e-commerce e retail: l'ora del commercio omnicanale

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E-commerce e retail I FORUM DI LARGO CONSUMO Estratto da Largo Consumo n. 6/2014 La divisione tra canale fisico e digitale è sempre più un fatto operativo, non strategico. Per molti retailer il focus sul sell out prevale su resistenze organizzative o culturali. © Editoriale Largo Consumo srl OMNICANALITÀ

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La divisione tra canale fisico e digitale è sempre più un fatto operativo, non strategico. Per molti retailer il focus sul sell out prevale su resistenze organizzative o culturali.

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E-commercee retail

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2014

La divisione tra canale fisico e digitale è sempre più un fatto operativo,non strategico. Per molti retailer il focus sul sell out prevale

su resistenze organizzative o culturali.

© Editoriale Largo Consumo srl

OMNICANALITÀ

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l business italiano del commercio elettronico sta assu-mendo una sua conformazione, in cui i player più strut-turati stanno crescendo come o più del mercato stesso.Forse è improprio parlare di processo di concentrazione

in atto, tuttavia è vero che è finita l’epoca dell’e-commerce“fai da te”, ma servono investimenti industriali. Inoltre, pla-yer di grandi dimensioni non stentano a entrare anche in nic-chie di mercato, così come altri – nati per esempio nell’am-bito non food – cominciano a trattare anche l’alimentare. Adispetto tuttavia dell’immaginario che vede nel pacco conse-gnato la metafora dell’e-commerce, il mercato vede la mag-gioranza delle attività nei servizi (ticketing, turismo, assicu-razioni, gaming, ecc.) rispetto a quello della rivendita di be-ni. La gestione della dimensione fisica dei prodotti pone na-turalmente una sfida più complessa. Si pensi, per esempio, altema della disponibilità dei prodotti a magazzino, la convi-venza tra canali fisico e virtuale, la gestione dei resi e dellalogistica di ritorno, la moltiplicazione degli imballaggi, o ilgiusto mix tra consegne a domicilio e picking point o locker,solo per citare alcuni esempi.Con l’obiettivo di promuovere quindi una riflessione più

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completa possibile attorno al punto di vista dei retailer circa larivendita di beni on line, Largo Consumo, in collaborazionecon Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italia-no aderente adAssinform e aConfindustria Digitale, ha pro-mosso la tavola rotonda a porte chiuse sul tema: “E-commer-ce e retail: è l’ora del commercio omnicanale”, moderata dalnostro giornalista Armando Garosci, di cui in queste paginevi diamo conto.Vi invitiamo inoltre a guardare la sintesi videodi tutti gli interventi sul nostro canale www.youtube.com/lar-goconsumo.

NETCOMM: INDIVIDUARE I TOUCHPOINT EFFICACINetcomm monitora e supporta lo sviluppo del business del-

le 200 imprese italiane associate nell’ambito del commercioelettronico: per esempio, attraverso strumenti come Sigillo, ilmarchio riservato ai soci del Consorzio, creato per dare a chicompra online sicurezza, chiarezza e trasparenza. «Pur essen-do partiti in ritardo, siamo il Paese più avanzato – ha esorditoRoberto Liscia, presidente Netcomm – nello sviluppo del Si-gillo, che oltretutto sta fornendo agli associati risultati di con-version rate molto interessanti».Liscia ha fornito alcuni dati utili a definire il fenomeno del-

l’e-commerce. «Ormai un miliardo di persone al mondo ac-quista on line: il mercato è diventato planetario. Anche in Ita-lia la crescita degli utenti Internet è più veloce di quella del-l’offerta. In un anno e mezzo la percentuale degli e-shoppersul totale degli internauti è passata dal 29 al 50% e il grado disoddisfazione del canale da parte dei compratori è arrivato al90% di utenti che danno un voto superiore al 7 alla loro espe-riernza di acquisto. Non a caso, nel 2013 le vendite on line so-no aumentate del 18% e un po’ tutti i settori stanno benefi-

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E-commerce e retailOMNICANALITÀ

La divisione tra canale fisico e digitale è sempre più un fatto operativo, non strategico.Per molti retailer il focus sul sell out prevale su resistenze organizzative o culturali.

di Leonardo Rastelli e Armando Garosci

I FORUM

DI LARGO CONSU

MO

��Approfondimenti: http://tinyurl.com/CommercioElettronico

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Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti allatavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo

Largo Consumo organizza delle Tavole Rotonde non aperte al pubblico(a porte chiuse) i cui partecipanti, su invito, sono chiamati a confrontar-si su temi di carattere organizzativo o gestionale riguardanti il mercatodei beni di consumo food e non food nei suoi aspetti progettuali, indu-striali, distributivi. I resoconti ragionati di tali Tavole Rotonde sono pub-blicati in questa serie di articoli denominata I Forum di Largo Consumo.

Roberto Liscia, presidente Netcomm, durante il suo intervento di apertura.

Scaricato da

www.largoconsumo.info

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ciando di questo trend». L’avvento del digitale sta trasforman-do il customer journey: l’aumento dei touchpoint ha facilitatoe reso più consapevole il percorso d’acquisto. Le imprese de-vono approcciare un consumatore omnichannel sempre più in-formato, che spende molto di più rispetto agli acquirenti mo-nocanali. «Come emerge da una ricerca che abbiamo condot-to con eBay, le aziende – ha concluso Liscia – devono indivi-duare i 4-5 touchpoint più significativi che contano per il loromodello di business e investire di conseguenza».

DECATHLON “ROTTAMA” L’E-COMMERCE CLASSICODecathlon ha superato il concetto tradizionale di e-com-

merce sposando una visione omnichannel. D’altronde, an-che il cliente del retailer francese è già omnicanale, spendein media il triplo rispetto al consumatore tradizionale e hauna frequenza di visita maggiore. «Siamo partiti – ha spie-gato Luca Boldrin, direttore e-commerce – con due busi-ness unit diverse e l’e-commerce nel ruolo di “fratello mi-nore”. Procedendo per gradi, siamo arrivati a una completafusione delle due aree, tanto che oggi esiste una sola dire-zione commerciale, dove anche i ruoli e le responsabilità so-no stati rivisti. Il passo fondamentale era fare arrivare dallastruttura centrale un segnale chiaro ai collaboratori sui pun-ti di vendita, per trasferirgli nel modo corretto il nuovo pro-getto e la strategia che lo supporta: la loro giovane età me-dia ci ha aiutato non poco».Ovviamente i social network vedono crescere la loro impor-

tanza. In effetti, per Decathlon, che è anche produttore, i com-menti e le recensioni ai prodotti sono da sempre preziose fon-ti di informazione. «Ecco perché abbiamo deciso di inserirlinella prima pagina dedicata a ciascun prodotto, prima ancoradelle sue caratteristiche tecniche: una decisione che ha portatosin dal primo mese a un +25% della conversion rate. Un altroesempio riguarda il primo smartphone a marchio Quechuaconcepito per l’uso in montagna: a fronte di commenti inizia-li non sempre positivi, sono stati gli utenti più esperti a illu-strare sul sito le funzioni e l’utilizzo del prodotto. Alla fine, ab-biamo costatato che le vendite si sono mantenute costanti».

MONDADORI: ATTENZIONE ALLA REDDITIVITÀ«Noi partiamo – ha sottolineato Fernando Mantovani, di-

rettore e-commerce nell’ambito del digital innovation teamdi Mondadori – dal concetto dell’“everywhere convenienceand only here experience”: sulla base di questo assioma stia-mo costruendo nell’area retail di Mondadori una serie diesperienzialità e processi dirinnovamento dell’organizza-zione che vanno in questa di-rezione. Per esempio, puntia-mo a portare sempre più onboard i nostri quasi 600 fran-chisee, che ormai si rendonoconto che il comportamentod’acquisto è cambiato e nonesistono rischi di cannibaliz-zazione tra canali: il clientedecide a prescindere e quindiè meglio assecondarlo”. Lasfida maggiore è quindi siasul front-end, all’interno delpdv, sia a livello organizzati-vo: occorre potere riconcepire

l’ingegnerizzazione del business e, se necessario, anchecambiare le strutture.Una variabile da tenere bene in considerazione è la redditi-

vità dell’e-commerce. «Una delle chimere spesso seguite inpassato – ha affermato Manto-vani – è che l’e-commerce do-vesse sostituire di colpo il ca-nale tradizionale e costassepoco. In realtà, ci si è ritrovatialle prese con elevati costi dimarketing e fortissime pres-sioni competitive. L’ideale sa-rebbe quindi riuscire a inte-grare il concetto del canale e-commerce all’interno diun’azienda che, più che multi-canale, preferisco definire to-tale. Il risultato operativo, ov-vero la “macchina di base”,deve almeno pagarsi: se nonfosse così, dovremmo ac-

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• In Italia il business del commercio elettronico vede i player piùstrutturati crescere come o più del mercato.

• È finita l'epoca dell'e-commerce "fai da te": servono investi-menti industriali.

• Assistiamo all'ingresso di player di grandi dimensioni anche innicchie di mercato, mentre altre società – nate magari in ambi-to non food – cominciano a trattare anche l'alimentare.

• Il mercato vede ancora concentrate le attività nei servizi (ticketing,turismo, assicurazioni, gaming, ecc.) rispetto alla rivendita di beni.

• La gestione della dimensione fisica dei prodotti è una sfida piùcomplessa: basti pensare a temi quali la disponibilità dei prodotti amagazzino, la convivenza tra canali fisico e virtuale, la gestione deiresi e della logistica di ritorno, la moltiplicazione degli imballaggi,o il giusto mix tra consegne a domicilio e picking point o locker.

• Non meno importanti sono i profili legati alla gestione delleforme di pagamento.

Le motivazioni della tavola rotonda

I partecipantinome funzione aziendaStefano Dorigatti Responsabile Banca Banco Popolare

TransnazionaleEdoardo Giorgetti Ceo Banzai CommerceBenedetto Lavino Amministratore Delegato Bottega VerdeLuca Boldrin Direttore E-commerce DecathlonCristian Biasoni Amministratore Delegato Dmedia Commerce

e Direttore GeneraleDavide Surace Digital Director Effe 2005 - Gruppo FeltrinelliDavide Cristallo Marketing & Merchandising Game Stop

DirectorSabrina Lucini E-commerce Manager IkeaAlessio Proietti Social Media Manager Lush Italia

& Web MarketingMatteo Bertini Head of Marketing Media ShoppingFernando Mantovani Direttore E-commerce Mondadori Roberto Liscia Presidente NetcommMassimiliano Cirillo Responsabile Marketing Posteshop

e VenditeCarlo Visani Amministratore Delegato TeclaAlberto Tagliabue Country Sales Manager UPS Italia Andrea Bruno Customer Satisfaction Zalando

& Operations ManagerServizio fotografico: Michele Ravasio. Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)

Da sinistra, Fernando Mantovani (Mondadori), Andrea Bruno (Zalando),Alberto Tagliabue (Ups) e Davide Cristallo (Game Stop).

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cettare questo costo di marketing che almeno ci consente dimantenere il cliente all’interno di un perimetro».

ZALANDO: UNA PIATTAFORMA DI MARKETPLACENata cinque anni fa nel mondo del fashion on line e attiva

dal 2011 in Italia, Zalando ha vissuto una crescita esponenzia-le, che l’ha portata a essere presente in 14 Paesi con un fattura-to 2013 di 1,8 miliardi di euro. «Siamo stati bravi – ha spiegatoAndrea Bruno, customer satisfaction & operations manager,funzione strategica perché la prima passa principalmente dalleseconde – a cogliere il mega trend dell’e-commerce. Siamo na-ti come retailer puro, con un numero di brand limitato, mentreoggi mettiamo a disposizione anche una piattaforma simile a unmarketplace: acquistiamo brand a livello globale e con una for-te country specificity, ma diamo anche la possibilità ai brand diutilizzare Zalando come piattaforma di vendita. L’obiettivo èquindi diventare Lo shop scelto dai nostri partner, cui offriamola nostra specificità di società di e-commerce che fa del full pri-ce e della rigorosità delle linee-guida del content creation, cuilavorano diverse centinaia di persone, due pilastri portanti». Un punto fondamentale nella crescita di Zalando è la sua po-

litica “country specific”, personalizzata sulle esigenze di cia-scun Paese, per esempio sul fronte dei metodi di pagamento. «InItalia non avremmo potuto rinunciare al “cash on delivery”, ma-gari obsoleto in certe realtà ma fattore determinante del succes-so nel mercato italiano, innanzitutto per generare fiducia in unPaese storicamente poco affine all’e-commerce e trasformaregli off liner in on liner. La logistica è invece concentrata in tregrandi strutture in Germania, con le quali creiamo forti sinergiea livello gestionale, di It e di procurement».

UPS CON KIALA INNOVA IL MODELLO DI CONSEGNAMultinazionale della logistica con oltre 100 anni di storia,

UPS è attiva in più di 220 Paesi, conta quasi 2.000 strutture intutto il mondo, scali dedicati e una flotta di quasi 250 aerei diproprietà. «Siamo americani – ha esordito Alberto Tagliabue,country sales manager della filiale italiana – e quindi siamo par-titi prima degli altri nell’e-commerce, accumulando una grandeesperienza. In Italia, con rare eccezioni, i primi player sono ap-parsi all’inizio degli anni Duemila: noi eravamo pronti a imple-mentare nel nostro Paese tecniche e strumenti sviluppati negliStates». Tagliabue ha condiviso i risultati di una ricerca com-Score, società specializzata nell’analisi dei mercati digitali.«L’indagine rileva che l’anno scorso gli Usa erano leader conpiù del 27% del mercato mondiale, ma nel 2016 l’Asia supere-rà gli Stati Uniti, a riprova del fatto che il grande potenziale è inquell’area; anche l’Europacontinuerà a crescere».Un’esperienza multicanale è

molto importante: la possibili-tà di acquistare on line e ritira-re in negozio, oppure conse-gnare eventuali resi in negozio,è fondamentale per gli e-shop-per che spesso abbandonano ilcarrello per non pagare la spe-dizione oppure per meccani-smi di reso complicati. Nel2012 UPS ha acquisito Kiala,allora presente in Benelux,Francia e Spagna con una fit-tissima rete di service point al-

largata dal 2013 a Uk e Germania con gli UPS Access Point.«L’obiettivo era aumentare il servizio, cambiare il modello diconsegna consentendo ai clienti di ritirare il pacco in edicola, ta-baccheria o nelle aree di servizio. I risultati sono positivi e di-mostrano l’efficacia di questo modello».Nell’esaminare gli aspetti che influenzano la probabilità di fa-

re acquisti presso un rivenditore, gli acquirenti europei hannodimostrato una netta preferenza per i rivenditori che offronoun’esperienza multicanale integrata sia in termini di serviziocombinato on line e in negozio, sia per la disponibilità di fun-zionalità di shopping mobile. In Italia, Il 51% dei consumatoriha dichiarato che comprerebbe più volentieri da un rivenditoreche consente l’acquisto on line e la possibilità di ritirare la mer-ce in negozio, mentre il 59% vuole la possibilità di comprare online e riconsegnare i resi in negozio.

GAME STOP: DAL WEB AL PUNTO DI VENDITA«Siamo specializzati nella vendita di videogiochi a un target

giovane, tecnologico e molto appassionato – ha affermato Davi-de Cristallo, marketing & merchandising director della filialeitaliana di Game Stop, multinazionale texana che conta una re-te di 6.700 negozi di proprietà, di cui 430 in Italia, dov’è arriva-ta nel 2001, allocati soprattutto nei migliori centri commerciali– che ha nei 18-35enni la fascia più altospendente». Tra gli elementi caratterizzanti del business model di Game

Stop, oltre alla prenotazione del prodotto e al fatto che per ogninovità è fondamentale la prima settimana, dove si concentra il50% delle vendite, vi è il ritiro dell’usato, che si trasforma in unamodalità di pagamento. Un’alternativa al contante e alla creditcard molto apprezzata dal cliente, anche se complessa da gesti-re poiché genera un costo e rischi frode da non sottovalutare.«Oggi la multicanalità per noi non è un’opportunità, ma un

dovere. Attraverso il web sviluppiamo volumi molto alti in ter-mini di traffico: tutta l’attività on line si rivela un potente drivernel generare conversione sul punto di vendita. Molto importan-te è anche fidelizzare i clienti tracciando i loro comportamenti ecambiando il modo di comunicare con loro. Abbiamo oltre unmilione di clienti profilati nel database e dati di traffico moltopositivi: basti pensare agli oltre 3 milioni di visite con 1,5 milio-ni di utenti unici registrate a dicembre scorso. Quanto ai datidell’e-commerce, in Italia siamo un po’ sotto la media interna-zionale, ma fondamentale per noi resta usare il web per portarei clienti in negozio».

BANZAI: LA SFIDA È COINVOLGERE IL CLIENTE«Le eccellenti case history presentate oggi confermano che il

digital è una industry moltoattiva ma nel complesso am-piamente sottovalutata, so-prattutto in Italia»: ne è con-vintoEdoardo Giorgetti, ceodi Banzai Commerce, realtàmolto dinamica attiva su duefronti: i media soprattutto ver-ticali, ideati per target groupben identificati e l’e-commer-ce: qui la società è il primooperatore in Italia, con un fat-turato intermediato di 150 mi-lioni di euro. «Le due realtàdialogano più di quanto sem-bri, perché condividono tema

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Da sinistra, Alessandro Barchetti (Game Stop), Edoardo Giorgetti(Banzai Commerce) e Stefano Dorigatti (Banco Popolare).

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quali il media commerce, l’omnichannel, i costi di marketingche aumentano. La sfida è coinvolgere il cliente, essere proatti-vi e rilevanti, catturare i trend: noi abbiamo deciso di farlo daitaliani e solo per l’Italia, navigando sul filo di una redditività ti-ratissima». Uno dei fattori del successo di Banzai è l’avere puntato sin

dal 2004 sul pick and pay (supportato da oltre 50 strutture sulterritorio, con l’obiettivo di arrivare a quota 100), che soddisfain pieno le esigenze del consumatore italiano. «Recentementeabbiamo annunciato la partnership con l’operatore polacco In-Post, per l’introduzione in Italia dei “locker”, cassette automa-tiche che consentono di ritirare i pacchi 24 ore al giorno, evi-tando così il problema della consegna. L’obiettivo è installareentro giugno 400 locker tra Milano, Torino, Roma e altre città:tutti in location strategiche quali supermercati e aree di servi-zio: i plus sono la capillarità, la certezza della consegna e il fat-to di usare e pagare il servizio solo quando serve. Proporremo ilocker ai nostri clienti in aggiunta ai nostri pick and pay, che re-stano per noi fondamentali».

BANCO POPOLARE: LA TECNOLOGIA È ABILITANTEUno dei temi caldi connessi con l’e-commerce è quello dei

pagamenti. «Parlare di pagamenti – ha spiegato Stefano Do-rigatti, responsabile Banca Transazionale presso Banco Po-polare, gruppo bancario che conta circa 2.000 sportelli,18.000 dipendenti e oltre 2,6 milioni di clienti – significa af-frontare contemporaneamente le complesse tematiche dei si-stemi di incasso intesi in senso lato, ovvero e-commerce, m-commerce, Pos fisici e virtuali, ecc. Per chi paga, l’operazio-ne dev’essere la più semplice possibile. Va detto che la tec-nologia è vissuta come un elemento oramai acquisito: diven-ta abilitante solo se sfruttata in un’ottica di business, di mar-keting e supporto ai servizi».Si consideri comunque che in Italia l’80-90% delle opera-

zioni vengono ancora gestite in contanti, ma nel frattemposta cambiando lo scenario. La liberalizzazione a livello euro-peo degli strumenti chiave degli incassi e pagamenti, un’areaperaltro disciplinata da normative molto vincolanti, ha po-tenzialmente ampliato il numero e il perimetro dei competi-tor e degli interlocutori che offrono servizi di incasso e paga-mento. Le aziende devono quindi scegliere tra questi indivi-duando un partner stabile che offra servizi sicuri, comodi edefficienti.«Fondamentale resta capire le esigenze della clientela e

offrire soluzioni che la soddisfino, come conferma tra lealtre la case history sviluppata con Auchan. In questo casoil cliente ha introdotto una propria App che permette di fa-re la spesa in negozio conuno smartphone che vie-ne utilizzato anche per ef-fettuare il pagamento, inmodalità integrata, con isistemi di incasso delBanco Popolare: in nego-zio si utilizza tale App siaper leggere i barcode pre-senti sui prodotti sia peravere alla fine il totaledella spesa: a quel punto,inquadrando un codice difine spesa, si può pagaresemplicemente utilizzan-do lo smartphone, senza

rimuovere i prodotti dal carrello. Un esempio di potente edefficace sinergia fra tecnologia, marketing e business».

EFFE 2005: L’EFFICACIA DEL CRM 2.0Feltrinelli è un brand molto forte, un’azienda che ha sviluppa-

to uno stretto legame con i propri clienti e quindi una grande at-tenzione alla fidelizzazione. «Per questo, quando sono arrivatoin azienda – ha raccontato Davide Surace Digital Director diEffe 2005, la business unit trasversale ai business del gruppoFeltrinelli (editoria, librerie, Tv), nata per creare competenze didigitali che in passato non erano state sviluppate – abbiamo ini-ziato a lavorare sul Crm, spostando sotto il digitale anche la par-te off line per massimizzarne l’efficacia. In otto mesi abbiamoraddoppiato il numero dei visitatori, passando da un –10% a un+15% del fatturato on line a fine anno. Basti pensare che, inte-grando i nostri mondi, dando evidenza a tutte le nostre attività(4.000 eventi all’anno nelle librerie, per fare un esempio) e fa-cendo attività di database building, oggi le newsletter valgono il30% del fatturato totale dell’e-commerce. La sfida vera sarà tra-sferire questo approccio all’interno dei punti di vendita». Certo l’obiettivo è diventare omnichannel davvero, a 360 gra-

di, verso il cliente. Un traguardo non facile da tagliare, anche inconsiderazione del fatto che gli operatori italiani hanno una for-za competitiva inferiore rispetto ai grandi player internazionali,avvantaggiati per esempio in campo fiscale. Tra le recenti ini-ziative della società, va rilevata l’operazione di integrazionedello store di Kobo, azienda canadese leader nel mondo del-l’e-reading. «Qui è importante sottolineare che si tratta di unraro casi di hybrid integration: i clienti, pur accedendo a tuttigli effetti al catalogo Kobo, restano in realtà all’interno delmondo Feltrinelli». L’ultima iniziativa è laeffe(www.laeffe.it), la televisione digitale che «nasce come un so-cial Tv culturale di nicchia, totalmente interattiva per integra-re i mondi social e Tv».

BOTTEGA VERDE: PERSEGUIRE LA REDDITIVITÀBottega Verde è un’azienda monomarca specializzata nel-

la produzione e commercializzazione di prodotti cosmetici abase di principi attivi naturali, conta circa 400 punti di ven-dita in Italia e sviluppa un giro d’affari di 150 milioni di eu-ro, con una market share dell’1,5%. «Il nostro modello di bu-siness è multicanale: il 20-25% del fatturato – ha puntualiz-zato l’amministratore delegato Benedetto Lavino – derivadalla vendita a distanza, ovvero telemarketing, catalogo ed e-commerce. L’idea del catalogo fu di mio padre Paolo, che nel1965 decise di lanciare un’idea innovativa: utilizzare questo

strumento, già di grandesuccesso in America, pervendere filati per aguglie-ria con il marchioModafil. Da lì sono nate,sempre a Biella, altre atti-vità – da Euronova aMondoffice, poi cedute –fino all’intuizione di Bot-tega Verde».Quello della multicana-

lità è un approccio strate-gico: l’importante è fide-lizzare il cliente, a prescin-dere dal canale che utiliz-za. «Per fare convivere ��

Al centro, Benedetto Lavino (Bottega Verde) e, alla sua sinistra, LucaBoldrin (Decathlon).

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più canali, occorre fare un budget per cliente, non per cana-le, e investire sulla base di quello che predilige, anche perchéi profili di chi compera in negozio e chi ordina i prodotti viae-commerce sono diversi e le sovrapposizioni abbastanza ra-re. La nostra anagrafica è frutto di molti anni di sviluppo equindi è molto ampia: quella attiva conta circa 3 milioni diclienti». Bottega Verde utilizza strumenti statistici molto so-fisticati. «Il fatto di possedere questo know-how permette digovernare al meglio la multicanalità e poterne trarre, a fron-te della complessità gestionale che comporta, opportunitàuniche sotto il profilo dell’esperienza d’acquisto del clientefinale. Ecco perché – ha concluso Lavino – abbiamo una so-lida struttura che presidia sia l’ufficio di analisi statistica, sial’ufficio che si occupa delle campagne».

TECLA: CAMBIA IL MODO DI FARE BUSINESS«Misurare ci consente di ottimizzare – ha affermato, affron-

tando il tema degli analytics e degli strumenti per abilitarli,Carlo Visani, ad Tecla, partner licenziatario Ibm specializza-to in soluzioni e progetti integrati per il digital business e il re-al-time web – e, se siamo sul canale digitale, questa attivitàpuò essere automatizzata. Va premesso che da qualche annoIbm ha profondamente cambiato il suo approccio al mercato,abbandonando la produzione di hardware e costruendo, ancheattraverso una serie di acquisizione, un modello chiamato“smarter commerce” che parte dal proximity marketing e arri-va fino alla cassa del punto di vendita. Si tratta di un’offertamodulare che ci permette di fare un marketing “preciso”, ov-vero di affrontare sul mercato situazioni e problemi specifici,rispondendo alle esigenze delle aziende magari prima ancorache l’esigenza sia emersa. Teniamo sempre presente, tra l’al-tro, che abbinare le nuove tecnologie con le vecchie è spessomolto costoso». Le difficoltà che talvolta – più in Italia che sui mercati inter-

nazionali – s’incontrano nell’implementare questi nuovi ap-procci restano essenzialmente culturali e organizzative. «Leresistenze stanno nella testa del consumatore, ma anche dentrole aziende: a volte si scontano certe difficoltà nei rapporti tra lefunzioni, per esempio It e marketing». La verità è che i nuovistrumenti e canali digitali stanno fortemente accelerandol’evoluzione dei mercati e del retail. «Il mondo sta cambiando:basti pensare – ha concluso Visani – che osserviamo alcuniproduttori che stanno concependo il loro market place conl’approccio di un retailer, ovvero immaginando di vendere at-traverso la loro piattaforma anche prodotti di terzi». Resta il fatto che il nostro Paese soffre ancora, rispetto ai

mercati avanzati, un forte gap nella capacità di fondere tec-nologia e business. Lo ha sottolineato Roberto Liscia di Net-comm: «L’Italia negli ultimi 20 anni ha investito l’1,5% del-lo spending complessivoin It contro la media ame-ricana del 6% ed europeadel 4%. Il differenziale di2,5 punti rispetto all’Eu-ropa si traduce in compe-tenze per coniugare infor-matica, strategia e innova-zione, mente il nostro si-stema di imprese ha anco-ra una scarsa cultura nelmettere a binomio la tec-nologia con la strategia:ciò è poco compreso

dall’ecosistema delle imprese istituzionali e rende difficilel’evoluzione del nostro sistema».

MEDIA SHOPPING PUNTA SULL’IMPULSOMedia Shopping è una case history ormai consolidata di

commercio multichannel rivolto a un target ampio – un’anagra-fica di 3 milioni di clienti costruita negli anni – e di profilo ab-bastanza basic, “coltivato” da un’azienda con un brand moltonoto ma una dimensione piuttosto ridotta. «Nell’ambitodelgruppoMediaset siamo un’azienda relativamente piccola – haconfermato Matteo Bertini, head of marketing – che nel 2013ha sviluppato 31 milioni di euro, 8 dei quali in gdo, avvalendo-si di una trentina di addetti. Vendiamo prodotti in esclusiva, neacquisiamo la titolarità dei diritti per l’Italia e li mandiamo in Tvnel modo più opportuno, acquistando gli spazi da Mediaset». La gestione dei prodotti è un aspetto molto delicato. «La loro

marginalità nominale è alta, ma sono gravati da costi di costru-zione del brand attraverso la Tv altrettanto elevati. Prima dicommercializzarli operiamo un rebranding, per dare al prodot-to un nome italiano di immediata comprensione». Quanto aiclienti, circa 250.000 sono quelli attivi, con un ottimo tasso diriacquisto attorno al 30%. Chi acquista al telefono ha un’etàmedia di 55 anni, che scende a 40-43 per chi preferisce il web.«Il nostro lavoro – ha aggiunto Bertini – è generare l’impulsoall’acquisto, che si traduce in acquisti via telefono e web, oppu-re in un’azione di ristimolo attraverso un incessante lavoro diweb marketing. La logistica si avvale di un deposito unico adAprilia gestito da Geodis e consegne affidate a Sda. Conse-gniamo in 5 giorni, ma oltre il 30% richiede consegne espresse.Infine, tra gli strumenti di pagamento registriamo un 80% me-dio di cash on delivery, mentre abbiamo eliminato il bonifico».

LUSH: UNA CUSTOMER CARE A 360 GRADIPresente in 52 Paesi con circa 900 punti di vendita – 39 dei

quali in Italia, dov’è arrivata a fine anni Novanta – Lush è unasocietà inglese specializzata nella produzione artigianale di co-smetici freschi handmade a base di frutta, verdura, olii essen-ziali, spesso senza conservanti, con una shelf life che varia da 4settimane a 14 mesi e proposti ove possibile “nudi”, per elimi-nare o minimizzare il pack. «L’assortimento conta circa 220 re-ferenze – ha spiegato Alessio Proietti, social media manager &web marketing della filiale italiana – prodotte nella sede stori-ca dell’azienda e inviate entro due settimane dall’ordine ai ne-gozi, dove i prodotti esposti non hanno più di 5 mesi di vita.Una chiave del nostro successo è quindi l’innovazione costan-te, che i nostri consumatori ormai si aspettano da noi». Anche l’approccio con la clientela è peculiare. «Contiamo su

un’anagrafica di circa 80.000 contatti raccolti in negozio oppu-re on line, ma non abbia-mo Crm classico né fac-ciamo promozioni, per-ché vogliamo evitare aiconsumatori qualsiasispreco. Puntiamo semmaia fare conoscere e provareil prodotto in negozio: inostri addetti sono forma-ti per comprendere, ancheattraverso l’ascolto, le esi-genze dei clienti e cercaredi proporgli il campionedi prodotto adeguato alle

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Da sinistra, Davide Surace (Effe 2005), Carlo Visani (Tecla) e Laura Passa (Ibm).

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loro esigenze». Se l’acquisto è fatto on line – in media due vol-te l’anno, per un valore di 50-55 euro – nel pacco viene inveceinserita una cartolina con la caricatura dell’addetto alla spedi-zione, che propone al cliente campioni di prodotti coerenti conquelli acquistati: «L’obiettivo è umanizzare il rapporto cliente-azienda, per esempio attraverso una live chat che permette dicontattare la persona che ha fatto la spedizione. Cerchiamo dicreare comunicazione anche attraverso i social – ha conclusoProietti – evitando qualsiasi forma di pubblicità e favorendo lacreazione di relazioni spontanee».

POSTESHOP: LA SVOLTA IN OTTICA MULTICANALEPosteshop nasce 10 anni fa con l’obiettivo di commercializ-

zare prodotti di largo consumo attraverso la rete degli uffici po-stali. Circa due anni fa, l’evoluzione degli scenari di mercato,con le opportunità offerte dalle innovazioni tecnologiche, deter-minano l’esigenza di esplorare altri canali, oltre a quello “fisi-co”, in un’ottica multicanale. «Non si è trattato di rinnegare il proprio passato – spiega

Massimiliano Cirillo, responsabile marketing e vendite Poste-shop – ma di trovare nuove opportunità partendo dagli asset sto-rici già esistenti, primo fra tutti il prestigio e la sicurezza delbrand Poste Italiane. Con un sito come www.poste.it, che con-ta 9 milioni di visitatori unici al mese e 2,5 milioni di conti on li-ne, e grazie alla capillarità degli spazi fisici, con oltre 13.000 Uf-fici Postali e 1,5 milioni di clienti al giorno, l’evoluzione natu-rale è stata quella di utilizzare il canale on line per integrareun’offerta in grado di competere con i maggiori player del set-tore. La rete fisica di Poste Italiane, infatti, si è dimostrata utilenon solo a “umanizzare” il web e a facilitarne l’accesso ma an-che a offrire servizi nuovi per l’e-commerce, basti pensare checirca 9.000 dei 14.000 Uffici Postali possono essere usati per ilpick and pay. Da questa visione strategica è nato, nell’ottobre2013, il nuovo mall e-commerce che, proponendo un catalogodi circa 100.000 item, unisce all’ampiezza dell’offerta quel con-trollo della marca e della sicurezza delle transazioni che è fon-damentalenel mondo on line. «Abbiamo partner importanti co-me Mondadori e Eataly – aggiunge Cirillo – e abbiamo il pro-getto di ampliare a breve la gamma arrivando a 500.000 refe-renze che copriranno quasi tutte le categorie merceologiche in-cluso il food, rigorosamente made in Italy, che rappresenta lanuova sfida di PosteShop per i prossimi anni».

IKEA: L’E-COMMERCE UNA SCELTA STRATEGICAL’e-commerce per IKEA è stata una scelta strategica, adotta-

ta innanzitutto per rispondere a un’esigenza di maggiore acces-sibilità da parte dei clienti. «Al momento abbiamo 21 punti divendita in Italia – ha esordito Sabrina Lucini, e-commerce ma-nager della filiale italia-na – che coprono buonaparte ma non ancora tut-to il territorio nazionale.L’e-commerce, lanciatonell’ottobre 2012 e fortedi un assortimento cheoggi vale circa 7.500 re-ferenze destinate prestoad aumentare, soddisfaun’esigenza di maggiorcapillarità». Tanto checirca il 60% delle vendi-te on line vanno a più di

50 km dal più vicino negozio IKEA. «Avere più canali e piùpunti di contatto aiuta a vendere di più, raggiungere più clientie servirli al meglio anche sotto il profilo dell’informazione edella comunicazione. È giusto lasciare al cliente la possibilitàdi scegliere su quale canale cercare le informazioni e compra-re. Per esempio, c’è chi acquista on line dal centro città, maga-ri dallo smartphone, avendo il negozio soltanto a mezz’ora distrada, perché ha comunque deciso di usufruire del servizio ditrasporto a pagamento o perché non ha tempo da dedicare agliacquisti. L’importante è che i prezzi dei prodotti siano gli stes-si: qui sta il senso dell’omnicanalità per IKEA». Naturalmenteè difficile replicare on line l’atmosfera e i plus del negozio fisi-co: ispirazione, possibilità di provare i prodotti, un ambienteaccogliente per i bambini. «Il cliente on line ha però esigenzecomplementari: spesso ha poco tempo, quindi gli offriamo so-luzioni complete o alcune combinazioni tra le più vendutepronte da acquistare con un solo click, o ancora idee e presele-zioni semplici come quelle dei regali di Natale». Inoltre molticlienti si muovono in ottica omni-channel utilizzando alternati-vamente i diversi canali in base all’esigenza del momento. So-no inoltre molto soddisfatti di entrambi come confermano lenostre survey periodiche.

DMAIL: UNA WEB TV PER SPIEGARE I PRODOTTIDmedia Commerce nasce negli anni Ottanta ricalcando il

modello americano della vendita a distanza, ma puntando suuna tipologia di prodotti decisamente originale, ovvero articoli eidee “utili e introvabili”, quindi non facili da reperire in com-mercio. «Nel 1997 abbiamo lanciato il sito e-commerce – haraccontato Cristian Biasoni, amministratore delegato e diretto-re generale della società e tre anni dopo abbiamo iniziato a co-struire una rete di negozi arrivata a 11 aperture, l’ultima lo scor-so dicembre nel centro commerciale Inter Ikea di Villesse. A es-si si aggiunge il progetto di “shop in shop” negli ipermercati delgruppo Finiper».La multicanalità è quindi nel nostro Dna ed è centrata sui

clienti. Purtroppo, meno del 10% di essi fanno cross-shopping:nella maggior parte dei casi si affezionano a un canale: se ac-quistano in un certo negozio, magari si informano sui social net-work o sul sito Internet, ma continuano a premiare quella mo-dalità. Non a caso il catalogo cartaceo, seppur molto oneroso,per noi è ancora molto importante anche perché racconta effica-cemente un prodotto che spesso il cliente non si immagina nep-pure che esista». Dmail continua nella ricerca di strumenti alter-nativi al supporto tradizionale. “Le descrizioni sul sito web nonsempre sono una risposta adeguata. Abbiamo pensato che i vi-deo potrebbero essere la strada giusta, come peraltro conferma-to dal successo di un concorso effettuato alcuni anni fa e dai vi-deo virali che abbiamo lanciato sperimentalmente un anno fa.

Da qui l’idea di realizza-re una web tv con palin-sesti costruiti con videoideati – anche dai nostriclienti – per illustrare iprodotti. Il tema dellacomunicazione, d’al-tronde, si ripropone an-che nei negozi, per iquali abbiamo pensatodi creare packaging par-lanti che sappiano co-municare autonoma-mente il prodotto”. �

45LARGO CONSUMO n. 6/2014

DISTRIBUZIONE

Da sinistra, Matteo Bertini (Media Shopping), Alessio Proietti (Lush Italia), Massimi-liano Cirillo (Posteshop), Sabrina Lucini (Ikea) e Cristian Biasoni (Dmedia Commerce).

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8vo RAST FOR 6Ecom.qxp:Articolo 6-06-2014 8:59 Pagina 8