-blemi che non sono chiari e cherestano angosciosi».

Segue da pag. I

FRANCOGARELLI

Chi impugna e brandi-sce la croce oggi? Solo i gruppifondamentalisti americaniche combattono in nome dellareligione la loro esasperatabattaglia pro-life? O anchequanti vivono nelle trincee del-la fede e non ne possono piùdella «caccia al cristiano» pra-ticata da tempo in alcune areedel mondo? Casi come questinon esauriscono il fenomenodell’intransigenza religiosa, dicui c'è una curiosa versioneitalica, rappresentata nell'ulti-mo decennio dal Carroccio;ciò perlomeno a detta di Ren-zo Guolo, sociologo dell’Uni-versità di Padova e noto esper-to di Islam in Europa, che pro-prio al singolare rapporto trareligione e Lega Nord dedica ilsuo ultimo lavoro.

La scelta di mettere la cro-ce sui propri vessilli è per la Le-ga anzitutto un atto di conver-sione, a cui il gruppo dirigenteè stato costretto per evitare didisancorare il popolo leghistadalla sua tradizione e dal suopassato. Così, a poco a poco, ilrito dell’ampolla con l'acquadel Po, la religione della natu-ra e della purezza padana, ilculto dei Celti, il «Sole delle Al-pi», scivolano sullo sfondo del-

l’immaginario leghista, per fa-re spazio a «valori, simboli,memorie» che più rispecchia-no la cultura e la storia locale.Insomma, c'è un limite nell’in-ventare la tradizione, nel co-struire un'identità collettiva(anche «padana»).

Pur necessaria, l'ereditàcattolica è comunque ingom-brante. Del resto, quello è ilterritorio, oggetto di contesa:la provincia del Nord, il conta-do, la terza Italia, una realtàsocio-economica molto opero-sa e fatta di piccole e piccolis-sime aziende, dove fino a 20anni fa spopolava il partitocattolico.

Dall’Italia bianca si è pas-sati all'Italia verde, anche sele differenze non mancano.Delle varie anime della Dc, laLega prende il voto più secola-rizzato, di chi interpreta la re-ligione «a modo proprio» econsidera il cattolicesimo an-zitutto una risorsa locale.Dunque un cattolicesimo sen-za o con poca chiesa, più unareligione dei valori e della tra-

dizione che della salvezza, piùun simbolo territoriale che uni-versale. Una religione a nettaforma di campanile, che non ac-cetterà mai che qualche altroedificio «sacro» (soprattutto semoschea o minareto) gli facciaombra e rovini la skyline.

Proprio l'avanzata dell’Islamin Italia spiega la recente voca-zione della Lega Nord a impu-gnare la croce, e il suo farsi ba-luardo della cristianità minac-ciata sarà uno dei più forti moti-vi di scontro con i piani alti dellaChiesa di Roma. Alla critica distrumentalizzare il crocifisso, difarne un simbolo di esclusione, ilCarroccio reagisce accusando ivertici ecclesiali di essere tiepidiverso il nemico che avanza, di

accettare la scristianizzazionedel Paese. Ovviamente il conflit-to si estende ad altri campi, co-me l'unità nazionale, l'ordinepubblico, l'accoglienza degli im-migrati. La solidarietà cristianaha dei confini territoriali e uma-ni non valicabili?

Tuttavia, l'episcopato italia-no non conta soltanto figure co-me Martini e Tettamanzi, percui anche i leghisti hanno dei ve-scovi dalla loro parte, che li legit-timano o per convinzione o perrealismo politico. I più vivono adisagio la presenza della Lega,per le idee che veicola, la forzache esprime, gli anatemi e le mi-nacce che indirizza alla Chiesa.Di fatto sono solo due le forze -Lega e Chiesa - che proprio per-

ché molto radicate sul territoriosi contendono la rappresentan-za delle regioni del Nord.

Proprio su questi temi, il te-sto di Guolo ci introduce a cono-scenze nuove, pur limitandosi aun'analisi del pensiero, dei docu-menti, degli articoli di giornale,delle dichiarazioni dei protago-nisti, senza entrare nel meritodi come il rapporto con la crocee la religione viene vissuto dalpopolo leghista. In tutti i casi,emergono informazioni interes-santi, circa le diverse anime cat-toliche presenti nel Carroccio,la vicinanza di alcuni gruppi ailefebvriani, la concorrenza traLega e Chiesa nell’orientare il

sentire della gente; sino allo«scambio politico» che sa-

rebbe in atto tra il grup-po dirigente leghista e

alcuni alti prelatidel Vaticano; e

ciò mentre ilcattolicesi-

mo di b a s emorde ilfreno versoun partito chedi testa resta pa-gano pur dimostran-dosi di tanto in tanto più de-fensor fidei del Papa.

Questa convinzione è al cen-tro di un altro volume - tra i tan-ti - sul fenomeno e sull’identitàleghista, il cui titolo (Perché laLega non può dirsi cristiana) èemblematico sia delle posizionidell’autore, sia della particola-re ottica con cui qui si guardaal tema: un confronto tra l'ideo-logia della Lega e l'insieme delpensiero cristiano, quello chederiva dalle parole di Gesù equello «mediato» dalla dottrina

sociale della Chiesa e dai testi-moni contemporanei della fedee carità cristiana.

Ermanno Arrigoni, l'autore,usa tutto il suo armamentario(di studioso di filosofia e di dotto-re di ricerca in teologia) per di-mostrare che la Lega sta al Van-gelo come il diavolo all’acqua-santa, pur con la finezza finaledi dire che «spetta ai lettori l'ul-tima parola». Così come lasciasospeso un punto interrogativosu un «possibile incontro» Pa-droni a chiesa nostra di PaoloBertezzolo, ripercorrendo«vent’anni di strategia religiosadella Lega Nord» e ponendo co-me discrimine che il pragmati-smo non prevalga sul Vangelo(e sul Concilio).

In vista della beatificazionedi Giovanni Paolo II ha ripre-so slancio un’operazione tut-

t’altro che semplice, inaugurata-si già immediatamente dopo lasua morte: quella di tracciare unbilancio storico e spirituale di unpontificato che non solo è duratopiù di venticinque anni, ma cheha attraversato un periodo stori-co estremamente complesso esconvolgente - basti pensare aidue crolli epocali: il muro di Ber-lino e le Torri gemelle o, prima

ancora, all'attentato subito dalpapa - e il cui protagonista avevaa sua volta vissuto in prima perso-na il dramma della seconda guer-ra mondiale e della Shoah, la catti-vità comunista e l'evento di graziadel Vaticano II. Su quali elementisoffermarsi per un'analisi com-plessiva? I documenti portanti delmagistero, come le encicliche? Imessaggi veicolati dagli innumere-voli viaggi? La tipologia della mol-titudine di santi e beati canonizza-ti? Le caratteristiche e gli orienta-

menti teologici degli ecclesiasticinominati all'episcopato o al cardi-nalato? La gestione dei rapportiinterni alla Curia o delle relazionicon i capi di stato?

Un’opzione rischiosa ma alcontempo feconda è stata quellascelta da Alberto Melloni - docen-te di Storia del cristianesimo all'Università di Modena - ReggioEmilia e direttore della Fondazio-ne per le Scienze religiose di Bolo-gna - che ha individuato Le cin-que perle di Giovanni Paolo II

(Mondadori, pp. 154, € 18), cioè «igesti di Wojtyla che hanno cam-biato la storia», come recita il sot-totitolo. Scelta non facile, che l’au-tore motiva efficacemente nelleprime pagine del libro, e che lo por-ta a isolare delle gemme prezioseper poterle incastonare nell’insie-me del pontificato wojtyliano cosìda permetterne una lettura lumi-nosa e al contempo destinata a du-rare ben al di là della momenta-nea attenzione mediatica legataalla beatificazione.

Di queste «perle», l’aver cele-brato il concilio come la «grandegrazia del XX secolo», la visita al-la sinagoga di Roma e il primo in-contro delle religioni ad Assisi ap-partengono al biennio 1985-1986,la richiesta di perdono per i pecca-ti commessi dai figli della chiesanel corso della storia è al cuore delGiubileo del 2000, mentre la stre-nue opposizione alla guerra si col-loca già nel periodo del progressi-vo declino fisico del Papa. Sonocinque eventi che contengono sìuna forte carica innovativa rispet-to al passato, ma che, paradossal-mente, rivelano anche una profon-da continuità con la grande tradi-

zione della chiesa e la sua capaci-tà di annunciare il vangelo in unmondo che cambia. Non a caso misembra che la «perla» chiave cheha in sé la capacità di suscitare lealtre sia proprio la prima: la valo-rizzazione del Vaticano II attra-verso un «sinodo straordinario»dei vescovi che ne riafferma laqualità di massima espressionedel magistero pontificio e quindidi criterio alla luce del quale di-scernere a valutare ogni scelta suc-cessiva, e non viceversa. Non sor-prende allora che negli altri gesti,ricostruiti ed evidenziati da Mello-ni con sagacia e copiosa documen-tazione, l’ispirazione profonda-mente conciliare emerga con parti-colare evidenza e sia esplicitamen-te richiamata dal papa stesso.

Davvero sono perle che «han-no bisogno di essere narrate per es-sere comprese» e che anche quan-ti, come la nostra generazione,hanno avuto il privilegio di veder-le risplendere sotto i loro occhi, de-vono rileggere e rielaborare per as-saporarne tutta la portata evan-gelica, così da trasmetterle cometesoro prezioso alle generazioniche verranno.

GIORGIO BOATTI

ANTIFASCISMOIN PIEMONTE

I giornalisti e il medico= Marco Albeltaro ripercorre La parentesiantifascista di giornali e giornalisti a Torino(1945-1948) per le Edizioni Seb 27 (pp. 206, € 15,prefazione di Aldo Agosti, allegato cd-rom): l’Unità diLajolo, la Nuova Stampa di Burzio, la Gazzetta delpopolo di Caputo, il Sempre Avanti e il Popolo Nuovo,le firme delle terze pagine, da Cajumi a Calvino.Per lo stesso editore, Un medico della Resistenza:Simone Teich Alasia racconta la su esperienzapartigiana (pp. 116, € 15, prefazione di Giovanni DeLuna, a cura di Luciano Boccalatte e Andrea D’Arrigo).

Nell’Italia in verdeDio è un campanile

UNASTORIADEL SINDACATOCATTOLICO

La lunga marcia della Cisl= Il sindacato cattolico, o d’ispirazione cristiana, la Cisl, nacque nel1950, finita l’esperienza unitaria nella Cgil. Un’esperienza che ha, tral’altro, i volti di Giulio Pastore (il fondatore), Pierre Carniti, FrancoMarini, Savino Pezzotta, fino all’attuale, Raffaele Bonanni. Laricostruisce Guido Baglioni in La lunga marcia della Cisl (Il Mulino,pp. 347, € 20). Docente a Milano Bicocca, l'autore conclude che laCisl - oltre quattro milioni e mezzo di associati - «ha vinto la suascommessa. I fondatori e gli associati volevano costruire unsindacalismo libero, nuovo e autonomo, in un Paese democraticooccidentale, in competizione con la Cgil (...), un’alternativa rispettoalla prevalente tradizione italiana del sindacalismo politicizzato».

Storia e ideeVITuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA VII

In tre saggi il confrontotra l’ideologiadel partito padano(pagano) e l’insiemedel pensiero cristiano

pp Renzo Guolop CHI IMPUGNA LA CROCE

Laterza, pp. 160, € 16p Ermanno Arrigonip PERCHÉ LA LEGA NON PUÒ

DIRSI CRISTIANAp Sestante, pp. 159, € 13p Paolo Bertezzolop PADRONI A CHIESA NOSTRAp EMI, pp. 270, € 13

Una tesi che parrebbeun’eresia pensandoai forni crematori,ma non è così, comedimostra Yuri Slezkine

Da contadino a operaio,il capro espiatoriodi un drammaticopassaggio d’epocanegli Anni 50-60

Un uomo solonella fabbricacosì nemica

Il Novecentoterra promessadella modernità

Un popolo «mercuriano»che vola bassoda un angoloall’altro della terra,sospinto dalle avversità

Albino-Don Chisciottechiamato suo malgradoa pronunciare le veritàche il neocapitalismopreferisce rimuovere

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Le cinque perledi Wojtyla

I gesti che hanno cambiato la Storia,dal sinodo sul Concilio al Giubileo

CON «L’UNITÀ», TRA POLITICA E CULTURA

Il popolo in festa= Per sessant’anni, dalle Alpi a Capo Passero,hanno rappresentato un sogno, in parte avveratosicon l’ingresso del Pci nell’area governativa. Popoloin festa di Fabio Calè ripercorre il secondodopoguerra attraverso le feste dell’Unità (Donzelli,pp. 127, € 15), «un’operazione politica e culturaleoriginale, molto ambiziosa», come la descrive nellaprefazione Alfredo Reichlin: non solo liscio ebraciole, ma «nuova coscienza popolare». Correda ilvolume un dvd con filmati di Ettore Scola, DavidRiondino e Federico Mercuri.

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

pp Yuri Slezkinep IL SECOLO EBRAICOp trad. di Filippo Verzottop Neri Pozza, pp. 568, € 20p Hilary Putnamp FILOSOFIA EBRAICA

a cura di Massimo Dell’Utrip Carocci, pp.142, € 15p Autori Varip IL VOLTO DELL’ALTRO

a cura di Mario Pezzellap Quodlibet, pp. 342, € 26

p

Il secolo ebraico Un modello che si èimposto in tutto il mondo occidentale

1˚ Maggio «Memoriale» di Volponi:il romanzo sfida del boom economico

Tra vescovi e Carroccioradicali le divisioni:sull’unità nazionale,sull’emigrazione,sull’ordine pubblico

Un dipinto diChagall.

Lo storico YuriSlezkine

definisce ilpopolo ebraico«mercuriano»

in quanto«attaccato al

tempo, nonalla terra;

popolazionetanto priva

di radiciquanto antica»

Berlinguer a una festa dell’Unità

Nel montaggiografico,

la devozione dei«crociati» leghisti

al loro unicopontefice,

Umberto Bossi

Paolo Volponi

Giulio Pastore fondò la Cisl

I padridella patriavistia testa in giù

Giovanni Paolo II, beatificato il 1˚ maggio

Page 7: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.36

Paolo Volponi (1924 - 1994)rimane la voce emblematicadella nostra letteraturaindustriale. «Memoriale» uscìda Garzanti nel 1962, quandol’autore era dirigente all’Olivettidi Ivrea (ora nel catalogo Einaudi,pp. 238, € 11). Seguirono«Lamacchina mondiale» (1965),«Corporale» (1974), «Le moschedel capitale (1989)

ELENALOEWENTHAL

Da quel giorno lonta-no in cui l’Eterno rivolse perla prima volta ad Abramo laSua parola, l’ebraismo è ema-nazione del dettato divino, di-scorso «assoluto» quasi perantonomasia perché derivatoda quel logos (davar in ebrai-co) che è e al tempo stesso de-scrive la realtà. Malgradoquesta dinamica fra cielo eterra che si fa tutta per viaverbale, la tradizione ebraicanon conosce l’ultima parola.Ogni discorso è aperto, nullaè conclusivo e finito – perchétutto è rimandato al tempo avenire. Tale inguaribile prov-visorietà della parola, anchedi quella divina, determina unapproccio particolare anchealla logica: l’ebraismo non hamolta consuetudine, ad esem-pio, con il principio di non

contraddizione. Nulla è capa-ce di negare, così come di af-fermare, del tutto: gli opposticonvivono in una dinamica disospensione nel tempo.

In questo senso Il secoloebraico di Yuri Slezkine, stori-co americano di origine rus-sa, è perfettamente in sinto-nia con il modo di procederedella tradizione e del pensie-ro ebraico. Lo studioso sostie-ne infatti che, paradossal-mente, oltre ad aver visto lapeggiore tragedia che la sto-ria conosca, il Novecento èanche il secolo ebraico. Quel-lo, cioè, dell’affermazione delmodello ebraico in tutto ilmondo occidentale.

Potrebbe sembrareun’eresia, quasi una bestem-mia, pensare a un ebraismopassato per le ciminiere deiforni crematori, eppure vitto-rioso. Ma non è così e il librodi Slezkine, pur nella sua esu-beranza di materia a trattisconnessa dall’idea portante– di fatto il volume è compo-sto da un saggio su questo te-ma e un altro sull’ebraismorusso –, risulta convincente.A patto di considerare que-sto assunto, e cioè che il No-vecento è il «secolo ebraico»,una chiave di interpretazionee non un dogma, un approc-cio metodologico e non unavisione politica. A tale propo-sito, un utile supporto è rap-presentato dai saggi del filo-sofo Hilary Putnam raccoltisotto il titolo Filosofia ebraica,una guida di vita: una rilettu-ra di Rosenzweig, Buber, Le-vinas e Wittgenstein alla lucedi ciò che la contemporaneitàchiede all’uomo di essere.

Torniamo a Slezkine. Chedivide l’uomo sostanzialmen-te in due categorie: gli «apolli-nei», stanziali, primari, politi-ci. E i «mercuriani». Questi ul-timi sono «costituiti da pro-duttori non primari specializ-

zati nella fornitura di merci eservizi alle popolazioni dei din-torni dedite all’agricoltura o al-la pastorizia. La loro fonte prin-cipale di risorse era umana,non naturale... popolazioni at-taccate al tempo, non alla ter-ra; popolazioni che venivano vi-ste tanto come prive di patriaquanto come storiche, tantoprive di radici quanto antiche».Slezkine passa in rassegna al-cuni casi sparsi per il mondo,prima di concentrarsi sugliebrei e la loro natura di popolomercuriano, dotato di «sanda-li» alati – ma per volare basso,da un angolo all’altro della ter-ra, sospinto dalle avversità.

Questo «cosmopolitismo»tanto coatto quanto «geneti-co» (di un Dna non fisico bensìstorico) è, secondo lo studioso,la vera cifra della modernità,che gli ebrei rappresentano dasempre: «La modernità nellesue diverse dimensioni, poiché(gli ebrei) ne sono stati al con-tempo i precursori, i critici e,non da ultimo, le vittime», scri-ve Enzo Traverso in un saggiosull’intellettuale ebreo che

prende le mosse proprio dal-l’interpretazione dello storicorusso-americano e contenutoin un’interessante raccolta disaggi che s’intitola Il volto del-l’altro. Intellettuali ebrei e cultu-ra europea del Novecento .

Il libro di Slezkine argomen-ta questa tesi usando una sug-gestiva chiave di lettura: le fi-glie del lattivendolo. Cioè l’indi-menticabile Tevye di ShalomAleichem, continuamente sfer-zato dal destino eppure sem-pre saggio e fiducioso. Ne ave-va cinque, di figlie, e ciascunaprese una strada diversa, nes-suna delle quali particolarmen-te fortunata, anche se eranotutte a loro modo dirette versouna specie di terra promessa.Slezkine ci parla soprattutto diHodl, comunista convinta. Per

lei la terra promessa non è néla Palestina di allora e nemme-no l’America e neanche l’Occi-dente con la sua allettante mo-dernità, bensì l’Est, il laggiùdell’Unione Sovietica, dovetenterà invano di realizzare ilsuo algido sogno siberiano.Per lo storico è l’occasione diripercorre la storia – piuttostodimenticata – delle masseebraiche rimaste al di là dellacortina di ferro, e gettare nuo-va luce sui loro destini con la fi-ne del comunismo.

Ancora una volta, il comples-so processo storico che le vedeprotagoniste attesta la vocazio-ne al mercurianesimo del popo-lo ebraico, la persistenza diun’inquietudine esistenziale fat-ta di dubbi invece che di certez-ze, che prefigura la modernità ela conferma, oggi più che mai.

Lega e Chiesa Il partito di Bossi guarda a un cattolicesimocome risorsa locale, più una religione dei valori e della tradizioneche della salvezza, più un simbolo territoriale che universale

Da qui, forse, la mia passio-ne per la storia. Anche se, fre-quentato l'Istituto d'arte di Fa-no e conosciuti maestri per mefondamentali come il pittore Or-lando Sora - originario di Fanoe trasferitosi poi a Lecco - e Fa-bio Tombari - uno dei pochiscrittori italiani che negli AnniCinquanta poteva vivere dellevendite dei propri libri e che daragazzo andai a trovare nellasua bella casa sulla strada perUrbino - continuavo a essere di-viso tra la vocazione alla pitturae l'attrazione per la narrativa,coltivata in età matura con i ro-manzi Quanti denti ha il pesceca-ne e Il porto della Fortuna pubbli-cati da Mursia. In un certo sen-so - conclude Chiappori - le Sto-rie d’Italia mi obbligarono a con-ciliare scrittura e pittura, a far-le confluire».

Ed ecco così entrare in sce-na il mosso racconto dell'unifi-cazione italiana. Con un re Vit-torio Emanuele II sempre pron-to a liberarsi con una pedata deipremier diventati scomodi. EMazzini instancabile a tessertrame che finiscono regolar-mente col suo rapido rifugiarsia Londra, mentre un Garibalditemerario ma acciaccato dall'artrite e un luciferino Cavourcompletano il quartetto dei «pa-dri della Patria». Ampie le in-cursioni nello scorrere deglieventi di Pio IX, prima demo-cratico e poi gran fustigatoredella modernità: «Noi non sia-mo liberali, siamo infallibili»sussurra minaccioso il papa nelfumetto di Chiappori.

Storia a fumetti, quella delleStorie, che assegna ampio spa-zio agli storici e alle loro analisi:Della Peruta e Candeloro in ser-rato confronto con Chiapporidialogano, precisano. AlfassioGrimaldi rievoca. A volte salgo-no in cattedra con un'articola-zione persino eccessiva, da sag-gio accademico. «Con Della Pe-ruta si lavorava in casa editrice.Con Candeloro ci si incontravaa Lavagna, dove il professoreaveva una bella casa al mare.Con Giampiero Brega, allora di-rettore editoriale, e Leo Paolaz-zi, ovvero il poeta Antonio Por-ta, redattore della Feltrinelli, viandavamo volentieri perché lasignora Candeloro cucinava di-vinamente. Poi era Brega stes-so a sbobinare e a rivedere leconversazioni registrate cheora accompagnano i fumetti».Altri tempi: per l'editoria e il Pa-ese, la storia e la satira.

A proposito di satira, ancherispetto all'Italia che compie150 anni, come le sembra siamessa? «Per me i colleghi sonotutti maestri. Qualcuno mi inse-gna come si devono fare le cose.Altri come non si dovrebberofare. Ho l'impressione che que-sti ultimi stiano diventando as-sai numerosi...». [email protected]

MASSIMORAFFAELI

Appena centenaria,l’Italia del ’62 è all’apice del suoMiracolo economico e il paeseè così irriconoscibile che unarivista di punta, il Menabò diElio Vittorini, dedica un nume-ro ai rapporti fra letteratura eindustria dove Italo Calvinoparla espressamente di «sfidaal labirinto»: perché se il neore-alismo ha dato voce all’Italiarurale-artigianale distruttadalla guerra, non esiste ancorauna letteratura degli anni delbenessere, a parte alcuni batti-strada che hanno già tematiz-zato la fabbrica neocapitalista(come Ottiero Ottieri in Donna-rumma all’assalto, Bompiani1959) oppure le dinamiche diun’imponente migrazione in-terna (come Giovanni Arpino,che sta infatti redigendo la suastoria torinese più cruda, Unanuvola d’ira).

Una risposta immediata epersino spiazzante alla doman-da di Calvino viene dal roman-

zo d’esordio di Paolo Volponi(Urbino 1924-Ancona 1994), unautore il cui status è davveroinconsueto per la nostra lette-ratura: poeta lirico formatosicon Pier Paolo Pasolini e ilgruppo di Officina, è un alto di-rigente alla Olivetti di Ivrea do-ve lavora dal ’56 ed è al mo-mento responsabile dei servizisociali. Memoriale, che ha det-tato in ufficio nel poco tempo li-bero fra il ’59 e il ’61, esce nelmarzo del ’62 da Garzanti conil diretto patrocinio dello stes-so Pasolini che ne è stato losparring durante la stesura.

Scritto in prima persona esimulando un referto clinico, ilromanzo è ambientato nel Ca-navese tra una casa colonicasul lago di Candia e un’aziendacosì lustra e all’avanguardiada rammentare appunto la Oli-vetti: protagonista ed estenso-re con cavillosità maniaca delcatalogo dei propri «mali» è Al-bino Saluggia, trentenne redu-ce dalla prigionia in Germania,un ex contadino assunto in fab-brica come operaio comune.Albino è un uomo solo e malatodi tubercolosi, ogni giorno lace-rato tra il tempo immobile del-la casa sul lago in cui ruminapensieri di pace/progresso/re-denzione e il reparto, in azien-da, dove cerca invano unosguardo che non sia la confer-ma della sua solitudine. Distan-te, estraneo sia ai ritmi freneti-ci della produzione sia a quellidel conflitto politico-sindacale,

Albino è un capro espiato-rio e inconsapevole del passag-gio d’epoca: allo strepitare diun mondo che gli è incompren-sibile risponde il suo corpocon la malattia psicofisica,mentre l’unico altrove dallafabbrica per lui diventa l’ospe-dale che ne replica, alla lette-

ra, l’universo bianco e asettico.Albino è dunque un folle o un

Don Chisciotte ritardatario (ilprimo della galleria volponiana)chiamato suo malgrado a pro-nunciare le verità e i sottintesiche il neocapitalismo all’italianapreferisce rimuovere: «Dietro ilmotore della fresa andavo ordi-nando i miei pensieri; ma, comesempre, l’ordine peggiorava lamia situazione perché i mieipensieri in fila si indirizzavanofatalmente verso i miei mali»; oanche, in un suo paradossale ra-pimento lirico: «La fabbrica ne-mica/ è coperta di fasce/ e ditanti materiali/ che nascondonoi mali»; o infine, in una clausoladi allarmata lucidità: «Nella fab-brica bisogna starci giorno do-po giorno, avvelenarsi gradata-mente; se uno se ne libera an-che per un breve tempo riesce avederne tutti gli orrori».

La voce disperata di Albino,dirà Pasolini, corrisponde aduna enorme licenza poetica e inessa si alternano l’analisi impas-sibile, portata dall’esterno, e ungrumo incandescente di vissutointroverso: qui prosa e poesia,per costanti richiami e sovrap-posizioni, confermano una «irri-solta tensione fra interiorità ed

esteriorità» (secondo la formuladi Emanuele Zinato, cui si devel’esemplare edizione volponianain tre volumi dei Romanzi e pro-se, Einaudi 2002-2003).

La malattia e la follia di Albi-no rinviano in effetti a una con-traddizione primaria, la stessache alimenta la scrittura di Vol-poni fra la pace campestre diCandia o di Urbino e l’assilloproduttivo di Ivrea o di Torino,vale a dire fra la nostalgia pasoli-niana per l’universo preindu-striale o le piccole patrie umani-stiche e l’utopia di Adriano Oli-vetti, cioè il sogno di un’indu-stria capace di garantire alla Po-lis progresso civile e non solo svi-luppo economico. Ma già nel ’74,un Volponi del tutto disincanta-to dichiara in una memorabileintervista a Corrado Stajano(ora in Maestri e infedeli. Ritrattidel Novecento, Garzanti 2008):«Sì, fallì la speranza che la socie-tà italiana riuscisse a capire lavalidità di certi meccanismi e dicerti metodi, a considerarli co-me modelli, non solo di produzio-ne di beni, ma di cultura, che po-tessero essere mutuati dallapubblica organizzazione».

Fatto sta che i discendenti diAlbino hanno via via le sembian-ze autobiografiche di managerin crisi e, presto, di intellettualiin fuga dall’industria, come nelcaso del protagonista di Corpora-le (’74) e specialmente di Le mo-sche del capitale (1989), che è tan-to una personale resa dei contiquanto la più nera allegoria dellaglobalizzazione in atto.

Per parte sua Memoriale, pas-sato al catalogo Einaudi nel 1981e tradotto in undici lingue, in Ita-lia resta un libro per happy fewcome d’altronde tutti gli altri diVolponi, che sembra avere avu-to lettori-scrittori (e lo testimo-niano, ad esempio, Andrea Baja-ni, Sebastiano Nata, Angelo Fer-racuti, Nicola Lagioia) piuttostoche lettori tout court. Questo èveramente un peccato, perchése Paolo Volponi è uno scrittoregrande ma tutt’altro che sempli-ce, la sua opera è il frutto di unadolorosa necessità e quindi im-plica un profondo rispetto perchi legge: infatti ripeteva sem-pre che non gli interessava rac-contare o accomodare delle sto-rie ma porre, viceversa, dei «pro-blemi che non sono chiari e cherestano angosciosi».

Segue da pag. I

FRANCOGARELLI

Chi impugna e brandi-sce la croce oggi? Solo i gruppifondamentalisti americaniche combattono in nome dellareligione la loro esasperatabattaglia pro-life? O anchequanti vivono nelle trincee del-la fede e non ne possono piùdella «caccia al cristiano» pra-ticata da tempo in alcune areedel mondo? Casi come questinon esauriscono il fenomenodell’intransigenza religiosa, dicui c'è una curiosa versioneitalica, rappresentata nell'ulti-mo decennio dal Carroccio;ciò perlomeno a detta di Ren-zo Guolo, sociologo dell’Uni-versità di Padova e noto esper-to di Islam in Europa, che pro-prio al singolare rapporto trareligione e Lega Nord dedica ilsuo ultimo lavoro.

La scelta di mettere la cro-ce sui propri vessilli è per la Le-ga anzitutto un atto di conver-sione, a cui il gruppo dirigenteè stato costretto per evitare didisancorare il popolo leghistadalla sua tradizione e dal suopassato. Così, a poco a poco, ilrito dell’ampolla con l'acquadel Po, la religione della natu-ra e della purezza padana, ilculto dei Celti, il «Sole delle Al-pi», scivolano sullo sfondo del-

l’immaginario leghista, per fa-re spazio a «valori, simboli,memorie» che più rispecchia-no la cultura e la storia locale.Insomma, c'è un limite nell’in-ventare la tradizione, nel co-struire un'identità collettiva(anche «padana»).

Pur necessaria, l'ereditàcattolica è comunque ingom-brante. Del resto, quello è ilterritorio, oggetto di contesa:la provincia del Nord, il conta-do, la terza Italia, una realtàsocio-economica molto opero-sa e fatta di piccole e piccolis-sime aziende, dove fino a 20anni fa spopolava il partitocattolico.

Dall’Italia bianca si è pas-sati all'Italia verde, anche sele differenze non mancano.Delle varie anime della Dc, laLega prende il voto più secola-rizzato, di chi interpreta la re-ligione «a modo proprio» econsidera il cattolicesimo an-zitutto una risorsa locale.Dunque un cattolicesimo sen-za o con poca chiesa, più unareligione dei valori e della tra-

dizione che della salvezza, piùun simbolo territoriale che uni-versale. Una religione a nettaforma di campanile, che non ac-cetterà mai che qualche altroedificio «sacro» (soprattutto semoschea o minareto) gli facciaombra e rovini la skyline.

Proprio l'avanzata dell’Islamin Italia spiega la recente voca-zione della Lega Nord a impu-gnare la croce, e il suo farsi ba-luardo della cristianità minac-ciata sarà uno dei più forti moti-vi di scontro con i piani alti dellaChiesa di Roma. Alla critica distrumentalizzare il crocifisso, difarne un simbolo di esclusione, ilCarroccio reagisce accusando ivertici ecclesiali di essere tiepidiverso il nemico che avanza, di

accettare la scristianizzazionedel Paese. Ovviamente il conflit-to si estende ad altri campi, co-me l'unità nazionale, l'ordinepubblico, l'accoglienza degli im-migrati. La solidarietà cristianaha dei confini territoriali e uma-ni non valicabili?

Tuttavia, l'episcopato italia-no non conta soltanto figure co-me Martini e Tettamanzi, percui anche i leghisti hanno dei ve-scovi dalla loro parte, che li legit-timano o per convinzione o perrealismo politico. I più vivono adisagio la presenza della Lega,per le idee che veicola, la forzache esprime, gli anatemi e le mi-nacce che indirizza alla Chiesa.Di fatto sono solo due le forze -Lega e Chiesa - che proprio per-

ché molto radicate sul territoriosi contendono la rappresentan-za delle regioni del Nord.

Proprio su questi temi, il te-sto di Guolo ci introduce a cono-scenze nuove, pur limitandosi aun'analisi del pensiero, dei docu-menti, degli articoli di giornale,delle dichiarazioni dei protago-nisti, senza entrare nel meritodi come il rapporto con la crocee la religione viene vissuto dalpopolo leghista. In tutti i casi,emergono informazioni interes-santi, circa le diverse anime cat-toliche presenti nel Carroccio,la vicinanza di alcuni gruppi ailefebvriani, la concorrenza traLega e Chiesa nell’orientare il

sentire della gente; sino allo«scambio politico» che sa-

rebbe in atto tra il grup-po dirigente leghista e

alcuni alti prelatidel Vaticano; e

ciò mentre ilcattolicesi-

mo di b a s emorde ilfreno versoun partito chedi testa resta pa-gano pur dimostran-dosi di tanto in tanto più de-fensor fidei del Papa.

Questa convinzione è al cen-tro di un altro volume - tra i tan-ti - sul fenomeno e sull’identitàleghista, il cui titolo (Perché laLega non può dirsi cristiana) èemblematico sia delle posizionidell’autore, sia della particola-re ottica con cui qui si guardaal tema: un confronto tra l'ideo-logia della Lega e l'insieme delpensiero cristiano, quello chederiva dalle parole di Gesù equello «mediato» dalla dottrina

sociale della Chiesa e dai testi-moni contemporanei della fedee carità cristiana.

Ermanno Arrigoni, l'autore,usa tutto il suo armamentario(di studioso di filosofia e di dotto-re di ricerca in teologia) per di-mostrare che la Lega sta al Van-gelo come il diavolo all’acqua-santa, pur con la finezza finaledi dire che «spetta ai lettori l'ul-tima parola». Così come lasciasospeso un punto interrogativosu un «possibile incontro» Pa-droni a chiesa nostra di PaoloBertezzolo, ripercorrendo«vent’anni di strategia religiosadella Lega Nord» e ponendo co-me discrimine che il pragmati-smo non prevalga sul Vangelo(e sul Concilio).

In vista della beatificazionedi Giovanni Paolo II ha ripre-so slancio un’operazione tut-

t’altro che semplice, inaugurata-si già immediatamente dopo lasua morte: quella di tracciare unbilancio storico e spirituale di unpontificato che non solo è duratopiù di venticinque anni, ma cheha attraversato un periodo stori-co estremamente complesso esconvolgente - basti pensare aidue crolli epocali: il muro di Ber-lino e le Torri gemelle o, prima

ancora, all'attentato subito dalpapa - e il cui protagonista avevaa sua volta vissuto in prima perso-na il dramma della seconda guer-ra mondiale e della Shoah, la catti-vità comunista e l'evento di graziadel Vaticano II. Su quali elementisoffermarsi per un'analisi com-plessiva? I documenti portanti delmagistero, come le encicliche? Imessaggi veicolati dagli innumere-voli viaggi? La tipologia della mol-titudine di santi e beati canonizza-ti? Le caratteristiche e gli orienta-

menti teologici degli ecclesiasticinominati all'episcopato o al cardi-nalato? La gestione dei rapportiinterni alla Curia o delle relazionicon i capi di stato?

Un’opzione rischiosa ma alcontempo feconda è stata quellascelta da Alberto Melloni - docen-te di Storia del cristianesimo all'Università di Modena - ReggioEmilia e direttore della Fondazio-ne per le Scienze religiose di Bolo-gna - che ha individuato Le cin-que perle di Giovanni Paolo II

(Mondadori, pp. 154, € 18), cioè «igesti di Wojtyla che hanno cam-biato la storia», come recita il sot-totitolo. Scelta non facile, che l’au-tore motiva efficacemente nelleprime pagine del libro, e che lo por-ta a isolare delle gemme prezioseper poterle incastonare nell’insie-me del pontificato wojtyliano cosìda permetterne una lettura lumi-nosa e al contempo destinata a du-rare ben al di là della momenta-nea attenzione mediatica legataalla beatificazione.

Di queste «perle», l’aver cele-brato il concilio come la «grandegrazia del XX secolo», la visita al-la sinagoga di Roma e il primo in-contro delle religioni ad Assisi ap-partengono al biennio 1985-1986,la richiesta di perdono per i pecca-ti commessi dai figli della chiesanel corso della storia è al cuore delGiubileo del 2000, mentre la stre-nue opposizione alla guerra si col-loca già nel periodo del progressi-vo declino fisico del Papa. Sonocinque eventi che contengono sìuna forte carica innovativa rispet-to al passato, ma che, paradossal-mente, rivelano anche una profon-da continuità con la grande tradi-

zione della chiesa e la sua capaci-tà di annunciare il vangelo in unmondo che cambia. Non a caso misembra che la «perla» chiave cheha in sé la capacità di suscitare lealtre sia proprio la prima: la valo-rizzazione del Vaticano II attra-verso un «sinodo straordinario»dei vescovi che ne riafferma laqualità di massima espressionedel magistero pontificio e quindidi criterio alla luce del quale di-scernere a valutare ogni scelta suc-cessiva, e non viceversa. Non sor-prende allora che negli altri gesti,ricostruiti ed evidenziati da Mello-ni con sagacia e copiosa documen-tazione, l’ispirazione profonda-mente conciliare emerga con parti-colare evidenza e sia esplicitamen-te richiamata dal papa stesso.

Davvero sono perle che «han-no bisogno di essere narrate per es-sere comprese» e che anche quan-ti, come la nostra generazione,hanno avuto il privilegio di veder-le risplendere sotto i loro occhi, de-vono rileggere e rielaborare per as-saporarne tutta la portata evan-gelica, così da trasmetterle cometesoro prezioso alle generazioniche verranno.

GIORGIO BOATTI

ANTIFASCISMOIN PIEMONTE

I giornalisti e il medico= Marco Albeltaro ripercorre La parentesiantifascista di giornali e giornalisti a Torino(1945-1948) per le Edizioni Seb 27 (pp. 206, € 15,prefazione di Aldo Agosti, allegato cd-rom): l’Unità diLajolo, la Nuova Stampa di Burzio, la Gazzetta delpopolo di Caputo, il Sempre Avanti e il Popolo Nuovo,le firme delle terze pagine, da Cajumi a Calvino.Per lo stesso editore, Un medico della Resistenza:Simone Teich Alasia racconta la su esperienzapartigiana (pp. 116, € 15, prefazione di Giovanni DeLuna, a cura di Luciano Boccalatte e Andrea D’Arrigo).

Nell’Italia in verdeDio è un campanile

UNASTORIADEL SINDACATOCATTOLICO

La lunga marcia della Cisl= Il sindacato cattolico, o d’ispirazione cristiana, la Cisl, nacque nel1950, finita l’esperienza unitaria nella Cgil. Un’esperienza che ha, tral’altro, i volti di Giulio Pastore (il fondatore), Pierre Carniti, FrancoMarini, Savino Pezzotta, fino all’attuale, Raffaele Bonanni. Laricostruisce Guido Baglioni in La lunga marcia della Cisl (Il Mulino,pp. 347, € 20). Docente a Milano Bicocca, l'autore conclude che laCisl - oltre quattro milioni e mezzo di associati - «ha vinto la suascommessa. I fondatori e gli associati volevano costruire unsindacalismo libero, nuovo e autonomo, in un Paese democraticooccidentale, in competizione con la Cgil (...), un’alternativa rispettoalla prevalente tradizione italiana del sindacalismo politicizzato».

Storia e ideeVITuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA VII

In tre saggi il confrontotra l’ideologiadel partito padano(pagano) e l’insiemedel pensiero cristiano

pp Renzo Guolop CHI IMPUGNA LA CROCE

Laterza, pp. 160, € 16p Ermanno Arrigonip PERCHÉ LA LEGA NON PUÒ

DIRSI CRISTIANAp Sestante, pp. 159, € 13p Paolo Bertezzolop PADRONI A CHIESA NOSTRAp EMI, pp. 270, € 13

Una tesi che parrebbeun’eresia pensandoai forni crematori,ma non è così, comedimostra Yuri Slezkine

Da contadino a operaio,il capro espiatoriodi un drammaticopassaggio d’epocanegli Anni 50-60

Un uomo solonella fabbricacosì nemica

Il Novecentoterra promessadella modernità

Un popolo «mercuriano»che vola bassoda un angoloall’altro della terra,sospinto dalle avversità

Albino-Don Chisciottechiamato suo malgradoa pronunciare le veritàche il neocapitalismopreferisce rimuovere

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Le cinque perledi Wojtyla

I gesti che hanno cambiato la Storia,dal sinodo sul Concilio al Giubileo

CON «L’UNITÀ», TRA POLITICA E CULTURA

Il popolo in festa= Per sessant’anni, dalle Alpi a Capo Passero,hanno rappresentato un sogno, in parte avveratosicon l’ingresso del Pci nell’area governativa. Popoloin festa di Fabio Calè ripercorre il secondodopoguerra attraverso le feste dell’Unità (Donzelli,pp. 127, € 15), «un’operazione politica e culturaleoriginale, molto ambiziosa», come la descrive nellaprefazione Alfredo Reichlin: non solo liscio ebraciole, ma «nuova coscienza popolare». Correda ilvolume un dvd con filmati di Ettore Scola, DavidRiondino e Federico Mercuri.

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

pp Yuri Slezkinep IL SECOLO EBRAICOp trad. di Filippo Verzottop Neri Pozza, pp. 568, € 20p Hilary Putnamp FILOSOFIA EBRAICA

a cura di Massimo Dell’Utrip Carocci, pp.142, € 15p Autori Varip IL VOLTO DELL’ALTRO

a cura di Mario Pezzellap Quodlibet, pp. 342, € 26

p

Il secolo ebraico Un modello che si èimposto in tutto il mondo occidentale

1˚ Maggio «Memoriale» di Volponi:il romanzo sfida del boom economico

Tra vescovi e Carroccioradicali le divisioni:sull’unità nazionale,sull’emigrazione,sull’ordine pubblico

Un dipinto diChagall.

Lo storico YuriSlezkine

definisce ilpopolo ebraico«mercuriano»

in quanto«attaccato al

tempo, nonalla terra;

popolazionetanto priva

di radiciquanto antica»

Berlinguer a una festa dell’Unità

Nel montaggiografico,

la devozione dei«crociati» leghisti

al loro unicopontefice,

Umberto Bossi

Paolo Volponi

Giulio Pastore fondò la Cisl

I padridella patriavistia testa in giù

Giovanni Paolo II, beatificato il 1˚ maggio

Page 8: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.36

AUGUSTOROMANO

Una volta si diceva:«Si legge come un romanzo!». Ecerto Le maschere di Eros diMarco Vozza chiama a raccoltatutte le possibili storie d’amore,quelle scritte nei romanzi equelle che hanno costellato lanostra vita, e le smonta appli-cando loro il grimaldello dell’er-meneutica del sospetto. Senzatuttavia che, così denudate, es-se perdano il fascino che vienedall’essere una sempre viva te-stimonianza della nostra debo-lezza e inermità, e delle nostresperanze. Dato poi che l’amoreè un fenomeno che tutti ci ri-guarda, possiamo davvero leg-gere questo saggio come se fos-se un romanzo, chiedendoci an-siosamentecome andrà a finire,e se i nostri eroi, gli innamorati,troveranno grazia presso il tri-bunale della storia. Anche per-ché l’autore, che è un filosofo,unisce la ricchezza di informa-zione a una scrittura appassio-nata, senza troppo appesantirlacon le ardue eleganze del lin-guaggiofilosofico.

Ma che cos’è questo amore?, sichiedeva il grande Achille Cam-panile (purtroppo non citato da

Vozza). Questo amore, nella for-ma canonica che gli ha assegna-to la cultura occidentale, che èquella dell’amore-passione,sembra essere, per parlare chia-ro, una grande fregatura. Lamaggior parte del saggio è ap-punto dedicata a mostrare e ar-gomentare premesse e conse-guenze di questa temibile malat-tia. Possiamo intanto dire chel’amour-passion non conosce iro-nia né temperanza, mira alla fu-sione ed esita nella delusione.Muore cioè dei suoi eccessi edelle sue eccessive pretese. L’incredibile sta nel fatto che inesso un’aspettativa smisuratasi unisce a una sostanziale igno-

ranza – e indifferenza – nei con-fronti delle caratteristiche pro-prie dell’oggetto d’amore. Questosignifica che si tratta di un amorefantasmatico: in realtà, non amia-mo la nostra fidanzataper ciò chelei è, ma amiamo in lei ciò che noivi proiettiamo. Ella è, alla lettera,«la fanciulla dei nostri sogni».

Ma perché indulgiamo a que-sto inganno, e perché questi amo-ri sono così angoscianti? Perchéattraverso di loro noi speriamodi colmare la nostra incompiutez-za, di porre fine a una carenza, disanare una ferita che i miti collo-cano all’origine della storia, e chesempre si rinnova con la rotturatraumatica dell’unità madre-fi-

glio. La speranza è, nientemeno,quella di ricomporre l’infrantomediante la fusione con l’essereamato. Ma chi ricorda Euripidesa che Elena, colei per la qualetanto sangue fu sparso, è soltan-to un eidolon, un simulacro,un’immagine fatta d’aria. Perciòl’amore-passione richiede, perdurare, di essere variamente in-tralciato (lontananza fisica, diffe-renze sociali, amori adulterini, ecosì via). L’amata lontana e im-prendibile è figura della impossi-bilità del ritorno. Il ritorno richie-derebbe infatti l’eliminazione del-l’Io. I più temerari, i più conse-quenziali, i più disperati, coloroche sono attratti dalla notte can-

tata da Novalis, vogliono proprioquesto. In loro il desiderio di mor-te fa da contrappunto al «meglionon essere mai nati».

Bisogna anche dire che nelmondo post-moderno l’amore-passione non è più di moda. Vivia-mo in una società che si proponecome ludica e allegramente nichi-lista, e fa della «leggerezza» dei le-gami affettivi un merito. In real-tà, sono aumentati i narcisistialessitimici, così profondamenteinsicuri e spaventati da sentirsicostretti a ostentare un’immagi-ne di autosufficienza, che li portaa dire: «Non ho bisogno di nessu-no». Da cui, come scrive Vozza,«relazioni tascabili, elastiche, facil-

mente smaltibili, conformi al mo-delloconsumistico usa e getta»

Ma allora, non c’è salvezza?Soprattutto alcune autrici (LouAndreas Salomè, Marta Nus-sbaum, Elena Pulcini) hanno ri-chiamato l’attenzione su quelloche è stato chiamato «amore ma-trimoniale», o anche amour ami-tié. Si tratta di un amore penaliz-zato dal fatto di essere associatoa grigi interni Biedermeier, fili-steismo, mentalità piccolo-bor-ghese, abitudine e noia. Tutta-via, quando non sia un sempliceripiego o un’operazione regressi-va, l’amore matrimoniale occu-pa uno spazio definito da parole

quali: affetto, benevolenza, com-prensione, «apertura del cuo-re», riconoscenza, indulgenza. J.P. Vernant ha scritto in proposi-to: «L’essenziale non consiste inun’esperienza di sé, ma nell’espe-rienza di un altro da sé e nel-l’esperienza di divenire altro».

In questa prospettiva, l’im-magine tradizionale del rappor-to «matrimoniale» lascia spazioa una relazione delicata, instabi-le, drammatica e contradditto-ria, che presenta punti di con-tatto con un processo iniziatico.Essa comporta un esporsi all’al-tro, un rivelare limiti e debolez-ze, sapendo tuttavia che sem-pre, tra noi e l’altro, si frapponelo schermo delle proiezioni eche mai l’altro potrà svolgerenei nostri confronti una funzio-ne radicalmente salvifica.

E’ un incontro di ferite, unostare dentro la ferita comune, lacomune ricerca e la comune delu-sione come dentro un contenito-re. Gli amanti spesso non si ren-dono conto, quando litigano, chequello è uno dei momenti in cui so-no più vicini. Perché quello è ilmomento in cui, senza separarsi,vengono chiamati a contemplarela loro reciproca inconoscibilità ela vulnerabilità di ogni amore chesia situato nel tempo.

ALESSANDRODEFILIPPI

Recensire un libro diMassimo Recalcati è sempreuno stimolo e un piacere. Intan-to, per la lucida costruzione deltesto, che dona chiarezza a unpensiero complesso e taloraoscuro come quello lacaniano.In secondo luogo, perché i suoilibri non sono mai superflui oaccessori, ma incidono semprefortemente nel tessuto della re-altà e dell’oggi. L'autore è unanalista - e un pensatore - discuola lacaniana, che ha scrittocose memorabili sui disturbidell'alimentazione e non solo.Si pensi, ad esempio, a L’uomosenza inconscio, con la sua evo-cazione non casuale di Musil.

Questo Cosa resta del pa-dre? non può che confermarel'interesse e l'attesa che si pro-vano di fronte a una sua nuovauscita. Libro denso e al tempostesso lieve, affronta temi cen-trali: il significato simbolicoche oggi rimane della figura pa-terna, di fronte alla sua eviden-te «evaporazione»; e quel che

di essenziale essa ci può co-munque portare. Il discorso, ri-gorosamente, parte dal con-fronto tra la Legge e il deside-rio, di grande attualità in que-sti tempi di conflitti, anche poli-tici e giudiziari, tra i due.

In primo luogo Recalcati ciricorda che «la Legge non èuna minaccia, ma una condizio-ne del desiderio»: interdicendoil godimento immediato e tota-le essa apre la strada al deside-rio di ciò che - forse - non si puòavere, donando al mondo e allanostra vita il suo necessariomotore. Magari, viene da pen-sare, i nostri nonni, e anche inostri genitori, emersi dalla pa-lude della guerra, erano laca-niani ante litteram o comun-que inconsapevoli, poiché furo-no loro a insegnarci, temo inu-

tilmente, la necessità della rego-la e la bellezza del differimentodel desiderio. L'evaporazionedel padre e della Legge che in es-so si impersona conduce alla per-dita del limite, e quindi, inevita-bilmente, del desiderio: tutto èsempre qui, presente, a portatadi mano: giovinezza, bellezza, po-tere, sesso, denaro. Non l'amore,in quanto lo svuotamento dellafunzione simbolica del padre edella Legge ha come risultato«un’emarginazione del discorsoamoroso», poiché l'assenza del li-mite e la possibilità - illusoria - diavere tutto e subito inibiscono lanostra capacità di considerare edi desiderare l'Altro.

Il dolore di esistere però per-mane e viene nascosto, inganna-to, dalla fede negli oggetti che ilconsumismo ci presenta, sem-pre più numerosi, sempre più ac-cessibili, sempre più rapidamen-te obsoleti. Si potrebbe pensareche in questo modo non si possache aprire la strada al feticismo,come sostituzione dell’altro - vi-vente e desiderante - con oggettiche non ci chiedono nulla, né im-pegno né amore. Allo stesso mo-do viene meno la funzione di te-stimonianza e di trasmissionedell’eredità esistenziale che il pa-dre possedeva.

Nella sua critica, Recalcatisembra rimanere fedele a una

concezione della psicoanalisi co-me pensiero forte, e soprattut-to come pensiero capace di in-terpretare anche il mondo dellapostmodernità. La postmoder-nità, peraltro legata comunque- e noi ne siamo testimoni- adaspetti di decadenza e nichili-smo, pare non avere più spazioper un pensiero forte: la psicoa-nalisi è insidiata da se stessa,dal suo tentativo cioè di essereuno degli ultimi tentativi onni-comprensivi di spiegare la real-tà, rischiando di divenire unacassetta d'attrezzi buona pertutti gli usi, o di rivelarsi, comescrisse Karl Kraus, la malattiache pretende di curare.

Il discorso di Recalcati, tutta-via, è stringente e molto spessocondivisibile: la crisi della funzio-ne paterna è sotto gli occhi di tut-ti, anche e soprattutto nel suo di-varicarsi da un lato in una paterni-tà autoritaria, che cerca di rico-struire una Legge (nel senso laca-niano) simile a quella del Dio gelo-so della Bibbia (uno sguardo allaLibia e ai fondamentalismi, com-presi quelli cristiani); e dall’altroin una forma di paternalismo checollude con il desiderio, conducen-dolo verso una fede nel confrontodi oggetti sempre più vacui. A noi,italiani di oggi, questa divaricazio-ne appare simbolicamente eviden-te, ed essa sembra essere anchealla base del tramonto del nostromondo. Mondo preda di un desi-derio senza limiti, senza Legge,appunto, in cui gli oggetti e la fedein essi sono un «rimedio contro ildoloredi esistere».

Libro di un moralista, dun-que, quest’ultimo di Recalcati,nel senso fichtiano di colui che fadella morale un modo di leggerela realtà, e non di colui che fa delmoralismo. Distinzione, questa,fondamentale, perché il morali-sta nel senso vero del termine ècolui che crede che debba esiste-re un'etica, mentre, come ricor-

da Jung, «l'uomo pio» è coluiche, dopo aver tenuto una confe-renza sul degrado etico, ritornaa casa e picchia la moglie. Quelche fa la differenza tra i due, na-turalmente, sono la consapevo-lezza di essere tutti fallibili e in-giusti, e l'assunzione della pro-pria responsabilità.

Differenza che Recalcati hamolto chiara: il suo libro, ancorauna volta, porta un po’ di luce nel-la penombra di questi anni, ricor-dandoci che «quel che resta delpadre è custodia del mistero del-la vita e della morte, è la respon-sabilità dell’eredità e della tra-smissione, è la generatività deldesiderio come nuda fede».

UNBIBLIOTECARIOPER BIBLIOFILIALLEGRI

La ragazza fuggita con Roth= Torna in libreria per la quarta volta un personaggiole cui doti di simpatia oscillano fra l’irresistibile e ilnotevole. Jan Sansom, l’autore, ce lo presenta così:«Israel Armstrong (laureato in letteratura inglese eamericana - cum laude), l'unico bibliotecario itineranteebreo inglese vegetariano di Tundrum (sicuramente) edell'Irlanda (probabilmente)». E’ un personaggio comico,nel senso britannico del genere e in quella tradizione checomprende l’impareggiabile Dennis Barlow inventato perIl caro estinto da Evelyn Waugh, o il non troppo fortunatoJim Dixon in quel capolavoro di perfidia che fu Lucky Jim

di Kingsley Amis. Al bibliotecario di Sansom manca lacattiveria: per il resto è goffo, ingenuo, disgraziatissimoma non troppo. E in grado di sorprenderci quando deverisolvere un caso criminale.Tutto ruota intorno al suo lavoro: lo conquistò nel primoromanzo della serie, Il caso dei libri scomparsi, dovescoprì che a Tudrum la biblioteca constava di un furgoneassai scassato, l'alloggio di servizio a lui destinato era ilpollaio e soprattutto i libri non c’erano. Misteriosamentespariti. Si adattò con dedizione, rischiando fin da subitodi essere piantato dalla ragazza, rimasta a Londra.Da allora ha continuato stoicamente, mosso dall’amoreper libri e biblioteche. E in questo Galeotto fu il libro(Tea, pp. 321, € 12, trad. di C. Carcano) riesce a

superarsi: nel senso che gli inconvenienti sono semprepiù bizzarri, il suo smarrimento totale e forse metafisico,e tuttavia la sua segreta resistenza sempre tale daconsentirgli il contrattacco.Israel inizia sospendendo - a malincuore - la lettura diInfinite Jest (data la situazione, si capisce che apprezziDavid Foster Wallace) e finisce scoprendo la verità sullamisteriosa scomparsa di una studentessa che ha fattoperdere le tracce portando con sé Pastorale americana diPhilip Roth. A parte l’amore per i libri e la capacitànotevole di giocare con essi, il quarto romanzo della serieconferma come l’autore, e il suo personaggio, vivano conmagica continuità in una sorta di stato di grazia. Mario Baudino

IL FANTASTICOCAZOTTE, LIBERTINO REAZIONARIO

Un diavolo amoroso= Autore unius libri, Jacques Cazotte ha avuto in sorteuna profezia e un'antonomasia: entrambe scomode e, aquanto pare, piuttosto ingiuste. La profezia, che loammantò d'una luce fosca, risale a una cena del 1788,quando pare che predisse l'avvento del Terrore e la morteviolenta, poi verificatasi, di tutti i commensali. (Sotto laghigliottina di certo finirà lui, nel '92). L'antonomasiagliel'ha affibbiata Tzvetan Todorov, quando nel 1970, inun fortunatissimo saggio sulla Letteratura fantastica,teorizzava che il fantastico consiste nell'esitazione tra unaspiegazione razionale e una sovrannaturale: di là

restiamo nel realistico, di qua accediamo al meraviglioso.Suo primo esempio è proprio il delizioso racconto cui silega la fama letteraria di Cazotte, Il diavolo amoroso(ora con nuova traduzione e introduzione di IsabellaMattazzi, Manni ed., pp. 125, € 12): un giorno, a Napoli,il giovane soldato spagnolo Alvaro evoca il demonio equesto gli si presenta, anziché nelle forme d'un cane(attributo del Maligno nel mito di Faust), in quelleesotiche d'un cammello. Presto però l'Avversario sitrasforma in una splendida e virtuosa fanciulla, Biondetta(virtuosa sì ma con qualche ambiguità sessuale, se puòpassare per un paggio…). È una Silfide: per guadagnarsil'immortalità deve congiungersi con un uomo. Alvarodopo lunga esitazione (già!) cede alle sue malie, ma

infine torna all'ortodossia simboleggiata dalla madre.Mattazzi «risettecentizza» con intelligenza il racconto,evidenziandone i debiti con la tradizione galante e libertinae il teatro del tempo (il diavolo parla come un illuminista, ilche non stupisce nel reazionarioCazotte…). Ma segnalaaltresì come un demone si chiami Calderon, al paridell'autore della Vida es sueño. E infatti si chiede Alvaro:«Mi sembra tutto un sogno […]ma che cos'è in fondo lavita degli uomini se non questo?». L'esitazione, del resto,fu anche di Cazotte: il quale nel 1772 pubblicòuna primaversione del racconto che, a differenza dell'ultima diquattro anni dopo, si concludeva col trionfo di Biondetta.Todorov, tutto sommato, non aveva tutti i torti. Andrea Cortellessa

LA MILANO CHE TOLLERAVA

Tose e bordelli= I padri d’una volta lifrequentavano e qualcuno ciportava pure il figliolo, quandol’Italia tollerava. Ne sono unospicchio significativo i Bordellimilanesi raccontati da LuigiInzaghi (LittleItaly, pp. 144,€ 10, tel: 02 92101849).Un «viaggio nei luoghi dellaprostituzione», quelli di lusso equelli popolari, ricco dianeddoti e ritratti, con le tosepiù ricercate e le loro storie avolte romantiche, spessodolenti, con risvolti di cronacanera, le marchette dall’Italiettaall‘impero fascista, finoall’arrivo della Merlin e poi tra«case da tè » e per strada, senzatrascurare le versioni letterarie ecinematografiche di Testori eVisconti. Il libretto, vedi tu, èproposto nella serie «Itinerari»per MilanoExpo: mancano soloaggiornamenti con olgiattine edintorni di Arcore.

IMMAGINARIO EROTICO

Hefner e De Sade= Bordello multimediale: èl’invenzione di Hugh Hefnercon Playboy, così come lainterpreta la filosofa spagnolaBeatriz Preciado in Pornotopia(trad. di Elena Raffaelli,Fandango Libri, pp. 240,€ 16,50). Con il sottotitolo«architettura e sessualità»l’autrice indica che la rivistasviluppò un «progetto» dipiacere domestico, una«alternativa al tradizionalenucleo famigliare americano»,una «Disneyland per adulti» diville con piscina e letti girevoli,dove si potevano replicare legiornate del divin marchese.E proprio lui è il protagonistadella biografia di Dante Serra(Il marchese De Sade, Odoya,pp. 255, € 18), a cura diFrancesca Mazzuccato, cheannuncia anche una sua Storiadello strip-tease, un gioco daconigliette.

RISPOSTA A MAGRIS

Rido con Socrate= Ringrazio Claudio Magris,che ha gentilmente risposto allaprovocazione contenuta nelmio articolo su Tuttolibri disabato 16 aprile in cui mi dicevoperplessa del suo «elogio delcopiare». Perchéevidentemente di provocazionesi trattava: lasciavo intendereche in materia morale il terrenoè scivoloso, e si incominciavendendo compiti a scuola e sifinisce comprando testimoni,giudici, guardie di finanza,colleghi. Magris mi fa passareun po’ come una maestrinadalla penna rossa, che nondistingue tra seriosità e serietà;ma correggerei il tiro: se mai,una meta-maestrina dallapenna rossa, che sanziona nonil copiare né il vivere conleggerezza tra i banchi discuola, ma il farne teoria.Tornando alla questione, so cheMagris mi capisce benissimo sericordo che l’idea di integritàmorale (ossia: evitate di trovarvisulla china scivolosa cheincomincia perdonando diprincipio piccole infrazioni) èstata lanciata da Socrate: unpersonaggio che certamenteamava ridere, e rideva spesso(anche sul letto di morte), e anzifece della risata del pensiero ilsuo stile filosofico. Franca D’Agostini

FESTIVAL A CHIASSO

Per mare= Sesto festival di letteraturaa Chiasso, dal 6 all’8 maggio.«Per mare» è il fil rouge del2011. Inaugura la rassegnaFolco Quilici, ora in libreria conLa dogana del vento(Mondadori). Tra gli ospiti:Peter Bichsel, Vinicio Capossela,lo scrittore libico Ibrahim alKoni. Sarà proiettato il video ininglese in cui - durata 22 minuti- Orson Welles legge brani di«Moby Dick». Per info:www.chiassoletteraria.ch

Eros Tutte le possibili «storie del cuore»smontate con il grimaldello del sospetto

Modelli Venuta meno la Legge (il limite), si èaffermata la possibilità illusoria di avere tutto

pp Marco Vozzap LE MASCHERE DI EROSp Bollati Boringhieri, pp. 194, € 12

pp Massimo Recalcatip COSA RESTA DEL PADRE?p R. Cortina, pp. 189, € 14

Ma cos’è l’amor?Una fregatura

Padre nostroche sei evaporato

Costumi Bloc notes

Una riflessionedel lacanianoMassimo Recalcati:si è inibita la capacitàdi considerare l’Altro

Cagnaccio di San Pietro, «Il trionfo dello Spirito sulla materia», 1935

Le «Maschere»di Vozza: un ingannoa cui si cede, sperandodi sanare una ferita,colmare una carenza

Ari Scheffer,«Paolo e Francesca», 1835

Il dolore di esistere peròpermane e vienenascosto, ingannato,dalla fede negli oggettiche sforna il consumismo

Abbondano le relazioni«tascabili»: elastiche,smaltibili, usa e gettaLa salvezza può venireancora dal matrimonio

Ritratto di Jacques Cazotte

Psiche e societàVIIITuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA IX

Jan Sansom

Page 9: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.36

AUGUSTOROMANO

Una volta si diceva:«Si legge come un romanzo!». Ecerto Le maschere di Eros diMarco Vozza chiama a raccoltatutte le possibili storie d’amore,quelle scritte nei romanzi equelle che hanno costellato lanostra vita, e le smonta appli-cando loro il grimaldello dell’er-meneutica del sospetto. Senzatuttavia che, così denudate, es-se perdano il fascino che vienedall’essere una sempre viva te-stimonianza della nostra debo-lezza e inermità, e delle nostresperanze. Dato poi che l’amoreè un fenomeno che tutti ci ri-guarda, possiamo davvero leg-gere questo saggio come se fos-se un romanzo, chiedendoci an-siosamentecome andrà a finire,e se i nostri eroi, gli innamorati,troveranno grazia presso il tri-bunale della storia. Anche per-ché l’autore, che è un filosofo,unisce la ricchezza di informa-zione a una scrittura appassio-nata, senza troppo appesantirlacon le ardue eleganze del lin-guaggiofilosofico.

Ma che cos’è questo amore?, sichiedeva il grande Achille Cam-panile (purtroppo non citato da

Vozza). Questo amore, nella for-ma canonica che gli ha assegna-to la cultura occidentale, che èquella dell’amore-passione,sembra essere, per parlare chia-ro, una grande fregatura. Lamaggior parte del saggio è ap-punto dedicata a mostrare e ar-gomentare premesse e conse-guenze di questa temibile malat-tia. Possiamo intanto dire chel’amour-passion non conosce iro-nia né temperanza, mira alla fu-sione ed esita nella delusione.Muore cioè dei suoi eccessi edelle sue eccessive pretese. L’incredibile sta nel fatto che inesso un’aspettativa smisuratasi unisce a una sostanziale igno-

ranza – e indifferenza – nei con-fronti delle caratteristiche pro-prie dell’oggetto d’amore. Questosignifica che si tratta di un amorefantasmatico: in realtà, non amia-mo la nostra fidanzataper ciò chelei è, ma amiamo in lei ciò che noivi proiettiamo. Ella è, alla lettera,«la fanciulla dei nostri sogni».

Ma perché indulgiamo a que-sto inganno, e perché questi amo-ri sono così angoscianti? Perchéattraverso di loro noi speriamodi colmare la nostra incompiutez-za, di porre fine a una carenza, disanare una ferita che i miti collo-cano all’origine della storia, e chesempre si rinnova con la rotturatraumatica dell’unità madre-fi-

glio. La speranza è, nientemeno,quella di ricomporre l’infrantomediante la fusione con l’essereamato. Ma chi ricorda Euripidesa che Elena, colei per la qualetanto sangue fu sparso, è soltan-to un eidolon, un simulacro,un’immagine fatta d’aria. Perciòl’amore-passione richiede, perdurare, di essere variamente in-tralciato (lontananza fisica, diffe-renze sociali, amori adulterini, ecosì via). L’amata lontana e im-prendibile è figura della impossi-bilità del ritorno. Il ritorno richie-derebbe infatti l’eliminazione del-l’Io. I più temerari, i più conse-quenziali, i più disperati, coloroche sono attratti dalla notte can-

tata da Novalis, vogliono proprioquesto. In loro il desiderio di mor-te fa da contrappunto al «meglionon essere mai nati».

Bisogna anche dire che nelmondo post-moderno l’amore-passione non è più di moda. Vivia-mo in una società che si proponecome ludica e allegramente nichi-lista, e fa della «leggerezza» dei le-gami affettivi un merito. In real-tà, sono aumentati i narcisistialessitimici, così profondamenteinsicuri e spaventati da sentirsicostretti a ostentare un’immagi-ne di autosufficienza, che li portaa dire: «Non ho bisogno di nessu-no». Da cui, come scrive Vozza,«relazioni tascabili, elastiche, facil-

mente smaltibili, conformi al mo-delloconsumistico usa e getta»

Ma allora, non c’è salvezza?Soprattutto alcune autrici (LouAndreas Salomè, Marta Nus-sbaum, Elena Pulcini) hanno ri-chiamato l’attenzione su quelloche è stato chiamato «amore ma-trimoniale», o anche amour ami-tié. Si tratta di un amore penaliz-zato dal fatto di essere associatoa grigi interni Biedermeier, fili-steismo, mentalità piccolo-bor-ghese, abitudine e noia. Tutta-via, quando non sia un sempliceripiego o un’operazione regressi-va, l’amore matrimoniale occu-pa uno spazio definito da parole

quali: affetto, benevolenza, com-prensione, «apertura del cuo-re», riconoscenza, indulgenza. J.P. Vernant ha scritto in proposi-to: «L’essenziale non consiste inun’esperienza di sé, ma nell’espe-rienza di un altro da sé e nel-l’esperienza di divenire altro».

In questa prospettiva, l’im-magine tradizionale del rappor-to «matrimoniale» lascia spazioa una relazione delicata, instabi-le, drammatica e contradditto-ria, che presenta punti di con-tatto con un processo iniziatico.Essa comporta un esporsi all’al-tro, un rivelare limiti e debolez-ze, sapendo tuttavia che sem-pre, tra noi e l’altro, si frapponelo schermo delle proiezioni eche mai l’altro potrà svolgerenei nostri confronti una funzio-ne radicalmente salvifica.

E’ un incontro di ferite, unostare dentro la ferita comune, lacomune ricerca e la comune delu-sione come dentro un contenito-re. Gli amanti spesso non si ren-dono conto, quando litigano, chequello è uno dei momenti in cui so-no più vicini. Perché quello è ilmomento in cui, senza separarsi,vengono chiamati a contemplarela loro reciproca inconoscibilità ela vulnerabilità di ogni amore chesia situato nel tempo.

ALESSANDRODEFILIPPI

Recensire un libro diMassimo Recalcati è sempreuno stimolo e un piacere. Intan-to, per la lucida costruzione deltesto, che dona chiarezza a unpensiero complesso e taloraoscuro come quello lacaniano.In secondo luogo, perché i suoilibri non sono mai superflui oaccessori, ma incidono semprefortemente nel tessuto della re-altà e dell’oggi. L'autore è unanalista - e un pensatore - discuola lacaniana, che ha scrittocose memorabili sui disturbidell'alimentazione e non solo.Si pensi, ad esempio, a L’uomosenza inconscio, con la sua evo-cazione non casuale di Musil.

Questo Cosa resta del pa-dre? non può che confermarel'interesse e l'attesa che si pro-vano di fronte a una sua nuovauscita. Libro denso e al tempostesso lieve, affronta temi cen-trali: il significato simbolicoche oggi rimane della figura pa-terna, di fronte alla sua eviden-te «evaporazione»; e quel che

di essenziale essa ci può co-munque portare. Il discorso, ri-gorosamente, parte dal con-fronto tra la Legge e il deside-rio, di grande attualità in que-sti tempi di conflitti, anche poli-tici e giudiziari, tra i due.

In primo luogo Recalcati ciricorda che «la Legge non èuna minaccia, ma una condizio-ne del desiderio»: interdicendoil godimento immediato e tota-le essa apre la strada al deside-rio di ciò che - forse - non si puòavere, donando al mondo e allanostra vita il suo necessariomotore. Magari, viene da pen-sare, i nostri nonni, e anche inostri genitori, emersi dalla pa-lude della guerra, erano laca-niani ante litteram o comun-que inconsapevoli, poiché furo-no loro a insegnarci, temo inu-

tilmente, la necessità della rego-la e la bellezza del differimentodel desiderio. L'evaporazionedel padre e della Legge che in es-so si impersona conduce alla per-dita del limite, e quindi, inevita-bilmente, del desiderio: tutto èsempre qui, presente, a portatadi mano: giovinezza, bellezza, po-tere, sesso, denaro. Non l'amore,in quanto lo svuotamento dellafunzione simbolica del padre edella Legge ha come risultato«un’emarginazione del discorsoamoroso», poiché l'assenza del li-mite e la possibilità - illusoria - diavere tutto e subito inibiscono lanostra capacità di considerare edi desiderare l'Altro.

Il dolore di esistere però per-mane e viene nascosto, inganna-to, dalla fede negli oggetti che ilconsumismo ci presenta, sem-pre più numerosi, sempre più ac-cessibili, sempre più rapidamen-te obsoleti. Si potrebbe pensareche in questo modo non si possache aprire la strada al feticismo,come sostituzione dell’altro - vi-vente e desiderante - con oggettiche non ci chiedono nulla, né im-pegno né amore. Allo stesso mo-do viene meno la funzione di te-stimonianza e di trasmissionedell’eredità esistenziale che il pa-dre possedeva.

Nella sua critica, Recalcatisembra rimanere fedele a una

concezione della psicoanalisi co-me pensiero forte, e soprattut-to come pensiero capace di in-terpretare anche il mondo dellapostmodernità. La postmoder-nità, peraltro legata comunque- e noi ne siamo testimoni- adaspetti di decadenza e nichili-smo, pare non avere più spazioper un pensiero forte: la psicoa-nalisi è insidiata da se stessa,dal suo tentativo cioè di essereuno degli ultimi tentativi onni-comprensivi di spiegare la real-tà, rischiando di divenire unacassetta d'attrezzi buona pertutti gli usi, o di rivelarsi, comescrisse Karl Kraus, la malattiache pretende di curare.

Il discorso di Recalcati, tutta-via, è stringente e molto spessocondivisibile: la crisi della funzio-ne paterna è sotto gli occhi di tut-ti, anche e soprattutto nel suo di-varicarsi da un lato in una paterni-tà autoritaria, che cerca di rico-struire una Legge (nel senso laca-niano) simile a quella del Dio gelo-so della Bibbia (uno sguardo allaLibia e ai fondamentalismi, com-presi quelli cristiani); e dall’altroin una forma di paternalismo checollude con il desiderio, conducen-dolo verso una fede nel confrontodi oggetti sempre più vacui. A noi,italiani di oggi, questa divaricazio-ne appare simbolicamente eviden-te, ed essa sembra essere anchealla base del tramonto del nostromondo. Mondo preda di un desi-derio senza limiti, senza Legge,appunto, in cui gli oggetti e la fedein essi sono un «rimedio contro ildoloredi esistere».

Libro di un moralista, dun-que, quest’ultimo di Recalcati,nel senso fichtiano di colui che fadella morale un modo di leggerela realtà, e non di colui che fa delmoralismo. Distinzione, questa,fondamentale, perché il morali-sta nel senso vero del termine ècolui che crede che debba esiste-re un'etica, mentre, come ricor-

da Jung, «l'uomo pio» è coluiche, dopo aver tenuto una confe-renza sul degrado etico, ritornaa casa e picchia la moglie. Quelche fa la differenza tra i due, na-turalmente, sono la consapevo-lezza di essere tutti fallibili e in-giusti, e l'assunzione della pro-pria responsabilità.

Differenza che Recalcati hamolto chiara: il suo libro, ancorauna volta, porta un po’ di luce nel-la penombra di questi anni, ricor-dandoci che «quel che resta delpadre è custodia del mistero del-la vita e della morte, è la respon-sabilità dell’eredità e della tra-smissione, è la generatività deldesiderio come nuda fede».

UNBIBLIOTECARIOPER BIBLIOFILIALLEGRI

La ragazza fuggita con Roth= Torna in libreria per la quarta volta un personaggiole cui doti di simpatia oscillano fra l’irresistibile e ilnotevole. Jan Sansom, l’autore, ce lo presenta così:«Israel Armstrong (laureato in letteratura inglese eamericana - cum laude), l'unico bibliotecario itineranteebreo inglese vegetariano di Tundrum (sicuramente) edell'Irlanda (probabilmente)». E’ un personaggio comico,nel senso britannico del genere e in quella tradizione checomprende l’impareggiabile Dennis Barlow inventato perIl caro estinto da Evelyn Waugh, o il non troppo fortunatoJim Dixon in quel capolavoro di perfidia che fu Lucky Jim

di Kingsley Amis. Al bibliotecario di Sansom manca lacattiveria: per il resto è goffo, ingenuo, disgraziatissimoma non troppo. E in grado di sorprenderci quando deverisolvere un caso criminale.Tutto ruota intorno al suo lavoro: lo conquistò nel primoromanzo della serie, Il caso dei libri scomparsi, dovescoprì che a Tudrum la biblioteca constava di un furgoneassai scassato, l'alloggio di servizio a lui destinato era ilpollaio e soprattutto i libri non c’erano. Misteriosamentespariti. Si adattò con dedizione, rischiando fin da subitodi essere piantato dalla ragazza, rimasta a Londra.Da allora ha continuato stoicamente, mosso dall’amoreper libri e biblioteche. E in questo Galeotto fu il libro(Tea, pp. 321, € 12, trad. di C. Carcano) riesce a

superarsi: nel senso che gli inconvenienti sono semprepiù bizzarri, il suo smarrimento totale e forse metafisico,e tuttavia la sua segreta resistenza sempre tale daconsentirgli il contrattacco.Israel inizia sospendendo - a malincuore - la lettura diInfinite Jest (data la situazione, si capisce che apprezziDavid Foster Wallace) e finisce scoprendo la verità sullamisteriosa scomparsa di una studentessa che ha fattoperdere le tracce portando con sé Pastorale americana diPhilip Roth. A parte l’amore per i libri e la capacitànotevole di giocare con essi, il quarto romanzo della serieconferma come l’autore, e il suo personaggio, vivano conmagica continuità in una sorta di stato di grazia. Mario Baudino

IL FANTASTICOCAZOTTE, LIBERTINO REAZIONARIO

Un diavolo amoroso= Autore unius libri, Jacques Cazotte ha avuto in sorteuna profezia e un'antonomasia: entrambe scomode e, aquanto pare, piuttosto ingiuste. La profezia, che loammantò d'una luce fosca, risale a una cena del 1788,quando pare che predisse l'avvento del Terrore e la morteviolenta, poi verificatasi, di tutti i commensali. (Sotto laghigliottina di certo finirà lui, nel '92). L'antonomasiagliel'ha affibbiata Tzvetan Todorov, quando nel 1970, inun fortunatissimo saggio sulla Letteratura fantastica,teorizzava che il fantastico consiste nell'esitazione tra unaspiegazione razionale e una sovrannaturale: di là

restiamo nel realistico, di qua accediamo al meraviglioso.Suo primo esempio è proprio il delizioso racconto cui silega la fama letteraria di Cazotte, Il diavolo amoroso(ora con nuova traduzione e introduzione di IsabellaMattazzi, Manni ed., pp. 125, € 12): un giorno, a Napoli,il giovane soldato spagnolo Alvaro evoca il demonio equesto gli si presenta, anziché nelle forme d'un cane(attributo del Maligno nel mito di Faust), in quelleesotiche d'un cammello. Presto però l'Avversario sitrasforma in una splendida e virtuosa fanciulla, Biondetta(virtuosa sì ma con qualche ambiguità sessuale, se puòpassare per un paggio…). È una Silfide: per guadagnarsil'immortalità deve congiungersi con un uomo. Alvarodopo lunga esitazione (già!) cede alle sue malie, ma

infine torna all'ortodossia simboleggiata dalla madre.Mattazzi «risettecentizza» con intelligenza il racconto,evidenziandone i debiti con la tradizione galante e libertinae il teatro del tempo (il diavolo parla come un illuminista, ilche non stupisce nel reazionarioCazotte…). Ma segnalaaltresì come un demone si chiami Calderon, al paridell'autore della Vida es sueño. E infatti si chiede Alvaro:«Mi sembra tutto un sogno […]ma che cos'è in fondo lavita degli uomini se non questo?». L'esitazione, del resto,fu anche di Cazotte: il quale nel 1772 pubblicòuna primaversione del racconto che, a differenza dell'ultima diquattro anni dopo, si concludeva col trionfo di Biondetta.Todorov, tutto sommato, non aveva tutti i torti. Andrea Cortellessa

LA MILANO CHE TOLLERAVA

Tose e bordelli= I padri d’una volta lifrequentavano e qualcuno ciportava pure il figliolo, quandol’Italia tollerava. Ne sono unospicchio significativo i Bordellimilanesi raccontati da LuigiInzaghi (LittleItaly, pp. 144,€ 10, tel: 02 92101849).Un «viaggio nei luoghi dellaprostituzione», quelli di lusso equelli popolari, ricco dianeddoti e ritratti, con le tosepiù ricercate e le loro storie avolte romantiche, spessodolenti, con risvolti di cronacanera, le marchette dall’Italiettaall‘impero fascista, finoall’arrivo della Merlin e poi tra«case da tè » e per strada, senzatrascurare le versioni letterarie ecinematografiche di Testori eVisconti. Il libretto, vedi tu, èproposto nella serie «Itinerari»per MilanoExpo: mancano soloaggiornamenti con olgiattine edintorni di Arcore.

IMMAGINARIO EROTICO

Hefner e De Sade= Bordello multimediale: èl’invenzione di Hugh Hefnercon Playboy, così come lainterpreta la filosofa spagnolaBeatriz Preciado in Pornotopia(trad. di Elena Raffaelli,Fandango Libri, pp. 240,€ 16,50). Con il sottotitolo«architettura e sessualità»l’autrice indica che la rivistasviluppò un «progetto» dipiacere domestico, una«alternativa al tradizionalenucleo famigliare americano»,una «Disneyland per adulti» diville con piscina e letti girevoli,dove si potevano replicare legiornate del divin marchese.E proprio lui è il protagonistadella biografia di Dante Serra(Il marchese De Sade, Odoya,pp. 255, € 18), a cura diFrancesca Mazzuccato, cheannuncia anche una sua Storiadello strip-tease, un gioco daconigliette.

RISPOSTA A MAGRIS

Rido con Socrate= Ringrazio Claudio Magris,che ha gentilmente risposto allaprovocazione contenuta nelmio articolo su Tuttolibri disabato 16 aprile in cui mi dicevoperplessa del suo «elogio delcopiare». Perchéevidentemente di provocazionesi trattava: lasciavo intendereche in materia morale il terrenoè scivoloso, e si incominciavendendo compiti a scuola e sifinisce comprando testimoni,giudici, guardie di finanza,colleghi. Magris mi fa passareun po’ come una maestrinadalla penna rossa, che nondistingue tra seriosità e serietà;ma correggerei il tiro: se mai,una meta-maestrina dallapenna rossa, che sanziona nonil copiare né il vivere conleggerezza tra i banchi discuola, ma il farne teoria.Tornando alla questione, so cheMagris mi capisce benissimo sericordo che l’idea di integritàmorale (ossia: evitate di trovarvisulla china scivolosa cheincomincia perdonando diprincipio piccole infrazioni) èstata lanciata da Socrate: unpersonaggio che certamenteamava ridere, e rideva spesso(anche sul letto di morte), e anzifece della risata del pensiero ilsuo stile filosofico. Franca D’Agostini

FESTIVAL A CHIASSO

Per mare= Sesto festival di letteraturaa Chiasso, dal 6 all’8 maggio.«Per mare» è il fil rouge del2011. Inaugura la rassegnaFolco Quilici, ora in libreria conLa dogana del vento(Mondadori). Tra gli ospiti:Peter Bichsel, Vinicio Capossela,lo scrittore libico Ibrahim alKoni. Sarà proiettato il video ininglese in cui - durata 22 minuti- Orson Welles legge brani di«Moby Dick». Per info:www.chiassoletteraria.ch

Eros Tutte le possibili «storie del cuore»smontate con il grimaldello del sospetto

Modelli Venuta meno la Legge (il limite), si èaffermata la possibilità illusoria di avere tutto

pp Marco Vozzap LE MASCHERE DI EROSp Bollati Boringhieri, pp. 194, € 12

pp Massimo Recalcatip COSA RESTA DEL PADRE?p R. Cortina, pp. 189, € 14

Ma cos’è l’amor?Una fregatura

Padre nostroche sei evaporato

Costumi Bloc notes

Una riflessionedel lacanianoMassimo Recalcati:si è inibita la capacitàdi considerare l’Altro

Cagnaccio di San Pietro, «Il trionfo dello Spirito sulla materia», 1935

Le «Maschere»di Vozza: un ingannoa cui si cede, sperandodi sanare una ferita,colmare una carenza

Ari Scheffer,«Paolo e Francesca», 1835

Il dolore di esistere peròpermane e vienenascosto, ingannato,dalla fede negli oggettiche sforna il consumismo

Abbondano le relazioni«tascabili»: elastiche,smaltibili, usa e gettaLa salvezza può venireancora dal matrimonio

Ritratto di Jacques Cazotte

Psiche e societàVIIITuttolibri

SABATO 30 APRILE 2011LA STAMPA IX

Jan Sansom

Page 10: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.37

E disse

DE LUCAFELTRINELLI

54

Gran circoTaddei ealtrestorie di VigàtaCAMILLERISELLERIO

31

3

6 35 28

Gesùdi Nazareth IIBENEDETTOXVI(JOSEPH RATZINGER)LIBRERIAEDITRICE VATICANA

2Vieni viacon me

SAVIANOFELTRINELLI

5

Saggistica

Nessunosi salvada soloMAZZANTINIMONDADORI

Sanguisughe.Le pensioniscandaloGIORDANOMONDADORI

64

La leggedel deserto

SMITHLONGANESI

3844

TascabiliNarrativaitaliana

9

62

8Il profumodelle fogliedi limoneSÁNCHEZGARZANTI

Narrativastraniera Varia Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 1100 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 17 AL 23 APRILE.

10Libertà

FRANZENEINAUDI

Indignatevi!

HESSELADD EDITORE

Si riprende a salire sull’onda dell’indignazione: Hesselsi è mostrato in tv, il volto ligneo, la parola ferma, co-sì, con la spinta di Fazio, il valore dei suoi 100 punti è

tornato sopra quota 10 mila. E, sotto per un soffio, anche laMazzantini ha ripreso fiato, mentre tutti gli altri fra i primi10 - dove non si intravedono nuovi ingressi - almeno non per-dono velocità. Il grande vecchio della Resistenza franceseha scritto un sanguigno volantino, al più lo si potrebbe direun saggio breve che una volta sarebbe apparso in rivista edora si vende come libro (opportunamente, non solo per farpeso, l’editore ha aggiunto in appendice la Dichiarazioneuniversale dei diritti umani, alla quale anche Hessel, gio-

vane diplomatico, contribuì). Certo ben altro nutrimentoverrebbe dal recuperare, ad esempio, gli scritti di Calaman-drei e quel memorabile discorso del 1955: «La Costituzione èun pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché simuova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibi-le. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontàdi mantenere queste promesse, la propria responsabilità;per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione èl’indifferenza alla politica». Ma ormai vanno di moda i cioc-colatini mignon per i tempi di lettura rapidi e brevi della ge-nerazione digitale. Non è il caso di indignarsi. Ci sarebberoben altre ragioni, in questo mediatico week-end, tra marke-

ting di matrimoni reali e beatificazioni papali, mentre «labomba è già caduta, Marcondiro’ndero/la bomba è già ca-duta, chi la prenderà?/La prenderanno tutti, Marcondi-ro’ndero/sian belli o siano brutti, Marcondiro’ndà» (De An-dré/ Girotondo). Questioncelle che qui in classifica non tro-vano riscontro. L’indignazione - aspettando il prossimo ap-pello di Hessel, Engagez vous! - sembra accompagnarsipiuttosto all’evasione, alla nostalgia, alle rimembranze. Edecco allora, novità meglio piazzata della settimana, al 13˚posto, dolci ricette della nonna e diario famigliare di casaAgnello Hornby, Un filo d’olio. Per condire la gita del pri-mo maggio, padroni e operai uniti nello shopping.

AI PUNTILUCIANO GENTA

Indignarsie aggiungereun filo d’olio

93

1. Bianca come il latte, rossa... 20D’AVENIA 13,00 MONDADORI

2. La versione di Barney 19RICHLER 12,00 ADELPHI

3. Il piccolo principe 18SAINT-EXUPÉRY 7,90 BOMPIANI

4. Lasolitudine deinumeriprimi 15GIORDANO 13,00 MONDADORI

5. Il tempo che vorrei 12VOLO 13,00 MONDADORI

6. 1984 11ORWELL 9,50 MONDADORI

7. L’amicod’infanziadiMaigret 10SIMENON 10,00 ADELPHI

8. L’ombra del vento 10RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

9. È una vita che ti aspetto 10VOLO 12,00 MONDADORI

10.Il simbolo perduto 9BROWN 14,00 MONDADORI

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Democrazia e mercato»,compromesso cercasi. Ov-vero: «Il lavoro è cambia-

to, ma non è adeguatamente cam-biato il modo di regolarlo». ConLa regolazione del lavoro. Dal-l’era dell’instabilità alla defini-zione delle sicurezze post-fordi-ste del sociologo Mimmo Carrie-ri, la Ediesse entra con forza, co-me d’altronde è sua tradizione,nel «problema dei problemi» nonsolo nel nostro Paese.

Il saggio è uno dei titoli colle-gabili, anche trasversalmente, adun 1˚ Maggio sempre più «diffici-le» e che, grazie al tuttora ampioorizzonte della editrice della Cgil,può prendere la via di una inchie-sta sulle morti bianche (Jeans damorire), dell’incrocio dei temi la-voro-criminalità (La lotta allemafie come narrazione colletti-va), di uno sguardo insolito sullacapitale dei rifiuti (Bella Napo-li), di una ricognizione tra le mu-ra familiari (Lavoro domesticoe di cura: quali diritti?), del bi-lancio d’una lunga esperienza (Il

futuro è di tutti ma è uno solo), diuna puntualizzazione, attualissi-ma «contro il nuovo apartheid»(Schengenland).

Argomenti strutturali alla si-gla nata nel 1952 come ESI, nell’82diventata Ediesse, con un migliaiodi voci in catalogo (tra le classicheDi Vittorio, tra le recenti Erri DeLuca, Vendola, Latouche, Isgrò),

tre importanti riviste, 18 collane,storia, documenti, narrativa, pa-recchi long sellers: dalla Storia delSindacato in Italia alla Storia del-le relazioni industriali in Europa.Adesso anche la poesia: a settem-bre O mia patria, in tre volumi i«versi e canti dell’Italia unita», ope-ra mastodontica a cura di VanniPierini. Sottolinea il presidente An-gelo Lana: «Un modo inedito pernoi di segnare lo spirito del tempo»che per la casa editrice romanasembra nonostante tutto abbastan-za clemente; restando tuttavia pri-mario, anche per i destini dell’edito-ria di sinistra, l’impegno per una ri-trovata unità non solo sindacale.

Più severo, nel suo numero 741,Il Calendario del popolo (la longe-va rivista politico-culturale italia-na, pubblicata ininterrottamentedal marzo 1945 da Nicola Teti, eora dal figlio Sandro) sull’attualecrisi «che non è solo economica e so-ciale ma rischia di diventare antro-pologica». Contro la quale, unicoaugurio possibile, una «chiave astella» per tutti.

Classifiche TuttolibriSABATO 30 APRILE 2011

LA STAMPAX

7

100

1. Il profumodelle fogliedi limone 44SÁNCHEZ 18,60 GARZANTI

2. Libertà 38FRANZEN 22,00 EINAUDI

3. La legge del deserto 28SMITH 19,60 LONGANESI

4. Vacanze in villa 25WICKHAM 19,00 MONDADORI

5. Vicino a te non ho paura 21SPARKS 20,00 FRASSINELLI

6. Il vino della solitudine 20NÉMIROVSKY 18,00 ADELPHI

7. Il centenario che saltò... 17JONASSON 17,90 BOMPIANI

8. La mappa del destino 14COOPER 19,60 NORD

9. Appartamento a Istanbul 12AYKOL 14,00 SELLERIO

10.I dodici segni 11CHILD 18,60 LONGANESI

Il mercato è con noi, il mer-cato lo vuole. Quindi si pub-blica. «Ricordo i picnic che

Koba e io facevamo alla metàdegli anni Trenta. Lui con isuoi baffoni, io giovane e ma-grissimo, in camicia con il col-letto aperto, mentre tagliava-mo legna per il falò. Trote fre-sche. Che bei tempi».

Alla metà degli anni Tren-ta: che bei tempi. «Oggi per laprima volta ho visto Koba conle lacrime agli occhi».

Koba si commuoveva: era il1942. «Amo la natura, amo lapesca, ma ora non c'è tempoper questo».

Rimpianti, non rimorsi: nel1943. Koba è Stalin. Chi scriveè Beria, dolcissimo capo deiservizi segreti. Chi pubblica isuoi diari è la casa editrice Ek-smo, la maggiore in Russia,nella collana dedicata all'apo-logia stalinista («Come il Lea-der salvò l'Unione Sovietica»,«Beria, il miglior manager delXX secolo», «Perché odiare

Stalin? I nemici della Russiacontro il Leader», «1937. Giusti-zia per Stalin. Senza appello!»,«Orgoglio senza pentimento. Laverità sull'era staliniana», «Lepurghe staliniste: il più grandefalso del secolo», eccetera).

A giustificare la pubblicazio-ne, secondo i responsabili dellacasa editrice, è il mercato: la gen-

te lo vuole. Qualcuno protesta: isoliti intellettuali, quattro gatti.Su Facebook, il gruppo «Bastapubblicare libri stalinisti» ha 359sostenitori. Dice: «Non vogliamomettere al bando questi libri néperseguire gli autori. Crediamoperò che questo tipo di propagan-da estremista debba essere man-tenuta ai margini di una societàche rispetti se stessa … Il profittonon può giustificare il danno in-flitto alla società russa dallamaggiore casa editrice del pae-se». Eksmo replica gridando allacensura. Dice di pubblicare an-che libri di Trockij, nemico di Sta-lin. Dice di avere la responsabili-tà di fornire libri (i libri che vuo-le) a chiunque voglia libri. E se lagente vuole Hitler? Mein Kampfè proibito in Russia, ma Eksmonon lo pubblicherebbe perché «discarso interesse commerciale». Ilmercato è sacro.

La storia del revival stalini-sta l'abbiamo ripresa da Novo-sti e Komsomol'skaja Pravda.Tutto cambia.

1. Aldilà. La vita continua? 20GIACOBBO 17,50 MONDADORI

2. Benvenuti nella mia cucina 16PARODI 14,90 VALLARDI

3. Steve Jobs. L’uomo che... 16ELLIOT; SIMON 19,90 HOEPLI

4. Cotto e mangiato 15PARODI 14,90 VALLARDI

5. La dieta Dukan 11DUKAN 16,00 SPERLING & KUPFER

6. Instant English 11SLOAN 16,90 GRIBAUDO

7. A tavola non si invecchia 10ROMANO;FABBROCINI;CUCCARINI 14,90 GIUNTI

8. Le ricette di casa Clerici 10CLERICI 15,90 RIZZOLI

9. The secret 10BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

10.The power 9BYRNE 18,50 MONDADORI

1. Diario di una schiappa... 17KINNEY 12,00 IL CASTORO

2. Le avventure di Re Artù 12STILTON 23,50 PIEMME

3. Il giorno delle selezioni 12GARLANDO 11,00 PIEMME

4. Nel regno della fantasia 9STILTON 23,50 PIEMME

5. Diario di una schiappa I 9KINNEY 12,00 IL CASTORO

6. La prima indagine di Theodore Boone 8GRISHAM 18,00 MONDADORI

7. La banda del gatto 8STILTON 8,50 PIEMME

8. Terzo viaggio nel regno... 8STILTON 23,50 PIEMME

9. Principesse. GiocaKit 7- 12,90 WALT DISNEY ITALIA

10.Sesto viaggio nel regno... 7STILTON 23,50 PIEMME

1. Nessuno si salva da solo 93MAZZANTINI 19,00 MONDADORI

2. E disse 35DE LUCA 10,00 FELTRINELLI

3. Gran circo Taddei... 31CAMILLERI 14,00 SELLERIO

4. La leggenda del morto contento 27VITALI 18,60 GARZANTI

5. Un filo d’olio 24AGNELLO HORNBY 14,00 SELLERIO

6. Non chiedere perché 22DI MARE 18,00 RIZZOLI

7. Odore di chiuso 19MALVALDI 13,00 SELLERIO

8. Hotel Locarno 17ELKANN 14,90 BOMPIANI

9. Uncalcio in bocca fa miracoli 13PRESTA 16,50 EINAUDI

10.La briscola in cinque 13MALVALDI 10,00 SELLERIO

CHE LIBRO FA...IN RUSSIAGIOVANNA ZUCCONI

Il mercatorivuole

Baffone

1. Indignatevi! 100HESSEL 5,00 ADD EDITORE

2. Sanguisughe. Le pensioni scandalo 64GIORDANO 18,50 MONDADORI

3. Gesù di Nazareth II 62BENEDETTO XVI 20,00 LIBRERIA EDITRICE VATICANA

4. Vieni via con me 54SAVIANO 13,00 FELTRINELLI

5. Togliamo il disturbo 21MASTROCOLA 17,00 GUANDA

6. Odio gli indifferenti 21GRAMSCI 7,00 CHIARELETTERE

7. Il grande disegno 20HAWKING; MLODINOW 20,00 MONDADORI

8. Il denaro in testa 19ANDREOLI 17,50 RIZZOLI

9. La fine è il mio inizio 18TERZANI 22,00 LONGANESI

10.Indignarsi non basta 17INGRAO; BOCCIA; OLIVETTI 5,00 ALIBERTI

41

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

L’Ediessefondata

sul lavoro

Page 11: Tuttolibri n. 1763 (30-04-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 30/04/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: SILMIC - Ora di stampa: 29/04/11 20.37

ELIAS CANETTI

Massa e potereAdelphi, pp. 615, € 28

«Il potere esercitatoattraverso la massa,un risvolto, l’altra faccia,della folla giustizialistadi Girard»

f

RENÉ GIRARD

La violenza e il sacroAdelphi, pp. 456, € 26

Girard avverte che«la tendenza a cancellareil sacro prepara il ritornosurrettizio del sacro, nellaforma della violenza edel sapere della violenza»

f

f

LAURENCE STERNE

Viaggio sentimentaleGarzanti, pp. XXXVI-356, € 11

«Una suprema flânerie,come le passeggiate delCavalier Agnelli.Una salvifica riscopertadella libertà, passo dopopasso»

Lo scrittore (e dirigente) flâneur, poeta urbano,mentre torna il suo racconto sul fondatoredella Fiat, durante il biennio rosso a Torino

BRUNOQUARANTA

Lo si direbbe, Oddo-ne Camerana, un Bartlebysubalpino. Nel volto ampio,sabaudo, si distende l’uni-forme dello scrivano di Mel-ville: «Preferirei di no», rie-cheggiante un carattere in-digeno - il piemontese sem-pre fermo al no - che nonsfuggì al valdostano Natali-no Sapegno.

E’ un collezionista di «vi-te a riscatto», Camerana. Acominciare dalla propria.Fedele al copione toccato-gli in sorte, dinastico copio-ne - figlio di Gian Carlo Ca-merana, vicepresidente del-

la Fiat, a lungo sarà respon-sabile della Direzione Pub-blicità e Immagine dellaFiat Auto - eppure fanciulle-scamente altrove, lesto a in-cunearsi nella feritoia ver-so il dominio misterioso, co-me il Grande Meaulnes.

Nella galleria che que-sto poeta urbano ha via viaallestito, a risaltare è il fon-datore della Fiat, il senato-re Giovanni Agnelli, il Cava-liere ahinoi oggi inesisten-te: L’enigma del CavalierAgnelli, uscito da Serra eRiva nel 1985, ritorna orada Passigli. Oddone Came-rana, che ne è il pronipote,negli Anni Ottanta gli spa-lancò le porte della città, diTorino. Tra finzione e real-tà. Storica - biennio rosso -la chiusura della Fabbrica,immaginaria la vacanzache il solitario eroe del ca-pitalismo di gobettiana me-moria, «disoccupato», siconcesse passeggiando fralapidi e monumenti, corsid’acqua e viali, conventi ecampi volo.

Lei nasce nel ‘37, il Cavalie-re muore nel ‘45...

«Sì, l’ho incontrato. Dopo laprima comunione, gli feci vi-sita con mio fratello nella ca-sa di via Giacosa. Ci offrìuna scatoletta con due spaz-zole. Un regalo non religiosoe maschile».

Il Cavalier Agnelli nella To-rino di Gramsci e Gobetti.

«Figure per me non partico-larmente significative. Cer-to, per documentarmi, li holetti, dai gramsciani trafilettidi Sotto la Mole alla gobettia-na Visita alla Fiat. E così al-tre testimonianze sul primoNovecento. Pagine che rimu-ginavo passeggiando in cen-tro durante le pause prandia-li - lavoravo nei dintorni dicorso Matteotti -, a poco a po-co calandomi nel Senatore».

Tra la Fiat e la biblioteca...«Ho attraversato il Sessan-totto immergendomi, quan-do non ero in ufficio, nelleMemorie di Saint-Simon, set-te volumi della Pléiade, rigodopo rigo, o nei moralistifrancesi del Settecento. E’ illoro realismo ad attrarmi,inesorabili nell’identificarela pianta uomo, di ambigui-tà in spietatezza. Non di-menticando, fra le voci d’Ol-tralpe, Léautaud, sommodiarista pure lui».

C’è un Virgilio che l’hascortata nello scaffalefrancese?

«Arrigo Cajumi, ovvero I pen-sieri di un libertino, un impa-reggiabile manuale di letture,francesi e inglesi».

Cajumi, un critico «al vele-no». Non meno acuminato,il pittore-scrittore Italo Cre-mona, protagonista di unsuo romanzo, «I passatem-pi del Professore».

«La sua Coda della cometa èun egregio conte philosophi-que. Me lo presentò un suo al-lievo, il fotografo di caraturainternazionale Gianni Pena-

ti. Lo andavo a trovare il sa-bato pomeriggio, passandoviun’ora sulfurea. Mi capitò diessere accompagnato da Gui-do Ceronetti, un dubbio lo as-sillava: sposarsi o non spo-sarsi? Il Professore lo inco-raggiò: “Ma si sposi, si spo-si...Se uno dei coniugi muorein albergo, l’altro potrà met-tere in salvo le valigie...”».

Cremona, Ceronetti, gliscrittori torinesi e piemon-tesi che sente affini...

«Il Ceronetti che prediligo èl’umorista della lingua, comesi manifesta nelle ballate. Pa-vese mi interessa come diari-

sta e come studioso dei miti.Fenoglio è remoto...».

E Mario Soldati?«Ci si frequentava soprattut-to a Tellaro, che raggiungevoda Lerici. Nell’Enigma del Ca-valier Agnelli apprezzò i silen-zi, neanche un’automobile,unica eccezione la vetturache conduce il Senatore dovehanno inizio i diversi itinerariperipatetici».

Cremona e il casalese PieroRavasenga, citato nell’«Enigma», e il poeta-magi-strato Giovanni Camerana,evocato in «Contro la miavolontà». Non difettano

gli irregolari nel suo pan-theon...

«Ravasenga, a dire il vero, ilRavasenga di Le nevi di unavolta, non lo conoscevo, me losuggerì Mario Soldati. E Gio-vanni Camerana, un campio-ne di pessimismo, l’autore diOropee, morto suicida, era ilfratello di mio nonno».

Tra gli scrittori piemontesida lei innalzati (un saggiofresco di stampa), Silvio Pel-lico, «Le mie prigioni».

«Un’opera che ho accostatosulla scia di un intellettualemaiuscolo, René Girard. Nelclassico risorgimentale sfol-gora “la verità che brilla nel-le prigioni” (un frammentodi Il capro espiatorio). Qualeverità? Il fallimento della giu-stizia penale, ieri come oggiruotante intorno al bisognoprioritario, direi esclusivo,di punire».

René Girard...«Critico letterario e antropo-logo. Ci ha svelato la leggeuniversale del desiderio mi-metico. Desideriamo i desi-deri di coloro che ci“contagiano”. Tramite Gi-rard ho “rispolverato” nonpochi classici - Don Chisciot-te, per esempio, l’hidalgo chesi fa cavaliere errante imitan-do gli eroi dei romanzi caval-lereschi - e rischiarato il miostesso lavoro».

La Pubblicità. Cioè?«Rammenta lo slogan genialeconiato da Cagnasso per il lan-cio della A112, ad amplificarnela malìa una Catherine Deneu-

ve giovane? “Piace alla genteche piace”. Siamo nella sfera,nella dimensione, dei desiderisenza oggetto, il desiderio èinoculato da un’entità diversada noi, il desiderio copiato...».

L’auto. Torino. E la capitaleamericana delle quattroruo-te (Ford, Chrysler, GeneralMotors). «Fantasmi a De-troit» è il racconto che sug-gella la nuova edizione dell’«Enigma».

«Una visita che risale alla me-tà degli Anni Settanta. Medi-tando un rapporto del medicoCéline, il visionario del realeche fu. Nel 1925, su e giù lungogli stabilimenti Ford e Westin-ghouse, s’imbattè in ciechi,epilettici, paralitici. Il cicloproduttivo era sminuzzato alpunto che gli handicappati visi potevano adattare perfetta-mente, lievissimo lo sforzo ri-chiesto loro. Una rappresen-

tazione nitida, immediata, pla-stica della fabbrica qual è: unospedale».

Dal medico Céline al - tor-niamo a Torino - medicoLombroso, tra i protagoni-sti del suo libro «Contro lamia volontà», l’estremo Ot-tocento spalancato al posi-tivismo e all’occultismo...

«Di Céline a rifulgere è la lin-gua, grondante rabbia, colle-ra, un argot di speciale poten-za, a noi ignoto. Grande scrit-tore è anche Lombroso: se neleggano i profili criminali, so-no un’incisiva commedia uma-na. Il suo pensiero? Pur sba-gliando sostiene qualcosa diattualissimo. E’ inevitabilestabilire una liaison fra la cer-tezza che lo accompagnava,secondo cui il volto di un uo-mo è la mappa del suo caratte-re, e il Dna, custode di ogni no-stro segreto».

Le prigioni di Pellico; di làdelle sbarre, i futuri crani diLombroso; reclusi i perso-naggi che Lei, di romanzoin racconto, ha modellato...

«Vero. Il Cavalier Agnelli è undetenuto del lavoro in liberauscita. Il Professor Onorati-Cremona è recluso per motivi

di salute. Emma Frassati, so-rella di Alfredo Frassati, inContro la mia volontà è ostag-gio del fidanzato. I Pattume-ros del Centenario (i reduci diuna fabbrica smantellata, indisuso) sono imbrigliati nel co-dice del passato, la malattia,la febbre, il virus, la convulsio-ne che è (riecco la fabbricaospedale). Le “vite a riscatto”subiscono - scontano - i model-li del capitalismo familiare.Forse non è un caso che tra imiei autori vi sia l’Hawthornedi La lettera scarlatta, un mon-do soffocato, soffocante, per-secutorio».Oddone Camerana apre I pen-sieri di un libertino, magari al-la pagina dove riluce «il super-bo motto» (vi si rispecchiavaCajumi) di Walter SavaneLandor che potrebbe essere ilsuo: «I claim non place in theworld of letters. I am alone,and will be alone, as long as Ilive, and after!». Solitario te-stimone «laico», sottobraccioal solitario Cavalier Agnelli...

I PREFERITI

«Mi sono remotiGramsci, Gobetti,Fenoglio, preferiscoi classici rilettisulla scia di Girard»

Tra

indu

stri

ae

lett

erat

ura

«Attraversai il ’68leggendo le Memoriedel duca alla cortedi Luigi XIVe i moralisti del ’700»

“A passeggiocon Agnellie Saint-Simon”

«Cesare Lombroso,un grande scrittore:i suoi profili criminalisono un’incisivacommedia umana»

«Dopo la primacomunione fecivisita al Cavaliere:mi donò una scatolacon due spazzole»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 30 APRILE 2011

LA STAMPA XI

La vita. Oddone Camerana è nato a Torino nel 1937. Si è laureato inGiurisprudenza nel 1962. Nel 1976 ha assunto la responsabilità della Direzione

Pubblicità e Immagine della Fiat Auto e della gestione pubblicitaria dei marchiFiat, Alfa, Lancia e Veicoli Commerciali.

Le opere. Torna da Passigli «L’enigma del Cavalier Agnelli» (pp. 86, € 13,50).Per lo stesso editore: «L’imitazione di Carl» e «Racconti profani». Da Einaudi:

«I passatempi del Professore» e «Contro la mia volontà». Da Baldini e Castoldi:«Il centenario». Da Lindau: «Vite a riscatto». Per Rizzoli: «La notte dell’Arciduca»

Oddone Camerana