tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

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Sarà “semplesso” dire un sì o un no Con le recensioni e le classifiche dei bestseller Referendum in libreria Tra una settimana si voterà su acqua e centrali nucleari: come avere tutte le informazioni utili per prendere una decisione semplice su questioni complesse PIERO BIANUCCI Il contatore Geiger è lo strumento più comune per mi- surare la radioattività. Inventa- to nel 1913, nelle versioni com- merciali ha le dimensioni di un telecomando e il prezzo di un te- lefonino. Il modo più rapido per acquistarne uno è ordinarlo via Internet. Ma è inutile provarci adesso. Tutti i fornitori avverto- no che le scorte sono esaurite. Se ne riparla a ottobre. E’ uno dei tanti «effetti Fukushima». Dagli Stati Uniti all’Europa i contatori Geiger so- no andati a ruba. Il disastro nu- cleare giapponese ha spinto molti cittadini con qualche no- zione tecnica a cercare in pri- ma persona una risposta alle proprie preoccupazioni. Procu- rarsi un contatore Geiger è an- che il consiglio di Marco Casoli- no, fisico dell’Università di Ro- ma Tor Vergata, autore dell’in- stant book Come sopravvivere alla radioattività (Cooper ed.). Chi il Geiger l’ha comprato, sa che non scioglie i dubbi. Tra i contatori a buon prezzo non ce ne sono due che forniscano gli stessi dati. Le differenze vanno da 1 a 10 se non da 1 a 100. Ma gli stessi Geiger professionali devono essere interpretati: la radioattività è un fenomeno probabilistico e solo una stati- stica seria per un tempo di mi- sura adeguato dà indicazioni si- gnificative. Questo per dire che nel mon- do di oggi diventa sempre più difficile avere tutte le informa- zioni necessarie per decidere. Lo toccheremo con mano nei referendum del 12 giugno. Pun- tare sull’atomo o sulle energie rinnovabili? Siamo più garanti- ti nei nostri diritti e tutelati nel- le tariffe da un’acqua a gestio- ne pubblica o da un’acqua pri- vatizzata? Meglio la stabilità di governo a costo di avere un pre- sidente del Consiglio implicato in imbarazzanti vicende di affa- ri e di sesso o meglio che i citta- dini siano tutti uguali davanti alla legge? Diamo il primato al- la politica o alla morale? Sono questioni complesse nel senso etimologico della pa- rola: complesso – cosa diversa dal complicato – significa «ri- piegato più volte», mentre è semplice ciò che è piegato una volta sola. Purtroppo oggi di semplice è rimasto poco. E’ complesso il problema del- l’energia (nucleare e non), è complessa la gestione delle ri- sorse naturali (non solo dell’ac- qua), è complessa l’interazione tra società, politica e informa- zione. Sono complessi i mercati finanziari, le metropoli, gli equi- libri ecologici. E’ impossibile ridurre la complessità a semplicità con una bacchetta magica. Ma se non la si gestisce, la complessi- tà diventa paralizzante. In qual- che modo bisogna decidere, scegliere. Alain Berthoz, fisiolo- go della percezione al Collège de France di Parigi, nel titolo del suo ultimo libro, edito da Codice, propone una via di usci- ta: la semplessità, neologismo che suggerisce una «complessi- tà decifrabile» o se preferite una «semplicità complicata». Si tratta di adattare regole sem- plici a dati complessi per giun- gere a una sintesi che permetta di prendere decisioni. Davanti alle schede dei refe- rendum avremo bisogno di sem- plessità, e perché sia una sem- plessità documentata i libri (non certo i dibattiti televisivi) sono ancora lo strumento più utile. Sulla questione acqua esi- stono i libri ben informati di Oggi tuttoLIBRI iPad Edition A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ TITOLI PER RAGIONARE Sul prendere decisioni: Alain Berthoz LA SEMPLESSITÀ Codice, pp. 206, 25 Roberto Vacca SALVARE IL PROSSIMO DECENNIO Garzanti, pp. 220, 18,60 Su atomo e questione energetica: Marco Casolino COME SOPRAVVIVERE ALLA RADIOATTIVITÀ Cooper, pp.130, 10 M. Coderch e N. Almiron IL MIRAGGIO NUCLEARE Bruno Mondadori, pp.220, 18 Luigi De Paoli L’ENERGIA NUCLEARE il Mulino, pp.144, 9,80 G. Chiesa, G. Cosenza, L. Sertorio LA MENZOGNA NUCLEARE Ponte alle Grazie, pp. 126, 12 Sulla politica dell’acqua: Antonio Massarutto PRIVATI DELL’ACQUA? il Mulino, pp. 252, 16 Charles Fishman LA GRANDE SETE Egea, pp. 340, 28 Giuseppe Altamore L’ACQUA NELLA STORIA Sugarco, pp. 220, 16,80 Chiara Tonelli, Umberto Veronesi ACQUA E CIBO: LA RIVOLUZIONE NECESSARIA Sperling & Kupfer, pp.130, 13,50 Su stili di vita e questioni ecologiche: Luca Mercalli PREPARIAMOCI Chiarelettere, pp. 206, 14 Antonio Galdo BASTA POCO Einaudi, pp.166, 16,50 Patrick Moore L’AMBIENTALISTA RAGIONEVOLE Dalai, pp. 502, 23 DIARIO DI LETTURA I Lombardi di Doninelli Da Manzoni a Gadda e Testori QUARANTA P. XI LA STAMPA p Continua a pag. VI VIDEOINTERVISTA Maggiani tra i patrioti d’Italia LA MEMORIA Quando Soldati appiccò un bell’incendio NUMERO 1768 ANNO XXXV SABATO 4 GIUGNO 2011 IDENTITÀ EBRAICA Due amici e una coreana Le voci di Jacobson e Shteyngart LOEWENTHAL P. II ECONOMIA Neoliberismo sotto accusa I temi discussi al festival di Trento DEMICHELIS P. IX TUTTOLIBRI MEMORIE Nell’alcova di Talleyrand Il vescovo libertino e camaleonte MARCENARO P. VI-VII tutto LIBRI Con un neologismo lo psicologo Berthoz ci invita a decifrare la complessità, superando opposti dogmi SUL COMODINO Giulia Innocenzi si indigna con Céline I

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Page 1: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.58

Sarà “semplesso”dire un sì o un no

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

Referendum in libreria Tra una settimana si voterà suacqua e centrali nucleari: come avere tutte le informazioni utiliper prendere una decisione semplice su questioni complesse

PIEROBIANUCCI

Il contatore Geiger è lostrumento più comune per mi-surare la radioattività. Inventa-to nel 1913, nelle versioni com-merciali ha le dimensioni di untelecomando e il prezzo di un te-lefonino. Il modo più rapido peracquistarne uno è ordinarlo viaInternet. Ma è inutile provarciadesso. Tutti i fornitori avverto-no che le scorte sono esaurite.Se ne riparla a ottobre.

E’ uno dei tanti «effettiFukushima». Dagli Stati Unitiall’Europa i contatori Geiger so-no andati a ruba. Il disastro nu-cleare giapponese ha spintomolti cittadini con qualche no-zione tecnica a cercare in pri-ma persona una risposta alleproprie preoccupazioni. Procu-rarsi un contatore Geiger è an-che il consiglio di Marco Casoli-no, fisico dell’Università di Ro-ma Tor Vergata, autore dell’in-stant book Come sopravviverealla radioattività (Cooper ed.).

Chi il Geiger l’ha comprato,

sa che non scioglie i dubbi. Tra icontatori a buon prezzo non cene sono due che forniscano glistessi dati. Le differenze vannoda 1 a 10 se non da 1 a 100. Magli stessi Geiger professionalidevono essere interpretati: laradioattività è un fenomenoprobabilistico e solo una stati-stica seria per un tempo di mi-sura adeguato dà indicazioni si-gnificative.

Questo per dire che nel mon-do di oggi diventa sempre piùdifficile avere tutte le informa-zioni necessarie per decidere.Lo toccheremo con mano neireferendum del 12 giugno. Pun-tare sull’atomo o sulle energierinnovabili? Siamo più garanti-ti nei nostri diritti e tutelati nel-le tariffe da un’acqua a gestio-ne pubblica o da un’acqua pri-vatizzata? Meglio la stabilità digoverno a costo di avere un pre-sidente del Consiglio implicatoin imbarazzanti vicende di affa-ri e di sesso o meglio che i citta-dini siano tutti uguali davantialla legge? Diamo il primato al-la politica o alla morale?

Sono questioni complessenel senso etimologico della pa-rola: complesso – cosa diversadal complicato – significa «ri-piegato più volte», mentre èsemplice ciò che è piegato unavolta sola. Purtroppo oggi disemplice è rimasto poco. E’complesso il problema del-l’energia (nucleare e non), ècomplessa la gestione delle ri-sorse naturali (non solo dell’ac-

qua), è complessa l’interazionetra società, politica e informa-zione. Sono complessi i mercatifinanziari, le metropoli, gli equi-libri ecologici.

E’ impossibile ridurre lacomplessità a semplicità conuna bacchetta magica. Ma senon la si gestisce, la complessi-tà diventa paralizzante. In qual-che modo bisogna decidere,scegliere. Alain Berthoz, fisiolo-

go della percezione al Collègede France di Parigi, nel titolodel suo ultimo libro, edito daCodice, propone una via di usci-ta: la semplessità, neologismoche suggerisce una «complessi-tà decifrabile» o se preferiteuna «semplicità complicata».Si tratta di adattare regole sem-plici a dati complessi per giun-gere a una sintesi che permettadi prendere decisioni.

Davanti alle schede dei refe-rendum avremo bisogno di sem-plessità, e perché sia una sem-plessità documentata i libri(non certo i dibattiti televisivi)sono ancora lo strumento piùutile.

Sulla questione acqua esi-stono i libri ben informati di

OggituttoLIBRIiPad Edition

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

TITOLI PER RAGIONARE

Sul prendere decisioni:Alain BerthozLA SEMPLESSITÀCodice, pp. 206, €25

Roberto VaccaSALVARE IL PROSSIMODECENNIOGarzanti, pp. 220, €18,60

Su atomo e questioneenergetica:Marco CasolinoCOME SOPRAVVIVEREALLA RADIOATTIVITÀCooper, pp.130, €10

M. Coderch e N. AlmironIL MIRAGGIO NUCLEAREBruno Mondadori, pp.220, €18

Luigi De PaoliL’ENERGIA NUCLEAREil Mulino, pp.144, €9,80

G. Chiesa, G. Cosenza, L. SertorioLA MENZOGNA NUCLEAREPonte alle Grazie, pp. 126, €12

Sulla politicadell’acqua:Antonio MassaruttoPRIVATI DELL’ACQUA?il Mulino, pp. 252, €16

Charles FishmanLA GRANDE SETEEgea, pp. 340, €28

Giuseppe AltamoreL’ACQUA NELLA STORIASugarco, pp. 220, €16,80

Chiara Tonelli, Umberto Veronesi

ACQUA E CIBO: LARIVOLUZIONE NECESSARIASperling & Kupfer, pp.130, €13,50

Su stili di vita equestioni ecologiche:Luca MercalliPREPARIAMOCIChiarelettere, pp. 206, €14Antonio GaldoBASTA POCOEinaudi, pp.166, €16,50

Patrick MooreL’AMBIENTALISTARAGIONEVOLEDalai, pp. 502, €23

DIARIO DI LETTURA

I Lombardidi DoninelliDa Manzonia Gadda e TestoriQUARANTA P. XI

LASTAMPA

p Continua a pag. VI

VIDEOINTERVISTA

Maggianitra i patriotid’Italia

LA MEMORIA

Quando Soldatiappiccòun bell’incendio

NUMERO 1768ANNO XXXVSABATO 4 GIUGNO 2011

IDENTITÀ EBRAICA

Due amicie una coreanaLe voci di Jacobsone ShteyngartLOEWENTHAL P. II

ECONOMIA

Neoliberismosotto accusaI temi discussial festival di TrentoDEMICHELIS P. IX

TUTTOLIBRI

MEMORIE

Nell’alcovadi TalleyrandIl vescovo libertinoe camaleonteMARCENARO P. VI-VII

tuttoLIBRI

Con un neologismolo psicologo Berthozci invita a decifrarela complessità,superando opposti dogmi

SUL COMODINO

Giulia Innocenzisi indignacon Céline

I

Page 2: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.58

Identità ebraica L’ironico filo conduttoredei romanzi di Jacobson e Shteyngart

DAVIDESAPIENZA

L'isola di Sukwann èun libro bello, e anche impor-tante, per la letteratura ameri-cana di questo nuovo secolo. Epensare che, parola di Vann,«per dodici anni nessun agentedi mia conoscenza ha volutoproporlo a un editore».

La storia poggia su un im-pianto narrativo consueto: unpadre e un figlio tredicenne,Roy, si recano sull'isola diSukwann, in Alaska. Jim, geni-tore che esce da due divorzi,vuole recuperare il rapportocon il figlio. Acquista una picco-la cabin sul mare, raggiungibilesolo con l'idrovolante, immagi-na di vivere un'avventura di unanno con Roy ma il ragazzo èacerbo, per niente contento ditrovarsi catapultato da Oak-land, California, alla solitudinedel grande Nord. Tuttavia Roysi convince di essere contentodi aiutare il padre, ascoltarne ipianti e gli sfoghi notturni. Equando le cose sembrano ap-

pianarsi tra genitore e figlio, latragedia arriva inattesa.

L'isola di Sukwann, sin dalleprime pagine, evidenzia unanarrazione fluida e intensa, do-ve l'intreccio di pensieri pro-fondi e universali esaltano unaforte personalità narrativa chesi permette di cambiare trepunti di vista, tra i quali fonda-mentale risulta il quarto, quel-lo della Natura selvaggia, du-ra, estrema, mai dipinta comeostile, se è vero che le cose pre-cipitano sempre quando è l'Uo-mo a non comprenderne l'im-menso mistero e a toglierle il ri-spetto. Ecco come Vann riescea stabilire un centro, arrivan-

do a una sintesi delle diverse ve-rità raccontate da padre e figlio.

Sarà che Vann non è esan-gue scrittore da scrivania che siimmagina scenari selvaggi inversione addomesticata, vistoche proprio in Alaska è nato (co-me un John Ford della letteratu-ra, elegge il meraviglioso paesag-gio insondabile dell'Alaska a«personaggio» chiave); sarà chenelle sue letture Jack London haun ruolo centrale, e lo si avverte

nella forza incalzante del sottote-sto; sarà che il talento è mercerara e se tradotto bene come inquesta edizione, sa cosa è essen-ziale dire, come evitare pensieriinutili e retorici, che non avreb-bero spazio nella mente di duepersone coinvolte nelle vicenderaccontate: tutto questo, unito auna analisi psicologica delle di-namiche tra Jim e Roy e poi traJim e l'ambiente nel quale cercaprima una risposta, poi la reden-zione, e infine la fuga, riesce adarci un'opera profonda, avven-turosa e coinvolgente.

E così, anche quando il letto-re ha compiuto l'intero cammi-no e si è reso conto della trage-dia che a ogni latitudine laceral'anima dell'uomo quando nonriesce a comportarsi responsa-bilmente con il prossimo (comeaccade a Jim) e nei confronti del-la Natura, il messaggio dell'Isoladi Sukwann diventa intimo,ognuno può trarne un personaleinsegnamento.

Poiché alla fine, tutto sta nell'origine: «In principio il mondoera un campo sterminato e laterra era piatta. Gli animali an-davano a spasso su questo cam-po e non avevano nome, e le cosegrandi mangiavano le cose picco-le, e nessuno si sentiva in colpa.Poi vennero gli uomini, e si acco-vacciarono ai confini del mondo,pelosi e stupidi e deboli, e si mol-tiplicarono e diventarono cosìtanti e insofferenti e stufi diaspettare, che i confini del mon-do cominciarono a deformarsi».

ALESSANDROMARI

A passo di gambero,talvolta, si va lontano. È il casodi Javier Calvo, classe ’73, checon un balzo all'indietro final-mente convince: invece delpresente già sperimentato, ec-colo azzardare, ne I Delitti del-la Speranza, il passato. Finoral'autore spagnolo, al di là dicerti osanna, non ha goduto diuna vera fortuna in Italia, for-se perché i due precedenti ro-manzi soffrivano di un'ipertro-fia e di una complessità forzo-se - in particolare Il Dio riflet-tente, dove Calvo meditava surealtà e irrealtà inanellandofantasie, rimandi e citazioni.

I Delitti della Speranza inve-ce mette in scena la Barcello-na del 1877, un fumigante gro-viglio urbano aggredito dallarivoluzione industriale e inva-so da marciume fisico e spiri-tuale, ubriaconi, malavitosi,sorveglianti sanguinari, loschimediatori e bimbi sciagurati.La derivazione ottocentesca èdichiarata: «Sono tornati i rac-conti di fantasmi». Calvo siriappropria insomma di archi-tetture del gotico senza peròcadere nel mero riciclo; nonsoffoca la trama per preferirlel'ironia dirompente della pri-ma ora (e ormai normalizzata)del postmoderno, quello ame-ricano segnatamente.

Al centro della narrazioneuna scia di delitti e due prota-gonisti tetri come il cielo, quel«Soffitto delle Ombre» che in-combe sulla città. Il primo,Semproni De Paola, è un vio-lento funzionario di pubblicasicurezza; il secondo, Mene-laus Roca, è uno scienziato os-sessionato dai suoi studi eosteggiato, addirittura incar-cerato e liberato dopo dieci an-ni per aiutare le autorità. Idue, ce lo fa sapere lo stessoCalvo, sono personaggi chenon suscitano immedesimazio-ne: Semproni De Paola è unacreatura brutale marchiata

da un difetto fisico - l'autore l'havoluto mingherlino, affetto dauna sorta di nanismo che bilan-cia (o origina) la sua maschiacrudeltà; Menelaus Roca è inve-ce un anatomista che vive nel-l’ombra perché patisce la luce ela folla, indefesso nello sforzo vi-sionario di snidare il cosiddettoRagno Basale, ossia l'anima chelascia il corpo umano nell’avven-to della morte.

Il duo investiga sui criminiche stanno terrorizzando Bar-cellona, ma l'indagine è l'occa-sione per allargare la prospetti-va su sotterranei, manoscrittiantichi e misfatti, società segre-te, contese fra potenti e smotta-menti nell’ordine sociale: l'ani-ma de I Delitti della Speranza, aben guardare, è infatti la ciudadstessa, un'arena dove la vita deisecoli passati - una tradizione di

modelli, abitudini, misere gioie,fede e prevaricazioni - è incalza-ta dalla modernizzazione e dalmaterialismo, da nuove povertàe aberrazioni.

Non è secondario, così, il ruo-

lo dato da Calvo a un terzo per-sonaggio, Aniol Almarrosa, ro-manziere da feuilleton che si ar-ricchisce grazie ai delitti e allenuove perversioni pubblicandoun'opera che sfida la morale delpubblico stuzzicandola, ridefi-nendola. E in questo quadro, delresto, va letta anche la figura di

Menelaus Roca, sia nella sua ar-dita attività di studioso, sia nelrapporto con l'assistente muta,salvata dalla sorte che le sareb-be toccata «tradizionalmente» eal contempo maltratta e costret-ta a subire i nuovi sfregi del pro-gresso. Ma ciascuno dei perso-naggi, nel corso della narrazio-ne, viene travolto dalla lenta on-da che va sommergendo la ciu-dad - non per purificarla, ma perimporle un volto nuovo, la ma-schera della modernità: perciònon resta che imparare una nuo-va meccanica respiratoria.

Convince, dunque, questoCalvo, per il tentativo di intra-prendere una strada nuova; an-ziché reclamare un ruolo nel tar-do postmoderno ne magnificacerte maniere, alcuni temi, pie-gandoli però alla necessità e sco-prendo così una voce sua.

LUIGIFORTE

Le ombre tornano insi-diose nella scrittura di DieterSchlesak, autore di un grandee terribile libro come Il farmaci-sta di Auschwitz. Incalzano dinuovo frammenti autobiografi-ci e tormentosi scorci storici,immagini che escono con ir-ruenza dal passato e spalanca-no abissi nel suo ultimo roman-zo, L’uomo senza radici, tradot-to da Tomaso Cavallo. Gli inter-rogativi restano quelli di sem-pre anche per il nuovo protago-nista, Terplan, uno scrittore te-desco nato in Transilvania efuggito dalla Romania del ditta-tore Ceausescu, che ha cercatoinvano riparo a Berlino per poifinire ad Agliano, non lontanoda Camaiore. Autore e perso-naggio si sovrappongono in ungioco di specchi: anche Schle-sak, che aveva appena sei anniallo scoppio della guerra, pres-sato dai ricordi e dall’immagi-ne sfocata del bambino felice-mente immerso nel mondo

multietnico della Mitteleuropa,ha trovato da tempo rifugio nelpiccolo borgo toscano.

Oggi è il protagonista del ro-manzo che ridisegna quella real-tà svanita fra violenti conflitti inuna trama narrativa intessuta diconfessioni, flash-back, eventi esogni. Dal suo esilio italiano lo ri-chiama infatti la morte della ma-dre e quel ritorno a casa riapreferite, scorci sulle atrocità del na-zismo e della dittatura postbelli-

ca, e riporta la riflessione al temadi fondo delle pagine di Schle-sak: come sia stato possibile chepadri e mariti affettuosi si sianotrasformati in brutali assassini.Come si può conciliare normali-tà e follia, un'infanzia felice nellacittadina transilvana di Schäs-sburg con le atrocità dei lager do-ve gli stessi parenti di originesassone, rievocati dal protagoni-sta, divennero aguzzini di amicie conoscenti ebrei. La tensione si

fa insopportabile e la quotidiani-tà di allora continua a generaremostri sull’onda della memoria.

L'anabasi dello scrittore è unviaggio nel mondo delle ombreche il suo morbido linguaggio de-canta in una melodia di infinitetristezze, in un richiamo di sapo-ri antichi, in un costante attritofra ieri e oggi, tra affetti domesti-ci e tragedie storiche. Lui stessoconfessa: «Non esiste nulla di piùforte nel mondo che il vortice de-

gli assenti». La morte qui tuttoavvolge e sembra mettere unpunto finale al senso del tempoe all'idea stessa di storia. Nonsi è solo dissolta la Transilva-nia, la regione del cuore, ma lasperanza di un ubi consistam, diun'identità, di una patria chenon sia eterno esilio. La figuracentrale della madre riflette inmodo perfetto l'insanabile dico-tomia del personaggio che inlei ricorda la sorgente di ogni

amore, ma anche le sue simpa-tie per la dottrina nazionalsocia-lista. «Ero dilacerato e ancoraoggi sono inguaribilmente scis-so», dichiara il protagonista,che ha trovato rifugio altrove esoccorso nella moglie Hannah,tedesca di ben altro sentire.

In questo libro corale che rie-suma voci e destini cancellatidall’oblio e dall’orrore Schlesakproietta con commozione e luci-dità esistenze individuali e vicen-de collettive sullo schermo di unsecolo che ha avvelenato ognipur minima illusione di umanapietà. Anche a lui si possono ri-volgere i versi del grande poetaCelan che da quelle lande veni-va: «Tu colmi qui le urne e nutriil tuo cuore». La cenere del tem-po si deposita in queste pagine,non senza che qualche volto, co-me quello di Adam Salmen, l'ul-timo ebreo di Schässburg, testi-mone dell’inferno, si affacci aesorcizzare l'oblio, gettando unfragile ponte verso quel passatodove lo scrittore riconosce trac-ce ma nessun possibile ritorno.

Tornando a casariaffioral’atrocità dei lager

«IL CORRETTORE»DI RICARDOMENÉNDEZSALMÓN

I demoni di Madrid= Quell'11 marzo del 2004 gli attentati alle stazionimadrilene, che causarono191 morti e migliaia di feriti,segnaronoa fuoco la storia della Spagna, e degli spagnoli.RicardoMenéndez Salmón,quarantennescrittoreasturianoassai amato,ne ha preso spuntoperrappresentarecon il suo stile essenzialee perentorio lavicendadi Vladimir, di come l'attentatosi sia introdottoprepotentenella sua vita. Mentre è al lavoro sulle bozze deiDemonidi Dostoevskij - Vladimir rivede e correggetesti, è ilsuomestiere - apprende l'orribile notizia. Da lì s'innesca unadolente riflessionesulla realtà, quella generaledel mondo e

quellaparticolare della sua propria esistenza. Il correttore(trad.diClaudia Tarolo,marcos y marcos, pp. 160, €14,50)si apre e si concludecon due citazioni da CorrezionediThomasBernhard. La prima alludeall'importanzadelsegreto, e in effetti la vita di Vladimir ne nasconde unoenorme, che il lettore scoprirà da solo; e anche a come lavanitàdel raccontare danneggi l'operato della persona. Laseconda indica quanto siano inutili e negative leconversazioni, i contatti umani e come la soluzioneper ognicosa sia scegliere la via della solitudine.Entrambi i temisonocentrali nella narrazionedi Menéndez,ma certo vi èdell'altronel suo libro. Al di là della convincentecostruzionenarrativa,quel che viene indicatoè come la scrittura - e lacomunicazione in genere, soprattuttoquella televisiva -

rappresentino il reale senza possibilitàdi modificarloecome silenzio e solitudine siano scelte da perseguire.Ma lavicendaha i suoipunti di svolta, e dal fondo di tantadisperazioneemerge la coscienza di come l'amoresia lasalvezzadi ognuno: stringendoa sé la moglie Zoe, Vladimirscrive: «Capii così che disponevosoltantodi quel gesto perricordarlequanto la amavo.E capii anche che quel piccologestomi avrebbe redentoda tutta la poesia del mondo,datutte le grandi, belle, inutili parole che ci circondano».Conbuonapace, insomma,di Villon, Seferis e Pessoa, i cui versipossonosoltanto«catturare l'ineffabile dell'esistenza, la suapeculiare indeterminatezza, le costanti correzioni a cui ciobbligaper non impazzire». GlaucoFelici

ELENALOEWENTHAL

L’enigma di Finkler diJacobson e Storia d’amore ve-ra e supertriste di Shteyn-gart sono, in un certo senso,due romanzi complementa-ri e paralleli: si completanoa vicenda, senza tuttaviaraggiungere l’obiettivo.Questa vicinanza non è cer-to apparente e men che me-no sta nella trama e nell’am-bientazione messe in scenadai due autori – tutto è cosìdiverso, da un libro all’al-tro.

Howard Jacobson, quasiun’icona dell’identità ebrai-ca contemporanea, disin-cantata e smarrita al tempostesso, racconta nel suonuovo romanzo di un’amici-zia di lunga data, tutta com-presa dentro un’intimità diluoghi e percezioni. JulianTreslove e Sam Finkler siconoscono da sempre, sonoamici o per meglio dire sonol’uno il riflesso dell’altro.Finkler incarna un «fenoti-po» ebraico piuttosto comu-ne, l’altro non lo è, ma ha inproposito una specie di os-sessione. Lo ama e odia e in-vidia e ne è disgustato, tut-

to insieme. La loro storia èfatta di ricordi, rivalità,comparse che fluttuano neltempo, mogli. Tutto si avvi-ta in un racconto di sé cheesclude il mondo.

Gary Shteyngart, invece,dopo l’esilarante Absurdi-stan uscito nel 2007, scrivequi un romanzo di ampio re-spiro. Fondato, cioè, su unavisione del mondo larga nel-lo spazio e nel tempo. Il pro-tagonista, Lenny Abramov,vive in un non meglio identi-ficato periodo futuro in cuitutto e tutti sono guidati daun apparat, uno strano stru-

mento di comunicazione néverbale né scritta. Lui giraper il mondo, tanto è vero cheil romanzo si apre su un largoscorcio italiano – torinese eromano. A Roma conosceuna strana tipa, una coreananon bella e nemmeno in car-ne, anzi. Ma molto intrapren-dente e altrettanto enigmati-ca. E’ figlia di un podologo e

con i genitori si scambia dellespassose missive. Abramovdal canto suo è un tipo un po’strano anche lui, perché glipiacciono i libri, o meglio l’an-tico odore che mandano.

Shteyngart tenta qui unromanzo dell’assurdo a tuttotondo, ci racconta un mondobislacco e incomprensibile,in un futuro decisamente non

più progredito del nostro an-che se ci vorrebbe poco.L’unico spazio attendibile, inquesto sgarrupato narrare, èlo sfondo ebraico che a trattiemerge come allusione, ri-mando, memoria.

In questo senso, i due ro-manzi sono complementari,perché assumono l’identitàebraica come riferimento,vuoi in un contesto chiuso si-no allo spasimo – Jacobson eFinkler – vuoi aperto a ognipossibilità – l’ultramondo del-la storia d’amore di Shteyn-gart. Il punto è, alla fin fine,che fare di questa identitànella narrativa postmoderna.In una narrativa che sfuggaall’ombra della tragedia nove-centesca e sia invece in gradodi ricuperare una lunga tradi-zione se non proprio umori-stica certo di evasione, di di-vertimento. In parole povere,

entrambi questi romanzi cer-cano una chiave di letturacontemporanea della famosaironia ebraica. Famosa, manon sempre presente, e qual-che volta decisamente lati-tante.

Il romanzo di Jacobson,che quando argomenta inve-ce di narrare è uno strepito-so indagatore dell’animoebraico, soffre di troppo cari-co. L’ossessione va bene, maun conto è portarsela addos-so un conto è raccontarla, eva raccontata con levità.Shteyngart è ridondante.Non sempre, ma neanche dirado, in quest’ultimo roman-zo. In parole povere, sonodue libri un po’ bulimici. Unpo’ ansiosi di tutto dare e tut-to dire, nei diversi contesti incui si situano, ma con il filoconduttore di un «atteggia-mento» ebraico verso la vitae la parola.

Questo non compromettedel tutto la lettura, beninte-so, né il piacere che ne deri-va. Si tratta di una pesantez-za superabile. E forse indica-tiva di quanto sia difficile og-gi come oggi cimentarsi conun coté ebraico che non siagravato di terribili pendenze

storiche o di una serietà fattadi impegno etico e letterario.Senza ancora cadere nellagag, nel comico nudo e crudo.Eppure, di questa letteraturaamabile, capace di far sorri-dere più che sganasciare, latradizione ebraica ha più diun esempio: dalla grande nar-rativa yiddish dei secoli scor-si arrivando sino a un filonedi materiali tratti da com-menti e testi esegetici conce-piti per far tirare il fiato allettore, portarlo anche soloper un momento, per qualchepagina, in un mondo un po’più divertente del nostro.

Schlesak «L’uomo senzaradici»: flash-back e sogni

«LE ALPI NEL MARE»DI GEORGW. SEBALD

Un saturnino in Corsica= Nel Norddell'Inghilterra, tra segni di decadenzastoricae distruzione naturale, aveva ripercorsoGli anelli diSaturno. A Theresienstadt,Praga, Ithaca, Amburgo,avevacondiviso i destini de Gli emigrati, geometricamenteconcentrici al propriodi transfuga tedesco nel Norfolk.Sulle rive del Canal Grande, trascinato da Vertiginiveneziane,aveva inseguito le vestigiadel perseguitatoCasanova.Nelle stazioni centrali del Belgio - Anversa, Liegi,Bruxelles - si era dato appuntamentoconAusterlitz,redivivo fantasmamemoredi tragedieeuropee. Nelle Alpisvizzereavevacamminato sulle traccede Il passeggiatore

solitario, Robert Walser. AncheLe Alpi nelmare (trad.diAdaVigliani,Adelphi, pp.74, €6), in cui Georg WinfriedSebald compì - per lasciarnecronaca incompiuta - l'ultimodei suoi pellegrinaggi, si ergonosull'acqua del Tirreno tra glispecchidel ricordo e i riflessi dell'immaginazione.Lambitedalla scia del passatostorico e cinte come da aureola dallacerchiadei trapassati, sono le alture dellaCorsica a fornireall'errabondoscrittore l'estremaoccasione di «dedicarsi allostudio del tempo». Era il settembre del 2000 quando,ignarodella sua fine imminente - l'incidented'autochel'anno successivoavrebbespezzato la sua vita a 57 anni -, siaggiravada viaggiatore scrupolosocon taccuinoe matitaalla manotra Casa Bonapartee le collezioni d'artedello ziodi Napoleone.Ma all'osservatore«saturnino»bastava

notareuna statuinadell'imperatoreper scorgervi «il puntodi fuga dove svanisce la storia dell'umanità».O osservare ilritrattoottocentescodi una giovane madreper cogliervi«l'intera e insondabile sventuradella vita». Fu peròaggirandosiuna sera nel Campo Santo di Piana, cui erarisalitodalla baia di Ficajoladopo una nuotata che avrebbepotutospingerlo in mare aperto«fin dentro la notte», cheSebald tastò timoroso il confine che separa i viventi daidefunti. Le fotografie sulle lapidi sembravano «lamaterializzazionedi fenomeni spettrali»ottenuta in virtù di«un'arte magicasospetta». E il cancello cigolante, le erbaccebrulicantidi quel luogo trascurato nascondevanodietro ilgeneraleabbandono l'autentico«vestibolodell'eternità». Alessandra Iadicicco

Due amici fuoridel mondoe una coreana

«L’isola di Sukwann»:dopo due divorzi,sfoghi e pianti,sempre presentela lezione di London

Sotterranei, manoscritti,società segrete, contesefra potenti nei «Delittidella Speranza»,un gotico postmoderno

Quanti fantasmia Barcellona

Padre e figlio,ritrovarsiin Alaska

«Storia d’amore verae supertriste» trauna donna enigmaticae uno strano giramondoin un bislacco futuro

pp Dieter Schlesakp L'UOMO SENZA RADICIp trad. di Tomaso Cavallop Garzanti, pp. 452, €18,60

pp Gary Shteyngartp STORIA D’AMORE VERA

E SUPERTRISTEp trad. di Katia Bagnolip Guanda, pp. 385, €18

pp Howard Jacobsonp L’ENIGMA DI FINKLERp trad. di Milena Z. Ciccimarrap Cargo edizioni, pp. 428, €20

pp Javier Calvop I DELITTI DELLA SPERANZAp trad. di Anita Taronip Dalai, pp. 261, €18

pp David Vannp L'ISOLA DI SUKWANNp trad.di Sergio Claudio Perronip Bompiani, pp. 196, €16,50

Vann Nella Natura selvaggia, dueverità a confronto, fino alla tragedia

Il volto dello scrittore spagnolonel suo «elblogdejaviercalvo»

Calvo Una scia di omicidi nella capitale catalanadi fine ’800, su cui incombe il «Soffitto delle Ombre»

«L’enigma di Finkler»:una storia fattadi ricordi, rivalità,mogli, comparse chefluttuano nel tempo

Dieter Schlesak

Georg W. Sebald

Gary Shteyngart e Howard Jacobson: due narratori dell’«identità ebraica»

Ricardo Menéndez Salmónospite oggi h. 18,45 di Un'altra

galassia a Napoli

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 4 GIUGNO 2011LA STAMPA III

I GRANDI SUCCESSI DI BAIMA BOLLONESINDONE STORIA E SCIENZA

Il testo più completo, documentato e aggiornato sui risultati delle indagini storiche e delle ricerche scientifi che sulla Sindone.

IL ROMANZO DELLA CRIMINOLOGIA

Unico nel suo genere, analizza lo sviluppo delle scienze del crimine dall’interno, dal codice di Hammurabi sino alle più recenti scoperte.

CESARE LOMBROSO E LA SCOPERTA DELL’UOMO DELINQUENTE

Padre dell’antropologia criminale e pioniere degli studi sulla criminologia. Fondatore della polizia scientifi ca.

ESOTERISMO E PERSONAGGI DELL’UNITÀ D’ITALIA

Non molti sanno che d’Azeglio e, negli ultimi anni di vita, anche Garibaldi furono ferventi spiritisti; che Mazzini credeva nella trasmigrazione delle anime…

presentanoLA STAMPA

Scaricabili a prezzo speciale in e-book su www.bookrepublic.it

Page 3: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.58

Identità ebraica L’ironico filo conduttoredei romanzi di Jacobson e Shteyngart

DAVIDESAPIENZA

L'isola di Sukwann èun libro bello, e anche impor-tante, per la letteratura ameri-cana di questo nuovo secolo. Epensare che, parola di Vann,«per dodici anni nessun agentedi mia conoscenza ha volutoproporlo a un editore».

La storia poggia su un im-pianto narrativo consueto: unpadre e un figlio tredicenne,Roy, si recano sull'isola diSukwann, in Alaska. Jim, geni-tore che esce da due divorzi,vuole recuperare il rapportocon il figlio. Acquista una picco-la cabin sul mare, raggiungibilesolo con l'idrovolante, immagi-na di vivere un'avventura di unanno con Roy ma il ragazzo èacerbo, per niente contento ditrovarsi catapultato da Oak-land, California, alla solitudinedel grande Nord. Tuttavia Roysi convince di essere contentodi aiutare il padre, ascoltarne ipianti e gli sfoghi notturni. Equando le cose sembrano ap-

pianarsi tra genitore e figlio, latragedia arriva inattesa.

L'isola di Sukwann, sin dalleprime pagine, evidenzia unanarrazione fluida e intensa, do-ve l'intreccio di pensieri pro-fondi e universali esaltano unaforte personalità narrativa chesi permette di cambiare trepunti di vista, tra i quali fonda-mentale risulta il quarto, quel-lo della Natura selvaggia, du-ra, estrema, mai dipinta comeostile, se è vero che le cose pre-cipitano sempre quando è l'Uo-mo a non comprenderne l'im-menso mistero e a toglierle il ri-spetto. Ecco come Vann riescea stabilire un centro, arrivan-

do a una sintesi delle diverse ve-rità raccontate da padre e figlio.

Sarà che Vann non è esan-gue scrittore da scrivania che siimmagina scenari selvaggi inversione addomesticata, vistoche proprio in Alaska è nato (co-me un John Ford della letteratu-ra, elegge il meraviglioso paesag-gio insondabile dell'Alaska a«personaggio» chiave); sarà chenelle sue letture Jack London haun ruolo centrale, e lo si avverte

nella forza incalzante del sottote-sto; sarà che il talento è mercerara e se tradotto bene come inquesta edizione, sa cosa è essen-ziale dire, come evitare pensieriinutili e retorici, che non avreb-bero spazio nella mente di duepersone coinvolte nelle vicenderaccontate: tutto questo, unito auna analisi psicologica delle di-namiche tra Jim e Roy e poi traJim e l'ambiente nel quale cercaprima una risposta, poi la reden-zione, e infine la fuga, riesce adarci un'opera profonda, avven-turosa e coinvolgente.

E così, anche quando il letto-re ha compiuto l'intero cammi-no e si è reso conto della trage-dia che a ogni latitudine laceral'anima dell'uomo quando nonriesce a comportarsi responsa-bilmente con il prossimo (comeaccade a Jim) e nei confronti del-la Natura, il messaggio dell'Isoladi Sukwann diventa intimo,ognuno può trarne un personaleinsegnamento.

Poiché alla fine, tutto sta nell'origine: «In principio il mondoera un campo sterminato e laterra era piatta. Gli animali an-davano a spasso su questo cam-po e non avevano nome, e le cosegrandi mangiavano le cose picco-le, e nessuno si sentiva in colpa.Poi vennero gli uomini, e si acco-vacciarono ai confini del mondo,pelosi e stupidi e deboli, e si mol-tiplicarono e diventarono cosìtanti e insofferenti e stufi diaspettare, che i confini del mon-do cominciarono a deformarsi».

ALESSANDROMARI

A passo di gambero,talvolta, si va lontano. È il casodi Javier Calvo, classe ’73, checon un balzo all'indietro final-mente convince: invece delpresente già sperimentato, ec-colo azzardare, ne I Delitti del-la Speranza, il passato. Finoral'autore spagnolo, al di là dicerti osanna, non ha goduto diuna vera fortuna in Italia, for-se perché i due precedenti ro-manzi soffrivano di un'ipertro-fia e di una complessità forzo-se - in particolare Il Dio riflet-tente, dove Calvo meditava surealtà e irrealtà inanellandofantasie, rimandi e citazioni.

I Delitti della Speranza inve-ce mette in scena la Barcello-na del 1877, un fumigante gro-viglio urbano aggredito dallarivoluzione industriale e inva-so da marciume fisico e spiri-tuale, ubriaconi, malavitosi,sorveglianti sanguinari, loschimediatori e bimbi sciagurati.La derivazione ottocentesca èdichiarata: «Sono tornati i rac-conti di fantasmi». Calvo siriappropria insomma di archi-tetture del gotico senza peròcadere nel mero riciclo; nonsoffoca la trama per preferirlel'ironia dirompente della pri-ma ora (e ormai normalizzata)del postmoderno, quello ame-ricano segnatamente.

Al centro della narrazioneuna scia di delitti e due prota-gonisti tetri come il cielo, quel«Soffitto delle Ombre» che in-combe sulla città. Il primo,Semproni De Paola, è un vio-lento funzionario di pubblicasicurezza; il secondo, Mene-laus Roca, è uno scienziato os-sessionato dai suoi studi eosteggiato, addirittura incar-cerato e liberato dopo dieci an-ni per aiutare le autorità. Idue, ce lo fa sapere lo stessoCalvo, sono personaggi chenon suscitano immedesimazio-ne: Semproni De Paola è unacreatura brutale marchiata

da un difetto fisico - l'autore l'havoluto mingherlino, affetto dauna sorta di nanismo che bilan-cia (o origina) la sua maschiacrudeltà; Menelaus Roca è inve-ce un anatomista che vive nel-l’ombra perché patisce la luce ela folla, indefesso nello sforzo vi-sionario di snidare il cosiddettoRagno Basale, ossia l'anima chelascia il corpo umano nell’avven-to della morte.

Il duo investiga sui criminiche stanno terrorizzando Bar-cellona, ma l'indagine è l'occa-sione per allargare la prospetti-va su sotterranei, manoscrittiantichi e misfatti, società segre-te, contese fra potenti e smotta-menti nell’ordine sociale: l'ani-ma de I Delitti della Speranza, aben guardare, è infatti la ciudadstessa, un'arena dove la vita deisecoli passati - una tradizione di

modelli, abitudini, misere gioie,fede e prevaricazioni - è incalza-ta dalla modernizzazione e dalmaterialismo, da nuove povertàe aberrazioni.

Non è secondario, così, il ruo-

lo dato da Calvo a un terzo per-sonaggio, Aniol Almarrosa, ro-manziere da feuilleton che si ar-ricchisce grazie ai delitti e allenuove perversioni pubblicandoun'opera che sfida la morale delpubblico stuzzicandola, ridefi-nendola. E in questo quadro, delresto, va letta anche la figura di

Menelaus Roca, sia nella sua ar-dita attività di studioso, sia nelrapporto con l'assistente muta,salvata dalla sorte che le sareb-be toccata «tradizionalmente» eal contempo maltratta e costret-ta a subire i nuovi sfregi del pro-gresso. Ma ciascuno dei perso-naggi, nel corso della narrazio-ne, viene travolto dalla lenta on-da che va sommergendo la ciu-dad - non per purificarla, ma perimporle un volto nuovo, la ma-schera della modernità: perciònon resta che imparare una nuo-va meccanica respiratoria.

Convince, dunque, questoCalvo, per il tentativo di intra-prendere una strada nuova; an-ziché reclamare un ruolo nel tar-do postmoderno ne magnificacerte maniere, alcuni temi, pie-gandoli però alla necessità e sco-prendo così una voce sua.

LUIGIFORTE

Le ombre tornano insi-diose nella scrittura di DieterSchlesak, autore di un grandee terribile libro come Il farmaci-sta di Auschwitz. Incalzano dinuovo frammenti autobiografi-ci e tormentosi scorci storici,immagini che escono con ir-ruenza dal passato e spalanca-no abissi nel suo ultimo roman-zo, L’uomo senza radici, tradot-to da Tomaso Cavallo. Gli inter-rogativi restano quelli di sem-pre anche per il nuovo protago-nista, Terplan, uno scrittore te-desco nato in Transilvania efuggito dalla Romania del ditta-tore Ceausescu, che ha cercatoinvano riparo a Berlino per poifinire ad Agliano, non lontanoda Camaiore. Autore e perso-naggio si sovrappongono in ungioco di specchi: anche Schle-sak, che aveva appena sei anniallo scoppio della guerra, pres-sato dai ricordi e dall’immagi-ne sfocata del bambino felice-mente immerso nel mondo

multietnico della Mitteleuropa,ha trovato da tempo rifugio nelpiccolo borgo toscano.

Oggi è il protagonista del ro-manzo che ridisegna quella real-tà svanita fra violenti conflitti inuna trama narrativa intessuta diconfessioni, flash-back, eventi esogni. Dal suo esilio italiano lo ri-chiama infatti la morte della ma-dre e quel ritorno a casa riapreferite, scorci sulle atrocità del na-zismo e della dittatura postbelli-

ca, e riporta la riflessione al temadi fondo delle pagine di Schle-sak: come sia stato possibile chepadri e mariti affettuosi si sianotrasformati in brutali assassini.Come si può conciliare normali-tà e follia, un'infanzia felice nellacittadina transilvana di Schäs-sburg con le atrocità dei lager do-ve gli stessi parenti di originesassone, rievocati dal protagoni-sta, divennero aguzzini di amicie conoscenti ebrei. La tensione si

fa insopportabile e la quotidiani-tà di allora continua a generaremostri sull’onda della memoria.

L'anabasi dello scrittore è unviaggio nel mondo delle ombreche il suo morbido linguaggio de-canta in una melodia di infinitetristezze, in un richiamo di sapo-ri antichi, in un costante attritofra ieri e oggi, tra affetti domesti-ci e tragedie storiche. Lui stessoconfessa: «Non esiste nulla di piùforte nel mondo che il vortice de-

gli assenti». La morte qui tuttoavvolge e sembra mettere unpunto finale al senso del tempoe all'idea stessa di storia. Nonsi è solo dissolta la Transilva-nia, la regione del cuore, ma lasperanza di un ubi consistam, diun'identità, di una patria chenon sia eterno esilio. La figuracentrale della madre riflette inmodo perfetto l'insanabile dico-tomia del personaggio che inlei ricorda la sorgente di ogni

amore, ma anche le sue simpa-tie per la dottrina nazionalsocia-lista. «Ero dilacerato e ancoraoggi sono inguaribilmente scis-so», dichiara il protagonista,che ha trovato rifugio altrove esoccorso nella moglie Hannah,tedesca di ben altro sentire.

In questo libro corale che rie-suma voci e destini cancellatidall’oblio e dall’orrore Schlesakproietta con commozione e luci-dità esistenze individuali e vicen-de collettive sullo schermo di unsecolo che ha avvelenato ognipur minima illusione di umanapietà. Anche a lui si possono ri-volgere i versi del grande poetaCelan che da quelle lande veni-va: «Tu colmi qui le urne e nutriil tuo cuore». La cenere del tem-po si deposita in queste pagine,non senza che qualche volto, co-me quello di Adam Salmen, l'ul-timo ebreo di Schässburg, testi-mone dell’inferno, si affacci aesorcizzare l'oblio, gettando unfragile ponte verso quel passatodove lo scrittore riconosce trac-ce ma nessun possibile ritorno.

Tornando a casariaffioral’atrocità dei lager

«IL CORRETTORE»DI RICARDOMENÉNDEZSALMÓN

I demoni di Madrid= Quell'11 marzo del 2004 gli attentati alle stazionimadrilene, che causarono191 morti e migliaia di feriti,segnaronoa fuoco la storia della Spagna, e degli spagnoli.RicardoMenéndez Salmón,quarantennescrittoreasturianoassai amato,ne ha preso spuntoperrappresentarecon il suo stile essenzialee perentorio lavicendadi Vladimir, di come l'attentatosi sia introdottoprepotentenella sua vita. Mentre è al lavoro sulle bozze deiDemonidi Dostoevskij - Vladimir rivede e correggetesti, è ilsuomestiere - apprende l'orribile notizia. Da lì s'innesca unadolente riflessionesulla realtà, quella generaledel mondo e

quellaparticolare della sua propria esistenza. Il correttore(trad.diClaudia Tarolo,marcos y marcos, pp. 160, €14,50)si apre e si concludecon due citazioni da CorrezionediThomasBernhard. La prima alludeall'importanzadelsegreto, e in effetti la vita di Vladimir ne nasconde unoenorme, che il lettore scoprirà da solo; e anche a come lavanitàdel raccontare danneggi l'operato della persona. Laseconda indica quanto siano inutili e negative leconversazioni, i contatti umani e come la soluzioneper ognicosa sia scegliere la via della solitudine.Entrambi i temisonocentrali nella narrazionedi Menéndez,ma certo vi èdell'altronel suo libro. Al di là della convincentecostruzionenarrativa,quel che viene indicatoè come la scrittura - e lacomunicazione in genere, soprattuttoquella televisiva -

rappresentino il reale senza possibilitàdi modificarloecome silenzio e solitudine siano scelte da perseguire.Ma lavicendaha i suoipunti di svolta, e dal fondo di tantadisperazioneemerge la coscienza di come l'amoresia lasalvezzadi ognuno: stringendoa sé la moglie Zoe, Vladimirscrive: «Capii così che disponevosoltantodi quel gesto perricordarlequanto la amavo.E capii anche che quel piccologestomi avrebbe redentoda tutta la poesia del mondo,datutte le grandi, belle, inutili parole che ci circondano».Conbuonapace, insomma,di Villon, Seferis e Pessoa, i cui versipossonosoltanto«catturare l'ineffabile dell'esistenza, la suapeculiare indeterminatezza, le costanti correzioni a cui ciobbligaper non impazzire». GlaucoFelici

ELENALOEWENTHAL

L’enigma di Finkler diJacobson e Storia d’amore ve-ra e supertriste di Shteyn-gart sono, in un certo senso,due romanzi complementa-ri e paralleli: si completanoa vicenda, senza tuttaviaraggiungere l’obiettivo.Questa vicinanza non è cer-to apparente e men che me-no sta nella trama e nell’am-bientazione messe in scenadai due autori – tutto è cosìdiverso, da un libro all’al-tro.

Howard Jacobson, quasiun’icona dell’identità ebrai-ca contemporanea, disin-cantata e smarrita al tempostesso, racconta nel suonuovo romanzo di un’amici-zia di lunga data, tutta com-presa dentro un’intimità diluoghi e percezioni. JulianTreslove e Sam Finkler siconoscono da sempre, sonoamici o per meglio dire sonol’uno il riflesso dell’altro.Finkler incarna un «fenoti-po» ebraico piuttosto comu-ne, l’altro non lo è, ma ha inproposito una specie di os-sessione. Lo ama e odia e in-vidia e ne è disgustato, tut-

to insieme. La loro storia èfatta di ricordi, rivalità,comparse che fluttuano neltempo, mogli. Tutto si avvi-ta in un racconto di sé cheesclude il mondo.

Gary Shteyngart, invece,dopo l’esilarante Absurdi-stan uscito nel 2007, scrivequi un romanzo di ampio re-spiro. Fondato, cioè, su unavisione del mondo larga nel-lo spazio e nel tempo. Il pro-tagonista, Lenny Abramov,vive in un non meglio identi-ficato periodo futuro in cuitutto e tutti sono guidati daun apparat, uno strano stru-

mento di comunicazione néverbale né scritta. Lui giraper il mondo, tanto è vero cheil romanzo si apre su un largoscorcio italiano – torinese eromano. A Roma conosceuna strana tipa, una coreananon bella e nemmeno in car-ne, anzi. Ma molto intrapren-dente e altrettanto enigmati-ca. E’ figlia di un podologo e

con i genitori si scambia dellespassose missive. Abramovdal canto suo è un tipo un po’strano anche lui, perché glipiacciono i libri, o meglio l’an-tico odore che mandano.

Shteyngart tenta qui unromanzo dell’assurdo a tuttotondo, ci racconta un mondobislacco e incomprensibile,in un futuro decisamente non

più progredito del nostro an-che se ci vorrebbe poco.L’unico spazio attendibile, inquesto sgarrupato narrare, èlo sfondo ebraico che a trattiemerge come allusione, ri-mando, memoria.

In questo senso, i due ro-manzi sono complementari,perché assumono l’identitàebraica come riferimento,vuoi in un contesto chiuso si-no allo spasimo – Jacobson eFinkler – vuoi aperto a ognipossibilità – l’ultramondo del-la storia d’amore di Shteyn-gart. Il punto è, alla fin fine,che fare di questa identitànella narrativa postmoderna.In una narrativa che sfuggaall’ombra della tragedia nove-centesca e sia invece in gradodi ricuperare una lunga tradi-zione se non proprio umori-stica certo di evasione, di di-vertimento. In parole povere,

entrambi questi romanzi cer-cano una chiave di letturacontemporanea della famosaironia ebraica. Famosa, manon sempre presente, e qual-che volta decisamente lati-tante.

Il romanzo di Jacobson,che quando argomenta inve-ce di narrare è uno strepito-so indagatore dell’animoebraico, soffre di troppo cari-co. L’ossessione va bene, maun conto è portarsela addos-so un conto è raccontarla, eva raccontata con levità.Shteyngart è ridondante.Non sempre, ma neanche dirado, in quest’ultimo roman-zo. In parole povere, sonodue libri un po’ bulimici. Unpo’ ansiosi di tutto dare e tut-to dire, nei diversi contesti incui si situano, ma con il filoconduttore di un «atteggia-mento» ebraico verso la vitae la parola.

Questo non compromettedel tutto la lettura, beninte-so, né il piacere che ne deri-va. Si tratta di una pesantez-za superabile. E forse indica-tiva di quanto sia difficile og-gi come oggi cimentarsi conun coté ebraico che non siagravato di terribili pendenze

storiche o di una serietà fattadi impegno etico e letterario.Senza ancora cadere nellagag, nel comico nudo e crudo.Eppure, di questa letteraturaamabile, capace di far sorri-dere più che sganasciare, latradizione ebraica ha più diun esempio: dalla grande nar-rativa yiddish dei secoli scor-si arrivando sino a un filonedi materiali tratti da com-menti e testi esegetici conce-piti per far tirare il fiato allettore, portarlo anche soloper un momento, per qualchepagina, in un mondo un po’più divertente del nostro.

Schlesak «L’uomo senzaradici»: flash-back e sogni

«LE ALPI NEL MARE»DI GEORGW. SEBALD

Un saturnino in Corsica= Nel Norddell'Inghilterra, tra segni di decadenzastoricae distruzione naturale, aveva ripercorsoGli anelli diSaturno. A Theresienstadt,Praga, Ithaca, Amburgo,avevacondiviso i destini de Gli emigrati, geometricamenteconcentrici al propriodi transfuga tedesco nel Norfolk.Sulle rive del Canal Grande, trascinato da Vertiginiveneziane,aveva inseguito le vestigiadel perseguitatoCasanova.Nelle stazioni centrali del Belgio - Anversa, Liegi,Bruxelles - si era dato appuntamentoconAusterlitz,redivivo fantasmamemoredi tragedieeuropee. Nelle Alpisvizzereavevacamminato sulle traccede Il passeggiatore

solitario, Robert Walser. AncheLe Alpi nelmare (trad.diAdaVigliani,Adelphi, pp.74, €6), in cui Georg WinfriedSebald compì - per lasciarnecronaca incompiuta - l'ultimodei suoi pellegrinaggi, si ergonosull'acqua del Tirreno tra glispecchidel ricordo e i riflessi dell'immaginazione.Lambitedalla scia del passatostorico e cinte come da aureola dallacerchiadei trapassati, sono le alture dellaCorsica a fornireall'errabondoscrittore l'estremaoccasione di «dedicarsi allostudio del tempo». Era il settembre del 2000 quando,ignarodella sua fine imminente - l'incidented'autochel'anno successivoavrebbespezzato la sua vita a 57 anni -, siaggiravada viaggiatore scrupolosocon taccuinoe matitaalla manotra Casa Bonapartee le collezioni d'artedello ziodi Napoleone.Ma all'osservatore«saturnino»bastava

notareuna statuinadell'imperatoreper scorgervi «il puntodi fuga dove svanisce la storia dell'umanità».O osservare ilritrattoottocentescodi una giovane madreper cogliervi«l'intera e insondabile sventuradella vita». Fu peròaggirandosiuna sera nel Campo Santo di Piana, cui erarisalitodalla baia di Ficajoladopo una nuotata che avrebbepotutospingerlo in mare aperto«fin dentro la notte», cheSebald tastò timoroso il confine che separa i viventi daidefunti. Le fotografie sulle lapidi sembravano «lamaterializzazionedi fenomeni spettrali»ottenuta in virtù di«un'arte magicasospetta». E il cancello cigolante, le erbaccebrulicantidi quel luogo trascurato nascondevanodietro ilgeneraleabbandono l'autentico«vestibolodell'eternità». Alessandra Iadicicco

Due amici fuoridel mondoe una coreana

«L’isola di Sukwann»:dopo due divorzi,sfoghi e pianti,sempre presentela lezione di London

Sotterranei, manoscritti,società segrete, contesefra potenti nei «Delittidella Speranza»,un gotico postmoderno

Quanti fantasmia Barcellona

Padre e figlio,ritrovarsiin Alaska

«Storia d’amore verae supertriste» trauna donna enigmaticae uno strano giramondoin un bislacco futuro

pp Dieter Schlesakp L'UOMO SENZA RADICIp trad. di Tomaso Cavallop Garzanti, pp. 452, €18,60

pp Gary Shteyngartp STORIA D’AMORE VERA

E SUPERTRISTEp trad. di Katia Bagnolip Guanda, pp. 385, €18

pp Howard Jacobsonp L’ENIGMA DI FINKLERp trad. di Milena Z. Ciccimarrap Cargo edizioni, pp. 428, €20

pp Javier Calvop I DELITTI DELLA SPERANZAp trad. di Anita Taronip Dalai, pp. 261, €18

pp David Vannp L'ISOLA DI SUKWANNp trad.di Sergio Claudio Perronip Bompiani, pp. 196, €16,50

Vann Nella Natura selvaggia, dueverità a confronto, fino alla tragedia

Il volto dello scrittore spagnolonel suo «elblogdejaviercalvo»

Calvo Una scia di omicidi nella capitale catalanadi fine ’800, su cui incombe il «Soffitto delle Ombre»

«L’enigma di Finkler»:una storia fattadi ricordi, rivalità,mogli, comparse chefluttuano nel tempo

Dieter Schlesak

Georg W. Sebald

Gary Shteyngart e Howard Jacobson: due narratori dell’«identità ebraica»

Ricardo Menéndez Salmónospite oggi h. 18,45 di Un'altra

galassia a Napoli

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 4 GIUGNO 2011LA STAMPA III

Page 4: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.58

Elio Pagliarani è nato aViserba (Rimini) nel 1927. Ilsuo testo più celebre, «Laragazza Carla», risale al1960. L’esordio, comepotea, nel 1954, con«Cronache ed altre poesie».Con «La Ballata di Rudi»(Marsilio) ha vinto il premioViareggio nel 1995.Da Garzanti, nel 2006, hapubblicato «Tutte le poesie».E’ stato critico teatrale di«Paese Sera» da fine anniSessanta al 1985.

Pagliarani Il felice «esordio» narrativoa 84 anni del poeta di «La ragazza Carla»

LORENZOMONDO

I lettori di GiorgioMontefoschi troverannonel romanzo Eva, insieme afigure e ambienti familiari,il consueto scandaglio sullafenomenologia dell’amore,ma la goduta fisicità appe-na velata di malinconia ap-pare qui insidiata da unapungente asprezza.

E’ Giovanni che si fa nar-ratore, e tardivo interpre-te, della sua relazione clan-destina con Eva. La passio-ne al suo colmo colora di sételefonate, appuntamenti,parole, le strade e i cieli diRoma che rappresentanoogni volta il punto di forzadi Montefoschi, della suacontemplazione innamora-ta. E anche le circostanzepiù banali preludono, tra-sfigurandosi, alla frenesiadei convegni erotici. MaEva ha un marito, Fabri-zio, che non si rassegna arappresentare la parte delterzo incomodo e che lei,d’altronde, sembra risolu-ta a sacrificare: insensibileai suoi pedinamenti e ricat-ti sentimentali, alla procla-mata impossibilità di unaseparazione.

La svolta si annunciaquando Eva apprende cheFabrizio è gravemente ma-lato. La bella donna conte-sa mette sulla bilancia unsussulto di responsabilitàmorale. Predilige Giovan-ni, che oppone al suo disa-gio la promessa di un inde-fettibile amore, ma avver-te che, tra i due, è il maritoad avere più bisogno di lei:

«Nella nostra vita, non gli hodato mai nulla. A comincia-re da un figlio».

Eva, che vediamo sfarfal-leggiare tra negozi di moda etavolini di bar, rivela un inso-spettato spessore. Non haniente in comune con EmmaBovary di cui ha letto la vicen-da, e sa prendere terra dallesue illusioni. Quando deve af-frontare da sola una dura pro-va, di cui nessuno ha saputocogliere i sintomi, rinfaccia aisuoi uomini un egoismo che lifa ciechi, un amore dimidiatoperché esclusivamente pos-

sessivo. Per ciò che la riguar-da, fine della storia.

Va ripreso invece dal ro-manzo un altro fascio temati-co, che si snoda sottotono mafinisce per assumere una im-portanza decisiva. Giovanniama trascorrere le vacanze inun paese dell’Alto Adige, tro-va in quel paesaggio dalle lineenette e severe un contrappun-to alla morbida sensualità diRoma. Conosce lassù un preteche non si limita a istruirlo sul-la praticabilità dei sentierimontani, sulla scalata lungo icontrafforti dei Tre Signori.

In una omelia sull’Annuncia-zione, esalta nell’accettazionedella Vergine il senso di unanascita che riguarda tutti noi,«una nascita che ci può sor-prendere, come un dono diDio, ogni giorno, quando dia-mo spazio all’amore: a questoseme indistruttibile che Gesùha piantato nel mondo, e nelcuore di ciascuno».

Questo capitolo conclusi-vo presenta tutt’altro clima ri-spetto a quello che si respiranel corso del romanzo. E sol-tanto con uno sforzo di rifles-sione possiamo riconnettereil discorso di padre Alexan-der al rimprovero pronuncia-to da Eva al momento del suocongedo da Giovanni. D’altraparte, il romanzo di Montefo-schi vive tutto di discorsi so-spesi, di significati che occor-re ricavare da un tracciato diminime fattualità, di dialoghiche si svolgono in superficie,rimuovendo, se non per brevi

spiragli, le complicazioni eprofondità dell’animo. Non citrovi l’intenzione di aderirecriticamente ai comporta-menti di una volubile e irre-sponsabile borghesia intellet-tuale. Si tratta di una cifra sti-listica che talvolta può appari-re elusiva e criptica ma espri-me, da parte dell’autore, unacoerente poetica del ritegno,la propensione a lasciare chesiano i personaggi, anche in-volontariamente, a tradirsi.Come Eva, come Giovanni,nei loro ambigui percorsi, neiloro inattesi approdi.

ANDREACORTELLESSA

Con un velo d’ironia,forse, il risvolto annuncia cheElio Pagliarani - a 84 anni -«esordisce come narratore».Da molto tempo, in realtà, èuno dei nostri maggiori nar-ratori: lo è stato in versi, me-morabilmente (La ragazzaCarla, La ballata di Rudi); lo èora in prosa - la meravigliosaprosa autobiografica di un li-bro atteso da anni. Nell’intro-duzione il suo critico più fede-le, Walter Pedullà, avverteche il libro sorprenderà chiconosca la poesia del suo au-tore: se Pagliarani ha com-

merciato coi linguaggi piùispidi e contundenti, dalla fisi-ca alla sociologia, dall’econo-mia politica alla psicoanalisi,se in tante occasioni s’è fattoun punto d’onore di stronca-re ogni traccia di lirismo, quiinvece procede con andamen-to lineare e linguaggio lieve,spesso venato d’umorismo(specie quando punzecchia ipropri rivali, da Fortini a Se-reni a Pasolini - col quale pe-rò postumamente si riconci-lia). Massima la trasparenzadella lente: quello che seguia-mo è l’appassionante film delNovecento.

Nel titolo appare un perso-naggio che non è l’autore ben-sì sua figlia, Liarosa: è per lei,nata da due anni, che negliAnni Settanta Pagliarani ini-

zia a scrivere queste pagine esempre per lei, trent’anni do-po, le porta a compimento: almomento del suo matrimonio.Il Pro-memoria è dunque un pro-trettico, come si chiamavano inantico quei testi d’ammaestra-mento rivolti ai giovani al mo-mento di allontanarsi dalla fa-miglia e affrontare l’età adulta.L’uso a tal fine della propriamemoria, e l’identità della de-stinataria, ricordano più da vi-cino, poi, il Manoscritto per Te-resa di Pietro Verri, scritto ap-punto per la figlia dal grande il-luminista lombardo (nel cui no-me Luciano Anceschi - futuro

padre putativo dei Novissimi -fondò nel ’56 la rivista sullaquale videro la luce diverse po-esie del giovane Pagliarani).

A metà del libro - scanden-dolo in due grandi lacerti, scrit-ti a distanza di vent’anni l’unodall’altro - si legge un corsivoche definisce la prima, splendi-da sua parte «infiorata dallameraviglia di mia figlia bambi-na; duplice o triplice meravi-glia: di lei che scopriva il mon-do, di me che scoprivo lei e conlei infante riscoprivo la mia in-fanzia». E davvero, quella lettasino a questo punto è una radio-sa sinfonia dell’infanzia e del-

l’adolescenza. Un’età luminosae aerea, a Viserba e dintorni,ancorché attraversata daglispettri della guerra che nel ’44raggiunge anche la Riviera. Iltono si mantiene lieve e umoro-so, senza traccia di espressioni-smo, anche nell’episodio più an-goscioso: quando l’adolescenteElio viene avviato ai lavori for-zati; lui crede di farla franca,per l’occhio di vetro che portadall’età di due anni, ma l’ufficia-le tedesco non vuole sentirneparlare - nein, nein - finché Eliosi cava l’occhio dall’orbita eglielo mostra, tenendolo fradue dita. Poi si volta, lentamen-te si allontana dalla schiera de-gli schiavi, salva la pelle.

Per un aspetto cruciale ilPro-memoria si distacca dal ca-none dell’autobiografia moder-na. Se essa è il luogo della sco-

perta del Soggetto, che costrui-sce se stesso accampandosi alcentro della scena, questo sog-getto autobiografico giustificala sua presa di parola, al con-trario, ponendosi «l’ambiziosameta di essere inesemplare».Viene dunque bandita ognitraccia di soggettivismo narci-sistico, materia prima di ogniautobiografia.

È la garanzia della pietà og-gettiva (per citare il titolo diuna delle poesie più memorabi-li di Pagliarani) che del libro è ilvero tono di fondo: un distaccoda sé, uno sguardo dall’esternorivolto alla propria stessa sto-ria. All’indomani per esempiodell’uscita del suo primo libro,Cronache e altre poesie nel ’54,racconta Pagliarani dell’emo-zione nel ricevere le bozze - è laprima volta che legge le sue pa-

role stampate come se fosseroquelle di un altro - e poi di quan-do per caso, «in una latteria-osteria» di Milano, ascolta unadiscussione sulla poesia finchési rende conto che quei giovanistanno parlando proprio di lui:

«ebbi una vampata di gioia eme ne andai subito via, quasiscappando, quasi fossi un intru-so che stava ascoltando faccen-de molto private che non lo ri-guardavano».

Formula difficile, mantene-re viva l’emozione e la memo-

ria per il «corredo», il lascitod’esperienza da riservare allapropria erede, declinando sem-pre - quell’emotività e quellapietà - in questa forma oggetti-va. Ma è una scommessa vintaalla grande. Al momento del«Commiato un po’ brusco» -nell’aggettivo, tutto il tempera-mento di Elio - le memorie inprosa lo fanno in versi, e queiversi sono dedicati all’amoreprovato nella sua vita. Non achi quell’amore ha provato, na-turalmente, ma a coloro che nesono stati i destinatari: «Rosa-lia o Liarosa che mo’ si sposa»,e infine - nell’ultimissima frase- la moglie: «Cetta, aspetta chenon ho finito». Liarosa che sisposa e Cetta che aspetta sonorime baciate - ed è molto giu-sto, direi, che un testo comequesto si congedi con due baci.

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Strand, un passoavanti nel buio

Canadese, fra le maggiori voci d’oggi,maestro per esattezza di stile e pensiero

ANTONELLACILENTO

«Carissimo Dario,dammi appena puoi buone no-tizie del libro. Spero che nondebba scoraggiarti un primoo un secondo no. Oggi al postodei libri usano molto nuovi ele-ganti tipi di sapone. Ma forseè così dappertutto - perchéc’è un fastidio enorme del li-bro. Un bene? Chissà. Il mon-do va diventando - o ritornan-do naturale e muto, salvo ilgran rumore del niente».

Così scriveva Anna MariaOrtese da Rapallo, anno delSignore 1985, al suo amico fi-dato e carissimo, tanto piùgiovane di lei ma che piu’ ditutti l’aveva sostenuta, il poe-ta Dario Bellezza. Sembrascritta oggi, questa frase, intempi in cui i libri in auge so-no ancor più commerciali de-gli «eleganti tipi di sapone»sarcasticamente descritti daOrtese e in cui il disprezzoper il libro e per chi lo scriveaumenta.

Bellezza addio, piccolo e fol-gorante libro stampato da Ro-sellina Archinto e curato conamore da Adelia Battista, giàautrice di Ortese segreta (mini-mum fax), raccoglie trentano-

ve lettere di Anna Maria Orte-se a Dario Bellezza scritte dal1972 al 1992: una corrispon-denza privata, venduta neisuoi ultimi anni da Bellezza al-la curatrice per i pochi spic-cioli della sua borsa di studio,in un momento di grande diffi-coltà dovuto a malattia e po-vertà. Dunque, non un freddorepertorio, ma un libro di af-fetti: affetto e solidarietà, an-che nel disaccordo, come capi-ta fra amici, fra i due grandiscrittori, affetto e empatia nel-la curatrice, che conobbe en-trambi i corrispondenti da vi-vi e che oggi ce li restituisceintatti e intensi.

Mancano purtroppo le per-dute risposte di Bellezza, mail fascino del libro consiste an-che in questo dialogo in absen-tia, che cattura la voce di unsolo interlocutore e ci costrin-ge a immaginare le rispostedell’altro, come nel Signor Ma-ni di Abraham Yehoshua.

E così possiamo interro-garci amaramente, come face-va da sempre Ortese e comeda sempre continua ad acca-dere, su «chi, personalmente,decide, in questo paese, cheuno scrittore venga dichiara-to fuori, e uno dentro», o im-maginare Elsa Morante, de-scritta con rispetto e ammira-zione da Ortese come un «dra-go verde», senza mai farne ilnome, poiché troppo le era co-stato seguire il suggerimentodi Vittorini di nominare gliscrittori napoletani ne Il marenon bagna Napoli.

D’altronde, solo a Bellezza,al sostegno suo e di altri ami-ci, un’Ortese stanca e impove-

rita deve nell’arco finale dellasua dura esistenza l’assegnazio-ne dei benefici della legge Bac-chelli, atto d’impegno tanto piùgeneroso considerando le gravidifficoltà economiche che Bel-lezza con lei condivideva. I bi-glietti che si scambiano - e cheOrtese definisce, diminuendoli,«note della lavandaia» - parla-no dunque di questa «vita ridot-ta a un centimetro», fatta di re-lazioni lontane, di rare soddisfa-zioni (premi vinti dopo cin-quant’anni di silenzio, l’apprez-zamento di Enzo Siciliano, uncontratto editoriale ben risol-to), di appuntamenti telefonicimancati e anche dell’«orrore se-

greto di partecipare alla cultu-ra italiana di buon livello» in cuiOrtese si vede «rientrare mal-vestita e invecchiata in una ca-sa di potenti».

Ma è questo libro di affetti econfidenze, in fine, anche un li-bro sulla scrittura e sul suo sen-so profondo, che si ricava dallereciproche letture di manoscrit-ti e libri editi che i due scrittorisi scambiano. Così, non si puòche aderire all’augurio che Or-tese fa a Bellezza e che, grazie aquesto delicato libro, giunge anoi tutti: «Soprattutto ti augu-ro di scoprire, di te stesso, ciòche hai e puoi esprimere in im-maginazione. Di tenerti al ripa-ro dal consumo di vita puro esemplice, forse dilettantesco,che è la sola incertezza che ti re-sta da superare. Pensa sempreche lo scrivere - quando si tra-sforma il reale, e gli si mette suil timbro di fuoco dell’immagi-nazione - scrivere, dunque, è es-sere reali. Il resto: mah!».

Lettere Dalla Ortese a Bellezza:tra affetti, solidarietà, disaccordi

Per Liarosa,la figlia cheva nel mondo

“Questa miavita, ridotta aun centimetro”

Ha un rimorsola belladonna contesa

Montefoschi Fenomenologiadell’amore in una Roma sensuale

Mark Strand è uno deimaggiori poeti d'oggi,e da qualche tempo è

molto seguito e giustamenteamato anche in Italia, per l'im-peccabile esattezza dello stile eper la complessità del suo pen-siero espresso nella varietà del-la forma. Esce ora un libro rias-suntivo dal titolo L'uomo checammina un passo avanti albuio (Oscar Mondadori,pp.400, €15), per la traduzio-ne di Damiano Abeni. Si trattadi una scelta di versi che copreun ampio arco di tempo, dal1964 al 2006 e che costituisce,dunque, il meglio di questo poe-ta, che è nato nel 1934 in Cana-da, vive a New York e insegnaalla Columbia University.

La grandezza di MarkStrand si realizza nella stre-nua acutezza del suo rapportocon le cose e con la realtà con-creta, da cui ha origine una me-ditazione in versi disincantatae disillusa, capace di raffinataironia, capace di muoversi nel-la fluidità di un andamento adampio respiro e prosastico, maanche di incidere d'improvvisosentenze epigrammatiche. Le-gato all'esempio di WallaceStevens, Mark Strand è dun-que un autore imprescindibilenella poesia d'oggi, un autoredi elevatissimo livello intellet-tuale. Ricordiamo che era sta-to premiato al Cetonaverde po-esia nel 2007 e che in questo vo-lume viene proposto con l'ac-compagnamento di un saggiodi Rosanna Warren.

Ai nostri lettori e poeti vor-rei poi raccomandare l'operadi un autore italiano poco notoperché prematuramente scom-parso. Il mio suggerimento, loriconosco, non nasce all'inse-gna dell'eleganza, perché sonostato io stesso a curare il volu-me che segnalo. Il poeta è Mau-ro Maconi, era nato a Varesenel '58 e vi è morto esattamen-te dieci anni fa. Tra l'altro è

stato di recente istituito un pre-mio a suo nome, con il sostegnodella SEA (vincitori Nanni Bale-strini e Lucrezia Lerro). Il librosi intitola L'indifferenza deltempo (ed. La collana. Stampa2009, p.90, €15) e si fa apprezza-re per il richiamo costante degliaffetti, per la medietà sobria del-lo stile, per l'efficacia con la qua-le viene in prevalenza condottoun racconto lirico intermittente

per frammenti e strappi lirici, co-me nel bellissimo poemetto postu-mo Il commesso.

Segnalo una delle non pocheiniziative editoriali che oggi dan-no fiato alla poesia, anche se insituazioni, come si suol dire, dinicchia. E' quella delle EdizioniL'Arca Felice, di Salerno, curateda Mario Fresa, e che di recenteha pubblicato una plaquette diuno dei giovani poeti più interes-santi tra i nuovi, e cioè France-sco Osti. Si intitola Viale Orobiee comprende una decina di testidi qualità insolita e di genere

particolare. Osti, infatti, trattacon mano lieve la realtà quoti-diana della sua esperienza, latrasforma in lirica e le dà formacon un uso molto attento e origi-nale della prosa poetica.

Claudio Alvigini è stato pilo-ta di aereo, comandante di Bo-eing 747. La sua poesia è caricadi situazioni e oggetti, di luoghi,naturalmente, con un clima gene-rale di avvincente avventura. Lachiarezza della sua scrittura, delsuo racconto in versi, riesce infat-ti a coinvolgere con facilità il let-tore. Una maggiore selettività eun maggiore controllo non po-trebbero che giovargli, dando an-cora più energia alla vitalitàaperta che dà un carattere al suoprocedere.

Davina Fornasieri, torinese,ha solo venticinque anni e un'evi-dente tensione anima i suoi ver-si. Esprime, certo con verità, ilsenso della sofferenza, ma le con-siglio di evitare uscite piuttostoingenue o involontariamente en-fatiche («scontavo per tutti, /lapena di essere viva»). Sa intro-durre, a volte, immagini efficaci,e qui riesce a dare il suo maglio:«un pigro martedì d'estate /hovisto il tuo riflesso in una vetri-na, /t'aggrappavi al sonno /ru-bando ristoro ad un glicine».

[email protected]

«Eva»: un maritoche non si rassegnaa fare il terzo incomodoe che d’improvvisosi ammala gravemente

Oltre il canonedell’autobiografia,una sinfonia d’infanziae insieme un filmoggettivo del Novecento

pp Elio Pagliaranip PRO-MEMORIA A LIAROSA

(1979-2009)p Marsilio, pp. 318, €18.50

pp Anna Maria Ortesep BELLEZZA, ADDIO. Lettere

a Dario Bellezza (1972-1992)p Archinto, pp. 103, €15

pp Giorgio Montefoschip EVAp Rizzoli, pp. 274, €18,50

«Pro-memoria»:un «corredo»,il lascito d’esperienzada riservarealla propria erede

.

Anna Maria Ortese

ElioPagliarani conla moglie Cetta

in un ritrattodi Giorgio

Dante(giorgiodantefi-neart.blogspot.

com).I due celebri

«Romanzi inversi» di

Pagliarani,«La ragazzaCarla» e «La

ballata diRudi» sono

riuniti in unOscar

Mondadoridel 1997

Dario Bellezza

Giorgio Montefoschi

Altri esempi di autorie editori italiani«utili» per evitareingenuità o enfasi,preferendo la sobrietà

L’amarezza per tempiin cui i librigenerano fastidio,preferendo «elegantitipi di sapone»

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 4 GIUGNO 2011LA STAMPA V

Page 5: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.59

Elio Pagliarani è nato aViserba (Rimini) nel 1927. Ilsuo testo più celebre, «Laragazza Carla», risale al1960. L’esordio, comepotea, nel 1954, con«Cronache ed altre poesie».Con «La Ballata di Rudi»(Marsilio) ha vinto il premioViareggio nel 1995.Da Garzanti, nel 2006, hapubblicato «Tutte le poesie».E’ stato critico teatrale di«Paese Sera» da fine anniSessanta al 1985.

Pagliarani Il felice «esordio» narrativoa 84 anni del poeta di «La ragazza Carla»

LORENZOMONDO

I lettori di GiorgioMontefoschi troverannonel romanzo Eva, insieme afigure e ambienti familiari,il consueto scandaglio sullafenomenologia dell’amore,ma la goduta fisicità appe-na velata di malinconia ap-pare qui insidiata da unapungente asprezza.

E’ Giovanni che si fa nar-ratore, e tardivo interpre-te, della sua relazione clan-destina con Eva. La passio-ne al suo colmo colora di sételefonate, appuntamenti,parole, le strade e i cieli diRoma che rappresentanoogni volta il punto di forzadi Montefoschi, della suacontemplazione innamora-ta. E anche le circostanzepiù banali preludono, tra-sfigurandosi, alla frenesiadei convegni erotici. MaEva ha un marito, Fabri-zio, che non si rassegna arappresentare la parte delterzo incomodo e che lei,d’altronde, sembra risolu-ta a sacrificare: insensibileai suoi pedinamenti e ricat-ti sentimentali, alla procla-mata impossibilità di unaseparazione.

La svolta si annunciaquando Eva apprende cheFabrizio è gravemente ma-lato. La bella donna conte-sa mette sulla bilancia unsussulto di responsabilitàmorale. Predilige Giovan-ni, che oppone al suo disa-gio la promessa di un inde-fettibile amore, ma avver-te che, tra i due, è il maritoad avere più bisogno di lei:

«Nella nostra vita, non gli hodato mai nulla. A comincia-re da un figlio».

Eva, che vediamo sfarfal-leggiare tra negozi di moda etavolini di bar, rivela un inso-spettato spessore. Non haniente in comune con EmmaBovary di cui ha letto la vicen-da, e sa prendere terra dallesue illusioni. Quando deve af-frontare da sola una dura pro-va, di cui nessuno ha saputocogliere i sintomi, rinfaccia aisuoi uomini un egoismo che lifa ciechi, un amore dimidiatoperché esclusivamente pos-

sessivo. Per ciò che la riguar-da, fine della storia.

Va ripreso invece dal ro-manzo un altro fascio temati-co, che si snoda sottotono mafinisce per assumere una im-portanza decisiva. Giovanniama trascorrere le vacanze inun paese dell’Alto Adige, tro-va in quel paesaggio dalle lineenette e severe un contrappun-to alla morbida sensualità diRoma. Conosce lassù un preteche non si limita a istruirlo sul-la praticabilità dei sentierimontani, sulla scalata lungo icontrafforti dei Tre Signori.

In una omelia sull’Annuncia-zione, esalta nell’accettazionedella Vergine il senso di unanascita che riguarda tutti noi,«una nascita che ci può sor-prendere, come un dono diDio, ogni giorno, quando dia-mo spazio all’amore: a questoseme indistruttibile che Gesùha piantato nel mondo, e nelcuore di ciascuno».

Questo capitolo conclusi-vo presenta tutt’altro clima ri-spetto a quello che si respiranel corso del romanzo. E sol-tanto con uno sforzo di rifles-sione possiamo riconnettereil discorso di padre Alexan-der al rimprovero pronuncia-to da Eva al momento del suocongedo da Giovanni. D’altraparte, il romanzo di Montefo-schi vive tutto di discorsi so-spesi, di significati che occor-re ricavare da un tracciato diminime fattualità, di dialoghiche si svolgono in superficie,rimuovendo, se non per brevi

spiragli, le complicazioni eprofondità dell’animo. Non citrovi l’intenzione di aderirecriticamente ai comporta-menti di una volubile e irre-sponsabile borghesia intellet-tuale. Si tratta di una cifra sti-listica che talvolta può appari-re elusiva e criptica ma espri-me, da parte dell’autore, unacoerente poetica del ritegno,la propensione a lasciare chesiano i personaggi, anche in-volontariamente, a tradirsi.Come Eva, come Giovanni,nei loro ambigui percorsi, neiloro inattesi approdi.

ANDREACORTELLESSA

Con un velo d’ironia,forse, il risvolto annuncia cheElio Pagliarani - a 84 anni -«esordisce come narratore».Da molto tempo, in realtà, èuno dei nostri maggiori nar-ratori: lo è stato in versi, me-morabilmente (La ragazzaCarla, La ballata di Rudi); lo èora in prosa - la meravigliosaprosa autobiografica di un li-bro atteso da anni. Nell’intro-duzione il suo critico più fede-le, Walter Pedullà, avverteche il libro sorprenderà chiconosca la poesia del suo au-tore: se Pagliarani ha com-

merciato coi linguaggi piùispidi e contundenti, dalla fisi-ca alla sociologia, dall’econo-mia politica alla psicoanalisi,se in tante occasioni s’è fattoun punto d’onore di stronca-re ogni traccia di lirismo, quiinvece procede con andamen-to lineare e linguaggio lieve,spesso venato d’umorismo(specie quando punzecchia ipropri rivali, da Fortini a Se-reni a Pasolini - col quale pe-rò postumamente si riconci-lia). Massima la trasparenzadella lente: quello che seguia-mo è l’appassionante film delNovecento.

Nel titolo appare un perso-naggio che non è l’autore ben-sì sua figlia, Liarosa: è per lei,nata da due anni, che negliAnni Settanta Pagliarani ini-

zia a scrivere queste pagine esempre per lei, trent’anni do-po, le porta a compimento: almomento del suo matrimonio.Il Pro-memoria è dunque un pro-trettico, come si chiamavano inantico quei testi d’ammaestra-mento rivolti ai giovani al mo-mento di allontanarsi dalla fa-miglia e affrontare l’età adulta.L’uso a tal fine della propriamemoria, e l’identità della de-stinataria, ricordano più da vi-cino, poi, il Manoscritto per Te-resa di Pietro Verri, scritto ap-punto per la figlia dal grande il-luminista lombardo (nel cui no-me Luciano Anceschi - futuro

padre putativo dei Novissimi -fondò nel ’56 la rivista sullaquale videro la luce diverse po-esie del giovane Pagliarani).

A metà del libro - scanden-dolo in due grandi lacerti, scrit-ti a distanza di vent’anni l’unodall’altro - si legge un corsivoche definisce la prima, splendi-da sua parte «infiorata dallameraviglia di mia figlia bambi-na; duplice o triplice meravi-glia: di lei che scopriva il mon-do, di me che scoprivo lei e conlei infante riscoprivo la mia in-fanzia». E davvero, quella lettasino a questo punto è una radio-sa sinfonia dell’infanzia e del-

l’adolescenza. Un’età luminosae aerea, a Viserba e dintorni,ancorché attraversata daglispettri della guerra che nel ’44raggiunge anche la Riviera. Iltono si mantiene lieve e umoro-so, senza traccia di espressioni-smo, anche nell’episodio più an-goscioso: quando l’adolescenteElio viene avviato ai lavori for-zati; lui crede di farla franca,per l’occhio di vetro che portadall’età di due anni, ma l’ufficia-le tedesco non vuole sentirneparlare - nein, nein - finché Eliosi cava l’occhio dall’orbita eglielo mostra, tenendolo fradue dita. Poi si volta, lentamen-te si allontana dalla schiera de-gli schiavi, salva la pelle.

Per un aspetto cruciale ilPro-memoria si distacca dal ca-none dell’autobiografia moder-na. Se essa è il luogo della sco-

perta del Soggetto, che costrui-sce se stesso accampandosi alcentro della scena, questo sog-getto autobiografico giustificala sua presa di parola, al con-trario, ponendosi «l’ambiziosameta di essere inesemplare».Viene dunque bandita ognitraccia di soggettivismo narci-sistico, materia prima di ogniautobiografia.

È la garanzia della pietà og-gettiva (per citare il titolo diuna delle poesie più memorabi-li di Pagliarani) che del libro è ilvero tono di fondo: un distaccoda sé, uno sguardo dall’esternorivolto alla propria stessa sto-ria. All’indomani per esempiodell’uscita del suo primo libro,Cronache e altre poesie nel ’54,racconta Pagliarani dell’emo-zione nel ricevere le bozze - è laprima volta che legge le sue pa-

role stampate come se fosseroquelle di un altro - e poi di quan-do per caso, «in una latteria-osteria» di Milano, ascolta unadiscussione sulla poesia finchési rende conto che quei giovanistanno parlando proprio di lui:

«ebbi una vampata di gioia eme ne andai subito via, quasiscappando, quasi fossi un intru-so che stava ascoltando faccen-de molto private che non lo ri-guardavano».

Formula difficile, mantene-re viva l’emozione e la memo-

ria per il «corredo», il lascitod’esperienza da riservare allapropria erede, declinando sem-pre - quell’emotività e quellapietà - in questa forma oggetti-va. Ma è una scommessa vintaalla grande. Al momento del«Commiato un po’ brusco» -nell’aggettivo, tutto il tempera-mento di Elio - le memorie inprosa lo fanno in versi, e queiversi sono dedicati all’amoreprovato nella sua vita. Non achi quell’amore ha provato, na-turalmente, ma a coloro che nesono stati i destinatari: «Rosa-lia o Liarosa che mo’ si sposa»,e infine - nell’ultimissima frase- la moglie: «Cetta, aspetta chenon ho finito». Liarosa che sisposa e Cetta che aspetta sonorime baciate - ed è molto giu-sto, direi, che un testo comequesto si congedi con due baci.

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Strand, un passoavanti nel buio

Canadese, fra le maggiori voci d’oggi,maestro per esattezza di stile e pensiero

ANTONELLACILENTO

«Carissimo Dario,dammi appena puoi buone no-tizie del libro. Spero che nondebba scoraggiarti un primoo un secondo no. Oggi al postodei libri usano molto nuovi ele-ganti tipi di sapone. Ma forseè così dappertutto - perchéc’è un fastidio enorme del li-bro. Un bene? Chissà. Il mon-do va diventando - o ritornan-do naturale e muto, salvo ilgran rumore del niente».

Così scriveva Anna MariaOrtese da Rapallo, anno delSignore 1985, al suo amico fi-dato e carissimo, tanto piùgiovane di lei ma che piu’ ditutti l’aveva sostenuta, il poe-ta Dario Bellezza. Sembrascritta oggi, questa frase, intempi in cui i libri in auge so-no ancor più commerciali de-gli «eleganti tipi di sapone»sarcasticamente descritti daOrtese e in cui il disprezzoper il libro e per chi lo scriveaumenta.

Bellezza addio, piccolo e fol-gorante libro stampato da Ro-sellina Archinto e curato conamore da Adelia Battista, giàautrice di Ortese segreta (mini-mum fax), raccoglie trentano-

ve lettere di Anna Maria Orte-se a Dario Bellezza scritte dal1972 al 1992: una corrispon-denza privata, venduta neisuoi ultimi anni da Bellezza al-la curatrice per i pochi spic-cioli della sua borsa di studio,in un momento di grande diffi-coltà dovuto a malattia e po-vertà. Dunque, non un freddorepertorio, ma un libro di af-fetti: affetto e solidarietà, an-che nel disaccordo, come capi-ta fra amici, fra i due grandiscrittori, affetto e empatia nel-la curatrice, che conobbe en-trambi i corrispondenti da vi-vi e che oggi ce li restituisceintatti e intensi.

Mancano purtroppo le per-dute risposte di Bellezza, mail fascino del libro consiste an-che in questo dialogo in absen-tia, che cattura la voce di unsolo interlocutore e ci costrin-ge a immaginare le rispostedell’altro, come nel Signor Ma-ni di Abraham Yehoshua.

E così possiamo interro-garci amaramente, come face-va da sempre Ortese e comeda sempre continua ad acca-dere, su «chi, personalmente,decide, in questo paese, cheuno scrittore venga dichiara-to fuori, e uno dentro», o im-maginare Elsa Morante, de-scritta con rispetto e ammira-zione da Ortese come un «dra-go verde», senza mai farne ilnome, poiché troppo le era co-stato seguire il suggerimentodi Vittorini di nominare gliscrittori napoletani ne Il marenon bagna Napoli.

D’altronde, solo a Bellezza,al sostegno suo e di altri ami-ci, un’Ortese stanca e impove-

rita deve nell’arco finale dellasua dura esistenza l’assegnazio-ne dei benefici della legge Bac-chelli, atto d’impegno tanto piùgeneroso considerando le gravidifficoltà economiche che Bel-lezza con lei condivideva. I bi-glietti che si scambiano - e cheOrtese definisce, diminuendoli,«note della lavandaia» - parla-no dunque di questa «vita ridot-ta a un centimetro», fatta di re-lazioni lontane, di rare soddisfa-zioni (premi vinti dopo cin-quant’anni di silenzio, l’apprez-zamento di Enzo Siciliano, uncontratto editoriale ben risol-to), di appuntamenti telefonicimancati e anche dell’«orrore se-

greto di partecipare alla cultu-ra italiana di buon livello» in cuiOrtese si vede «rientrare mal-vestita e invecchiata in una ca-sa di potenti».

Ma è questo libro di affetti econfidenze, in fine, anche un li-bro sulla scrittura e sul suo sen-so profondo, che si ricava dallereciproche letture di manoscrit-ti e libri editi che i due scrittorisi scambiano. Così, non si puòche aderire all’augurio che Or-tese fa a Bellezza e che, grazie aquesto delicato libro, giunge anoi tutti: «Soprattutto ti augu-ro di scoprire, di te stesso, ciòche hai e puoi esprimere in im-maginazione. Di tenerti al ripa-ro dal consumo di vita puro esemplice, forse dilettantesco,che è la sola incertezza che ti re-sta da superare. Pensa sempreche lo scrivere - quando si tra-sforma il reale, e gli si mette suil timbro di fuoco dell’immagi-nazione - scrivere, dunque, è es-sere reali. Il resto: mah!».

Lettere Dalla Ortese a Bellezza:tra affetti, solidarietà, disaccordi

Per Liarosa,la figlia cheva nel mondo

“Questa miavita, ridotta aun centimetro”

Ha un rimorsola belladonna contesa

Montefoschi Fenomenologiadell’amore in una Roma sensuale

Mark Strand è uno deimaggiori poeti d'oggi,e da qualche tempo è

molto seguito e giustamenteamato anche in Italia, per l'im-peccabile esattezza dello stile eper la complessità del suo pen-siero espresso nella varietà del-la forma. Esce ora un libro rias-suntivo dal titolo L'uomo checammina un passo avanti albuio (Oscar Mondadori,pp.400, €15), per la traduzio-ne di Damiano Abeni. Si trattadi una scelta di versi che copreun ampio arco di tempo, dal1964 al 2006 e che costituisce,dunque, il meglio di questo poe-ta, che è nato nel 1934 in Cana-da, vive a New York e insegnaalla Columbia University.

La grandezza di MarkStrand si realizza nella stre-nua acutezza del suo rapportocon le cose e con la realtà con-creta, da cui ha origine una me-ditazione in versi disincantatae disillusa, capace di raffinataironia, capace di muoversi nel-la fluidità di un andamento adampio respiro e prosastico, maanche di incidere d'improvvisosentenze epigrammatiche. Le-gato all'esempio di WallaceStevens, Mark Strand è dun-que un autore imprescindibilenella poesia d'oggi, un autoredi elevatissimo livello intellet-tuale. Ricordiamo che era sta-to premiato al Cetonaverde po-esia nel 2007 e che in questo vo-lume viene proposto con l'ac-compagnamento di un saggiodi Rosanna Warren.

Ai nostri lettori e poeti vor-rei poi raccomandare l'operadi un autore italiano poco notoperché prematuramente scom-parso. Il mio suggerimento, loriconosco, non nasce all'inse-gna dell'eleganza, perché sonostato io stesso a curare il volu-me che segnalo. Il poeta è Mau-ro Maconi, era nato a Varesenel '58 e vi è morto esattamen-te dieci anni fa. Tra l'altro è

stato di recente istituito un pre-mio a suo nome, con il sostegnodella SEA (vincitori Nanni Bale-strini e Lucrezia Lerro). Il librosi intitola L'indifferenza deltempo (ed. La collana. Stampa2009, p.90, €15) e si fa apprezza-re per il richiamo costante degliaffetti, per la medietà sobria del-lo stile, per l'efficacia con la qua-le viene in prevalenza condottoun racconto lirico intermittente

per frammenti e strappi lirici, co-me nel bellissimo poemetto postu-mo Il commesso.

Segnalo una delle non pocheiniziative editoriali che oggi dan-no fiato alla poesia, anche se insituazioni, come si suol dire, dinicchia. E' quella delle EdizioniL'Arca Felice, di Salerno, curateda Mario Fresa, e che di recenteha pubblicato una plaquette diuno dei giovani poeti più interes-santi tra i nuovi, e cioè France-sco Osti. Si intitola Viale Orobiee comprende una decina di testidi qualità insolita e di genere

particolare. Osti, infatti, trattacon mano lieve la realtà quoti-diana della sua esperienza, latrasforma in lirica e le dà formacon un uso molto attento e origi-nale della prosa poetica.

Claudio Alvigini è stato pilo-ta di aereo, comandante di Bo-eing 747. La sua poesia è caricadi situazioni e oggetti, di luoghi,naturalmente, con un clima gene-rale di avvincente avventura. Lachiarezza della sua scrittura, delsuo racconto in versi, riesce infat-ti a coinvolgere con facilità il let-tore. Una maggiore selettività eun maggiore controllo non po-trebbero che giovargli, dando an-cora più energia alla vitalitàaperta che dà un carattere al suoprocedere.

Davina Fornasieri, torinese,ha solo venticinque anni e un'evi-dente tensione anima i suoi ver-si. Esprime, certo con verità, ilsenso della sofferenza, ma le con-siglio di evitare uscite piuttostoingenue o involontariamente en-fatiche («scontavo per tutti, /lapena di essere viva»). Sa intro-durre, a volte, immagini efficaci,e qui riesce a dare il suo maglio:«un pigro martedì d'estate /hovisto il tuo riflesso in una vetri-na, /t'aggrappavi al sonno /ru-bando ristoro ad un glicine».

[email protected]

«Eva»: un maritoche non si rassegnaa fare il terzo incomodoe che d’improvvisosi ammala gravemente

Oltre il canonedell’autobiografia,una sinfonia d’infanziae insieme un filmoggettivo del Novecento

pp Elio Pagliaranip PRO-MEMORIA A LIAROSA

(1979-2009)p Marsilio, pp. 318, €18.50

pp Anna Maria Ortesep BELLEZZA, ADDIO. Lettere

a Dario Bellezza (1972-1992)p Archinto, pp. 103, €15

pp Giorgio Montefoschip EVAp Rizzoli, pp. 274, €18,50

«Pro-memoria»:un «corredo»,il lascito d’esperienzada riservarealla propria erede

.

Anna Maria Ortese

ElioPagliarani conla moglie Cetta

in un ritrattodi Giorgio

Dante(giorgiodantefi-neart.blogspot.

com).I due celebri

«Romanzi inversi» di

Pagliarani,«La ragazzaCarla» e «La

ballata diRudi» sono

riuniti in unOscar

Mondadoridel 1997

Dario Bellezza

Giorgio Montefoschi

Altri esempi di autorie editori italiani«utili» per evitareingenuità o enfasi,preferendo la sobrietà

L’amarezza per tempiin cui i librigenerano fastidio,preferendo «elegantitipi di sapone»

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 4 GIUGNO 2011LA STAMPA V

Page 6: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.59

Memorie Un camaleonte che oliò le ruote della storia a suo esclusivovantaggio, celandosi di volta in volta negli abiti di un personaggio

DIEGOGUIDA

Scrivere di libri e li-brerie a Napoli significa ri-percorrere una storia già no-ta sotto molti aspetti: quel-la, cioè, di una città che nonrinuncia a dichiarare la pro-pria specificità, a costruireun percorso culturale e so-ciale per certi versi singola-re e straordinario. E’ unastoria che risale agli opificiper la stampa, che, nel perio-do a ridosso dell’Unità d’Ita-lia, tra il 1860 ed i primi del’900, riuscirono ad animareil dibattito culturale.

La realtà napoletana siesprimeva in modo del tuttodiverso dalle altre grandicittà d’Italia: manifestava di-fatti quell’endemico segnaledi un dualismo non limitatoai soli aspetti dell’economia,agli indici legati alla cosid-detta ricchezza del PIL.

In epoca risorgimentale,il ricorso all’importazione dilibri piemontesi e la scarsaproduzione di giornali e pe-riodici costituirono per Na-poli terreno assai fertile perla diffusione delle idee unita-

rie che difficilmente, salvopoche eccezioni seppur diimportante valore, trovava-no voci alternative che neconfutassero le teorie.

Pertanto, può sostenersicon rigore storico, che comeogni attività economica, an-che le librerie, le case editri-ci e le tipografie esistenti,avevano difficoltà a cresce-re e divenire vere realtàcommerciali e produttivecon respiro nazionale.

Negli atti del CongressoTipografico-Librario, tenu-tosi a Napoli nel 1871, si leg-ge che Gaspare Barbera,succeduto a Felice Le Mon-nier alla presidenza dell’As-sociazione, sosteneva che«pur apprezzando la capaci-tà degli stampatori meridio-nali a competere con i colle-ghi del resto d’Italia, la scar-sa circolazione dei libri sullapiazza napoletana resta ri-luttante ad una convinta in-tegrazione nel mercato na-zionale. Il commercio libra-rio nell’ex capitale non è di-sciplinato come altrove: es-so è in mani forse troppo de-boli, la città non è abbastan-za congiunta al resto d’Ita-lia». Ciononostante, a Napo-li si contavano, in quellostesso anno, ben 97 esercen-ti tipografi, 78 librai, 57 com-messi e 45 legatori di libri.

Si ricordano noti editorie librai come Francesco Ros-si Romano, Nicola Jovene al-la Strada Trinità Maggiore,Francesco e Benedetto Pel-lerano a Chiaia, GabrieleRondinella, Luigi Chiurazzi,e Gabriele Regina a piazza

Cavour, Gennaro Casella allaStrada del Molo 21, Raffaele eLuigi Saponara a San Tom-maso, Giuseppe Marghieri,L’Emporio Librario Parteno-peo, le botteghe di GiovanniPonzoni, Antonio Morano, Pa-squale Pinto e Nicola Vittorioa San Biagio del Librai, Zeffe-rino Bianchi, Antonio Dottorinel cortile della chiesa di San-ta Chiara, Vincenzo Cioffi ePasquale Perrone a Via Co-stantinopoli.

E ancora: Gennaro Cardo-ne in Vico Quercia 13, France-sco De Simone alla Via Brog-gia 13, Giuseppe Fonzo allastrada Trinità Maggiore 7, Al-berto Dekten libraio tedesco

a Napoli dal 1836, ed il leggen-dario Luigi Pierro che da sem-plice strillone diviene il libra-io di riferimento di personag-gi illustri come Nicola Zani-chelli ed il giovane BenedettoCroce, meritandosi financhela Croce di Cavaliere del La-voro nel 1890.

Ma quel che più di tutterappresenta una originalitàtutta partenopea, sono forse icosiddetti «gabinetti di lettu-ra». Concepiti quali centri dilettura di libri e periodici nelnord dell’Italia, di ideazionefrancese, a Napoli si rivolseroal volgo dei lettori e non aidotti ad agli studiosi, come in-vece erano stati pensati oltral-

pe. A Napoli, i gabinetti di let-tura rappresentarono ritrovidi semplici cittadini, definitifinanche come «covi» della ri-voluzione, luoghi per discute-re delle idee unitarie, per que-sto visti con poca benevolen-za dai regnati pre unitari.

Sul solco della migliore tra-dizione napoletana, nei primianni del ’900 nascono nuovelibrerie in città pronte a rac-cogliere il testimone per la dif-fusione della lettura e delle co-stituenda nuova cultura del-l’Italia unita. Ecco dunquecomparire sulla scena quei li-brai come i Guida, gli unicicon negozi sopravvissuti allenumerose crisi del settore.

Libraio e poi anche edito-re, Alfredo Guida avviò la sua

attività con la creazione diuna originale formula per dif-fondere il libro: nel 1909 cor-redatosi di un banchetto mo-bile, girava per la città propo-nendosi come un biblioteca-rio ambulante.

Per pochi centesimi Alfre-do Guida noleggiava libri e di-spensava consigli per i lettoriche non potevano permetter-si di acquistare un libro, mache volevano leggerlo, per poirestituirlo. Si creò in questomodo un circolo virtuoso pereducare nuovi lettori.

Da questa esperienza du-rata oltre 10 anni, AlfredoGuida, impiantò successiva-mente, nel 1920 una vera epropria libreria in sede fissa,acquisendo i locali in ViaPort’Alba, dove ancora oggi ifigli ed i nipoti svolgono lanobile arte del «mestiere»del libraio.

Divenuto centro promoto-re di eventi culturali, per lapresentazione di libri ed au-tori, medaglia d’oro dellaPresidenza della Repubblicae Bene Culturale degli italia-ni dal 1983, la Guida resta og-gi l’unica realtà ancora in vi-ta a Napoli con circa un seco-lo di attività.

Oggi in città operano quasiun centinaio di librerie, moltespecializzate in libri di scuola,universitari, mentre le libre-rie di varia possono contarsisulle punte di una mano sola,pur riuscendo a produrre unanotevole attività culturale le-gata ad eventi di promozionealla lettura ed ai dibattiti sutematiche politico e sociali.

GIUSEPPEMARCENARO

Courtiade, il suo came-riere, quando Charles-Mauricede Talleyrand sposò CatherineGrand, alzando gli occhi al cie-lo, si abbandonò allo sconcerto:«Chi avrebbe creduto che noicommettessimo una similesciocchezza, noi che abbiamoavuto le più belle dame di Cor-te!». Courtiade era l'improprioLeporello di un «padron mio»dissoluto e libertino, che perquante ne amasse non arrivò aivertici di don Giovanni. Eppurefuron tante. Per Talleyrand la«società»significava le donne.

Nell'assiduità d'alcova nonsomigliava però a un vanitosoValmont che si prestasse ai«jeux d'esprit» della perversamadame de Tourvel, «eroina»delle Liaisons dangereuses diChoderlos de Laclos. Con lefemmine, a Talleyrand non im-portava il piacere della conqui-sta. Era soddisfatto di provarea se stesso che il suo piedestorpio, costretto da uno stiva-letto in acciaio, non gli preclu-desse i trionfi amorosi. Comeun ragno appostato agguanta-va la preda al momento giu-sto. Senza mai mostrarsid'averla avuta vinta, a letto co-me nella tenzone della vita.

Sapeva sorridere e tacere,parlare per allusioni. Nei mo-

menti gravi darsi un'aria di in-differenza. Possedeva il donodella dissimulazione. E dopouna vita di intrighi, nel 1816, im-piegando l'ozio concessogli dauna momentanea disoccupazio-ne politica, scrisse le sue Memo-rie. Non svelò nessun segreto.Raccontò se medesimo con son-tuoso, formalissimo distacco.Come fosse l'esistenza di unanullità. Eppure era stato tutto.

Infingardo come un gatto,aveva oliato le ruote della storiaa esclusivo suo vantaggio, ce-landosi di volta in volta negliabiti di un personaggio: accoli-to, esorcista, suddiacono, aba-te, vescovo, ministro, granciambellano.Non era affatto untemperamento religioso. Maiesibì il suo agnosticismo, ma, inpunto di morte, disse all'abateDupanloup che gli sommini-strava l'estrema unzione: «Nondimenticate ch'io sono vesco-vo». L'abate, dopo le mani, sta-va per ungergli la fronte. A unvescovo l'unzione estrema èsomministrata soltanto sul dor-so delle mani. Per quanto possaapparire fuor luogo per un tipocome Talleyrand, non conside-rava la mondana prelatura un'eccezione. Dovettero però darnell’occhio i comportamentiniente affatto vescovili. Il suo fi-ne non era certo dire messa.

Quando il 1789 scompigliò lecarte di Francia, andò incontroalla Rivoluzione con il pastoralee non esitò a farsi eleggere agliStati Generali. Il poeta AndreaChénier ricordò allora che nellasede vescovile di Autun Tal-leyrand aveva avuto un prede-cessore cui Molière si era ispi-rato come modello per Tartufo;

e di cui Saint-Simon narra comefosse «amico di donne influenti epartecipe di tutti gli intrighi».Talleyrand emulò «in meglio»l'antico vescovo.

Cortigiano e salottiero - «Unuomo di Stato si informa meglioandando in società che restandonei suoi uffici» -, si traghettò dal-l’Ancien Régime, di cui era l'in-carnazione, ai giorni della rivolu-zione che, trescando, superò in-denne, salvo qualche «inciden-te» (dovette riparare per un cer-to tempo in Inghilterra e Ameri-ca), trovando poi in Napoleoneuna perfettissima controparte.

Si attraevano e respingeva-no. L'uno era l'austera immagi-ne del passato, l'altro la monu-mentale vanità del parvenu.L'uno non avrebbe però potutofare a meno dell’altro, anche seNapoleone gli disse in faccia «sie-te merda in calze di seta». AlloraTalleyrand non si scompose.L'imperturbabilità che opposeall'insulto non era soltanto l'auto-controllo dell'educazione. Il di-stacco nasceva dalla consapevo-lezza «d’avere dalla sua la storia,che facendosi ogni giorno più tra-gica, ogni giorno gli dava un po'più ragione». Caduto l'astro im-periale, nel marzo 1814, al culmi-ne del potere Talleyrand vagheg-giò, sia pur per qualche giorno,d'essere una sorta di quasi re diFrancia. Ex ministro di Napoleo-

ne, divenne l'anima del Congres-so di Vienna adattandosi al nuo-vo corso e preparandosi a «forni-care» con altri sovrani: LuigiXVIII, Carlo X, Luigi Filippo.

Sempre accurato, l'aspetto diun gran signore, tradiva a untempo i tratti di un paggio viziatoe quelli di un colonnello usuratodai favori delle donne. Aveva re-so impagabilmente elegante il ba-stone sul quale doveva appog-giarsi per camminare. Sembravagiudicare gli uomini con indul-genza e gli avvenimenti con di-staccata freddezza. Teneva a mo-strarsi moderato perché sapevache le occasioni si offrono a chi saaspettare. Fervido giocatore,speculava in Borsa. Ed era per-fettamente certo come per un uo-mo che si occupi di cariche pub-bliche vi siano, al di là della bisca,altre fonti di guadagno. Forsenon fu un corruttore, ma riscos-se enormi somme di denaro per iservizi resi. Aveva adunato unaraccolta di libri preziosi, quandoperò voleva leggere qualcosa del-la letteratura del suo tempo si ab-bandonava a opere tipo Il portina-io di Chartreux, un curioso ro-manzopornografico.

Coltivò la perfidia come un'ar-te e trasformò la vendetta in unesercizio di stile. Questo e altro èstata la ferina immoralità di Tal-leyrand. In età avanzata divennemalinconico. Forse si era accortodel vuoto della sua anima. Con-fessò allora a una vecchia amica,madame de Rémusat: «In questatarda nostalgia giace la masche-ra e la leggenda che si chiamaTalleyrand. Voglio che per secolisi discorra di ciò che ho fatto, diciò che ho pensato e voluto».

Gli è riuscito.

Giuseppe Altamore, il più re-cente edito da SugarCo. Dalrecentissimo La grande sete diCharles Fishman basta citareciò che scriveva l’economistaAdam Smith nel 1776: «La pa-rola valore ha due differentisignificati: talvolta esprimel’utilità di qualche particolareoggetto e talaltra ha il poteredi acquistare altri beni che ilpossesso di questo oggettoconferisce. L’uno può esseredetto valore d’uso; l’altro valo-re di scambio. Le cose chehanno il massimo valored’uso spesso hanno scarso onessun valore di scambio; e alcontrario quelle che hanno ilmassimo valore di scambiohanno frequentemente scar-so o nessun valore d’uso. Nul-la è più utile dell’acqua; macon essa non si potrà acquista-re quasi nulla e difficilmentesi potrà ottenere qualcosa in

cambio di essa. Un diamante, alcontrario, non ha quasi nessunvalore d’uso; ma con esso si puòspesso ottenere in cambio unagrandissima quantità di altribeni».

Le norme che i referendumvogliono abrogare sono ispira-te da una visione del mondo nel-la quale non esistono valori masolo prezzi. Il prezzo dell’acquadovrebbe essere inversamenteproporzionale al suo valore.Qui, dove l’acqua è abbondan-te, possiamo anche pagarla unpo’ più cara. In Africa, dove unlitro d’acqua decide tra la vita ela morte, fa orrore il solo pen-siero di poter vendere quel litroad un prezzo stabilito secondola legge della domanda e dell’of-ferta.

Nel caso del nucleare Fuku-shima aiuta a decidere, e razio-nalmente, non emotivamentecome insinua qualcuno: orasappiamo che persino un paeseefficiente e avanzato come ilGiappone è inerme e pasticcio-ne di fronte a un incidente ato-mico. Né si dica che la colpa è

dello tsunami: grazie ai sistemidi sicurezza, mai il raffredda-mento dei reattori avrebbe do-vuto bloccarsi. Anche l’uscitadal nucleare della Germania an-nunciata da Angela Merkel, èeloquente. Ma chi cerca un qua-dro complessivo del problemalegga Il miraggio nucleare di Co-derch e Almiron.

Dopodiché su energia e ac-qua, e in generale sulle questio-ni tecno-scientifiche, trovere-mo sempre visioni del mondoinconciliabili. Da un lato i pala-dini della tecnologia: RobertoVacca, Umberto Veronesi,Chiara Tonelli, e Patrick Moo-re, il pentito di Green Peace, ve-dono in essa e nello sviluppo lepremesse per un futuro miglio-re. Dall’altro lato i profeti dellasobrietà e della decrescita – Lu-ca Mercalli, Antonio Galdo, Lui-gi Sertorio – tendono a farel’equazione tecnologia = consu-mismo e attacco all’ambiente.

Leggiamo, facciamociun’idea stando attenti al tranel-lo dei dogmi contrapposti. E ri-cordiamo che talvolta la semples-sità coincide con il buon senso.

LONTANO & VICINOENZO BIANCHI

Lilith, il maleè l’indifferenza

Il viaggio di Violante intornoalla mitica prima moglie di Adamo

TRA CHIESA E STATO: IL REPORTAGE DI VITTORIO GORRESIO

Risorgimento scomunicato= La via «non benedetta» all’Unità d’Italia. Sullecolonne del Mondo pannunziano Vittorio Gorresioripercorse il Risorgimento scomunicato, un reportage àrebours poi proposto in volume nel 1958 e ora di nuovoin libreria per le edizioni La Zisa di Palermo (pp. 198,€16,90, www.lazisa.it ). Dall’abolizione dei privilegiecclesiastici ai cardinali (e ai vescovi) in prigione. Nellaprefazione Gianni Vattimo definisce l’opera di Gorresio -che fu editorialista principe de La Stampa - «un piccolotesoro letterario-cultural-politico, per giuntastraordinariamente attuale per il nostro presente».

RITRATTI, LETTERE E SAGGI

Cavour pubblico e privato= Un ritratto pubblico e privato di Cavour (Longanesi,pp. 191, €17,60) secondo Piero Ottone: «La verità è chenon fece politica per unificare l’Italia. Fece politica, in primoluogo, per trovare se stesso». Da Archinto, le lettere diCavour a Bianca Ronzani (1856-1861), l’ultima donna dellasua vita: Amami e credimi (pp. 81, €13, prefazione diLucio Villari). A cura di Umberto Levra, presidente delMuseo nazionale del Risorgimento di Torino, Cavour,l’Italia e l’Europa (Il Mulino, pp. 268, €20). Una raccolta disaggi a firma, tra gli altri, di Massimo L. Salvadori,Francesco Traniello, Giuseppe Galasso, Georges Virlogeux.

L’EDIZIONE ITALIANA IN CINQUE VOLUMI

L’arte della dissimulazioneMemoires di Charles-Maurice de Talleyrand-Perigord, principe diBenevento (Parigi, 1754-1838), a cura del duca di Broglie, estremodepositario del manoscritto (oggi alla Biblioteca Nazionale di Parigi),furono pubblicate per la prima volta, dopo un travagliato percorso, nel1891-'92, cinquantaquattro anni dopo la morte del loro autore. Quandoapparvero suscitarono vivaci polemiche circa la loro autenticità. Per essereriedite, con una prefazione di Paul Léon, Memoires dovettero aspettarefino al 1953-‘55.Vengono adesso mirabilmente pubblicate in italiano, in cinque volumidall'editore Nino Aragno, a cura, traduzione, prefazione e apparati diVito Sorbello. In una Nota all'edizione si legge: «L'indignazione controTalleyrand è stata una ginnastica dello spirito, lo scarico di coscienza deisuoi contemporanei, così pure deiposteri. Tutti hanno provato il piaceredi infierire su di lui… Talleyrand nonscrive le Memorie per una sorta dirivincita postuma sulle sconfitte osulle delusioni della vita, alla manieradi uno Chateaubriand o del Cardinaledi Retz. Le sue Memorie non sono unatto di confessione o di testimonianzadel suo tempo. Come dice AlbertSorel, “gli uomini come Talleyrandnon compongono le loro memorieper il piacere di dire la verità”…Tradetto e non detto, tra rivelazioni esilenzi, tra mezze verità e mezzebugie, ci si deve dunque destreggiare,quando si ha a che fare con un uomoche ha fatto della dissimulazioneun'arte e una maniera di vivere, ilsegno di un calcolo e di unastrategia».

Talleyrand, il vescovoche visse in un’alcova

I PENSIERI DI VANINI, UN «LIVRE DE CHEVET»

Morire da filosofi, in allegria= C’è una rinascita di Vanini, il grande filosofosalentino del ’500, noto all’estero, soprattutto inGermania, e pressoché ignorato in Italia. L’anno scorsouscì da Bompiani una sontuosa edizione delle sue opere.Ora Mario Carparelli, che di quella edizione è stato uno deicuratori, ha piluccato alcuni dei pensieri più arditi diVanini e li ha raccolti, con adeguato commento, nel belvolumetto Morire allegramente da filosofi (Ed. Il Prato,pp. 188, €12), il quale è così sapido e nutriente chemeriterebbe di essere tenuto a portata di mano come livrede chevet. Vanini dev’essere letto da tutti e non soltanto

da quelli che vi sono costretti per motivi professionali.Finché i filosofi rimangono confinati nei cortili delleuniversità non potranno mai far luce su questo poveromondo ottenebrato dalla superstizione e dal pretume.Il lavoro di Carparelli serve proprio a questo, a preparare epoi a introdurre il lettore nel gran tempio della filosofia diVanini. I pensieri che egli raccoglie e commenta mettonotanto appetito che si vorrebbe subito leggere l’operaintera del filosofo. Ma il grande merito di Carparelli, unagiovane speranza della nostra cultura filosofica, è un altro.Vanini non è un filosofo facile a leggersi, perché, persfuggire all’Inquisizione, è costretto a dire quello che nonpensa e a pensare quello che non dice. Insomma, asimulare. Mimmo Fazio, nella dotta introduzione, dice che

Carparelli «ha isolato e portato alla luce del sole,dissipando tutte le cortine fumogene nelle quali Vaniniper forza di cose aveva dovuto nasconderle, alcune delletesi centrali» e le ha offerte «al lettore in tutta la lorochiarezza. Si può dire, perciò, che abbia voluto guidare illettore». In breve, Carparelli è riuscito «a far parlare chiaroun autore che, dati i tempi, non aveva potuto esprimersichiaramente». Non si potrebbe dire di meglio.Mimmo Fazio è qualche cosa di più di un professore difilosofia, è uno scrittore. E allora che cosa aspetta ascrivere in toni drammatici la biografia di Giulio CesareVanini, la cui uccisione fu così raccapricciante da fargridare di orrore uomini come Hölderlin e Schopenhauer? Anacleto Verrecchia

LA VERA STORIA DELL’ «ITALIA S’È DESTA»

L’inno di Mameli e il tricolore= Il canto degli Italiani, l’inno di Mameli, che RobertoBenigni ha da par suo ri-lucidato nel recente Festival diSanremo: parole (poesia) di Goffredo Mameli, musica diMichele Novaro. Raccontano la vera storia dell’innoTarquinio Maiorino, Giuseppe Marchetti Tricamo eAndrea Zagami in L’Italia s’è desta, Cairo ed.,pp. 319,€16). Per poi ripercorrere la «storia avventurosa dellanostra bandiera», con una accurata cronologia, dal1797, quando nasce il tricolore a Reggio Emilia, al 17marzo scorso, quando a Montecitorio il presidenteNapolitano ha celebrato i 150 anni dell’Italia unita.

TERZA PUNTATAIniziato con Torino (sabato14 maggio) e proseguito conMilano (sabato 28) fa tappa aNapoli il nostro ciclo sullelibrerie italiane, dall’Unità adoggi, nei principalicapoluoghi, per ripercorrereartefici e luoghi delladiffusione della lettura,un processo lento e faticosoquanto decisivo nellaformazione del Paese.

Dieci anni dopol’Unità, si contavano97 esercenti tipografi,78 librai, 57 commessie 45 legatori di libri

L a mitologia ha sempre co-stituito un prezioso pontetra interiorità dell'essere

umano e vissuto quotidiano, trarilettura del passato e compren-sione del presente, tra universa-le e particolare. La mente uma-na è stata capace fin da tempiantichissimi di cogliere l'essen-ziale che sta dietro i piccoli e igrandi eventi di ogni giorno edella storia e di rielaborarlo at-traverso l'invenzione di perso-naggi mai esistiti ma vicinissimia ciascuno di noi. E questo gra-zie a una narrazione fantasticache è sempre più aderente al rea-le di qualsiasi cronaca.

Un mito nasce perché coglieciò che non cambia nel mutaredegli eventi, ma poi il mito cre-sce, si sviluppa, si trasforma, siadatta a lingue e culture diver-se, conservando gli elementi fon-damentali e variando nomi, im-magini, colori, suoni. L'uomo co-sì ritrova costantemente se stes-so, i propri limiti e le proprie po-tenzialità, si riconosce parte diun'umanità che lo supera e nelcontempo protagonista di unaunicità irripetibile.

È la sensazione che ho prova-to leggendo Viaggio verso la fi-ne del tempo di Luciano Vio-lante (Piemme, pp. 188, €16),un'opera in versi che narral'«Apocalisse di Lilith», la miti-ca prima moglie di Adamo che,rifiutando una posizione di sot-tomissione al maschio, finiscemaledetta da Dio.

Poco importa quanto nellaavvincente narrazione di Vio-lante sia stato effettivamente ri-preso dall'immaginario che nelcorso dei secoli ha colorato di tin-te diverse la vicenda di Lilith.Paradossalmente mi pare persi-no che la stessa tematica della ri-volta contro la disuguaglianzamaschio-femmina - propria delmito di Lilith - non sia al centrodi questo lavoro. Mi pare piutto-sto un efficace pretesto per con-centrare l'attenzione del lettoresu quanto sta davvero a cuore

all'autore, così come lo esplicitaegli stesso: «Il filo conduttore delviaggio di Lilith è quel particolaremale che consiste nell'indifferenzaalla vita degli altri».

Violante, già magistrato eparlamentare, in fondo si è sem-pre preoccupato di lotta contro ilmale e di ricerca del bene comune,attraverso i due poteri statali -quello giudiziario e quello legisla-tivo - a questo predisposti. Eppu-re nelle sue pagine non si respiranulla di dogmatico o di apologeti-

co, solo un desiderio di parlare«della verità e della giustizia edella cura della vita per gli altri»,perché «la lotta che insieme conDio è necessario combattere» è sì«contro il male», ma il volto chequesto assume è innanzitutto «l'indifferenza che separa gli uomi-ni dalla loro umanità».

In questo senso Lilith non af-ferma cose straordinarie ma, co-me un'autentica figura mitologi-ca, fa risuonare con accenti con-vincenti parole che rischierebberodi scivolare via nel già noto dellanostra esistenza. Chi infatti nonsa, per esempio, «che il bene va co-struito ora dopo ora nella durez-za della vita quotidiana»? Eppu-re quanto spesso contraddiciamoquesto con le nostre azioni e persi-no con le parole.

Questo straordinario viaggionell'ordinario - in cui Lilith incon-tra i personaggi più diversi, dal ca-pitano Achab alle vittime di Sta-lin e dei lager, alle donne abusate,fino a Gesù di Nazaret sotto pro-cesso a Gerusalemme - termineràda dove è iniziato: «accanto al Si-gnore / se il male non prevarrà».

In mezzo, tutta la fatica di chideve giorno giorno imparare «aprendere cura dell'altro», per abi-tare un mondo degno della gran-dezza dell'uomo, un mondo dovenon domina «l'indifferenza neiconfronti dell'altro».

Capitale dei gabinettidi lettura, di originefrancese, rivoltial volgo dei lettorie non agli studiosi

Uno strilloneriforniva Croce

PIERO BIANUCCI

pp Charles-Maurice de Talleyrandp MEMORIEp a cura di Vito Sorbellop Aragno editorep 5 volumip pp. 1728, €150

Librai d’Italia Il nostro viaggio arriva nella Napoli ’800,dove Pierro «serviva» i colti e Guida faceva l’ambulante

Cortigiano e salottierosi traghettò dall’AncienRégime ai giorni dellaRivoluzione, fu l’animadel Congresso di Vienna

Sì o no in libreriaLo studio privato di Croce a Palazzo Filomarino, Napoli

Il suo fine non eracerto dire messa:dissoluto e libertino,per lui la «società»significava le donne

150O

Per il 2011Librai d’Italia

Segue da pag. I

Vittorio Gorresio

Catherine Noële Worlée, una delle «conquiste»di Talleyrand, in un ritratto di François Gérard

Un busto di Vanini

Oltre la disuguaglianzamaschio-femmina,il desiderio di parlare«della veritàe della giustizia» Charles-Maurice de Talleyrand, principe di Benevento, in un ritratto di Pier-Paul Proud’hon (1807)

Adamo e Eva dipinti da Michelangelo

p

PersonaggiVITuttolibri

SABATO 4 GIUGNO 2011LA STAMPA VII

Page 7: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.59

Memorie Un camaleonte che oliò le ruote della storia a suo esclusivovantaggio, celandosi di volta in volta negli abiti di un personaggio

DIEGOGUIDA

Scrivere di libri e li-brerie a Napoli significa ri-percorrere una storia già no-ta sotto molti aspetti: quel-la, cioè, di una città che nonrinuncia a dichiarare la pro-pria specificità, a costruireun percorso culturale e so-ciale per certi versi singola-re e straordinario. E’ unastoria che risale agli opificiper la stampa, che, nel perio-do a ridosso dell’Unità d’Ita-lia, tra il 1860 ed i primi del’900, riuscirono ad animareil dibattito culturale.

La realtà napoletana siesprimeva in modo del tuttodiverso dalle altre grandicittà d’Italia: manifestava di-fatti quell’endemico segnaledi un dualismo non limitatoai soli aspetti dell’economia,agli indici legati alla cosid-detta ricchezza del PIL.

In epoca risorgimentale,il ricorso all’importazione dilibri piemontesi e la scarsaproduzione di giornali e pe-riodici costituirono per Na-poli terreno assai fertile perla diffusione delle idee unita-

rie che difficilmente, salvopoche eccezioni seppur diimportante valore, trovava-no voci alternative che neconfutassero le teorie.

Pertanto, può sostenersicon rigore storico, che comeogni attività economica, an-che le librerie, le case editri-ci e le tipografie esistenti,avevano difficoltà a cresce-re e divenire vere realtàcommerciali e produttivecon respiro nazionale.

Negli atti del CongressoTipografico-Librario, tenu-tosi a Napoli nel 1871, si leg-ge che Gaspare Barbera,succeduto a Felice Le Mon-nier alla presidenza dell’As-sociazione, sosteneva che«pur apprezzando la capaci-tà degli stampatori meridio-nali a competere con i colle-ghi del resto d’Italia, la scar-sa circolazione dei libri sullapiazza napoletana resta ri-luttante ad una convinta in-tegrazione nel mercato na-zionale. Il commercio libra-rio nell’ex capitale non è di-sciplinato come altrove: es-so è in mani forse troppo de-boli, la città non è abbastan-za congiunta al resto d’Ita-lia». Ciononostante, a Napo-li si contavano, in quellostesso anno, ben 97 esercen-ti tipografi, 78 librai, 57 com-messi e 45 legatori di libri.

Si ricordano noti editorie librai come Francesco Ros-si Romano, Nicola Jovene al-la Strada Trinità Maggiore,Francesco e Benedetto Pel-lerano a Chiaia, GabrieleRondinella, Luigi Chiurazzi,e Gabriele Regina a piazza

Cavour, Gennaro Casella allaStrada del Molo 21, Raffaele eLuigi Saponara a San Tom-maso, Giuseppe Marghieri,L’Emporio Librario Parteno-peo, le botteghe di GiovanniPonzoni, Antonio Morano, Pa-squale Pinto e Nicola Vittorioa San Biagio del Librai, Zeffe-rino Bianchi, Antonio Dottorinel cortile della chiesa di San-ta Chiara, Vincenzo Cioffi ePasquale Perrone a Via Co-stantinopoli.

E ancora: Gennaro Cardo-ne in Vico Quercia 13, France-sco De Simone alla Via Brog-gia 13, Giuseppe Fonzo allastrada Trinità Maggiore 7, Al-berto Dekten libraio tedesco

a Napoli dal 1836, ed il leggen-dario Luigi Pierro che da sem-plice strillone diviene il libra-io di riferimento di personag-gi illustri come Nicola Zani-chelli ed il giovane BenedettoCroce, meritandosi financhela Croce di Cavaliere del La-voro nel 1890.

Ma quel che più di tutterappresenta una originalitàtutta partenopea, sono forse icosiddetti «gabinetti di lettu-ra». Concepiti quali centri dilettura di libri e periodici nelnord dell’Italia, di ideazionefrancese, a Napoli si rivolseroal volgo dei lettori e non aidotti ad agli studiosi, come in-vece erano stati pensati oltral-

pe. A Napoli, i gabinetti di let-tura rappresentarono ritrovidi semplici cittadini, definitifinanche come «covi» della ri-voluzione, luoghi per discute-re delle idee unitarie, per que-sto visti con poca benevolen-za dai regnati pre unitari.

Sul solco della migliore tra-dizione napoletana, nei primianni del ’900 nascono nuovelibrerie in città pronte a rac-cogliere il testimone per la dif-fusione della lettura e delle co-stituenda nuova cultura del-l’Italia unita. Ecco dunquecomparire sulla scena quei li-brai come i Guida, gli unicicon negozi sopravvissuti allenumerose crisi del settore.

Libraio e poi anche edito-re, Alfredo Guida avviò la sua

attività con la creazione diuna originale formula per dif-fondere il libro: nel 1909 cor-redatosi di un banchetto mo-bile, girava per la città propo-nendosi come un biblioteca-rio ambulante.

Per pochi centesimi Alfre-do Guida noleggiava libri e di-spensava consigli per i lettoriche non potevano permetter-si di acquistare un libro, mache volevano leggerlo, per poirestituirlo. Si creò in questomodo un circolo virtuoso pereducare nuovi lettori.

Da questa esperienza du-rata oltre 10 anni, AlfredoGuida, impiantò successiva-mente, nel 1920 una vera epropria libreria in sede fissa,acquisendo i locali in ViaPort’Alba, dove ancora oggi ifigli ed i nipoti svolgono lanobile arte del «mestiere»del libraio.

Divenuto centro promoto-re di eventi culturali, per lapresentazione di libri ed au-tori, medaglia d’oro dellaPresidenza della Repubblicae Bene Culturale degli italia-ni dal 1983, la Guida resta og-gi l’unica realtà ancora in vi-ta a Napoli con circa un seco-lo di attività.

Oggi in città operano quasiun centinaio di librerie, moltespecializzate in libri di scuola,universitari, mentre le libre-rie di varia possono contarsisulle punte di una mano sola,pur riuscendo a produrre unanotevole attività culturale le-gata ad eventi di promozionealla lettura ed ai dibattiti sutematiche politico e sociali.

GIUSEPPEMARCENARO

Courtiade, il suo came-riere, quando Charles-Mauricede Talleyrand sposò CatherineGrand, alzando gli occhi al cie-lo, si abbandonò allo sconcerto:«Chi avrebbe creduto che noicommettessimo una similesciocchezza, noi che abbiamoavuto le più belle dame di Cor-te!». Courtiade era l'improprioLeporello di un «padron mio»dissoluto e libertino, che perquante ne amasse non arrivò aivertici di don Giovanni. Eppurefuron tante. Per Talleyrand la«società»significava le donne.

Nell'assiduità d'alcova nonsomigliava però a un vanitosoValmont che si prestasse ai«jeux d'esprit» della perversamadame de Tourvel, «eroina»delle Liaisons dangereuses diChoderlos de Laclos. Con lefemmine, a Talleyrand non im-portava il piacere della conqui-sta. Era soddisfatto di provarea se stesso che il suo piedestorpio, costretto da uno stiva-letto in acciaio, non gli preclu-desse i trionfi amorosi. Comeun ragno appostato agguanta-va la preda al momento giu-sto. Senza mai mostrarsid'averla avuta vinta, a letto co-me nella tenzone della vita.

Sapeva sorridere e tacere,parlare per allusioni. Nei mo-

menti gravi darsi un'aria di in-differenza. Possedeva il donodella dissimulazione. E dopouna vita di intrighi, nel 1816, im-piegando l'ozio concessogli dauna momentanea disoccupazio-ne politica, scrisse le sue Memo-rie. Non svelò nessun segreto.Raccontò se medesimo con son-tuoso, formalissimo distacco.Come fosse l'esistenza di unanullità. Eppure era stato tutto.

Infingardo come un gatto,aveva oliato le ruote della storiaa esclusivo suo vantaggio, ce-landosi di volta in volta negliabiti di un personaggio: accoli-to, esorcista, suddiacono, aba-te, vescovo, ministro, granciambellano.Non era affatto untemperamento religioso. Maiesibì il suo agnosticismo, ma, inpunto di morte, disse all'abateDupanloup che gli sommini-strava l'estrema unzione: «Nondimenticate ch'io sono vesco-vo». L'abate, dopo le mani, sta-va per ungergli la fronte. A unvescovo l'unzione estrema èsomministrata soltanto sul dor-so delle mani. Per quanto possaapparire fuor luogo per un tipocome Talleyrand, non conside-rava la mondana prelatura un'eccezione. Dovettero però darnell’occhio i comportamentiniente affatto vescovili. Il suo fi-ne non era certo dire messa.

Quando il 1789 scompigliò lecarte di Francia, andò incontroalla Rivoluzione con il pastoralee non esitò a farsi eleggere agliStati Generali. Il poeta AndreaChénier ricordò allora che nellasede vescovile di Autun Tal-leyrand aveva avuto un prede-cessore cui Molière si era ispi-rato come modello per Tartufo;

e di cui Saint-Simon narra comefosse «amico di donne influenti epartecipe di tutti gli intrighi».Talleyrand emulò «in meglio»l'antico vescovo.

Cortigiano e salottiero - «Unuomo di Stato si informa meglioandando in società che restandonei suoi uffici» -, si traghettò dal-l’Ancien Régime, di cui era l'in-carnazione, ai giorni della rivolu-zione che, trescando, superò in-denne, salvo qualche «inciden-te» (dovette riparare per un cer-to tempo in Inghilterra e Ameri-ca), trovando poi in Napoleoneuna perfettissima controparte.

Si attraevano e respingeva-no. L'uno era l'austera immagi-ne del passato, l'altro la monu-mentale vanità del parvenu.L'uno non avrebbe però potutofare a meno dell’altro, anche seNapoleone gli disse in faccia «sie-te merda in calze di seta». AlloraTalleyrand non si scompose.L'imperturbabilità che opposeall'insulto non era soltanto l'auto-controllo dell'educazione. Il di-stacco nasceva dalla consapevo-lezza «d’avere dalla sua la storia,che facendosi ogni giorno più tra-gica, ogni giorno gli dava un po'più ragione». Caduto l'astro im-periale, nel marzo 1814, al culmi-ne del potere Talleyrand vagheg-giò, sia pur per qualche giorno,d'essere una sorta di quasi re diFrancia. Ex ministro di Napoleo-

ne, divenne l'anima del Congres-so di Vienna adattandosi al nuo-vo corso e preparandosi a «forni-care» con altri sovrani: LuigiXVIII, Carlo X, Luigi Filippo.

Sempre accurato, l'aspetto diun gran signore, tradiva a untempo i tratti di un paggio viziatoe quelli di un colonnello usuratodai favori delle donne. Aveva re-so impagabilmente elegante il ba-stone sul quale doveva appog-giarsi per camminare. Sembravagiudicare gli uomini con indul-genza e gli avvenimenti con di-staccata freddezza. Teneva a mo-strarsi moderato perché sapevache le occasioni si offrono a chi saaspettare. Fervido giocatore,speculava in Borsa. Ed era per-fettamente certo come per un uo-mo che si occupi di cariche pub-bliche vi siano, al di là della bisca,altre fonti di guadagno. Forsenon fu un corruttore, ma riscos-se enormi somme di denaro per iservizi resi. Aveva adunato unaraccolta di libri preziosi, quandoperò voleva leggere qualcosa del-la letteratura del suo tempo si ab-bandonava a opere tipo Il portina-io di Chartreux, un curioso ro-manzopornografico.

Coltivò la perfidia come un'ar-te e trasformò la vendetta in unesercizio di stile. Questo e altro èstata la ferina immoralità di Tal-leyrand. In età avanzata divennemalinconico. Forse si era accortodel vuoto della sua anima. Con-fessò allora a una vecchia amica,madame de Rémusat: «In questatarda nostalgia giace la masche-ra e la leggenda che si chiamaTalleyrand. Voglio che per secolisi discorra di ciò che ho fatto, diciò che ho pensato e voluto».

Gli è riuscito.

Giuseppe Altamore, il più re-cente edito da SugarCo. Dalrecentissimo La grande sete diCharles Fishman basta citareciò che scriveva l’economistaAdam Smith nel 1776: «La pa-rola valore ha due differentisignificati: talvolta esprimel’utilità di qualche particolareoggetto e talaltra ha il poteredi acquistare altri beni che ilpossesso di questo oggettoconferisce. L’uno può esseredetto valore d’uso; l’altro valo-re di scambio. Le cose chehanno il massimo valored’uso spesso hanno scarso onessun valore di scambio; e alcontrario quelle che hanno ilmassimo valore di scambiohanno frequentemente scar-so o nessun valore d’uso. Nul-la è più utile dell’acqua; macon essa non si potrà acquista-re quasi nulla e difficilmentesi potrà ottenere qualcosa in

cambio di essa. Un diamante, alcontrario, non ha quasi nessunvalore d’uso; ma con esso si puòspesso ottenere in cambio unagrandissima quantità di altribeni».

Le norme che i referendumvogliono abrogare sono ispira-te da una visione del mondo nel-la quale non esistono valori masolo prezzi. Il prezzo dell’acquadovrebbe essere inversamenteproporzionale al suo valore.Qui, dove l’acqua è abbondan-te, possiamo anche pagarla unpo’ più cara. In Africa, dove unlitro d’acqua decide tra la vita ela morte, fa orrore il solo pen-siero di poter vendere quel litroad un prezzo stabilito secondola legge della domanda e dell’of-ferta.

Nel caso del nucleare Fuku-shima aiuta a decidere, e razio-nalmente, non emotivamentecome insinua qualcuno: orasappiamo che persino un paeseefficiente e avanzato come ilGiappone è inerme e pasticcio-ne di fronte a un incidente ato-mico. Né si dica che la colpa è

dello tsunami: grazie ai sistemidi sicurezza, mai il raffredda-mento dei reattori avrebbe do-vuto bloccarsi. Anche l’uscitadal nucleare della Germania an-nunciata da Angela Merkel, èeloquente. Ma chi cerca un qua-dro complessivo del problemalegga Il miraggio nucleare di Co-derch e Almiron.

Dopodiché su energia e ac-qua, e in generale sulle questio-ni tecno-scientifiche, trovere-mo sempre visioni del mondoinconciliabili. Da un lato i pala-dini della tecnologia: RobertoVacca, Umberto Veronesi,Chiara Tonelli, e Patrick Moo-re, il pentito di Green Peace, ve-dono in essa e nello sviluppo lepremesse per un futuro miglio-re. Dall’altro lato i profeti dellasobrietà e della decrescita – Lu-ca Mercalli, Antonio Galdo, Lui-gi Sertorio – tendono a farel’equazione tecnologia = consu-mismo e attacco all’ambiente.

Leggiamo, facciamociun’idea stando attenti al tranel-lo dei dogmi contrapposti. E ri-cordiamo che talvolta la semples-sità coincide con il buon senso.

LONTANO & VICINOENZO BIANCHI

Lilith, il maleè l’indifferenza

Il viaggio di Violante intornoalla mitica prima moglie di Adamo

TRA CHIESA E STATO: IL REPORTAGE DI VITTORIO GORRESIO

Risorgimento scomunicato= La via «non benedetta» all’Unità d’Italia. Sullecolonne del Mondo pannunziano Vittorio Gorresioripercorse il Risorgimento scomunicato, un reportage àrebours poi proposto in volume nel 1958 e ora di nuovoin libreria per le edizioni La Zisa di Palermo (pp. 198,€16,90, www.lazisa.it ). Dall’abolizione dei privilegiecclesiastici ai cardinali (e ai vescovi) in prigione. Nellaprefazione Gianni Vattimo definisce l’opera di Gorresio -che fu editorialista principe de La Stampa - «un piccolotesoro letterario-cultural-politico, per giuntastraordinariamente attuale per il nostro presente».

RITRATTI, LETTERE E SAGGI

Cavour pubblico e privato= Un ritratto pubblico e privato di Cavour (Longanesi,pp. 191, €17,60) secondo Piero Ottone: «La verità è chenon fece politica per unificare l’Italia. Fece politica, in primoluogo, per trovare se stesso». Da Archinto, le lettere diCavour a Bianca Ronzani (1856-1861), l’ultima donna dellasua vita: Amami e credimi (pp. 81, €13, prefazione diLucio Villari). A cura di Umberto Levra, presidente delMuseo nazionale del Risorgimento di Torino, Cavour,l’Italia e l’Europa (Il Mulino, pp. 268, €20). Una raccolta disaggi a firma, tra gli altri, di Massimo L. Salvadori,Francesco Traniello, Giuseppe Galasso, Georges Virlogeux.

L’EDIZIONE ITALIANA IN CINQUE VOLUMI

L’arte della dissimulazioneMemoires di Charles-Maurice de Talleyrand-Perigord, principe diBenevento (Parigi, 1754-1838), a cura del duca di Broglie, estremodepositario del manoscritto (oggi alla Biblioteca Nazionale di Parigi),furono pubblicate per la prima volta, dopo un travagliato percorso, nel1891-'92, cinquantaquattro anni dopo la morte del loro autore. Quandoapparvero suscitarono vivaci polemiche circa la loro autenticità. Per essereriedite, con una prefazione di Paul Léon, Memoires dovettero aspettarefino al 1953-‘55.Vengono adesso mirabilmente pubblicate in italiano, in cinque volumidall'editore Nino Aragno, a cura, traduzione, prefazione e apparati diVito Sorbello. In una Nota all'edizione si legge: «L'indignazione controTalleyrand è stata una ginnastica dello spirito, lo scarico di coscienza deisuoi contemporanei, così pure deiposteri. Tutti hanno provato il piaceredi infierire su di lui… Talleyrand nonscrive le Memorie per una sorta dirivincita postuma sulle sconfitte osulle delusioni della vita, alla manieradi uno Chateaubriand o del Cardinaledi Retz. Le sue Memorie non sono unatto di confessione o di testimonianzadel suo tempo. Come dice AlbertSorel, “gli uomini come Talleyrandnon compongono le loro memorieper il piacere di dire la verità”…Tradetto e non detto, tra rivelazioni esilenzi, tra mezze verità e mezzebugie, ci si deve dunque destreggiare,quando si ha a che fare con un uomoche ha fatto della dissimulazioneun'arte e una maniera di vivere, ilsegno di un calcolo e di unastrategia».

Talleyrand, il vescovoche visse in un’alcova

I PENSIERI DI VANINI, UN «LIVRE DE CHEVET»

Morire da filosofi, in allegria= C’è una rinascita di Vanini, il grande filosofosalentino del ’500, noto all’estero, soprattutto inGermania, e pressoché ignorato in Italia. L’anno scorsouscì da Bompiani una sontuosa edizione delle sue opere.Ora Mario Carparelli, che di quella edizione è stato uno deicuratori, ha piluccato alcuni dei pensieri più arditi diVanini e li ha raccolti, con adeguato commento, nel belvolumetto Morire allegramente da filosofi (Ed. Il Prato,pp. 188, €12), il quale è così sapido e nutriente chemeriterebbe di essere tenuto a portata di mano come livrede chevet. Vanini dev’essere letto da tutti e non soltanto

da quelli che vi sono costretti per motivi professionali.Finché i filosofi rimangono confinati nei cortili delleuniversità non potranno mai far luce su questo poveromondo ottenebrato dalla superstizione e dal pretume.Il lavoro di Carparelli serve proprio a questo, a preparare epoi a introdurre il lettore nel gran tempio della filosofia diVanini. I pensieri che egli raccoglie e commenta mettonotanto appetito che si vorrebbe subito leggere l’operaintera del filosofo. Ma il grande merito di Carparelli, unagiovane speranza della nostra cultura filosofica, è un altro.Vanini non è un filosofo facile a leggersi, perché, persfuggire all’Inquisizione, è costretto a dire quello che nonpensa e a pensare quello che non dice. Insomma, asimulare. Mimmo Fazio, nella dotta introduzione, dice che

Carparelli «ha isolato e portato alla luce del sole,dissipando tutte le cortine fumogene nelle quali Vaniniper forza di cose aveva dovuto nasconderle, alcune delletesi centrali» e le ha offerte «al lettore in tutta la lorochiarezza. Si può dire, perciò, che abbia voluto guidare illettore». In breve, Carparelli è riuscito «a far parlare chiaroun autore che, dati i tempi, non aveva potuto esprimersichiaramente». Non si potrebbe dire di meglio.Mimmo Fazio è qualche cosa di più di un professore difilosofia, è uno scrittore. E allora che cosa aspetta ascrivere in toni drammatici la biografia di Giulio CesareVanini, la cui uccisione fu così raccapricciante da fargridare di orrore uomini come Hölderlin e Schopenhauer? Anacleto Verrecchia

LA VERA STORIA DELL’ «ITALIA S’È DESTA»

L’inno di Mameli e il tricolore= Il canto degli Italiani, l’inno di Mameli, che RobertoBenigni ha da par suo ri-lucidato nel recente Festival diSanremo: parole (poesia) di Goffredo Mameli, musica diMichele Novaro. Raccontano la vera storia dell’innoTarquinio Maiorino, Giuseppe Marchetti Tricamo eAndrea Zagami in L’Italia s’è desta, Cairo ed.,pp. 319,€16). Per poi ripercorrere la «storia avventurosa dellanostra bandiera», con una accurata cronologia, dal1797, quando nasce il tricolore a Reggio Emilia, al 17marzo scorso, quando a Montecitorio il presidenteNapolitano ha celebrato i 150 anni dell’Italia unita.

TERZA PUNTATAIniziato con Torino (sabato14 maggio) e proseguito conMilano (sabato 28) fa tappa aNapoli il nostro ciclo sullelibrerie italiane, dall’Unità adoggi, nei principalicapoluoghi, per ripercorrereartefici e luoghi delladiffusione della lettura,un processo lento e faticosoquanto decisivo nellaformazione del Paese.

Dieci anni dopol’Unità, si contavano97 esercenti tipografi,78 librai, 57 commessie 45 legatori di libri

L a mitologia ha sempre co-stituito un prezioso pontetra interiorità dell'essere

umano e vissuto quotidiano, trarilettura del passato e compren-sione del presente, tra universa-le e particolare. La mente uma-na è stata capace fin da tempiantichissimi di cogliere l'essen-ziale che sta dietro i piccoli e igrandi eventi di ogni giorno edella storia e di rielaborarlo at-traverso l'invenzione di perso-naggi mai esistiti ma vicinissimia ciascuno di noi. E questo gra-zie a una narrazione fantasticache è sempre più aderente al rea-le di qualsiasi cronaca.

Un mito nasce perché coglieciò che non cambia nel mutaredegli eventi, ma poi il mito cre-sce, si sviluppa, si trasforma, siadatta a lingue e culture diver-se, conservando gli elementi fon-damentali e variando nomi, im-magini, colori, suoni. L'uomo co-sì ritrova costantemente se stes-so, i propri limiti e le proprie po-tenzialità, si riconosce parte diun'umanità che lo supera e nelcontempo protagonista di unaunicità irripetibile.

È la sensazione che ho prova-to leggendo Viaggio verso la fi-ne del tempo di Luciano Vio-lante (Piemme, pp. 188, €16),un'opera in versi che narral'«Apocalisse di Lilith», la miti-ca prima moglie di Adamo che,rifiutando una posizione di sot-tomissione al maschio, finiscemaledetta da Dio.

Poco importa quanto nellaavvincente narrazione di Vio-lante sia stato effettivamente ri-preso dall'immaginario che nelcorso dei secoli ha colorato di tin-te diverse la vicenda di Lilith.Paradossalmente mi pare persi-no che la stessa tematica della ri-volta contro la disuguaglianzamaschio-femmina - propria delmito di Lilith - non sia al centrodi questo lavoro. Mi pare piutto-sto un efficace pretesto per con-centrare l'attenzione del lettoresu quanto sta davvero a cuore

all'autore, così come lo esplicitaegli stesso: «Il filo conduttore delviaggio di Lilith è quel particolaremale che consiste nell'indifferenzaalla vita degli altri».

Violante, già magistrato eparlamentare, in fondo si è sem-pre preoccupato di lotta contro ilmale e di ricerca del bene comune,attraverso i due poteri statali -quello giudiziario e quello legisla-tivo - a questo predisposti. Eppu-re nelle sue pagine non si respiranulla di dogmatico o di apologeti-

co, solo un desiderio di parlare«della verità e della giustizia edella cura della vita per gli altri»,perché «la lotta che insieme conDio è necessario combattere» è sì«contro il male», ma il volto chequesto assume è innanzitutto «l'indifferenza che separa gli uomi-ni dalla loro umanità».

In questo senso Lilith non af-ferma cose straordinarie ma, co-me un'autentica figura mitologi-ca, fa risuonare con accenti con-vincenti parole che rischierebberodi scivolare via nel già noto dellanostra esistenza. Chi infatti nonsa, per esempio, «che il bene va co-struito ora dopo ora nella durez-za della vita quotidiana»? Eppu-re quanto spesso contraddiciamoquesto con le nostre azioni e persi-no con le parole.

Questo straordinario viaggionell'ordinario - in cui Lilith incon-tra i personaggi più diversi, dal ca-pitano Achab alle vittime di Sta-lin e dei lager, alle donne abusate,fino a Gesù di Nazaret sotto pro-cesso a Gerusalemme - termineràda dove è iniziato: «accanto al Si-gnore / se il male non prevarrà».

In mezzo, tutta la fatica di chideve giorno giorno imparare «aprendere cura dell'altro», per abi-tare un mondo degno della gran-dezza dell'uomo, un mondo dovenon domina «l'indifferenza neiconfronti dell'altro».

Capitale dei gabinettidi lettura, di originefrancese, rivoltial volgo dei lettorie non agli studiosi

Uno strilloneriforniva Croce

PIERO BIANUCCI

pp Charles-Maurice de Talleyrandp MEMORIEp a cura di Vito Sorbellop Aragno editorep 5 volumip pp. 1728, €150

Librai d’Italia Il nostro viaggio arriva nella Napoli ’800,dove Pierro «serviva» i colti e Guida faceva l’ambulante

Cortigiano e salottierosi traghettò dall’AncienRégime ai giorni dellaRivoluzione, fu l’animadel Congresso di Vienna

Sì o no in libreriaLo studio privato di Croce a Palazzo Filomarino, Napoli

Il suo fine non eracerto dire messa:dissoluto e libertino,per lui la «società»significava le donne

150O

Per il 2011Librai d’Italia

Segue da pag. I

Vittorio Gorresio

Catherine Noële Worlée, una delle «conquiste»di Talleyrand, in un ritratto di François Gérard

Un busto di Vanini

Oltre la disuguaglianzamaschio-femmina,il desiderio di parlare«della veritàe della giustizia» Charles-Maurice de Talleyrand, principe di Benevento, in un ritratto di Pier-Paul Proud’hon (1807)

Adamo e Eva dipinti da Michelangelo

p

PersonaggiVITuttolibri

SABATO 4 GIUGNO 2011LA STAMPA VII

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.59

SILVIARONCHEY

Qualcuno potrebbedomandarsi perché Lucia-no Canfora negli ultimi cin-que anni abbia profuso tan-ta attenzione e perfino osti-nazione nello studio del co-siddetto «Papiro di Artemi-doro» e nella dimostrazionedella sua falsità, argomenta-ta in libri e in una serie di ar-ticoli scientifici oltrechégiornalistici.

La risposta è ovvia. Can-fora ha sentito il dovere eti-co e politico di mettere a di-sposizione tutti gli strumen-ti del metodo critico e delmestiere di filologo per rag-giungere il fine di ogni intel-lettuale, quasi una sorta digiuramento d'Ippocrate pre-stato all'intero organismo so-ciale: distinguere il vero dalfalso e rendere questa distin-zione disponibile non solo apochi ma all'intera collettivi-tà. Spezzando, in questo ca-so, un muro di silenzio e diipocrisia, e scongiurando ilpericolo che il falso venisseesposto come vero ai cittadi-

ni da parte dello stato.Era difficile. Più i suoi ar-

gomenti si moltiplicavano -e con ciò mettevano in crisil'impianto difensivo di quan-ti avevano promosso nel2004 l'acquisto del cosiddet-to Papiro da parte di un'one-sta e meritoria fondazionebancaria per la vertiginosasomma di 2 milioni e 750 mi-la euro, anticipata da un im-portante studio di avvocatotorinese - più risultavano ar-dui ai profani e talora perfi-no alla comunità degli stu-diosi.

Ora che per la portata del-

le scoperte e la tenacia delleargomentazioni la falsità delpapiro è diventata communisopinio per lo più tra gli addettiai lavori ma anche tra i profa-ni, Canfora, coerentementecon lo spirito che fin dall'inizioha animato la sua battaglia, havoluto condensare tutta quell'ampia materia in un agile reso-conto conclusivo, aggiornatofino all'ultima novità, che sot-to il provocatorio titolo La me-ravigliosa storia del falso Arte-midoro mette ordinatamenteogni dato a disposizione diogni lettore.

Nel 2006 a Torino, in occa-sione della mostra a PalazzoBricherasio, per spiegare lasingolare multiformità del lun-go rotolo - contenente sul pri-mo lato un testo geografico,una bizzarra mappa e delle ta-vole da manuale di disegno - siera avanzata una teoria secon-do cui avrebbe avuto «tre vi-te», cioè sarebbe stato reim-piegato tre volte tra la fine delI secolo a.C. e la fine del I d.C.Canfora dimostra che non sitratta di «tre vite» ma di «treopere», ossia di tre falsi distin-ti. Eseguiti nell'800 dal cele-bre falsario Simonidis, rimastia lungo chiusi nel fondo a luidedicato nel Museo di Liverpo-ol, in seguito (dopo il 1980) dalì scomparsi, poi ricomparsi,acquisiti dal «mercante» ar-meno Simonian, sono poi statiaccorpati in un unico granderotolo, per renderli commer-cialmente più appetibili ma an-che, è pensabile, per masche-rare il difetto di lavorazione(forse litografica: il cosiddettofenomeno della «scrittura im-

pressa») per cui Simonidis do-veva avere rinunciato a far cir-colare il suo lavoro.

Se l'autenticità del papiro èdimostrata impossibile già so-lo da considerazioni filologi-che (macroscopica difformitàstilistica del cosiddetto proe-mio, scritto in greco tardissi-mo, dalle colonne propriamen-te geografiche, a loro volta at-tinte da un autore del IV seco-lo d.C., Marciano), l'ascrivibili-tà dei tre falsi che lo compon-gono a Simonidis è dimostratada una serie di influenze sia

contenutistiche sia letteraliderivanti da opere ottocente-sche (l'Artemidoro di Kuffner,la Geografia di Ritter) la cui co-noscenza da parte di Simoni-dis è provata. Altrettanto lo èla dipendenza di tutte le figuredel recto dalle tavole di manua-li di disegno sette-ottocente-schi (Jombert, De Wit, Volpa-to-Morgen, Le Brun) ben notial grande falsario.

La «radice infetta» che in-quina la querelle, la volontà dioccultamento e mistificazionedi questi e altri elementi daparte quanto meno di chi havenduto il papiro è peraltro di-mostrata dall'allestimento diun altro falso macroscopico:la foto del cosiddetto Konvo-lut, ossia dell'ipotetico ammas-so papiraceo da cui il «granderotolo», insieme ad altri 150frammenti di papiri documen-tari mai resi noti, dovrebbe es-sere stato estratto. Foto solotardivamente esibita in rispo-sta ai dubbi sull'autenticità eper le indagini della poliziascientifica frutto di un foto-montaggio.

La cronologia addotta daidifensori del papiro (e spessoridefinita, così come sono mu-tate nel tempo le loro versionie perfino, sembrerebbe, i con-

tenuti materiali del rotolo)presenta incongruenze taliche la falsificazione dei datiparrebbe nota non solo al ven-ditore del reperto. Ma non ciaddentreremo qui in un argo-mento così delicato, così comenon entreremo nel merito deimoltissimi altri dati oggettiviche Canfora ha esposto in que-

sto libro per dimostrare chenessuna verità può essere pre-confezionata e somministrataal «popolo che non intende»approfittando della difficoltàdelle competenze che richiedeper essere sceverata. Al con-trario - anche se con molta fa-tica - tutto può (e deve) esserespiegato a tutti: a tutti coloroche hanno la buona volontà dicapire, e di discernere la veri-tà dal suo contrario. Una vo-lontà che è pericolosissimoscoraggiare. Ed è questo il piùschiacciante degli argomentidel libro, e il più importantemotivo per leggerlo.

ANGELOD’ORSI

Uno dei momenti to-pici della metodologia storicasi chiama «critica delle fonti»:essa consiste nell’esame at-tento e sistematico di ogni ti-po di documento, nell’accerta-mento della sua autenticità(attraverso la «critica di pro-venienza» e la «critica di resti-tuzione», l’esame estrinseco equello intrinseco: insomma,roba seria per professioni-sti...): una pratica dirimenteprima dell’uso di qualsivogliafonte; ed esiste una intera let-teratura che lo spiega, diffon-dendosi in esemplificazioni.La storia, in effetti, pullula difalsi, dalla Donazione di Co-stantino ai Protocolli di Sion;ma se per ogni falsario, perfortuna, esiste uno storico ve-ro che smonta i falsi docu-menti, rimane pur sempre ilfatto che i falsi fanno la lorostrada. E oggi, tanto per dire ifalsissimi Protocolli dei Savidi Sion continuano indistur-bati ad esser riediti in diversiPaesi del mondo. Con le con-seguenze che si possono im-maginare.

Ora è il turno dei Diari diBenito Mussolini, i quali, ben-ché uno stuolo dei più qualifi-cati studiosi abbia inequivoca-bilmente dimostrato la natu-ra non autentica, sono stati

pubblicati da un editore con lamotivazione che sono «interes-santi». Ora si sa perfettamenteche anche i falsi documenti pos-sono (e sovente debbono) esse-re tenuti in considerazione,purché non lo si faccia come si

fece, per esempio, quando sma-scherata la falsità dei Protocol-li, ne venne distribuita l’edizio-ne italiana con la Prefazione diuno dei peggiori antisemitid’Italia, l’ex prete Giovanni Pre-ziosi, il quale sostenne che ma-gari erano falsi, ma potevanodire il vero. Il concetto di veridi-cità (indimostrato) sostituivaquello di autenticità della fon-te. Del resto, i metodologi dellastoria ci insegnano che esisto-no documenti autentici che di-cono cose false, e documentinon autentici in cui si possonotrovare verità: l’importante èessere informati sulla naturadel documento che usiamo, e in-formarne il lettore.

Ora con i pretesi «diari»mussoliniani, siamo invece alcospetto di un’autentica bufala,accreditata da un editore, espacciata in giro da un chiac-

chierato bibliofilo, il senatoreMarcello Dell’Utri, il quale si af-fanna, pateticamente, da anniper «dimostrare» l’indimostra-bile; ossia l’autenticità di quelleagende su cui mani abili aveva-no imitato la grafia del duce, in-zeppandole di sciocchezze, co-piate frettolosamente dallastampa dell’epoca, sciocchezzeperaltro puntualmente smenti-te da tutti i documenti (autenti-ci e veridici) disponibili.

Mimmo Franzinelli, studio-so prolifico, ma serissimo e ri-

goroso, ha ora ricostruito anali-ticamente (fin troppo, sia con-sentito dire), la vicenda dellafabbrica del falso, istituita inuna modesta dimora di Vercel-li, a casa Panvini Rosati, dovetutti, dal padre alla madre allafigliola, si dedicavano, dagli An-ni 50 in poi, a una indefessa fab-brica del falso. Furono in parti-colare mamma e figlia, Rosettae Amalia (detta Mimì), a ottene-re eccellenti risultati «d’auto-re». Nella vicenda, complicatis-sima, si inseriscono servizi se-

greti, faccendieri italiani e stra-nieri, speculatori finanziari, ti-pografi disponibili, magistrati epoliziotti in caccia del vero e delfalso, politici nostalgici del du-ce, qualche storico oscillante(vedi Renzo De Felice), giornali-sti compiacenti o in caccia discoop, anche quando fondatosu false notizie: una «spy story»all’italiana, piena di colpi di sce-na, in cui i personaggi sono dav-vero tanti, da far perdere talo-ra il filo al lettore.

Una storia in scala uno auno, quella raccontata nel li-bro, forse degna di altro tema,con sovrabbondanza di docu-mentazione, anche se la vicen-

da è di indubbio interesse, co-me esempio di manipolazionedella storia, attraverso l’impie-go di fonti contraffatte (e con-traffatte senza alcuna cono-scenza dei contesti storici): ilsenso dell’operazione? Mostra-re che il fascismo «non era poicosì male», e che il duce era un«brav’uomo». Affermazioniche il lettore più attento ricor-derà essere state, in tempi re-centi, proferite dai nuovi poten-ti, di cui il senatore-bibliofiloDell’Utri (en passant: condan-nato per associazione mafio-sa), è intrinseco.

Canfora La meravigliosa, definitiva indaginesul papiro che filologicamente non è mai esistito

Così si assolveil fascismo:falsificandolo

Franzinelli I Diari di Mussolini sonouna bufala, smentita dai documenti

pp Luciano Canforap LA MERAVIGLIOSA STORIA

DEL FALSO ARTEMIDOROp Sellerio, pp. 251, €14

pp Mimmo Franzinellip AUTOPSIA DI UN FALSOp Bollati Boringhierip pp. 278, €16

Un agile resocontoconclusivo, aggiornatofino all’ultima novitàsul rotolo che avrebbeavuto «tre vite»

La prova che nessunaverità può esserepreconfezionatae inculcata al «popoloche non intende»

Artemidorogiù la maschera

Franzinelli ricostruiscecon rigore una casalingamanipolazione storicatrasformatasi inuna nostrana spy story

Il disegno di copertina della «Domenica del Corriere», 21 novembre 1967

La Storia «rifatta» TuttolibriSABATO 4 GIUGNO 2011

LA STAMPAVIII

Il ritrattodel cosiddetto

Artemidoro

Ritratto di Costantino Simonidis, falsario del «Papiro»

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/09 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.59

Economia Quali «confini» porre al mercatoe alla finanza: i temi del festival di Trento

Si chiama libertàma è capitalismo

LELIODEMICHELIS

«I confini della libertàeconomica»: è questo il tema -intrigante e ambivalente - delFestival dell’Economia di Tren-to che si chiude domani. Dovela parola-chiave sembra appun-to «confini» (fisici, etici, cultu-rali): importante ieri ma ancorpiù oggi, dopo quest’ultima cri-si (ancora in corso) provocatada una corrotta idea di libertàeconomica che ha aperto leporte alla speculazione e ai di-sastri attuali. Portando allostesso tempo il capitalismo aconquistare un’egemonia (insenso gramsciano) ormai glo-bale. E apparentemente inat-taccabile. Ma cos’è questo neo-liberismo imperante datrent’anni? Il termine - e se-guiamo l’analisi critica dell’in-glese David Harvey in L’enig-ma del capitale - si riferisce «adun progetto di classe masche-

rato da una buona dose di reto-rica sulle libertà individuali, re-sponsabilità personale e virtùdella privatizzazione, del liberomercato e del libero scambio»,progetto che ha legittimato po-litiche «mirate a ristabilire e aconsolidare il potere della clas-se capitalista».

Delocalizzazioni, deregola-mentazione, privatizzazioni, in-debolimento e divisione del sin-dacato, ma anche rete e (ag-giungiamo) società del diverti-mento: il «partito di Wall Stre-et» ha conquistato il potere.Producendo quello che Harveychiama il «connubio stato-fi-nanza»: un’istituzione feudale«zeppa di intrighi e di passaggisegreti che esercita un poteretotalmente antidemocratico».Che fare? Il capitalismo soprav-viverà anche a questa crisi? Inuovi movimenti antagonisti -nati magari fuori dalle fabbri-che, tra i nuovi «indigenti» e i

tanti «espropriati» - saranno l’al-ternativa possibile e necessariaper modificare le «pratiche» eco-nomiche dominanti? E’ pensabi-le un «nuovo comunismo»? Op-pure l’egemonia capitalista haprodotto ormai irreversibilmen-te una società egoista, incattivi-ta, iper-competitiva?

Già, la competitività. Una sor-ta di pandemia «che non rispar-mia non solo nessuna impresa,ma anche nessuna istituzione enessun essere umano» - scriveLuciano Gallino nella Introduzio-ne a I paradossi della società com-petitiva di Alessandro Casiccia.Paradossi, perché la competizio-ne tra i poveri e tra i lavoratorinon esclude l’oligopolio per i ric-chi. Perché questo suo essere un

imperativo categorico dell’eco-nomia sta uccidendo ogni formadi socialità. Mentre dovrebbe es-sere evidente che la competizio-ne è concetto ambivalente, cheha significati e usi diversi. Chenon può essere usato indifferen-temente per una scuola o un’im-presa (e invece lo facciamo ognigiorno). Urgente sarebbe alloratrovare dei criteri per stabilirese sia meglio il mercato o l’aiuto(e quale tipo di aiuto). Su quali si-ano ad esempio i modi miglioriper diffondere istruzione e sani-tà. Esther Duflo, economista del-lo sviluppo ha utilizzato gli «stu-di controllati randomizzati» e inI numeri per agire prova a defini-re dei criteri per verificare sulcampo l’efficacia dei diversi tipi

di intervento contro la povertà,testati in India, in Africa e inMessico. Criteri simili forse aquelli che dovremmo applicareanche a noi paesi ricchi. E ai mo-di di organizzare il lavoro.

Lavoro che resta ancora for-dista in senso classico. Che di-venta immateriale ma per fascelimitate dell’economia. Che si faindipendente in forme crescentie con grandi capacità di «migra-zione virtuale» grazie alla rete.A questo ultimo tipo di lavorodedicano un saggio Sergio Bolo-gna e Dario Banfi: Vita da free-lance. Un «lavoro indipendentepostfordista» dove importantisono ancora i confini ma quelli(assai diversi) della «mobilità» enon più del mercato. Dove si

produce una mutazione antro-pologica nei modi di fare e dipensare e dove anche l’indivi-dualismo si trasformerebbe eprodurrebbe un «salto verso lacoalizione, l’unione con altri col-leghi, per affrontare insieme iproblemi» per «vivere megliopiù che per avere successo».

Ma dove porta questa logicadella coalizione? E quanto è libe-ra o libertaria la scelta del lavoroin-dipendente? Certo, il co-working chiede oggi non solo re-lazioni virtuali ma ancora fisi-che. E questo è offerto ad esem-pio dalle pratiche di community,che permetterebbero di fare re-te, gruppi di interesse, legami an-che se deboli. Ma bastano (chie-diamo) per fare coalizione - se

non sindacato, anche se diversodal passato - per difendere ruoloe posizionamento davanti ad unmercato che sempre più indivi-dualizza, precarizza, estrae valo-re dagli individui?

Più convincente sembra allo-ra la tesi che Carlo Formenti - og-gi uno dei più intelligenti criticidella realtà della rete - esponenel suo ultimo Felici e sfruttati. Eche ci riporta - come critica delneoliberismo applicato alla rete -alle riflessioni iniziali di Harvey aproposito della lotta del capitali-smo contro il lavoro e i lavorato-ri. Sulla scia delle riflessioni svol-te nel precedente Cybersoviet,Formenti ci presenta (tornandoanche a Marx) una realtà moltodiversa da quella offerta dalle re-

toriche del lavoro in rete. Dovenon vi è solo lavoro di conoscen-za, ma caduta dei redditi e sfrut-tamento, monopoli e insieme bal-canizzazione del web, indipen-denza ma anche collaborazioneindotta. E taylorismo.

Dunque, un libro che associaindignazione verso un’econo-mia del gratuito che è in realtàespropriazione e privatizzazio-ne dei saperi personali e sociali everso i retori della wikinomics edella condivisione, verso tecno-logie digitali che non ci liberanodal lavoro ma accrescono all’en-nesima potenza tempi e ritmi dilavoro. Producendo lavoratoriancor più individualizzati e an-cor meno dotati di coscienza col-lettiva, che cercano al più vie difuga personali. Rete dove il so-gno libertario di una societàpost-capitalista si tramuta innetwork non sociali ma economi-ci. Insomma, una lettura non re-torica e non ideologica del capi-talismo digitale. Che appunto le-ga il mondo della rete di For-menti con quello finanziario diHarvey. Nel nome della «indi-gnazione» che entrambi ci sug-geriscono di tornare a gridare.

I DIALOGHI DI TRANI

Il cuore del tempo= Il tempo visto da quattro prospettive:coscienza, sentimenti, cura, impegno. E’ il tema dei«Dialoghi di Trani» (Castello Svevo, dal 9 al 12giugno, www.idialoghiditrani.com). A inaugurarela rassegna sarà Nichi Vendola, che leggerà Odio gliindifferenti di Gramsci, riproposto da Chiarelettere.Tra gli altri ospiti: Giancarlo De Cataldo, PaoloFlores d’Arcais, Angelo d’Orsi, Ritanna Armeni,Gabriella Turnaturi, Cesare De Seta, AlessandroMari, Syusy Blady e Patrizio Roversi, Mario Desiati,Boris Biancheri, Riccardo Iacona, Angela Terzani.

FESTIVAL AD ASTI

Passepartout con le donne= «1911-2011: il secolo della donna.Dall’esclusione alle pari opportunità» è il tema di«Passepartout», il festival diretto da AlbertoSinigaglia in programma dall’11 al 19 giugno.Anteprima l’8, alla Biblioteca Astense, conferenzadi Stefano Zecchi su «La donna e la Bellezza». Tragli ospiti: Philippe Daverio, Inge Feltrinelli, LucianoViolante, Isabella Bossi Fedrigotti, Stella Pende,Paola Mastrocola, Margherita Oggero, SebastianoVassalli, Lilia Zaouali, Marta Dassù, SandroCappelletto. Per info: www.passepartoutfestival.it

PREMIO: OGGI IL SUPERVINCITORE

Bottari Lattes Grinzane= Si conoscerà oggi il supervincitore del premioBottari Lattes Grinzane, prima edizione. Sarà loscrittore più votato dalle giurie scolastiche fra i trefinalisti designati dalla giuria tecnica: CaterinaBonvicini (Il sorriso lento, Garzanti), ValerioMagrelli (Addio al calcio, Einaudi), Colum McCann(Questo bacio vada al mondo intero, Rizzoli).All’Enoteca regionale del Roero di Canale.Cerimonia finale in ottobre a Monforte d’Alba. Inquell’occasione sarà premiato anche (sezione LaQuercia) lo scrittore spagnolo Enrique Vila-Matas.

IL FORUM DELL’UNESCO E ALTRI INCONTRI

Sul futuro dei libri= Robert Darnton, di cui Adelphi ha pubblicato ilsaggio Il futuro del libro, sarà, con Milagros delCorral e Antonio Skàrmeta, tra gli ospiti, a Monza,6-8 giugno, del secondo Forum mondialedell’Unesco sulla cultura e le industrie culturali.Terrà quindi una lectio magistralis, il 6 giugno, aMIlano (sala Buzzati, via Balzan 3, h.18, a cura delleFondazioni Mondadori, Feltrinelli, Corriere dellasera). A San Benedetto del Tronto, convegno oggi edomani su «Fare libri nel XXI secolo». Tra gli ospitiAlberto Rollo, Filippo La Porta, Alessandro Mari.

pp David Harveyp L'ENIGMA DEL CAPITALE

E IL PREZZO DELLASOPRAVVIVENZAp trad. di Adele Oliverip Feltrinelli, pp. 313, €25

p Alessandro Casicciap I PARADOSSI DELLA SOCIETÀ

COMPETITIVAp Mimesis, pp. 122, €14

p Esther Duflop I NUMERI PER AGIRE

Una nuova strategia persconfiggere la povertàp trad. di Massimiliano Guareschip Feltrinelli, pp. 172, €18

p Sergio Bologna e Dario Banfip VITA DA FREELANCE

I lavoratori della conoscenza eil loro futurop Feltrinelli, pp. 283, €17

p Carlo Formentip FELICI E SFRUTTATI

Capitalismo digitale ed eclissidel lavorop Egea, pp. 156, €18

Dello stesso autore Cyberso-viet e Incantati dalla reteediti da Raffaello Cortina

Il festivaldell’economia

prosegue aTrento oggi

e domani(il programma

nel sitofestivalecono-

mia.eu).A destra «Il

cambiavalute esua moglie»,

di M. vanReymerswaele

sec. XVI,poster della

mostra«Il denaro e la

bellezza»a Firenze, dal17 settembre,

PalazzoStrozzi

Idee e società TuttolibriSABATO 4 GIUGNO 2011

LA STAMPA IX

La competizione comeimperativo categorico,l’alternativa «freelance»e i «felici e sfruttati»del lavoro digitaleIl neoliberismo come

«progetto di classemascherato»:le accuse di Harveyle proposte di Duflo

IN TUTTE LE LIBRERIE

«Richard Russo è il santo patrono della letteratura

che viene dalla piccola America di provincia. E ha scritto un grande romanzo americano.» -The Washington Post

www.sperling.it - www.facebook.com/sperling.kupfer

Premio Pulitzer per la narrativa

Page 10: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.59

45

Le lucidisettembre

RUIZ ZAFÓNMONDADORI

Nessunosi salvada soloMAZZANTINIMONDADORI

3100 2 61

Il linguaggiosegretodei fioriDIFFENBAUGHGARZANTI

63

Per sempre

TAMAROGIUNTI

Dai diamantinon nascenienteDANDINIRIZZOLI

10

Carta stracciaIl potere inutiledei giornalisti italianiPANSARIZZOLI

46 357Alla finedi un giornonoiosoCARLOTTOE/O

4

40

46

Scuotel’animamia ErosSCALFARIEINAUDI

Saggistica

1

Ave MaryE la chiesa inventòla donnaMURGIAEINAUDI

Indignatevi!

HESSELADD EDITORE

TascabiliNarrativaitaliana

6

Narrativastraniera Varia Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 1100 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 22 AL 28 MAGGIO.

AI PUNTILUCIANO GENTA

Si stannoaccendendo

le stelle

49

940

1. Le luci di settembre 100RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

2. Il linguaggiosegretodei fiori 63DIFFENBAUGH 18,60 GARZANTI

3. Il profumodelle fogliedi limone 32SÁNCHEZ 18,60 GARZANTI

4. Angelology 31TRUSSONI 18,60 NORD

5. Carta bianca 28DEAVER 21,50 RIZZOLI

6. Il centenariochesaltò... 26JONASSON 17,90 BOMPIANI

7. Tutto per amore 24DUNNE 18,00 GUANDA

8. Questo corpo mortale 23GEORGE 19,60 LONGANESI

9. L’atlante di smeraldo 19STEPHENS 18,60 LONGANESI

10.Il leopardo 19NESBØ 21,00 EINAUDI

1. Il piccolo principe 24SAINT-EXUPÉRY 7,90 BOMPIANI

2. Tutto quello che gli uomini... 19

1,90 NEWTON COMPTON

3 Una donna libera 13STEEL 14,90 SPERLING & KUPFER

4. Bianca come il latte... 12D’AVENIA 13,00 MONDADORI

5. Lasolitudinedeinumeriprimi 11GIORDANO 13,00 MONDADORI

6. L’ombra del vento 11RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

7 Danza con il diavolo 10KENYON 12,90 FANUCCI

8. Acqua agli elefanti 9GRUEN 9,00 BEAT

9. È una vita che ti aspetto 9VOLO 12,00 MONDADORI

10.Venuto al mondo 9MAZZANTINI 14,00 MONDADORI

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

S ono le stesse di sabato scorso le stars nel cielo più al-to della classifica, con minimi cambi e un valore dei100 punti calato poco sopra le 8000 copie. La prima

novità è per un soffio fuori dalla tabella dei primi 10: all’11˚posto si accendono le stelle di Calabresi ed è facile prevede-re che brilleranno ancor di più tra sette giorni, illuminate aloro volta dalle luci della tv, tra il salotto di Fazio e la halldi Hotel Patria, in onda da lunedì sera su Rai Tre. Anchese dovranno vedersela con l’arrivo della galassia Camille-ri, in libreria da mercoledì scorso con una nuova indaginedi Montalbano, Il gioco degli specchi. Calabresi continuail suo viaggio tra coloro che la fortuna non l’hanno attesa

ma se la sono costruita, unendo talento e impegno, merito erischio, laboriosità e pragmatismo, come l’ingegnere di Vi-nadio che diventa un big della Silicon Valley, il pediatra diMonza che cura le leucemie, i due amici delle gelaterieGrom. Ecco la sfida per i giovani che non si rassegnano aconsiderare il presente vuoto di senso e di orizzonti e nonstanno a rimpiangere un passato presunta età dell’oro maimparano piuttosto da anziani che nel cuore e nella mentenon sono vecchi: come i nonni Teresa e Mario o Franca Va-leri, Umberto Veronesi, Giuseppe De Rita. Sconosciuti o fa-mosi, ognuno dei tanti le cui storie si intrecciano nel libro,ha perseguito con tenacia un obiettivo, si è messo in gioco,

ha «inventato» la propria sorte. Compreso l’autore, che tro-va la strada del giornalismo «dopo otto anni di collabora-zioni saltuarie». E come l’amico Jovanotti è un ottimista,«non accetta la filosofia del declino e della rinuncia», pensapositivo. A costo di passare per positivista nella radiogra-fia di un ottocentesco Progresso, almeno per chi è cresciutoa Leopardi e, pur ricordando con Frank Capra che «la vitaè meravigliosa», si ostina a recitare Brecht: «Il giovaneAlessandro conquistò l’India./Da solo?/ Cesare sconfisse iGalli./Non aveva con sé nemmeno un cuoco?... Ogni diecianni un grand’uomo./Chi ne pagò le spese?/ Quante vicen-de,/tante domande». Domande di un lettoreoperaio.

D ue trentenni, una biondi-na molto graziosa, SilviaViglietti, e un marcanto-

nio bruno, Manuele Marafioti.Lei con il suo master in editoria eesperienze pratiche, lui filosofo,entrambi con un bel coraggio, diquesti tempi (pur con l’aiuto delMip, ovvero «Mettersi in pro-prio», supporto provvidenzialedella Provincia di Torino). Sono ineo-fondatori di Espress, esordioin libreria a giorni, partendo dalquadrilatero universitario subal-pino, per «andare oltre». PerchéEspress, spiegano, «vuol dire esse-re e fare» ma anche «es-press, lastampa dell’inconscio», nonché«espresso, caffè letterario, pausa,dialogo...».

Un Espress sostenuto da un«business plan» che persinoun’impresa già matura non disde-gnerebbe: due linee editoriali,una di Ricerca universitaria euna Divulgativa (in più una Va-ria «per rilassarci, anche divertir-ci e divertire» e si comincia, otti-mamente, con L’altra Torino in

24 itinerari inediti); una doppia bi-blioteca, cartacea e elettronica; perogni area un comitato scientifico didocenti che garantisce la qualitàdelle opere. Tre tematiche fonda-mentali, Etica, Psicologia, Discipli-ne forensi per la saggistica universi-taria, riprese e adattate di volta involta, dagli stessi autori e in folia-zione ridotta, per il lettore non spe-

cialista. Apre Maurizio Balistreri,docente a Torino, con il saggio su«etica e enhancement»: «Stiamogiocando a fare Dio? Dagli inter-venti genetici nasceranno personecon caratteristiche e disposizionicompletamente diverse dalle no-stre?», chi sono, o potranno essere iSuperumani? Domandissime(d’altronde chi, se non il filosofopazzo sotto i portici di via Po, soste-neva che «l’uomo è qualcosa che de-ve essere sorpassato»?). Comun-que, con la piccola sigla sapiente,dai «superumani» si va anche ai li-bretti «tazzina di caffè»; dal lin-guaggio criminale (Ricostruire ildelitto di Biagio Carrillo dell’Isti-tuto superiore di tecniche investiga-tive dell’Arma dei carabinieri), dal-la psicopatologia (Paranoia, testocontrocorrente dello psichiatraUgo Fornari) alla titanica impresadi Vivere con i gemelli della docen-te torinese Piera Brustia; dai Di-sturbi alimentari di Carlo Prunetialla Cultura che si mangia, a Unamela al giorno: ma quale? La ri-sposta sarà «espress».

Uno degli aspetti menofrequentati di Gandhicorrisponde in realtà

alla sua aspirazione più altae al senso profondo della suadiscussa brahmacharya (celi-bato). Attraverso la brahma-charya, liberandosi di ognitraccia di desiderio maschile,egli sperava che le donnel’avrebbero considerato unodi loro. In breve, il suo scopoera diventare una donna, neifatti e nella mentalità, se nonnel corpo. Se ci sia riuscito ono è un’altra questione: ma èla ricerca di una vita intera».

L’affermazione, lapidaria,è in una recensione a un sag-gio sui rapporti fra Gandhi ele molte donne occidentali chene furono discepole o amiche(Going Native: Gandhi’s Re-lationship with WesternWomen di Thomas Weber).Libro e articolo, uscito su Ou-tlook, si interrogano su per-ché Gandhi si circondava ditante donne emancipate, non

convenzionali, combattenti peri diritti sociali e sessuali: inuna parola, occidentali. Percontro, dal punto di vista diqueste straordinarie femmine,«nell’Europa stravolta dallaguerra Gandhi era la rispostaal vuoto spirituale ed emotivo.L’altro indiano che soddisface-va questo bisogno era Rabin-

dranath Tagore». Il quale asua volta, come testimonia ilsuo epistolario, trattava moltodiversamente le donne occiden-tali e le donne indiane: peresempio la scrittrice argentinaVictoria Ocampo, e sua moglieMrinalini Debi. Sposata, que-st’ultima, quando lui aveva 22anni e lei 10.

Nelle lettere alla moglie,pur amatissima, Tagore le chie-de dei figli, della casa, di paga-menti e acquisti, tutta la con-creta quotidianità. Nulla dipersonale. Con Victoria Ocam-po invece parla d’amore, di ide-ali, di se stesso, e anche di fem-minismo: «le donne modernenon si stancano di accusarci diviolenza e tirannia, senza sape-re che sono espressioni perversedella nostra contemplativa pla-cidità, repressa e torturata peril nostro obbligo ad essere mem-bri attivi della società». Poveriuomini, davvero. Di Tagore sicelebra in questi giorni il cento-cinquantenario della nascita.

1. Dai diamanti non nasce... 61DANDINI 19,00 RIZZOLI

2. La dieta Dukan 23DUKAN 16,00 SPERLING & KUPFER

3. Cotto e mangiato 12PARODI 14,90 VALLARDI

4. La parigina. Guida allo chic 11LA FRESSANGE; GACHET 25,00 L’IPPOCAMPO

5. The secret 10BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

6. Èfacile smetteredi fumare... 10CARR 10,00 EWI

7. Benvenuti nella mia cucina 9PARODI 14,90 VALLARDI

8. Le ricette della dieta Dukan 8DUKAN 16,00 SPERLING & KUPFER

9. La dodicesima illuminazione 8REDFIELD 18,60 CORBACCIO

10.La felicità è qui 8MORELLI; FALSIROLI 15,00 MONDADORI

1. La maledizione del titano 25RIORDAN 17,00 MONDADORI

2. I Gemelli di Kuma 16TROISI 17,00 MONDADORI

3. Amici contro 11GARLANDO 11,00 PIEMME

4. Principessa del buio 11STILTON 18,50 PIEMME

5. Diario di una schiappa 10KINNEY 12,00 IL CASTORO

6. Top model per un giorno 9STILTON 8,50 PIEMME

7. Diario di una schiappa I 8KINNEY 12,00 IL CASTORO

8. Gioca con Peppa Pig! 7D’ACHILLE 4,90 GIUNTI

9. Le avventure di Re Artù 7STILTON 23,50 PIEMME

10.Il giorno delle selezioni 7GARLANDO 11,00 PIEMME

8

1. Nessuno si salva da solo 49MAZZANTINI 19,00 MONDADORI

2. Per sempre 45TAMARO 18,00 GIUNTI

3. Alla fine di un giorno... 35CARLOTTO 17,00 E/O

4. Un filo d’olio 31AGNELLO HORNBY 14,00 SELLERIO

5. Le sante dello scandalo 29DE LUCA 8,50 GIUNTINA

6. Il libro segreto di Dante 17FIORETTI 9,90 NEWTON COMPTON

7. E disse 15DE LUCA 10,00 FELTRINELLI

8. Gran circo Taddei... 14CAMILLERI 14,00 SELLERIO

9. Un calcio in bocca... 14PRESTA 16,50 EINAUDI

10.Mannae miele, ferroefuoco 13TORREGROSSA 19,00 MONDADORI

CHE LIBRO FA...IN INDIA

GIOVANNA ZUCCONI

Gandhi,Tagore

e le donne

1. Carta straccia 46PANSA 19,90 RIZZOLI

2. Ave Mary 46MURGIA 16,00 EINAUDI

3. Indignatevi! 40HESSEL 5,00 ADD EDITORE

4. Scuote l’anima mia Eros 40SCALFARI 17,00 EINAUDI

5. Cosa tiene accese le stelle 33CALABRESI 17,00 MONDADORI

6. Il mio ricordo degli eterni 26SEVERINO 18,50 RIZZOLI

7. Sanguisughe. Le pensioni... 23GIORDANO 18,50 MONDADORI

8. Tutti santi me compreso 22DE CRESCENZO 17,00 MONDADORI

9. Odio gli indifferenti 21GRAMSCI 7,00 CHIARELETTERE

10.A che serve avere le mani pulite 16MILANI 7,00 CHIARELETTERE

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Classifiche TuttolibriSABATO 4 GIUGNO 2011

LA STAMPAX

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

L’altraTorino

Espress

Page 11: Tuttolibri n. 1768 (04-06-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 04/06/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: MASMAN - Ora di stampa: 03/06/11 20.59

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ARISTOTELE

MetafisicaBompiani, pp. XXXVIII-826, €18

«La più alta manifestazionedell’intelligenza umana.Ne ho mandato a memorial’incipit»

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FEDOR DOSTOEVSKIJ

I demoniEinaudi, pp. XX-706, €15

«Nessuno ha investigatocosì lucidamente il nulla.Il nulla da cui si viene.Il nulla in cui si sprofonda»

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ALEXIS DE TOCQUEVILLE

La democraziain AmericaUtet, pp. 885, €13,90

«Questa figura che vadi villaggio in villaggioper capire la democrazia»

I PREFERITI Un collezionista di «Cattedrali», dai magazzini Harrodsalle Halles, al Muro del Pianto, sempre coltivandole radici religiose e letterarie di Milano e della Lombardia

BRUNOQUARANTA

Ci sono due tipi dicattolici. Quelli che, comeBernanos, anelano al vis-à-vis, non esitando a guardareil sole negli occhi: «A nousdeux». E quelli che, come Ma-rio Soldati, onorano la mace-razione, il dubbio, la «croce»di un’intera vita rifiutando in-fine ogni consolazione: «Nonc’è, non c’è».

Luca Doninelli interpretaquest’agonia (anche) in Cat-tedrali, impavida flânerie nel-le nostre rovine, nel nostrorovinare, rotolare, così estra-neo alla, così intimo della,pietra sepolcrale, «divina» lastessa disperazione. Di capi-tale in capitale. A cominciaredalla sua Milano, dal Duomoche è solito raggiungere al-l’alba, meditando sull’uomodi sempre, catafratto in unafinta pace, incapace di ab-bracciare l’inquietudine del-la Resurrezione.

Natali in terra bresciana,esordiente nel 1990 con i rac-conti I due fratelli (applauditida Pampaloni e Fofi), docen-te di etnografia narrativa allaCattolica, un «povero cristia-no» più in partibus Giussaniche ciellina, «una prospettivacarnalmente cristiana», loidentificherà Claudio Ma-gris, a cui Cattedrali è dedica-

to, fisicamente un monolite,di quelli che si incontrano nelmondo tolstojano. Luca Doni-nelli è ormai una lunga fedel-tà alla letteratura, o, meglio,alla parola, l’utensile special-mente «servile» nel viaggioappena terminato, un eucari-stico essere nelle città, per lecittà, con le città, di ciascunaspugneggiando, verbo caro aEmilio Cecchi, il suggello, ilgiuramento, il vessillo.

«Cattedrali», una galleriadi città visibili...

«Sì, ed è subito Calvino. Il ri-chiamo delle Città invisibili, illibro di Calvino che prediligo.Non c’è contrapposizione. Simira a rendere visibile l’invi-sibile. A quale necessità obbe-disco, per esempio, infilando-mi nei cunicoli di New York,città mecca, città santa, tra-guardo com’è di tutta l’uma-nità? Le Cattedrali sono un’in-dagine sull’invisibilità, conEraclito ribadendo, di stazio-ne in stazione: non si tocche-rà mai la fine».

Come scrittore ha seguitole «Lezioni americane»?

«Più che le istruzioni perl’uso a interessarmi sono imanufatti. Imparo smontan-doli o semplicemente attra-versandoli, forse la stessa co-sa. Quella storia di CormacMcCarthy in cui, ad annun-ciare la curva prossima ven-tura, è il cambio di marcia delcamionista, una magistralesensazione uditiva...».

Calvino, McCarthy...«La vera guida nelle Cattedra-li, cattedrali in senso stretto,come il Duomo di Milano, e insenso lato, dai magazzini Har-rods alle Halles, dalla GrandePiramide al Muro del Pianto, èRoland Barthes: l’attitudine aleggere il segno, antiinformati-ca per eccellenza, ché l’infor-matica non sa riprodurre il ca-so, il modello del caso, e cosìdel senso».

Lei si è laureato su Fou-cault.

«La storia della follia e Le pa-role e le cose. Sono due opere

straordinarie, anche dal puntodi vista letterario. Non hannoniente da invidiare all’Ulisse diJoyce. Come funziona il pote-re, la relazione tra potere e sa-pere, l’archeologia del sapereche soppianta qualsivoglia sto-ricismo, la biopolitica... E’ diun’attualità suprema».

Foucault, la Francia...«Cardinale è Balzac (a sé, masconfino, l’inarrivabileTolstoj). Ebbene, l’artefice del-la Comédie humaine è il padredella narrativa sperimentaletutta, resa inutile dalla suaproduzione. Dal transessuali-smo all’omosessualità femmi-nile, vide frontiere allora e og-gi invisibili a chissà quanti».

Dall’Ottocento transalpinoall’Ottocento italiano, Ales-sandro Manzoni. Renzo cheguarda «con la bocca apertala gran mole del duomo»...

«I promessi sposi li leggo in gi-nocchio. E’ - mi riannodo a Bal-zac - il nostro romanzo speri-mentale. A Don Lisander rie-sce di forgiare una lingua uni-ca, dove convergono la linguadei poveri, la lingua legale, la

lingua economica, la lingua sto-riografica... E’ un’opera natu-raliter illustrata, esige, perchése ne colga il “sugo”, una spe-ciale conoscenza dell’iconogra-fia lombarda, da Giovan Batti-sta Moroni a Giacomo Cerutidetto il Pitocchetto».

Manzoni, ovvero...«Manzoni è tra le fondamentadi Milano, è tra i suoi patriar-

chi. In lui, ad agire, è una spiri-tualità giansenistica, direi pro-testante. A distinguerla è la sfi-ducia nella Storia. Alla Storia,Don Lisander, a conti fatti, noncrede. Ritiene che la Grazia,nella Storia, si comporti comeun attore esterno. L’Innomina-to: una volta toccato da Dionon esce forse di scena?».

In tal senso si ritiene «manzo-niano»?

«No, anzi. Ho ideato un roman-zo - già veleggio intorno allemille pagine - che si parva licetvuole confutare I promessi spo-si. Ad emergere, è la mia sensi-bilità agostiniana. La paraboladel vescovo di Ippona dimo-stra, viceversa, che quandoDio si manifesta la Storia co-mincia, non si esaurisce. Quan-do Dio arriva non vi sono piùné sabati né domeniche».

Di Gran Lombardo in Gran Lom-bardo, Carlo Emilio Gadda.

«Sarà Giovanni Testori, miosecondo padre, mio testimonedi nozze, ad aprirmi la testa suGadda. Indirizzandomi al Ca-stello di Udine, verso la conclu-sione. La questione non è se laletteratura debba essere enga-gée o meno. La questione è, co-me sempre, da sempre, il mor-to, quel morto che via via si ri-presenta. Ricorda? Colui chepareva un morto è adagiato suldivano del treno, quindi accudi-to, quindi difeso dai sobbalzidel convoglio. A riproporsi so-no la deposizione e la pietas,mi svelerà Testori. Vi ripense-rò di fronte al bolognese Com-

pianto sul Cristo morto di Nicco-lò dell’Arca, al “dolore furiale”che vi scorgerà Gabriele D’An-nunzio».

«Verde Lombardia! dove giàè scesa la bruma, e le desola-te nevi» esclamerà l’Ingegne-re viaggiatore nel «Castel-lo». Da Gadda riapprodiamoa Testori.

«Che cosa mi ha insegnato? Adessere coraggioso e a impegnar-mi al cento per cento nelle coseche scelgo di fare. Lo scrittore?Irraggiungibile è il critico d’ar-te. L’altro Testori è come seavesse bisogno di appoggiarsi aqualcuno, da Pirandello a Vitto-rini, la stagione del debutto let-terario, pur essendo antisociolo-gico, pur disdegnando, rifuggen-do, il quadretto del mondo».

Nelle «Cattedrali», a Mila-no, lei rammemora che «laMorte non è un argomen-to di conversazione». Men-tre Testori non esita a inta-volare la «Conversazionecon la morte».

«Andando oltre, verso la Re-surrezione, che molti, a comin-ciare dai preti, sembrano nonvolere. Nei Tre lai Testori spie-ga a una donna semplice checos’è la resurrezione: è un vi-zio, la vita non è in primis il vi-zio di risorgere, giorno dopogiorno?».

Religiosamente, da Testori adon Giussani...

«Non meno centrale nella miaesistenza. Si apra o si riapra,di don Giussani, Il senso reli-gioso, un testo sulle dinami-che religiose che ha avuto unanotevole fortuna nel mondomusulmano».

Come si porrebbe don Gius-sani di fronte alle moschee,le temerebbe?

«Macché. Don Giussani non co-nosceva la paura».

A lei si è accostato l’aggetti-vo dostoevskijano...

«Dosteoevskij, Kafka, epochefa. Gli estremi anni Ottanta.Alla Statale presentai ilKafka di Citati. L’attenzionedegli studenti era al diapa-son. I loro epigoni non sonosintonizzati con simili, im-mense voci. Sono per loro lon-tane come per me i personag-gi della Libertà di Franzen.Quale Dostoevskij? I demoni.Nessuno ha investigato cosìlucidamente il nulla».

La poesia, nella sua biblio-teca?

«Testori, che aspirava a spo-stare i canoni, sospingeva indirezione di Caproni. Io, ni-pote per parte materna diOttone Rosai, a modo mio fio-rentino, siedo alla GiubbeRosse, mi immergo in Monta-le, gli stringo istintivamentela mano. Montale, Eusebio,che negli Ossi mi porge versiad hoc per le Cattedrali, perafferrarne l’urgenza: «...sot-to l'azzurro fitto / del cieloqualche uccello di mare sene va; / né sosta mai: perchétutte le immagini portanoscritto: / "più in là!"».Come potrebbe, Luca Doni-nelli, non scrutarvi l’evangeli-ca esortazione ad osare se-condo Luca? «Calate le retiper la pesca...».

«Don Lisander ètra le fondamentadella mia città,ma non ne condividol’idea di Grazia»

“I Promessisposi li leggoin ginocchio”

Diario di lettura TuttolibriSABATO 4 GIUGNO 2011

LA STAMPA XI

«Don Giussani nonaveva paura di niente,figuriamocidelle moschee: si leggail suo Senso religioso»

«Nel mio girovagareho avuto come guidaBarthes, l’attitudine“antiinformatica”a leggere il segno»

«Testori, un padre:quando insegnavaai cuori sempliciche il vizio della vitaè la risurrezione»

La vita. Luca Doninelli è nato a Leno (Brescia) nel 1956. Si è laureato in Filosofia con una tesi su Foucault. Ha scrittoanche per il teatro. Insegna etnografia narrativa all’Università Cattolica. Collabora a diverse testate giornalistiche.

Le opere. E’ uscito da Garzanti «Cattedrali» (pp. 273, €18,60). Ha esordito nel 1990 con «I due fratelli» (Rizzoli,premio Berto). Da Garzanti ha pubblicato, fra gli altri titoli, «La revoca» (premio selezione Campiello), «Le decorosememorie», «Tornavamo dal mare» (premio Elsa Morante), «La polvere di Allah».

Luca Doninelli

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