tuttolibri n. 1730 (04-09-2010)

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IL FESTIVALETTERATURA Giunge alla quattordicesima edizione il Festivalletteratura di Mantova (in programma dall’8 al 12 settembre). Tutti gli incontri in www.festivaletteratura.it. Nelle pagine interne le recensioni di alcuni tra i romanzi e i saggi presentati in anteprima al Festival. Tra gli ospiti stranieri Mercoledì 8: da Israele, Amos Oz; l’anglopakistano Kureishi, il medievista studioso dei colori Michel Pastoreau, Thomas Mc Guane. Giovedì 9: l’iraniana Azar Nafisi, Joaquin Navarro-Valls, John Berger, Anne Perry, Zadie Smith, Eugenio Trias, Angeles Caso. Venerdì 10: Joshua Ferris, Gustave Petit, Laurence Cossé, autore de La libreria del buon romanzo, Sald Sayrafiezadeh (Quando verrà la rivoluzione avremo tutti lo skateboard), lo storico Donald Sasson (da Rizzoli il suo nuovo saggio su Mussolini Come nasce un dittatore), Anna-Laure Bondoux, scrittrice francese per ragazzi, la filosofa ungherese Agnes Heller, Andrei Makine, Kader Abdolah, Ali Smith, Hugo Hamilton, Teresa Solana, Frederick Forsyth (in uscita da Mondadori con Il Cobra). Sabato 11: i disegnatori Joe Sacco e il nostro Igort (da Mondadori i suoi Quaderni ucraini), lo storico Paul Ginsborg, Colun McCann, Charles Aznavour, David Peace, l’irlandese Joseph O’ Connor (Una canzone che ti strappa il cuore da Guanda). Domenica 12: il Nobel della poesia Seamus Heaney; Abbour Douhaily, la giapponese Natsuo Kirino, Chris Abani, il filosofo Francois Jullien, Jan Rankin, Paul Torday, Edmund White. Pivano e Flaiano Due omaggi del Festival: per Fernanda Pivano ed Ennio Flaiano. Della Pivano (mercoledì 8, h.16,30) saranno proposte le sue interviste con i «suoi» scrittori americani. Di Flaiano ( ricorre il centenario della nascita) è stata ricostruita idealmente la biblioteca: un’occasione per accostare i libri della sua officina (nel Palazzo dell’Agricoltura, mercoledì 8, h.17,30). “Ho tolto la maschera all’Africa” Naipaul Lo scrittore, tra gli ospiti di Mantova, viaggiatore «magico»: da Trinidad, il suo nativo «puntino sul mappamondo», al Continente Nero, tra miti e religioni, oltre il pittoresco CLAUDIO GORLIER «Un puntino sul map- pamondo»: così definisce Tri- nidad, dove è nato nel 1932, V. S. Naipaul, che potrete incon- trare e ascoltare al Festivalet- teratura di Mantova. Lo leggia- mo nel breve, intenso Scrittori di uno scrittore, uscito da Adel- phi nella eccellente traduzione di Adriana Bottini. Il sottotito- lo offre una significativa chia- ve di lettura: «Modi di guarda- re e di sentire». La adotterei come chiave di lettura per tut- ta l’opera del Nobel Naipaul, certo una delle massime perso- nalità contemporanee. In effetti, Naipaul lasciò giovanissimo Trinidad, che conosco bene e dove mi è capi- tato di osservare la sua vec- chia casa di famiglia, i Nai- paul, discendenti di indiani co- stretti a trasferirsi per lavoro nell’Ottocento. «Sono vissuto in un’India rurale trapianta- ta» racconta Naipaul. La la- sciò presto e per sempre, non tollerando, come spiegò a suo tempo, la «mimicry» di quel mondo, la scimmiottatura del- la cultura e della vita inglese. Si trasferì in Inghilterra, e qui raggiunse fama e prestigio, ma non - badate bene - un’identità altra. Una caratte- ristica basilare della persona- lità e dell’opera di Naipaul si trova proprio nell’assenza di una confessata, definita iden- tità o, se volete, nella coesi- stenza di un ventaglio di iden- tità, mirabilmente espressa nel suo incomparabile, fanta- smagorico inglese. Scrittori di uno scrittore let- teralmente viaggia da Trini- dad a Londra, materialmente, ma anche, nel segno della evo- cazione fantastica, dall’India, si intende, a Polibio e a Flau- bert, da Cicerone a Virgilio, con autentici scatti di contem- poraneità che spaziano da Gandhi a Derek Walcott. La mancanza di un passato «di- rettamente accessibile», spie- ga Naipaul, è per lui fonte di dolore ma, aggiungiamo noi, una continua sfida soltanto in apparenza confessionale, per- ché in effetti la continua rein- venzione di identità è fonte inesauribile di creatività tale da scongiurare l’abbandono autobiografico, trasformando l’osservazione in creazione. In- tendiamoci: Naipaul non subi- sce mai la realtà e se mai la ri- A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Naipaul vistodaLevine. Copy TheNewYorkRewiev ofBooks-Ilpa LA STAMPA L’appuntamento Naipaul sarà al Festivaletteratura di Mantova venerdì 10 settembre. LointervisteràaPalazzoDucale,CortiledellaCavallerizza,CaterinaSoffici,coninizioalle16,45 Aldilàdeglishowdi questigiorni,cosa sappiamodellaLibiadi oggi?Qualiautorilibici possiamoleggereper conosceredall’interno lasuaquotidianità, fattadiinaspettata ricchezzaerapida urbanizzazione, aperturaeconomica all’Occidente,progetto turistico,migrazioniin transitodall’Africa? Seescludiamo l'estemporaneavoce letterariadiGheddafi («Fugadall’infernoe altrestorie», Manifestolibri2006),in italianocirestanosolo tretestidelloscrittore libicopiùnoto,Ibrahim al-Koni(1948),cantore dellaculturatuarege dellamisticadeldeserto (editidaJouvence, Ilissoede/o)euno studioaccompagnato dapassiantologicidi ElviraDiana(«La letteraturadellaLibia», Carocci2008).Con l’aggiuntadiununico raccontodelprolifico Ibrahimal-Faqih, tradottoinvecein inglesecosìcome un’interessante antologiadi16racconti brevi(EthanChorin, «TranslatingLibya», Saqi2008).Acontifatti, permanel’impressione che,all'internodel Paese,noncisiaspazio peresprimereun dissenso,ancorché moderato.Cheperò esiste,maaldifuoridei confini.InHisham Matar(«Nessunoal mondo»,Einaudi2006), peresempio,oinalcuni raccontichetrattano dell’emigrazionein Libiadimanodopera egiziana,pubblicatial Cairoe,peraltro, immediatamente ritiratidalmercato. tutto LIBRI DIARIO DI LETTURA Dall’Iran con Nabokov Per Azar Nafisi un esilio tra i libri ZUCCONI P. XI p V.S. Naipaul p LA MASCHERA DELL’AFRICA p traduzione di Adriana Bottini p Adelphi, pp. 290, e 22 p in libreria dall’8 settembre p SCRITTORI DI UNO SCRITTORE p traduzione di Adriana Bottini p Adelphi, pp. 217, e 14 Continuaapag.II TUTTOLIBRI NUMERO 1730 ANNO XXXIV SABATO 4 SETTEMBRE 2010 ELISABETTA BARTULI D ALLA LIBIA POCHE VOCI IGNOTE NEL DESERTO RISORGIMENTO Che comari i padri d’Italia A Sarzana Cavour, il Re e Garibaldi BARBERO P. VI-VII p Un esploratore che rompe glistereotipie reinventa la realtà, ne fa memoria: perché èlo scrittore il dominatore del tempo ROMANZI ITALIANI Manhattan e un’odissea Luci di Romagnoli Ferrario in viaggio MONDO-CORTELLESSA P. IV-V ANTROPOLOGIA L’uomo è il suo habitat Fernández-Armesto e l’eco-storia AIME P. IX I R

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 03/09/10 20.32

IL FESTIVALETTERATURAGiunge allaquattordicesimaedizione il Festivalletteratura diMantova (in programma dall’8al12settembre). Tutti gli incontri inwww.festivaletteratura.it.Nellepagine interne le recensionidialcuni tra i romanzi e i saggipresentati in anteprimaal Festival.

Tra gli ospiti stranieriMercoledì8: da Israele, Amos

Oz; l’anglopakistano Kureishi, ilmedievista studioso dei coloriMichel Pastoreau, Thomas Mc

Guane.

Giovedì9: l’iraniana Azar Nafisi,

Joaquin Navarro-Valls, JohnBerger, Anne Perry, Zadie Smith,

Eugenio Trias, Angeles Caso.Venerdì 10: Joshua Ferris,Gustave Petit, Laurence Cossé,autore de La libreria del buonromanzo, Sald Sayrafiezadeh(Quando verrà la rivoluzioneavremo tutti lo skateboard), lostorico Donald Sasson (da Rizzoliil suo nuovo saggio su MussoliniCome nasce un dittatore),Anna-Laure Bondoux, scrittricefrancese per ragazzi, la filosofaungherese Agnes Heller, AndreiMakine, Kader Abdolah, AliSmith, Hugo Hamilton, TeresaSolana, Frederick Forsyth (inuscita da Mondadori con IlCobra).

Sabato11: i disegnatori Joe

Sacco e il nostro Igort (daMondadori i suoi Quaderniucraini), lo storico Paul Ginsborg,Colun McCann, CharlesAznavour, David Peace,l’irlandese Joseph O’ Connor (Unacanzone che ti strappa il cuore daGuanda).

Domenica12: il Nobel dellapoesia Seamus Heaney; AbbourDouhaily, la giapponese NatsuoKirino, Chris Abani, il filosofoFrancois Jullien, Jan Rankin, Paul

Torday, Edmund White.

Pivanoe Flaiano

Due omaggi del Festival: perFernanda Pivano ed EnnioFlaiano. Della Pivano (mercoledì8, h.16,30) saranno proposte lesue interviste con i «suoi» scrittoriamericani. Di Flaiano ( ricorre ilcentenario della nascita) è stataricostruita idealmente labiblioteca: un’occasione peraccostare i libri della sua officina(nel Palazzo dell’Agricoltura,mercoledì 8, h.17,30).

“Ho toltola mascheraall’Africa”

Naipaul Lo scrittore, tra gli ospiti di Mantova, viaggiatore«magico»: da Trinidad, il suo nativo «puntino sul mappamondo»,al Continente Nero, tra miti e religioni, oltre il pittoresco

CLAUDIOGORLIER

«Un puntino sul map-pamondo»: così definisce Tri-nidad, dove è nato nel 1932, V.S. Naipaul, che potrete incon-trare e ascoltare al Festivalet-teratura di Mantova. Lo leggia-mo nel breve, intenso Scrittoridi uno scrittore, uscito da Adel-phi nella eccellente traduzionedi Adriana Bottini. Il sottotito-lo offre una significativa chia-ve di lettura: «Modi di guarda-re e di sentire». La adottereicome chiave di lettura per tut-ta l’opera del Nobel Naipaul,certo una delle massime perso-nalità contemporanee.

In effetti, Naipaul lasciògiovanissimo Trinidad, checonosco bene e dove mi è capi-tato di osservare la sua vec-chia casa di famiglia, i Nai-paul, discendenti di indiani co-stretti a trasferirsi per lavoronell’Ottocento. «Sono vissutoin un’India rurale trapianta-ta» racconta Naipaul. La la-sciò presto e per sempre, nontollerando, come spiegò a suotempo, la «mimicry» di quel

mondo, la scimmiottatura del-la cultura e della vita inglese.Si trasferì in Inghilterra, e quiraggiunse fama e prestigio,ma non - badate bene -un’identità altra. Una caratte-ristica basilare della persona-lità e dell’opera di Naipaul sitrova proprio nell’assenza diuna confessata, definita iden-tità o, se volete, nella coesi-stenza di un ventaglio di iden-tità, mirabilmente espressanel suo incomparabile, fanta-smagorico inglese.

Scrittori di uno scrittore let-teralmente viaggia da Trini-dad a Londra, materialmente,ma anche, nel segno della evo-cazione fantastica, dall’India,si intende, a Polibio e a Flau-bert, da Cicerone a Virgilio,con autentici scatti di contem-poraneità che spaziano daGandhi a Derek Walcott. Lamancanza di un passato «di-rettamente accessibile», spie-ga Naipaul, è per lui fonte didolore ma, aggiungiamo noi,una continua sfida soltanto inapparenza confessionale, per-ché in effetti la continua rein-venzione di identità è fonteinesauribile di creatività taleda scongiurare l’abbandonoautobiografico, trasformandol’osservazione in creazione. In-tendiamoci: Naipaul non subi-sce mai la realtà e se mai la ri-

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Naipaulvisto da Levine.

CopyThe New York Rewiev

of Books - Ilpa

LASTAMPAL’appuntamento Naipaul sarà al Festivaletteratura di Mantova venerdì 10 settembre.Lo intervisterà a Palazzo Ducale, Cortile della Cavallerizza, Caterina Soffici, con inizio alle 16,45

Al di là degli show diquesti giorni, cosa

sappiamo della Libia dioggi? Quali autori libici

possiamo leggere perconoscere dall’interno

la sua quotidianità,fatta di inaspettata

ricchezza e rapidaurbanizzazione,

apertura economicaall’Occidente, progettoturistico, migrazioni in

transito dall’Africa?Se escludiamo

l'estemporanea voceletteraria di Gheddafi

(«Fuga dall’inferno ealtre storie»,

Manifestolibri 2006), initaliano ci restano solotre testi dello scrittore

libico più noto, Ibrahimal-Koni (1948), cantore

della cultura tuareg edella mistica del deserto

(editi da Jouvence,Ilisso ed e/o) e uno

studio accompagnatoda passi antologici di

Elvira Diana («Laletteratura della Libia»,

Carocci 2008). Conl’aggiunta di un unicoracconto del prolifico

Ibrahim al-Faqih,tradotto invece ininglese così come

un’interessanteantologia di 16 racconti

brevi (Ethan Chorin,«Translating Libya»,

Saqi 2008). A conti fatti,permane l’impressione

che, all'interno delPaese, non ci sia spazio

per esprimere undissenso, ancorché

moderato. Che peròesiste, ma al di fuori dei

confini. In HishamMatar («Nessuno al

mondo», Einaudi 2006),per esempio, o in alcuni

racconti che trattanodell’emigrazione in

Libia di manodoperaegiziana, pubblicati al

Cairo e, peraltro,immediatamente

ritirati dal mercato.

tuttoLIBRI

DIARIO DI LETTURA

Dall’Irancon NabokovPer Azar Nafisiun esilio tra i libriZUCCONI P. XI

pp V.S. Naipaulp LA MASCHERA DELL’AFRICAp traduzione di Adriana Bottinip Adelphi, pp. 290, € 22p in libreria dall’8 settembrep SCRITTORI DI UNO SCRITTOREp traduzione di Adriana Bottinip Adelphi, pp. 217, € 14

Continua a pag. II

TUTTOLIBRI

NUMERO 1730ANNO XXXIVSABATO 4 SETTEMBRE 2010

ELISABETTA BARTULI

DALLA LIBIAPOCHE VOCI

IGNOTENEL DESERTO

RISORGIMENTO

Che comarii padri d’ItaliaA Sarzana Cavour,il Re e GaribaldiBARBERO P. VI-VII

p

Un esploratore che rompegli stereotipi e reinventala realtà, ne fa memoria:perché è lo scrittoreil dominatore del tempo

ROMANZI ITALIANI

Manhattane un’odisseaLuci di RomagnoliFerrario in viaggioMONDO-CORTELLESSA P. IV-V

ANTROPOLOGIA

L’uomo èil suo habitatFernández-Armestoe l’eco-storiaAIME P. IX

I R

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.40

McCann Un affresco della New YorkAnni 70, partendo dalla celebrepasseggiata in alta quota di Philip Petit

MARTAMORAZZONI

Kader Abdolah ci rac-conta la vita di Maometto, ce neracconta la storia e ci raccontauna storia: ci dice il vero intornoal messaggero di Allah; l'ho veri-ficato nell'affascinante Maomet-to di Maxime Rodinson, edito an-ni fa da Einaudi (che proprio oranella nuova NUE pubblica Il viag-gio notturno e l'ascensione del pro-feta). Su tale esattezza corre la li-nea sottile tra invenzionepoeticae realtà storica, tra il Maomettodei documenti e il personaggioche lo scrittore, iraniano di origi-ne ma possiamo dire ormai olan-dese, imbastisce nel suo roman-zo. È tutto in sostanza vero il rac-conto che Kader compone intor-no all'ipotetica ricostruzione del-la storia del profeta da parte dicoluiche fu l'estensorematerialedel Corano, Zayd, figlio adottivodi Maometto. Egli cerca il verovolto del messaggero, o meglio idiversi volti che amici, avversari,parenti, hanno letto in lui. Tuttovero e tutto fantastico, intriso

dell’esotismodi un mondo da Mil-le e una notte, al sapore di acquadi rose e datteri freschi, all'om-bra di squisiti giardini interni,mentre fuori il sole incide la ter-ra di tagli di luce abbacinanti.

L'ascesa di Maometto, dallasolitudinedei primi anni, quandoincredulità e scherno accompa-gnarono la sua predicazione, aiprimi seguaci che assecondaro-no il profeta condottiero, è narra-ta per dati certi, cui Kader dà vo-ce attraverso la testimonianza dipersonaggi che ne videro la com-plessa affermazione. Primo fratutti il protagonista e io narran-te, cronachista di questa lenta in-dagine intorno al profeta, Zayd

ibn Talhib, cui il destino ha riserva-to di essere rapito ai genitori per fi-nire nella casa di Kadhija, la mo-glie del profeta a cui lei regala ilbambino in compenso della mortedel loro solo erede maschio. Ama-to da Maometto come un figlio, nesegue le imprese e, nella finzionenarrativa di Kader, sente di avere

una missione oltre la stesura delCorano, ed è quella di rendere no-ta la vita del profeta, perché la suaopera prenda una più viva consi-stenza.Perché il ritrattosia fedele,Zayd va alla ricerca di occhi diver-si, più o meno benevoli, che osser-varono e ora commentano il carat-tere dell’uomo, dai primi segni del-la sua singolarità fino alla morte,vissuta dai seguaci tra dolore e an-sia di successione. Il profeta è infat-ti ormai un condottiero e un politi-co alla cui operadare un seguito.

Nasce qui un ritratto polifoni-co: di casa in casa, di città in cittàZayd va sulle tracce di una memo-ria a volte esile a volte certa, tra uo-mini che il tempo ha cambiato mane ha preservato e consolidato ri-cordi e giudizio. Sublime, ignoran-te, arrogante, mistificatore, santo:tra scetticismo, sarcasmo, adora-zione e genuino affetto, il Messag-gero, la cui forza dirompente hamodificato i confini del mondo, sioffre ai nostri occhi nella composi-ta fisionomia di individuo dalle for-ti pulsioni mistiche insieme a un in-nato fiuto pratico, l'uomo con gliocchi al cielo e i piedi piantati nellaterra: è volta a volta il politico fred-do e la vera voce di Allah, umanonel profondo della carne, nelle ten-sioni e nelle pulsioni che rendonocangiante la sua personalità a cuil'autore guarda con la simpatia el'ammirazione non privi, mi sem-bra, di una certa solidale ironia.

Davvero uomo tra gli uomi-ni, cito ancora Rodinson, Mao-metto della tribù di Quraysh eranostro fratello.

ELENALOEWENTHAL

C'è un uomo che tor-na dopo tanti anni nel paesedov'è nato e dove suo padreè stato ammazzato a colpi dipistola. Ad aspettarlo, oltreal passato, c'è una madrecieca che vede molto di piùdi quanto le concedano isuoi occhi. Accanto a quest'uomo e al suo apparente-mente incomprensibile ri-torno, ci sono tante lonta-nanze che tali restano dall'inizio alla fine del romanzoPioggia di giugno, scritto daJabbour Douaihy, narrato-re e intellettuale libanese.L'Australia, il Brasile, persi-no Beirut sono luoghi irrag-giungibili, se non nelle me-morie e nei racconti di chi èpartito, per non tornare più.

Pioggia di giugno ha nelcuore della narrazione, an-che se in fondo non è maidescritto per filo e per se-gno, un incomprensibile ec-cidio che si è portato via

tanti uomini del villaggiodove un giorno tutt'a untratto l'autista dello scuola-bus deve riportare i ragazzidal collegio: loro non capi-scono che cosa stia succe-dendo e perché, lui ha il vol-to rigato di lacrime silenzio-se. Lungo tutto il romanzo,del resto, questo eventodrammatico resta sfocato,inafferrabile - pur nell'in-tensità delle tante voci chelo descrivono, di volta in vol-ta. Una specie di enigma, in-somma: perché è successo?Chi ha ucciso chi? Solo i tan-ti cadaveri di uomini, stesisulla piazza, sono nitidi - e

con funerea energia determi-nano le storie degli altri, diquelli che restano: figli, mo-gli, fratelli. Il risvolto di co-pertina ci dice che questo ec-cidio avvenuto nel 1957 è unasorta di prodromo, come laprefigurazione di quella guer-ra civile fra fedi diverse e de-clinazioni diverse della stes-sa fede, che insanguinerà ilLibano dal 1975 al 1990.

Douaihy racconta questastoria in un modo certamentenon convenzionale: il libro sisnoda infatti con la scompo-stezza di un'orchestra anco-ra da accordare. Io narranti,corsivi lessicali (ma anchesentimentali), visuali esterne,continui rimandi nel tempo:

la confusione stilistica è effi-cace, però, nel registrare l'on-da lunga di quella concitazio-ne disperata che seguì il fattodi sangue. E' come se l'agita-zione terribile di quel momen-to si fosse propagata lungotutto il libro. Certo, c'è un per-sonaggio che domina, ed èElia figlio di Kamleh, del«quartiere della Compa-gnia», che emigra negli StatiUniti, ha (forse) una mogliebionda, e in paese lo rintrac-ciano molto tempo dopo, po-co prima del suo ritorno, gra-zie a Google e al suo blog. Matutto intorno a lui si muoveun'umanità composita che hacondiviso il destino ingrato diquelle morti inspiegabili.

E forse, la vera cifra del li-bro è proprio quella della lon-tananza, intesa come una spe-cie di malattia cronica, concui devi fare i conti quandonasci in un posto così sperdu-to e prima o poi ti tocca anda-re via, ma quando ritorni nonriconosci quasi più nulla. «Aquanto dice mia madre, cheraramente ha perso un'occa-sione per ridere di lui, miononno paterno non appena inpaese è stato aperto il primocinema permanente ha co-minciato a frequentarlo conregolarità nella speranza diriuscire, almeno per una vol-ta, a intravedere suo padreche, emigrato negli Stati Uni-ti d'America alla fine del di-ciannovesimo secolo abban-donandolo ancora in fasce,non era più tornato».

Grazie al filtro della buonatraduzione dall'arabo di Elisa-betta Bartuli che non lasciamai spazio a una resa appros-simativa (anche se non ci è da-to fare una verifica direttasull'originale, l'italiano è quifelicemente eloquente),Douaihy offre un ritratto deci-samente originale, a voltestruggente e a volte sarcasti-co, di un Medio Oriente anco-ra tutto da conoscere.

GLAUCOFELICI

«Scorciatoia per il pa-radiso, come tutti i grandi ro-manzi, si avvicina più alla poe-sia che alla prosa, e non è un ca-so. La prosa spiega e analizza, lapoesia condensa e insinua dub-bi. Non c'è nessun grande lette-rato che non sia stato anche ungran poeta. […]Maria Campanaci fa ritrovare faccia a facciacon i paradossi insolubili dellacondizioneumana».

No, non è questa la nostra re-censione a Scorciatoia per il pa-radiso, ma una inventata che silegge a pagina 338 del libro diTeresa Solana, tra gli ospiti diMantova (venerdì 10). Aspettosingolare dell'opera è appuntoquesto: come nelle scatole cine-si, tra le pagine si parla delle pa-gine del romanzo, al cui internosi parla del romanzo, e così via(o forse viceversa, chissà): unaforma di proliferazione, di rad-doppio gemellare che trova ri-scontro nel fatto che due deiprotagonisti, detective dilettan-

ti e pasticcioni, sono proprio ge-melli, anche se uno vuole esserlosotto mentite spoglie. Ma forse lasingolarità più significativa è chesiamo di fronte a un noir - anzi,una novela negra - con tutti i requi-siti del genere, che però prende dimira con incalzante sarcasmo ilmondo letterario spagnolo.

L'autrice, catalana, verso i 50,deve conoscerlo molto bene, quelmondo, e se ne prende gioco conirridente perfidia, tanto chel'evento centrale del racconto èl'assassinio di una nota scrittrice(Maria Campana o Marina Dolç),

fatta fuori con la scultura data co-me premio, appunto, a Scorciato-ia per il paradiso.

Suprema cattiveria: del mano-scritto del romanzo, ancora inedi-to, rimane una sola copia, e sicco-me le pagine non sono numeratetutte si mescolano e chissà cosane verrà fuori: ma «in fin dei con-ti, non è che un romanzo» (qua elà, peraltro, c'è chi teorizza la«morte del romanzo»). E poi siavrà il sospetto che vi sia un belpo' di autobiografia: una delle pro-tagoniste è Maite, lo stesso nomecon cui gli amici chiamano l'autri-ce, un altro è traduttore, propriocome Teresa Solana (che ha lavo-rato a un grande dizionario di mi-tologia diretto da Yves Bonnefoy,e a testi inglesi del Quattrocento).Chi pratica la nobile arte del tra-durre, spesso finisce per nutrireun odio sordo verso gli autori chetraduce, e magari a volte tale odiosi estende all'intera categoria nar-rante e ai suoi meccanismi: cheun odio siffatto sia una delle chia-vi di lettura per la disarmante sto-ria ordita da Teresa Solana?

THOMAS MCGUANE

Un’amicizia virile allo Sporting= Grazie a Thomas McGuane, classe 1939, tra gli ospitidi Mantova (mercoledì8 e venerdì 10), possiamopiantareun'altrabandierina sulla cartina letterariadegli Usa; sulloStato del Michigan, terra di laghi e grandi foreste. Qui, suun'areadi diecimila ettari, si trova il «Centennial Club» e quisi ritrovano per festeggiare il 4 luglio i cento anni della suaesistenza i discendenti dei gentiluomini Yankee che lofondarononel 1868.Ancora una volta un romanzoamericano- Sportingclub, (trad. di Marta Matteini, B. C.Dalai, pp. 200, € 17,50)pubblicato nel 1968 da McGuanea 29 anni, già in possesso di un'invidiabilepadronanzadei

mezzi espressivi - racconta la storia di un'amicizia virile, fra ilcompetitivoe attaccabrighe Vernor Stanton e il succubeJamesQuinn. I due si ritrovano dopo molti anni; Quinnarriva al club da Detroitdove suo malgradodeve occuparsidi una fabbrica lasciatagli dal padre,ma è troppo buono.Appenaarriva,Quinn è costretto da Vernor a scendere nellacantinaallestita come sala per duelli alla pistola;non puòsottrarsi alla sfida e, mentre lui sbaglia,Vernor lo colpisce inpienopetto: il proiettile è di cera ma Quinn non lo sa e siprende il primodi una serie di spaventi. Fra i due amicis'inserisce Janey, che Vernor presentacome mogliementreQuinnscoprirà che lei per ora nonvuole sposarlo, anche sene subisce la prepotentee folle vitalità. Vernor coinvolgeuninconsapevoleQuinn in un piano che prevede

l'autodistruzionedel Centennial Club , licenziando JackOlson, il gestore del circolo, che ha il torto di essere piùbravonella caccia e nella pesca di tutti quei finanzieri invacanza. Sarà un crescendo dionisiacodi accadimentideliranti, raccontati sullo spassoso registro dellablackcomedy. «Il Vortice è re», recita nona caso l'epigrafe delromanzo,citando Aristofane.Quinn troverà un po' di pacepescandotrote di giornoe di notte. McGuade, comeHemingway, come Carver, dà alla pesca fluvialeun ruolocentrale,da rito di passaggio.Costretti sotto un tendone, isocinon rinuncerannoa celebrare il centenario, che deveculminarenel disseppellimentodella «macchinadeltempo»,ma anche questa si rivelerà una beffa atroce. Bruno Gambarotta

E’ la scultural’arma letale

MASOLINOD’AMICO

Colum McCann, ir-landese americanizzato classe1965, impernia il romanzo Questobacio vada al mondo intero su dueepisodi, uno autentico e molto fa-moso, l’altro inventato. Quello au-tentico, avvenuto nell’agosto del1974, è la passeggiata in alta quotache l’acrobata francese PhilippePetit compì lungo un cavo teso trale due torri del World Trade Cen-ter, ancora fresche di inaugurazio-ne. McCann, il cui innominato Pe-tit agisce in silenzio come un diodall’ispirazione misteriosa, rico-struisce fantasiosamente l’impre-sa in una serie di momenti dedica-ti anche alla sua preparazione. Ilresto con la maggior parte dellastoria riguarda invece personedel tutto estranee all’avvenimen-to, ma che più o meno casualmen-te quel giorno si trovano a pren-derne atto guardandolo meravi-gliate da lontano o semplicementesentendone parlare, senza saper-si spiegare il fascino che quel ge-sto così sublimemente gratuitoesercita su di loro.

L’episodio inventato è l’inci-dente automobilistico in cui per-dono la vita due personaggi. Unodi costoro è Corrigan, giovane ir-landese membro di un non ben de-finito ordine religioso che oltre aimporgli la castità gli ha assegna-to come campo d’azione una dellezone più malfamate del Bronx.Corrigan vive poverissimamenteadoperandosi per i reietti e accet-tando senza reagire le ricorrentibastonature che gli infliggono imagnaccia delle prostitute cuipresta la sua misera stanza per-ché possano ogni tanto rinfrescar-si e magari servirsi del wc. In taletopaia il determinato benefattore,

pietoso con tutti ma implacabile colpadre fedifrago quando costui si ri-fece vivo alla morte della madre, èstato raggiunto dal fratello maggio-re Ciaran, che lasciata d’impulso laverde isola ora cerca senza troppoimpegno un lavoro (vorrebbe, vaga-mente, scrivere).

L’altra vittima dell’incidenteche stronca Corrigan è una simpati-

ca passeggiatrice negra cui egli sta-va dando un passaggio. Quanto al-l’incidente stesso, questo è provoca-to da una coppia di artistoidi bene-stanti e schizzati che fanno la bohè-me di lusso in una fuoriserie del ’27.Costoro scappano senza restarecoinvolti, ma poi lei spinta dal rimor-so va all’ospedale dove apprende lamorte della ragazza, si fa dare in

consegna le sue cose e va a portarleal fratello del defunto Corrigan, colquale si apre. Intanto in un apparta-mento di Park Avenue si riunisconocerte signore non più giovanissimeche si sono conosciute rispondendoa un annuncio sul giornale e chehanno in comune l’avere perso, tut-te, dei figli in Vietnam. Ciascuna aturno ospita le altre; oggi, ossia ilgiorno della passeggiata dell’acro-bata, tocca all’unica di loro che ap-

partiene all’alta borghesia e che sivergogna un po’ del lusso del palaz-zo in cui vive. Costei è la moglie delgiudice al quale sarà assegnato il ca-so dell’acrobata quando il reducedell’esibizione, pur acclamato dallafolla come un eroe, verrà processa-to per i vari reati commessi. Pocoprima che ciò avvenga però sua mo-glie ha «sororizzato» (si potrà dire?)con una delle sue ospiti, l’unica di co-

lore, madre di ben tre soldatini ucci-si, dopo avere rischiato di offender-la chiedendole incautamente di ve-nire a servizio da lei. Questa donnaha un cuore enorme, che le consen-te non solo di passare sopra allosgarbo, ma anche in un impulso diadottare le due bellissime bambinedella prostituta uccisa nello scontrodi cui sopra, avendole incontrateper caso sulla porta di casa sua...

Doctorow e DeLillo sono gli ovviantecedenti di questa narrazionead ampio respiro con mélange di fat-ti pittoreschi della New York di unpreciso momento storico e altri in-ventati su figure emblematiche diquella comunità così multietnica ecosì stratificata. Anche se non pos-siede né la varietà del primo nél’estro dalle risonanze profonde esimboliche del secondo, e nonostan-te la scontata angelicità delle due or-fanelle di pelle scura, McCann rie-sce a non sembrare ovvio né senti-mentale, e sfoggia una encomiabilepuntigliosità di ricerca e documen-tazione quando evoca con mano si-cura bassifondi, aule di giustizia emolti altri ambienti della GrandeMela durante l’inquieto momentosu cui ha puntato il suo obiettivo.

Solana Un noir che prendedi mira i letterati spagnoli

Per chi suonala campananel villaggio

Scrittori stranieri a MantovaIITuttolibri

SABATO 4 SETTEMBRE 2010LA STAMPA III

CLAUDIO GORLIER

Che meravigliaquell’acrobatafra le due torri

Tra Doctorow e DeLillo,ma senza la varietàdel primo né l’estrodalle risonanze profondee simboliche del secondo

«Questo bacio vadaal mondo intero»:narrazione ad ampiorespiro con mélangedi fatti pittoreschi

«Il Messaggero»:un romanzo che fondeinvenzione e verità,testimone privilegiatoil figlio adottivo Zayd

Douaihy Un eccidio del 1957 prefigura la guerracivile che insanguinerà il Libano negli Anni 70-80

«Pioggia di giugno»:un ritratto originaledel Medio Oriente,a volte struggente,a volte sarcastico

Maomettomille e unoi suoi volti

Naipaul: ecco la mia Africa

IAN RANKIN

Un colpo senza Rebus= Ian Rankin, che sarà tra gli ospiti di Mantova (venerdì10 e doemica 12), senza Rebus è come una Ferrari priva diturbo. Hai un bel dire: Un colpo perfetto (Longanesi,trad. di Isabella Zani, pp. 400, € 18) è un romanzo arguto,ricco di sottili ed affascinanti deviazioni. Tuttavia lamancanza del burbero compagno di mille avventurelascia l’autore privo di quelle improvvise accelerazioni(anche caratteriali) che erano poi la vera ragione del suostrepitoso successo: oltre sette milioni di copie vendute(215 mila in Italia) e una serie tv di grande audience. E’vero che rimangono gli scorci incomparabili della sua

Edimburgo, il racconto vibrante, quasi accorato, dei suoiangoli ambigui e dei suoi splendori, della sua costruzionesociale. Peccato però che i suoi protagonisti sembrinousarla soltanto come palcoscenico, che l’odio-amoresimbiotico di Rebus sia andato perduto. Nonostantel’eleganza del plot, i nuovi protagonisti paiono infatti piùattori di una commedia costruita a tavolino che per lestrade della capitale scozzese. Anche se bisognaammettere una buona abbondanza di colpi d’ala e lasolita scrittura raffinata e coinvolgente. D’altra parte lascelta è stata netta: l’abbandono della detective story peril «colpo», la rapina inimmaginabile. Ma anche qui conuna particolarità: non lo schema alla Richard Stark (ovveroDonald Westlake) del duro e spietato Parker, invincibile

professionista persino nella sconfitta. No, qui lapreferenza è caduta su una banda di dilettanti, pur seassistita dal boss di turno. Metti insieme tre amici (unmiliardario annoiato, un frustrato funzionario di banca eun docente d’arte), un suo allievo in grado di imitarequalsiasi maestro del colore, l’ingorda fidanzata,un’affascinante direttrice d’aste, un balordo localeaccessoriato di brutali guardaspalle (ma nei guai per undebito con un big della droga ). Frulla il tutto e poniticome obiettivo il furto di otto tele (sostituite dai falsi fattidallo studente) alla National Gallery ed eccoti serviti tuttigli elementi per una raffinata pochade gialla condita dalleimpervie ambizioni di un ispettore fuori dal giro. Piero Soria

pp Colum McCannp QUESTO BACIO VADA

AL MONDO INTEROp trad. di Marinella Magrìp Rizzoli, pp. 466, € 21p in libreria dall’8 settembrep Colum McCann è nato a Dublino

nel 1965. Attualmente insegnascrittura creativa presso l’Hun-ter College di New York. Il suoprimo bestseller, alla fine degliAnni Novanta, fu il romanzo «I fi-gli del buio». Altri titoli: «La leg-ge del fiume» e «Zoli: storia diuna zingara». Lo scrittore sarà aa Mantova, con Enrico France-schini l’11 settembre, chiostrodel Museo diocesano, h. 15,15

pp Jabbour Douaihyp PIOGGIA DI GIUGNOp traduzione di Elisabetta Bartulip Feltrinelli, pp. 297, € 17,50p Il romanziere libanese dialoghe-

rà a Mantova con ElisabettaBartuli, traduttrice del suo nuo-vo romanzo, il 12 settembre, Pa-lazzo D’Arco, h. 10,15

pp Teresa Solana

p SCORCIATOIA PER IL PARADISO

p trad. di Barbara Bertoni

p Sellerio, pp. 354, € 14

pp Kader Abdolahp IL MESSAGGEROp trad. di E.Svaluto Moreolop Iperborea, pp. 332, € 17p in libreria dal 7 settembrep Kader Abdolah, nato in Iran nel

1954, profugo politicoin Olandadall’88, sarà a Mantova il 10 set-tembre, Teatro Ariston, h. 16,45

p Segue da pagina I

Kader Abdolah La vita del Profetatra pulsioni mistiche e fiuto pratico

disegna a modo suo. Di quila sua reputazione e, al tem-po stesso, la sua frequentemessa in discussione, pro-prio a cominciare dall’India.Ma lo si capisce, perché seda un lato la scandaglia sen-za remore, dall’altro ne de-scrive, nell’ultimo paragra-fo del libro, «l’irrisolto pro-blema delle due civiltà» cheminacciano «la crescita in-tellettuale dell’India».

Naipaul si è avvicinatoabbastanza presto, direipersino fisicamente, al-l’Africa. Lo fa ora in un po-deroso volume, in libreriadall’ 8 settembre sempreper Adelphi, La mascheradell’Africa che reca esso pu-re un sottotitolo volutamen-te fattuale: «Immagini del-la religiosità africana». Il li-bro è costruito sull’impian-

to di un viaggio, di una auten-tica esplorazione intellettua-le, che si snoda attraversotutta una serie di Paesi del-l’Africa subsahariana: fruttodi quasi nove mesi trascorsinel 1966 in Africa, ai quali siaggiungono ulteriori espe-rienze dirette. E’ una fascino-sa mappa, che prende le mos-se dall’Uganda, prosegue inNigeria, si sposta in Ghana,raggiunge la Costa d’Avorio,poi il Gabon, approdando al-la fine in Sudafrica.

Con l’eccezione del Gabon,conosco abbastanza bene tut-ti questi paesi, e sin dalla pri-ma lettura del libro ho trovatouna conferma della messa ingioco da parte di Naipaul deglistereotipi tradizionali del viag-giatore, sanzionati da tuttauna letteratura occidentale.Anche per questo mi paiono

occasionali e infondate le accu-se di razzismo mosse all’auto-re. Come gli è peculiare, Nai-paul osserva, prende notamortificando ogni tentazioneal pittoresco, al colore della de-scrizione, esercitando invecela sua inarrivabile misura, va-

le a dire una chiave narrativache definirei dissimulata, insi-sto, reinventata.

Non facciamoci ingannare,assumendolo come decisivo,dal referente della religiosità,fondamentale ma non in asso-luto decisivo, come in altre

opere di Naipaul, che so, Semimagici, ma persino il classicoUna casa per Mr Biswas.

Siamo in Uganda, e la stre-goneria «non è uno scherzo»,ma la «dissoluzione irraziona-le» che la stregoneria compor-ta sostanzia il quotidiano, per-sino l’incertezza politica. Sia-mo di fronte a un Paese vulne-rabile, nella sua gente e persi-no nel suo paesaggio.

In Nigeria, un mago, il ba-balawo, tiene tutti in pugno,ma è il Paese stesso, nella suacomplessità, ad apparire in-sieme magico e reale. D’al-tronde, «perché un mito pren-da vita, deve poggiare su altrimiti». I miti pullulano in Nige-ria, quella meridionale, paga-na o cristiana, quella setten-trionale musulmana: qui ilmondo è visto in una prospet-tiva armoniosa, mentre il re-

sto della Nigeria «vive in unperpetuo stato di crisi».

La misura narrativa si ac-cende in Costa d’Avorio, quan-do Naipaul rievoca il caso dav-vero emblematico del presi-dente e re, Houphouët-Boi-gny, il quale chiede al gran sa-cerdote di ottenere il potereeterno. «Fu tagliato a pezzi emesso a cuocere in una pento-la con erbe e pozioni». Si tra-sforma in serpente che, dopouna breve lotta, ritorna uomo.Storia, magia, vicende del po-tere, si fondono e bollono inpentola come il presidente.Ma, per una sorta di beffardaironia, egli morirà più tardiper un tumore alla prostata.

Il Sudafrica si affaccia, giu-stamente, come un mondo aparte, e qui il narratore Nai-paul si impadronisce a un cer-to punto della realtà per rac-

contarla. Davvero un raccontoè, infatti, il sorprendente ritrat-to di Winnie Mandela, la di-scussa, implacabile, secondamoglie di Mandela. E’ lei a ru-bare la scena al marito,a im-porsi quasi come una terrenaprofetessa. Naipaul fa lievitarea modo suo il personaggio, finoa trasfigurarlo, per trasferirsipoco oltre sull’incontro doloro-so tra memoria e quotidiano.

Siamo di fronte al monu-mento eretto in memoria di unragazzino di dodici anni, colpi-to a morte dalla polizia nel1976 durante una protesta stu-dentesca. Accanto al monu-mento si affaccia un mercatinodi pelli di animali, e qui Nai-paul incontra la sorella del ra-gazzo, ormai donna di mezzaetà. L’incontro è commovente,accanto al monumento ormaitranseunte. «Mi venne fatto dichiedermi per quanto tempoancora sarebbe durato quelmemento di un dolore reale».E’ lo scrittore il dominatoredel tempo, la sua maschera.

JabbourDouaihy,

narratore eintellettuale

nato in Libanonel 1949,insegna

letteraturafrancese

all’universitàlibanese

di Tripoli.Presenterà

il suo romanzoal Festival

di Mantovadomenica

12 settembre

Una fascinosa mappadi ritualità e poterinei Paesi subsahariani,dall’Uganda al Ghana,dal Gabon al Sudafrica

Ian Rankin

Lo scrittore irlandese Colum McCann

Thomas McGuane

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.40

McCann Un affresco della New YorkAnni 70, partendo dalla celebrepasseggiata in alta quota di Philip Petit

MARTAMORAZZONI

Kader Abdolah ci rac-conta la vita di Maometto, ce neracconta la storia e ci raccontauna storia: ci dice il vero intornoal messaggero di Allah; l'ho veri-ficato nell'affascinante Maomet-to di Maxime Rodinson, edito an-ni fa da Einaudi (che proprio oranella nuova NUE pubblica Il viag-gio notturno e l'ascensione del pro-feta). Su tale esattezza corre la li-nea sottile tra invenzionepoeticae realtà storica, tra il Maomettodei documenti e il personaggioche lo scrittore, iraniano di origi-ne ma possiamo dire ormai olan-dese, imbastisce nel suo roman-zo. È tutto in sostanza vero il rac-conto che Kader compone intor-no all'ipotetica ricostruzione del-la storia del profeta da parte dicoluiche fu l'estensorematerialedel Corano, Zayd, figlio adottivodi Maometto. Egli cerca il verovolto del messaggero, o meglio idiversi volti che amici, avversari,parenti, hanno letto in lui. Tuttovero e tutto fantastico, intriso

dell’esotismodi un mondo da Mil-le e una notte, al sapore di acquadi rose e datteri freschi, all'om-bra di squisiti giardini interni,mentre fuori il sole incide la ter-ra di tagli di luce abbacinanti.

L'ascesa di Maometto, dallasolitudinedei primi anni, quandoincredulità e scherno accompa-gnarono la sua predicazione, aiprimi seguaci che assecondaro-no il profeta condottiero, è narra-ta per dati certi, cui Kader dà vo-ce attraverso la testimonianza dipersonaggi che ne videro la com-plessa affermazione. Primo fratutti il protagonista e io narran-te, cronachista di questa lenta in-dagine intorno al profeta, Zayd

ibn Talhib, cui il destino ha riserva-to di essere rapito ai genitori per fi-nire nella casa di Kadhija, la mo-glie del profeta a cui lei regala ilbambino in compenso della mortedel loro solo erede maschio. Ama-to da Maometto come un figlio, nesegue le imprese e, nella finzionenarrativa di Kader, sente di avere

una missione oltre la stesura delCorano, ed è quella di rendere no-ta la vita del profeta, perché la suaopera prenda una più viva consi-stenza.Perché il ritrattosia fedele,Zayd va alla ricerca di occhi diver-si, più o meno benevoli, che osser-varono e ora commentano il carat-tere dell’uomo, dai primi segni del-la sua singolarità fino alla morte,vissuta dai seguaci tra dolore e an-sia di successione. Il profeta è infat-ti ormai un condottiero e un politi-co alla cui operadare un seguito.

Nasce qui un ritratto polifoni-co: di casa in casa, di città in cittàZayd va sulle tracce di una memo-ria a volte esile a volte certa, tra uo-mini che il tempo ha cambiato mane ha preservato e consolidato ri-cordi e giudizio. Sublime, ignoran-te, arrogante, mistificatore, santo:tra scetticismo, sarcasmo, adora-zione e genuino affetto, il Messag-gero, la cui forza dirompente hamodificato i confini del mondo, sioffre ai nostri occhi nella composi-ta fisionomia di individuo dalle for-ti pulsioni mistiche insieme a un in-nato fiuto pratico, l'uomo con gliocchi al cielo e i piedi piantati nellaterra: è volta a volta il politico fred-do e la vera voce di Allah, umanonel profondo della carne, nelle ten-sioni e nelle pulsioni che rendonocangiante la sua personalità a cuil'autore guarda con la simpatia el'ammirazione non privi, mi sem-bra, di una certa solidale ironia.

Davvero uomo tra gli uomi-ni, cito ancora Rodinson, Mao-metto della tribù di Quraysh eranostro fratello.

ELENALOEWENTHAL

C'è un uomo che tor-na dopo tanti anni nel paesedov'è nato e dove suo padreè stato ammazzato a colpi dipistola. Ad aspettarlo, oltreal passato, c'è una madrecieca che vede molto di piùdi quanto le concedano isuoi occhi. Accanto a quest'uomo e al suo apparente-mente incomprensibile ri-torno, ci sono tante lonta-nanze che tali restano dall'inizio alla fine del romanzoPioggia di giugno, scritto daJabbour Douaihy, narrato-re e intellettuale libanese.L'Australia, il Brasile, persi-no Beirut sono luoghi irrag-giungibili, se non nelle me-morie e nei racconti di chi èpartito, per non tornare più.

Pioggia di giugno ha nelcuore della narrazione, an-che se in fondo non è maidescritto per filo e per se-gno, un incomprensibile ec-cidio che si è portato via

tanti uomini del villaggiodove un giorno tutt'a untratto l'autista dello scuola-bus deve riportare i ragazzidal collegio: loro non capi-scono che cosa stia succe-dendo e perché, lui ha il vol-to rigato di lacrime silenzio-se. Lungo tutto il romanzo,del resto, questo eventodrammatico resta sfocato,inafferrabile - pur nell'in-tensità delle tante voci chelo descrivono, di volta in vol-ta. Una specie di enigma, in-somma: perché è successo?Chi ha ucciso chi? Solo i tan-ti cadaveri di uomini, stesisulla piazza, sono nitidi - e

con funerea energia determi-nano le storie degli altri, diquelli che restano: figli, mo-gli, fratelli. Il risvolto di co-pertina ci dice che questo ec-cidio avvenuto nel 1957 è unasorta di prodromo, come laprefigurazione di quella guer-ra civile fra fedi diverse e de-clinazioni diverse della stes-sa fede, che insanguinerà ilLibano dal 1975 al 1990.

Douaihy racconta questastoria in un modo certamentenon convenzionale: il libro sisnoda infatti con la scompo-stezza di un'orchestra anco-ra da accordare. Io narranti,corsivi lessicali (ma anchesentimentali), visuali esterne,continui rimandi nel tempo:

la confusione stilistica è effi-cace, però, nel registrare l'on-da lunga di quella concitazio-ne disperata che seguì il fattodi sangue. E' come se l'agita-zione terribile di quel momen-to si fosse propagata lungotutto il libro. Certo, c'è un per-sonaggio che domina, ed èElia figlio di Kamleh, del«quartiere della Compa-gnia», che emigra negli StatiUniti, ha (forse) una mogliebionda, e in paese lo rintrac-ciano molto tempo dopo, po-co prima del suo ritorno, gra-zie a Google e al suo blog. Matutto intorno a lui si muoveun'umanità composita che hacondiviso il destino ingrato diquelle morti inspiegabili.

E forse, la vera cifra del li-bro è proprio quella della lon-tananza, intesa come una spe-cie di malattia cronica, concui devi fare i conti quandonasci in un posto così sperdu-to e prima o poi ti tocca anda-re via, ma quando ritorni nonriconosci quasi più nulla. «Aquanto dice mia madre, cheraramente ha perso un'occa-sione per ridere di lui, miononno paterno non appena inpaese è stato aperto il primocinema permanente ha co-minciato a frequentarlo conregolarità nella speranza diriuscire, almeno per una vol-ta, a intravedere suo padreche, emigrato negli Stati Uni-ti d'America alla fine del di-ciannovesimo secolo abban-donandolo ancora in fasce,non era più tornato».

Grazie al filtro della buonatraduzione dall'arabo di Elisa-betta Bartuli che non lasciamai spazio a una resa appros-simativa (anche se non ci è da-to fare una verifica direttasull'originale, l'italiano è quifelicemente eloquente),Douaihy offre un ritratto deci-samente originale, a voltestruggente e a volte sarcasti-co, di un Medio Oriente anco-ra tutto da conoscere.

GLAUCOFELICI

«Scorciatoia per il pa-radiso, come tutti i grandi ro-manzi, si avvicina più alla poe-sia che alla prosa, e non è un ca-so. La prosa spiega e analizza, lapoesia condensa e insinua dub-bi. Non c'è nessun grande lette-rato che non sia stato anche ungran poeta. […]Maria Campanaci fa ritrovare faccia a facciacon i paradossi insolubili dellacondizioneumana».

No, non è questa la nostra re-censione a Scorciatoia per il pa-radiso, ma una inventata che silegge a pagina 338 del libro diTeresa Solana, tra gli ospiti diMantova (venerdì 10). Aspettosingolare dell'opera è appuntoquesto: come nelle scatole cine-si, tra le pagine si parla delle pa-gine del romanzo, al cui internosi parla del romanzo, e così via(o forse viceversa, chissà): unaforma di proliferazione, di rad-doppio gemellare che trova ri-scontro nel fatto che due deiprotagonisti, detective dilettan-

ti e pasticcioni, sono proprio ge-melli, anche se uno vuole esserlosotto mentite spoglie. Ma forse lasingolarità più significativa è chesiamo di fronte a un noir - anzi,una novela negra - con tutti i requi-siti del genere, che però prende dimira con incalzante sarcasmo ilmondo letterario spagnolo.

L'autrice, catalana, verso i 50,deve conoscerlo molto bene, quelmondo, e se ne prende gioco conirridente perfidia, tanto chel'evento centrale del racconto èl'assassinio di una nota scrittrice(Maria Campana o Marina Dolç),

fatta fuori con la scultura data co-me premio, appunto, a Scorciato-ia per il paradiso.

Suprema cattiveria: del mano-scritto del romanzo, ancora inedi-to, rimane una sola copia, e sicco-me le pagine non sono numeratetutte si mescolano e chissà cosane verrà fuori: ma «in fin dei con-ti, non è che un romanzo» (qua elà, peraltro, c'è chi teorizza la«morte del romanzo»). E poi siavrà il sospetto che vi sia un belpo' di autobiografia: una delle pro-tagoniste è Maite, lo stesso nomecon cui gli amici chiamano l'autri-ce, un altro è traduttore, propriocome Teresa Solana (che ha lavo-rato a un grande dizionario di mi-tologia diretto da Yves Bonnefoy,e a testi inglesi del Quattrocento).Chi pratica la nobile arte del tra-durre, spesso finisce per nutrireun odio sordo verso gli autori chetraduce, e magari a volte tale odiosi estende all'intera categoria nar-rante e ai suoi meccanismi: cheun odio siffatto sia una delle chia-vi di lettura per la disarmante sto-ria ordita da Teresa Solana?

THOMAS MCGUANE

Un’amicizia virile allo Sporting= Grazie a Thomas McGuane, classe 1939, tra gli ospitidi Mantova (mercoledì8 e venerdì 10), possiamopiantareun'altrabandierina sulla cartina letterariadegli Usa; sulloStato del Michigan, terra di laghi e grandi foreste. Qui, suun'areadi diecimila ettari, si trova il «Centennial Club» e quisi ritrovano per festeggiare il 4 luglio i cento anni della suaesistenza i discendenti dei gentiluomini Yankee che lofondarononel 1868.Ancora una volta un romanzoamericano- Sportingclub, (trad. di Marta Matteini, B. C.Dalai, pp. 200, € 17,50)pubblicato nel 1968 da McGuanea 29 anni, già in possesso di un'invidiabilepadronanzadei

mezzi espressivi - racconta la storia di un'amicizia virile, fra ilcompetitivoe attaccabrighe Vernor Stanton e il succubeJamesQuinn. I due si ritrovano dopo molti anni; Quinnarriva al club da Detroitdove suo malgradodeve occuparsidi una fabbrica lasciatagli dal padre,ma è troppo buono.Appenaarriva,Quinn è costretto da Vernor a scendere nellacantinaallestita come sala per duelli alla pistola;non puòsottrarsi alla sfida e, mentre lui sbaglia,Vernor lo colpisce inpienopetto: il proiettile è di cera ma Quinn non lo sa e siprende il primodi una serie di spaventi. Fra i due amicis'inserisce Janey, che Vernor presentacome mogliementreQuinnscoprirà che lei per ora nonvuole sposarlo, anche sene subisce la prepotentee folle vitalità. Vernor coinvolgeuninconsapevoleQuinn in un piano che prevede

l'autodistruzionedel Centennial Club , licenziando JackOlson, il gestore del circolo, che ha il torto di essere piùbravonella caccia e nella pesca di tutti quei finanzieri invacanza. Sarà un crescendo dionisiacodi accadimentideliranti, raccontati sullo spassoso registro dellablackcomedy. «Il Vortice è re», recita nona caso l'epigrafe delromanzo,citando Aristofane.Quinn troverà un po' di pacepescandotrote di giornoe di notte. McGuade, comeHemingway, come Carver, dà alla pesca fluvialeun ruolocentrale,da rito di passaggio.Costretti sotto un tendone, isocinon rinuncerannoa celebrare il centenario, che deveculminarenel disseppellimentodella «macchinadeltempo»,ma anche questa si rivelerà una beffa atroce. Bruno Gambarotta

E’ la scultural’arma letale

MASOLINOD’AMICO

Colum McCann, ir-landese americanizzato classe1965, impernia il romanzo Questobacio vada al mondo intero su dueepisodi, uno autentico e molto fa-moso, l’altro inventato. Quello au-tentico, avvenuto nell’agosto del1974, è la passeggiata in alta quotache l’acrobata francese PhilippePetit compì lungo un cavo teso trale due torri del World Trade Cen-ter, ancora fresche di inaugurazio-ne. McCann, il cui innominato Pe-tit agisce in silenzio come un diodall’ispirazione misteriosa, rico-struisce fantasiosamente l’impre-sa in una serie di momenti dedica-ti anche alla sua preparazione. Ilresto con la maggior parte dellastoria riguarda invece personedel tutto estranee all’avvenimen-to, ma che più o meno casualmen-te quel giorno si trovano a pren-derne atto guardandolo meravi-gliate da lontano o semplicementesentendone parlare, senza saper-si spiegare il fascino che quel ge-sto così sublimemente gratuitoesercita su di loro.

L’episodio inventato è l’inci-dente automobilistico in cui per-dono la vita due personaggi. Unodi costoro è Corrigan, giovane ir-landese membro di un non ben de-finito ordine religioso che oltre aimporgli la castità gli ha assegna-to come campo d’azione una dellezone più malfamate del Bronx.Corrigan vive poverissimamenteadoperandosi per i reietti e accet-tando senza reagire le ricorrentibastonature che gli infliggono imagnaccia delle prostitute cuipresta la sua misera stanza per-ché possano ogni tanto rinfrescar-si e magari servirsi del wc. In taletopaia il determinato benefattore,

pietoso con tutti ma implacabile colpadre fedifrago quando costui si ri-fece vivo alla morte della madre, èstato raggiunto dal fratello maggio-re Ciaran, che lasciata d’impulso laverde isola ora cerca senza troppoimpegno un lavoro (vorrebbe, vaga-mente, scrivere).

L’altra vittima dell’incidenteche stronca Corrigan è una simpati-

ca passeggiatrice negra cui egli sta-va dando un passaggio. Quanto al-l’incidente stesso, questo è provoca-to da una coppia di artistoidi bene-stanti e schizzati che fanno la bohè-me di lusso in una fuoriserie del ’27.Costoro scappano senza restarecoinvolti, ma poi lei spinta dal rimor-so va all’ospedale dove apprende lamorte della ragazza, si fa dare in

consegna le sue cose e va a portarleal fratello del defunto Corrigan, colquale si apre. Intanto in un apparta-mento di Park Avenue si riunisconocerte signore non più giovanissimeche si sono conosciute rispondendoa un annuncio sul giornale e chehanno in comune l’avere perso, tut-te, dei figli in Vietnam. Ciascuna aturno ospita le altre; oggi, ossia ilgiorno della passeggiata dell’acro-bata, tocca all’unica di loro che ap-

partiene all’alta borghesia e che sivergogna un po’ del lusso del palaz-zo in cui vive. Costei è la moglie delgiudice al quale sarà assegnato il ca-so dell’acrobata quando il reducedell’esibizione, pur acclamato dallafolla come un eroe, verrà processa-to per i vari reati commessi. Pocoprima che ciò avvenga però sua mo-glie ha «sororizzato» (si potrà dire?)con una delle sue ospiti, l’unica di co-

lore, madre di ben tre soldatini ucci-si, dopo avere rischiato di offender-la chiedendole incautamente di ve-nire a servizio da lei. Questa donnaha un cuore enorme, che le consen-te non solo di passare sopra allosgarbo, ma anche in un impulso diadottare le due bellissime bambinedella prostituta uccisa nello scontrodi cui sopra, avendole incontrateper caso sulla porta di casa sua...

Doctorow e DeLillo sono gli ovviantecedenti di questa narrazionead ampio respiro con mélange di fat-ti pittoreschi della New York di unpreciso momento storico e altri in-ventati su figure emblematiche diquella comunità così multietnica ecosì stratificata. Anche se non pos-siede né la varietà del primo nél’estro dalle risonanze profonde esimboliche del secondo, e nonostan-te la scontata angelicità delle due or-fanelle di pelle scura, McCann rie-sce a non sembrare ovvio né senti-mentale, e sfoggia una encomiabilepuntigliosità di ricerca e documen-tazione quando evoca con mano si-cura bassifondi, aule di giustizia emolti altri ambienti della GrandeMela durante l’inquieto momentosu cui ha puntato il suo obiettivo.

Solana Un noir che prendedi mira i letterati spagnoli

Per chi suonala campananel villaggio

Scrittori stranieri a MantovaIITuttolibri

SABATO 4 SETTEMBRE 2010LA STAMPA III

CLAUDIO GORLIER

Che meravigliaquell’acrobatafra le due torri

Tra Doctorow e DeLillo,ma senza la varietàdel primo né l’estrodalle risonanze profondee simboliche del secondo

«Questo bacio vadaal mondo intero»:narrazione ad ampiorespiro con mélangedi fatti pittoreschi

«Il Messaggero»:un romanzo che fondeinvenzione e verità,testimone privilegiatoil figlio adottivo Zayd

Douaihy Un eccidio del 1957 prefigura la guerracivile che insanguinerà il Libano negli Anni 70-80

«Pioggia di giugno»:un ritratto originaledel Medio Oriente,a volte struggente,a volte sarcastico

Maomettomille e unoi suoi volti

Naipaul: ecco la mia Africa

IAN RANKIN

Un colpo senza Rebus= Ian Rankin, che sarà tra gli ospiti di Mantova (venerdì10 e doemica 12), senza Rebus è come una Ferrari priva diturbo. Hai un bel dire: Un colpo perfetto (Longanesi,trad. di Isabella Zani, pp. 400, € 18) è un romanzo arguto,ricco di sottili ed affascinanti deviazioni. Tuttavia lamancanza del burbero compagno di mille avventurelascia l’autore privo di quelle improvvise accelerazioni(anche caratteriali) che erano poi la vera ragione del suostrepitoso successo: oltre sette milioni di copie vendute(215 mila in Italia) e una serie tv di grande audience. E’vero che rimangono gli scorci incomparabili della sua

Edimburgo, il racconto vibrante, quasi accorato, dei suoiangoli ambigui e dei suoi splendori, della sua costruzionesociale. Peccato però che i suoi protagonisti sembrinousarla soltanto come palcoscenico, che l’odio-amoresimbiotico di Rebus sia andato perduto. Nonostantel’eleganza del plot, i nuovi protagonisti paiono infatti piùattori di una commedia costruita a tavolino che per lestrade della capitale scozzese. Anche se bisognaammettere una buona abbondanza di colpi d’ala e lasolita scrittura raffinata e coinvolgente. D’altra parte lascelta è stata netta: l’abbandono della detective story peril «colpo», la rapina inimmaginabile. Ma anche qui conuna particolarità: non lo schema alla Richard Stark (ovveroDonald Westlake) del duro e spietato Parker, invincibile

professionista persino nella sconfitta. No, qui lapreferenza è caduta su una banda di dilettanti, pur seassistita dal boss di turno. Metti insieme tre amici (unmiliardario annoiato, un frustrato funzionario di banca eun docente d’arte), un suo allievo in grado di imitarequalsiasi maestro del colore, l’ingorda fidanzata,un’affascinante direttrice d’aste, un balordo localeaccessoriato di brutali guardaspalle (ma nei guai per undebito con un big della droga ). Frulla il tutto e poniticome obiettivo il furto di otto tele (sostituite dai falsi fattidallo studente) alla National Gallery ed eccoti serviti tuttigli elementi per una raffinata pochade gialla condita dalleimpervie ambizioni di un ispettore fuori dal giro. Piero Soria

pp Colum McCannp QUESTO BACIO VADA

AL MONDO INTEROp trad. di Marinella Magrìp Rizzoli, pp. 466, € 21p in libreria dall’8 settembrep Colum McCann è nato a Dublino

nel 1965. Attualmente insegnascrittura creativa presso l’Hun-ter College di New York. Il suoprimo bestseller, alla fine degliAnni Novanta, fu il romanzo «I fi-gli del buio». Altri titoli: «La leg-ge del fiume» e «Zoli: storia diuna zingara». Lo scrittore sarà aa Mantova, con Enrico France-schini l’11 settembre, chiostrodel Museo diocesano, h. 15,15

pp Jabbour Douaihyp PIOGGIA DI GIUGNOp traduzione di Elisabetta Bartulip Feltrinelli, pp. 297, € 17,50p Il romanziere libanese dialoghe-

rà a Mantova con ElisabettaBartuli, traduttrice del suo nuo-vo romanzo, il 12 settembre, Pa-lazzo D’Arco, h. 10,15

pp Teresa Solana

p SCORCIATOIA PER IL PARADISO

p trad. di Barbara Bertoni

p Sellerio, pp. 354, € 14

pp Kader Abdolahp IL MESSAGGEROp trad. di E.Svaluto Moreolop Iperborea, pp. 332, € 17p in libreria dal 7 settembrep Kader Abdolah, nato in Iran nel

1954, profugo politicoin Olandadall’88, sarà a Mantova il 10 set-tembre, Teatro Ariston, h. 16,45

p Segue da pagina I

Kader Abdolah La vita del Profetatra pulsioni mistiche e fiuto pratico

disegna a modo suo. Di quila sua reputazione e, al tem-po stesso, la sua frequentemessa in discussione, pro-prio a cominciare dall’India.Ma lo si capisce, perché seda un lato la scandaglia sen-za remore, dall’altro ne de-scrive, nell’ultimo paragra-fo del libro, «l’irrisolto pro-blema delle due civiltà» cheminacciano «la crescita in-tellettuale dell’India».

Naipaul si è avvicinatoabbastanza presto, direipersino fisicamente, al-l’Africa. Lo fa ora in un po-deroso volume, in libreriadall’ 8 settembre sempreper Adelphi, La mascheradell’Africa che reca esso pu-re un sottotitolo volutamen-te fattuale: «Immagini del-la religiosità africana». Il li-bro è costruito sull’impian-

to di un viaggio, di una auten-tica esplorazione intellettua-le, che si snoda attraversotutta una serie di Paesi del-l’Africa subsahariana: fruttodi quasi nove mesi trascorsinel 1966 in Africa, ai quali siaggiungono ulteriori espe-rienze dirette. E’ una fascino-sa mappa, che prende le mos-se dall’Uganda, prosegue inNigeria, si sposta in Ghana,raggiunge la Costa d’Avorio,poi il Gabon, approdando al-la fine in Sudafrica.

Con l’eccezione del Gabon,conosco abbastanza bene tut-ti questi paesi, e sin dalla pri-ma lettura del libro ho trovatouna conferma della messa ingioco da parte di Naipaul deglistereotipi tradizionali del viag-giatore, sanzionati da tuttauna letteratura occidentale.Anche per questo mi paiono

occasionali e infondate le accu-se di razzismo mosse all’auto-re. Come gli è peculiare, Nai-paul osserva, prende notamortificando ogni tentazioneal pittoresco, al colore della de-scrizione, esercitando invecela sua inarrivabile misura, va-

le a dire una chiave narrativache definirei dissimulata, insi-sto, reinventata.

Non facciamoci ingannare,assumendolo come decisivo,dal referente della religiosità,fondamentale ma non in asso-luto decisivo, come in altre

opere di Naipaul, che so, Semimagici, ma persino il classicoUna casa per Mr Biswas.

Siamo in Uganda, e la stre-goneria «non è uno scherzo»,ma la «dissoluzione irraziona-le» che la stregoneria compor-ta sostanzia il quotidiano, per-sino l’incertezza politica. Sia-mo di fronte a un Paese vulne-rabile, nella sua gente e persi-no nel suo paesaggio.

In Nigeria, un mago, il ba-balawo, tiene tutti in pugno,ma è il Paese stesso, nella suacomplessità, ad apparire in-sieme magico e reale. D’al-tronde, «perché un mito pren-da vita, deve poggiare su altrimiti». I miti pullulano in Nige-ria, quella meridionale, paga-na o cristiana, quella setten-trionale musulmana: qui ilmondo è visto in una prospet-tiva armoniosa, mentre il re-

sto della Nigeria «vive in unperpetuo stato di crisi».

La misura narrativa si ac-cende in Costa d’Avorio, quan-do Naipaul rievoca il caso dav-vero emblematico del presi-dente e re, Houphouët-Boi-gny, il quale chiede al gran sa-cerdote di ottenere il potereeterno. «Fu tagliato a pezzi emesso a cuocere in una pento-la con erbe e pozioni». Si tra-sforma in serpente che, dopouna breve lotta, ritorna uomo.Storia, magia, vicende del po-tere, si fondono e bollono inpentola come il presidente.Ma, per una sorta di beffardaironia, egli morirà più tardiper un tumore alla prostata.

Il Sudafrica si affaccia, giu-stamente, come un mondo aparte, e qui il narratore Nai-paul si impadronisce a un cer-to punto della realtà per rac-

contarla. Davvero un raccontoè, infatti, il sorprendente ritrat-to di Winnie Mandela, la di-scussa, implacabile, secondamoglie di Mandela. E’ lei a ru-bare la scena al marito,a im-porsi quasi come una terrenaprofetessa. Naipaul fa lievitarea modo suo il personaggio, finoa trasfigurarlo, per trasferirsipoco oltre sull’incontro doloro-so tra memoria e quotidiano.

Siamo di fronte al monu-mento eretto in memoria di unragazzino di dodici anni, colpi-to a morte dalla polizia nel1976 durante una protesta stu-dentesca. Accanto al monu-mento si affaccia un mercatinodi pelli di animali, e qui Nai-paul incontra la sorella del ra-gazzo, ormai donna di mezzaetà. L’incontro è commovente,accanto al monumento ormaitranseunte. «Mi venne fatto dichiedermi per quanto tempoancora sarebbe durato quelmemento di un dolore reale».E’ lo scrittore il dominatoredel tempo, la sua maschera.

JabbourDouaihy,

narratore eintellettuale

nato in Libanonel 1949,insegna

letteraturafrancese

all’universitàlibanese

di Tripoli.Presenterà

il suo romanzoal Festival

di Mantovadomenica

12 settembre

Una fascinosa mappadi ritualità e poterinei Paesi subsahariani,dall’Uganda al Ghana,dal Gabon al Sudafrica

Ian Rankin

Lo scrittore irlandese Colum McCann

Thomas McGuane

PordenoneleggeFesta del libro con gli autoridal 15 al 19 settembre 2010

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.40

Ferrario Padre e figliasi ritrovano on the road

Una scassataauto a gasper Ulisse

GIANANDREAPICCIOLI

E ce rifà co’ Angelica,dicono a Roma per indicare itormentoni ciclici. Quest'estatene ha visti tanti, dall' improvvi-sa scoperta della grandezza de-gli scrittori italiani under 40 fat-ta sul Sole 24 ore al «caso Man-cuso», il teologo che dopo 15 an-ni si accorge che il proprietariodella casa editrice in cui pubbli-ca i suoi bestseller è un po' biri-chino. Ma il tormentone piùclassico è forse quello su cultu-ra alta e cultura bassa, succes-so e qualità, intrattenimento eletterarietà. Da quando la cultu-ra si è democratizzatae poi (manon è la stessacosa) è diventatadi massa e l'editoria artigianaleè diventata industria e gli ufficicommerciali hanno prevarica-to sulle direzioni editoriali, laquerelle tra apocalittici e inte-grati non ha fine. Il saggio diEco è del 1964, prima c'eranostate la scuola di Francoforte,la Dialettica dell'Illuminismo,Benjamin e la perdita dell'aura,la riproducibilità tecnica dell'opera d'arte e via analizzando.

Preistoria. Tra postmoder-no e globalizzazione e contami-nazioni e web e trash imperan-

te oggi tutto sembra radicalmen-te mutato: la società si è sfrangia-ta, il consumo culturale unifor-mato a livello planetario e insie-me segmentato in nicchie minori-tarie, alibi per cultori dei grandinumeri. Il pedagogismo, illumini-stico o cattolico, è stato sostituitodalla pubblicità e dall'apologiadell'esistente (e non mi pare ungran cambio, anche se AndreaRomano sul Sole celebra nella«rappresentazione non più colpe-volizzante dei desideri degli italia-ni così come essi sono realmente(…) un potenziale di emancipazio-ne degli spiriti animali della na-zione»). Ma, se mutano i terminiesterni e quantitativi, la querelleresta viva, segno forse di una

marginalizzazione residuale del-la letteratura, come i famosi sol-dati giapponesi nella giungla.

Segnalo un po' alla rinfusa,partendo da due libri che non

hanno a che fare con le discussio-ni estive ma possono dare indica-zioni in proposito: Inventare ilmondo. Teoria e pratica del raccon-to (Garzanti), di Ferruccio Paraz-zoli, lasco nella struttura e nell'as-

semblaggio dei temi ma ricco dispunti acuti, nati dall'esperienzadi chi è narratore in proprio e haanni di lavoro editoriale alle spal-le; e il brillante Come funzionano iromanzi. Breve storia delle tecni-che narrative per lettori e scrittori(Mondadori) di James Wood, cri-tico del New Yorker, abile e cor-diale dipanatore di nodi teoricidella letterarietà, edonista di gu-sto («Leggiamo narrativa perchéla narrativa ci piace, ci toccaemotivamente, è bella ecc.: per-ché è viva e noi siamo vivi».). Mapoi anche saggi come Scritture aperdere. La letteratura degli annizero (Laterza), di Ferroni, che de-nunciando l' «evaporazione diuna cultura critica» ha suscitato

le obiezioni di Cordelli, provviso-riamente alleato col perfido Mo-riarty di Ferroni, e cioè Baricco,già bersagliato a pallettoni per isuoi Barbari in un saggio del2006, Sul banco dei cattivi (Don-zelli). Cordelli obietta che «il nuo-vo secolo non è simile ai due pre-cedenti e che vivere in esso comese non vi fosse stata soluzione dicontinuità è un'illusione» e che lecategorie critiche vanno ritaratesu parametri diversi da quelli diAdorno. Segue ampio dibattito,che interseca quello sugli autoriitaliani di oggi, con interventi diBerardinelli, Cortellessa, Golino,Onofri, Paccagnini, La Porta…Ma il rimpianto Giuseppe Bonu-ra (L'industria del complimento, a

c. di A. Zaccuri, Medusa), criticoumorale, fulmineo, talvolta ingiu-sto, ma sempre consapevole diuna tradizione, non ha bisogno diricorrere ai mitici francofortesiper prospettare una «narrativacome forma di conoscenza dellarealtà e strumento per l'allarga-mento della sensibilità morale».E ai bei tempi Pampaloni e Mila-no, senza mai flirtare con ideolo-gismi, pedagogismi, egemoniepiù o meno reali, son stati un rife-rimento sicuro per generazionidi lettori. Come Raboni e Baldac-ci e Siciliano… E ancor oggi Ma-gris o Mondo o La Capria o Segree altri pochi grandi vecchi.

La discussione si dilata sulweb, dove accanto a interventi

rancorosi o paranoici si trovanodibattiti più interessanti di moltiospitati sulla carta stampata. Aesempio sul blog Lipperatura ilfilm-documentario di AndreaCortellessa e Luca Archibugi,Senza scrittori, sullo strapoteredei grandi gruppi editoriali e de-gli uffici commerciali a danno del-la letteratura «vera», ha innesta-to un'accanita discussione, am-pliatasi ulteriormente in un ser-rato confronto tra Wu Ming eCortellessa stesso sulla «lettera-rietà». Su un film visto da pochis-simi al 4 luglio c'erano già 111 pa-gine di interventi... E la denunciadell' industria culturale di massaè ripresa con buoni argomenti,estesi anche al cinema, da Silvia

Ballestra nel primo numero delnuovo Alfabeta.

Da questa parzialissima ras-segna si può ipotizzare una svol-ta? Si vede qualche crepa in un si-stema informativo citofono deipotentati di ogni genere (anchel'industria culturale lo è)? Noncredo. Ma sono possibili alcuneconsiderazioni.

1) E' vero che l'universo cul-turale è cambiato. Baricco indul-ge forse troppo ai suoi barbari,la democratizzazione rischia ditrasformarsi in proletarizzazio-ne, il consumo non è di per sé si-nonimo di qualità (e su questoArbasino ha scritto cose più gu-stose del vino californiano concui si aprono I barbari), ma il suo

controverso saggio, ripreso inun articolo su Repubblica (26.VI-II), quasi a dire: attenti, vi tra-stullate in polemiche di retro-guardia, mondo e senso sono al-trove, ha un'utile funzione dissa-cratoria. Non si può finger di vi-vere ai tempi di Cecchi e D'Ami-co, bisogna attrezzarsi critica-mente per capire la dislocata si-gnificatività delle nostre espe-rienze. La mia percezione deibrandeburghesi ascoltati sullI-pod nella sala d'attesa dellastazione Termini, tra africane incostume, pensionati italiani e ba-danti dell'Est è sicuramente di-versa da quella del margravioChristian Ludwig ma anche daquella di mio padre.

2) E' vero che l'editoria si èamericanizzata e appiattita sulmercantile. Ne L'esca di DonaldE. Westlake (Alacrán) lo scritto-re in disgrazia dice all'amico for-tunato: «In tutte le librerie dellegrandi catene commerciali c'è uncomputer e il computer dice, peresempio, “delle cinquemila copiedel suo ultimo romanzo che ab-biamo preso ne abbiamo vendutesolo tremilacento, quindi non or-dinate più di tremilacinquecentodel prossimo”». Il bestseller è or-mai un genere a sé, anziché unevento fortunato ma eccezionale.Il libro di Paolo Di Stefano, Potre-sti anche dirmi grazie (Rizzoli), neparla ampiamente. Ma vi si con-frontano anche concezioni diver-se dell'editoria, esemplificabiliemblematicamente nelle intervi-ste a Stefano Mauri (l'editore de-ve intercettare i gusti del pubbli-co e adeguarvisi) e a Calasso (l'editore deve tener fede alla suaproposta e crearsi un pubblico fe-dele che progressivamente si am-plierà). A questo punto il proble-ma, per i libri di minor tiratura, èla conquista di visibilità su banco-ni ricolmi di materiale di «intrat-tenimento aeroportuale», comediceva Bonura. Occorre sostene-re le piccole librerie indipenden-

ti, frequentarle, aspettare con pa-zienza che procurino il libro desi-derato. Creare isole di libertà unpo' dappertutto, utilizzare il webcome canale di informazione ediffusione, fare guerriglia media-tica (il caso Cortellessa dimostrache è possibile).

3) E' sempre saggio non esse-re moralisti o ideologici: tra lepieghe, sostiene con ragione Car-la Benedetti, anche i grandi grup-pi pubblicano cose ottime. Soloche le trascurano o non le sosten-

gono: si capisce che le pubblica-no con sofferenza. Ma anche nel-la produzione mercantile ci sonoautori di buon livello. Oreste DelBuono diceva che se la vita è unaprigione è doveroso evadere, ma-gari con un bel thriller. L'essen-ziale è non contrabbandare co-me alta la letteratura di genere:sono diverse le finalità ed è benedichiararle anziché confondereCamilleri con Gadda. I giornali

dovrebbero svincolarsi dal mo-dello televisivo e dotarsi nuova-mente di un'informazione cultu-rale e di una critica che distingua-no chiaramente tra prodotto far-locco e prodotto buono, tra in-trattenimento ed estetica, se que-sta parola ha ancora senso. Pervini e ristoranti nessuno si sognadi raccomandare il vino in carto-ne o i bar della pausa pranzo (chepure assolvono a un' utile funzio-ne), non si capisce perché farloper i libri. Non è che il pubbliconon vuole «annoiarsi», come so-stengono amministratori, diret-tori generali, assessori vari:quando ha un'alternativa di soli-to sa scegliere. E anche oggi nonmancano critici di valore, anchenella generazione di mezzo, an-che tra i giovani: magari non han-no l'autorevolezza di quelli di unavolta, ma non è colpa loro: l'epo-ca non lo consente. Non si preten-dono teorizzazioni o sistemi gene-rali, più adeguati a un ambito ac-cademico che alle pagine di unquotidiano: solo un orientamen-to utile al lettore e all'autore. Eper questo un collegamento trastoria e invenzione, testo e conte-sto, parola e lingua, critica ed ese-gesi. In sintesi, fare storia del pre-sente. Perché non provare?

ANDREACORTELLESSA

In copertina di San-gue mio, il nuovo romanzo diDavide Ferrario, c’è il voltodi una donna; giovane, e do-lorosamente bella. Praticada tempo comune, questa,nell’editoria dell’intratteni-mento di massa. Ma per unavolta quella faccia non è lìper adescarci; è infatti Ka-sia Smutniak nell’ultimofilm di Ferrario, Tutta colpadi Giuda. Opera raffinata eambiziosa - e dunque, poi-ché siamo in Italia, poco pre-miata al botteghino - sospe-sa com’era fra docu-fictionsull’universo carcerario(dal volto dell’attrice, a benguardare, siamo divisi dal

retinato d’una gabbia), me-ta-film e narrazione «diret-ta» (ma nella forma iper-straniata del musical).

Dei nostri registi Ferra-rio è fra i più «letterati» (se-condo in questo, forse, al soloEmidio Greco): ha alle spalleuna copiosa attività di criticoe organizzatore cinemato-grafico nonché un romanzo,Dissolvenza al nero, su un epi-sodio misterioso della biogra-fia-enigma di Orson Welles.E credo sia proprio dalla let-teratura che Ferrario traggala sua prima qualità, che èquella di sospendere ogni sto-ria fra la realtà più immedia-ta e la sua più evidente simu-lazione. I suoi film (formida-bile per esempio Guardami,del 2002) hanno una forteelaborazione concettuale estrutturale ma anche un pi-glio diretto, quasi brusco - so-prattutto, fortemente emoti-vo. La poetica di Ferrarioconsiste nel preparare con lamassima cura un ordito lacui forma ultima, però, si pic-ca di lasciare al caso. Il suo èun combinato disposto di vir-tuosismo e improvvisazione:un cinema jazz insomma o,direbbe lui, «al brucio».

Simile la struttura di que-sta sua opera narrativa se-conda. Che non lascia mai in

bocca, per capirci, il retrogu-sto di «sceneggiaturese» - com-pitini tutti chiacchiere e distin-tivo, dialoghi scoppiettanti ecolpi di scena a gogò - che infe-sta le prove narrative di cinea-sti, sul piano visivo, virtuosiquanto e magari più di lui. Coin-volge eccome, la storia di San-gue mio: imperniata su due per-sonaggi vividamente contrasta-ti ai quali viene lasciata la nar-razione (e delle cui voci si pote-va desiderare, magari, unamaggiore connotazione lingui-stico-espressiva).

La prima voce è quella diUlisse, rapinatore anaffettivo ein apparenza cinico ma in real-tà galantuomo (secondo l’eticaautre del mondo criminale),che esce dal carcere dopo di-ciotto lunghi anni; la secondaquella di Gretel, figlia ventenneche non ha mai visto e che locontatta, fra mille incertezze,perché s’è scoperta affetta dauna malattia incurabile e vuolessere accompagnata in unviaggio della speranza all’altrocapo d’Italia. Anche Ulisse è in-

certo, ma finisce per accettare.Durante l’odissea on the road,su una Panda a gas scassata,lentamente cede il muro diestraneità fra i due - il muroche Ulisse si porta dietro an-che fuori dal carcere. La verasalvezza consisterà nell’Itacadel loro rapporto ritrovato - in-ventato, anzi.

Una sinossi del genere po-trebbe far temere il più effera-to mélo; ma, dice Gretel, «è co-me la storia è raccontata cherende tutto diverso». Una sto-ria che, senza nulla perdere diquesta leggibilità «prima», piùvolentieri si segue in virtù della«grazia bislacca» con cui si di-panano le memorie di mala ecarcere, fuori da ogni stereoti-po, nelle quali Ulisse campeg-gia con sofferta inautenticità(«tipo un po’ da cinema» qualè): «ogni cosa che facevamo»,riflette, «era eccessiva e insie-me tremendamente regolare»(«regolari», proprio, i carceratichiamano le persone libere);mentre Gretel, col suo nome dafiaba, vive la sua penultimità in«una luce fuori dal mondo».

La sfida, si diceva, è quellaagli stereotipi che tutti asso-ciamo al mondo del carcere.Uno dei luoghi comuni più du-ri a morire, da esistenzialismodi terza mano, è che il mondosia appunto una prigione. Machi conosce il carcere sa benequanto sia diversa, la vita, lìdentro. L'ardua felicità che sirespira invece, alla fine di San-gue mio, coincide col raggiun-gimento miracoloso di un fuo-ri irriducibile.

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Che carampanaquella venexiana

Nei nomi delle strade, splendorie turpitudini della città lagunare

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

I nostri sognia occhi liquidi

Le «Microfiabe» di Recalcati,tra sensibilità e decoro stilistico

E ora diteci qual èil romanzo farlocco

LORENZOMONDO

Un tuffo nella luce, diGabriele Romagnoli, è un ro-manzo che risente fortementedelle sue esperienze di giorna-lista giramondo e del suo inte-resse per l’attualità che egli in-tende tuttavia piegare a signifi-cazioni di portata simbolica.Non si spiegherebbe altrimen-ti la figura singolarissima delsuo protagonista, come ci vie-ne rappresentato nella primadelle tre parti di cui si compo-ne il libro. Benny Deveraux èartigliato da un destino beffar-do la notte in cui a Wichita, nelTexas, perde i genitori in unoscontro automobilistico: nel ta-schino del padre viene trovatoil tagliando di una lotteria chegarantisce a Benny una vinci-ta smisurata. Decide di impie-gare la ricchezza nella sola co-sa che conti per lui dopo il trau-

ma subito, proteggersi dal do-lore. Come un annoiato miliar-dario che voglia giocare conl’ascesi o una leggendaria nobi-ldonna che voglia nasconderel’invecchiamento, si ritira inun attico di Manhattan, difronte alle Twin Towers. In-tende dissipare, con noncuran-za e munificenza, il suo denarofacendolo durare per dieci an-ni, il termine che ha assegnatoalla propria vita. Provvede aogni necessità con il telefono eil computer. Si è imposto dinon vedere nessuno, a eccezio-ne di Kim, una affettuosa pro-stituta coreana che gli elargi-sce visite a cadenza settimana-le. E ascolta soltanto un simpa-tico portiere di notte (testimo-ne partecipe dell’intera vicen-da) che lo ragguaglia sull’anda-mento del tempo, annuncian-do una inevitabile e non meteo-rologica tempesta.

Con un telescopio Bennyspia la vita, insensata ai suoiocchi, che si svolge nei diversipiani delle torri gemelle. Masui tracotanti emblemi del po-tere irrompe l’apocalisse, si av-ventano, in quell’11 Settembre,gli aerei dei terroristi islamici.Kim, che si trova lassù per cer-

care un lavoro diverso, fa appe-na in tempo a salutarlo con gliocchi, da grattacielo a grattacie-lo, e si getta nel vuoto. Il dolorenon conosce barriere.

Il racconto potrebbe finirea questo punto, seguendo unpercorso che si svolge senzasmagliature, registrato con unlinguaggio freddo e teso. MaBenny (e con lui Romagnoli) siconcede un ben altro azzardo.

Vuole scoprire le ragioni chehanno indotto uomini, in appa-renza normali, a compiere il lo-ro clamoroso gesto omicida,prova a calarsi nelle loro fru-strazioni, nel loro inesorabilespirito sacrificale. Subisce cosìuna oscura fascinazione che loporta prima a convertirsi al-l’Islam e, via via, ad accoglier-ne le interpretazioni più radi-cali, fino a far parte di una cel-lula terroristica. Sembra di ca-pire che si tratta di uno sboccodeterminato in lui, uomo del-l’Occidente, da imprecisati sen-si di colpa, da un sodalizio che,per quanto settario, lo strappaall’arida solitudine.

E’ il capitolo meno riuscito, epoco credibile, del romanzo, cheforse non a caso diventa digres-sivo (sui rituali sciiti, sui focolaidi guerra in Libano e a Gaza, sulvolto anche moderato del-l’Islam) mettendo a profitto lafamiliarità dell’autore con il Me-dio Oriente. La barra si drizzanella parte conclusiva del ro-manzo quando Benny, delusodagli opportunismi e dai «tradi-

menti» che ravvisa nel suo nuo-vo mondo, esce all’aperto e sco-pre una sorpresa vicinanza al«condominio» della gente ordi-naria: «Tutta la terra è un con-dominio che cambia inquilini, dipiù, un albergo: pochi giri su sestessa e tutti gli ospiti sono di-versi, le lenzuola lavate, la polve-re aspirata comincia a posarsidi nuovo, i cuscini pronti a cede-re ancora una volta sotto il pesodi una qualunque testa e i suoi ri-correnti sogni infinite volte giàsognati». La condivisa fragilitàe fatica di vivere trasformano incompassione l’antico disprezzo.Decide d’istinto da che partestare. Quando rinuncia a farsisaltare in aria per un perversodisegno e, alla stregua dei pom-pieri accorsi alle Twin Towers,sacrifica la sua vita per salvarele persone imprigionate in un«normale» incendio. Romagnoliassegna all’episodio la data diun altro 11 Settembre: un chia-ro, insistito rovesciamento disenso, rispetto all’eccidio che hacontemplato, quella volta, dallasua solipsistica «torre».

Letteratura e mercato Riassunto e bilanciodel dibattito estivo su cultura «alta» e «bassa»

Una carampana, lavecchia cascante, èparola che ha origi-

ne a Venezia, da una calle«Ca’ Rampani», il nomedei proprietari: una callefuorimano, lontana dallechiese, dove si radunavanole prostitute.

Ho ricordato questa sto-ria perché quest’estate miè capitata tra le mani la rie-dizione (l’8ª, Filippi Edito-re, 2009) delle fortunatissi-me Curiosità veneziane, ov-vero Origini delle denomina-zioni stradali di Venezia diGiuseppe Tassini, pubblica-

te la prima volta nel 1863:un’opera di un’esploratoredi carte d'archivio e di cro-nache, che offre l'opportu-nità di raccontare leggen-de e aneddoti, richiamareattraverso la toponomasti-ca urbana la vita reale, e an-che splendori e turpitudinidi una città singolare.

Ma nella città dei Dogiprevale una toponomasticadomestica e popolare, chestride con le tendenzeodierne, celebrative e uffi-ciali. Anche dopo l'annes-sione al Regno d'Italia, deinomi risorgimentali attec-chisce il solo Garibaldi, mail Campo Bandiera conti-nua a esser chiamato dellaBragola, e la via VittorioEmanuele più umilmentela Strada Nova. Anche ilcampo Ugo Foscolo rimanequello delle Gatte, il campoCesare Battisti quello dellaBella Vienna.

Dicevo del tono sponta-neo dei nomi: incontriamodenominazioni generiche(Ponte storto, Calle nova,Calle larga, Calle de mezzo,Calle scura, Calle sporca,Corte nova) e soprattuttoquelle che indicano botteghee professioni: Calle dell’Er-barol, Salizzada del Forma-gièr, Ramo dei Callegheri,dei calzolai, Calle del Scale-tèr, il ciambellaio, Sottopor-tico dei Bisati (vi si compra-vano le anguille), Calle delGiazzo, dove si vendeva ilghiaccio, Calle dei Botteri,cioè dei bottai, Campiellodei Squelini, i fabbricatori discodelle, Calle delle Balanze,dove si fabbricavano bilanceo stadere, Calle del Maran-gon, del falegname, Rio deiScoacamini, Fondamentadei Ormesini, i venditori didrappi di seta, Calle delleRasse, dove si vendeva la ra-scia, il panno col quale si co-privano le gondole, Calle del-la pegola, abitata dai pegolo-ti, che calafatavano le navi,Calle dei remurchianti, i bar-caioli che rimorchiavano lenavi, Calle delle pazienze, vi-cino all'ospizio delle terzia-rie francescane che lavora-vano le pazienze, piccole cla-midi che si portavano per de-vozione sotto le vesti, il Rioterrà dei pensieri, adatto for-se alle meditazioni e al pas-seggio dei solitari.

Alcune innovazioni dellatoponomastica (molte eranogiunte nel 1889) sostituisco-no nomi poco graditi comeCalle sporca, Calle delle sco-azze, e il Rio terrà degli As-sassini, posto pericoloso do-ve sin dal 1128 si era proibitol'uso delle «barbe postice al-la greca» che solitamenteerano portate di notte daimalfattori per non essere ri-conosciuti.

Non si può dire cheClaudio Recalcati siaun esordiente. Ha in-

fatti già al suo attivo diversi li-bri, e nel 2002 era stato il vin-citore di quel Premio Monta-le, voluto da Maria Luisa Spa-ziani, e che ora non c'è più.Ma il libro che è appena usci-to, Microfiabe (Mondadori,pp. 94, € 14), oltre ad essere ilsuo migliore e il più persuasi-vo, lo colloca in una posizionedi rilievo tra gli autori dellasua generazione, che è quelladei nati negli anni Sessanta.Recalcati è nato esattamentealla fine del 1960, e alla sogliadei cinquant'anni si segnalaper una vena realistica moltoenergica, che sfocia a volte innarrazioni di sapore ancheiper realistico, in virtù di unaviolenza espressiva non co-mune e di una capacità di per-lustrazione febbrile e visiona-ria di mondi - tra reale e im-maginario o onirico - che pre-sentano aspetti a volte di unaconcretezza sinistra.

Eppure Claudio Recalcatisa raccontare questo suomondo, tutt'altro che quieto,con sensibilità e decoro stili-stico, controllando quindi imateriali e non lasciandosi so-praffare dal loro carattere avolte esplosivo. La sua è unadizione aspra ma netta, daicontorni evidenti; i suoi per-corsi si mostrano efficaci e at-tenti, sempre attendibili nellescansioni metriche. Fortuna-tamente, anche per il lettore,il suo lavoro si appoggia sull'uso accorto e personale di im-portanti modelli letterari, edunque sulle basi di una tradi-zione letterariamente nobile.Basti pensare a un capitolocome «Il seme ferito», il cui ri-ferimento è precisato nelladedica a Dino Campana. Unesempio da queste Microfia-be: «E fiuterai la terra come i

cani … / Fiuterai la terra per-ché è del cane / virtù trovarsiuna dimora, o dell'uomo / chetrova requie nel suo muso an-sante, / un guaito. E' un sogno aocchi liquidi, / la casa è nella la-crima e non nel luogo. / Avraiper abitudine / un volto fieroche ti accompagnerà».

Per queste ragioni: forzaespressiva, controllo stilisti-co, legame attivo con una tra-dizione, anche recente, è con-sigliabile ai nostri lettori chechiedono ragguagli. Tra que-sti voglio segnalare ChiaraMerlo, che a sua volta riesce amuoversi su circostanze di fi-sica concretezza: «rizza la cer-vice / si spezzi in un sordo/scoppio radente ardente digrano /la terra pulsa ancora escuote /le vene di chi scampò

nel sonno /da macerie d'erbae luce /giovani per sempre sa-ranno /le tue gambe graffiatebagnate /succhia acre è il sa-pore /del cielo che muore». Ilconsiglio che posso darle èquello di cercare maggiore li-nearità e di ricorrere meno aeffetti speciali. La ricerca del-la semplicità premia sempre.

Un'indicazione che potreb-be tornare utile anche ad Ales-sandra Cavallari, che, a sua vol-ta, mostra intensità e utiliasprezze: «Sta la follia /comeun avvoltoio /come un filo di ra-gnatela / sospeso nel sole. //E'avere un cuore /è un suggeri-mento sconosciuto, /un attimo/ prima dell'equilibrio». Cerchidi appianare i toni, evitando in-crespature forzate, e mi faccialeggere altro, se vorrà.

«Un tuffo nella luce»:la vita fragile di Benny,un rovesciamentodi senso, versoun «utile» sacrificio

Romagnoli Perdere i genitori, ritrovarsi soloma miliardario, convertirsi all’Islam dopo l’11/9

pp Gabriele Romagnolip UN TUFFO NELLA LUCEp Mondadori, pp. 196, € 18,50p L’autore presenterà il suo ro-

manzo al Festival di Mantovamercoledì 8, h. 17

pp Davide Ferrario

p SANGUE MIO

p Feltrinelli, pp. 191, € 16

Romagnoli parlerà del suo romanzo a Mantova con Alessandro Zaccuri (8/9, Chiostro Museo diocesano, h. 17)

A Manhattanfolgorato da Allah

Davide Ferrario regista e scrittore: esordì con «Dissolvenza al nero»

Ferruccio Parazzoli

«Sangue mio»:un rapinatoregalantuomo escedal carceree riscopre gli affetti

Alessandro Baricco

I due personaggivividamente contrastatidi uno scrittore-registache non scade mainello «sceneggiaturese»

Giulio FerroniCarla Benedetti Franco Cordelli

Dal «caso Mancuso»ai blog-duelli su scrittoried editoria, è semprela stessa querelle traapocalittici e integrati

Nella città dei Dogiuna toponomasticapopolare, che stridecon le odiernetendenze celebrative

Una vena realisticamolto energica,una perlustrazionefebbrile e visionariadi mondi spesso sinistri

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 4 SETTEMBRE 2010LA STAMPA V

Rimpiangendola generazione di criticiche non flirtavacon ideologismi,pedagogismi, egemonie

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.40

Ferrario Padre e figliasi ritrovano on the road

Una scassataauto a gasper Ulisse

GIANANDREAPICCIOLI

E ce rifà co’ Angelica,dicono a Roma per indicare itormentoni ciclici. Quest'estatene ha visti tanti, dall' improvvi-sa scoperta della grandezza de-gli scrittori italiani under 40 fat-ta sul Sole 24 ore al «caso Man-cuso», il teologo che dopo 15 an-ni si accorge che il proprietariodella casa editrice in cui pubbli-ca i suoi bestseller è un po' biri-chino. Ma il tormentone piùclassico è forse quello su cultu-ra alta e cultura bassa, succes-so e qualità, intrattenimento eletterarietà. Da quando la cultu-ra si è democratizzatae poi (manon è la stessacosa) è diventatadi massa e l'editoria artigianaleè diventata industria e gli ufficicommerciali hanno prevarica-to sulle direzioni editoriali, laquerelle tra apocalittici e inte-grati non ha fine. Il saggio diEco è del 1964, prima c'eranostate la scuola di Francoforte,la Dialettica dell'Illuminismo,Benjamin e la perdita dell'aura,la riproducibilità tecnica dell'opera d'arte e via analizzando.

Preistoria. Tra postmoder-no e globalizzazione e contami-nazioni e web e trash imperan-

te oggi tutto sembra radicalmen-te mutato: la società si è sfrangia-ta, il consumo culturale unifor-mato a livello planetario e insie-me segmentato in nicchie minori-tarie, alibi per cultori dei grandinumeri. Il pedagogismo, illumini-stico o cattolico, è stato sostituitodalla pubblicità e dall'apologiadell'esistente (e non mi pare ungran cambio, anche se AndreaRomano sul Sole celebra nella«rappresentazione non più colpe-volizzante dei desideri degli italia-ni così come essi sono realmente(…) un potenziale di emancipazio-ne degli spiriti animali della na-zione»). Ma, se mutano i terminiesterni e quantitativi, la querelleresta viva, segno forse di una

marginalizzazione residuale del-la letteratura, come i famosi sol-dati giapponesi nella giungla.

Segnalo un po' alla rinfusa,partendo da due libri che non

hanno a che fare con le discussio-ni estive ma possono dare indica-zioni in proposito: Inventare ilmondo. Teoria e pratica del raccon-to (Garzanti), di Ferruccio Paraz-zoli, lasco nella struttura e nell'as-

semblaggio dei temi ma ricco dispunti acuti, nati dall'esperienzadi chi è narratore in proprio e haanni di lavoro editoriale alle spal-le; e il brillante Come funzionano iromanzi. Breve storia delle tecni-che narrative per lettori e scrittori(Mondadori) di James Wood, cri-tico del New Yorker, abile e cor-diale dipanatore di nodi teoricidella letterarietà, edonista di gu-sto («Leggiamo narrativa perchéla narrativa ci piace, ci toccaemotivamente, è bella ecc.: per-ché è viva e noi siamo vivi».). Mapoi anche saggi come Scritture aperdere. La letteratura degli annizero (Laterza), di Ferroni, che de-nunciando l' «evaporazione diuna cultura critica» ha suscitato

le obiezioni di Cordelli, provviso-riamente alleato col perfido Mo-riarty di Ferroni, e cioè Baricco,già bersagliato a pallettoni per isuoi Barbari in un saggio del2006, Sul banco dei cattivi (Don-zelli). Cordelli obietta che «il nuo-vo secolo non è simile ai due pre-cedenti e che vivere in esso comese non vi fosse stata soluzione dicontinuità è un'illusione» e che lecategorie critiche vanno ritaratesu parametri diversi da quelli diAdorno. Segue ampio dibattito,che interseca quello sugli autoriitaliani di oggi, con interventi diBerardinelli, Cortellessa, Golino,Onofri, Paccagnini, La Porta…Ma il rimpianto Giuseppe Bonu-ra (L'industria del complimento, a

c. di A. Zaccuri, Medusa), criticoumorale, fulmineo, talvolta ingiu-sto, ma sempre consapevole diuna tradizione, non ha bisogno diricorrere ai mitici francofortesiper prospettare una «narrativacome forma di conoscenza dellarealtà e strumento per l'allarga-mento della sensibilità morale».E ai bei tempi Pampaloni e Mila-no, senza mai flirtare con ideolo-gismi, pedagogismi, egemoniepiù o meno reali, son stati un rife-rimento sicuro per generazionidi lettori. Come Raboni e Baldac-ci e Siciliano… E ancor oggi Ma-gris o Mondo o La Capria o Segree altri pochi grandi vecchi.

La discussione si dilata sulweb, dove accanto a interventi

rancorosi o paranoici si trovanodibattiti più interessanti di moltiospitati sulla carta stampata. Aesempio sul blog Lipperatura ilfilm-documentario di AndreaCortellessa e Luca Archibugi,Senza scrittori, sullo strapoteredei grandi gruppi editoriali e de-gli uffici commerciali a danno del-la letteratura «vera», ha innesta-to un'accanita discussione, am-pliatasi ulteriormente in un ser-rato confronto tra Wu Ming eCortellessa stesso sulla «lettera-rietà». Su un film visto da pochis-simi al 4 luglio c'erano già 111 pa-gine di interventi... E la denunciadell' industria culturale di massaè ripresa con buoni argomenti,estesi anche al cinema, da Silvia

Ballestra nel primo numero delnuovo Alfabeta.

Da questa parzialissima ras-segna si può ipotizzare una svol-ta? Si vede qualche crepa in un si-stema informativo citofono deipotentati di ogni genere (anchel'industria culturale lo è)? Noncredo. Ma sono possibili alcuneconsiderazioni.

1) E' vero che l'universo cul-turale è cambiato. Baricco indul-ge forse troppo ai suoi barbari,la democratizzazione rischia ditrasformarsi in proletarizzazio-ne, il consumo non è di per sé si-nonimo di qualità (e su questoArbasino ha scritto cose più gu-stose del vino californiano concui si aprono I barbari), ma il suo

controverso saggio, ripreso inun articolo su Repubblica (26.VI-II), quasi a dire: attenti, vi tra-stullate in polemiche di retro-guardia, mondo e senso sono al-trove, ha un'utile funzione dissa-cratoria. Non si può finger di vi-vere ai tempi di Cecchi e D'Ami-co, bisogna attrezzarsi critica-mente per capire la dislocata si-gnificatività delle nostre espe-rienze. La mia percezione deibrandeburghesi ascoltati sullI-pod nella sala d'attesa dellastazione Termini, tra africane incostume, pensionati italiani e ba-danti dell'Est è sicuramente di-versa da quella del margravioChristian Ludwig ma anche daquella di mio padre.

2) E' vero che l'editoria si èamericanizzata e appiattita sulmercantile. Ne L'esca di DonaldE. Westlake (Alacrán) lo scritto-re in disgrazia dice all'amico for-tunato: «In tutte le librerie dellegrandi catene commerciali c'è uncomputer e il computer dice, peresempio, “delle cinquemila copiedel suo ultimo romanzo che ab-biamo preso ne abbiamo vendutesolo tremilacento, quindi non or-dinate più di tremilacinquecentodel prossimo”». Il bestseller è or-mai un genere a sé, anziché unevento fortunato ma eccezionale.Il libro di Paolo Di Stefano, Potre-sti anche dirmi grazie (Rizzoli), neparla ampiamente. Ma vi si con-frontano anche concezioni diver-se dell'editoria, esemplificabiliemblematicamente nelle intervi-ste a Stefano Mauri (l'editore de-ve intercettare i gusti del pubbli-co e adeguarvisi) e a Calasso (l'editore deve tener fede alla suaproposta e crearsi un pubblico fe-dele che progressivamente si am-plierà). A questo punto il proble-ma, per i libri di minor tiratura, èla conquista di visibilità su banco-ni ricolmi di materiale di «intrat-tenimento aeroportuale», comediceva Bonura. Occorre sostene-re le piccole librerie indipenden-

ti, frequentarle, aspettare con pa-zienza che procurino il libro desi-derato. Creare isole di libertà unpo' dappertutto, utilizzare il webcome canale di informazione ediffusione, fare guerriglia media-tica (il caso Cortellessa dimostrache è possibile).

3) E' sempre saggio non esse-re moralisti o ideologici: tra lepieghe, sostiene con ragione Car-la Benedetti, anche i grandi grup-pi pubblicano cose ottime. Soloche le trascurano o non le sosten-

gono: si capisce che le pubblica-no con sofferenza. Ma anche nel-la produzione mercantile ci sonoautori di buon livello. Oreste DelBuono diceva che se la vita è unaprigione è doveroso evadere, ma-gari con un bel thriller. L'essen-ziale è non contrabbandare co-me alta la letteratura di genere:sono diverse le finalità ed è benedichiararle anziché confondereCamilleri con Gadda. I giornali

dovrebbero svincolarsi dal mo-dello televisivo e dotarsi nuova-mente di un'informazione cultu-rale e di una critica che distingua-no chiaramente tra prodotto far-locco e prodotto buono, tra in-trattenimento ed estetica, se que-sta parola ha ancora senso. Pervini e ristoranti nessuno si sognadi raccomandare il vino in carto-ne o i bar della pausa pranzo (chepure assolvono a un' utile funzio-ne), non si capisce perché farloper i libri. Non è che il pubbliconon vuole «annoiarsi», come so-stengono amministratori, diret-tori generali, assessori vari:quando ha un'alternativa di soli-to sa scegliere. E anche oggi nonmancano critici di valore, anchenella generazione di mezzo, an-che tra i giovani: magari non han-no l'autorevolezza di quelli di unavolta, ma non è colpa loro: l'epo-ca non lo consente. Non si preten-dono teorizzazioni o sistemi gene-rali, più adeguati a un ambito ac-cademico che alle pagine di unquotidiano: solo un orientamen-to utile al lettore e all'autore. Eper questo un collegamento trastoria e invenzione, testo e conte-sto, parola e lingua, critica ed ese-gesi. In sintesi, fare storia del pre-sente. Perché non provare?

ANDREACORTELLESSA

In copertina di San-gue mio, il nuovo romanzo diDavide Ferrario, c’è il voltodi una donna; giovane, e do-lorosamente bella. Praticada tempo comune, questa,nell’editoria dell’intratteni-mento di massa. Ma per unavolta quella faccia non è lìper adescarci; è infatti Ka-sia Smutniak nell’ultimofilm di Ferrario, Tutta colpadi Giuda. Opera raffinata eambiziosa - e dunque, poi-ché siamo in Italia, poco pre-miata al botteghino - sospe-sa com’era fra docu-fictionsull’universo carcerario(dal volto dell’attrice, a benguardare, siamo divisi dal

retinato d’una gabbia), me-ta-film e narrazione «diret-ta» (ma nella forma iper-straniata del musical).

Dei nostri registi Ferra-rio è fra i più «letterati» (se-condo in questo, forse, al soloEmidio Greco): ha alle spalleuna copiosa attività di criticoe organizzatore cinemato-grafico nonché un romanzo,Dissolvenza al nero, su un epi-sodio misterioso della biogra-fia-enigma di Orson Welles.E credo sia proprio dalla let-teratura che Ferrario traggala sua prima qualità, che èquella di sospendere ogni sto-ria fra la realtà più immedia-ta e la sua più evidente simu-lazione. I suoi film (formida-bile per esempio Guardami,del 2002) hanno una forteelaborazione concettuale estrutturale ma anche un pi-glio diretto, quasi brusco - so-prattutto, fortemente emoti-vo. La poetica di Ferrarioconsiste nel preparare con lamassima cura un ordito lacui forma ultima, però, si pic-ca di lasciare al caso. Il suo èun combinato disposto di vir-tuosismo e improvvisazione:un cinema jazz insomma o,direbbe lui, «al brucio».

Simile la struttura di que-sta sua opera narrativa se-conda. Che non lascia mai in

bocca, per capirci, il retrogu-sto di «sceneggiaturese» - com-pitini tutti chiacchiere e distin-tivo, dialoghi scoppiettanti ecolpi di scena a gogò - che infe-sta le prove narrative di cinea-sti, sul piano visivo, virtuosiquanto e magari più di lui. Coin-volge eccome, la storia di San-gue mio: imperniata su due per-sonaggi vividamente contrasta-ti ai quali viene lasciata la nar-razione (e delle cui voci si pote-va desiderare, magari, unamaggiore connotazione lingui-stico-espressiva).

La prima voce è quella diUlisse, rapinatore anaffettivo ein apparenza cinico ma in real-tà galantuomo (secondo l’eticaautre del mondo criminale),che esce dal carcere dopo di-ciotto lunghi anni; la secondaquella di Gretel, figlia ventenneche non ha mai visto e che locontatta, fra mille incertezze,perché s’è scoperta affetta dauna malattia incurabile e vuolessere accompagnata in unviaggio della speranza all’altrocapo d’Italia. Anche Ulisse è in-

certo, ma finisce per accettare.Durante l’odissea on the road,su una Panda a gas scassata,lentamente cede il muro diestraneità fra i due - il muroche Ulisse si porta dietro an-che fuori dal carcere. La verasalvezza consisterà nell’Itacadel loro rapporto ritrovato - in-ventato, anzi.

Una sinossi del genere po-trebbe far temere il più effera-to mélo; ma, dice Gretel, «è co-me la storia è raccontata cherende tutto diverso». Una sto-ria che, senza nulla perdere diquesta leggibilità «prima», piùvolentieri si segue in virtù della«grazia bislacca» con cui si di-panano le memorie di mala ecarcere, fuori da ogni stereoti-po, nelle quali Ulisse campeg-gia con sofferta inautenticità(«tipo un po’ da cinema» qualè): «ogni cosa che facevamo»,riflette, «era eccessiva e insie-me tremendamente regolare»(«regolari», proprio, i carceratichiamano le persone libere);mentre Gretel, col suo nome dafiaba, vive la sua penultimità in«una luce fuori dal mondo».

La sfida, si diceva, è quellaagli stereotipi che tutti asso-ciamo al mondo del carcere.Uno dei luoghi comuni più du-ri a morire, da esistenzialismodi terza mano, è che il mondosia appunto una prigione. Machi conosce il carcere sa benequanto sia diversa, la vita, lìdentro. L'ardua felicità che sirespira invece, alla fine di San-gue mio, coincide col raggiun-gimento miracoloso di un fuo-ri irriducibile.

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Che carampanaquella venexiana

Nei nomi delle strade, splendorie turpitudini della città lagunare

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

I nostri sognia occhi liquidi

Le «Microfiabe» di Recalcati,tra sensibilità e decoro stilistico

E ora diteci qual èil romanzo farlocco

LORENZOMONDO

Un tuffo nella luce, diGabriele Romagnoli, è un ro-manzo che risente fortementedelle sue esperienze di giorna-lista giramondo e del suo inte-resse per l’attualità che egli in-tende tuttavia piegare a signifi-cazioni di portata simbolica.Non si spiegherebbe altrimen-ti la figura singolarissima delsuo protagonista, come ci vie-ne rappresentato nella primadelle tre parti di cui si compo-ne il libro. Benny Deveraux èartigliato da un destino beffar-do la notte in cui a Wichita, nelTexas, perde i genitori in unoscontro automobilistico: nel ta-schino del padre viene trovatoil tagliando di una lotteria chegarantisce a Benny una vinci-ta smisurata. Decide di impie-gare la ricchezza nella sola co-sa che conti per lui dopo il trau-

ma subito, proteggersi dal do-lore. Come un annoiato miliar-dario che voglia giocare conl’ascesi o una leggendaria nobi-ldonna che voglia nasconderel’invecchiamento, si ritira inun attico di Manhattan, difronte alle Twin Towers. In-tende dissipare, con noncuran-za e munificenza, il suo denarofacendolo durare per dieci an-ni, il termine che ha assegnatoalla propria vita. Provvede aogni necessità con il telefono eil computer. Si è imposto dinon vedere nessuno, a eccezio-ne di Kim, una affettuosa pro-stituta coreana che gli elargi-sce visite a cadenza settimana-le. E ascolta soltanto un simpa-tico portiere di notte (testimo-ne partecipe dell’intera vicen-da) che lo ragguaglia sull’anda-mento del tempo, annuncian-do una inevitabile e non meteo-rologica tempesta.

Con un telescopio Bennyspia la vita, insensata ai suoiocchi, che si svolge nei diversipiani delle torri gemelle. Masui tracotanti emblemi del po-tere irrompe l’apocalisse, si av-ventano, in quell’11 Settembre,gli aerei dei terroristi islamici.Kim, che si trova lassù per cer-

care un lavoro diverso, fa appe-na in tempo a salutarlo con gliocchi, da grattacielo a grattacie-lo, e si getta nel vuoto. Il dolorenon conosce barriere.

Il racconto potrebbe finirea questo punto, seguendo unpercorso che si svolge senzasmagliature, registrato con unlinguaggio freddo e teso. MaBenny (e con lui Romagnoli) siconcede un ben altro azzardo.

Vuole scoprire le ragioni chehanno indotto uomini, in appa-renza normali, a compiere il lo-ro clamoroso gesto omicida,prova a calarsi nelle loro fru-strazioni, nel loro inesorabilespirito sacrificale. Subisce cosìuna oscura fascinazione che loporta prima a convertirsi al-l’Islam e, via via, ad accoglier-ne le interpretazioni più radi-cali, fino a far parte di una cel-lula terroristica. Sembra di ca-pire che si tratta di uno sboccodeterminato in lui, uomo del-l’Occidente, da imprecisati sen-si di colpa, da un sodalizio che,per quanto settario, lo strappaall’arida solitudine.

E’ il capitolo meno riuscito, epoco credibile, del romanzo, cheforse non a caso diventa digres-sivo (sui rituali sciiti, sui focolaidi guerra in Libano e a Gaza, sulvolto anche moderato del-l’Islam) mettendo a profitto lafamiliarità dell’autore con il Me-dio Oriente. La barra si drizzanella parte conclusiva del ro-manzo quando Benny, delusodagli opportunismi e dai «tradi-

menti» che ravvisa nel suo nuo-vo mondo, esce all’aperto e sco-pre una sorpresa vicinanza al«condominio» della gente ordi-naria: «Tutta la terra è un con-dominio che cambia inquilini, dipiù, un albergo: pochi giri su sestessa e tutti gli ospiti sono di-versi, le lenzuola lavate, la polve-re aspirata comincia a posarsidi nuovo, i cuscini pronti a cede-re ancora una volta sotto il pesodi una qualunque testa e i suoi ri-correnti sogni infinite volte giàsognati». La condivisa fragilitàe fatica di vivere trasformano incompassione l’antico disprezzo.Decide d’istinto da che partestare. Quando rinuncia a farsisaltare in aria per un perversodisegno e, alla stregua dei pom-pieri accorsi alle Twin Towers,sacrifica la sua vita per salvarele persone imprigionate in un«normale» incendio. Romagnoliassegna all’episodio la data diun altro 11 Settembre: un chia-ro, insistito rovesciamento disenso, rispetto all’eccidio che hacontemplato, quella volta, dallasua solipsistica «torre».

Letteratura e mercato Riassunto e bilanciodel dibattito estivo su cultura «alta» e «bassa»

Una carampana, lavecchia cascante, èparola che ha origi-

ne a Venezia, da una calle«Ca’ Rampani», il nomedei proprietari: una callefuorimano, lontana dallechiese, dove si radunavanole prostitute.

Ho ricordato questa sto-ria perché quest’estate miè capitata tra le mani la rie-dizione (l’8ª, Filippi Edito-re, 2009) delle fortunatissi-me Curiosità veneziane, ov-vero Origini delle denomina-zioni stradali di Venezia diGiuseppe Tassini, pubblica-

te la prima volta nel 1863:un’opera di un’esploratoredi carte d'archivio e di cro-nache, che offre l'opportu-nità di raccontare leggen-de e aneddoti, richiamareattraverso la toponomasti-ca urbana la vita reale, e an-che splendori e turpitudinidi una città singolare.

Ma nella città dei Dogiprevale una toponomasticadomestica e popolare, chestride con le tendenzeodierne, celebrative e uffi-ciali. Anche dopo l'annes-sione al Regno d'Italia, deinomi risorgimentali attec-chisce il solo Garibaldi, mail Campo Bandiera conti-nua a esser chiamato dellaBragola, e la via VittorioEmanuele più umilmentela Strada Nova. Anche ilcampo Ugo Foscolo rimanequello delle Gatte, il campoCesare Battisti quello dellaBella Vienna.

Dicevo del tono sponta-neo dei nomi: incontriamodenominazioni generiche(Ponte storto, Calle nova,Calle larga, Calle de mezzo,Calle scura, Calle sporca,Corte nova) e soprattuttoquelle che indicano botteghee professioni: Calle dell’Er-barol, Salizzada del Forma-gièr, Ramo dei Callegheri,dei calzolai, Calle del Scale-tèr, il ciambellaio, Sottopor-tico dei Bisati (vi si compra-vano le anguille), Calle delGiazzo, dove si vendeva ilghiaccio, Calle dei Botteri,cioè dei bottai, Campiellodei Squelini, i fabbricatori discodelle, Calle delle Balanze,dove si fabbricavano bilanceo stadere, Calle del Maran-gon, del falegname, Rio deiScoacamini, Fondamentadei Ormesini, i venditori didrappi di seta, Calle delleRasse, dove si vendeva la ra-scia, il panno col quale si co-privano le gondole, Calle del-la pegola, abitata dai pegolo-ti, che calafatavano le navi,Calle dei remurchianti, i bar-caioli che rimorchiavano lenavi, Calle delle pazienze, vi-cino all'ospizio delle terzia-rie francescane che lavora-vano le pazienze, piccole cla-midi che si portavano per de-vozione sotto le vesti, il Rioterrà dei pensieri, adatto for-se alle meditazioni e al pas-seggio dei solitari.

Alcune innovazioni dellatoponomastica (molte eranogiunte nel 1889) sostituisco-no nomi poco graditi comeCalle sporca, Calle delle sco-azze, e il Rio terrà degli As-sassini, posto pericoloso do-ve sin dal 1128 si era proibitol'uso delle «barbe postice al-la greca» che solitamenteerano portate di notte daimalfattori per non essere ri-conosciuti.

Non si può dire cheClaudio Recalcati siaun esordiente. Ha in-

fatti già al suo attivo diversi li-bri, e nel 2002 era stato il vin-citore di quel Premio Monta-le, voluto da Maria Luisa Spa-ziani, e che ora non c'è più.Ma il libro che è appena usci-to, Microfiabe (Mondadori,pp. 94, € 14), oltre ad essere ilsuo migliore e il più persuasi-vo, lo colloca in una posizionedi rilievo tra gli autori dellasua generazione, che è quelladei nati negli anni Sessanta.Recalcati è nato esattamentealla fine del 1960, e alla sogliadei cinquant'anni si segnalaper una vena realistica moltoenergica, che sfocia a volte innarrazioni di sapore ancheiper realistico, in virtù di unaviolenza espressiva non co-mune e di una capacità di per-lustrazione febbrile e visiona-ria di mondi - tra reale e im-maginario o onirico - che pre-sentano aspetti a volte di unaconcretezza sinistra.

Eppure Claudio Recalcatisa raccontare questo suomondo, tutt'altro che quieto,con sensibilità e decoro stili-stico, controllando quindi imateriali e non lasciandosi so-praffare dal loro carattere avolte esplosivo. La sua è unadizione aspra ma netta, daicontorni evidenti; i suoi per-corsi si mostrano efficaci e at-tenti, sempre attendibili nellescansioni metriche. Fortuna-tamente, anche per il lettore,il suo lavoro si appoggia sull'uso accorto e personale di im-portanti modelli letterari, edunque sulle basi di una tradi-zione letterariamente nobile.Basti pensare a un capitolocome «Il seme ferito», il cui ri-ferimento è precisato nelladedica a Dino Campana. Unesempio da queste Microfia-be: «E fiuterai la terra come i

cani … / Fiuterai la terra per-ché è del cane / virtù trovarsiuna dimora, o dell'uomo / chetrova requie nel suo muso an-sante, / un guaito. E' un sogno aocchi liquidi, / la casa è nella la-crima e non nel luogo. / Avraiper abitudine / un volto fieroche ti accompagnerà».

Per queste ragioni: forzaespressiva, controllo stilisti-co, legame attivo con una tra-dizione, anche recente, è con-sigliabile ai nostri lettori chechiedono ragguagli. Tra que-sti voglio segnalare ChiaraMerlo, che a sua volta riesce amuoversi su circostanze di fi-sica concretezza: «rizza la cer-vice / si spezzi in un sordo/scoppio radente ardente digrano /la terra pulsa ancora escuote /le vene di chi scampò

nel sonno /da macerie d'erbae luce /giovani per sempre sa-ranno /le tue gambe graffiatebagnate /succhia acre è il sa-pore /del cielo che muore». Ilconsiglio che posso darle èquello di cercare maggiore li-nearità e di ricorrere meno aeffetti speciali. La ricerca del-la semplicità premia sempre.

Un'indicazione che potreb-be tornare utile anche ad Ales-sandra Cavallari, che, a sua vol-ta, mostra intensità e utiliasprezze: «Sta la follia /comeun avvoltoio /come un filo di ra-gnatela / sospeso nel sole. //E'avere un cuore /è un suggeri-mento sconosciuto, /un attimo/ prima dell'equilibrio». Cerchidi appianare i toni, evitando in-crespature forzate, e mi faccialeggere altro, se vorrà.

«Un tuffo nella luce»:la vita fragile di Benny,un rovesciamentodi senso, versoun «utile» sacrificio

Romagnoli Perdere i genitori, ritrovarsi soloma miliardario, convertirsi all’Islam dopo l’11/9

pp Gabriele Romagnolip UN TUFFO NELLA LUCEp Mondadori, pp. 196, € 18,50p L’autore presenterà il suo ro-

manzo al Festival di Mantovamercoledì 8, h. 17

pp Davide Ferrario

p SANGUE MIO

p Feltrinelli, pp. 191, € 16

Romagnoli parlerà del suo romanzo a Mantova con Alessandro Zaccuri (8/9, Chiostro Museo diocesano, h. 17)

A Manhattanfolgorato da Allah

Davide Ferrario regista e scrittore: esordì con «Dissolvenza al nero»

Ferruccio Parazzoli

«Sangue mio»:un rapinatoregalantuomo escedal carceree riscopre gli affetti

Alessandro Baricco

I due personaggivividamente contrastatidi uno scrittore-registache non scade mainello «sceneggiaturese»

Giulio FerroniCarla Benedetti Franco Cordelli

Dal «caso Mancuso»ai blog-duelli su scrittoried editoria, è semprela stessa querelle traapocalittici e integrati

Nella città dei Dogiuna toponomasticapopolare, che stridecon le odiernetendenze celebrative

Una vena realisticamolto energica,una perlustrazionefebbrile e visionariadi mondi spesso sinistri

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 4 SETTEMBRE 2010LA STAMPA V

Rimpiangendola generazione di criticiche non flirtavacon ideologismi,pedagogismi, egemonie

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.40

AL FESTIVAL DELLA MENTEAbbiamochiestoallostoricoenarratoreAlessandroBarbero(sopra,asin.)diriassumereper i lettoridiTuttolibri i ritrattideipadridelRisorgimentochehapreparatoper il FestivaldellaMente incorsoaSarzana: ierihapresentatoCavour,oggi(h.19,30)sarà lavoltadiVittorioEmanuele,domani (h.19,30) toccheràaGaribaldi.Tra inumerosialtri appuntamentidelFestival ideatoedirettodaGiuliaCogoli(sopra,adestra) ricordiamooggi l’incontrotra loscrittoreVila-MataseAndreaBajani

(«daGutenbergaGoogle»), i raccontidiviaggiodiPaoloRumiz, «L’animael’iPpad«diMaurizioFerraris, ildialogoAltan-Staino, labellezzasecondoBanville,GoyavistodaDidi-Huberman, lelezionidiZoja,Boncinelli,Diamanti.Tragli ospitididomani:Robecchi,GiuseppeO.Longo,LellaRavasiBellocchio,PaoloLegrenzi,GianniCelati,JavierCercas,Recalcati,Magrelli,Natoli.Tuttigli incontri sonoapagamento(da3,50a7euro).Per info:www.festivaldellamente.it

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Con Moby Dicknell’oceano cuore

Il viaggio di Barbara Spinellilungo le rotte del capitano Melville

I padri dell’Unità Si disprezzavano e si odiavano, ma si sostennero a vicendae assunsero (o evitarono di bloccare) le iniziative cruciali che portarono al 1861

EDOARDO BONCINELLI

Verso l’immortalità= E se diventassimo (quasi, almeno) immortali, tali iprogressi che va compiendo la scienza? E’ la certezza o lasperanza o la non troppo buona novella che EdoardoBoncinelli, fisico e genetista, comunica nella Lettera a unbambino che vivrà cento anni (Rizzoli, pp. 204, € 18). Conun punto fermo: non è importante solo vivere, ma dare unsenso alla vita. Boncinelli è tra gli ospiti di Sarzana. «La mentee il corpo» è il tema della sua analisi in tre tempi. Il primo ieri,dedicato al periodo della formazione. Oggi e domani, alle23.15, spalti Fortezza Firmafede, esaminerà la stagione dellamaturità e quella (opzionale) dell’invecchiamento.

CLAUDIOFRANZONI

Imbattersi in una fo-to di Aldo Moro tra riprodu-zioni di miniature medioeva-li è spiazzante, ma non avvie-ne a caso: infatti la foto ri-trae l'uomo politico democri-stiano mentre compie un ge-sto che esisteva anche nelMedioevo, quello di chi argo-menta e discute. L'occasionedi questa sorta di corto cir-cuito visivo è offerta dal li-bro che Chiara Frugoni dedi-ca alla «voce delle immagi-ni» medievali. Non siamo da-vanti a un trattato sistemati-co ma, come dichiara l'autri-ce, a un «vagabondaggio inun ideale museo di iconogra-fia medievale» e allo sforzodi riconoscere il senso di ope-re nate in un contesto quan-to mai lontano dal nostro.Del resto accade davvero, inun museo o in una mostra re-ali, di trovarsi davanti a im-magini per nulla chiare o condettagli indecifrabili; e comese non bastasse a volte il visi-tatore trova il solo aiuto di«indigeste didascalie».

Da medievista abituata or-mai da molto tempo a interro-garsi sul valore storico delle

opere d'arte, Chiara Frugoniaccompagna così il lettore inun percorso che tocca temati-che diverse - e talora impegna-tive - senza mai adottare lin-guaggio e toni troppo speciali-stici, e questo nonostante lapresenza di consistenti riferi-menti bibliografici. Al contra-rio, la studiosa dimostra la ra-ra capacità di rendere sempli-ci le cose senza banalizzarle.

Come veniva reso lo spazionel Medioevo, prima dell'affer-mazione della prospettiva bru-nelleschiana? E come si indica-va la santità di un personag-gio? Come si raffiguravano gli«altri»? Il cappello a punta erail contrassegno degli Ebrei,mentre ai malvagi si forzava-no i tratti del volto, dipingen-doli a volte con la pelle nera.Ciò non toglie che vi fosserodei neri «buoni», come nel ca-so di uno dei tre Magi e di SanMaurizio, in origine San Mau-ro («moro»): due foto - bellissi-me come tutte le altre del volu-me - presentano la straordina-ria statua della cattedrale diMagdeburgo in cui il santo vie-ne minuziosamente descrittonella sua qualità di guerriero,con tratti espressamente «mo-ri» nel volto, resi ancor più net-ti dalle tracce di policromia.

Anche temi magari più con-sueti vengono rivisitati e ricon-siderati: la raffigurazione degliangeli e delle loro gerarchie, lescene della Passione, le imma-gini della Madre e del Figlio, in-numerevoli ma per nulla ripeti-tive. Brani delle Scritture, ri-flessioni teologiche, passi lette-

rari, iscrizioni, costanti simboli-che e schemi figurativi vengonoletti gli uni in rapporto agli altri,consentendo una comprensionepiù piena delle immagini medie-vali, come accade, ad esempio,per le scene della Assunzionedella Vergine. L'autrice dimo-stra che dettagli che l'osservato-

re moderno tende a leggere co-me secondari o puramente orna-mentali erano invece essenzialiagli occhi del fedele medievale: ilcardellino, il pettirosso, il coral-lo, le ciliegie che a volte compaio-no accanto al Bambino, ad esem-pio, rimandano al colore del san-gue e alludono alla sofferenzadella Passione.

La morte in croce di Cristoviene osservata anche da un'an-golazione speciale, quella dellagestualità medievale, ambito acui è dedicata la prima parte delvolume; ed è proprio vero che «l'iconografia è la custode dei ge-sti», come sosteneva pochi annifa Henry Mottu in un saggio - Ilgesto e la Parola - edito dalla Co-munità di Bose. Ecco dunqueanimarsi il corpo dell'uomo me-dievale e interpretare i movi-menti del dolore, della compas-sione, della sofferenza spiritua-le, dell'umiltà, ma anche i gestidel potere, del comando, dellasottomissione. I movimenti delcorpo tradotti in figure immobi-li e silenziose impongono perforza il ricorso a soluzioni icono-grafiche speciali; una delle piùfrequenti è quella della «manoparlante», cioè del palmo dellamano aperto verso lo spettatoreper spiegare che il personaggio

in questione sta parlando, con-versando, discutendo. Natural-mente uno degli aspetti più inte-ressanti di questo «vagabondag-gio» attraverso la gestualità me-dievale è dato dal confronto trale epoche e dalla scoperta di for-me che persistono, scompaionoo cambiano di segno: tra il Me-dioevo e l'Antichità da una par-te, ma anche tra il Medioevo eoggi. Incontriamo gesti per noiconsueti che rivelano però unastoria inattesa, come le manigiunte nell'atteggiamento dellapreghiera: si trattava della posi-zione assunta dal vassallo da-vanti al potente di cui diventava«homo» (da qui deriva il termi-ne «omaggio»). E, soprattutto,incontriamo forme che hannomantenuto per secoli una identi-ca valenza, come quella del con-giungere l'indice col pollice, il ge-sto dell'argomentazione e delladisputa; appunto il gesto di AldoMoro, ma a volte anche della po-litica odierna: basta riguardarele foto della famosa discussionepubblica tra Berlusconi e Finidello scorso aprile.

ALESSANDROBARBERO

Negli anni convulsiprima del 1861, tre uominihanno assunto le iniziativeepocali da cui è nata l'Italiaunita, oppure hanno evitatodi bloccarle quando avreb-bero potuto farlo. Sono loroche hanno preso tutte le de-cisioni cruciali, per lo piùsotto pressione, in fretta efuria, coll'angoscia di nonpoter prevedere con certez-za le conseguenze.

Questi tre uomini, Ca-vour, Garibaldi e VittorioEmanuele II, si disprezzava-no e si odiavano a vicenda,anche se i due politicamen-te più distanti, il re e il gene-rale, erano capaci d'una cer-ta ruvida sintonia.

Cavour, che era l'unicodei tre ad avere un caratte-re calcolatore e un'intelli-genza analitica, seguiva tut-te le mosse di Garibaldipronto, a seconda dei casi,ad applaudirlo come uneroe o a farlo arrestare; colre si sforzava d'esser pa-

ziente, ma ci sono testimo-nianze di occasioni in cui lochiamò traditore, prese acalci le seggiole della reggiae gli ricordò che ai re, quan-do fanno troppe stupidaggi-ni, poi tocca abdicare. Il giu-dizio di Camillo su Vittorioè riassunto in una delle suelettere: «Come rappresen-tante del principio monar-chico, come simbolo dell'Unità, sono pronto a sacrifi-care al re la vita, le sostan-ze, ogni cosa infine; comeuomo desidero da lui un so-lo favore, il rimanermene ilpiù lontano possibile».

Garibaldi era un repub-blicano convinto, ma findall'inizio si rassegnò a un'Italia monarchica come all'unica possibile, ed evitò di li-tigare col re. In compensoaveva orrore di Cavour, eall'indomani dell'Unità loaccusò in piena Camera diaver progettato «una guer-ra fratricida» ai danni deigaribaldini; la bagarre chene seguì può aver seriamen-te accorciato la vita del con-te, che un mese e mezzo do-po s'ammalò improvvisa-mente e morì.

Re Vittorio consideravai democratici come Garibal-di volgari canaglie, promi-se all'ambasciatore austria-co di «schiacciarli come mo-sche» e «impiccarli tuttiquanti», e ancora dopo l'in-contro di Teano era pronto,se necessario, a «stermina-re sino all'ultimo» il genera-le e i suoi seguaci: «La cana-glia è canaglia fino alla fi-ne». Subito dopo lo sbarcoa Marsala, confidò all'am-basciatore francese che se

i napoletani avessero inter-cettato Garibaldi in maremandandolo alla forca, sa-rebbe stato un peccato, madopo tutto la sua morteavrebbe molto facilitato lecose. «Che bel monumentogli avremmo fatto!».

Quanto a Cavour, il re lodetestava e lo temeva, pur su-bendo il suo ascendente;quando d'Azeglio ebbe per laprima volta l'idea di nominar-lo ministro, fu l'unico a vederchiaro nel futuro del gover-no: «Ma come, non veggonolor signori che quell'uomo lì limanderà tutti colle gambe all'aria?» (ma parlava in piemon-tese, e disse di peggio). Neimomenti di buonumore lochiamava «il maestro», e glifaceva scherzi feroci, comefargli mangiare il cavallo fin-gendo che fosse cervo; nei ca-si non rari in cui il conte s'eramomentaneamente dimessodal governo si comportava co-me uno scolaretto in vacan-za. Con i successori di Ca-vour Vittorio si sentiva più si-

curo, ma per sua fortuna nonsapeva che cosa pensavanoloro di lui; noi lo sappiamograzie alla testimonianza delministro degli Esteri inglese,lord Clarendon: «Tutti sonod'accordo nel giudicare il reun imbecille; è un disonestoche mente con tutti».

Questa, dunque, l'opinio-ne che i grandi del Risorgi-

mento avevano l'uno dell'al-tro. E proprio rievocare que-sto intrico di odi, rivalità, ge-losie, intolleranze e violenzemalamente represse signifi-ca rendere loro l'omaggiopiù sincero, e stabilire unavolta per tutte la loro gran-dezza davanti alla storia.Questi uomini si trovarono acomandare in una congiuntu-

ra tremendamente difficile,che avrebbe fatto perdere latesta a chiunque: lo stessoCavour, che solo in apparen-za era il più freddo dei tre eforse era in realtà il più vio-lento, dichiarò che faceva fa-tica a non perderla («Me latengo di quando in quandocolle mani perché non fug-ga»). Si trovarono a governa-re un processo che tutt'e tredesideravano compiere, macon idee molto diverse suimezzi e sul risultato finale;per loro gli anni del Risorgi-mento non si srotolarono, co-me per noi, in un'irresistibilesequenza di guerre, numera-te dalla Prima alla Terza, ditrattati, plebisciti e annessio-ni, ma furono un presente dicontinua incertezza, apertosu un futuro torbido che nes-suno poteva indovinare.

Tutt'e tre sapevano di gio-carsi tutto. Vittorio rischiavail trono, e non mancò di dirloin faccia a Cavour: «EgregioConte, voi avete 150 mila liredi rendita e qualunque cosaaccada per voi nulla cambia;ma sappiate che io non voglioritrovarmi dove è finito miopadre» (cioè, in esilio). Ca-vour in realtà non si giocavasolo la carriera, ma la pelle,perché senza dubbio era sin-cero nelle parecchie occasio-ni in cui, davanti al rischioche tutta la sua politica an-dasse in rovina, minacciò dispararsi un colpo in testa. Ga-ribaldi, poi, la pelle se la gio-cava ogni giorno: condannatoa morte a 27 anni dal governosabaudo, sarebbe stato impic-cato da quasi tutti i suoi nemi-ci, se l'avessero catturato vi-vo, e in vita sua fu ferito seivolte in battaglia.

Ebbene, questi tre uominiche non si capivano e si dete-stavano, che giocavano unapartita così maledettamentedifficile e con una posta in gio-co così alta anche a livello per-sonale, riuscirono nei momen-ti cruciali ad azzeccare le deci-sioni giuste, a sostenersi a vi-cenda quando altrimenti tuttosarebbe crollato, a ingoiareprincipi e risentimenti in no-me del bene comune, a intra-vedere a fatica nella nebbia lastrada giusta e imboccarla ma-gari controvoglia, anzi facen-dosi violenza, perché avevanointuito che l'altra strada, cuimagari l'istinto li avrebbe fattivolgere, portava all'abisso.

E' da questo, dal caratterecon cui reagiscono alle difficol-tà e dalla capacità di prenderele decisioni giuste sotto pres-sione, che si giudicano i politi-ci, non dall'abilità nella compe-tizione elettorale o negli intri-ghi di corridoio. Ciascuno deitre, a modo suo, è stato ungrande politico, e ci perdoni ilconte che sarebbe inorriditoall'idea che questo complimen-to potesse essere fatto agli al-tri due: anche l'ingenuo e im-politico Garibaldi, anche il recialtrone e sleale.

Dal Medioevoa oggi, unisci

indice e pollice

PAOLO RUMIZ

La cotogna di Istanbul= «Ballata per tre uomini e una donna». Paolo Rumiz,scrittore-viaggiatore, di bicicletta in treno, da Treuomini in bicicletta a L’Italia in seconda classe, raccontain versi La cotogna di Istanbul (Feltrinelli, pp. 184,€ 16): «”Ma voi che ne sapete dell’amore,” / dicevasospirando il nostro Max / quando il discorso cadeva sultema / della passione che il mondo consuma...».Un’attrazione fatale a Sarajevo ‘97, d’inverno: lui, Max,è un ingegnere austriaco, lei, Masa, è una vedovameravigliosa, misteriosa. Occorreranno tre anni perchél’amore si accenda. Rumiz sarà oggi a Sarzana, h. 11,30.

JAVIER CERCAS

Anatomia di un istante= Lo scrittore spagnolo Javier Cercas (Soldati diSalamina) domani a Sarzana a colloquio con Aldo Cazzullosu «Fra letteratura e realtà». Sono le due dimensioni che necaratterizzano il nuovo romanzo, Anatomia di un istante(Guanda, pp. 462, € 18,50, traduzione di Pino Cacucci). E’la ricostruzione narrativa del tentato colpo di Stato inSpagna, 23 febbraio 1981: il colonnello Tejero armi inpugno vìola il Parlamento. Tre figure così diverse, il primoministro Suárez, il tenente generale Mellado e il segretariodel partito comunista Santiago Carillo, gli si oppongono (elo disarmano) restando letteralmente al loro posto.

ENRIQUE VILA-MATAS

Dublinesque= Lo scrittore spagnolo Enrique Vila-Matas discute aSarzana, oggi, con Andrea Bajani sul passaggio «daGutenberga Google». Da Feltrinelli esce il suo nuovo libro,Dublinesque (pp. 246, € 18, traduzione di Elena Liverani),la storia di Samuel Riba, ultimo editore letterario, inpensione, a Barcellona. «Appartiene alla stirpe ormaisemprepiù rara degli editori colti, letterari. E assiste tutti igiorni commosso allo spettacolo di come il ramo nobile delsuo lavoro (...) vada estinguendosi».Di Vila-Matas,Feltrinelli ripropone Storia abbreviata della letteraturaportatile (pp. 108, € 7, trad. di Lucrezia Panunzio Cipriani).

Frugoni «La voce delle immagini»:mille anni di iconografia parlante

Non è solo la Bibbia cheva tenuta a mente - co-me saggiamente consi-

gliava Cesare Pavese - per sco-prire, in quel «curioso romanzod'avventure» che pare essereMoby Dick di Melville, «un ve-ro e proprio poema sacro cuinon sono mancati né la terra néil cielo a por mano», come lo defi-nisce Pavese stesso. Sono molti iregistri umani che consentonodi cogliere tra le onde del mareaperto e le angosce della cacciaalla balena bianca una riflessio-ne sull'ossessione del male e sul-la strenue battaglia dell'uomoper trovare senso e direzione al-la propria vita, anche e soprat-tutto a partire dalle sconfitte. Èquanto fa in modo mirabile Bar-bara Spinelli nel suo Moby Di-ck o l'ossessione del male(Morcelliana, pp. 128, € 10), cheriprende il ciclo di trasmissioniradiofoniche curato da Gabriel-la Caramore per «Uomini e pro-feti» di Radio Tre.

In realtà la sempre acutaopinionista della Stampa, inter-vistata dalla conduttrice, non silimita ad aprire squarci di com-prensione su questo classico del-la letteratura del Novecento,ma allarga l'orizzonte sull'inte-ra opera di Melville, sulla suacomprensione della malinconia,sul rapporto tra legge e giusti-zia, tra necessità e libertà, sull'accettazione della sconfitta, sulruolo della profezia nella lettu-ra della storia.

«La lettura - afferma la Spi-nelli - è un modo di riscriveredentro di sé quello che si legge».E proprio opera di riscritturaappaiono queste pagine che sca-vano nel profondo non tanto de-gli oceani quanto del vasto ma-re del cuore umano. «Io guardonel profondo e credo», esclamaStarbuck, il secondo del capita-no Achab, che nel romanzo rap-presenta «il legame con la real-tà, con i sentimenti umani, con

la simpatia, con il rimorso». Re-stare saldi anche nell'oscurità pro-fonda è insegnamento che signifi-cativamente ritroviamo in unodei più grandi spirituali del XX se-colo, il monaco Silvano del MonteAthos, che aveva l'inaudito corag-gio di scrivere, per se stesso innan-zitutto: «Tieni il tuo spirito agli in-feri e non disperare!».

Questa saldezza fiduciosa,questa speranza contro ogni spe-ranza ci porta anche a interrogar-ci sul nostro rapporto con la real-tà, perché, come osserva BarbaraSpinelli, «il bene che non si curadel reale (che è incurioso) finisceper produrre cecità e ostinazio-ne». Del resto «l'unica cosa da te-mere è che la tensione verso il vero

si spezzi, che la rassegnazione o ilrisentimento prevalgano». Tensio-ne che resta viva e feconda «soloin presenza della varietà e di unascelta libera».

Sì, la quotidiana, libera scel-ta dell'essere umano - che tendeverso il vero e che, in questa ricer-ca, accetta anche la sfida del rela-tivo come «modo per irrobustirele idee cui più intensamente tie-ne» - è l'unica capace di aprirenuovi orizzonti di speranza. Sen-za dimenticare che l'orizzonte èvisione sublime per chi lo contem-pla da riva nella quiete di un'al-ba o di un tramonto ma, è la den-sa lezione di Melville, «si stendeintorno disperatamente» per ilnaufrago che vede allontanarsiogni segno di salvezza.

Davvero, «narrare e scriveresono modi non tanto per liberarsidalla malinconia, quanto per ren-derla feconda e, se mai possibile,uscirne dall'alto».

Storie e personaggiVITuttolibri

SABATO 4 SETTEMBRE 2010LA STAMPA VII

SALVATORE SETTIS

Artisti e committenti= Il direttore della Scuola Normale Superiore di PisaSalvatore Settis, che ha inaugurato ieri a Sarzana ilFestival della Mente, è autore del saggio Artisti ecommittenti fra Quattro e Cinquecento (Einaudi, pp.234, € 21, postfazione di Antonio Pinelli ). Il laboratorioartistico dell’Italia rinascimentale, da Giorgione (a cuisono dedicati tre saggi) a Mantegna, da Leonardo aLeon Battista Alberti. Un volume nato dal desiderio «dimeglio intendere quali fossero, in quell’età, le pratichesocio-culturali che articolavano il rapporto dicommittenza, e se sia a noi possibile ripercorrerle».

SATIRA

AltanTerapia e Staino= «Uno nasce e poi muore. Il resto sono chiacchiere».L’amara saggezza annidata nella satira. Due tra i suoimaggiori protagonisti, Altan e Staino, a confronto oggia Sarzana. Nell’occasione sarà presentata una summa diAltan, AltanTerapia (Salani, pp. 160, € 11), «comesollievo alla vita quotidiana». Nella prefazione-filastrocca, Stefano Benni inneggia ad «Altan che siispira ai fratelli De Rege», ad Altan «fumettista casto»,ad Altan che «ha inventato un cane a pallini che faimpazzire la bimba» (la Pimpa, no), ad Altan che «vive inun castello da cui esce solo con la luna piena».

pp Chiara Frugonip LA VOCE DELLE IMMAGINIp Einaudi, pp. 328, € 35

Un gesto emblematicodell’argomentazionee della disputa,dai santi ai politici,come Moro e Fini

Il Re, Cavour, Garibaldicomari del Risorgimento

Illustrazione di Rockwell Kent per «Moby Dick» di Melville

D’Azeglio aveva capitoil Conte per primo:«Quell’uomo lìli manderà tutticolle gambe all’aria»

San Paolo, mosaico sec. XII

Aldo Moro

Gianfranco Fini

Un vagabondaggioattraverso i dettagliche esprimono la fede,il potere, il carattere,le idee e le passioni

Giulia Cogolidirige il Festival

della mente

AlessandroBarbero,

oggi a Sarzana

Una riflessionesull’ossessione del malee sulla battagliadell’uomo per trovaresenso alla propria vita

Ciascuno si è rivelatoun grande politico,anche l’ingenuoGenerale, ancheil sovrano cialtrone

Riprende con una nuova

sequenza a zig zag tra Otto e

Novecento la nostra serie

«Libri d’Italia» per i 150

anni dell’Unità. Dei tre

padri del Risorgimento, qui

descritti da Alessandro

Barbero, il più presente in

libreria è Cavour. Oltre alla

biografia di Andrea

Viarengo per Salerno

(presentata su Tuttolibri il

15 maggio scorso) e

all’intervista, edita da Le

Lettere, di Rosario Romeo

(la sua «Vita di Cavour» da

Laterza), si annunciano da

Donzelli i «Discorsi per

Roma capitale».

Da Donzelli è in uscita anche

un «Garibaldi fu ferito» di

Mario Isnenghi mentre

Laterza riproporrà «Il

Risorgimento italiano» di

Denis Mack Smith.

Tre ritratti per Sarzana

Part. da «Madonna dellaVittoria» del Mantegna

Javier Cercas ritrattoda Guido Scarabottolo

Camillo su Vittoriouomo: «Desidero dalui un solo favore,rimanerne il piùlontano possibile»

Illustrazionedi Franco Bruna

per Tuttolibri

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.40

AL FESTIVAL DELLA MENTEAbbiamochiestoallostoricoenarratoreAlessandroBarbero(sopra,asin.)diriassumereper i lettoridiTuttolibri i ritrattideipadridelRisorgimentochehapreparatoper il FestivaldellaMente incorsoaSarzana: ierihapresentatoCavour,oggi(h.19,30)sarà lavoltadiVittorioEmanuele,domani (h.19,30) toccheràaGaribaldi.Tra inumerosialtri appuntamentidelFestival ideatoedirettodaGiuliaCogoli(sopra,adestra) ricordiamooggi l’incontrotra loscrittoreVila-MataseAndreaBajani

(«daGutenbergaGoogle»), i raccontidiviaggiodiPaoloRumiz, «L’animael’iPpad«diMaurizioFerraris, ildialogoAltan-Staino, labellezzasecondoBanville,GoyavistodaDidi-Huberman, lelezionidiZoja,Boncinelli,Diamanti.Tragli ospitididomani:Robecchi,GiuseppeO.Longo,LellaRavasiBellocchio,PaoloLegrenzi,GianniCelati,JavierCercas,Recalcati,Magrelli,Natoli.Tuttigli incontri sonoapagamento(da3,50a7euro).Per info:www.festivaldellamente.it

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Con Moby Dicknell’oceano cuore

Il viaggio di Barbara Spinellilungo le rotte del capitano Melville

I padri dell’Unità Si disprezzavano e si odiavano, ma si sostennero a vicendae assunsero (o evitarono di bloccare) le iniziative cruciali che portarono al 1861

EDOARDO BONCINELLI

Verso l’immortalità= E se diventassimo (quasi, almeno) immortali, tali iprogressi che va compiendo la scienza? E’ la certezza o lasperanza o la non troppo buona novella che EdoardoBoncinelli, fisico e genetista, comunica nella Lettera a unbambino che vivrà cento anni (Rizzoli, pp. 204, € 18). Conun punto fermo: non è importante solo vivere, ma dare unsenso alla vita. Boncinelli è tra gli ospiti di Sarzana. «La mentee il corpo» è il tema della sua analisi in tre tempi. Il primo ieri,dedicato al periodo della formazione. Oggi e domani, alle23.15, spalti Fortezza Firmafede, esaminerà la stagione dellamaturità e quella (opzionale) dell’invecchiamento.

CLAUDIOFRANZONI

Imbattersi in una fo-to di Aldo Moro tra riprodu-zioni di miniature medioeva-li è spiazzante, ma non avvie-ne a caso: infatti la foto ri-trae l'uomo politico democri-stiano mentre compie un ge-sto che esisteva anche nelMedioevo, quello di chi argo-menta e discute. L'occasionedi questa sorta di corto cir-cuito visivo è offerta dal li-bro che Chiara Frugoni dedi-ca alla «voce delle immagi-ni» medievali. Non siamo da-vanti a un trattato sistemati-co ma, come dichiara l'autri-ce, a un «vagabondaggio inun ideale museo di iconogra-fia medievale» e allo sforzodi riconoscere il senso di ope-re nate in un contesto quan-to mai lontano dal nostro.Del resto accade davvero, inun museo o in una mostra re-ali, di trovarsi davanti a im-magini per nulla chiare o condettagli indecifrabili; e comese non bastasse a volte il visi-tatore trova il solo aiuto di«indigeste didascalie».

Da medievista abituata or-mai da molto tempo a interro-garsi sul valore storico delle

opere d'arte, Chiara Frugoniaccompagna così il lettore inun percorso che tocca temati-che diverse - e talora impegna-tive - senza mai adottare lin-guaggio e toni troppo speciali-stici, e questo nonostante lapresenza di consistenti riferi-menti bibliografici. Al contra-rio, la studiosa dimostra la ra-ra capacità di rendere sempli-ci le cose senza banalizzarle.

Come veniva reso lo spazionel Medioevo, prima dell'affer-mazione della prospettiva bru-nelleschiana? E come si indica-va la santità di un personag-gio? Come si raffiguravano gli«altri»? Il cappello a punta erail contrassegno degli Ebrei,mentre ai malvagi si forzava-no i tratti del volto, dipingen-doli a volte con la pelle nera.Ciò non toglie che vi fosserodei neri «buoni», come nel ca-so di uno dei tre Magi e di SanMaurizio, in origine San Mau-ro («moro»): due foto - bellissi-me come tutte le altre del volu-me - presentano la straordina-ria statua della cattedrale diMagdeburgo in cui il santo vie-ne minuziosamente descrittonella sua qualità di guerriero,con tratti espressamente «mo-ri» nel volto, resi ancor più net-ti dalle tracce di policromia.

Anche temi magari più con-sueti vengono rivisitati e ricon-siderati: la raffigurazione degliangeli e delle loro gerarchie, lescene della Passione, le imma-gini della Madre e del Figlio, in-numerevoli ma per nulla ripeti-tive. Brani delle Scritture, ri-flessioni teologiche, passi lette-

rari, iscrizioni, costanti simboli-che e schemi figurativi vengonoletti gli uni in rapporto agli altri,consentendo una comprensionepiù piena delle immagini medie-vali, come accade, ad esempio,per le scene della Assunzionedella Vergine. L'autrice dimo-stra che dettagli che l'osservato-

re moderno tende a leggere co-me secondari o puramente orna-mentali erano invece essenzialiagli occhi del fedele medievale: ilcardellino, il pettirosso, il coral-lo, le ciliegie che a volte compaio-no accanto al Bambino, ad esem-pio, rimandano al colore del san-gue e alludono alla sofferenzadella Passione.

La morte in croce di Cristoviene osservata anche da un'an-golazione speciale, quella dellagestualità medievale, ambito acui è dedicata la prima parte delvolume; ed è proprio vero che «l'iconografia è la custode dei ge-sti», come sosteneva pochi annifa Henry Mottu in un saggio - Ilgesto e la Parola - edito dalla Co-munità di Bose. Ecco dunqueanimarsi il corpo dell'uomo me-dievale e interpretare i movi-menti del dolore, della compas-sione, della sofferenza spiritua-le, dell'umiltà, ma anche i gestidel potere, del comando, dellasottomissione. I movimenti delcorpo tradotti in figure immobi-li e silenziose impongono perforza il ricorso a soluzioni icono-grafiche speciali; una delle piùfrequenti è quella della «manoparlante», cioè del palmo dellamano aperto verso lo spettatoreper spiegare che il personaggio

in questione sta parlando, con-versando, discutendo. Natural-mente uno degli aspetti più inte-ressanti di questo «vagabondag-gio» attraverso la gestualità me-dievale è dato dal confronto trale epoche e dalla scoperta di for-me che persistono, scompaionoo cambiano di segno: tra il Me-dioevo e l'Antichità da una par-te, ma anche tra il Medioevo eoggi. Incontriamo gesti per noiconsueti che rivelano però unastoria inattesa, come le manigiunte nell'atteggiamento dellapreghiera: si trattava della posi-zione assunta dal vassallo da-vanti al potente di cui diventava«homo» (da qui deriva il termi-ne «omaggio»). E, soprattutto,incontriamo forme che hannomantenuto per secoli una identi-ca valenza, come quella del con-giungere l'indice col pollice, il ge-sto dell'argomentazione e delladisputa; appunto il gesto di AldoMoro, ma a volte anche della po-litica odierna: basta riguardarele foto della famosa discussionepubblica tra Berlusconi e Finidello scorso aprile.

ALESSANDROBARBERO

Negli anni convulsiprima del 1861, tre uominihanno assunto le iniziativeepocali da cui è nata l'Italiaunita, oppure hanno evitatodi bloccarle quando avreb-bero potuto farlo. Sono loroche hanno preso tutte le de-cisioni cruciali, per lo piùsotto pressione, in fretta efuria, coll'angoscia di nonpoter prevedere con certez-za le conseguenze.

Questi tre uomini, Ca-vour, Garibaldi e VittorioEmanuele II, si disprezzava-no e si odiavano a vicenda,anche se i due politicamen-te più distanti, il re e il gene-rale, erano capaci d'una cer-ta ruvida sintonia.

Cavour, che era l'unicodei tre ad avere un caratte-re calcolatore e un'intelli-genza analitica, seguiva tut-te le mosse di Garibaldipronto, a seconda dei casi,ad applaudirlo come uneroe o a farlo arrestare; colre si sforzava d'esser pa-

ziente, ma ci sono testimo-nianze di occasioni in cui lochiamò traditore, prese acalci le seggiole della reggiae gli ricordò che ai re, quan-do fanno troppe stupidaggi-ni, poi tocca abdicare. Il giu-dizio di Camillo su Vittorioè riassunto in una delle suelettere: «Come rappresen-tante del principio monar-chico, come simbolo dell'Unità, sono pronto a sacrifi-care al re la vita, le sostan-ze, ogni cosa infine; comeuomo desidero da lui un so-lo favore, il rimanermene ilpiù lontano possibile».

Garibaldi era un repub-blicano convinto, ma findall'inizio si rassegnò a un'Italia monarchica come all'unica possibile, ed evitò di li-tigare col re. In compensoaveva orrore di Cavour, eall'indomani dell'Unità loaccusò in piena Camera diaver progettato «una guer-ra fratricida» ai danni deigaribaldini; la bagarre chene seguì può aver seriamen-te accorciato la vita del con-te, che un mese e mezzo do-po s'ammalò improvvisa-mente e morì.

Re Vittorio consideravai democratici come Garibal-di volgari canaglie, promi-se all'ambasciatore austria-co di «schiacciarli come mo-sche» e «impiccarli tuttiquanti», e ancora dopo l'in-contro di Teano era pronto,se necessario, a «stermina-re sino all'ultimo» il genera-le e i suoi seguaci: «La cana-glia è canaglia fino alla fi-ne». Subito dopo lo sbarcoa Marsala, confidò all'am-basciatore francese che se

i napoletani avessero inter-cettato Garibaldi in maremandandolo alla forca, sa-rebbe stato un peccato, madopo tutto la sua morteavrebbe molto facilitato lecose. «Che bel monumentogli avremmo fatto!».

Quanto a Cavour, il re lodetestava e lo temeva, pur su-bendo il suo ascendente;quando d'Azeglio ebbe per laprima volta l'idea di nominar-lo ministro, fu l'unico a vederchiaro nel futuro del gover-no: «Ma come, non veggonolor signori che quell'uomo lì limanderà tutti colle gambe all'aria?» (ma parlava in piemon-tese, e disse di peggio). Neimomenti di buonumore lochiamava «il maestro», e glifaceva scherzi feroci, comefargli mangiare il cavallo fin-gendo che fosse cervo; nei ca-si non rari in cui il conte s'eramomentaneamente dimessodal governo si comportava co-me uno scolaretto in vacan-za. Con i successori di Ca-vour Vittorio si sentiva più si-

curo, ma per sua fortuna nonsapeva che cosa pensavanoloro di lui; noi lo sappiamograzie alla testimonianza delministro degli Esteri inglese,lord Clarendon: «Tutti sonod'accordo nel giudicare il reun imbecille; è un disonestoche mente con tutti».

Questa, dunque, l'opinio-ne che i grandi del Risorgi-

mento avevano l'uno dell'al-tro. E proprio rievocare que-sto intrico di odi, rivalità, ge-losie, intolleranze e violenzemalamente represse signifi-ca rendere loro l'omaggiopiù sincero, e stabilire unavolta per tutte la loro gran-dezza davanti alla storia.Questi uomini si trovarono acomandare in una congiuntu-

ra tremendamente difficile,che avrebbe fatto perdere latesta a chiunque: lo stessoCavour, che solo in apparen-za era il più freddo dei tre eforse era in realtà il più vio-lento, dichiarò che faceva fa-tica a non perderla («Me latengo di quando in quandocolle mani perché non fug-ga»). Si trovarono a governa-re un processo che tutt'e tredesideravano compiere, macon idee molto diverse suimezzi e sul risultato finale;per loro gli anni del Risorgi-mento non si srotolarono, co-me per noi, in un'irresistibilesequenza di guerre, numera-te dalla Prima alla Terza, ditrattati, plebisciti e annessio-ni, ma furono un presente dicontinua incertezza, apertosu un futuro torbido che nes-suno poteva indovinare.

Tutt'e tre sapevano di gio-carsi tutto. Vittorio rischiavail trono, e non mancò di dirloin faccia a Cavour: «EgregioConte, voi avete 150 mila liredi rendita e qualunque cosaaccada per voi nulla cambia;ma sappiate che io non voglioritrovarmi dove è finito miopadre» (cioè, in esilio). Ca-vour in realtà non si giocavasolo la carriera, ma la pelle,perché senza dubbio era sin-cero nelle parecchie occasio-ni in cui, davanti al rischioche tutta la sua politica an-dasse in rovina, minacciò dispararsi un colpo in testa. Ga-ribaldi, poi, la pelle se la gio-cava ogni giorno: condannatoa morte a 27 anni dal governosabaudo, sarebbe stato impic-cato da quasi tutti i suoi nemi-ci, se l'avessero catturato vi-vo, e in vita sua fu ferito seivolte in battaglia.

Ebbene, questi tre uominiche non si capivano e si dete-stavano, che giocavano unapartita così maledettamentedifficile e con una posta in gio-co così alta anche a livello per-sonale, riuscirono nei momen-ti cruciali ad azzeccare le deci-sioni giuste, a sostenersi a vi-cenda quando altrimenti tuttosarebbe crollato, a ingoiareprincipi e risentimenti in no-me del bene comune, a intra-vedere a fatica nella nebbia lastrada giusta e imboccarla ma-gari controvoglia, anzi facen-dosi violenza, perché avevanointuito che l'altra strada, cuimagari l'istinto li avrebbe fattivolgere, portava all'abisso.

E' da questo, dal caratterecon cui reagiscono alle difficol-tà e dalla capacità di prenderele decisioni giuste sotto pres-sione, che si giudicano i politi-ci, non dall'abilità nella compe-tizione elettorale o negli intri-ghi di corridoio. Ciascuno deitre, a modo suo, è stato ungrande politico, e ci perdoni ilconte che sarebbe inorriditoall'idea che questo complimen-to potesse essere fatto agli al-tri due: anche l'ingenuo e im-politico Garibaldi, anche il recialtrone e sleale.

Dal Medioevoa oggi, unisci

indice e pollice

PAOLO RUMIZ

La cotogna di Istanbul= «Ballata per tre uomini e una donna». Paolo Rumiz,scrittore-viaggiatore, di bicicletta in treno, da Treuomini in bicicletta a L’Italia in seconda classe, raccontain versi La cotogna di Istanbul (Feltrinelli, pp. 184,€ 16): «”Ma voi che ne sapete dell’amore,” / dicevasospirando il nostro Max / quando il discorso cadeva sultema / della passione che il mondo consuma...».Un’attrazione fatale a Sarajevo ‘97, d’inverno: lui, Max,è un ingegnere austriaco, lei, Masa, è una vedovameravigliosa, misteriosa. Occorreranno tre anni perchél’amore si accenda. Rumiz sarà oggi a Sarzana, h. 11,30.

JAVIER CERCAS

Anatomia di un istante= Lo scrittore spagnolo Javier Cercas (Soldati diSalamina) domani a Sarzana a colloquio con Aldo Cazzullosu «Fra letteratura e realtà». Sono le due dimensioni che necaratterizzano il nuovo romanzo, Anatomia di un istante(Guanda, pp. 462, € 18,50, traduzione di Pino Cacucci). E’la ricostruzione narrativa del tentato colpo di Stato inSpagna, 23 febbraio 1981: il colonnello Tejero armi inpugno vìola il Parlamento. Tre figure così diverse, il primoministro Suárez, il tenente generale Mellado e il segretariodel partito comunista Santiago Carillo, gli si oppongono (elo disarmano) restando letteralmente al loro posto.

ENRIQUE VILA-MATAS

Dublinesque= Lo scrittore spagnolo Enrique Vila-Matas discute aSarzana, oggi, con Andrea Bajani sul passaggio «daGutenberga Google». Da Feltrinelli esce il suo nuovo libro,Dublinesque (pp. 246, € 18, traduzione di Elena Liverani),la storia di Samuel Riba, ultimo editore letterario, inpensione, a Barcellona. «Appartiene alla stirpe ormaisemprepiù rara degli editori colti, letterari. E assiste tutti igiorni commosso allo spettacolo di come il ramo nobile delsuo lavoro (...) vada estinguendosi».Di Vila-Matas,Feltrinelli ripropone Storia abbreviata della letteraturaportatile (pp. 108, € 7, trad. di Lucrezia Panunzio Cipriani).

Frugoni «La voce delle immagini»:mille anni di iconografia parlante

Non è solo la Bibbia cheva tenuta a mente - co-me saggiamente consi-

gliava Cesare Pavese - per sco-prire, in quel «curioso romanzod'avventure» che pare essereMoby Dick di Melville, «un ve-ro e proprio poema sacro cuinon sono mancati né la terra néil cielo a por mano», come lo defi-nisce Pavese stesso. Sono molti iregistri umani che consentonodi cogliere tra le onde del mareaperto e le angosce della cacciaalla balena bianca una riflessio-ne sull'ossessione del male e sul-la strenue battaglia dell'uomoper trovare senso e direzione al-la propria vita, anche e soprat-tutto a partire dalle sconfitte. Èquanto fa in modo mirabile Bar-bara Spinelli nel suo Moby Di-ck o l'ossessione del male(Morcelliana, pp. 128, € 10), cheriprende il ciclo di trasmissioniradiofoniche curato da Gabriel-la Caramore per «Uomini e pro-feti» di Radio Tre.

In realtà la sempre acutaopinionista della Stampa, inter-vistata dalla conduttrice, non silimita ad aprire squarci di com-prensione su questo classico del-la letteratura del Novecento,ma allarga l'orizzonte sull'inte-ra opera di Melville, sulla suacomprensione della malinconia,sul rapporto tra legge e giusti-zia, tra necessità e libertà, sull'accettazione della sconfitta, sulruolo della profezia nella lettu-ra della storia.

«La lettura - afferma la Spi-nelli - è un modo di riscriveredentro di sé quello che si legge».E proprio opera di riscritturaappaiono queste pagine che sca-vano nel profondo non tanto de-gli oceani quanto del vasto ma-re del cuore umano. «Io guardonel profondo e credo», esclamaStarbuck, il secondo del capita-no Achab, che nel romanzo rap-presenta «il legame con la real-tà, con i sentimenti umani, con

la simpatia, con il rimorso». Re-stare saldi anche nell'oscurità pro-fonda è insegnamento che signifi-cativamente ritroviamo in unodei più grandi spirituali del XX se-colo, il monaco Silvano del MonteAthos, che aveva l'inaudito corag-gio di scrivere, per se stesso innan-zitutto: «Tieni il tuo spirito agli in-feri e non disperare!».

Questa saldezza fiduciosa,questa speranza contro ogni spe-ranza ci porta anche a interrogar-ci sul nostro rapporto con la real-tà, perché, come osserva BarbaraSpinelli, «il bene che non si curadel reale (che è incurioso) finisceper produrre cecità e ostinazio-ne». Del resto «l'unica cosa da te-mere è che la tensione verso il vero

si spezzi, che la rassegnazione o ilrisentimento prevalgano». Tensio-ne che resta viva e feconda «soloin presenza della varietà e di unascelta libera».

Sì, la quotidiana, libera scel-ta dell'essere umano - che tendeverso il vero e che, in questa ricer-ca, accetta anche la sfida del rela-tivo come «modo per irrobustirele idee cui più intensamente tie-ne» - è l'unica capace di aprirenuovi orizzonti di speranza. Sen-za dimenticare che l'orizzonte èvisione sublime per chi lo contem-pla da riva nella quiete di un'al-ba o di un tramonto ma, è la den-sa lezione di Melville, «si stendeintorno disperatamente» per ilnaufrago che vede allontanarsiogni segno di salvezza.

Davvero, «narrare e scriveresono modi non tanto per liberarsidalla malinconia, quanto per ren-derla feconda e, se mai possibile,uscirne dall'alto».

Storie e personaggiVITuttolibri

SABATO 4 SETTEMBRE 2010LA STAMPA VII

SALVATORE SETTIS

Artisti e committenti= Il direttore della Scuola Normale Superiore di PisaSalvatore Settis, che ha inaugurato ieri a Sarzana ilFestival della Mente, è autore del saggio Artisti ecommittenti fra Quattro e Cinquecento (Einaudi, pp.234, € 21, postfazione di Antonio Pinelli ). Il laboratorioartistico dell’Italia rinascimentale, da Giorgione (a cuisono dedicati tre saggi) a Mantegna, da Leonardo aLeon Battista Alberti. Un volume nato dal desiderio «dimeglio intendere quali fossero, in quell’età, le pratichesocio-culturali che articolavano il rapporto dicommittenza, e se sia a noi possibile ripercorrerle».

SATIRA

AltanTerapia e Staino= «Uno nasce e poi muore. Il resto sono chiacchiere».L’amara saggezza annidata nella satira. Due tra i suoimaggiori protagonisti, Altan e Staino, a confronto oggia Sarzana. Nell’occasione sarà presentata una summa diAltan, AltanTerapia (Salani, pp. 160, € 11), «comesollievo alla vita quotidiana». Nella prefazione-filastrocca, Stefano Benni inneggia ad «Altan che siispira ai fratelli De Rege», ad Altan «fumettista casto»,ad Altan che «ha inventato un cane a pallini che faimpazzire la bimba» (la Pimpa, no), ad Altan che «vive inun castello da cui esce solo con la luna piena».

pp Chiara Frugonip LA VOCE DELLE IMMAGINIp Einaudi, pp. 328, € 35

Un gesto emblematicodell’argomentazionee della disputa,dai santi ai politici,come Moro e Fini

Il Re, Cavour, Garibaldicomari del Risorgimento

Illustrazione di Rockwell Kent per «Moby Dick» di Melville

D’Azeglio aveva capitoil Conte per primo:«Quell’uomo lìli manderà tutticolle gambe all’aria»

San Paolo, mosaico sec. XII

Aldo Moro

Gianfranco Fini

Un vagabondaggioattraverso i dettagliche esprimono la fede,il potere, il carattere,le idee e le passioni

Giulia Cogolidirige il Festival

della mente

AlessandroBarbero,

oggi a Sarzana

Una riflessionesull’ossessione del malee sulla battagliadell’uomo per trovaresenso alla propria vita

Ciascuno si è rivelatoun grande politico,anche l’ingenuoGenerale, ancheil sovrano cialtrone

Riprende con una nuova

sequenza a zig zag tra Otto e

Novecento la nostra serie

«Libri d’Italia» per i 150

anni dell’Unità. Dei tre

padri del Risorgimento, qui

descritti da Alessandro

Barbero, il più presente in

libreria è Cavour. Oltre alla

biografia di Andrea

Viarengo per Salerno

(presentata su Tuttolibri il

15 maggio scorso) e

all’intervista, edita da Le

Lettere, di Rosario Romeo

(la sua «Vita di Cavour» da

Laterza), si annunciano da

Donzelli i «Discorsi per

Roma capitale».

Da Donzelli è in uscita anche

un «Garibaldi fu ferito» di

Mario Isnenghi mentre

Laterza riproporrà «Il

Risorgimento italiano» di

Denis Mack Smith.

Tre ritratti per Sarzana

Part. da «Madonna dellaVittoria» del Mantegna

Javier Cercas ritrattoda Guido Scarabottolo

Camillo su Vittoriouomo: «Desidero dalui un solo favore,rimanerne il piùlontano possibile»

Illustrazionedi Franco Bruna

per Tuttolibri

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/DUMMY [DUMMYNZ] - Autore: MARBER - Ora di stampa: 03/09/10 20.50

SABATO 4 SETTEMBRE 2010 LA STAMPA VIII

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/09 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.40

MARCOAIME

«L'uomo è dentro lanatura». Questa frase è for-se la chiave di lettura dell’ul-tima fatica dello storico Feli-pe Fernández-Armesto, Lanascita delle civiltà, che tentadi rileggere l'idea correntedi civiltà come espressioneluminosa della cultura uma-na in un'ottica che invece le-ga a filo doppio l'uomo con ilsuo ambiente naturale. Sen-za mai cadere nel determini-smo, Fernández-Armestocompie un lungo excursusattraverso le società umane,analizzando il loro rapportocon la natura. Gli ambientinaturali, deserti, ghiacci, fo-reste, mari, sono dati ogget-tivi, ci dice l'autore. Questonon significa che a pari con-

dizioni ambientali si svilup-pino culture e società uguali,ma che ogni gruppo umanoha instaurato una determi-nata e particolare relazionecon il suo habitat. Una rela-zione fatta tanto di azionipratiche quanto di interpre-tazioni e costruzioni simboli-che. Questa è, o meglio que-ste sono le civiltà.

«Civiltà» è un terminescomodo e Fernández-Ar-mesto lo sa bene. In molti ca-si, la maggior parte, questaparola viene spesa in funzio-ne evoluzionistica. La civiltàè superiore alle culture deipopoli primitivi! Non a casoquesto termine nasce nel-l’Europa del XVIII secolo,nel tentativo di distanziare edistinguere il più possibilel'uomo dalla natura. Infatti,uno degli elementi principaliche determinerebbero lo sta-tus di civiltà è la città, massi-ma espressione di denatura-lizzazione della vita umana.

Questa altro non è cheuna autogiustificazione del-l’Occidente, per asserire lapropria superiorità. Lo stes-so si potrebbe dire per il no-madismo, visto come stadioantecedente e inferiore allasedentarizzazione, ma sap-piamo che popoli nomadi ditutto il mondo hanno mo-strato una creatività cultura-le pari e a volte superiore aisedentari. Anche la scrittu-

ra viene spesso indicata comediscriminante di civiltà, ma, fanotare l'autore, due capolavo-ri letterari dell’Occidente,l'Iliade e l'Odissea sono poemiorali. Se abbandoniamo perun istante il nostro etnocentri-smo, ci accorgiamo che defini-re una civiltà è molto più diffi-cile che parlarne o intuirne lecaratteristiche. Attribuireuna scala di valori ai gruppiumani sulla base di un presun-

to livello attraverso cui passala storia è un altro errore, chesi fonda sull'idea di un modellodi sviluppo unico e positivo.

Insomma, spiegare cos'èuna civiltà è come spiegarecos'è il tempo. Scriveva San-t’Agostino: «Che cos'è il tem-po? Se nessuno m'interrogalo so. Se volessi spiegarlo achi mi interroga, non lo so».Ecco allora che l'autore pro-pone di definire civiltà come

un tipo di rapporto: il rappor-to con l'ambiente naturale «ri-creato, per effetto dell’impul-so civilizzatore, in modo dasoddisfare le esigenze uma-ne». Non esiste società che inmisura maggiore o minorenon sia intervenuta sull’am-biente circostante, non fossealtro che per conservarlo e ga-rantirsi la sopravvivenza. Lanatura ci offre delle cose e noile rimodelliamo. La storia è

dunque, in un certo senso,ecologia storica.

Le frontiere ambientali so-no cruciali e le civiltà si affer-mano meglio quando si trova-no a cavallo di due o più am-bienti, oppure occupano areecon microclimi differenti. At-tenzione, però, ci avverte Fer-nández-Armesto, la classifica-zione degli ambienti non èuna scienza esatta e non ba-sta suddividere in tipologieambientali per individuare untipo di civiltà. Per esempio,quelle che Braudel chiamavasocietà talassocratiche, eranoin realtà dominate da proprie-tari terrieri e non sempre ilmare era centrale nelle lorovicende. E poi non possiamodimenticare l'incontro con al-tre popolazioni, che ha porta-to quasi sempre a innovazionifondamentali. Un elemento

quanto mai importante, an-ch’esso legato alle caratteri-stiche ecologiche: taluni am-bienti, dice l'autore, si sono di-mostrati vere e proprie auto-strade tra i popoli.

Gli eventi, sostiene Fernán-dez-Armesto, si manifestanoa caso entro limiti prefissatida un mix di forza di volontàed esigenze materiali. Le civil-tà possono sorgere ovunque eil libro abbonda di esempi, daipopoli delle banchise artichea quelli delle foreste equato-riali, dalle savane ai deserti,dalle montagne agli altipiani.Fernández-Armesto riesce,cosa rara, ad abbinare il rigo-re scientifico con una scrittu-ra piacevole e avvincente, maipriva di ironia. Tutto il suo la-voro è teso a spiazzare la no-stra visione eurocentrica del-la storia, anche perché, comescrive lui stesso: «La storias'intravede fra il fogliame: piùsi cambia la prospettiva, piùelementi vengono rivelati».

F. Fernández-Armesto Lo storico rilegge l’idea corrente di civiltàcome espressione della cultura umana in rapporto all’ambiente

PASTOUREAU

I colori del tempo= Il massimo esperto distoria dei colori, il franceseMichel Pastoureau, sarà tra gliospiti del Festivaletteratura diMantova: l’8 settembre,Chiesa di Santa Maria dellaVittoria, h. 21 («L’historien etles animaux»); e il 9, PalazzoD’Arco, h. 18 («Colori esocietà», con MarcoCarminati). Nato a Parigi nel1947, storico medievista,titolare della cattedra di Storiadel simbolismo in Occidentealla Sorbona, Pastoreau halegato il suo nome, fra l’altro,agli studi dei colori Blu e Neroin due libri pubblicati da Pontealle Grazie. Per lo stessoeditore esce ora I colori delnostro tempo (pp. 230, € 16,traduzione di Monica Fiorini).Una sorta di enciclopediaportatile, o di alfabeto, daabbigliamento a cinema, dadaltonismo a farmacie, dametropolitana a vino. Conun’avvertenza d’autore: «Nonè possibile comprendere icolori del tempo presente senon in relazione a quelli delleepoche passate, con i qualihanno rapporti di continuitào, più raramente, di rottura». .Pastoureau ha curato i testi diun altro libro per l’editoreContrasto Croma. Tutti icolori del mondo in 350fotografie (pp. 480, € 49,90).Qui i colori esaminati,attraverso le immagini dipaesaggi, volti, oggetti, sonosei: rosso, verde, nero, giallo,blu e bianco, «i colori base».

CANTARELLA, ZOJA, NATOLI

Cibo mentale= La collana «I libri delfestival della Mente» edita daLaterza e ora disponibileanche in e-book sul sitoBookrepublic, nata per ospiarele lezioni degli incontri diSarzana, si arricchisce di trenuovi titoli. Di Eva Cantarella”Sopporta cuore...”La sceltadi Ulisse, l’eroe omericofabbro del suo destino oltre glidei. Di Luigi Zoja, Centauri.Mito e violenza maschile. DiSalvatore Natoli,L’edificazione di sé.Istruzioni sulla vita interiore.Zoja e Natoli anchequest’anno saranno aSarzana. Oltre a presentare iloro libri, terranno nuovelezioni: Zoja oggi («Allascoperta della mente: Jung,attualità dell’individuazione»)e Natoli domani («Liberinell’agire, capaci di fare»).

pp Felipe Fernández-Armesto

p LA NASCITA DELLE CIVILTA’

p trad. di Irene Annoni e Valeria Pazzi

p Bruno Mondadori, pp. 620, € 48

Lo storico ingleseF. Fernández-Armesto

A MANTOVAFelipeFernándezArmesto,natoaLondradapadrespagnolonel1950,èautorediStoriadelcibo,Amerig,Esploratori.Daipopolicacciatoriallaciviltàglobale,tradottidaBrunoMondadori.InterverràduevoltealFestivaletteraturadiMantova.Sabato11,nellaChiesadiSanMaurizio,h.20.45,conMarcoAimedialogheràsu«Narrare laStoria».Venerdì10,PalazzoD’Arco,h.21.30,parleràsul tema«Quellocheportiamointavola»,il rapportotraciboecultura.

La relazione fraogni gruppo e il suohabitat: perchéla Storia è in un certosenso ecologia storica

Tra rigore scientificoe scrittura avvincente:un lavoro tesoa spiazzare la nostravisione eurocentrica

Dalle savane ai desertil’uomo è la sua natura

Una foto di Bruce Chatwin tratta da «L’occhio assoluto» (Adelphi, 1993)

Saggistica TuttolibriSABATO 4 SETTEMBRE 2010

LA STAMPA IX

In breve

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.41

24

100

9

1

10 21

Acquain bocca

CAMILLERI; LUCARELLIMINIMUMFAX

2

Caterina.Diariodi un padre...SOCCIRIZZOLI

Non esistesaggezza

CAROFIGLIORIZZOLI

376 25

39

Acciaio

AVALLONERIZZOLI

Terroni

APRILEPIEMME

I love minishopping

KINSELLAMONDADORI

57 3L’ultima rigadelle favole

GRAMELLINILONGANESI

24

Un giorno

NICHOLLSNERI POZZA

La cacciaal tesoro

CAMILLERISELLERIO

CanaleMussolini

PENNACCHIMONDADORI

546

Saggistica TascabiliNarrativaitaliana

Narrativastraniera Varia Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 22 AL 28 AGOSTO.

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45

1. I love mini shopping 100KINSELLA 19,50 MONDADORI

2. Un giorno 37NICHOLLS 18,00 NERI POZZA

3. Il libro delle anime 16COOPER 19,60 NORD

4. L’eleganza del riccio 15BARBERY 18,00 E/O

5. Il palazzo della mezzanotte 15RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

6. Irresistibile 15STEEL 19,90 SPERLING & KUPFER

7. La biblioteca dei libri proibiti 14HARDING 17,60 GARZANTI

8. Fallen 14KATE 17,00 RIZZOLI

9. Breaking dawn 14MEYER 19,90 FAZI

10. Il filo che brucia 13DEAVER 19,50 RIZZOLI

Fa bene Fluctuat (è un sito-rivista) a sfottere i luoghicomuni sulla rentrée lette-

raria, se non fosse che anche que-sto dello sfottò è un luogo comune.Il cinismo brillante da magazine:che barba. Nella sua finta ribalde-ria è prevedibile, e artefatto, e de-ridibile, almeno quanto gli atteg-giamenti che la rivista sbeffeggia.Questi comunque i consigli fornitiper apparire cool quando si ria-pre la stagione mondan-lettera-ria. Valgono anche qui, volendo.

Primo: parlare male di un ro-manzo molto atteso, come ha fat-to Tahar Ben Jelloun per il nuo-vo Houellebecq, La Carte et leTerritoire. In effetti, lasciar tra-pelare di averlo già letto, primadi tutti i comuni mortali che lo de-siderano ancora invano, è unostatus symbol quasi quanto sfog-giare un nuovo telefonino non an-cora in vendita. Secondo: lamen-tarsi perché escono troppi libri. Epoi: esibire vistosamente un volu-me vecchiotto e usurato per se-gnalare che dell’attualità non è fi-

ne occuparsi, declamare la superio-rità degli stranieri sui francesi, de-nigrare gli esordienti (ma vale an-che esaltarli), criticare i grandi edi-tori, proclamare uno sciopero co-me lettore nauseato dalla futilitàeditoriale. Infine, lagnarsi perchéil proprio autore preferito quest’an-no non pubblica nulla. Attenzione,però: poiché l’autore preferito dei

cool sprezzanti è Houellebecq, chequest’anno inonda i mass media edall’8 settembre anche le librerie,occorre procurarsene un altro.Fluctuat raccomanda cautela.Non citare Ballard, molto cool, ilquale non pubblica ma per un otti-mo motivo: è defunto.

Fa sorridere, questa emulazio-ne pallida della grande satira cul-turale e sociale? Fa ridere, o fapiangere? Racconta qualcosa di unambiente, stigmatizza pose e cli-chés? Soprattutto, impressiona co-me anno dopo anno l’editoria fran-cese (meglio: parigina) continui asmuovere tanta energia, tante pas-sioni sia pure calcinate nella rituali-tà giornalistica e mondana. Comeogni inizio d’autunno, AmélieNothomb ha pubblicato un roman-zo. Quest’anno si intitola Une for-me de vie, ha venduto 15 mila copiein quattro giorni. Magari è anchebello, ma dopo così tanto bla-bla co-me un libro sia non ha più impor-tanza. Magari anche Houellebecq èbello, ma non conta. I cool l’hannogià letto e digerito.

1. La solitudinedei numeriprimi 41GIORDANO 13,00 MONDADORI

2. È una vita che ti aspetto 26VOLO 9,00 MONDADORI

3. L’ombra del vento 24RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

4. Il giorno in più 22VOLO 12,00 MONDADORI

5. Un posto nel mondo 20VOLO 12,00 MONDADORI

6. La regina dei castelli di carta 20LARSSON 13,80 MARSILIO

7. Esco a fare due passi 20VOLO 9,00 MONDADORI

8. Marina 19RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

9. Venuto al mondo 18MAZZANTINI 14,00 MONDADORI

10. Laragazzachegiocavaconil fuoco 17LARSSON 13,80 MARSILIO

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Tormentone autunnaleassicurato con l’e-booke suoi destini. Tormen-

tone probabile con il lancio o ri-lancio della «graphic novel(aveva cominciato nel 2001 laminimum fax con Cardioferra-nia, troppo presto forse). En-clave all’inizio per piccole si-gle, come sempre trainanti, datempo ormai terreno di conqui-sta anche per le grandi, Mon-dadori apre la stagione con imagnifici Quaderni ucraini diIgort. In scena da Guanda aRizzoli, a Feltrinelli a Coconi-no che si fa forte dell’assioma:«La testa di un lettore di fu-metti è oggi più sveglia di quel-la di un lettore di romanzi...».

Frutto delle contaminazioniparola-immagine sempre più in-scindibili, la graphic novel chepunta ormai a toccare la lettera-tura, è pur sempre un’erede e de-bitrice del fumetto. Lo dimostra-no, tra gli altri, il catalogo e lastoria della quasi nuova (2006)001 Edizioni, sede a Torino, gui-

data da Antonio Scuzzarella, giu-rista mancato, fumettaro di indi-scussa passione e fiuto avendo fat-to conoscere in Italia autori comePrado, Kuper, Forest, dedicato al-le streep nostrane una collana, im-portato il fumetto cinese.

Ma se davvero, nel mondo, lagraphic sta già nelle zone altedella letteratura e da noi è anco-

ra fanalino di coda (Voltolini do-cet) il patron delle 001 tenta unsorpasso: puntando anche sul«sottogenere» più ambizioso, al-la Spiegelman oltre che Igort: ireportages. «Con il grande sfor-zo di ricerca di un autore del te-sto e di un autore del disegno nel-la stessa persona, la forza dellagraphic essendo tutta qui».

Così è partito nel 2007 con laTina Modotti di Angel de la Cal-le; così si presentano i titoli di ini-zio 2011, destinati, spera l’edito-re,a non passare inosservati, spe-cie L’incubo del pozzo, la «me-moria in diretta» di Vermicinodello speleologo Maurizio Monte-leone ma anche la Spagna diFranco nell’Arte di volare di An-tonio Altarriba (una specie di«maus»). Un Afghanistan «diver-so», lontano dal terrore e vitalenel vol.1 di Kabul Disco è la pro-posta coraggiosa di NicholasWild. Quel che più ci intrigherà,comunque, sarà la graphic del ca-pitano Quijote Patchwork, unBenni-Achab nello spazio.

8

1. Cotto e mangiato 18PARODI 14,90 VALLARDI

2. È facile smettere di fumare... 15CARR 10,00 EWI

3. Instant English 11SLOAN 16,90 GRIBAUDO

4. The secret 11BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

5. Fate i bravi (0-3 anni) 8RIZZI 17,00 RIZZOLI

6. GliuominivengonodaMarte... 7GRAY 15,00 RIZZOLI

7. Teoritest 5BERTOCCHI; FABBRI; BALBONI 39,00 ALPHA TEST

8. Esercitest 5BERTOCCHI;FABBRI;BIANCHINI 18,90 ALPHA TEST

9. Fate la nanna 5ESTIVILL; DEBÉJAN 8,00 MANDRAGORA

10. Quando i Giganti abitavano... 4SITCHIN 19,50 MACRO EDIZIONI

1. Torneranno le quattro stagioni 8CORONA 16,00 MONDADORI

2. Shrek e vissero felici... 7– 3,50 MONDADORI

3. Viaggio nel tempo 3 5STILTON 23,50 PIEMME

4. Toy Story 3 4– 3,50 WALT DISNEY ITALIA

5. La clessidra di Aldibah 4TROISI 17,00 MONDADORI

6. Terzo viaggio nel regno... 3STILTON 23,50 PIEMME

7. Diario diunaschiappa 3KINNEY 12,00 IL CASTORO

8. La strada del successo 3STILTON 8,50 PIEMME

9. Viaggio nel tempo 3STILTON 23,50 PIEMME

10. Nel regno della fantasia 3STILTON 23,50 PIEMME

Nemmeno il tempo di lasciar finire le vacanze ed ec-co riesplodere la fregola dello shopping: nella rile-vazione dell’ultima settimana d’agosto le fans del-

la Kinsella han dato l’assalto al nuovo romanzo, il sestodella serie più allegramente spendacciona nonostante lemagre finanze, la mancanza di lavoro, l’incertezza del-l’agognata ripresa. O magari proprio per questo: la lettu-ra come surrogato onirico di quel che non si può più farespensieratamente. Per certi aspetti molto consolatoria:perché lo shopping è una gran fatica, specie quando comein questo caso è «mini», e ci si ritrova con una figlia, tuttasua madre - la nevrotica sciocchina Becky Brandon -, vi-

ziata e pestifera, e per di più con una tata convinta di sa-perla sempre più lunga. Comunque è gantito il finale lieto,festoso, hollywoodiano. La Kinsella, prima con 100 puntiche valgono oltre 10 mila copie, ha tolto a Silvia Avalloneil piacere del vertice conquistato la settimana scorsa. E’stata lei la ragazza d’Acciaio che, pur sconfitta di misuraallo Strega, si è presa la rivincita, piano piano superandoil vincitore Pennacchi: e stasera riceverà pure il Campiel-lo opera prima. Ma se riassumiamo qui «ai punti» le clas-sifiche di luglio e agosto il ruolo di mattatore nelle venditespetta al duo Camilleri-Lucarelli: sono bastati i loro nomiper targare un’estate 2010 con l’Acqua in bocca, una sor-

sata di provvidenziale liquidità nelle casse di minimumfax, anche se, forse, con un retrogusto amarognolo, per chiha faticato anni a far scoprire e riscoprire gemme prezio-se della letteratura più colta, da Malamud a Carver, daJohn Barth, Richard Yates, Alan Sillitoe a David FosterWallace, infilandoci pure l’esordio di Valeria Parrella.Ora si ricomincerà con le novità (si fa per dire) della ren-trée dei «grandi»: come il thriller di Forsyth Il cobra e unennesimo Camilleri, L’intermittenza (non è un giallo,non c’è Montalbano), da Mondadori, il 7 e il 14 settembre.Per i piccoli editori, come sempre, lo shopping in classificatornerà ad essere davvero mini. E intermittente.

AI PUNTILUCIANO GENTA

Si ricominciacon la fregola

dello shopping

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Editore 001,missione

graphic novel

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1. Acciaio 57AVALLONE 18,00 RIZZOLI

2. Canale Mussolini 46PENNACCHI 20,00 MONDADORI

3. Acqua in bocca 45CAMILLERI; LUCARELLI 10,00 MINIMUM FAX

4. L’ultima riga delle favole 39GRAMELLINI 16,60 LONGANESI

5. La caccia al tesoro 24CAMILLERI 14,00 SELLERIO

6. Non esiste saggezza 21CAROFIGLIO 14,00 RIZZOLI

7. Il tempo che vorrei 20VOLO 18,00 MONDADORI

8. Il re dei giochi 14MALVALDI 13,00 SELLERIO

9. Mister Gregory 14CASATI MODIGNANI 20,90 SPERLING & KUPFER

10. Bianca come il latte... 13D’AVENIA 19,00 MONDADORI

CHE LIBRO FA...IN FRANCIA

GIOVANNA ZUCCONI

Com’è coolsfottere

Houellebecq

1. Caterina. Diario di un padre... 25SOCCI 16,50 RIZZOLI

2. Terroni 24APRILE 17,50 PIEMME

3. Fotti il potere 8COSSIGA; CANGINI 17,00 ALIBERTI

4. Don Vito. Stato e mafia... 5CIANCIMINO; LA LICATA 18,00 FELTRINELLI

5. L’odissea di Elisabeth Marsh... 5COLLEY 22,00 EINAUDI

6. Sognando Jane Austen a Baghdad 5ROWLATT; WITWIT 18,00 PIEMME

7. Ad personam 4TRAVAGLIO 16,90 CHIARELETTERE

8. Vaticano Spa 4NUZZI 15,00 CHIARELETTERE

9. L’arte del dubbio 4CAROFIGLIO 11,00 SELLERIO

10. Ipazia. Vita e sogni... 4PETTA; COLAVITO 22,00 LA LEPRE

Classifiche TuttolibriSABATO 4 SETTEMBRE 2010

LA STAMPAX

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 04/09/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/09/10 19.41

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ITALO CALVINO

Il barone rampanteMondadori, pp. 234, € 9,50

«Da ragazza o giù di lì, sonocaduta in amore con iclassici, da Madame Bovary aGita al faro, Joyce e Moravia,e Italo Calvino (ah, Il baronerampante!)

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ALBERT CAMUS

Lo stranieroBompiani, pp. 176, € 8

«I miei cugini eranoinnamoratidell’esistenzialismo. Sartrenon mi piaceva, Camusinvece l'ho consumato»

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VLADIMIR NABOKOV

Ada o ardoreAdelphi, pp. 664, € 23,24

E’ il libro che Azar Nafisiporta sempre con sé negliesili, in Iran e via dall’Iran,una copia consumata,traccia di un grande,inesauribile amore

La scrittrice di «Leggere Lolita a Teheran»tra gli ospiti del Festivaletteratura di Mantova:una combattente tra cultura e democrazia

GIOVANNAZUCCONI

Quel libro era comela bambola, da coccolare, dagiocarci insieme, fantasti-cando. Altri erano inveceun rifugio, da leggere affon-dandoci dentro, dietro laporta chiusa per non senti-re le voci vacue degli ospitio, peggio, le voci alteratedei genitori in litigio. Libriper la complicità con il pa-dre, altri libri control'asprezza della madre. Poila bambina è cresciuta. Leg-gendo attraverso i traumi ele tenerezze; leggendo, daadolescente, così come met-teva il muso o indossava

jeans strappati: per marca-re il proprio sofisticato di-sprezzo verso gli adulti. Il la-voro, i distacchi, le nascite, ilutti, le idee, l'esilio, anzi gliesilii: sempre con i libri. I li-bri, oggi e sempre, comestrumento di lotta politica.Come pezzi di sé.

Azar Nafisi (sarà al Fe-stivaletteratura di Manto-va giovedì 9, Palazzo Duca-le, h. 20.45) è una donna digrande fascino e carisma.Ha empatia, qualità nonproprio diffusissima fra gliintellettuali. Ha capacitàdi racconto, e mondi daraccontare. Ha la resilien-za della combattente. È ira-niana, di influente famigliadi Teheran, il padre è statosindaco della città, la ma-dre la prima donna elettain Parlamento. Dal 1997 vi-ve negli Stati Uniti, inse-gna letteratura alla PaulNitze School of AdvancedInternational Studies (cli-ché vuole che si aggiunga:«prestigiosa») dell’Univer-

sità Johns Hopkins diWashington. Tornata inIran nel 1979 dopo gli studiamericani, ha insegnatoall'Università di Teheran,ne è stata espulsa per vio-lazione delle norme sull'ab-bigliamento (altro che ildress code di cui cinguetta-no i settimanali femminili:vestirsi può essere roba dacodice sì ma penale), haformato gruppi clandesti-ni di lettura d'opere censu-rate o osteggiate dal regi-me. Flaubert, Fitzgerald,Woolf, Nabokov.

Il suo libro più famoso èappunto Leggere Lolita aTeheran, il più recente Lecose che non ho detto, en-trambi per i tipi di Adel-phi, il prossimo al quale la-vora da anni si intitoleràThe Republic of Imagina-tion. Lei lo descrive comeun trattato in difesa dellearti liberali, uscirà nel2012 o oltre.

Per questa donna tuttasouplesse e tenacia, il rap-porto strettissimo fra cul-tura e democrazia è lam-pante. Non c'è l'una senzal'altra. È ragione di vita, ècorpo e non astrattezza.«Sarebbe come chiedersi ache cosa servono le mani,o il sangue che ci scorrenelle vene. La conoscenza

immaginativa è un modo diguardare al mondo, di inte-ragire con il mondo. Di cam-biare il mondo»: così, loscorso anno, chiedendosi re-toricamente se letteratura eliberal arts siano utili, davan-ti a una platea composta dairettori di decine di universi-tà americane (ovviamente«prestigiose»). In una vitain cui i libri significano per-dita e ribellione, strappo ecomunità, e lotta contro tut-te le censure, pubbliche eprivate, è ovvio che sianocorpo, «il sangue che ci scor-re nelle vene».

Ma in principio, nellaTeheran degli Anni Cin-quanta, fu la voce del pa-dre a farle scoprire il pia-cere della lettura.

«Quando ero piccolissima,avevo forse tre anni, mio pa-dre alla sera si sedeva accan-to al mio letto e mi leggevaFerdusi, il grande poeta epi-co iraniano di oltre mille an-ni fa. È la poesia, la nostraidentità. La grande mitolo-gia, fino alla conquista ara-ba: fino a quando il turbantenon ha sostituito la corona.Ancora oggi leggo gli antichipoeti persiani, ancora oggi li

recito a memoria. In casa no-stra, giocavamo a memoriz-zare versi».

Poi avrà imparato a leggereda sola.

«Prima in farsi, poi anche ininglese. Ma le grandi storieper me non avevano nazionali-tà, tutto il mondo era a porta-ta di mano. Il Piccolo Principe,Andersen, quel marmocchiodi Tom Sawyer e soprattuttoHuckleberry Finn. Le favole diLa Fontaine...».

Che suo padre tradusse, incarcere. Nei quattro anniche scontò perché cadutopoliticamente in disgrazia,

all'inizio dei Sessanta, quan-do lei era una bambina.

«... e Pinocchio, in un'edizio-ne illustrata. Molte cose so-no cambiate, ma queste sto-rie non mi hanno mai abban-donata. Più tardi, giocavamoa inventarne insieme, di sto-rie. Quando eravamo buoni,a Natale ci regalavano libri».

A tredici anni, il primo esi-lio. Azar Nafisi viene manda-ta a studiare in Inghilterra.

«Leggevo tantissimi romanzirussi e francesi. L’uomo che ri-de di Hugo, Stendhal,Ivanhoe, Il Conte di Montecri-sto, Père Goriot. Mi sentivo so-la, ero come un'aliena. Legge-vo sotto le coperte, con la bor-sa dell'acqua calda. A panciain sotto. Abbracciavo i libri,mi ci scaldavo».

Il rapporto con i libri è an-che fisico. Persino sensuale.Rimangono in memoria gliodori, i calori, le posizioni.

«Delitto e castigo invece l'hodetestato. Iddio lassù in cielodeve essere stanco di Dostoe-vskij con i suoi lamenti e lesue proteste».

I primi amori, l'ansia dellascoperta.

«I miei cugini erano innamo-rati dell'esistenzialismo. Sar-tre non mi piaceva, Camus in-vece l'ho consumato».

E cita ancora, a memoria.«Oggi la mamma è morta. Oforse ieri, non so». E «... da-vanti a quella notte carica disegni e di stelle, mi aprivoper la prima volta alla dolceindifferenza del mondo».

«Ma amavo, soprattutto, lestorie. Attraverso i libri entra-vo in relazione con gli altri,pretendevo di essere già cre-sciuta. Tutto quello che dibuono c'è, nella vita, viene dailibri. Negli anni del liceo e poiall'università ho letto tutto:Orgoglio e pregiudizio, Tri-stram Shandy, Cime tempesto-se, Tom Jones. Odiavo la gram-matica, adoravo i romanzi».

Un pedigree da lettrice im-peccabile, di classe.

«Ma no. Leggevo anche ro-manzi popolari. Ho letto forseuna dozzina di volte Désirée,la ragazza che fece innamora-re Napoleone, ho divorato ilfilm con Jean Simmons».

Certo. È da lì che è passatal'educazione sentimentaledi una generazione di ragaz-zine. La piccola Désirée chesi imbottisce il décolleté difazzoletti perché non è an-cora abbastanza donna, e

parte alla conquista delmondo e del suo imperato-re. E i classici?

«Ovviamente. I tragici greci,Lucrezio, Virgilio, e Ovidioanche lui mandato in esilio.Shakespeare: la prova cheDio esiste. Soprattutto, daragazza o giù di lì, sono cadu-ta in amore con i classici: daMadame Bovary a Gita al fa-ro e Mrs Dalloway, Joyce, eMoravia, e Italo Calvino (ah,Il barone rampante!), e i poe-ti, Eliot, Auden, Wallace Ste-vens, e i francesi, tutti…Montale… Ho studiato le lin-gue, leggo ma non parlo ilfrancese, vorrei sapere benel'italiano, il russo, lo spagno-lo. Nel mio elenco degli amo-ri c'è tanta America Latina.Cabrera Infante, Eloy Marti-nez, García Márquez primache diventasse troppo di mo-da. La fiction crea mondi in-teri, ricrea l'essenza della re-altà. È immaginazione demo-cratica perché inventa unavoce per ogni personaggio,anche quando sono diversis-simi fra di loro».

All'elenco delle passioninon manca ovviamente Na-

bokov, simbolo quasi, con«Lolita a Teheran», della let-tura anche come rito collet-tivo, come sguardo sulmondo e sul suo possibilecambiamento. È una copiadi «Ada» che Azar Nafisiporta con sé negli esilii, inIran e via dall'Iran, una co-pia consumata, traccia diun grande amore. Per il re-sto, la scrittrice-lettrice nonaccumula volumi, non orga-nizza biblioteche.

«Perché so che tutto può es-serti portato via, tutto può es-sere distrutto. Ho avuto libriin America e in Iran, ripetuta-mente sono partita da un luo-go e poi anche dall'altro, ab-bandonando i miei libri, affi-dandoli a parenti, spedendoliattraverso gli oceani, senten-done la mancanza e ricom-prandoli, perdendoli, ritro-vandoli. Non sono brava, aconservare una biblioteca».Quando tutto può esserti por-tato via, leggere è sopravvive-re, resistere.

I PREFERITI

«Delitto e castigol’ho detestato. Iddiodeve essere stancodi Dostoevskij con i suoilamenti e le sue proteste»

«A tredici anniil primo distacco,raggiunsi l’Inghilterra,leggevo tantissimirussi e francesi»

“I libri? Sonola libertà checorre nelle vene”

«Leggevo anche romanzipopolari. Ho letto forseuna dozzina di volteDésirée, ho divoratoil film con la Simmons»

«Avevo forse tre anni,mio padre alla serami leggeva Ferdusi,il grande poeta epicodi oltre mille anni fa»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 4 SETTEMBRE 2010

LA STAMPA XI

La vita. Azar Nafisi è nata a Teheran nel 1955. Il padre è stato sindaco della città,la madre la prima donna eletta in parlamento. Dal 1997 negli Stati Uniti, insegna

letteratura alla Paul Nitze School of Advanced International Studiesdell’Università Johns Hopkins di Washington. Ha insegnato anche all'Università

di Teheran, ne è stata espulsa per violazione delle norme sull’abbigliamento.

Le opere. «Leggere Lolita a Teheran» e «Le cose che non ho detto», entrambi i

libri editi da Adelphi. Sta lavorando a «The Republic of Imagination»,annunciato come un trattato in difesa delle arti liberali.

Azar Nafisi

Una

voce

dall’

Iran