tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

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I piaceri dei sensi nei Mari del Sud Viaggi meravigliosi / 6 Navigando verso gli arcipelaghi della Polinesia con Stevenson, Gauguin e Melville, per scoprire un Eden immune dal peccato, dove la bellezza della Natura ancora non ha conosciuto la ferocia della Storia EMANUELE TREVI A guardarli sulle pa- gine di un atlante o fotogra- fati da un satellite, gli arci- pelaghi dei Mari del Sud fan- no pensare ai disegni delle costellazioni. E i primi navi- gatori che, lasciatisi alle spalle Capo Horn, si avven- turavano nell'insondabile va- stità del Pacifico, non sono forse stati gli uomini reali più simili, per coraggio e amore dell'ignoto, ai cosmo- nauti dei romanzi di fanta- scienza? Mesi di navigazio- ne su rotte mai tentate d'im- provviso conducevano le na- vi in vista di un lembo di ter- ra emersa, minuscolo fram- mento di immani attività vul- caniche che avevano agitato lanottedeitempi. All'apparire di un'isola, anche la prosa così razionale e sorvegliata dei diari del ca- pitano Cook sembra cedere al brivido di un'emozione in- definibile, ben più profonda dell'orgoglio connesso ad ogni scoperta geografica. E' la scoperta di una bellezza originaria, senza termini di confronto, capace di imporsi nella sua assolutezza come una specie di gioiosa alluci- nazione. Sorge spontanea, nelle menti di quegli europei educate dalla Bibbia, l'idea dell'Eden. E per molti aspet- ti, anche la vita degli indige- ni, così aggraziati e indolen- ti, sembra immune dagli ef- fetti del peccato di Adamo. Ma il carattere dei polinesia- ni sfida le categorie razionali dell'uomo bianco. Mitezza e ferocia si alter- nano in maniera repentina e imprevedibile. Molto prima degli antropologi e degli sto- rici delle religioni, già i pri- mi esploratori si rendono perfettamente conto che tut- ti gli aspetti della cultura in- digena ruotano attorno al concetto di tabù. Ma i tabù sono innumerevoli, e spesso sembrano in contraddizione tra loro. In ogni caso, ci si trova davanti a un sistema di credenze non meno intri- cato di una foresta tropicale. E come ogni cultura nativa, anche quella polinesiana, dal momento del contatto con l'uomo bianco, procede lungo un fatale conto alla ro- vescia. Gli effetti del coloniali- smo sono gli stessi in ogni angolo del mondo, e non fan- no eccezione per i paradisi dei Mari del Sud: miseria e sfruttamento mascherati da evangelizzazione, nuove e micidiali malattie, estinzio- ne irreversibile di sapienze millenarie. In questa triste storia, brillano le eccezioni di alcuni grandi solitari, spiriti eccelsi che seppero trasformare la loro vita in una specie di uto- pia concreta, trovando in Po- linesia l'ultima patria possibi- le. Robert Louis Stevenson e Paul Gauguin, questi due su- blimi poeti della lontananza e dell'alterità, coronarono nei Mari del Sud carriere già affermate prima di partire. Alle stesse latitudini, qual- che decennio prima di loro, un altro gigante doveva inve- ce scoprire le prime sfide de- gne del suo talento artistico. All'inizio del 1846 apparve a New York un libro intitolato Typee, che nel sottotitolo pro- metteva un «colpo d'occhio» sulla vita polinesiana. L'auto- re, al suo esordio, aveva tren- tasette anni, e si chiamava Herman Melville. Nessuno avrebbe potuto mai intuire, nella prosa svelta ed avvin- cente di questo libro (e in quella del suo seguito, Omoo, stampato l'anno dopo) gli abissi di apocalittica saggez- za e le barocche convulsioni stilistiche dell'ormai immi- nente Moby Dick. Ma, a diffe- renza dell'ignorato capolavo- ro, Typee fu un (meritato) successo. Non si tratta propriamente di un romanzo, ma di quella che, nel gergo della critica odierna, si definirebbe un'auto- fiction. Ed è proprio il grado di veridicità delle incredibili av- venture raccontate che incu- riosì e mise in sospetto i primi lettoridellibro. I fatti si erano svolti po- chi anni prima. Melville era imbarcato da molti mesi su una baleniera ai comandi di un capitano meschino e bru- tale, una specie di Achab in sedicesimo, capace di rende- re insopportabile la vita di bordo ai suoi marinai. La caccia alle balene si rivela, inoltre, del tutto infruttuo- sa. Per fortuna, la mancan- za di viveri obbliga la nave a fare rotta su Nuku Hivi, l'isola principale dell'arcipe- lago delle Marchesi. Sono proprio i mesi in cui il gover- no francese, alternando in- trighi e violenze, inizia a im- possessarsi di questo splen- dido e remoto angolo del mondo. Ma al narratore e al suo compagno Toby, giunti al limi- te della sopportazione uma- na, interessa solo non perde- re la preziosa occasione di fi- larsela dalla baleniera. L'isola è abbastanza grande per na- scondersi da qualche parte, in attesa di occasioni migliori. Tanto è insopportabile ai due marinai la vita sulla balenie- ra, che non li preoccupa nem- meno la fama di cannibali de- A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ DONNA ELVIRA SAPEVA ASPETTARE Continuaapag.II 1996:almomentopochi sisonoaccortidiVigàta, illuogopiùinventatoe piùautenticodi Camilleri.Peròquel marechesciabordasotto laterrazzadi Montalbanoèentratoda temponell’orizzontedi ElviraSellerio.Stampa «Laformadell’acqua»,è quasiunattodifede.Il successostaper esploderemaancora, comegiàeraaccaduto con«Unfilodifumo» (flopdaGarzanti),i riscontrisonomodesti. «Comunqueiononmollo -diceinuna indimenticabile telefonataTorino- Palermo-sonoprontaad aspettare...».Nessun tonodisfida,invece l’allegriadichipuntasu unaroulettemoltoben meditata.Lagrande forzadiDonnaElviraè, dasempre,saperleggere oltrelerighe,nel profondodeisuoi interlocutori.Cosìè accaduto,primaedopo Camilleri,nellascoperta diBufalinoeTabucchi comediLucarelli,di MontalbanediAtzeni, dadeAngelisa Carofiglio.Maria Messina(forsel’unica attesainpartemancata). EPariani,Morino,il sodalizioconSofri, GrossicomeRecami,la riscopertadiTrollopee Bianciotti,Fusco ritrovato,Dovlatovela Doody,lospericolato lanciodiBolaño...Tutti nella«Memoria»,la collanabluper eccellenza,inventatacon Sciascia.La«memoria» viva,indimenticabiledi donnaElvira.Che continuerà. TUTTOLIBRI LA STAMPA tutto LIBRI NUMERO 1726 ANNO XXXIV SABATO 7 AGOSTO 2010 ANNIVERSARIO La religione di Del Noce Il filosofo a 100 anni dalla nascita VATTIMO P. IV DIARIO DI LETTURA La leggerezza del gossip Roberto D’Agostino dai Beat a Flaiano SERRI P. VIII MIRELLA APPIOTTI Per leggere IromanzidiMelville«Typee»e«Omoo»sonoraccoltiinunvolumeMursiadel1986,acuradiRuggeroBianchi,nelletraduzionidi LuigiBertieAlessandroMonti.I«Raccontideimaridelsud»diStevensonsonoeditidaPassigli.Quisopra,«Lapiroga»diGauguin,1896 Leincredibili avventure didue balenieri narrate in«Typeee»dall’autore di «Moby Dick»: il sogno di eterna felicità p L ’incontro con una tribù che non conosce noia néangoscia, indenne da violenza e corruzione dell’uomobianco RITRATTO A scuola con Caproni Il poeta che faceva il maestro RAFFAELI P. II GIALLI Il pioniere De Angelis Con il commissario De Vincenzi PENT P. VI I R

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Page 1: Tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 07/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 06/08/10 20.46

I piaceri dei sensinei Mari del Sud

Viaggi meravigliosi / 6 Navigando verso gli arcipelaghi della Polinesiacon Stevenson, Gauguin e Melville, per scoprire un Eden immune dal peccato,dove la bellezza della Natura ancora non ha conosciuto la ferocia della Storia

EMANUELETREVI

A guardarli sulle pa-gine di un atlante o fotogra-fati da un satellite, gli arci-pelaghi dei Mari del Sud fan-no pensare ai disegni dellecostellazioni. E i primi navi-gatori che, lasciatisi allespalle Capo Horn, si avven-turavano nell'insondabile va-stità del Pacifico, non sonoforse stati gli uomini realipiù simili, per coraggio eamore dell'ignoto, ai cosmo-nauti dei romanzi di fanta-scienza? Mesi di navigazio-ne su rotte mai tentate d'im-provviso conducevano le na-vi in vista di un lembo di ter-ra emersa, minuscolo fram-mento di immani attività vul-caniche che avevano agitatola notte dei tempi.

All'apparire di un'isola,anche la prosa così razionalee sorvegliata dei diari del ca-pitano Cook sembra cedereal brivido di un'emozione in-definibile, ben più profondadell'orgoglio connesso ad

ogni scoperta geografica. E'la scoperta di una bellezzaoriginaria, senza termini diconfronto, capace di imporsinella sua assolutezza comeuna specie di gioiosa alluci-nazione. Sorge spontanea,nelle menti di quegli europeieducate dalla Bibbia, l'ideadell'Eden. E per molti aspet-ti, anche la vita degli indige-ni, così aggraziati e indolen-ti, sembra immune dagli ef-fetti del peccato di Adamo.Ma il carattere dei polinesia-ni sfida le categorie razionalidell'uomo bianco.

Mitezza e ferocia si alter-nano in maniera repentina eimprevedibile. Molto primadegli antropologi e degli sto-rici delle religioni, già i pri-mi esploratori si rendonoperfettamente conto che tut-ti gli aspetti della cultura in-digena ruotano attorno alconcetto di tabù. Ma i tabùsono innumerevoli, e spessosembrano in contraddizionetra loro. In ogni caso, ci sitrova davanti a un sistemadi credenze non meno intri-cato di una foresta tropicale.E come ogni cultura nativa,anche quella polinesiana,dal momento del contattocon l'uomo bianco, procedelungo un fatale conto alla ro-vescia.

Gli effetti del coloniali-smo sono gli stessi in ogniangolo del mondo, e non fan-no eccezione per i paradisi

dei Mari del Sud: miseria esfruttamento mascherati daevangelizzazione, nuove emicidiali malattie, estinzio-ne irreversibile di sapienzemillenarie.

In questa triste storia,brillano le eccezioni di alcunigrandi solitari, spiriti eccelsiche seppero trasformare laloro vita in una specie di uto-pia concreta, trovando in Po-linesia l'ultima patria possibi-le. Robert Louis Stevenson ePaul Gauguin, questi due su-blimi poeti della lontananzae dell'alterità, coronarononei Mari del Sud carriere giàaffermate prima di partire.Alle stesse latitudini, qual-che decennio prima di loro,un altro gigante doveva inve-ce scoprire le prime sfide de-gne del suo talento artistico.All'inizio del 1846 apparve a

New York un libro intitolatoTypee, che nel sottotitolo pro-metteva un «colpo d'occhio»sulla vita polinesiana. L'auto-re, al suo esordio, aveva tren-tasette anni, e si chiamavaHerman Melville. Nessunoavrebbe potuto mai intuire,nella prosa svelta ed avvin-cente di questo libro (e inquella del suo seguito, Omoo,

stampato l'anno dopo) gliabissi di apocalittica saggez-za e le barocche convulsionistilistiche dell'ormai immi-nente Moby Dick. Ma, a diffe-

renza dell'ignorato capolavo-ro, Typee fu un (meritato)successo.

Non si tratta propriamentedi un romanzo, ma di quellache, nel gergo della criticaodierna, si definirebbe un'auto-fiction. Ed è proprio il grado diveridicità delle incredibili av-venture raccontate che incu-riosì e mise in sospetto i primilettori del libro.

I fatti si erano svolti po-chi anni prima. Melville eraimbarcato da molti mesi suuna baleniera ai comandi diun capitano meschino e bru-tale, una specie di Achab insedicesimo, capace di rende-re insopportabile la vita dibordo ai suoi marinai. Lacaccia alle balene si rivela,inoltre, del tutto infruttuo-sa. Per fortuna, la mancan-za di viveri obbliga la nave a

fare rotta su Nuku Hivi,l'isola principale dell'arcipe-lago delle Marchesi. Sonoproprio i mesi in cui il gover-no francese, alternando in-trighi e violenze, inizia a im-possessarsi di questo splen-dido e remoto angolo delmondo.

Ma al narratore e al suocompagno Toby, giunti al limi-te della sopportazione uma-na, interessa solo non perde-re la preziosa occasione di fi-larsela dalla baleniera. L'isolaè abbastanza grande per na-scondersi da qualche parte,in attesa di occasioni migliori.Tanto è insopportabile ai duemarinai la vita sulla balenie-ra, che non li preoccupa nem-meno la fama di cannibali de-

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

DONNA ELVIRASAPEVA

ASPETTARE

Continua a pag. II

1996: al momento pochisi sono accorti di Vigàta,

il luogo più inventato epiù autentico di

Camilleri. Però quelmare che sciaborda sotto

la terrazza diMontalbano è entrato da

tempo nell’orizzonte diElvira Sellerio. Stampa

«La forma dell’acqua», èquasi un atto di fede. Il

successo sta peresplodere ma ancora,

come già era accadutocon «Un filo di fumo»

(flop da Garzanti), iriscontri sono modesti.

«Comunque io non mollo- dice in una

indimenticabiletelefonata Torino -

Palermo - sono pronta adaspettare...». Nessun

tono di sfida, invecel’allegria di chi punta su

una roulette molto benmeditata. La grande

forza di Donna Elvira è,da sempre, saper leggere

oltre le righe,nelprofondo dei suoi

interlocutori. Così èaccaduto, prima e dopo

Camilleri, nella scopertadi Bufalino e Tabucchi

come di Lucarelli, diMontalban e di Atzeni,

da de Angelis aCarofiglio. Maria

Messina (forse l’unicaattesa in parte mancata).

E Pariani, Morino, ilsodalizio con Sofri,

Grossi come Recami, lariscoperta di Trollope e

Bianciotti, Fuscoritrovato, Dovlatov e la

Doody, lo spericolatolancio di Bolaño... Tutti

nella «Memoria», lacollana blu per

eccellenza, inventata conSciascia. La «memoria»viva, indimenticabile di

donna Elvira.Checontinuerà.

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

tuttoLIBRINUMERO 1726ANNO XXXIVSABATO 7 AGOSTO 2010

ANNIVERSARIO

La religionedi Del NoceIl filosofo a 100anni dalla nascitaVATTIMO P. IV

DIARIO DI LETTURA

La leggerezzadel gossipRoberto D’Agostinodai Beat a FlaianoSERRI P. VIII

MIRELLA APPIOTTI

Per leggere I romanzi di Melville «Typee» e «Omoo» sono raccolti in un volume Mursia del 1986, a cura di Ruggero Bianchi, nelle traduzioni diLuigi Berti e Alessandro Monti. I «Racconti dei mari del sud» di Stevenson sono editi da Passigli. Qui sopra, «La piroga» di Gauguin, 1896

Le incredibili avventuredi due balenieri narratein «Typeee» dall’autoredi «Moby Dick»: il sognodi eterna felicità

p

L’incontro con una tribùche non conosce noiané angoscia, indenneda violenza e corruzionedell’uomo bianco

RITRATTO

A scuolacon CaproniIl poeta chefaceva il maestroRAFFAELI P. II

GIALLI

Il pioniereDe AngelisCon il commissarioDe VincenziPENT P. VI

I R

Page 2: Tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 07/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 06/08/10 19.39

Se si prova nostalgia per igrandi romanzi dell'Ot-tocento con protagonisti

bambini, da quelli di Dickens oStevenson ai romanzi d'avven-tura americani, ma si è ancheabituati ai ritmi serrati e scat-tanti delle narrazioni dei nostritempi, Il buon ladro di Han-nah Tinti (trad. di V. Raimon-di, Einaudi, pp. 362, € 16) è unlibro ideale. Tutti gli elementidel romanzo popolare sull'in-fanzia sono chiamati a raccol-ta in questa storia imbastitacon grande sapienza narrati-va: l'orfanezza, la ricerca delleradici, lo sfruttamento, l'incon-tro con il diverso, la devianza,il viaggio; e tutti i luoghi topicidi ogni crescita romanzata ven-gono attraversati: l'orfanotro-

fio, il cimitero, la strada, la lo-canda, la città fantasma, perfi-no - dopo Dickens - la fabbrica.Se pure non navigato, anche ilmare è continuamente evocatodai racconti mirabolanti deiviaggiatori, dei fuggiaschi, de-gli individui marginali, prota-gonisti, insieme ad un bambi-no, di questa storia americanad'altri tempi.

Il piccolo Ren è stato abban-donato e spera, come tutti icompagni lasciati sulla ruotadel Saint Anthony, che qualcu-no venga a portarlo via da lì.Ma pare impossibile sperareche un potenziale genitore pos-sa scegliere proprio lui, conquella sua disturbante meno-mazione. Invece un giorno pas-sa un misterioso e affascinantegiovane che chiede di poter por-tare con sé Ren, riconosciuto co-me proprio fratello. La storiache l'uomo racconta ai padridell'orfanotrofio per convincer-li di essere parente del bambino- la storia della sua famiglia,tanto agognata da Ren che nonsa nulla delle proprie origini - èstraordinaria.

Ren sarà consegnato all'uo-mo, che lo coinvolgerà nella pro-pria vita rischiosa e asociale, escoprirà presto che il raccontograzie a cui è stato requisitonon era che un'invenzione. Par-te da esso, però, la possibilitàmeravigliosa, percorsa in tuttala trama, di rinarrare il mondoe l'esistenza in modi inediti e af-fascinanti, di vivere sospesi trarealtà e leggenda, di cercarsi ocrearsi, attraverso l'abilità nar-rativa, un'identità ogni volta

nuova e diversa, una storia sumisura, capace di togliere daiguai.

Insieme a Benjamin, il la-dro buono, che seduce tutti coisuoi avvincenti racconti, Renscopre il mondo oltre le muradel convento, il mondo sorpren-dente e adrenalinico di chi vivedi espedienti ed è costretto areinventarsi per non essere rico-nosciuto, arrestato o ucciso, inmodi più meno ortodossi, il con-testo essendo quello di una so-cietà in cui comandano i piùforti e ognuno cerca di farsi giu-stizia da sé.

In questo mondo, in cui so-pravvivere richiede astuzia, co-raggio e fantasia, Ren farà ipiù sorprendenti incontri, di-venterà amico di nani e di gi-ganti, di zitelle svitate che, poi-ché cucinano ottimi pasti e ten-gono le case in ordine, potrebbe-ro essere madri perfette. Il tut-to sempre guardato, narrato ein parte deformato dal suo pun-to di vista di bambino insiemesveglio, ben educato, bisognosodi affetto e pronto a tutto, per-ché non vuole deludere le perso-ne che si trova accanto.

La trama presenta fin dall'inizio continui soprassalti, sisusseguono illusioni e tradi-menti che segnano il passaggiodi Ren da esserino affidato alcaso a ragazzino che prova adare una direzione alla sua vi-ta, assumendosi responsabili-tà, e soprattutto dimostrandodi aver fatto proprio il migliorinsegnamento possibile che ilbuon ladro - non un fratello,ma qualcosa per lui di moltopiù profondo - gli ha lasciato ineredità: la capacità di raccon-tare storie che, in caso di estre-mo pericolo, come per Sheraza-de, possono salvar la vita.

Come i grandi romanzi po-polari d'altri tempi Il buon la-dro, ambientato nell'Americadell'Ottocento - quella degli ul-timi, dei diseredati, dei malvi-venti, dei piccoli - è l'affresco diun'epoca. Un'epoca anarchica,spietata, violenta, ma ricca diun'umanità così interessante evaria che ogni personaggiosembra poter stare insieme almondo e al circo, per come vie-ne rappresentato da una vocenarrante che tutto vede aderen-do all'ottica del protagonistabambino. Un libro perfetto perlo scaffale dei ragazzi, proprioin virtù di questo eccezionalesguardo. E per tanti aspetti mi-gliore di molti romanzi scrittiapposta per ragazzi, spesso mo-raleggianti: qui a vincere è lapotenza incontrollabile del nar-rare, con le sue urgenze, il biso-gno di rendere, più di ogni al-tra cosa, la trama avvincente.

RUGGEROBIANCHI

Si tratti di un lindo col-lege del New Hampshire o diuna fatiscente public school diHarlem, la scuola rischia soven-te di porsi come lo spazio di unconflitto generazionale, etico epolitico prima ancora che socio-culturale, al cui interno le spe-ranze e le utopie degli allievitendono a scontrarsi con le cer-tezze e le ideologie degli inse-gnanti: un'occulta lotta di pote-re tra l'ansia di crescita e dicambiamento dei giovani e lavocazione conservatrice e disci-plinatrice degli adulti, tra la ri-vendicazione degli uni a sce-gliersi il futuro e l'ostinazionedegli altri a imporre il propriopassato.

E' questo il robusto filo ros-so che collega Precious di Sap-phire (pseudonimo di RamonaLofton) e Pace separata di JohnKnowles, usciti entrambi annifa negli Stati Uniti (il primo nel1996, il secondo addirittura nel1959), che la profonda crisi in at-to nella nostra contemporanei-tà rende dolorosamente attua-li. Due lavori diversissimi tra lo-ro ma ciascuno a suo modoesemplare che, narrati in pri-ma persona, si muovono tral'educazione sentimentale e laconfessione, tra il romanzo diformazione (ne discute Masoli-no d'Amico in una pensosa po-stfazione al Knowles) e la narra-tiva di denuncia.

Il fatto è - per dirla con Fin-ny, carismatico e sfortunatoamico del cuore di Gene, l'ionarrante di Pace Separata - cheagli anziani esponenti dell'esta-blishment proprio non vannogiù le «rivoluzioni» dei giovani:«i predicatori, le vecchie signo-re e tutti quei palloni gonfiati»hanno spazzato via i favolosi eribelli Anni Ruggenti inventan-do dapprima il Proibizionismo,poi la Grande Depressione e in-fine la Guerra Mondiale. Dasempre, i sogni della giovinezzasono le grandi vittime della vec-

chiaia del mondo.La guerra (quella degli eserci-

ti, delle armi) è insomma, se nonproprio un machiavellico eserci-zio metaforico, una sorta di alibicinico o di crudele diversivo: un'operazione di facciata volta a oc-cultare abusi e soprusi legittima-

ti dalla routine quotidiana, chetroppe volte la scuola come istitu-zione giustifica o fa propri, edu-cando alla passività e alla sotto-missione tramite i regolamenti ela disciplina.

Al Devon College, una sortadi Eton d'Oltreoceano dove tra il

1942 e il 1943 crescono e matura-no i protagonisti di Pace separata,il secondo conflitto mondiale ha ilsapore di una favola lontana e ir-reale, cui quasi per gioco ci si pre-para attraverso inediti esercizi fi-sici, proposti tuttavia agli allievicome esaltanti cimenti e lealicompetizioni agonistiche, miran-ti magari a selezionare gli atletimigliori in vista delle ormai im-proponibili Olimpiadi del 1944.Una strategia nemmeno troppopianificata e consapevole, messain atto dai docenti come praticalogica e naturale, volta a svilup-pare tra gli studenti un sano anta-gonismo e il desiderio di primeg-giare, fino a esasperarsi in tensio-ni micidiali e a sfociare nella ten-tazione del delitto, negli abissidella follia e nella morte stessa.

La segreta Società dei Super-suicidi fondata da Gene e Finnycome goliardica espressione di

un'esplosiva voglia di vivere, allamaniera di L'attimo fuggente, si ri-vela così nel romanzo un fosco esinistro presagio.

In Precious la crudezza e laviolenza del contesto sono decisa-mente più esplicite e polemiche.La protagonista, una ragazzonanera obesa e complessata, analfa-beta e incinta, viene allontanatada una scuola pubblica di Har-lem perché ritenuta ottusa e co-munque non disposta ad appren-dere, sgridata e punita perché,quando risponde agli insegnanti,parla come le hanno insegnato incasa. Poco importa che sua ma-dre sia una fannullona amantedel turpiloquio e delle botte, chele ruba i soldi dell'Assistenza So-ciale e che l'ha lasciata stupraredal padre quando aveva soltantosei anni, usandola a propria voltaper sfogare i suoi pruriti erotici.E ancor meno che il genitore l'ab-bia ingravidata due volte, la pri-ma quand'era appena dodicen-ne, regalandole un figlio Down el'Hiv. Ciò che conta è la buonacondotta e il rendimento scolasti-co.

Nel romanzo di Sapphire, sa-rà Precious a volersi riscattareda sola e a riuscirci. A non con-sentire - come Finny e Gene inPace separata ma con maggiorrabbia e cocciutaggine - che il

mondo nel quale è costretta vive-re, in famiglia come a scuola, leimponga le sue leggi spietate eineludibili. Per fortuna, anche neighetti più verminosi esistono, seaccade di trovarle, scuole alter-native e maestre disposte a dan-narsi l'anima per il bene dei ra-gazzi; sicché il diario di Precious,iniziato tra sgrammaticatured'ogni genere e criptici frammen-

ti stenografici, può chiudersi sufrasi grezze ancora ma docili edolci, pregne di un pittoresco econsolante lirismo metropolita-no.

Nelle pagine finali di Preciousvi è dunque maggior speranzache in quelle di Pace separata. Mase, a distanza di quindici anni, Ge-ne potrà rivisitare il suo college etracciare un bilancio di quantoesso gli ha dato e gli ha tolto, Pre-cious può soltanto prender attodella sua trasformazione da cri-salide in farfalla e sperare chenon si tratti di un'effimera meta-morfosi.

gli abitanti dell'isola, e inparticolare della tribù deiTypee, asserragliati in unavalle solitaria protetta daaguzzi picchi vulcanici. E'proprio in mano ai Typeeche i due disertori finisconoal termine di un'estenuantee rischiosa marcia a tappeforzate.

Ed è così che a Melvillesi offre l'occasione di unastraordinaria avventura co-noscitiva, nel quotidianocontatto con la vita di unatribù ancora del tutto in-denne dalla violenza e dal-la corruzione dell'uomobianco. Sparito rapidamen-te di scena il compagnoToby, il narratore rimanesolo, in una condizione didorata prigionia, immersonell'inconcepibile dolcezzadi una vita che, se non man-

ca di alcuni elementi di fero-cia, scorre essenzialmentenel piacere dei sensi, nellatranquillità, nell'accordo to-tale con lo spazio naturale ele sue risorse.

Com'è evidente, una vol-ta tornato a casa Melville in-tegrò molte sue osservazio-ni con la lettura dei resocon-ti di geografi e viaggiatori.Per conferire alla sua antro-pologia premesse più credi-bili, dilatò ad oltre quattromesi le poche settimane dieffettiva permanenza nellavalle dei Typee. Ma questilegittimi «trucchi del me-stiere» nulla tolgono alla fre-schezza e alla vivacità delsuo sguardo.

Figlio di una cultura puri-tana, nella quale l'esistenza èconcepita come un duro com-puto di colpe e doveri, lo

scrittore è affascinato, primadi tutto, dalla possibilità ditrascorrere una vita felicesenza lavorare. I frutti dell'al-bero del pane e del cocco so-no la base di un sostentamen-to elargito spontaneamentedalla natura, alla portata di

tutti. Ed anche quando iTypee si dedicano ad attivitàpiù complesse, come la pe-sca, la costruzione di edificisacri, la guerra con tribù con-finanti, hanno sempre l'ariadi partecipare a un gioco, piùche assolvere a un dovere.

«L'angoscia, i dolori, la noia -osserva Melville in un empitodi adesione -, sembravano co-se sconosciute ai Typee. Leore saltellavano via gaie co-me ridenti coppie di una dan-za campestre».

Verrà il momento dellafuga. Anche se capace diamarlo e di comprenderlo,lo scrittore sa che quel para-diso non gli appartiene, eanela, nuovo Ulisse america-no, alla sua vita, alla suagente. Ma una volta tornatoa casa, potrà consegnarci,grazie a una prosa di stupe-facente nitidità e leggerez-za, l'immagine di una felici-tà tanto più struggentequanto più è appartenuta aquesto mondo, non è statasolo l'ennesima illusione diun mistico o di un poeta vi-sionario.

MASSIMORAFFAELI

I lettori di Giorgio Ca-proni (Livorno 1912 - Roma1990) hanno a lungo ignoratoche uno dei massimi poeti delsecolo scorso fosse nella vitaun maestro elementare.

Nel suo universo di presen-ze domestiche, nelle allegoriedi persone comuni che nonpossono neanche permettersiun destino (da Il passaggio diEnea, 1956, al Congedo del viag-giatore cerimonioso, 1965, finoa Il muro della terra, 1975, l'ope-ra che lo consacrò) in effetti lascuola non compare mai. Eranoto che Caproni fosse un vio-linista dilettante, così comeMontale un baritono fallito, sipoteva persino intuire qualco-sa nell'amore per i versi brevie aguzzi, spesso sciorinati in fi-lastrocche sapienziali, ma delsuo vero lavoro si venne a sa-pere soltanto per un tardivocoming out quando Caproniera Caproni e cioè, pratica-mente, già un maestro in pen-sione.

Non un una sinecura, lasua, ma una normalissima car-riera lunga quasi quarant'an-ni, dalla scuoletta alpestre diLoco di Rovegno, '35, in ValTrebbia (dove conosce Rina,sua moglie/musa e complice

al tempo della Resistenza) adArenzano, dalle aule dirocca-te di Trastevere, dopo il trasfe-rimento a Roma nell'immedia-to dopoguerra, alla scuola ele-mentare «F. Crispi» di Monte-verde Vecchio, vicinissima acasa sua, dove insegna ininter-rottamente dal '51 al '73.

Oggi ne ricostruiscono ildecorso due storici dell'istitu-zione scolastica, Marcella Ba-cigalupi e Piero Fossati, inGiorgio Caproni maestro, un vo-lume forse un poco prolisso (emanchevole sia di una tavola

bibliografica sia di un indice deinomi) ma apprezzabile per l'in-gente documentazione, arric-chita da testimonianze di ex al-lievi e da una densa prefazionedi Luigi Surdich.

Com'era, dunque, il maestroCaproni? Certo non un inse-gnante ligio alla burocrazia mi-nisteriale ma nemmeno un uto-pista rivoluzionario: iscritto alPsi, firmatario sul Politecnicovittoriniano di un'inchiesta che

denunciava l'abbandono scola-stico nelle borgate di Roma, tut-tavia rimase estraneo al conten-zioso pedagogico del '68, lonta-no da un don Milani, per inten-dersi, quanto da un Mario Lodio Gianni Rodari, che pure scri-veva sul suo stesso settimanale,Vie Nuove. Semmai, Caproniera un uomo disponibile a met-tersi costantemente in giococon i piccoli allievi, un Socrateche inventava ogni giorno la le-

zione, capace in quegli anniproibitivi di portare in aula iltrenino Rivarossi per indurli astudiare geografia e storia.

Grande affabulatore, vero eproprio sciamano nei confrontidei ragazzi più difficili, li conqui-sta e li ammansisce con la voceroca e profonda (né gli scolaripossono sospettare che, percontrappasso della pedagogia,Pier Paolo Pasolini un giorno lovorrà nel doppiaggio del suo

film più buio e disperato, Salò).Non trascura la matematica

né le discipline scientifiche ma,dalla precisa compilazione deiregistri, risulta che il lavoro siconcentra su lettura e scrittu-ra; qui, utilizza il cosiddetto sus-sidiario con gli autori risaputi(De Amicis, Ada Negri, A. S. No-varo) e però integra di tascasua la spoglia biblioteca di clas-se con gli amati Salgari, Molnare Giulio Verne. Predilige Pasco-li e il buon vecchio Carducci, èmolto cauto con i contempora-nei e infatti non si spinge oltreLa madre di Ungaretti o qualco-sa dei suoi amici Carlo Betocchie Mario Luzi.

Gli alunni non devono sape-re che è a sua volta un poeta:quando lo vedono parlare in tv,nel solenne bianco e nero di allo-ra, ne sono ammirati, addirittu-ra sbigottiti, ma lui taglia cortodicendo che non è una cosa se-ria, anzi che «è soltanto lettera-tura...».

Alla campanella di mezzo-giorno il maestro peraltro spari-sce e va al calvario quotidianodei secondi e dei terzi lavori(bozze, traduzioni, recensioni,

pareri editoriali) con cui arro-tonda il ben magro stipendio: lesue poesie è costretto a scriver-le, evidentemente, in regime didoppia clandestinità.

Con il tempo, l'entusiasmo siviene affievolendo ma non il le-game coi ragazzi, né la passionedi prenderli per mano e guidar-li. Se colleghi anche illustri cede-ranno presto al disincanto (vediLeonardo Sciascia, Le parroc-chie di Regalpetra, 1956) o a undrammatico rancore (vedi Lu-cio Mastronardi, Il maestro diVigevano, 1962), fino all'ultimo ilmaestro Giorgio Caproni conti-nuerà a sentire i propri allievicome un bene intangibile, comeuna chance non sempre merita-ta. Ce ne fossero.

Caproni in aulacome un Socrate

EMANUELE TREVI

Tra i banchinon c’è spazioper i ribelli

«Precious» di Sapphire,disgrazia e riscatto adHarlem di una giovanenera, obesa e analfabeta,stuprata dal padre

In «Pace separata»di John Knowlesun college Anni 40educa a primeggiare,fino all’esasperazione

GIOVANI LETTORI CRESCONOGIORGIA GRILLI

Beato l’orfano chetrova un fratello

«Il buon ladro» di Hannah Tintinell’America ’800 dei diseredati

Viaggio nei mari del Sud

CIBOPER RAGAZZI, TRA RICETTE E FAVOLE

Storie molto appetitose= Dieta mediterranea: non solo antidoto all'obesità e al

sovrappeso di un terzo degli otto-dodicenni, ma anche«risorsa ideale per realizzare l'integrazione a scuola». Alministero della Salute, che ha appena varato il decalogodella ristorazione scolastica, magari han letto Sapore

italiano (Zoolibri, pp. 80, € 16), dove Valérie Losa narra inpunta di penna «piccole storie di pranzi domenicali» farcitedi sapori pugliesi «mai più ritrovati in Svizzera, dove glignocchi sembrano fatti di carta» e le illustra con acquerelliminuziosi che tratteggiano splendidamente personaggi eambienti. La cuoca ci si mette di buzzo buono a preparare

appetitose ricette (in appendice, la «pasta della domenica»con sugo crudo e pan grattato, e poi polpette e ciambelle).C'è per contro chi vive a stomaco vuoto ma i tre attivisti delFood Force Team, che Vichi De Marchi racconta impegnatinel World Food Programme delle Nazioni Unite persoccorrere le popolazioni affamate, in Emergenza cibo(Ed. Scienza, pp. 128, € 11,90) elaborano la formula di unacrema supernutriente. Una gang di affaristi se neimpossessa e i nostri magnifici tre dovranno superareagguati e tranelli per salvare dalla fame gli scampati a unadevastante inondazione.Sarà anche vero che «una mela al giorno leva il medico ditorno», ma vallo a dire ad Adamo ed Eva che, per una mela,hanno visto trasformarsi in inferno il paradiso terrestre. In

La mela (Gallucci, pp. 102, € 12) li ritroviamo in combuttacon la Strega Cattiva che aspetta da secoli una secondaoccasione per avvelenare Biancaneve e adesso è sicura dinon perderla, mentre sul proscenio del teatrinocarnevalesco allestito da Cinzia Tani sfilano Guglielmo Tellcon la balestra armata, Isaac Newton alle prese con la leggedella gravità ed altri personaggi storici e mitologici.Infine c’è anche chi i bebé se li pappa, teneri e crudi, sale elimone : è Gnam-Gnam. Il mangiabambini, scritto daRiccardo Gelmini e illustrato da Tommaso Levente Tani (Ed.Coccole & Caccole, pp. 20, € 13): il buffo ed ingordoextraterrestre viene a far provviste sul nostro pianeta,finché un bel giorno toccherà proprio a lui finire in padella. Ferdinando Albertazzi

Il poeta maestro Insegnante elementare per quasi 40anni, storia di una «carriera» amata fino all’ultimo

pp Sapphirep PRECIOUSp trad. di Massimo Bocchiolap Fandango, pp. 174, € 16

pp Marcella BacigalupiPiero Fossatip GIORGIO CAPRONI MAESTROp prefazione di Luigi Surdichp il melangolo, pp. 296, € 16

Romanzi di scuola Giovani e adultiin conflitto fra tradizione e futuro

pp John Knowlesp PACE SEPARATAp trad. di Elsa Pelittip Rizzoli, pp. 246, € 9,80

LINUS, CHARLIE BROWN & C., I BAMBINI DI SCHULZ

Piccola storia dei Peanuts= Nacque come tesi di laurea in Estetica al Dams la Piccolastoria dei Peanuts di Simona Bassano di Tuffillo (Donzelli,pp. 202, € 19,50). E un po’ di accademica zavorra è rimasta,nello stile e nel montaggio tematico, tra «arte, cultura elinguaggio», con florilegio di Dewey e McLuhan, NorthonFrye ed Eco, Bachtin e Bergson (sul riso), Benjamin e Barthes,Gombrich e Hauser, Peirce e Popper. Il tutto per spiegarefilosofia, morale e poetica dei bambini di Schulz con annessobracchetto. Che di fronte a tanta acribia, avrebbe detto:«Odio fare tutte queste ricerche». Così ce li fecero scoprire inItalia Gandini e Del Buono che qui non meritano una nota.

PAROLE IN GIOCO

Luoghi comuni e anagrammi= Libri da vacanza, ma con la mente ben al lavoro. Adesempio il gioco «al rovescio»: «il mondo è brutto perché èvario... Gli voglio un male dell’anima... Chi gode siaccontenta», ovvero il «luoghi comuni al contrario» raccolti,tramite blog, da AlFb e presentati da Stefano Bartezzaghi inScusa l’anticipo, ma ho trovato tutti verdi (Einaudi, pp.98, € 12,50). Oppure il gioco degli anagrammi, come inCiao Caio di Piero Nissim (pres. di Sergio Givone, Ed. ETS,pp.68, € 10): 100 personaggi, da Almodóvar a Zolla. Che peresser più convincenti non dovrebbero aver bisogno dididascalie. Si può prendere come sfida, provare a far meglio.

Segue da pag. I

COMPITI DELLE VACANZE PER INSEGNANTI

Camerette, scarpe, e-Book= Tre riviste di letteratura per ragazzi, utili «compiti» dellevacanze per insegnanti e bibliotecari. Per LG Argomenti,Antonio Faeti tesse l’elogio di una «cameretta tutta per sé» -esemplare quella arredata con i mobili di Rubino -, «nido» diavventure, sogni e scoperte attraverso solitarie e silenzioseletture. In LIBER Dieter Richter racconta «le scarpe nellefiabe», dal Gatto con gli stivali a Cenerentola. Il pepe verdesi interroga, con Frabboni e Detti, su «luci e ombredell’e-Book» e traccia, con Claudio Gallo, un ritratto di MinoMilani. In ognuna la consueta, copiosa rassegna di schede esegnalazioni delle novità e diverse rassegne tematiche.

Ma non sperimentavale utopie di Rodari e Lodie teneva nascostala sua vita letteraria,il lavoro del pomeriggio

Una scena dal film di Lee Daniels tratto dal romanzo «Precious»

Grande affabulatore,uno sciamano congli allievi «difficili»,disposto a mettersisempre in gioco

Il bambino-sedia di RubinoIl Gnam-Gnam mangiabambini

Le ore saltellavano viagaie come ridenticoppie di una danzacampestre, in accordocon la dolcezza dell’isola

Un romanzo chericorda Dickense Stevenson, il gustodell’avventurasenza moralismi

Giorgio Caproni con i suoi scolari

p

Personaggi e storieIITuttolibri

SABATO 7 AGOSTO 2010LA STAMPA III

Page 3: Tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 07/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 06/08/10 19.39

Se si prova nostalgia per igrandi romanzi dell'Ot-tocento con protagonisti

bambini, da quelli di Dickens oStevenson ai romanzi d'avven-tura americani, ma si è ancheabituati ai ritmi serrati e scat-tanti delle narrazioni dei nostritempi, Il buon ladro di Han-nah Tinti (trad. di V. Raimon-di, Einaudi, pp. 362, € 16) è unlibro ideale. Tutti gli elementidel romanzo popolare sull'in-fanzia sono chiamati a raccol-ta in questa storia imbastitacon grande sapienza narrati-va: l'orfanezza, la ricerca delleradici, lo sfruttamento, l'incon-tro con il diverso, la devianza,il viaggio; e tutti i luoghi topicidi ogni crescita romanzata ven-gono attraversati: l'orfanotro-

fio, il cimitero, la strada, la lo-canda, la città fantasma, perfi-no - dopo Dickens - la fabbrica.Se pure non navigato, anche ilmare è continuamente evocatodai racconti mirabolanti deiviaggiatori, dei fuggiaschi, de-gli individui marginali, prota-gonisti, insieme ad un bambi-no, di questa storia americanad'altri tempi.

Il piccolo Ren è stato abban-donato e spera, come tutti icompagni lasciati sulla ruotadel Saint Anthony, che qualcu-no venga a portarlo via da lì.Ma pare impossibile sperareche un potenziale genitore pos-sa scegliere proprio lui, conquella sua disturbante meno-mazione. Invece un giorno pas-sa un misterioso e affascinantegiovane che chiede di poter por-tare con sé Ren, riconosciuto co-me proprio fratello. La storiache l'uomo racconta ai padridell'orfanotrofio per convincer-li di essere parente del bambino- la storia della sua famiglia,tanto agognata da Ren che nonsa nulla delle proprie origini - èstraordinaria.

Ren sarà consegnato all'uo-mo, che lo coinvolgerà nella pro-pria vita rischiosa e asociale, escoprirà presto che il raccontograzie a cui è stato requisitonon era che un'invenzione. Par-te da esso, però, la possibilitàmeravigliosa, percorsa in tuttala trama, di rinarrare il mondoe l'esistenza in modi inediti e af-fascinanti, di vivere sospesi trarealtà e leggenda, di cercarsi ocrearsi, attraverso l'abilità nar-rativa, un'identità ogni volta

nuova e diversa, una storia sumisura, capace di togliere daiguai.

Insieme a Benjamin, il la-dro buono, che seduce tutti coisuoi avvincenti racconti, Renscopre il mondo oltre le muradel convento, il mondo sorpren-dente e adrenalinico di chi vivedi espedienti ed è costretto areinventarsi per non essere rico-nosciuto, arrestato o ucciso, inmodi più meno ortodossi, il con-testo essendo quello di una so-cietà in cui comandano i piùforti e ognuno cerca di farsi giu-stizia da sé.

In questo mondo, in cui so-pravvivere richiede astuzia, co-raggio e fantasia, Ren farà ipiù sorprendenti incontri, di-venterà amico di nani e di gi-ganti, di zitelle svitate che, poi-ché cucinano ottimi pasti e ten-gono le case in ordine, potrebbe-ro essere madri perfette. Il tut-to sempre guardato, narrato ein parte deformato dal suo pun-to di vista di bambino insiemesveglio, ben educato, bisognosodi affetto e pronto a tutto, per-ché non vuole deludere le perso-ne che si trova accanto.

La trama presenta fin dall'inizio continui soprassalti, sisusseguono illusioni e tradi-menti che segnano il passaggiodi Ren da esserino affidato alcaso a ragazzino che prova adare una direzione alla sua vi-ta, assumendosi responsabili-tà, e soprattutto dimostrandodi aver fatto proprio il migliorinsegnamento possibile che ilbuon ladro - non un fratello,ma qualcosa per lui di moltopiù profondo - gli ha lasciato ineredità: la capacità di raccon-tare storie che, in caso di estre-mo pericolo, come per Sheraza-de, possono salvar la vita.

Come i grandi romanzi po-polari d'altri tempi Il buon la-dro, ambientato nell'Americadell'Ottocento - quella degli ul-timi, dei diseredati, dei malvi-venti, dei piccoli - è l'affresco diun'epoca. Un'epoca anarchica,spietata, violenta, ma ricca diun'umanità così interessante evaria che ogni personaggiosembra poter stare insieme almondo e al circo, per come vie-ne rappresentato da una vocenarrante che tutto vede aderen-do all'ottica del protagonistabambino. Un libro perfetto perlo scaffale dei ragazzi, proprioin virtù di questo eccezionalesguardo. E per tanti aspetti mi-gliore di molti romanzi scrittiapposta per ragazzi, spesso mo-raleggianti: qui a vincere è lapotenza incontrollabile del nar-rare, con le sue urgenze, il biso-gno di rendere, più di ogni al-tra cosa, la trama avvincente.

RUGGEROBIANCHI

Si tratti di un lindo col-lege del New Hampshire o diuna fatiscente public school diHarlem, la scuola rischia soven-te di porsi come lo spazio di unconflitto generazionale, etico epolitico prima ancora che socio-culturale, al cui interno le spe-ranze e le utopie degli allievitendono a scontrarsi con le cer-tezze e le ideologie degli inse-gnanti: un'occulta lotta di pote-re tra l'ansia di crescita e dicambiamento dei giovani e lavocazione conservatrice e disci-plinatrice degli adulti, tra la ri-vendicazione degli uni a sce-gliersi il futuro e l'ostinazionedegli altri a imporre il propriopassato.

E' questo il robusto filo ros-so che collega Precious di Sap-phire (pseudonimo di RamonaLofton) e Pace separata di JohnKnowles, usciti entrambi annifa negli Stati Uniti (il primo nel1996, il secondo addirittura nel1959), che la profonda crisi in at-to nella nostra contemporanei-tà rende dolorosamente attua-li. Due lavori diversissimi tra lo-ro ma ciascuno a suo modoesemplare che, narrati in pri-ma persona, si muovono tral'educazione sentimentale e laconfessione, tra il romanzo diformazione (ne discute Masoli-no d'Amico in una pensosa po-stfazione al Knowles) e la narra-tiva di denuncia.

Il fatto è - per dirla con Fin-ny, carismatico e sfortunatoamico del cuore di Gene, l'ionarrante di Pace Separata - cheagli anziani esponenti dell'esta-blishment proprio non vannogiù le «rivoluzioni» dei giovani:«i predicatori, le vecchie signo-re e tutti quei palloni gonfiati»hanno spazzato via i favolosi eribelli Anni Ruggenti inventan-do dapprima il Proibizionismo,poi la Grande Depressione e in-fine la Guerra Mondiale. Dasempre, i sogni della giovinezzasono le grandi vittime della vec-

chiaia del mondo.La guerra (quella degli eserci-

ti, delle armi) è insomma, se nonproprio un machiavellico eserci-zio metaforico, una sorta di alibicinico o di crudele diversivo: un'operazione di facciata volta a oc-cultare abusi e soprusi legittima-

ti dalla routine quotidiana, chetroppe volte la scuola come istitu-zione giustifica o fa propri, edu-cando alla passività e alla sotto-missione tramite i regolamenti ela disciplina.

Al Devon College, una sortadi Eton d'Oltreoceano dove tra il

1942 e il 1943 crescono e matura-no i protagonisti di Pace separata,il secondo conflitto mondiale ha ilsapore di una favola lontana e ir-reale, cui quasi per gioco ci si pre-para attraverso inediti esercizi fi-sici, proposti tuttavia agli allievicome esaltanti cimenti e lealicompetizioni agonistiche, miran-ti magari a selezionare gli atletimigliori in vista delle ormai im-proponibili Olimpiadi del 1944.Una strategia nemmeno troppopianificata e consapevole, messain atto dai docenti come praticalogica e naturale, volta a svilup-pare tra gli studenti un sano anta-gonismo e il desiderio di primeg-giare, fino a esasperarsi in tensio-ni micidiali e a sfociare nella ten-tazione del delitto, negli abissidella follia e nella morte stessa.

La segreta Società dei Super-suicidi fondata da Gene e Finnycome goliardica espressione di

un'esplosiva voglia di vivere, allamaniera di L'attimo fuggente, si ri-vela così nel romanzo un fosco esinistro presagio.

In Precious la crudezza e laviolenza del contesto sono decisa-mente più esplicite e polemiche.La protagonista, una ragazzonanera obesa e complessata, analfa-beta e incinta, viene allontanatada una scuola pubblica di Har-lem perché ritenuta ottusa e co-munque non disposta ad appren-dere, sgridata e punita perché,quando risponde agli insegnanti,parla come le hanno insegnato incasa. Poco importa che sua ma-dre sia una fannullona amantedel turpiloquio e delle botte, chele ruba i soldi dell'Assistenza So-ciale e che l'ha lasciata stupraredal padre quando aveva soltantosei anni, usandola a propria voltaper sfogare i suoi pruriti erotici.E ancor meno che il genitore l'ab-bia ingravidata due volte, la pri-ma quand'era appena dodicen-ne, regalandole un figlio Down el'Hiv. Ciò che conta è la buonacondotta e il rendimento scolasti-co.

Nel romanzo di Sapphire, sa-rà Precious a volersi riscattareda sola e a riuscirci. A non con-sentire - come Finny e Gene inPace separata ma con maggiorrabbia e cocciutaggine - che il

mondo nel quale è costretta vive-re, in famiglia come a scuola, leimponga le sue leggi spietate eineludibili. Per fortuna, anche neighetti più verminosi esistono, seaccade di trovarle, scuole alter-native e maestre disposte a dan-narsi l'anima per il bene dei ra-gazzi; sicché il diario di Precious,iniziato tra sgrammaticatured'ogni genere e criptici frammen-

ti stenografici, può chiudersi sufrasi grezze ancora ma docili edolci, pregne di un pittoresco econsolante lirismo metropolita-no.

Nelle pagine finali di Preciousvi è dunque maggior speranzache in quelle di Pace separata. Mase, a distanza di quindici anni, Ge-ne potrà rivisitare il suo college etracciare un bilancio di quantoesso gli ha dato e gli ha tolto, Pre-cious può soltanto prender attodella sua trasformazione da cri-salide in farfalla e sperare chenon si tratti di un'effimera meta-morfosi.

gli abitanti dell'isola, e inparticolare della tribù deiTypee, asserragliati in unavalle solitaria protetta daaguzzi picchi vulcanici. E'proprio in mano ai Typeeche i due disertori finisconoal termine di un'estenuantee rischiosa marcia a tappeforzate.

Ed è così che a Melvillesi offre l'occasione di unastraordinaria avventura co-noscitiva, nel quotidianocontatto con la vita di unatribù ancora del tutto in-denne dalla violenza e dal-la corruzione dell'uomobianco. Sparito rapidamen-te di scena il compagnoToby, il narratore rimanesolo, in una condizione didorata prigionia, immersonell'inconcepibile dolcezzadi una vita che, se non man-

ca di alcuni elementi di fero-cia, scorre essenzialmentenel piacere dei sensi, nellatranquillità, nell'accordo to-tale con lo spazio naturale ele sue risorse.

Com'è evidente, una vol-ta tornato a casa Melville in-tegrò molte sue osservazio-ni con la lettura dei resocon-ti di geografi e viaggiatori.Per conferire alla sua antro-pologia premesse più credi-bili, dilatò ad oltre quattromesi le poche settimane dieffettiva permanenza nellavalle dei Typee. Ma questilegittimi «trucchi del me-stiere» nulla tolgono alla fre-schezza e alla vivacità delsuo sguardo.

Figlio di una cultura puri-tana, nella quale l'esistenza èconcepita come un duro com-puto di colpe e doveri, lo

scrittore è affascinato, primadi tutto, dalla possibilità ditrascorrere una vita felicesenza lavorare. I frutti dell'al-bero del pane e del cocco so-no la base di un sostentamen-to elargito spontaneamentedalla natura, alla portata di

tutti. Ed anche quando iTypee si dedicano ad attivitàpiù complesse, come la pe-sca, la costruzione di edificisacri, la guerra con tribù con-finanti, hanno sempre l'ariadi partecipare a un gioco, piùche assolvere a un dovere.

«L'angoscia, i dolori, la noia -osserva Melville in un empitodi adesione -, sembravano co-se sconosciute ai Typee. Leore saltellavano via gaie co-me ridenti coppie di una dan-za campestre».

Verrà il momento dellafuga. Anche se capace diamarlo e di comprenderlo,lo scrittore sa che quel para-diso non gli appartiene, eanela, nuovo Ulisse america-no, alla sua vita, alla suagente. Ma una volta tornatoa casa, potrà consegnarci,grazie a una prosa di stupe-facente nitidità e leggerez-za, l'immagine di una felici-tà tanto più struggentequanto più è appartenuta aquesto mondo, non è statasolo l'ennesima illusione diun mistico o di un poeta vi-sionario.

MASSIMORAFFAELI

I lettori di Giorgio Ca-proni (Livorno 1912 - Roma1990) hanno a lungo ignoratoche uno dei massimi poeti delsecolo scorso fosse nella vitaun maestro elementare.

Nel suo universo di presen-ze domestiche, nelle allegoriedi persone comuni che nonpossono neanche permettersiun destino (da Il passaggio diEnea, 1956, al Congedo del viag-giatore cerimonioso, 1965, finoa Il muro della terra, 1975, l'ope-ra che lo consacrò) in effetti lascuola non compare mai. Eranoto che Caproni fosse un vio-linista dilettante, così comeMontale un baritono fallito, sipoteva persino intuire qualco-sa nell'amore per i versi brevie aguzzi, spesso sciorinati in fi-lastrocche sapienziali, ma delsuo vero lavoro si venne a sa-pere soltanto per un tardivocoming out quando Caproniera Caproni e cioè, pratica-mente, già un maestro in pen-sione.

Non un una sinecura, lasua, ma una normalissima car-riera lunga quasi quarant'an-ni, dalla scuoletta alpestre diLoco di Rovegno, '35, in ValTrebbia (dove conosce Rina,sua moglie/musa e complice

al tempo della Resistenza) adArenzano, dalle aule dirocca-te di Trastevere, dopo il trasfe-rimento a Roma nell'immedia-to dopoguerra, alla scuola ele-mentare «F. Crispi» di Monte-verde Vecchio, vicinissima acasa sua, dove insegna ininter-rottamente dal '51 al '73.

Oggi ne ricostruiscono ildecorso due storici dell'istitu-zione scolastica, Marcella Ba-cigalupi e Piero Fossati, inGiorgio Caproni maestro, un vo-lume forse un poco prolisso (emanchevole sia di una tavola

bibliografica sia di un indice deinomi) ma apprezzabile per l'in-gente documentazione, arric-chita da testimonianze di ex al-lievi e da una densa prefazionedi Luigi Surdich.

Com'era, dunque, il maestroCaproni? Certo non un inse-gnante ligio alla burocrazia mi-nisteriale ma nemmeno un uto-pista rivoluzionario: iscritto alPsi, firmatario sul Politecnicovittoriniano di un'inchiesta che

denunciava l'abbandono scola-stico nelle borgate di Roma, tut-tavia rimase estraneo al conten-zioso pedagogico del '68, lonta-no da un don Milani, per inten-dersi, quanto da un Mario Lodio Gianni Rodari, che pure scri-veva sul suo stesso settimanale,Vie Nuove. Semmai, Caproniera un uomo disponibile a met-tersi costantemente in giococon i piccoli allievi, un Socrateche inventava ogni giorno la le-

zione, capace in quegli anniproibitivi di portare in aula iltrenino Rivarossi per indurli astudiare geografia e storia.

Grande affabulatore, vero eproprio sciamano nei confrontidei ragazzi più difficili, li conqui-sta e li ammansisce con la voceroca e profonda (né gli scolaripossono sospettare che, percontrappasso della pedagogia,Pier Paolo Pasolini un giorno lovorrà nel doppiaggio del suo

film più buio e disperato, Salò).Non trascura la matematica

né le discipline scientifiche ma,dalla precisa compilazione deiregistri, risulta che il lavoro siconcentra su lettura e scrittu-ra; qui, utilizza il cosiddetto sus-sidiario con gli autori risaputi(De Amicis, Ada Negri, A. S. No-varo) e però integra di tascasua la spoglia biblioteca di clas-se con gli amati Salgari, Molnare Giulio Verne. Predilige Pasco-li e il buon vecchio Carducci, èmolto cauto con i contempora-nei e infatti non si spinge oltreLa madre di Ungaretti o qualco-sa dei suoi amici Carlo Betocchie Mario Luzi.

Gli alunni non devono sape-re che è a sua volta un poeta:quando lo vedono parlare in tv,nel solenne bianco e nero di allo-ra, ne sono ammirati, addirittu-ra sbigottiti, ma lui taglia cortodicendo che non è una cosa se-ria, anzi che «è soltanto lettera-tura...».

Alla campanella di mezzo-giorno il maestro peraltro spari-sce e va al calvario quotidianodei secondi e dei terzi lavori(bozze, traduzioni, recensioni,

pareri editoriali) con cui arro-tonda il ben magro stipendio: lesue poesie è costretto a scriver-le, evidentemente, in regime didoppia clandestinità.

Con il tempo, l'entusiasmo siviene affievolendo ma non il le-game coi ragazzi, né la passionedi prenderli per mano e guidar-li. Se colleghi anche illustri cede-ranno presto al disincanto (vediLeonardo Sciascia, Le parroc-chie di Regalpetra, 1956) o a undrammatico rancore (vedi Lu-cio Mastronardi, Il maestro diVigevano, 1962), fino all'ultimo ilmaestro Giorgio Caproni conti-nuerà a sentire i propri allievicome un bene intangibile, comeuna chance non sempre merita-ta. Ce ne fossero.

Caproni in aulacome un Socrate

EMANUELE TREVI

Tra i banchinon c’è spazioper i ribelli

«Precious» di Sapphire,disgrazia e riscatto adHarlem di una giovanenera, obesa e analfabeta,stuprata dal padre

In «Pace separata»di John Knowlesun college Anni 40educa a primeggiare,fino all’esasperazione

GIOVANI LETTORI CRESCONOGIORGIA GRILLI

Beato l’orfano chetrova un fratello

«Il buon ladro» di Hannah Tintinell’America ’800 dei diseredati

Viaggio nei mari del Sud

CIBOPER RAGAZZI, TRA RICETTE E FAVOLE

Storie molto appetitose= Dieta mediterranea: non solo antidoto all'obesità e al

sovrappeso di un terzo degli otto-dodicenni, ma anche«risorsa ideale per realizzare l'integrazione a scuola». Alministero della Salute, che ha appena varato il decalogodella ristorazione scolastica, magari han letto Sapore

italiano (Zoolibri, pp. 80, € 16), dove Valérie Losa narra inpunta di penna «piccole storie di pranzi domenicali» farcitedi sapori pugliesi «mai più ritrovati in Svizzera, dove glignocchi sembrano fatti di carta» e le illustra con acquerelliminuziosi che tratteggiano splendidamente personaggi eambienti. La cuoca ci si mette di buzzo buono a preparare

appetitose ricette (in appendice, la «pasta della domenica»con sugo crudo e pan grattato, e poi polpette e ciambelle).C'è per contro chi vive a stomaco vuoto ma i tre attivisti delFood Force Team, che Vichi De Marchi racconta impegnatinel World Food Programme delle Nazioni Unite persoccorrere le popolazioni affamate, in Emergenza cibo(Ed. Scienza, pp. 128, € 11,90) elaborano la formula di unacrema supernutriente. Una gang di affaristi se neimpossessa e i nostri magnifici tre dovranno superareagguati e tranelli per salvare dalla fame gli scampati a unadevastante inondazione.Sarà anche vero che «una mela al giorno leva il medico ditorno», ma vallo a dire ad Adamo ed Eva che, per una mela,hanno visto trasformarsi in inferno il paradiso terrestre. In

La mela (Gallucci, pp. 102, € 12) li ritroviamo in combuttacon la Strega Cattiva che aspetta da secoli una secondaoccasione per avvelenare Biancaneve e adesso è sicura dinon perderla, mentre sul proscenio del teatrinocarnevalesco allestito da Cinzia Tani sfilano Guglielmo Tellcon la balestra armata, Isaac Newton alle prese con la leggedella gravità ed altri personaggi storici e mitologici.Infine c’è anche chi i bebé se li pappa, teneri e crudi, sale elimone : è Gnam-Gnam. Il mangiabambini, scritto daRiccardo Gelmini e illustrato da Tommaso Levente Tani (Ed.Coccole & Caccole, pp. 20, € 13): il buffo ed ingordoextraterrestre viene a far provviste sul nostro pianeta,finché un bel giorno toccherà proprio a lui finire in padella. Ferdinando Albertazzi

Il poeta maestro Insegnante elementare per quasi 40anni, storia di una «carriera» amata fino all’ultimo

pp Sapphirep PRECIOUSp trad. di Massimo Bocchiolap Fandango, pp. 174, € 16

pp Marcella BacigalupiPiero Fossatip GIORGIO CAPRONI MAESTROp prefazione di Luigi Surdichp il melangolo, pp. 296, € 16

Romanzi di scuola Giovani e adultiin conflitto fra tradizione e futuro

pp John Knowlesp PACE SEPARATAp trad. di Elsa Pelittip Rizzoli, pp. 246, € 9,80

LINUS, CHARLIE BROWN & C., I BAMBINI DI SCHULZ

Piccola storia dei Peanuts= Nacque come tesi di laurea in Estetica al Dams la Piccolastoria dei Peanuts di Simona Bassano di Tuffillo (Donzelli,pp. 202, € 19,50). E un po’ di accademica zavorra è rimasta,nello stile e nel montaggio tematico, tra «arte, cultura elinguaggio», con florilegio di Dewey e McLuhan, NorthonFrye ed Eco, Bachtin e Bergson (sul riso), Benjamin e Barthes,Gombrich e Hauser, Peirce e Popper. Il tutto per spiegarefilosofia, morale e poetica dei bambini di Schulz con annessobracchetto. Che di fronte a tanta acribia, avrebbe detto:«Odio fare tutte queste ricerche». Così ce li fecero scoprire inItalia Gandini e Del Buono che qui non meritano una nota.

PAROLE IN GIOCO

Luoghi comuni e anagrammi= Libri da vacanza, ma con la mente ben al lavoro. Adesempio il gioco «al rovescio»: «il mondo è brutto perché èvario... Gli voglio un male dell’anima... Chi gode siaccontenta», ovvero il «luoghi comuni al contrario» raccolti,tramite blog, da AlFb e presentati da Stefano Bartezzaghi inScusa l’anticipo, ma ho trovato tutti verdi (Einaudi, pp.98, € 12,50). Oppure il gioco degli anagrammi, come inCiao Caio di Piero Nissim (pres. di Sergio Givone, Ed. ETS,pp.68, € 10): 100 personaggi, da Almodóvar a Zolla. Che peresser più convincenti non dovrebbero aver bisogno dididascalie. Si può prendere come sfida, provare a far meglio.

Segue da pag. I

COMPITI DELLE VACANZE PER INSEGNANTI

Camerette, scarpe, e-Book= Tre riviste di letteratura per ragazzi, utili «compiti» dellevacanze per insegnanti e bibliotecari. Per LG Argomenti,Antonio Faeti tesse l’elogio di una «cameretta tutta per sé» -esemplare quella arredata con i mobili di Rubino -, «nido» diavventure, sogni e scoperte attraverso solitarie e silenzioseletture. In LIBER Dieter Richter racconta «le scarpe nellefiabe», dal Gatto con gli stivali a Cenerentola. Il pepe verdesi interroga, con Frabboni e Detti, su «luci e ombredell’e-Book» e traccia, con Claudio Gallo, un ritratto di MinoMilani. In ognuna la consueta, copiosa rassegna di schede esegnalazioni delle novità e diverse rassegne tematiche.

Ma non sperimentavale utopie di Rodari e Lodie teneva nascostala sua vita letteraria,il lavoro del pomeriggio

Una scena dal film di Lee Daniels tratto dal romanzo «Precious»

Grande affabulatore,uno sciamano congli allievi «difficili»,disposto a mettersisempre in gioco

Il bambino-sedia di RubinoIl Gnam-Gnam mangiabambini

Le ore saltellavano viagaie come ridenticoppie di una danzacampestre, in accordocon la dolcezza dell’isola

Un romanzo chericorda Dickense Stevenson, il gustodell’avventurasenza moralismi

Giorgio Caproni con i suoi scolari

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Personaggi e storieIITuttolibri

SABATO 7 AGOSTO 2010LA STAMPA III

Page 4: Tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 07/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 06/08/10 19.39

Anniversario A un secolo dalla nascita, torna «Il problema dell’ateismo», la sua criticadella nostra epoca secolarizzata che ha preso congedo dal sacro e dalla trascendenza

GIANFRANCOMARRONE

C'è stato un tempo, fe-lice ancorché rimosso, in cui lalinguistica costituiva il model-lo privilegiato per la ricercascientifica. Oggi suona strano,ma qualcuno ancora ricorderàcome per tutta la prima metàdel Novecento, moltissimi stu-di nel campo della società e del-la cultura, ma anche della vitae del cosmo, guardassero alleindagini linguistiche come aun evidente esempio di un me-todo al tempo stesso originalee rigoroso, dagli esiti conosciti-vi a dir poco straordinari.

Agli occhi di etnologi, se-miologi, sociologi, filosofi, psi-canalisti, critici letterari, maanche di matematici e geneti-sti, di scrittori, architetti e arti-sti d'ogni genere, le lingue co-stituivano un oggetto di cono-scenza degno in quanto tale diprioritario interesse; e veniva-no inoltre additate come unpiù generale modello di funzio-namento a partire da cui rico-struire la struttura di molti al-tri fenomeni sociali e istituzio-ni culturali.

Poi le cose sono cambiate,in qualche modo paradossal-mente, giusto da quando NoamChomsky, il più grande lingui-sta del secolo scorso, rico-struendo una sorta di gramma-tica universale a tutte le lingueha fatto transitare la sua disci-plina dall'alveo delle scienzeumane a quello delle scienzedella natura: donandole un pedi-gree di tutto rispetto, ma conte-stualmente assoggettandola ai

«poteri forti» della biologia, del-la psicologia sperimentale, del-le neuroscienze. Meglio gareg-giare coi primi che primeggia-re fra gli ultimi, avrà pensato.

Tuttavia accade ancora,talvolta, che la vecchia reginad'un tempo agiti nuovamentel'orgogliosa corona. Provandoa mostrare come le lingueumane non siano un qualsiasioggetto di conoscenza fra i tan-ti possibili, come (poniamo) laclasse dei rettili o le regole ma-trimoniali degli aborigeni. Poi-ché, studiandole, si finiscesempre e inevitabilmente perincontrare, e indirettamenteaffrontare, alcuni problemi fi-losofici cruciali, come quelli re-lativi alla verità o al tempo, all'identità soggettiva e culturale,alla divinità, all'idea di natura,alla forma dell'universo e simi-li. Così è certamente per la Bre-ve storia del verbo essere di An-drea Moro, testo importanteche avrebbe potuto diretta-mente esser intitolato (moltomeno seriamente, ma conqualche ragione teorica) «Bre-vi cenni sull'essere».

Esaminando le complessequestioni strutturali relativealla sintassi linguistica del ver-bo essere, attraverso una me-

todologia rigorosa e un gradevo-le stile narrativo, Moro rendeconto della gran quantità di que-stioni storiche, filosofiche, an-tropologiche e biologiche che ta-le organizzazione sintattica tra-scina con sé. Scorrono le anti-che teorizzazioni di Aristotele,quelle dei modisti medievali edei logici secenteschi, ma anchele delicate questioni teoriche diBertrand Russell o di studiosimeno noti, ma non secondari,come Jespersen. Per giungeresino a Saussure, Chomsky e alruolo centrale della frase nell'analisi linguistica. Non senza al-cune puntate sull'apporto che leneuroscienze stanno dando allostudio del linguaggio umano.

Così, da una parte, viene fuo-ri l'imbarazzante osservazioneche l'essere-in-quanto-esseresu cui la metafisica occidentaleha tanto dibattuto da Parmeni-de in poi non è altro, in fondo,che un'ipostasi teorica della sin-tassi del greco antico, che ha po-chissimi riscontri nella maggiorparte delle altre lingue parlatenel mondo, ieri come oggi. Inmolte di esse, fra l'altro, non esi-ste alcun corrispondente lessi-cale del verbo essere, ma una plu-ralità di forme verbali ognuna del-le quali rende conto di un aspetto

particolare di tale verbo (che pernoi, pensanti entro la nostra lin-gua, è un'ovvietà assoluta).

L'essere si dice in molti mo-di, diceva già Aristotele, ma perragioni assai diverse da quelleproposte dal Filosofo: a cambia-re sono le relazioni sintatticheche esso, in quanto verbo, intrat-tiene con gli altri elementi costi-tutivi d'una frase: il soggetto e ilpredicato.

D'altra parte, il libro mostracome in effetti il verbo essere ab-bia un comportamento eccentri-co rispetto alla sintassi canonicadelle frasi, e necessiti pertantodi una formula molto particola-

re che possa spiegarne il funzio-namento asimmetrico. Emergecosì l'idea di grammatiche «noneuclidee» che, al modo delleomonime geometrie, sospendo-no alcuni postulati della gram-matica tradizionale, ammetten-do l'esistenza di una pluralità distrutture di frase, senza per que-sto rinnegare l'idea della linguacome sistema unico e cristallinodi forme interrelate fra loro.

La scommessa intellettualeche questo «viaggio al centrodella frase» finisce per giocarenon è da poco. Ancora una vol-ta, una teoria linguistica a pri-ma vista molto complessa, qua-si esoterica, finisce per avere ri-svolti importanti su una serie ditemi decisivi: la sintassi frasticatracima nella relazione fra lin-guaggio e cervello, fra linguag-gio e biologia, fra uomo e natu-ra. Fra l'essere della metafisicae il verbo essere delle lingue siinnescano così nuove, impreve-dibili complementarità.

ERMANNOBENCIVENGA

L’ambito di manovradi Achille Varzi, ne Il mondomesso a fuoco, è assai limitato.Per un verso, bisogna rimanerealla larga da «quell’estremismopostmoderno che finisce col so-stituire completamente i fatticon le interpretazioni»; per l’al-tro, bisogna evitare il realismoingenuo (spesso rappresenta-to, nella pratica pubblica di Var-zi, dal suo interlocutore Mauri-zio Ferraris) di chi ritiene che ilmondo contenga gli oggetti san-citi dal buon senso (per esem-pio, tavoli e sedie) e che compi-to della filosofia sia elaborarneun preciso catalogo (in osse-quio a Platone, «smembrarel'essere seguendone le nervatu-re naturali»). Né Varzi può ac-cettare il compromesso di Ecoin base al quale, sebbene moltidiversi «tagli» siano possibiliper smembrare l'essere, nontutti lo sono. È abbastanza luci-do da rendersi conto che dal fat-to che nessuno affetti un vitellooffrendo insieme l'estremitàdel muso e della coda non segueche ci siano leggi di natura chelo impediscano. La scelta fra untaglio e un altro, per lui - fuor dimetafora, fra varie descrizionidel mondo - ha un carattereconvenzionale; in qualche mo-do, però, dal cilindro delle con-venzioni dovrebbe saltar fuoriil coniglio di una realtà che sfug-ga all'esecrato relativismo po-stmoderno.

Lo strumento principaleper un simile miracolo è la di-stinzione fra ontologia, che ci in-formerebbe su che cosa esiste,e metafisica, che chiarirebbe in-vece che cos’è ciò che esiste.L’ontologia affermerebbe cheesistono tavoli e la metafisicaspiegherebbe che un tavolo èun elemento del mobilio, oppu-re uno sciame di particelle, op-pure ancora un'entità quadridi-mensionale che comprende tut-te le vicissitudini spazio-tempo-rali da noi comunemente inclu-

se nella storia di un tavolo.Mettendo a frutto questa di-

stinzione, possiamo realizzareun efficace divide et impera: collo-care il relativismo nella metafisi-

ca, dove anzi siamo invitati a nonsentirci costretti da alcuna pre-sunta ovvietà e a sforzarci di im-maginare mondi a cinque o sei di-mensioni, mentre asseriamo inontologia che «tutte le mappeche disegniamo sono sempre ecomunque mappe dell'unica emedesima realtà che ci circon-da».

Il problema con la distinzioneè che è troppo efficace: rende larealtà troppo sicura da ogni erro-re (infalsificabile, direbbe Pop-per) e quindi anche vana. Quelche ne pensiamo e diciamo nellavita quotidiana (che il tavolo èsporco,che la Pianura Padana hacerti confini, che il sole sorge etramonta) è falso; ma ciò non leimpedisce di fungere da solidoquanto misterioso fondamento

del nostro pensiero e discorso. Cisarebbe la scienza, per cui Varziha grande rispetto (pur se lascienza cui fa riferimento è piùquella di Galileo che quella di Hei-senberg); ma anch'essa può sba-gliare e ha sbagliato, e non è chia-ro che cosa autorizzi a parlare diun «progresso scientifico», per ilquale, ci viene detto con tono edi-ficante, occorrerebbe pagare unprezzo, a fronte dell'arcana inef-fabilità dell'essere. Varzi insisteche sta solo cercando di stabilirecome sia possibile l'esistenza diuna realtà autonoma; ma la suaposizione corre il rischio di ridur-si al qualunquismo di chi, allar-gando le braccia, sentenzia che«tutto è possibile», e a conferirglimaggiore sostanza sembra nonrimangaaltro che un atto di fede.

Non so se esista un inarresta-bile progresso scientifico; sonocerto che non esiste una sua va-riante in filosofia e che crederlo èuna manifestazione di (cripto)he-gelismo. Il dibattito fra realismoingenuo e antirealismo postmo-derno che tormenta Varzi è lostesso che ispirò la rivoluzionecopernicana di Kant, una rivolu-

zione che è a tutt'oggi letteramorta. Fu Kant a mostrare comeil realismo trascendentale (checoncepisce il mondo a partire daoggetti indipendenti dall'espe-rienza) conduca inevitabilmenteall'idealismo empirico (cioè allatesi che il mondo sia costituito daidee - o da interpretazioni): i duecontendenti sono facce della stes-sa medaglia.

Prima di chiederci che cosaesiste o che cos'è quel che esiste,ammoniva il saggio di König-sberg, dovremmo fornire unanuova risposta alla domanda«che cosa vuol dire esistere». Al-trimenti, continueremo a dibat-terci senza speranza in uno spa-zio di manovra che, lungi dall'ave-re cinque o sei dimensioni, nonne ha proprio nessuna.

GIANNIVATTIMO

Augusto Del Noce,che era nato a Pistoia nel 1910,fu anche lui tra gli allievi del to-rinese liceo D’Azeglio, dove siformarono i tanti intellettualiche fecero della capitale subal-pina uno dei massimi centridella cultura antifascista deglianni a cavallo della secondaguerra mondiale. Ma non erauno degli allievi di AugustoMonti, e per molti aspetti que-sto è come emblematico dellasua diversa formazione e poidel suo pensiero maturo.

Francamente antifascista,ma insieme fin da giovane sin-cero cattolico e lettore di Mari-tain ai tempi in cui quest’ulti-mo sosteneva le ragioni dei re-pubblicani di Spagna, Del No-ce fu la voce anti-illuministadell’antifascismo torinese, nel-l’ambito del quale fu vicino aFelice Balbo e al romano Fran-co Rodano, autori alla fine del-la guerra di un effimero tenta-

tivo di creare un movimentodei «comunisti cattolici».

Il fatto è che - come spiegaLuca Bagetto in uno dei più lu-cidi e informati libri su quel pe-riodo della storia culturale diTorino (Il pensiero della possibi-lità, Paravia, 1993) - Del Nocesi era trovato a simpatizzarecon il marxismo considerando-lo come una possibile via di su-peramento dell’idealismo, finoad allora dominante in Italia; evedendovi anche un possibilefattore di purificazione del cri-stianesimo dall’imborghesi-mento del periodo fascista.

Antifascismo, «tentazio-ne» catto-comunista, sforzo diuscire dal clima idealista domi-nante costruendo una culturacattolica capace di contribui-re al rinnovamento civile del-l’Italia - tutti questi furono an-che i contenuti migliori dellaDemocrazia Cristiana del do-poguerra, e ponevano Del No-ce al centro più vivo del dibat-tito di quegli anni, in cui di-mensione politica e dimensio-ne religioso-filosofica si incro-ciavano anche negli stessi per-sonaggi e nei loro rapporti:per esempio Pavese vicino altomista Carlo Mazzantini, e lostesso Del Noce in continuodialogo con Bobbio e il gruppodella Einaudi, al quale apparte-neva in posizione eminente ilnobile cattolico Sergio Cotta.

Oltre che nel citato libro diBagetto, la rievocazione delclima di quella Torino del do-poguerra i lettori la troveran-no, di prima mano, in tante pa-gine de Il problema dell'atei-smo, che ora Il Mulino oppor-tunamente ristampa.

Si tratta solo di un docu-mento di significato storico?Non pensano così, ovviamen-te, i tanti discepoli e cultoriche Del Noce ha avuto negli

anni, a cominciare da RoccoButtiglione che ne ha coltivatoanche, e specialmente, l’ereditàpolitica, in una direzione che haaccentuato l’intento anti-illumi-nistico e antimoderno del pen-siero del maestro. Tuttavia unacerta sensazione di lontananzanon possiamo evitarla, se pen-siamo a come si parla oggi diateismo.

La tesi che regge il libro, etutto il pensiero di Del Noce, èche l’ateismo sia l’anima stessadella modernità, la quale ha con-siderato e vissuto se stessa co-me una progressiva presa dicongedo dalla trascendenza.Quella che in altri termini sichiama secolarizzazione è perl’appunto la progressiva scom-parsa del riferimento al sacro afavore di una visione della storiache ha sempre più come esclusi-vo protagonista l’homo faber.

E’ legittimo questo distaccoprogressivo dalla trascenden-za? La «verità» della moderni-tà, pensa Del Noce, è solo nellapretesa che, posto ciò che è av-venuto, oggi «non sia più possi-

bile» parlare di trascendenza.Insomma, non sembra abbia al-cun senso pensare la storiaumana se non come una affer-mazione sempre più piena del-l’immanenza. Se si vuole prova-re a costruire una linea alterna-tiva allo storicismo immanenti-stico moderno bisogna comin-

ciare a riannodare il filo che le-ga il pensiero cristiano alla me-tafisica greca: qui Del Noce èbuon discepolo di Carlo Maz-zantini, che non voleva esserechiamato tomista (meno chemai neo-tomista) ma metafisicoclassico.

Proprio la metafisica greca,con il suo insistere sull’essereche si dà come «oggetto» al pen-siero, con le sue leggi e le sue es-senze, è ciò che si deve opporre

allo storicismo razionalisticodella modernità. Non è vero -metafisicamente - che si deveessere moderni e cioè prenderecome inevitabile il distacco dal-la trascendenza, poiché è (or-mai) un fatto, dunque la realtàstessa. Ma, domandiamo: saràmetafisicamente vero che si de-ve riprendere la metafisica gre-ca e cioè una filosofia della Tra-scendenza? Del Noce ritieneche l’ateismo moderno abbia uncarattere postulatorio: alla basedella assunzione del processo diprogressiva secolarizzazionedel pensiero e dei costumi c’èuna decisione, quella di rifiutarela dottrina del Peccato originalee dunque di assumere la condi-zione attuale dell’uomo comesua condizione normale.

L’anelito a un oltre dalla sto-ria, alla vita eterna, la stessaidea di una radicale trasforma-zione della nostra esistenza -che si pensi come redenzione ocome rivoluzione - testimonia-no che non possiamo restare so-lo sul piano dell’immanenza. Ri-suonano qui, nel discorso di Del

Noce, sia motivi dell’esistenziali-smo (che lo accomunano a un al-tro maestro torinese, Luigi Pa-reyson), sia una eredità di Car-tesio (a cui Del Noce dedicò si-gnificativi studi), per il quale, co-me si sa, il cogito rinvia immedia-tamente all'idea dell’infinito cheè in noi e che proviene da Dio.

Mentre questi motivi esi-stenzialistici conservano tuttala loro attualità (la condizioneattuale dell’uomo non è la suacondizione normale, l’unica pos-sibile), l’idea della modernità co-me necessariamente destinataall’ateismo sembra più caduca.Che direbbe Del Noce di unapost-modernità che proprio nel-la dissoluzione della rigidità del-la metafisica greca trova nuovevie aperte anche per la coscien-za religiosa? Per non chiudersinello storicismo unilineare del-la modernità Del Noce non do-vrebbe più considerare l’atei-smo come l’esito necessario chela condanna. Ci sono buoni moti-vi - come insegnava del resto ilsuo Pascal - per azzardarescommesse diverse.

Bernard Williams(1919-2003) è stato un rap-presentante benemerito

della filosofia analitica, formatosia Oxford, poi docente a Londra,Cambridge e Berkeley, il «restau-ratore» di un modello perentoriodi verità in contrasto con le ten-denze dissolutive della cultura po-stmoderna.

Anche nella sua ultima operatradotta in italiano, Il senso delpassato (Feltrinelli, pp.430, € 45),Williams fonda la sua posizione te-orica a partire dall’analisi di quel-lo che è considerato per antonoma-sia il fautore del rifiuto della nozio-ne di verità, cioè Nietzsche, colui ilquale affermò - secondo una vulga-ta assai superficiale - che non esi-stono fatti ma soltanto interpreta-zioni. Ne consegue il prevalenteschieramento dei contendenti: ifautori dell’ermeneutica ne procla-mano la paradossale evidenza; ifautori dell’ontologia lo considera-no un enunciato fallace ribadendol'esistenza dei fatti, incontroverti-bile.

I continentali e gli analitici ap-

paiono come due opposti estremi-smi, due posizioni unilaterali, en-trambe insolventi nei confronti dellacomplessità del reale. Ma quale sen-so può avere - si interroga Williams- dedicare una vita di pensiero allanarrazione genealogica - come feceNietzsche e poi, tra gli altri, Fou-cault - se non quello di «dare un li-gnaggio decente alla verità e alla ve-ridicità»? In altri termini, si trattadi mettere a distanza, smascherare

o decostruire un'atavica prospetti-va metafisica e cristiana per attinge-re ad una nozione di verità più atti-nente o conforme alla realtà, che tut-ti noi possiamo osservare anche sen-za professare un credo positivista.

Quello perseguito da Nietzscheappare così come un impegno neiconfronti della verità, forse il più ri-soluto ed efficace dell’età moderna,seguito poi nel ‘900 dall’esempio diWittgenstein. Si tratterà di ricorda-

re, con Williams, che il Nietzschedel’Anticristo, da vecchio filologo,considerava «il senso dei fatti l'ulti-mo e più prezioso di tutti i sensi»; ipositivisti del suo tempo, però, ave-vano idolatrato i fatti (prima di luise ne era accorto Marx) e così sem-brò opportuno mitigarne le pretesedi egemonia culturale, così da ospi-tare nel sapere anche l'innegabile di-mensione interpretativa, aggiungen-do subito (e qui sta la rimozione dicoloro che lo citano) che anche la suapersonale era un'interpretazione,perché l'argomento scettico deve ap-plicarsi a tutti.

Questo vale anche alla luce dellacircostanza che l'interpretazionemorale della psicologia (fondata suuna nozione fittizia di soggetto) è re-sponsabile della più imponente falsi-ficazione operata nella cultura occi-dentale, rispetto alla quale andreb-be ricordato, in nome di una istanzarealistica, che «esistono dei fatti darispettare». Semmai, la questionedecisiva per Nietzsche, erede dellacultura tragica dei greci, consistenello stabilire quanta verità l'uomopossa sopportare.

Del Noce, il cristiano chenon volle essere moderno

GLI INTELLETTUALI E IL POTERE

Sulla tirannide, ieri e oggi= Quale rapporto tra filosofia e potere politico? Duepercorsi distinti o un possibile, necessario incontro, in nomedella libertà? Leo Strauss e Alexandre Kojève si confrontano,a partire dal Gerone, dialogo del greco Simonide, in scritti elettere Sulla tirannide, raccolti da V. Gourevitch e M. S.Roth (ed. it. a cura di G. F. Frigo, trad. di D. De Pretto,Adelphi, pp. 398, € 48). Gli intellettuali che nel ‘900, a destrae a sinistra, hanno taciuto la tirannia dei totalitarismi sonobersagliati da Mark Lilla, che critica Il genio avventato diHeidegger, Schmitt, Benjamin, Kojève, Foucault, Derrida(trad. di G. Gallo, B.C. Dalai, pp. 238, € 17,50).

Da Parmenidee Aristotele al ’900con de Saussure, Russelle Chomsky, cercandonuove grammatiche

Con Andrea Moro,un «viaggio al centrodella frase» perscoprire le connessionifra uomo e natura

Achille Varzi indaga«Il mondo messoa fuoco»: un dibattitoche può trovare in Kantl’essenziale baricentro

Quante ideestan dentroil verbo essere

pp Achille C. Varzip IL MONDO MESSO A FUOCOp Laterza,pp. VIII -208, € 16

RILETTUREMARCO VOZZA

Trovare la veritàrispettando i fatti

La «lezione» di Bernard Williams,un analitico sulle orme di Nietzsche

Qui si spaccail pensierosu due tavoli

«IL BUON USO DEL MONDO» SECONDO NATOLI

Non ci basta saper fare= Viviamo un’epoca che celebra gli «uomini del fare». Mafare che cosa? E fare come? Ci bastano le «abilità», tanto dapoter fare a meno delle «virtù»?. Muove da queste domandeil saggio di Salvatore Natoli Il buon uso del mondo. Agirenell’età del rischio, ovvero «come saper tenere la rotta pernon fare naufragio» (Mondadori, pp. 272, € 18,50). Conlimpido argomentare, il filosofo propone una «nuova formadi ascesi» - definita con Nietzsche «ginnastica della volontà»- per «distinguere ciò che davvero ci serve da ciò che ciasserve». Solo così sarà possibile vivere la libertà, privata epubblica, come autodeterminazione e come democrazia.

FRA HANNAH ARENDT E HEIDEGGER

La banalità dell’amore= Una pièce teatrale per raccontare il rapportoappassionato quanto drammatico fra la Arendt eHeidegger, ovvero La banalità dell’amore. L’ha scritta inebraico Savyon Liebrecht (trad. di Alessandra Shomroni,edizioni e/o, pp. 122, € 14). Si intersecano l’abbracciodionisiaco tra la giovane Hannah e il maturo Martin,l’allieva e il professore, e i ricordi, 50 anni dopo, dellaArendt, posta di fronte alla «complicità» del filosofo con ilnazismo, scelta meschina e codarda: ma per lei - «al cuorenon si comanda -, prevarrà sempre «l’amante romantico»,il cui incontro ha «segnato la fine dell’infanzia».

LEZIONI, INCONTRI E RITRATTI

Quelli che pensano per vivere= Le eterne domande: il male, la verità, la felicità, la libertà,Dio. Cercano risposte le Piccole lezioni su grandi filosofi, daSocrate a Cartesio, da Pascal a Jaspers, svolte da LeszekKolakowski (trad. di V. Nosilia, Angelo Colla ed., pp. 202,€ 19). Ripercorre La saggezza dell’Occidente, dai Greci al XXsecolo, la personalissima e discussa sintesi di Bertrand Russell,comunque, scrive Odifreddi, «una vetta della divulgazione»(trad. di L. Pavolini, Longanesi, pp. 422, € 26). Si concentra suipensatori del ‘900, con incontri e ritratti, da Junger, Gadamer,Nolte a Freud,Heidegger, Schmitt, I filosofi e la vita diAntonio Gnoli e Franco Volpi (Bompiani, pp. 214, € 10,50).

pp Augusto Del Nocep IL PROBLEMA DELL’ATEISMOp intr. di Nicola Matteuccip postfaz. di Massimo Cacciarip il Mulino, pp. XXVI, 588, LXV, € 22

«IL BAMBINO FILOSOFO» E I FILOSOFI PER I RAGAZZI

Capire, fin dall’infanzia= Alison Gopnik, studiosa dell’apprendimento infantile, cipresenta Il bambino filosofo (trad. di F. Gerla, BollatiBoringhieri, pp.298, € 19): ovvero come fin dall’ infanziapossiamo comprendere «verità complesse e profonde» eancor prima di imparare a leggere, scrivere, e «ragionare»possiamo esercitare «capacità immaginative e creative» ecapire «come funziona il mondo». Se così è, allora si puòproporre anche a un ragazzo una Piccola storia dellafilosofia, come prova a fare Ramón Irgoyen (trad. di F. Devite,Tropea, pp. 189, € 13): un bignami, dai Greci a Popper, aldilàdelle lodevoli intenzioni ancora molto scolastico.

pp Andrea Morop BREVE STORIA

DEL VERBO ESSEREViaggio al centro della frasep Adelphi, pp. 329, € 26

DIVAGAZIONIMOLTO«ANIMATE»

Nel giardino di Jung= Uno psicologo e un analista, Gian Piero Quaglino eAugusto Romano, continuano a divagare intorno all’ordine eal senso del vivere, dialogando con il Maestro prediletto: cisono andati «a spasso» e «a colazione» e ora entrano Nelgiardino di Jung (Raffaello Cortina, pp. 178, € 12). Conironica affabilità, rifuggendo da pedissequa accademia elasciando messaggi e massaggi ai postini del cuore, offrono,con storie e pensieri, un percorso nel «profondo» per chi ha ilcoraggio di cercare e provare la propria via/vita, senzacertezze né consolazioni, ma anche senza rinunce, pagando ilprezzo delle proprie libere scelte, il bene più prezioso.

Lingua e filosofia Così la sintassifa i conti con la biologia e la storia

Che direbbe oggi?Nella post-modernitàsi possono dischiuderevie inesplorate ancheper la coscienza religiosa

Achille Varzi insegna Logica e Metafisica alla Columbia University, New York

Voce anti-illuministadell’antifascismotorinese, opposeallo storicismola metafisica greca

Realtà e realismo Come chiarirecosa esiste e cos’è ciò che esiste

Gustav JungHannah Arendt

Augusto Del Noce nacque a Pistoia l’11 agosto 1910. Il suo saggio più importante, «Il problema dell’ateismo», è riproposto dal Mulino

Andrea Moro insegna Linguistica all'Università San Raffaele di Milano

Letto da Matteucci e CacciariAugustoDelNocenacqueaPistoia l’11agosto1910, si spenseaTorino il30dicembre1989.Lasuaprincipaleopera teorica,«Ilproblemadell’ateismo»uscìnel1964.NellanuovaedizionedelMulino,un’introduzione (nondatata)diNicolaMatteuccinericorda la figuradipensatoreepolemistaagguerrito,danonincasellarecome«antimoderno»,seguendola«battuta»diBobbiochelodefinì «ilDeMaistreitaliano».NelladensaedottapostfazioneMassimoCacciariesamina il concettodiateismonelletappedelpensiero filosofico,finoal«nihilismo»,conunainterpretazione«prossima»ma«differente»rispettoaDelNoce,daNietzscheaHeidegger,passandoperLeopardi,chepostulando la infinitapluralitàdeimondi«nonsolononnega,mafa«risultarecostante» l’ideadiDio.Mentre l’ateismopraticooggiimperanteè«obliodi sestesso»,pura indifferenza.

Pensatori e ideeIVTuttolibri

SABATO 7 AGOSTO 2010LA STAMPA V

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Anniversario A un secolo dalla nascita, torna «Il problema dell’ateismo», la sua criticadella nostra epoca secolarizzata che ha preso congedo dal sacro e dalla trascendenza

GIANFRANCOMARRONE

C'è stato un tempo, fe-lice ancorché rimosso, in cui lalinguistica costituiva il model-lo privilegiato per la ricercascientifica. Oggi suona strano,ma qualcuno ancora ricorderàcome per tutta la prima metàdel Novecento, moltissimi stu-di nel campo della società e del-la cultura, ma anche della vitae del cosmo, guardassero alleindagini linguistiche come aun evidente esempio di un me-todo al tempo stesso originalee rigoroso, dagli esiti conosciti-vi a dir poco straordinari.

Agli occhi di etnologi, se-miologi, sociologi, filosofi, psi-canalisti, critici letterari, maanche di matematici e geneti-sti, di scrittori, architetti e arti-sti d'ogni genere, le lingue co-stituivano un oggetto di cono-scenza degno in quanto tale diprioritario interesse; e veniva-no inoltre additate come unpiù generale modello di funzio-namento a partire da cui rico-struire la struttura di molti al-tri fenomeni sociali e istituzio-ni culturali.

Poi le cose sono cambiate,in qualche modo paradossal-mente, giusto da quando NoamChomsky, il più grande lingui-sta del secolo scorso, rico-struendo una sorta di gramma-tica universale a tutte le lingueha fatto transitare la sua disci-plina dall'alveo delle scienzeumane a quello delle scienzedella natura: donandole un pedi-gree di tutto rispetto, ma conte-stualmente assoggettandola ai

«poteri forti» della biologia, del-la psicologia sperimentale, del-le neuroscienze. Meglio gareg-giare coi primi che primeggia-re fra gli ultimi, avrà pensato.

Tuttavia accade ancora,talvolta, che la vecchia reginad'un tempo agiti nuovamentel'orgogliosa corona. Provandoa mostrare come le lingueumane non siano un qualsiasioggetto di conoscenza fra i tan-ti possibili, come (poniamo) laclasse dei rettili o le regole ma-trimoniali degli aborigeni. Poi-ché, studiandole, si finiscesempre e inevitabilmente perincontrare, e indirettamenteaffrontare, alcuni problemi fi-losofici cruciali, come quelli re-lativi alla verità o al tempo, all'identità soggettiva e culturale,alla divinità, all'idea di natura,alla forma dell'universo e simi-li. Così è certamente per la Bre-ve storia del verbo essere di An-drea Moro, testo importanteche avrebbe potuto diretta-mente esser intitolato (moltomeno seriamente, ma conqualche ragione teorica) «Bre-vi cenni sull'essere».

Esaminando le complessequestioni strutturali relativealla sintassi linguistica del ver-bo essere, attraverso una me-

todologia rigorosa e un gradevo-le stile narrativo, Moro rendeconto della gran quantità di que-stioni storiche, filosofiche, an-tropologiche e biologiche che ta-le organizzazione sintattica tra-scina con sé. Scorrono le anti-che teorizzazioni di Aristotele,quelle dei modisti medievali edei logici secenteschi, ma anchele delicate questioni teoriche diBertrand Russell o di studiosimeno noti, ma non secondari,come Jespersen. Per giungeresino a Saussure, Chomsky e alruolo centrale della frase nell'analisi linguistica. Non senza al-cune puntate sull'apporto che leneuroscienze stanno dando allostudio del linguaggio umano.

Così, da una parte, viene fuo-ri l'imbarazzante osservazioneche l'essere-in-quanto-esseresu cui la metafisica occidentaleha tanto dibattuto da Parmeni-de in poi non è altro, in fondo,che un'ipostasi teorica della sin-tassi del greco antico, che ha po-chissimi riscontri nella maggiorparte delle altre lingue parlatenel mondo, ieri come oggi. Inmolte di esse, fra l'altro, non esi-ste alcun corrispondente lessi-cale del verbo essere, ma una plu-ralità di forme verbali ognuna del-le quali rende conto di un aspetto

particolare di tale verbo (che pernoi, pensanti entro la nostra lin-gua, è un'ovvietà assoluta).

L'essere si dice in molti mo-di, diceva già Aristotele, ma perragioni assai diverse da quelleproposte dal Filosofo: a cambia-re sono le relazioni sintatticheche esso, in quanto verbo, intrat-tiene con gli altri elementi costi-tutivi d'una frase: il soggetto e ilpredicato.

D'altra parte, il libro mostracome in effetti il verbo essere ab-bia un comportamento eccentri-co rispetto alla sintassi canonicadelle frasi, e necessiti pertantodi una formula molto particola-

re che possa spiegarne il funzio-namento asimmetrico. Emergecosì l'idea di grammatiche «noneuclidee» che, al modo delleomonime geometrie, sospendo-no alcuni postulati della gram-matica tradizionale, ammetten-do l'esistenza di una pluralità distrutture di frase, senza per que-sto rinnegare l'idea della linguacome sistema unico e cristallinodi forme interrelate fra loro.

La scommessa intellettualeche questo «viaggio al centrodella frase» finisce per giocarenon è da poco. Ancora una vol-ta, una teoria linguistica a pri-ma vista molto complessa, qua-si esoterica, finisce per avere ri-svolti importanti su una serie ditemi decisivi: la sintassi frasticatracima nella relazione fra lin-guaggio e cervello, fra linguag-gio e biologia, fra uomo e natu-ra. Fra l'essere della metafisicae il verbo essere delle lingue siinnescano così nuove, impreve-dibili complementarità.

ERMANNOBENCIVENGA

L’ambito di manovradi Achille Varzi, ne Il mondomesso a fuoco, è assai limitato.Per un verso, bisogna rimanerealla larga da «quell’estremismopostmoderno che finisce col so-stituire completamente i fatticon le interpretazioni»; per l’al-tro, bisogna evitare il realismoingenuo (spesso rappresenta-to, nella pratica pubblica di Var-zi, dal suo interlocutore Mauri-zio Ferraris) di chi ritiene che ilmondo contenga gli oggetti san-citi dal buon senso (per esem-pio, tavoli e sedie) e che compi-to della filosofia sia elaborarneun preciso catalogo (in osse-quio a Platone, «smembrarel'essere seguendone le nervatu-re naturali»). Né Varzi può ac-cettare il compromesso di Ecoin base al quale, sebbene moltidiversi «tagli» siano possibiliper smembrare l'essere, nontutti lo sono. È abbastanza luci-do da rendersi conto che dal fat-to che nessuno affetti un vitellooffrendo insieme l'estremitàdel muso e della coda non segueche ci siano leggi di natura chelo impediscano. La scelta fra untaglio e un altro, per lui - fuor dimetafora, fra varie descrizionidel mondo - ha un carattereconvenzionale; in qualche mo-do, però, dal cilindro delle con-venzioni dovrebbe saltar fuoriil coniglio di una realtà che sfug-ga all'esecrato relativismo po-stmoderno.

Lo strumento principaleper un simile miracolo è la di-stinzione fra ontologia, che ci in-formerebbe su che cosa esiste,e metafisica, che chiarirebbe in-vece che cos’è ciò che esiste.L’ontologia affermerebbe cheesistono tavoli e la metafisicaspiegherebbe che un tavolo èun elemento del mobilio, oppu-re uno sciame di particelle, op-pure ancora un'entità quadridi-mensionale che comprende tut-te le vicissitudini spazio-tempo-rali da noi comunemente inclu-

se nella storia di un tavolo.Mettendo a frutto questa di-

stinzione, possiamo realizzareun efficace divide et impera: collo-care il relativismo nella metafisi-

ca, dove anzi siamo invitati a nonsentirci costretti da alcuna pre-sunta ovvietà e a sforzarci di im-maginare mondi a cinque o sei di-mensioni, mentre asseriamo inontologia che «tutte le mappeche disegniamo sono sempre ecomunque mappe dell'unica emedesima realtà che ci circon-da».

Il problema con la distinzioneè che è troppo efficace: rende larealtà troppo sicura da ogni erro-re (infalsificabile, direbbe Pop-per) e quindi anche vana. Quelche ne pensiamo e diciamo nellavita quotidiana (che il tavolo èsporco,che la Pianura Padana hacerti confini, che il sole sorge etramonta) è falso; ma ciò non leimpedisce di fungere da solidoquanto misterioso fondamento

del nostro pensiero e discorso. Cisarebbe la scienza, per cui Varziha grande rispetto (pur se lascienza cui fa riferimento è piùquella di Galileo che quella di Hei-senberg); ma anch'essa può sba-gliare e ha sbagliato, e non è chia-ro che cosa autorizzi a parlare diun «progresso scientifico», per ilquale, ci viene detto con tono edi-ficante, occorrerebbe pagare unprezzo, a fronte dell'arcana inef-fabilità dell'essere. Varzi insisteche sta solo cercando di stabilirecome sia possibile l'esistenza diuna realtà autonoma; ma la suaposizione corre il rischio di ridur-si al qualunquismo di chi, allar-gando le braccia, sentenzia che«tutto è possibile», e a conferirglimaggiore sostanza sembra nonrimangaaltro che un atto di fede.

Non so se esista un inarresta-bile progresso scientifico; sonocerto che non esiste una sua va-riante in filosofia e che crederlo èuna manifestazione di (cripto)he-gelismo. Il dibattito fra realismoingenuo e antirealismo postmo-derno che tormenta Varzi è lostesso che ispirò la rivoluzionecopernicana di Kant, una rivolu-

zione che è a tutt'oggi letteramorta. Fu Kant a mostrare comeil realismo trascendentale (checoncepisce il mondo a partire daoggetti indipendenti dall'espe-rienza) conduca inevitabilmenteall'idealismo empirico (cioè allatesi che il mondo sia costituito daidee - o da interpretazioni): i duecontendenti sono facce della stes-sa medaglia.

Prima di chiederci che cosaesiste o che cos'è quel che esiste,ammoniva il saggio di König-sberg, dovremmo fornire unanuova risposta alla domanda«che cosa vuol dire esistere». Al-trimenti, continueremo a dibat-terci senza speranza in uno spa-zio di manovra che, lungi dall'ave-re cinque o sei dimensioni, nonne ha proprio nessuna.

GIANNIVATTIMO

Augusto Del Noce,che era nato a Pistoia nel 1910,fu anche lui tra gli allievi del to-rinese liceo D’Azeglio, dove siformarono i tanti intellettualiche fecero della capitale subal-pina uno dei massimi centridella cultura antifascista deglianni a cavallo della secondaguerra mondiale. Ma non erauno degli allievi di AugustoMonti, e per molti aspetti que-sto è come emblematico dellasua diversa formazione e poidel suo pensiero maturo.

Francamente antifascista,ma insieme fin da giovane sin-cero cattolico e lettore di Mari-tain ai tempi in cui quest’ulti-mo sosteneva le ragioni dei re-pubblicani di Spagna, Del No-ce fu la voce anti-illuministadell’antifascismo torinese, nel-l’ambito del quale fu vicino aFelice Balbo e al romano Fran-co Rodano, autori alla fine del-la guerra di un effimero tenta-

tivo di creare un movimentodei «comunisti cattolici».

Il fatto è che - come spiegaLuca Bagetto in uno dei più lu-cidi e informati libri su quel pe-riodo della storia culturale diTorino (Il pensiero della possibi-lità, Paravia, 1993) - Del Nocesi era trovato a simpatizzarecon il marxismo considerando-lo come una possibile via di su-peramento dell’idealismo, finoad allora dominante in Italia; evedendovi anche un possibilefattore di purificazione del cri-stianesimo dall’imborghesi-mento del periodo fascista.

Antifascismo, «tentazio-ne» catto-comunista, sforzo diuscire dal clima idealista domi-nante costruendo una culturacattolica capace di contribui-re al rinnovamento civile del-l’Italia - tutti questi furono an-che i contenuti migliori dellaDemocrazia Cristiana del do-poguerra, e ponevano Del No-ce al centro più vivo del dibat-tito di quegli anni, in cui di-mensione politica e dimensio-ne religioso-filosofica si incro-ciavano anche negli stessi per-sonaggi e nei loro rapporti:per esempio Pavese vicino altomista Carlo Mazzantini, e lostesso Del Noce in continuodialogo con Bobbio e il gruppodella Einaudi, al quale apparte-neva in posizione eminente ilnobile cattolico Sergio Cotta.

Oltre che nel citato libro diBagetto, la rievocazione delclima di quella Torino del do-poguerra i lettori la troveran-no, di prima mano, in tante pa-gine de Il problema dell'atei-smo, che ora Il Mulino oppor-tunamente ristampa.

Si tratta solo di un docu-mento di significato storico?Non pensano così, ovviamen-te, i tanti discepoli e cultoriche Del Noce ha avuto negli

anni, a cominciare da RoccoButtiglione che ne ha coltivatoanche, e specialmente, l’ereditàpolitica, in una direzione che haaccentuato l’intento anti-illumi-nistico e antimoderno del pen-siero del maestro. Tuttavia unacerta sensazione di lontananzanon possiamo evitarla, se pen-siamo a come si parla oggi diateismo.

La tesi che regge il libro, etutto il pensiero di Del Noce, èche l’ateismo sia l’anima stessadella modernità, la quale ha con-siderato e vissuto se stessa co-me una progressiva presa dicongedo dalla trascendenza.Quella che in altri termini sichiama secolarizzazione è perl’appunto la progressiva scom-parsa del riferimento al sacro afavore di una visione della storiache ha sempre più come esclusi-vo protagonista l’homo faber.

E’ legittimo questo distaccoprogressivo dalla trascenden-za? La «verità» della moderni-tà, pensa Del Noce, è solo nellapretesa che, posto ciò che è av-venuto, oggi «non sia più possi-

bile» parlare di trascendenza.Insomma, non sembra abbia al-cun senso pensare la storiaumana se non come una affer-mazione sempre più piena del-l’immanenza. Se si vuole prova-re a costruire una linea alterna-tiva allo storicismo immanenti-stico moderno bisogna comin-

ciare a riannodare il filo che le-ga il pensiero cristiano alla me-tafisica greca: qui Del Noce èbuon discepolo di Carlo Maz-zantini, che non voleva esserechiamato tomista (meno chemai neo-tomista) ma metafisicoclassico.

Proprio la metafisica greca,con il suo insistere sull’essereche si dà come «oggetto» al pen-siero, con le sue leggi e le sue es-senze, è ciò che si deve opporre

allo storicismo razionalisticodella modernità. Non è vero -metafisicamente - che si deveessere moderni e cioè prenderecome inevitabile il distacco dal-la trascendenza, poiché è (or-mai) un fatto, dunque la realtàstessa. Ma, domandiamo: saràmetafisicamente vero che si de-ve riprendere la metafisica gre-ca e cioè una filosofia della Tra-scendenza? Del Noce ritieneche l’ateismo moderno abbia uncarattere postulatorio: alla basedella assunzione del processo diprogressiva secolarizzazionedel pensiero e dei costumi c’èuna decisione, quella di rifiutarela dottrina del Peccato originalee dunque di assumere la condi-zione attuale dell’uomo comesua condizione normale.

L’anelito a un oltre dalla sto-ria, alla vita eterna, la stessaidea di una radicale trasforma-zione della nostra esistenza -che si pensi come redenzione ocome rivoluzione - testimonia-no che non possiamo restare so-lo sul piano dell’immanenza. Ri-suonano qui, nel discorso di Del

Noce, sia motivi dell’esistenziali-smo (che lo accomunano a un al-tro maestro torinese, Luigi Pa-reyson), sia una eredità di Car-tesio (a cui Del Noce dedicò si-gnificativi studi), per il quale, co-me si sa, il cogito rinvia immedia-tamente all'idea dell’infinito cheè in noi e che proviene da Dio.

Mentre questi motivi esi-stenzialistici conservano tuttala loro attualità (la condizioneattuale dell’uomo non è la suacondizione normale, l’unica pos-sibile), l’idea della modernità co-me necessariamente destinataall’ateismo sembra più caduca.Che direbbe Del Noce di unapost-modernità che proprio nel-la dissoluzione della rigidità del-la metafisica greca trova nuovevie aperte anche per la coscien-za religiosa? Per non chiudersinello storicismo unilineare del-la modernità Del Noce non do-vrebbe più considerare l’atei-smo come l’esito necessario chela condanna. Ci sono buoni moti-vi - come insegnava del resto ilsuo Pascal - per azzardarescommesse diverse.

Bernard Williams(1919-2003) è stato un rap-presentante benemerito

della filosofia analitica, formatosia Oxford, poi docente a Londra,Cambridge e Berkeley, il «restau-ratore» di un modello perentoriodi verità in contrasto con le ten-denze dissolutive della cultura po-stmoderna.

Anche nella sua ultima operatradotta in italiano, Il senso delpassato (Feltrinelli, pp.430, € 45),Williams fonda la sua posizione te-orica a partire dall’analisi di quel-lo che è considerato per antonoma-sia il fautore del rifiuto della nozio-ne di verità, cioè Nietzsche, colui ilquale affermò - secondo una vulga-ta assai superficiale - che non esi-stono fatti ma soltanto interpreta-zioni. Ne consegue il prevalenteschieramento dei contendenti: ifautori dell’ermeneutica ne procla-mano la paradossale evidenza; ifautori dell’ontologia lo considera-no un enunciato fallace ribadendol'esistenza dei fatti, incontroverti-bile.

I continentali e gli analitici ap-

paiono come due opposti estremi-smi, due posizioni unilaterali, en-trambe insolventi nei confronti dellacomplessità del reale. Ma quale sen-so può avere - si interroga Williams- dedicare una vita di pensiero allanarrazione genealogica - come feceNietzsche e poi, tra gli altri, Fou-cault - se non quello di «dare un li-gnaggio decente alla verità e alla ve-ridicità»? In altri termini, si trattadi mettere a distanza, smascherare

o decostruire un'atavica prospetti-va metafisica e cristiana per attinge-re ad una nozione di verità più atti-nente o conforme alla realtà, che tut-ti noi possiamo osservare anche sen-za professare un credo positivista.

Quello perseguito da Nietzscheappare così come un impegno neiconfronti della verità, forse il più ri-soluto ed efficace dell’età moderna,seguito poi nel ‘900 dall’esempio diWittgenstein. Si tratterà di ricorda-

re, con Williams, che il Nietzschedel’Anticristo, da vecchio filologo,considerava «il senso dei fatti l'ulti-mo e più prezioso di tutti i sensi»; ipositivisti del suo tempo, però, ave-vano idolatrato i fatti (prima di luise ne era accorto Marx) e così sem-brò opportuno mitigarne le pretesedi egemonia culturale, così da ospi-tare nel sapere anche l'innegabile di-mensione interpretativa, aggiungen-do subito (e qui sta la rimozione dicoloro che lo citano) che anche la suapersonale era un'interpretazione,perché l'argomento scettico deve ap-plicarsi a tutti.

Questo vale anche alla luce dellacircostanza che l'interpretazionemorale della psicologia (fondata suuna nozione fittizia di soggetto) è re-sponsabile della più imponente falsi-ficazione operata nella cultura occi-dentale, rispetto alla quale andreb-be ricordato, in nome di una istanzarealistica, che «esistono dei fatti darispettare». Semmai, la questionedecisiva per Nietzsche, erede dellacultura tragica dei greci, consistenello stabilire quanta verità l'uomopossa sopportare.

Del Noce, il cristiano chenon volle essere moderno

GLI INTELLETTUALI E IL POTERE

Sulla tirannide, ieri e oggi= Quale rapporto tra filosofia e potere politico? Duepercorsi distinti o un possibile, necessario incontro, in nomedella libertà? Leo Strauss e Alexandre Kojève si confrontano,a partire dal Gerone, dialogo del greco Simonide, in scritti elettere Sulla tirannide, raccolti da V. Gourevitch e M. S.Roth (ed. it. a cura di G. F. Frigo, trad. di D. De Pretto,Adelphi, pp. 398, € 48). Gli intellettuali che nel ‘900, a destrae a sinistra, hanno taciuto la tirannia dei totalitarismi sonobersagliati da Mark Lilla, che critica Il genio avventato diHeidegger, Schmitt, Benjamin, Kojève, Foucault, Derrida(trad. di G. Gallo, B.C. Dalai, pp. 238, € 17,50).

Da Parmenidee Aristotele al ’900con de Saussure, Russelle Chomsky, cercandonuove grammatiche

Con Andrea Moro,un «viaggio al centrodella frase» perscoprire le connessionifra uomo e natura

Achille Varzi indaga«Il mondo messoa fuoco»: un dibattitoche può trovare in Kantl’essenziale baricentro

Quante ideestan dentroil verbo essere

pp Achille C. Varzip IL MONDO MESSO A FUOCOp Laterza,pp. VIII -208, € 16

RILETTUREMARCO VOZZA

Trovare la veritàrispettando i fatti

La «lezione» di Bernard Williams,un analitico sulle orme di Nietzsche

Qui si spaccail pensierosu due tavoli

«IL BUON USO DEL MONDO» SECONDO NATOLI

Non ci basta saper fare= Viviamo un’epoca che celebra gli «uomini del fare». Mafare che cosa? E fare come? Ci bastano le «abilità», tanto dapoter fare a meno delle «virtù»?. Muove da queste domandeil saggio di Salvatore Natoli Il buon uso del mondo. Agirenell’età del rischio, ovvero «come saper tenere la rotta pernon fare naufragio» (Mondadori, pp. 272, € 18,50). Conlimpido argomentare, il filosofo propone una «nuova formadi ascesi» - definita con Nietzsche «ginnastica della volontà»- per «distinguere ciò che davvero ci serve da ciò che ciasserve». Solo così sarà possibile vivere la libertà, privata epubblica, come autodeterminazione e come democrazia.

FRA HANNAH ARENDT E HEIDEGGER

La banalità dell’amore= Una pièce teatrale per raccontare il rapportoappassionato quanto drammatico fra la Arendt eHeidegger, ovvero La banalità dell’amore. L’ha scritta inebraico Savyon Liebrecht (trad. di Alessandra Shomroni,edizioni e/o, pp. 122, € 14). Si intersecano l’abbracciodionisiaco tra la giovane Hannah e il maturo Martin,l’allieva e il professore, e i ricordi, 50 anni dopo, dellaArendt, posta di fronte alla «complicità» del filosofo con ilnazismo, scelta meschina e codarda: ma per lei - «al cuorenon si comanda -, prevarrà sempre «l’amante romantico»,il cui incontro ha «segnato la fine dell’infanzia».

LEZIONI, INCONTRI E RITRATTI

Quelli che pensano per vivere= Le eterne domande: il male, la verità, la felicità, la libertà,Dio. Cercano risposte le Piccole lezioni su grandi filosofi, daSocrate a Cartesio, da Pascal a Jaspers, svolte da LeszekKolakowski (trad. di V. Nosilia, Angelo Colla ed., pp. 202,€ 19). Ripercorre La saggezza dell’Occidente, dai Greci al XXsecolo, la personalissima e discussa sintesi di Bertrand Russell,comunque, scrive Odifreddi, «una vetta della divulgazione»(trad. di L. Pavolini, Longanesi, pp. 422, € 26). Si concentra suipensatori del ‘900, con incontri e ritratti, da Junger, Gadamer,Nolte a Freud,Heidegger, Schmitt, I filosofi e la vita diAntonio Gnoli e Franco Volpi (Bompiani, pp. 214, € 10,50).

pp Augusto Del Nocep IL PROBLEMA DELL’ATEISMOp intr. di Nicola Matteuccip postfaz. di Massimo Cacciarip il Mulino, pp. XXVI, 588, LXV, € 22

«IL BAMBINO FILOSOFO» E I FILOSOFI PER I RAGAZZI

Capire, fin dall’infanzia= Alison Gopnik, studiosa dell’apprendimento infantile, cipresenta Il bambino filosofo (trad. di F. Gerla, BollatiBoringhieri, pp.298, € 19): ovvero come fin dall’ infanziapossiamo comprendere «verità complesse e profonde» eancor prima di imparare a leggere, scrivere, e «ragionare»possiamo esercitare «capacità immaginative e creative» ecapire «come funziona il mondo». Se così è, allora si puòproporre anche a un ragazzo una Piccola storia dellafilosofia, come prova a fare Ramón Irgoyen (trad. di F. Devite,Tropea, pp. 189, € 13): un bignami, dai Greci a Popper, aldilàdelle lodevoli intenzioni ancora molto scolastico.

pp Andrea Morop BREVE STORIA

DEL VERBO ESSEREViaggio al centro della frasep Adelphi, pp. 329, € 26

DIVAGAZIONIMOLTO«ANIMATE»

Nel giardino di Jung= Uno psicologo e un analista, Gian Piero Quaglino eAugusto Romano, continuano a divagare intorno all’ordine eal senso del vivere, dialogando con il Maestro prediletto: cisono andati «a spasso» e «a colazione» e ora entrano Nelgiardino di Jung (Raffaello Cortina, pp. 178, € 12). Conironica affabilità, rifuggendo da pedissequa accademia elasciando messaggi e massaggi ai postini del cuore, offrono,con storie e pensieri, un percorso nel «profondo» per chi ha ilcoraggio di cercare e provare la propria via/vita, senzacertezze né consolazioni, ma anche senza rinunce, pagando ilprezzo delle proprie libere scelte, il bene più prezioso.

Lingua e filosofia Così la sintassifa i conti con la biologia e la storia

Che direbbe oggi?Nella post-modernitàsi possono dischiuderevie inesplorate ancheper la coscienza religiosa

Achille Varzi insegna Logica e Metafisica alla Columbia University, New York

Voce anti-illuministadell’antifascismotorinese, opposeallo storicismola metafisica greca

Realtà e realismo Come chiarirecosa esiste e cos’è ciò che esiste

Gustav JungHannah Arendt

Augusto Del Noce nacque a Pistoia l’11 agosto 1910. Il suo saggio più importante, «Il problema dell’ateismo», è riproposto dal Mulino

Andrea Moro insegna Linguistica all'Università San Raffaele di Milano

Letto da Matteucci e CacciariAugustoDelNocenacqueaPistoia l’11agosto1910, si spenseaTorino il30dicembre1989.Lasuaprincipaleopera teorica,«Ilproblemadell’ateismo»uscìnel1964.NellanuovaedizionedelMulino,un’introduzione (nondatata)diNicolaMatteuccinericorda la figuradipensatoreepolemistaagguerrito,danonincasellarecome«antimoderno»,seguendola«battuta»diBobbiochelodefinì «ilDeMaistreitaliano».NelladensaedottapostfazioneMassimoCacciariesamina il concettodiateismonelletappedelpensiero filosofico,finoal«nihilismo»,conunainterpretazione«prossima»ma«differente»rispettoaDelNoce,daNietzscheaHeidegger,passandoperLeopardi,chepostulando la infinitapluralitàdeimondi«nonsolononnega,mafa«risultarecostante» l’ideadiDio.Mentre l’ateismopraticooggiimperanteè«obliodi sestesso»,pura indifferenza.

Pensatori e ideeIVTuttolibri

SABATO 7 AGOSTO 2010LA STAMPA V

Page 6: Tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 07/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 06/08/10 19.39

PENELOPE LIVELY

Una famiglia in villa= La signora Ramsay, con i suoi otto figlie la meravigliosa capacità di cogliere labellezza in ogni piccola cosa, siriconoscerebbe in Alison, casalinga fuoritempo, occupata a far dono di sé senzarisparmio ai sei rampolli, al marito e persinoal vecchio cane, usa a comunicare amoreattraverso il cibo. Penelope Lively, scrittriceegiziana di nascita e inglese d'adozione, netratteggia un efficace ritratto nella suaopera forse migliore, Un posto perfetto(trad. C.Piazzetta, Guanda, pp.313, €17,50). Un «album di famiglia» all'interno diuna suggestiva villa edoardiana che, similea un nido abbandonato, è rimasta adattendere i suoi abitanti dispersi nel mondoa investire i propri talenti. Ma fin dall'inizio,quando la villa dell'infanzia appare allafiglia Gina e al suo compagno, cattura conla dolce atmosfera d'un tempo che fu,lasciando però in sospeso per la presenzadella ragazza alla pari, un donnone svedeseche è restato, a figli lontani, per trent'anni aoccupare il posto accanto ai coniugi eall'unico tormentato figlio rimasto.Il racconto trascorre suggestivo trapresente e passato sul tracciato dellamemoria, dalle rituali feste di compleannoai fantasiosi giochi infantili in cantina, allaritrosia del padre scrittore in perenne attesadell'opus maius, celando con discrezione ilsuo segreto. E' quella davvero una famigliacristallina, una famiglia felice?

MARC LEVY

I misteri di una stella= Preceduto dalla grancassa dei ventimilioni di copie vendute, avanza Marc Levycon la sua ultima fatica ammantata d'unasuggestiva copertina blu cielo notturno, Laprima stella della notte (trad. V.Pazzi,Rizzoli, pp.407, euro 19,50). Famoso per ilsuo interesse per la metapsichica con amoricapaci di vincere le barriere della morte,Levy in questo romanzo, seguito di Il primogiorno con però una sua vesteautosufficiente, narra di un altroinquietante mistero che ancora forza lepareti del quotidiano e approda ai grandimisteri della cosmogonia e dell'universo.Al centro un magico ciondolo che, colpitodal fulmine o da un potente raggio di luce,miracolosamente riproduce il cielo stellato

com'era quattrocento milioni di anni fa.Smembrato secondo i punti cardinali inquattro parti nascoste in luoghi vicini aigrandi corsi d'acqua, costringe amirabolanti avventure una coppia diastrofisici innamorati, ferocementeostacolati nella ricerca da spie nemiche incontrasto con le forze del bene.Il rocambolesco viaggio intorno al mondo,alla caccia di un mistero forse inconoscibile,ha un suo innegabile fascino.

RACHEL HORE

Nella bottega del vetro= Perfetto per un pensoso riposo estivo Lafiglia del decoratore della londinese RachelHore (trad. M. Frassi, Corbaccio, pp. 421,euro 18,60). Un racconto che ha leleggerezze e i bui di una fiaba per adulti, conun'accurata descrizione di opere pittoriche,dei preraffaelliti in particolare, nonché branidi musica classica. Fran, la protagonista,suonatrice di oboe e corista, è richiamata allabottega di artigianato artistico del vetro,Munster Glass, dalla notizia della gravemalattia del padre che ne è il titolare. Veropozzo magico, il negozio riporta alla luce lavetrata dell'angelo destinata alla chiesaparrocchiale e legata a una storia anticad'amore e di morte, che s'intreccia alla favolamoderna di Fran, tormentata dal misterodella madre scomparsa, in cerca della propriarealizzazione nell'arte ma anche di un uomoche sappia comprendere i suoi sogni.

KATHERINE PANCOL E ANNA GAVALDA

Un’estate e un giorno= Un libro lungo un'estate Il valzer lentodelle tartarughe di Katherine Pancol (trad.R. Corradin, B.C.Delai, pp.600, € 20), séguitodi Gli occhi gialli dei coccodrilli. Joséphine,scrittrice timida e insicura prevaricata dallaterribile sorella ora finalmente silente, traditada un marito fedifrago dalla oscura morte,ritorna con la sua amabile personalità adistricare i guai propri e familiari. Nelle sueavventure di ordinaria follia s'insinua il gialloe il nero di omicidi insoluti. Come sempre, ilracconto si snoda intrigante, non banale.Un libro lungo un giorno è invece Il regalo diungiorno (trad. di L. Cisbani, Frassinelli, pp.159, € 15) di Anna Gavalda, enfant gâté delrosa francese. La giornata vivida e sbarazzinadi tre fratelli che, sbrogliatisi della noiosa econformista cognata, tornano «bambini».Con linguaggio evanescente e insiemeprofondo, Gavalda, ironica e consapevole, farivivere l'incanto scanzonato dell'infanzia. Mia Peluso

Consigli d’estate TuttolibriSABATO 7 AGOSTO 2010

LA STAMPAVI

GIALLO ITALIANO Il pioniere De Angelis

Il cadaverein libreria

GIALLI TEDESCHI Wagner e Suter

Quanti falsitra tv e tele

Gialli in graphic novel Per gli appassionati di Adamsberg, orail commissario protagonista dei romanzi di Fred Vargas ha unvolto immerso nel bianco e nero dal disegnatore Baudoin, chefirma con la scrittrice la graphic novel «I quattro fiumi»(Einaudi, pp. 223, € 17). Un esempio di noir a fumetti è«Cattivi soggetti» (Bur Rizzoli, pp. 186, € 18,50), a cura diDaniele Brolli, con 5 storie di Colaprico, Boosta, Baldini, WuMing4, Macchiavelli illustrate da Benevento, Buffagni, Fabbri,Bonetti e Ponchione. A settembre arriverà da Guanda anche laprima graphic novel del commissario Bordelli, una nuovaavventura scritta da Marco Vichi, disegnata da WertherDell’Edera (pp. 180, € 15).

«THE GETAWAY MAN» DI ANDREW VACHSS

Scappa ragazzo, scappa= Che delizia questo Andrew Vachss del 2003 pubblicatosoltanto adesso da Fanucci: The Getaway Man (prefazionedi Joe Lansdale, pp. 182, € 16) è il romanzo di Eddie ilperdente. Amaro ed ironico allo stesso tempo, fa delprotagonista una sorta di eroe che cavalca piccole illusionitrasformandole in personalissime ed immense realtà pur se,agli occhi di tutti, valgono poco, esattamente come le sueambizioni. Raccontato in prima persona, è il diario di ungiovane ladro infatuato dalle auto che, quando finalmenteriesce a far sua una Thunderbird del’55 - onestamenteacquistata da una vedova che attendeva solo un verointenditore per onorare la memoria del marito, pure lui

collezionista maniaco di meraviglie a pistoni- tocca il cielocon un dito. Vive per guidare. Sogna, fantastica, immaginaogni minuto di stare al volante di macchine d’epoca o di«strumenti di lavoro» a cui però ha rifatto personalmentemotore, sospensioni, freni e frizione.Non basta: affitta esclusivamente film che svelino i segreti e ilati oscuri di arrembati fughe a quattro ruote e che scavinonella psicologia di chi per mestiere vive sulla strada.Fatalmente il suo ingresso nella vera malavita è comeautista, l’uomo cioè che attende i complici di una rapina conil motore acceso. Che, sgommando o accelerandolentamente per mimetizzarsi nel traffico, semina la poliziacon la sua inimitabile abilità, che forza indenne ogni postodi blocco e che fa mangiare la polvere a qualsiasi genere diinseguitore. La sua carriera ha una svolta in carcere, quando

viene accolto sotto l’ala protettiva del bieco J.C., boss astutoe crudele che blandisce la sua ingenua dabbenaggine perrenderlo un cucciolo fedele pronto ad esaudire, una voltafuori, desideri e piani. Ma J.C. ha anche una giovane amanteche spesso bastona e che si rifugia sempre più di frequentenell’officina di Eddie. Inevitabile che scoppi l’amore.E dunque il desiderio di salvarla dalla sua prigionia morale.Il momento propizio s’avvicina: il colpo in programma lasciaspiragli per un’ultima grande fuga da pilota più cheprovetto. Il capolavoro di una vita. L’apoteosi. E, come intutti gli hard boiled che si rispettino - e questo va ben al di làper classe e scrittura - la conclusione giunge così rapida edinattesa da provar quasi dispiace che le pagine siano finite.Come sempre, d’altronde, nelle storie di Vachss. Piero Soria

Non è mai troppa la rico-noscenza nei confrontidell'editore Sellerio. Ha

restituito onore e dignità al no-stro più grande scrittore «po-polare», Giorgio Scerbanenco,di cui è da poco in libreria L'an-tro dei filosofi. Ha rispolveratola fama un po' appannata delmitico affabulatore - e bevitore- Gian Carlo Fusco. Ci ha per-messo di capire che, in fondo, ilvero giallo italiano esisteva giànegli Anni Trenta, e che il suonome era Augusto De Angelis.

De Angelis, il grande padreputativo dei nostri thrilleristi,autore di almeno tre graniticicapolavori: Il candeliere a settefiamme, L'Albergo delle Tre Ro-se e Il mistero delle tre orchidee.Romanzi datati tra il 1935 e il1942, quando le traversie deldeclino fascista cominciaronoa costituire un'insidia per l'ap-partato e poco militante giorna-lista De Angelis. Il destino diquesto generoso narratore do-veva compiersi con la beffa diuna lite casuale - e fatale - a Bel-lagio, nel 1944, a un passo dallafine del conflitto e dopo mesi dipesante carcerazione.

Ma prima della misera finequasi da romanzo d'appendice,il romano Augusto De Angelis -classe 1888 - ne aveva scritti adecine, di romanzi, fino al suc-cesso popolare con la serie delcommissario De Vincenzi. Li-bri di viaggio, corrispondenze

dal fronte libico, racconti esoti-co-avventurosi per la rivista to-rinese Le grandi firme di Piti-grilli. Molte «vite romanzate»,da Cleopatra a Maria Antoniet-ta al figlio di Napoleone. E poiDe Vincenzi: nascita e imprese- ancora oggi appena velate daqualche sporadico arcaismolinguistico - di un uomo di leggenormale, arguto ma non sovru-mano, politicamente apparta-to, sentimentalmente indefini-to. Un eroe quotidiano senza fi-sionomia concreta, portato alsuccesso nella tv di Stato Anni70 con il volto espressivo, maforse troppo teatrale del gran-de Paolo Stoppa.

De Vincenzi si muove inuna Milano sfuggente, desertadi sera - non c'era ancora nulla«da bere», forse - dove la cam-pagna è a un tiro di fionda e laborghesia, spesso, cela segretiinsospettabili. La generosa ca-ratterizzazione dei personaggiriflette un'ansia - o una incon-scia consapevolezza - di moder-nità piuttosto lontana dai cli-chés tipici del periodo di esalta-zione fascista. Cognomi anchestranieri fanno capolino qua elà nel risvolto delle trame, mala sostanza tutta italiana dei

soggetti è assai distante dagli im-pedimenti causati dalle legge del1937 che non voleva criminali ita-lici nelle storie gialle. I criminalidi De Angelis sono invece sfac-ciatamente tricolori, e la caden-za trainante dei suoi romanzi la-scia intuire la lezione di Poe ma -soprattutto - la conoscenza pro-fonda e recente di un certoFreud.

In Sei donne e un libro, del1936 (Sellerio, pp. 330, € 13), DeVincenzi è alle prese con l'omici-dio di un senatore donnaiolo edella sua giovane cameriera. De-litti all'apparenza scollegati, chesembrano trovare un punto d'in-contro nella libreria in cui è statoscoperto il cadavere dell'uomo enel furto di un antico libro di ar-gomento pornografico.

Sei donne attorno al misteroche De Vincenzi risolverà con ar-guzia e con una finta seduta spiri-tica predisposta per accalappia-re il colpevole. Un giallo bello e ri-lassante, umano, moderno nelleintenzioni e nei risultati, una cer-tezza che si consolida nel tempo,non certo un'anticaglia recupe-rata dal baule dei ricordi.

Sergio Pent

Jan Costin Wagner ha undebole per la morte. Nulladi strano per uno scritto-

re di gialli alle prese con serialkiller come in Luna di ghiaccio(Einaudi, 2005) o con misteriosiomicidi che lasciano intuire unasorta di furore vendicativo co-me in Il terzo leone arrivad'inverno (Einaudi, trad. di Pal-ma Severi, pp. 247, € 20) Ma iltrentottenne scrittore franco-fortese va ben oltre le ambizionidel genere: vi aggiunge un toc-co insolito di riflessione, osser-va la morte come squilibrio e di-sordine del mondo, la percepi-sce attraverso il dolore, cerca diesorcizzarla con il richiamo del-la vita evocata da una belle de nu-it, Larissa, mutevole icona di fe-licità.

Originale nel nuovo thrillerè la struttura binaria (passato epresente) su uno sfondo alluci-nato, quasi onirico nel labirintomentale dell'assassina, rafforza-to da un linguaggio come sem-pre sfrangiato e allusivo. E poici sono le intuizioni misteriosedel commissario finlandeseKimmo Joentaa - che si dispon-gono come i tasselli di un babeli-

co quanto fatale puzzle. Chi ha uc-ciso il patologo Laukkanen? Chiha colpito mortalmente al collo ealla testa il costruttore di mani-chini Harri Mäkelä? E ancora:chi ha tentato di eliminare il notopresentatore di talk show KaiPet-teri Hämäläinen? Tutti e tre han-no partecipato ad una trasmissio-ne in cui si discuteva di determi-nati tipi di morte utilizzando co-me esempi modelli in creta. E tut-ti e tre sono stati accoltellati.

Forse qualche parente trau-matizzato ha visto in quel mani-chino televisivo il corpo esanimedel proprio congiunto vittima diun mortale incidente e ha rivissu-to la scena come una profanazio-ne ribaltando così il proprio dolo-re in folli e irrazionali aggressio-ni. Lo pensano Kimmo e i suoi po-liziotti, ma sanno anche che è co-me cercare un ago nel pagliaio.Per Wagner invece è un sofistica-to modo di riflettere su realtà eimitazione, sul dolore individualee le strategie medianiche al pun-to che lo stesso conduttore Kai-Petteri appare come «un uomoche sullo schermo era autentico enellarealtà era una copia».

Un tema affrontato anche dal-lo scrittore e sceneggiatore zuri-ghese Martin Suter in L'ultimodei Weynfeldt «epopea di un fal-sario» (Sellerio, trad. di CesareDe Marchi, pp.331, € 14).

Qui aleggia una certa atmosfe-ra alla Hitchcock in un teso giocodi equivoci ed ambiguità in cui si

trova coinvolto il ricco borgheseAdrian Weynfeldt. Grazie a lui ciaffacciamo sul mondo delle cased'aste, degli expertise di pittura dicui Adrian è maestro. Già col for-tunato romanzo Lila Lila (Feltri-nelli) Suter aveva costruito unapologo sull'inautenticità della vi-ta quotidiana dall'ottica del mon-do editoriale. Stavolta è di scenal'arte, e soprattutto un quadrodel pittore Félix Vallotton, che unamico ha affidato ad Adrian peruna vendita all'asta. L'originale oun falso commissionato nel frat-tempo a un conoscente? Vero ofalso, Vallotton farà il miracolo eil ricco borghese si ritroverà frale braccia di una squattrinata se-duttrice.

Suter sa maneggiare con di-sinvoltura realtà e finzione in unracconto che concilia leggerezzae ironia con la critica delle ipocri-sie sociali. Dietro il mondo doratodella grande borghesia si intrave-dono crepe vistose: ci sono impo-stori e ladri, avventurieri e truffa-tori. Dietro la scrittura di Suterc'è il tocco ludico di Dürrenmatt,ma non la sua radicalità; se mai,una punta di ironica amabilitàche ricorda il Felix Krull di Tho-masMann.

Luigi Forte

«Sei donne e un libro»,l’omicidio di un politicoe il furto di un «porno»nella Milano Anni 30,indaga De Vincenzi

Un talk show che mietetre vittime e una casad’aste che spacciaun Vallotton: due puzzledi realtà e imitazione

Marc Lévy

Andrew Vachss

STORIE IN ROSA

Page 7: Tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 07/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/07 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 06/08/10 19.39

40 108 39

Acquain bocca

CAMILLERI; LUCARELLIMINIMUMFAX

9Il filoche brucia

DEAVERRIZZOLI

Caterina.Diariodi un padre...SOCCIRIZZOLI

2

Non esistesaggezza

CAROFIGLIORIZZOLI

46

7

Acciaio

AVALLONERIZZOLI

43

MisterGregory

CASATIMODIGNANISPERLING & KUPFER

5292

31

3L’ultima rigadelle favole

GRAMELLINILONGANESI

52

Un giorno

NICHOLLSNERI POZZA

La cacciaal tesoro

CAMILLERISELLERIO

84

Saggistica TascabiliNarrativaitaliana

CanaleMussolini

PENNACCHIMONDADORI

4

Narrativastraniera Varia

6

Ragazzi

100

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 25 AL 31 LUGLIO.

1. La solitudinedei numeriprimi 49GIORDANO 13,00 MONDADORI

2. Incubo bianco 33RAMBE 6,90 NEWTON COMPTON

3. L’ombra del vento 25RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

4. È una vita che ti aspetto 25VOLO 9,00 MONDADORI

5. Uomini che odiano le donne 24LARSSON 13,80 MARSILIO

6. La regina dei castelli di carta 24LARSSON 13,80 MARSILIO

7. Il giorno in più 24VOLO 12,00 MONDADORI

8. Marina 24RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

9. Venuto al mondo 22MAZZANTINI 14,00 MONDADORI

10. Il vangelo secondo Gesù 21SARAMAGO 9,50 FELTRINELLI

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

5

1. Ungiorno 43NICHOLLS 18,00 NERI POZZA

2. Il filo che brucia 31DEAVER 19,50 RIZZOLI

3. Il fattore Scarpetta 30CORNWELL 20,00 MONDADORI

4. Il palazzo della mezzanotte 26RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

5. Breaking dawn 26MEYER 19,90 FAZI

6. I terribili segreti di Maxwell Sim 25COE 18,00 FELTRINELLI

7. Olive Kitteridge 22STROUT 18,50 FAZI

8. La breve seconda vita di Bree... 22MEYER 16,00 FAZI

9. L’eleganza del riccio 22BARBERY 18,00 E/O

10. Il libro delle anime 22COOPER 19,60 NORD

1. Teoritest 14 BERTOCCHI; FABBRI; BALBONI

39,00 ALPHA TEST

2. Teoritest 13BERTOCCHI;SIRONI;BALBONI 42,00 ALPHA TEST

3. È facile smettere di fumare... 13CARR 10,00 EWI

4. Cotto e mangiato 13PARODI 14,90 VALLARDI

5. The secret 13BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

6. Esercitest 11BERTOCCHI; FABBRI; BALBONI 18,90 ALPHA TEST

7. Quando i Giganti abitavano... 8SITCHIN 19,50 MACRO

8. Esercitest 7BERTOCCHI; SIRONI; BALBONI 18,90 ALPHA TEST

9. Fate i bravi (0-3 anni) 7RIZZI 17,00 RIZZOLI

10. Gli uomini vengono da Marte 7GRAY 15,00 RIZZOLI

1. Torneranno le quattro stagioni 13CORONA 16,00 MONDADORI

2. Una cipollina in più 7GARLANDO 11,00 PIEMME

3. Toy story 3 7

3,50 WALT DISNEY ITALIA

4. Il ladro di fulmini 6RIORDAN 17,00 MONDADORI

5. Shrek e vissero felici... 6

3,50 MONDADORI

6. Viaggio nel tempo 3 6STILTON 23,50 PIEMME

7. Toy story. Gioca kit 6

12,90 WALT DISNEY ITALIA

8. La clessidra di Aldibah 6TROISI 17,00 MONDADORI

9. Diario di una schiappa I 6KINNEY 12,00 IL CASTORO

10. Diario di una schiappa III 5KINNEY 12,00 IL CASTORO

Sono sette fra fratelli e sorelle, tutti librai o quasi. En-za e Riccardo a Formia nella libreria aperta dal pa-dre 25 anni fa, in quella di Orvieto una sorella che

ha il marito chef lì, e poi c'è la Scuola Librai appunto di Or-vieto, e le nipotine che consigliavano saggi e romanzi pri-ma ancora di saper leggere... «Formia -, dice Enza -, a me-tà strada fra Roma e Napoli, venendo dall’hinterland è ilprimo posto dove cominci a respirare "in tutti i sensi", peril resto è la tipica situazione del Centro-Sud, dieci anni sen-za cinema, niente biblioteche, si legge pochissimo».

Però «dalla bistrattata provincia di Latina vengonoscrittori tra i più venduti d'Italia. Antonio Pennacchi ov-

viamente, e Chiara Valerio con Spiaggia libera tutti che èil "nostro" libro per questa estate; ma anche Vita di Mela-nia Mazzucco con i suoi emigrati da Minturno. Racconta-no storie di qui, nelle quali si riconoscono tutti: l'emigrazio-ne, la provincia, le occasioni sprecate». Sono questi i vostribestseller 2010? «Qualsiasi libro esca, qualsiasi cosa succe-da, ogni anno ad agosto l'autore più venduto a Formia nel-la nostra libreria è in assoluto Erri De Luca, con mia felici-tà. Quanto ai bestseller: da diciassette anni facciamo unarassegna estiva, “Libri sulla cresta dell'onda”. Nel 2004venne Grossman, e quell'anno, che era il primo anno delCodiceda Vinci, vendette da noi più di Dan Brown».

Avete grande fiducia nel pubblico, e nella proposta.«È il senso di questo lavoro. Sentirsi parte di una comu-

nità. Coinvolgere anche chi non legge, parlando di un argo-mento tramite i libri. A fine luglio abbiamo fatto un incon-tro sulla giustizia, con Armando Spataro e altri: sono ve-nuti in 1200! A Formia, all'aperto, su una pista di atleticaleggera! A sentir parlare di Giustizia e bellezza! Che è poiil titolo del libro di Luigi Zoja che considero fondamentale,lo regalo, lo vendo a tutti quelli che riesco, ci ho pure messouna fascetta gialla fatta a mano, "Imperdibile!", mi pren-dono in giro ma funziona...». Enza Campino della Tuttili-bri di Formia: entusiasmo puro, pura resistenza.

IL LIBRAIO CONSIGLIAGIOVANNA ZUCCONI

Antonio, Errie Chiara: è il

tris di Formia

1

1. Acqua in bocca 100CAMILLERI; LUCARELLI 10,00 MINIMUM FAX

2. Acciaio 92AVALLONE 18,00 RIZZOLI

3. Canale Mussolini 84PENNACCHI 20,00 MONDADORI

4. La caccia al tesoro 52CAMILLERI 14,00 SELLERIO

5. L’ultima riga delle favole 52GRAMELLINI 16,60 LONGANESI

6. Mister Gregory 40CASATI MODIGNANI 20,90 SPERLING & KUPPER

7. Non esiste saggezza 39CAROFIGLIO 14,00 RIZZOLI

8. Hanno tutti ragione 25SORRENTINO 18,00 FELTRINELLI

9. Il tempo che vorrei 23VOLO 18,00 MONDADORI

10. Le perfezioni provvisorie 20CAROFIGLIO 14,00 SELLERIO

1. Caterina. Diario di un padre... 46SOCCI 16,50 RIZZOLI

2. Terroni 27APRILE 17,50 PIEMME

3. Per l’alto mare aperto 8SCALFARI 19,50 EINAUDI

4. Di testa nostra. Cronache 2009-10 7CAMILLERI; LODATO 13,60 CHIARELETTERE

5. I misteri dell’agenda rossa 7VIVIANO; ZINITI 15,00 ALIBERTI

6. Mutandine di chiffon 6FRUTTERO 18,50 MONDADORI

7. La libertà dei servi 6VIROLI 15,00 LATERZA

8. Una voce, tante voci 6GALLI 17,00 ALACRAN

9. Don Vito. Le relazioni tra... 6CIANCIMINO; LA LICATA 18,00 FELTRINELLI

10. Vaticano Spa 5NUZZI 15,00 CHIARELETTERE

Classifiche TuttolibriSABATO 7 AGOSTO 2010

LA STAMPA VII

Page 8: Tuttolibri n. 1726 (07-08-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 07/08/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 06/08/10 19.39

f

FILIPPO CECCARELLI

La suburraSesso e potereFeltrinelli, pp. 240, € 15«Notevoli le doti di scrittura diCeccarelli, giornalista capace diessere sempre in prima lineasenza eccessi di narcisismo»

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JAMES G. BALLARD

Cocaine nightsFeltrinelli, pp. 292, € 6.75

«Dietro un paradiso di ricchezzae benessere si nasconde unasocietà che si nutre di crimine:Ballard i narratori italiani se limangia tutti»

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BILL JANOVITZ

Exile on Main StreetIl Saggiatore, pp. 180, e. 14«Giornalista,musicista,blogger,Janovitzci illuminasullagenesidelcelebrealbumdeiRollingStones,cheha influenzatogenerazionidimusicisti.Moltobravo».

I PREFERITI Da lookologo in «Quelli della notte», lanciando Kundera,a retroscenista di «Dagospia», avendo come autoridi riferimento Longanesi, Flaiano, Del Buono, Arbasino

MIRELLASERRI

Tutto, ovvero la suanotorietà e la sua fortuna, pre-se avvio con un romanzo…«Che io però non avevo mai let-to». Ma come? A ogni puntatadel celebre salottino tv di Quel-li della notte - dove la band diRenzo Arbore cantava in coro«Lo diceva Neruda che di gior-no si suda… ma la notte no!» -,Roberto D'Agostino, futurocreatore del sito Dagospia, ap-pariva con i suoi basettoni e ilpiglio demenziale. Il padre delquotidiano on line oggi più clic-cato e temuto - per le sue anti-cipazioni politiche ed economi-che e per le immagini del ma-go del mirino, Umberto Pizzi -,alla metà degli Anni Ottanta siera autodefinito un lookologo.E ogni sera si imbarcava inquello che era destinato a di-ventare uno dei più famosi tor-mentoni della trasmissione diArbore: una smitragliata difrasi che suonavano come su-blimi nonsense («Il mito dell'eterno ritorno riafferma, pernegazione, la vita che scompa-re una volta per sempre…») daL’insostenibile leggerezza dell’es-sere di Milan Kundera.

Un testo che finì per rap-presentare così il libro dei li-bri, il romanzo-cult che tutti«dovevano» (anche senza sa-pere bene perché) aver letto:

«Però io invece non l'ho mainemmeno aperto. Lo citavoma non l'avevo mai nemmenoavuto per le mani», ricorda ilpadre del gossip on line, nellabella casa-giocattolo ma an-che museo, nel centro storicodi Roma. Un vero tempio dellafollia arredatrice che cambiacontinuamente aspetto, tra di-vani rossi e neri, polipi, gatti instoffa, ritratti di Mao e dellaMadonna con il cuore in ma-no, falli in ceramica, opere diDamien Hirst, tomi su AndyWarhol e Ettore Sottsass .

D'Agostino in primaveraha festeggiato i primi dieci an-ni di vita del suo giornale. Ed èsalito in cattedra con una lezio-ne all'Università La Sapienzadi Roma, spiegando agli stu-denti la tecnica dadaista e sur-reale con cui titola e scrive isuoi reportages e affibbia nomie nomignoli alla classe dirigen-te, da Pierfurby (Pier Ferdi-nando Casini) al Banana (Ber-lusconi) a Bruneo (Bruno Ve-spa): «Allora avevo solo rita-gliato dal Manifesto una coltis-sima recensione di Kundera,firmata da Severino Cesari,poi diventato un animatoredell'Einaudi-Stile Libero, dellaquale non si capiva, come si di-ce a Roma, ’na mazza. Prende-vo una frase da quell'eserciziocriptico, anche se non c'entra-va niente con le immagini - ma-gari stava andando uno spez-zone con Raffaella Carrà cheballava -, e tutto l'insieme face-va un bell'effetto. Non lo cono-sceva proprio nessuno questoKundera e la battuta che circo-lava su di lui era: “E' l'unico Mi-lan che Berlusconi non puòcomprare”. Il libro andò a ru-ba. Roberto Calasso, creatoredella casa editrice di Kundera,l'Adelphi, gratissimo per il cancan, ne regalò una copia a tut-to il gruppo di Quelli della not-te. Non a me, ovviamente».

L'insostenibile leggerezzadi un «non-libro», direbbeAlice nel Paese delle Mera-viglie, le spalanca così leporte del gran pubblico.

Quando invece è iniziata lasua vita con i libri-libri?

«Con i racconti del bravissimoGiorgio Scerbanenco, di Brunel-la Gasperini, di cui uscivano i ro-manzi a puntate su Annabella, ibrani dell'ironico e spiritosissi-mo Vittorio Buttafava, oggi di-menticato. Imparai a conoscerlisui rotocalchi che mi portavamia zia, Gente, Oggi, Annabella.Mio padre era un operaio salda-tore e mia madre faceva la bu-staia. In casa, quanto a libri, nonsi scialacquava. La vera folgora-zione però arriva da una prefa-zione di Fernanda Pivano a Onthe road di Kerouac: “Questo li-bro mi legge dentro”, mi sonodetto. Con il critico musicale Pa-olo Zaccagnini - ho fatto il dj eho una buona cultura musicaleche va da Jimi Hendrix ai Beat-les ai Rolling Stones - ci presen-tiamo all'hotel Hassler di Romaper incontrare la Pivano. La im-maginavamo come una figliadei fiori con collanine, magari incanottiera. Non vedendola nell'atrio, pensiamo: “Ci ha dato ’nasola”. Stiamo per allontanarci,quando un cameriere ci indica

una signora con perle e caschet-to. Chi l'avrebbe mai detto chela Pivano fosse così?».

Anche lei si sentiva all'epocauno spirito on the road?

«In forma local. Andavo da Ladi-spoli a Roma con l'autostop emagari in moto a San Felice Cir-ceo. Con in tasca le opere di Bur-roughs, Ginsberg, Kerouac, Fer-linghetti, Bukowski. A cui sareb-

bero seguiti Faulkner, Steinbe-ck, Dos Passos, Hemingway, Di-ckens, Mark Twain e successi-vamente Swift e Stevenson. So-no andato a ritroso con le lettu-re, come un gambero. Poi sonopassato a Flaubert, Stendhal,Balzac, Proust e la Recherchecon il suo meraviglioso pettego-lezzo “alto”, e poi ai sudamerica-ni - da Roberto Bolaño con Laletteratura nazista in America,

cattivissimo - a García Márqueze Mario Vargas Llosa».

Gli scrittori beat, la sua pas-sione, arrivano a Roma pro-tagonisti della grande ker-messe letteraria sulla spiag-gia di Castel Porziano.

«C'ero pure io. Ginsberg reci-tava in inglese accompagnatodall'organetto (sul litorale ro-mano la chiamavano ’a zampo-gna): nessuno capiva niente nélo aveva mai letto. “Un Gin-sberg a Ostia”: ci sarebbe volu-to l'humour di Flaiano. Poi midedicai allo studio della lette-ratura americana con Benia-mino Placido, un vero mae-stro».

Ne seguiva le lezioni all'uni-versità?

«Stabiliva nessi, connessioni,ci faceva appassionare anchea Via col vento. Più lui ci spiega-va queste cose e più io odiavoil '68 e il tempo che aveva fattoperdere alla mia generazionedietro a Bakunin o tanti altriautori inessenziali. Fortunata-mente me ne distaccai pre-sto».

In quale circostanza?

«Durante una manifestazionevi fu un assalto a un'armeria.Vedere i miei amici con fucili epistole mi fece urlare“basta!”».

Diede alle stampe, si fa perdire, un libro di plastica gon-fiabile, «Libidine. Guida sin-tetica a una vera degenera-zione fisica e morale», che ir-ritò i cultori della tradizione.

«Più ne parlavano male e piùaveva successo. Qualcuno loparagonò anche alla m… chegalleggia, Umberto Eco, inparticolare, fu durissimo. Dis-sero che io volevo la morte del-la cultura e del libro di carta.Era, invece, una provocazionealla maniera dei futuristi o deidadaisti che hanno sempre fat-to libri di legno, di metallo».

«Pittura e controriforma» diFederico Zeri, con cui hascritto a quattro mani «Sbuc-ciando piselli», l'ha letto?

«Frettolosamente, il mio inte-resse va all'arte contempora-nea. Un'affinità elettiva la no-stra, condividevamo la vogliadi sottolineare gli aspetti grot-teschi delle persone e delle si-tuazioni: da Zeri arrivavanotutti, da Mina all'avvocatoAgnelli in elicottero. Negli in-tervalli del nostro lavoro, Fe-derico, che amava gli scherzi,faceva la voce da donna e tele-fonava alle suore dicendo frasidel tipo: “Sono la bustaia, vor-rei consegnarle quel reggise-no scapezzolato che mi ha ordi-nato”».

La lettura che l'ha spinta a di-ventare «dagospia», a fruga-re nei santuari della finanza,della politica, nei salotti piùtrendy?

«Il mio sito non è una portine-ria dove si registrano gli incon-tri con le escort, le corna allamoglie, le pieghe e le piaghedel pubblico malaffare. Credoche sia seguito per via dello sti-le, di come vengono titolate ecommentate le notizie. I mieiautori di riferimento sono Ar-basino, Flaiano, Longanesi,Oreste Del Buono, capaci di in-dagare nella realtà a colpi dibattute feroci. Però non sonomai stati dei modelli. Quandoscrivo, sono più coatto delgrande Arb ma, non venendoda Voghera, non coltivo il suostesso mito dei blasonati, diquegli aristocratici che i roma-

ni doc trattano da pari a pari,come Checco er carrettiere.Roma è una città che non ri-spetta nessuno. Gli indifferen-ti, La noia, Il conformista, La ro-mana: le opere di Alberto Mo-ravia erano, per esempio, mol-to apprezzate da noi studenti.Però quando lo incontravamo,lo consideravamo con ironia,anzi con cinismo come un ma-turo signore che le ragazze lecorteggiava tutte, o quasi».

Libri che occupano la suaestate?

«Una marea: da Canale Mussoli-ni di Pennacchi, che mi intrigaperché racconta la storia di Lati-na, zona a cui sono molto legatodal momento che la mia casa divacanze è a Sabaudia, a Exile onMain Street di Bill Janovitz, dedi-cato al capolavoro riscopertodei Rolling Stones».

Fra le prime lettureScerbanenco e BrunellaGasperini, poi Kerouace la Beat Generation,una folgorazione

Diario di lettura TuttolibriSABATO 7 AGOSTO 2010

LA STAMPAVIII

L’insostenibileleggerezzadel pettegolezzo

Nella sua valigiadell’estate «CanaleMussolini» di Pennacchie un libro su un miticodisco dei Rolling Stones

A ritroso, recuperandoDickens e Faulkner,Flaubert e Proust,García Márquez,Vargas Llosa e Bolaño

Predilige le tecnichedi dadaisti e surrealisti,le provocazioni futuriste,le battute ferocie la ricerca del grottesco

La vita Nato a Roma il 7 luglio 1948, debuttò nel 1965 come disc jockey nel programma radiofonico «Bandieragialla», condotto da Gianni Boncompagni. Renzo Arbore lo volle in tv nel 1981, nella squadra di «Quelli della notte»,come esperto di look. Nel 2000 ha aperto in Internet «Dagospia», che si è imposto come il portale del gossip.

Le opere Ha diretto il film «Mutande pazze»; ha firmato con Arbore «Il peggio di Novella 2000», con Federico Zeri«Sbucciando piselli», con Umberto Pizzi «Cafonal»; ha pubblicato con Mondadori «Libidine» e «Alta portineria».

Roberto D’Agostino

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